Lezioni di Elettrotecnica

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CAPITOLO 3
LE EQUAZIONI CIRCUITALI
3.1 Introduzione
Il quadro della intera Teoria dei Circuiti è, a questo punto, completo. Essa è così costituita (per il
momento, ci riferiremo a circuiti di soli bipoli):
•
Concetti fondamentali (“primitivi”, in una impostazione assiomatica):
- corrente nel bipolo,
- tensione ai morsetti del bipolo;
•
Leggi fondamentali (“assiomi”, in una impostazione assiomatica):
- equazioni di Kirchhoff per le correnti,
- equazioni di Kirchhoff per le tensioni;
•
Relazioni costitutive (“caratteristiche”, in una impostazione assiomatica; b è il numero di
bipoli del circuito, )k è una funzione per i bipoli statici e un “funzionale” per i bipoli
dinamici):
)
k
{v k (⋅),i k (⋅)}= 0
k =1,2,...,b.
Tutto ciò che d'ora in avanti si dirà sarà stretta conseguenza di questo “quadro”. Quindi in una rete
elettrica, o circuito elettrico, il funzionamento di ogni singolo elemento è, in ogni istante, determinato
dalla interazione tra l'elemento stesso e il resto della rete. In altre parole, si può dire che esso è il
frutto della interazione tra due diverse esigenze: che l'elemento si comporti in modo compatibile con
la sua specifica natura e che tale comportamento sia a sua volta compatibile con quello di tutti gli
altri elementi presenti nella rete. Le relazioni costitutive descrivono il funzionamento dei singoli
elementi, e le leggi di Kirchhoff ne regolano l'interazione. Le equazioni che ne derivano sono le
equazioni circuitali . Esse sono l’oggetto del nostro studio.
Dal modo stesso in cui sono state enunciate le leggi fondamentali della Teoria dei Circuiti,
discende che esse non fanno alcun riferimento alla struttura “interna” dei diversi componenti (basta
pensare che le linee e le superfici cui le leggi si riferiscono non debbono “forare” o “tagliare” gli
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“involucri” (le superfici limite) dei componenti: ne segue che le leggi di Kirchhoff non contengono,
di per sé, informazioni sulla natura degli elementi circuitali). Le equazioni che si ottengono
imponendo le leggi di Kirchhoff dipendono solo da come sono connessi gli elementi circuitali.
Da questa semplice constatazione deriva che, per scrivere le equazioni di Kirchhoff non occorre
fare riferimento specificamente al sistema fisico che costituisce il circuito, ma è sufficiente riferirsi a
una struttura astratta di tipo “geometrico” (vedremo poi, che non occorre neppure questa
caratteristica) che contenga soltanto i nodi (tutti) del circuito e i loro collegamenti realizzati dai
bipoli.
Con riferimento, ad esempio, alla figura 1, si consideri la rete di bipoli disegnata in figura 1a e il
corrispondente schema “geometrico” di figura 1b. Questo schema rappresenta un grafo1. Come si
vede, nel grafo i bipoli sono “scomparsi”, mentre tutti i nodi sono presenti: al posto dei bipoli
compaiono delle linee detti lati del grafo che collegano tra loro i nodi allo stesso modo che nel
circuito di partenza.
Ora, è immediato constatare che, se i bipoli di figura 1a vengono orientati per ciò che riguarda le
correnti in un modo qualsiasi (come, ad esempio, in figura 1c), e, allo stesso tempo, lo schema
corrispondente è orientato, lato per lato, allo stesso modo, (figura 1d), per scrivere le equazioni di
Kirchhoff per le correnti per ciascuno dei nodi del circuito è sufficiente riferirsi al grafo orientato,
piuttosto che al circuito di partenza.
È inoltre evidente che anche la scrittura delle equazioni esprimenti le leggi di Kirchhoff per le
tensioni può essere effettuata basandosi esclusivamente sul grafo orientato (senza bisogno di ricorrere
alla rete di partenza). La cosa è di per sé ovvia quando si stabilisca, una volta per tutte, di fare per
ogni bipolo del circuito, ad esempio, la convenzione dell'utilizzatore. Quando si faccia questa scelta,
non occorre orientare ulteriormente il grafo (per le tensioni): è sufficiente averlo orientato per le
correnti.
Figura 1 Circuito (a), grafo corrispondente (b); circuito orientato (c) e grafo orientato corrispondente
(d).
Si noti che se, in luogo del grafo di figura 1b, se ne sceglie un altro che differisca dal primo per il
fatto che ciascuno dei lati sia stato deformato ad arbitrio (purché senza “lacerazione”), le equazioni di
Kirchhoff per le correnti e per le tensioni conservano ancora la stessa forma. Per questo motivo, si è
1 Eulero scrisse il primo lavoro sulla teoria dei grafi nel 1736; in questo lavoro Eulero trattò il problema del
ponte di Königsberg. Nel 1847 Kirchhoff ha fondato la teoria dei grafi, così come è nota oggi, nei suoi studi sui
circuiti elettrici. La maggior parte delle proprietà topologiche dei circuiti elettrici sono state trovate da Kirchhoff
e da Maxwell (1892). L'applicazione sistematica dei grafi allo studio dei circuiti elettrici è più recente (1957).
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
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soliti dire che il grafo di una rete non ha significato geometrico (il che implicherebbe la
conservazione di distanze e angoli rispetto al circuito di partenza), bensì soltanto significato
“topologico” (il che implica soltanto la conservazione dei collegamenti fra i diversi nodi).
3.2 Elementi di teoria dei grafi
Come abbiamo appena visto le connessioni di un circuito possono essere rappresentate tramite un
oggetto astratto, il grafo del circuito. In questo paragrafo daremo quegli elementi della Teoria dei
Grafi che possono essere di aiuto nello studio delle proprietà delle equazioni che si ottengono
applicando le leggi di Kirchhoff.
Definizioni: grafo, grafo orientato, sottografo
→
Un grafo G(N,L) è l'insieme di nodi N={“1”,“2”,...,“n”}, di lati L={1,2,...,b} e la relazione
(relazione di incidenza) che a ogni lato fa corrispondere la coppia di nodi a cui il lato è
connesso.
→
→
Se ogni lato del grafo è orientato (ad esempio, tramite una freccia), il grafo si dice orientato.
Si consideri un grafo G(N,L). Il grafo G1(N1,L1) si dice sottografo di G, se N1 è un
sottoinsieme di N, L1 è sottoinsieme di L e la relazione di incidenza tra i nodi di N1 e i lati di
L1 è la stessa del grafo G.
In figura 2a è illustrato un grafo non orientato, e in figura 2b è illustrato lo stesso grafo ma
orientato. L'orientazione del grafo di un circuito può essere fatta, ad esempio, concordemente ai versi
di riferimento per le correnti. La relazione di incidenza è assegnata graficamente attraverso elementi
geometrici (punti e archi di linee).
Figura 2 Grafo G={N,L} (a); una possibile orientazione di G (b).
In figura 3 è illustrato un grafo orientato, insieme con tre suoi sottografi. Un sottografo è una parte
di un grafo, e quindi corrisponde a una parte del circuito.
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Figura 3 Grafo e sottografi (orientati).
Un concetto fondamentale nella teoria dei grafi è quello di grafo connesso.
Definizione: grafo connesso
→Un grafo si dice connesso se ogni nodo è collegato a qualsiasi altro nodo attraverso uno o più lati.
In figura 4a è illustrato un grafo connesso e in figura 4b è illustrato un esempio di grafo non
connesso: non esiste nessun collegamento tra i due sottografi.
Figura 4
I circuiti di bipoli di interesse nelle applicazioni sono tutti “connessi”, e quindi considereremo solo
grafi connessi. Un grafo connesso può contenere sottografi non connessi (si consideri, ad esempio, il
grafo G illustrato in figura 3 e il sottografo G3).
Il concetto di maglia che è stato introdotto nel Capitolo 1, è un concetto fondamentale della teoria
dei grafi. Riprendiamo di nuovo questo concetto utilizzando i concetti propri dei grafi.
Definizione: maglia
→
Sia dato un grafo connesso G. Una maglia di G è un sottografo connesso in cui in ciascun nodo
incidono due e solo due lati.
Osserviamo che ogni maglia forma un cammino chiuso, proprio perché essa deve essere un
sottografo connesso in cui a ogni nodo sono collegati due e due soli lati. Questa è la proprietà
fondamentale di ogni maglia. In generale in un grafo ci sono più maglie. In figura 5 è illustrato un
grafo G insieme a due possibili maglie, G1 e G2; i sottografi G3 e G4 non sono maglie perché nel
nodo “1” di G3 incidono quattro lati e nei nodi “1” e “4” di G4 incidono tre lati e un lato,
rispettivamente.
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Figura 5 Grafo G e due possibili maglie di G; (G1 e G2); G3 e G4 non sono maglie.
Oltre alle maglie, ci sono altri sottografi che hanno proprietà interessanti e che vengono utilizzati
nella teoria dei circuiti: essi sono gli alberi e i coalberi di un grafo.
Definizione: albero e coalbero
→
Sia dato un grafo connesso G. Un albero A di G è un suo sottografo connesso costituito da tutti
i nodi del grafo e che non contiene maglie.
→
Il coalbero CA di G, corrispondente all'albero A, è l'insieme dei lati complementare all'albero:
l'unione dei lati dell'albero e del coalbero coincide con l'insieme di tutti i lati di G.
In generale un grafo possiede più di un albero. Due possibili alberi A1 e A2, e i relativi coalberi
CA1 e CA2 del grafo illustrato in figura 5, sono illustrati in figura 6; il sottografo G1 non è un albero
perché contiene una maglia, e il sottografo G2 non è un albero perché non è connesso.
Proprietà fondamentali dell'albero e del coalbero
La proprietà fondamentale dell'albero è che esso è costituito da n-1 lati, se n è il numero di nodi del
grafo, indipendentemente dal numero di lati e dalla relazione di incidenza.
La dimostrazione di questa proprietà è semplice. Si parta da un qualsiasi nodo dell'albero. È
possibile raggiungere, camminando lungo l'albero, qualsiasi altro nodo. Ogni volta che si raggiunge
un altro nodo si percorre un nuovo lato; pertanto il numero totale di lati distinti che bisogna
percorrere per raggiungere tutti i nodi è n-1, cioè è uguale al numero di nodi meno uno (quello di
partenza).
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La proprietà fondamentale del coalbero è che esso è costituito sempre da b-(n-1) lati se b sono i lati
del grafo. Essa deriva direttamente dal fatto che il coalbero è il complemento all'albero, cioè la
somma dei lati dell'albero e del coalbero deve essere uguale al numero dei lati del grafo.
Figura 6 Esempi di alberi A1 e A2 e coalberi CA1 e CA2 del grafo G illustrato in figura 5; G1 e G2
non sono alberi.
Un altro concetto importante nello studio delle proprietà delle equazioni ottenute applicando le
leggi di Kirchhoff per le tensioni è quello di maglia fondamentale.
Definizione: maglia fondamentale
Si consideri il sottografo che si ottiene aggiungendo all'albero di un grafo un qualsiasi lato di
coalbero: esso contiene una e una sola maglia (essa si ottiene eliminando tutti i lati “appesi”, cioè
tutti quei lati che non appartengono al cammino chiuso). Una maglia ottenuta in questo modo prende
il nome di maglia fondamentale.
È evidente, allora, che aggiungendo volta per volta tutti i lati di coalbero è possibile costruire b-(n1) maglie fondamentali distinte. Questo insieme prende il nome di insieme delle maglie fondamentali
del grafo. La proprietà di questo insieme è che ogni lato di coalbero appartiene a una e una sola
maglia fondamentale, e quindi ogni maglia dell'insieme delle maglie fondamentali ha almeno un lato
in esclusiva. A seconda dell'albero che si sceglie si avrà un diverso insieme di maglie fondamentali.
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Figura 7 Grafo G e un albero A ; un insieme di maglie fondamentali {MF1, MF2} del grafo G; la
maglia M (“unione” delle maglie MF1, MF2) non è fondamentale.
Si consideri ora un insieme di maglie fondamentali. Si può verificare che una qualsiasi altra maglia
del grafo può essere rappresentata tramite l'“unione” di maglie fondamentali, se la regola dell'unione
prevede che i lati comuni siano eliminati. Si osservi che dall'unione di due maglie fondamentali è
possibile costruire un'altra maglia del grafo se e solo se le due maglie hanno almeno un lato in
comune. In figura 7 è illustrato un grafo e un possibile insieme di maglie fondamentali: MF3 è la
maglia fondamentale ottenuta aggiungendo all'albero A il lato 3 e MF4 è quella ottenuta aggiungendo
il lato 4; la maglia M è ottenuta “unendo” MF3 a MF4.
I circuiti che vengono considerati in queste lezioni per esemplificare proprietà, metodi e
applicazioni hanno grafi che possono essere rappresentati sul piano senza che nessuna coppia di lati si
intersechi. In generale ciò non è sempre verificato.
Definizione: grafo planare
→
Un grafo si dice planare se può essere tracciato su di un piano senza che nessuna coppia di lati
si intersechi in un punto che non sia un nodo.
Tra tutte le possibili maglie di un grafo planare, rivestono particolare interesse quelle che nel grafo
non contengono nessun lato al loro interno (solo per i grafi planari ogni maglia partiziona il piano in
due parti, quella interna al cammino chiuso e quella esterna).
Definizione: anello
→
Un anello è una maglia di un grafo planare che non contiene nessun lato al suo interno.
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Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
È possibile dimostrare che un grafo planare connesso con b lati e n nodi ha b-(n-1) anelli distinti,
cioè anelli che hanno almeno un lato diverso. L'insieme di tutti gli anelli di un grafo planare ha la
stessa proprietà dell'insieme di maglie fondamentali, cioè qualsiasi altra maglia del grafo planare può
essere ottenuta dall'unione di due o più anelli, dove l'unione è realizzata con la stessa regola (cioè i
lati in comune devono essere eliminati). Si noti che, in generale, l'insieme degli anelli di un circuito
non coincide con nessun insieme di maglie fondamentali.
In figura 8a è illustrato un grafo planare e i suoi tre anelli, mentre in figura 8b è illustrato un
esempio di grafo non planare. Se si prova a distenderlo su di un piano, il lato α che congiunge il nodo
“3” al nodo “8” necessariamente interseca almeno un altro lato in un punto diverso dai nodi.
Figura 8 Grafo planare e anelli corrispondenti (a); un esempio di grafo non planare (b).
3.3 Equazioni di Kirchhoff per gli insiemi di taglio
Un altro importante concetto della teoria dei circuiti è l'insieme di taglio. La legge di Kirchhoff per
le correnti, per come è stata formulata, impone un legame alle correnti dei lati incidenti in uno stesso
nodo. È possibile formularla anche per le correnti dei lati di un insieme diverso da quelli che incidono
nei nodi.
Definizione: insieme di taglio
→
Si consideri un grafo connesso G(N,L). Un sottoinsieme T dei lati L del grafo, si dice insieme
di taglio se: (a) la rimozione dal grafo di tutti i lati dell'insieme di taglio conduce a un grafo
non connesso; (b) la rimozione di tutti i lati dell'insieme di taglio, eccetto uno arbitrario, lascia
connesso il grafo G. Se il grafo è orientato, l'insieme di taglio si dice orientato.
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
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In figura 9 si considera un grafo e vengono illustrati i possibili insiemi di taglio (T1, T2, T3 e T4).
I lati di T2 sono tutti quelli che incidono nel nodo “2” e i lati di T3 sono tutti quelli che incidono nel
nodo “3”; invece i lati degli insiemi T1 e T4 non incidono in uno stesso nodo.
L'insieme di taglio crea una partizione dell'insieme dei nodi del grafo G in due sottoinsiemi, il
sottoinsieme N+ e il sottoinsieme N−. Ciascun insieme di taglio può essere orientato scegliendo
arbitrariamente un verso, ad esempio quello che va dal sottoinsieme di nodi N+ al sottoinsieme N−.
Figura 9 Grafo G e possibili insiemi di taglio.
A questo punto possiamo formulare la legge per le correnti di un insieme di taglio.
Legge di Kirchhoff per gli insiemi di taglio
La somma algebrica delle correnti di un qualsiasi insieme di taglio è uguale a zero in
ogni istante.
Nella legge di Kirchhoff per l'insieme di taglio intervengono con lo stesso segno le correnti il cui
riferimento per il verso è concorde con l'orientazione dell'insieme di taglio (scelta in modo del tutto
arbitraria), e con il segno contrario le correnti con riferimento opposto. Ad esempio, la corrente i k
deve essere sommata con il segno + se il suo riferimento per il verso va dal sottoinsieme di nodi N+
al sottoinsieme N− e con il segno − se va al contrario.
La dimostrazione di questa nuova formulazione della legge di Kirchhoff per le correnti è semplice.
Ogni insieme di taglio partiziona l'insieme di nodi nei due sottoinsiemi N+ e N−. Scrivendo le
equazioni di Kirchhoff per le correnti per ciascun nodo del sottoinsieme N+ e sommandole membro a
membro si ottiene l'equazione dell'insieme di taglio. Nella somma si eliminano tutte le correnti
relative ai lati che collegano i nodi del sottoinsieme N+ e restano solo le correnti relative ai lati che
collegano i nodi di N+ ai nodi di N−. Tutte le correnti i cui riferimenti per i versi vanno dal
sottoinsieme N+ al sottoinsieme N− intervengono nella somma con lo stesso segno e con il segno
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Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
contrario le correnti con riferimento opposto. (Si noti che quando N+ contiene un solo nodo, e ciò
accade quando i lati dell'insieme di taglio incidono tutti in un solo nodo, l'equazione per l'insieme di
taglio si riduce a quella per il nodo).
Si determinino le equazioni degli insiemi di taglio illustrati in figura 9.
insieme di taglio T 1
i2 + i4 − i5 = 0, insieme di taglio T 2
i 2 − i3 = 0;
insieme di taglio T 3
i3 + i 4 − i 5 = 0, insieme di taglio T 4
i1 − i 3 + i 5 = 0.
3.4 Matrice di incidenza e matrice di maglia
Fino a questo momento la relazione di incidenza di un grafo orientato (la relazione che associa i
lati ai nodi) è stata rappresentata graficamente attraverso elementi geometrici. È possibile assegnare
la relazione di incidenza, e quindi definire un grafo, utilizzando una tabella ordinata costituita da n
righe (quanto sono i nodi) e b colonne (quanti sono i lati). Questa tabella può essere rappresentata da
una matrice rettangolare n∞b (in un circuito è sempre b•n); a essa si dà il nome di matrice di
incidenza del grafo ed è indicata con Aa.
Si ordinino i nodi e i lati del grafo orientato associando a ciascuno di essi un numero naturale. La iesima riga della matrice di incidenza corrisponda al i-esimo nodo del grafo e lo j-esimo elemento di
questa riga corrisponda al j-esimo lato del grafo. Sia a ij l'elemento di Aa appartenente alla riga “i” e
alla colonna “j”. La matrice di incidenza Aa è così definita:
 +1

a ij =  −1

0
se il lato j esce dal nodo “i”,
i =1, 2, ... , n
se il lato j entra nel nodo “ i”,
j = 1, 2, .. ., b
se il lato non tocca il nodo “i”,
(1)
La i-esima riga di Aa indica quali sono i lati che incidono nell’ i-esimo nodo del grafo e la j-esima
colonna indica quali sono i due nodi (sono solo due) ai quali il lato “j” è collegato.
Si consideri il grafo orientato illustrato in figura 10 e si costruisca la matrice di incidenza. In
questo caso Aa ha 4 righe (i nodi sono quattro) e 5 colonne (i lati sono cinque),
Aa =
1
−1
1
0
0
0
0 −1
1 0
0 0 −1 −1
0 −1 1 0
1
0
( ⇐ nodo “1”)
(⇐ nodo “2”)
(⇐ nodo “3”)
(⇐ nodo “ 4”)
.
(2)
C'è una corrispondenza biunivoca tra il “disegno” illustrato in figura 10 e la matrice di incidenza (2):
essi sono solo una diversa rappresentazione di uno stesso oggetto.
Siccome ogni lato incide in soli due nodi, solo due elementi di ciascuna colonna sono diversi da
zero: uno di essi vale +1 (corrispondente al nodo da cui il lato esce) e l'altro vale −1 (corrispondente
al nodo in cui il lato entra). Dunque in ogni colonna della matrice di incidenza abbiamo un solo +1,
un solo −1 e gli altri elementi sono tutti nulli. Ne consegue che la somma di tutte le righe della
matrice di incidenza è sempre una riga identicamente nulla (cioè una riga con tutti zeri) e quindi le
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
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righe di Aa sono linearmente dipendenti 2 : quindi il rango di Aa è minore di n. Ad esempio, l'ultima
riga della matrice (2) può essere ottenuta (senza ispezionare il grafo) a partire dalle altre tre righe,
imponendo che la somma di tutte e quattro le righe dia una riga nulla.
Figura 10 Circuito di bipoli orientato (a) e grafo orientato corrispondente (b).
La matrice di incidenza è un modo molto efficace per rappresentare in maniera sintetica la
relazione di incidenza di un grafo e quindi il modo in cui i bipoli di un circuito sono collegati tra loro.
La metà degli elementi della matrice (2) sono nulli. In generale il numero di elementi diversi da zero
è uguale a 2b, mentre il totale degli elementi è n∞b, quindi il numero degli elementi uguali a zero è
(n-2)∞b. Se n>>1, la maggior parte degli elementi della matrice sono nulli, e quindi sono in un certo
senso “ridondanti”. In questi casi si dice che la matrice è sparsa. Operare con matrici sparse è
vantaggioso dal punto di vista computazionale: memorizzando solo gli elementi diversi da zero si
possono ottenere notevoli risparmi di memoria e di operazioni.
La matrice di incidenza ha una proprietà molto interessante che enunceremo ma non
dimostreremo. I lati corrispondenti a n−1 colonne di Aa linearmente indipendenti formano un albero.
Questa proprietà è utilizzata per realizzare procedure automatiche per la costruzione degli alberi di un
grafo.
La matrice di maglia Ba è una tabella ordinata che ha tante righe quante sono le maglie distinte del
grafo e tante colonne quanti sono i lati; si indichi con m il numero di maglie distinte (sarà sempre
m<b), le si ordinino associando a ciascuna di esse un numero naturale e le si orientino assegnando (in
maniera arbitraria) un verso di percorrenza (orario o antiorario). La i-esima riga della matrice di
maglia corrisponda alla i-esima maglia e la j-esima colonna corrisponda al j-esimo lato. Il generico
elemento b ij di Ba è così definito:
 +1 lato j appartiene alla maglia “i” e i riferimenti sono concordi;
i = 1, 2, ..., m

b ij =  −1 lato j appartiene alla maglia “i” e i riferimenti sono discordi;
j = 1, 2, .. ., b

0 se il lato j non appartiene alla maglia “i”.
(3)
2 Le righe di una matrice sono linearmente dipendenti se almeno una riga della matrice può essere espressa
come combinazione lineare delle altre. Il rango di una matrice A è il massimo numero di colonne di A
linearmente indipendenti; il massimo numero di colonne indipendenti di A è uguale al massimo numero di righe
linearmente indipendenti.
92
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
Si consideri di nuovo il grafo illustrato in figura 10 e si costruisca la matrice di maglia. Prima di
tutto bisogna individuare le maglie. In questo grafo le maglie distinte sono tre e sono illustrate in
figura 11. La matrice Ba ha 3 righe (quante sono le maglie) e 5 colonne (quanti sono i lati),
−1
1 1 −1 0
Ba = 1 0 0
0 1 1
1
0
maglia M1
1
1
maglia M2 .
maglia M3
(4)
C'è una corrispondenza biunivoca tra i sottografi illustrati in figura 11 e la matrice di maglia (4).
Figura 11 Maglie del grafo illustrato in figura 10.
Scriviamo ora le equazioni di Kirchhoff per il circuito di figura 10. Faremo vedere come esse
possono essere riscritte utilizzando le matrici che abbiamo appena introdotto. Per le correnti si ha
l'insieme di equazioni
i1 +
nodo “1”
nodo “2” −i1 +
nodo “3” 0 ⋅ i1 +
i2 +
0 ⋅ i3 +
0 ⋅ i 4 + (−1)⋅ i5 = 0,
0 ⋅i2 +
0 ⋅ i3 +
i4 +
0 ⋅ i 2 + ( −1) ⋅ i3 + ( −1) ⋅ i 4 +
nodo “4” 0 ⋅ i1 + (−1) ⋅ i 2 +
i3 +
0 ⋅ i4 +
0 ⋅ i5 = 0,
i5 = 0,
(5)
0 ⋅ i5 = 0,
e per le tensioni si ha l’insieme delle equazioni
maglia M1
(−1) ⋅ v 1 +
maglia M2
maglia M3
v1 +
0 ⋅ v1 +
v2 +
v3 + ( −1) ⋅ v 4 +
0 ⋅ v 2 + 0 ⋅ v3 +
v2 +
v3 +
v4 +
0 ⋅ v4 +
0 ⋅ v 5 = 0,
v 5 = 0,
v 5 = 0.
(6)
Si introduca, ora, il vettore colonna rappresentativo delle correnti i = ( i1 , i2 , i 3 , i 4 , i 5 )T . La prima
equazione del sistema (5) può essere ottenuta moltiplicando la prima riga della matrice di incidenza
(2) per il vettore colonna i e imponendo, poi, che tale prodotto sia zero; la seconda equazione può
essere ottenuta moltiplicando la seconda riga della matrice di incidenza per il vettore colonna i e
imponendo ancora che il prodotto sia zero, e così via. Quindi il sistema (5) può essere ottenuto
moltiplicando la matrice di incidenza Aa data dalla (2) per il vettore colonna i e imponendo che il
prodotto sia il vettore nullo (con cinque elementi).
Si consideri ora un generico circuito con b lati e n nodi e si introduca il vettore i = ( i1 , i2 , ..., i b ) T
rappresentativo di tutte le correnti. Il prodotto tra la riga i-esima della matrice Aa e il vettore i è
uguale alla somma algebrica delle correnti nel nodo “i” (i=1, 2, ..., n). Quindi applicando la legge di
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Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
Kirchhoff per le correnti a ogni nodo si ottiene l’equazione matriciale (il prodotto è da intendersi
come il prodotto riga per colonna)
Aa i = 0 .
(7)
Dunque la conoscenza della matrice di incidenza consente di scrivere immediatamente tutte le
equazioni di Kirchhoff per le correnti.
Si consideri ora l'insieme delle equazioni (6) ottenute applicando la legge di Kirchhoff per le
tensioni e si introduca il vettore colonna rappresentativo delle tensioni Y = v 1 v 2 v 3 v 4 v 5 T . La
prima equazione del sistema (6) può essere ottenuta moltiplicando la prima riga della matrice di
maglia (4) per il vettore colonna v e imponendo, poi, che tale prodotto sia zero; la seconda equazione
può essere ottenuta moltiplicando la seconda riga della matrice di maglia per il vettore colonna v e
imponendo ancora che il prodotto sia zero, e così via. Quindi il sistema (6) può essere ottenuto
moltiplicando la matrice di maglia Ba data dalla (4) per il vettore colonna v e imponendo che il
prodotto sia il vettore nullo (con tre elementi).
Y
Si consideri ora un generico circuito con b lati e m maglie e si introduca il vettore
= v1 v2
v b T rappresentativo di tutte le tensioni. Il prodotto tra la riga i-esima della matrice Ba
e il vettore v è uguale alla somma algebrica delle tensioni nella maglia “i” (i=1,2, ..., m). Quindi
applicando la legge di Kirchhoff per le tensioni a ogni maglia si ottiene l'equazione matriciale (il
prodotto è da intendersi sempre come il prodotto riga per colonna)
%a Y
= .
(8)
Dunque la matrice di maglia consente di rappresentare sinteticamente tutte le equazioni di Kirchhoff
per le tensioni.
A differenza della matrice di incidenza, la costruzione della matrice di maglia è in generale molto
onerosa dal punto di vista “computazionale” perché bisogna individuare tutte le maglie del grafo.
Un insieme di maglie fondamentali può essere descritto tramite una matrice rettangolare con
(b−n+1) righe (ogni riga corrisponde a una maglia fondamentale) e b colonne (ogni colonna
corrisponde a un lato). Questa matrice prende il nome di matrice di maglia fondamentale e la si indica
con B; la matrice B è una sottomatrice della matrice di maglia Ba.
Se si numerano i lati in modo tale che i primi (b−n+1) siano quelli di coalbero e si orientano le
maglie fondamentali concordemente con le orientazioni dei lati di coalbero, allora la matrice di
maglia fondamentale ha una particolare struttura. Si consideri, ad esempio, il grafo di figura 10. Un
possibile albero è quello costituito dai lati 3, 4 e 5, e quindi i lati di coalbero sono 1 e 2. Si
considerino le due maglie fondamentali corrispondenti. La matrice di maglia fondamentale è
B=
1 0
0
0
1 0 1
1
1 1
.
(9)
La matrice B è costituita dalla sottomatrice matrice identità di ordine 2 (quanti sono i lati di coalbero)
Il =
1 0
0 1
,
e dalla sottomatrice rettangolare 2 ∞ 3 (3 sono i lati di albero)
(10)
94
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
Bt =
0
1 1
1 0 1
.
(11)
La sottomatrice Il rappresenta i lati di coalbero e la sottomatrice Bt rappresenta i lati di albero.
In generale qualsiasi matrice di maglia fondamentale B può essere rappresentata nella forma
B = Il
Bt ,
(12)
dove Il è la matrice identità di dimensione (b−n+1) e Bt è una matrice (b−n+1)∞(n−1), costituita da
+1, −1 e 0. La presenza della matrice di identità Il è dovuta al fatto che ciascuna maglia
fondamentale contiene uno ed un solo lato di coalbero e i riferimenti di questi sono concordi con le
orientazioni delle maglie fondamentali. Da queste considerazioni segue che le righe di una matrice di
maglia fondamentale sono indipendenti e quindi il suo rango è uguale a (b−n+1). Siccome B è una
parte della matrice di maglia Ba, la matrice di maglia Ba ha almeno (b−n+1) righe indipendenti e
quindi il suo rango è maggiore o al più uguale a (b−n+1).
3.5 Equazioni di Kirchhoff indipendenti
I sistemi di equazioni (7) e (8) insieme alle relazioni costitutive dei bipoli costituiscono il modello
circuitale. Le equazioni di Kirchhoff sono lineari, algebriche e omogenee, mentre le equazioni
caratteristiche sono, in generale, non lineari, di tipo algebrico-differenziale e non omogenee. Il
sistema così ottenuto è ben posto?
Un sistema di equazioni si dice ben posto se ammette una e una sola soluzione, comunque siano i
termini noti (e le eventuali condizioni iniziali). Condizione necessaria, affinché un sistema sia ben
posto, è che le equazioni indipendenti 3 siano tante quante sono le incognite del problema, né di più e
né di meno. Inoltre non deve mai accadere che due o più equazioni siano tra loro incompatibili
((x + y) = 1 e (−x −y)=0 sono un esempio di due equazioni incompatibili). Se il sistema è costituito
da un numero di equazioni indipendenti più grande del numero di incognite o da equazioni
incompatibili, il problema in generale non ammette soluzioni. Invece se il sistema ha un numero di
equazioni indipendenti (tra loro compatibili) più piccolo del numero di incognite, in generale
ammette infinite soluzioni.
L'insieme delle equazioni costitutive sono certamente indipendenti e compatibili tra loro (ogni
equazione caratteristica ha due incognite in esclusiva). L'insieme delle equazioni ottenute applicando
le leggi di Kirchhoff sono indipendenti? Sono tra loro compatibili?
Dapprima si considerino le equazioni di Kirchhoff per le correnti.
Ad esempio, è immediato verificare che le equazioni (5), ottenute applicando la legge di Kirchhoff
per le correnti al circuito rappresentato in figura 10, non sono tra loro linearmente indipendenti 4. Ad
3 Le equazioni (algebriche, differenziali, integrali, ...) di un sistema sono dipendenti se almeno una di esse può
essere ottenuta combinando le altre (o almeno una parte). Si dice che le equazioni del sistema sono indipendenti
se e solo se le equazioni non sono dipendenti.
4 L'equazione f ( x , x , ...,x ) = 0 si dice lineare se f ( x , x , ...,x ) è una funzione lineare nelle variabili
1 2
n
1 2
n
x 1 ,x 2 ,..., x n .
Si
consideri
l'insieme
delle
m
equazioni
lineari
e
omogenee
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
95
esempio, la quarta equazione può essere ottenuta sommando membro a membro le altre tre, cioè la
quarta equazione è una combinazione lineare delle prime tre (tutte le “informazioni” contenute
nell'ultima equazione sono già presenti nelle precedenti). È ovvio, a questo punto, che una qualsiasi
delle (5) può essere eliminata, senza che il sistema ne risenta in alcun modo.
In generale le n (n è il numero di nodi) equazioni di Kirchhoff per le correnti (7) sono linearmente
dipendenti, comunque sia il grafo del circuito. Ciò può essere dimostrato ricordando che la somma di
tutte le righe della matrice di incidenza è la riga nulla. Da questa proprietà segue immediatamente
che, se si sommano membro a membro le n equazioni del sistema (7), si ottiene l'identità 0=0 (e non
più un'equazione) 5. Questo risultato è in accordo con il fatto che il rango della matrice di incidenza
Aa è minore di n.
Quante e quali sono le equazioni di Kirchhoff alle correnti linearmente indipendenti?
Proprietà di indipendenza delle equazioni di Kirchhoff per le correnti
Per un circuito con grafo connesso e con n nodi, le equazioni di Kirchhoff per le correnti
relative a n−1 nodi (scelti in maniera arbitraria tra gli n possibili) sono linearmente
indipendenti.
Ad esempio, si consideri di nuovo l’insieme delle equazioni di Kirchhoff (5) per le correnti del
circuito di figura 10. L'insieme costituito dalle prime tre equazioni è un insieme di equazioni
linearmente indipendenti. Infatti le prime due equazioni non possono essere dipendenti perché, ad
esempio, i5 compare solo nella prima e non nella seconda. (Condizione sufficiente, affinché una
equazione di un certo insieme sia indipendente dalle altre, è che nell'equazione vi sia almeno una
incognita in esclusiva). Ciò può essere dedotto sia ispezionando le due equazioni, sia osservando che,
se si considera l'insieme dei nodi “1” e “2” e l'insieme dei restanti nodi (cioè “3” e “4”), il lato 5
collega un nodo del primo insieme a un nodo del secondo (il grafo è connesso) e quindi la corrente in
quel lato comparirà soltanto in una sola delle prime due equazioni e quindi non può essere eliminata.
Lo stesso ragionamento vale per l'insieme costituito dalla prima e dalla terza equazione e per
l'insieme costituito dalla seconda e dalla terza equazione. Ora bisogna mostrare che la prima
equazione è indipendente dalle altre due (la seconda e la terza). Il lato 2 connette il nodo “1”
appartenente all'insieme dei nodi “1”, “2” e “3”, al nodo “4” e quindi la corrente di quel lato
comparirà soltanto in una sola delle prime tre equazioni.
Dimostrazione. La proprietà di indipendenza può essere dimostrata in generale procedendo in questo
modo: si parte negando la tesi e si dimostra che ciò da luogo a risultati che contraddicono le ipotesi.
Questa è la classica dimostrazione per assurdo.
f j ( x1 ,x 2 ,...,x n )= α 1x 1 +α 2 x 2 +...+ α n x n = 0 j=1,2,...,m . Le equazioni di questo insieme si dicono linearmente
dipendenti se e solo se esiste un insieme k1 ,k 2 ,...,k m di costanti (almeno due di esse devono essere diverse da
m
zero) tali che: ∑ j=1
k jf j ( x1 ,x 2 ,...,x n ) = 0 per ogni x1 , x 2 , ...,x n . L’equazioni di questo insieme si dicono si dicono
linearmente indipendenti se e solo se non sono linearmente dipendenti.
5 L’uguaglianza f ( x , x , ...,x ) = 0 è una identità se essa verificata per qualsiasi ennupla x ,x ,..., x ; invece,
1 2
n
1
2
n
se è verificata solo per alcuni valori di x 1 ,x 2 ,..., x n (l'insieme di questi valori può essere finito oppure infinito),
allora essa è un'equazione.
96
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
Si considerino solo (n−1) equazioni delle n equazioni ottenute applicando la legge di Kirchhoff per
le correnti e si assuma, senza perdere di generalità, che un sottoinsieme di h equazioni delle (n−1)
f 1 (i1 , i2 , ..., i b ) = 0,
f 2 ( i1 , i2 , ..., i b ) = 0,
(13)
......... ........... ...
f h (i1 , i 2 ,..., i b ) = 0,
siano linearmente dipendenti. Quindi esistono h costanti k1, k2, ..., k h , tutte diverse da zero, tali che
∑ ih=1 k i f i (i1, i2 ,...,i b ) = 0
per ogni i1 ,i 2 ,..., i b .
(14)
Si partizioni l'insieme dei nodi del grafo in due parti, quella corrispondente alle h equazioni, Nh, e
l'altra relativa ai restanti nodi, Nn-h. Poiché il grafo è connesso, esiste almeno un lato che collega un
nodo dell'insieme Nh a un nodo dell'insieme Nn-h. Pertanto la corrente di quel lato compare in una e
una sola equazione dell'insieme (13), per cui non può essere eliminata nella somma dell'identità (14).
Ciò è vero per ogni sottoinsieme di h equazioni delle (n−1) equazioni considerate con h•n−1. Tale
contraddizione mostra che per h•n−1 non è possibile avere un insieme di equazioni linearmente
dipendenti. Quindi, le n−1 equazioni considerate sono linearmente indipendenti.
Se si elimina dalla matrice di incidenza Aa la riga corrispondente all'equazione che non viene
utilizzata, si ottiene una matrice detta matrice di incidenza ridotta, A: essa ha n−1 righe e b lati.
Allora le n−1 equazioni indipendenti per le correnti possono essere espresse come
Ai = 0 .
(15)
Il rango di A è n−1, cioè essa è una matrice a rango massimo.
Si considerino, ora, le equazioni di Kirchhoff per le tensioni. Ad esempio, è immediato verificare
che le equazioni (6), ottenute applicando la legge di Kirchhoff per le tensioni al circuito rappresentato
in figura 10, non sono tra loro linearmente indipendenti. Ad esempio, la terza equazione può essere
ottenuta sommando membro a membro le altre due, cioè la terza equazione è una combinazione
lineare delle prime due (tutte le “informazioni” contenute nell'ultima equazione sono già presenti
nelle precedenti). È ovvio, a questo punto, che una qualsiasi delle (6) può essere eliminata, senza che
il sistema ne risenta in alcun modo.
In generale le m (m è il numero di maglie) equazioni di Kirchhoff per le tensioni (8) sono
linearmente dipendenti. Quante e quali sono le equazioni di Kirchhoff alle tensioni linearmente
indipendenti?
Proprietà di indipendenza delle equazioni di Kirchhoff per le tensioni
Per un circuito con grafo connesso con n nodi e b lati, le b−(n−1) equazioni di Kirchhoff per le
tensioni, relative a un qualsiasi insieme di maglie fondamentali, sono linearmente indipendenti.
Ad esempio, si consideri l’insieme (6) delle equazioni di Kirchhoff per le tensioni relativo al
circuito di figura 10. L'insieme costituito dalle prime due equazioni è un insieme di equazioni
linearmente indipendenti. Infatti le due maglie M1 e M2 è un insieme di maglie fondamentali:
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
97
ognuna di esse ha almeno un lato in esclusiva, e quindi le relative equazioni per le tensioni hanno
almeno una tensione incognita in esclusiva. Lo stesso ragionamento vale per gli altri insiemi
fondamentali.
Dimostrazione. La proprietà di indipendenza può essere dimostrata in generale e semplicemente
ricordando che ogni maglia di un insieme di maglie fondamentali ha almeno un lato in esclusiva e
quindi l'equazione di Kirchhoff corrispondente ha almeno una tensione (incognita) in esclusiva (il
rango di una qualsiasi matrice di maglia fondamentale è uguale a b−(n−1)).
L'insieme delle equazioni per le tensioni ottenute applicando la legge di Kirchhoff a un insieme di
maglie fondamentali è il più grande insieme di equazioni linearmente indipendenti per le tensioni
(cioè un sottoinsieme massimale e linearmente indipendente delle equazioni (4))?
La risposta è sì. Tali equazioni corrispondono a un “insieme minimo” di maglie che contengono
tutte le informazioni concernenti le equazioni di Kirchhoff per le tensioni del intero circuito. Infatti se
si considera una maglia M non fondamentale, essa può essere sempre ottenuta attraverso “l'unione” di
almeno due maglie fondamentali (nell'esempio di figura 7 la maglia non fondamentale M può essere
ottenuta dall'unione di MF1 e MF2). Pertanto l'equazione per M si ottiene combinando linearmente le
equazioni relative alle maglie fondamentali di cui M è l'unione (si noti che le tensioni relative ai lati
in comune alle maglie fondamentali vengono eliminate).
Se si eliminano dalla matrice di maglia Ba tutte le righe corrispondenti a maglie superflue (restano
solo le righe relative alle maglie dell'insieme fondamentale scelto) si ottiene la matrice di maglia
fondamentale B; essa ha b−(n−1) righe e b lati. Allora le b−(n−1) equazioni indipendenti per le
tensioni possono essere espresse come
Bv = 0 .
(16)
Il rango di B è b−(n−1), cioè essa è una matrice a rango massimo.
Nel caso in cui il grafo è planare, un sottoinsieme massimale di equazioni indipendenti per le
tensioni può essere ottenuto applicando la legge di Kirchhoff per le tensioni agli anelli del grafo. Gli
anelli in un grafo planare con n nodi e b lati sono b−(n−1) e ogni anello ha almeno un lato in
esclusiva; inoltre qualsiasi altra maglia che non sia un anello, può essere ottenuta “unendo” opportuni
anelli.
3.6 Equazioni circuitali
Si consideri un circuito connesso con n nodi e b bipoli. Le equazioni circuitali sono costituite da
(n−1) equazioni indipendenti alle correnti ottenute applicando la legge di Kirchhoff per le correnti a
(n−1) qualsiasi nodi del circuito, (b−n+1) equazioni indipendenti alle tensioni ottenute applicando la
legge di Kirchhoff per le tensioni a (b−n+1) maglie fondamentali del circuito (agli anelli se il grafo
del circuito è planare) e b equazioni costitutive:
 Ai = 0,

 Bv = 0,
(17)
98
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
 F1 {v1 (⋅),i1 (⋅)}= 0,
 F2 {v2 (⋅),i 2 (⋅)}= 0,

....................

 Fb {v b (⋅),i b (⋅)} = 0.
(18)
Alle b equazioni dell’insieme (17) diamo il nome di equazioni di interconnessione perché
dipendono solo da come gli elementi circuitali sono tra loro collegati. Esse sono lineari e omogenee;
inoltre sono tutte linearmente indipendenti perché nell'insieme di equazioni indipendenti Ai = 0
compaiono solo le correnti e nell'insieme di equazioni indipendenti Bv = 0
compaiono solo le
tensioni (e quindi sono anche compatibili).
Le equazioni costitutive possono essere sia di tipo algebrico che di tipo differenziale, a seconda
della natura del bipolo. Se il circuito è costituito da soli bipoli di tipo resistivo, le equazioni circuitali
sono di tipo algebrico. Se nel circuito ci sono anche bipoli di tipo dinamico, allora le equazioni
circuitali sono di tipo algebrico-differenziale.
L'insieme delle equazioni di interconnessione e delle equazioni costitutive è un sistema di 2b
T
T
equazioni nelle 2b incognite i = (i1 ,i 2 ,..., i b ) e v = (v1 ,v 2 ,...,v b ) . Esso è un insieme di
equazioni indipendenti? 6 Le equazioni circuitali sono tutte compatibili tra loro? Nella maggior parte
dei casi e in quelli più significativi le equazioni circuitali sono tutte indipendenti e compatibili.
Tuttavia esistono casi in cui le 2b equazioni non sono indipendenti e anche casi in cui non sono
compatibili. Possono esistere anche casi in cui la soluzione non è unica o addirittura non esiste.
Torneremo brevemente su queste questioni negli esempi che ora svolgeremo.
Ora vengono esaminati quattro circuiti, ognuno dei quali esemplifica una classe di circuiti di
particolare rilievo teorico e applicativo. Gli obiettivi di queste esemplificazioni sono molteplici.
Innanzitutto cominciare a familiarizzare con la soluzione delle equazioni di un circuito, partendo da
un caso semplice e poi, man mano, proseguendo con circuiti sempre più difficili da risolvere. In
questo modo faremo una prima rassegna delle difficoltà intrinseche nel modello circuitale e dei
metodi matematici che si utilizzano per la soluzione delle equazioni circuitali. Coglieremo
l'occasione per illustrare anche i principi dei metodi di soluzione numerica su cui si basano simulatori
circuitali, come, ad esempio, PSpice.
3.6.1 Esempio: circuito di resistori lineari e generatori indipendenti.
Si consideri il circuito illustrato in figura 12. Esso è costituito dai resistori lineari con resistenze
R 1 =1, R 2 = 2, R 3 = 2
e da due generatori indipendenti uno di tensione, con tensione
e( t) = sin( 2π1000t) e uno di corrente, con corrente j(t) = 1 . Si determinino tutte le correnti e le
tensioni.
Il circuito è costituito da 5 bipoli. Si fissino i riferimenti per i versi delle correnti come è indicato
in figura 12b e si assuma per ciascun bipolo la convenzione dell'utilizzatore (la prima operazione che
6 Siano E ed E due insiemi di equazioni, ciascuno dei quali costituito da sole equazioni indipendenti. In
1
2
generale, le equazioni ottenute dall’unione di E1 con E2 non sono indipendenti.
99
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
bisogna fare quando si imposta la soluzione di un circuito è assegnare i riferimenti per i versi delle
correnti e delle tensioni). Le incognite del problema sono le 5 correnti i1 , i2 , . .., i 5 e le 5 tensioni
v 1 , v 2 , .. ., v 5 (in realtà la tensione del generatore di tensione e la corrente del generatore di corrente
non sono delle vere incognite, anche se formalmente e per il momento conviene considerarle come
tali).
Ora bisogna scrivere le equazioni circuitali. Si considerino prima le equazioni di interconnessione.
A tale scopo è utile riferirsi al grafo orientato riportato in figura 12c.
Figura 12 Circuito resistivo lineare (a), circuito orientato (b) e grafo orientato corrispondente (c).
Il grafo del circuito in questione ha tre nodi (i nodi "1”, “2” e “3”), quindi è possibile scrivere solo
due equazioni di Kirchhoff per le correnti linearmente indipendenti (si scelgano le equazioni relative
ai nodi “1” e “2”)
nodo “1”
i1 − i 5 = 0,
nodo “2”
i1 − i2 − i3 + i 4 = 0.
(19)
Ora bisogna scrivere le equazioni di Kirchhoff per le tensioni. A tale scopo si costruisca un insieme
di maglie fondamentali. In figura 13 è illustrato un albero del grafo di figura 12c, insieme ai lati del
coalbero e alle tre maglie fondamentali (relative all'albero che è stato scelto). Applicando la legge di
Kirchhoff per le tensioni alle maglie fondamentali M1, M2 e M3 si ottiene l'insieme di equazioni
linearmente indipendenti
maglia M1
v1 + v 2 + v 5 = 0,
maglia M2
− v 2 + v 3 = 0,
maglia M3
− v 2 − v 4 = 0.
(20)
Utilizzando le equazioni costitutive si ottiene un altro insieme di equazioni linearmente indipendenti,
costituito dalle 5 equazioni
resistore “1”
v1 − R1 i1 = 0,
resistore “2”
v 2 − R 2 i 2 = 0,
resistore “3”
v 3 − R3 i 3 = 0,
geneneratore corrente i 4 = j,
generatore tensione v 5 = −e.
(21)
100
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
Figura 13 Un albero del grafo di figura 12c,, coalbero e insieme di maglie fondamentali.
Unendo gli insiemi (19), (20) e (21), si ottiene il sistema completo delle equazioni circuitali relative
al circuito in esame. Esso è costituito da 10 equazioni e da 10 incognite ed è
 i1 − i5 = 0,

 i1 − i2 − i 3 + i4 = 0.

 v1 + v 2 + v 5 = 0,

 −v 2 + v 3 = 0,
 −v − v = 0.
 2
4

 v1 − i1 = 0,

 v 2 − 2i 2 = 0,

 v 3 − 2i3 = 0,
 i = 1,
 4
 v = − sin(2π1000t).
 5
(22)
Si introduca il vettore x così definito, x = (i1 , i2 ,. .., i5 , v1 , v 2 ,..., v5 )T ; allora il sistema (22) può
essere rappresentato sinteticamente attraverso l'equazione vettoriale lineare
Lx = d ,
(23)
dove L è una matrice quadrata 10∞10 e d è un vettore noto di dimensione 10 dipendente solo dalle
sorgenti. La maggior parte degli elementi della matrice L sono nulli, e quindi è sparsa.
Le equazioni di un qualsiasi circuito, costituito da soli resistori lineari e generatori indipendenti (e
più in generale da elementi lineari di tipo resistivo), possono essere sempre poste nella forma (23): L
è una matrice quadrata 2b∞2b (b sono i bipoli del circuito), x e d sono due vettori di dimensione 2b.
Pertanto il modello matematico di un circuito resistivo lineare (con questa espressione intendiamo un
circuito di resistori lineari e generatori indipendenti) è costituito da un sistema di equazioni
algebriche lineari.
Il sistema (23) ha una e una sola soluzione se e solo se il sistema omogeneo associato
Lx = 0 ,
(24)
che descrive il funzionamento del circuito quando i generatori sono spenti, ha solo la soluzione x=0.
Questa condizione è verificata se e solo se le equazioni del sistema omogeneo associato sono
linearmente indipendenti, cioè se il rango della matrice L è uguale a 2b. Ciò accade se e solo se le
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
101
equazioni del sistema completo (23) sono indipendenti e compatibili tra loro. Nel caso in esame
questa condizione è verificata (anche se non è immediato provarlo).
I metodi di soluzione per i sistemi algebrici lineari vengono, usualmente, divisi in due
raggruppamenti. I metodi diretti sono i metodi che in assenza di errori di arrotondamento danno la
soluzione esatta in un numero finito di operazioni. I metodi iterativi sono metodi in cui la soluzione
è ottenuta come limite di una successione di soluzioni di problemi più semplici. Nel seguito faremo
un breve accenno ai soli metodi diretti.
I metodi diretti classici sono: la regola di Cramer, mediante la quale le soluzioni vengono espresse
come quozienti di determinanti di ordine 2b (2b è l'ordine del sistema), e il metodo di eliminazione di
Gauss 7 (o metodo della riduzione per sostituzione).
Per valutare il costo computazionale richiesto dai due metodi si considera il numero di
moltiplicazioni coinvolte nei rispettivi algoritmi. Naturalmente, vi sono anche altri tipi di operazioni,
come le addizioni, ma solitamente ci si riferisce alle moltiplicazioni, in quanto in generale più
onerose computazionalmente. Il numero di moltiplicazioni necessarie per risolvere il sistema
attraverso la regola di Cramer è (2b+1)(2b-1)(2b)!, mentre nel metodo di Gauss il numero di
moltiplicazioni è dell'ordine di 8b3. Per b=5 (l'ordine del sistema (22) è 10) il metodo di Gauss
richiede all'incirca mille moltiplicazioni, mentre la regola di Cramer ha bisogno all'incirca di 3.6 106
moltiplicazioni; per b=10 il metodo di Gauss ha bisogno di circa 8000 moltiplicazioni mentre la
regola di Cramer richiede all'incirca 2.4 1018 moltiplicazioni. Usando un calcolatore in grado di
realizzare 108 moltiplicazioni al secondo (che utilizza, ad esempio, un processore RISC o ALPHA)
si hanno i seguenti tempi di calcolo:
Regola di Cramer • 3 105 anni,
Metodo di Gauss • 8 10-5 secondi.
Anche per sistemi di modeste dimensioni il metodo di Cramer si rivela, quindi, impraticabile. Al
contrario, il metodo di Gauss permette di risolvere in tempi ragionevoli sistemi di grosse dimensioni.
Sfruttando la natura particolare delle matrici, quali ad esempio la sparsità e la simmetria, è possibile
ridurre ulteriormente sia la quantità di memoria richiesta, sia il numero di operazioni.
Il sistema (22) sarà risolto utilizzando il metodo di Gauss. L'idea centrale del metodo di Gauss è la
riduzione della dimensione del sistema, cioè del numero di equazioni, per eliminazione. Essa consiste
nel ricavare da una fissata delle 2b equazioni una particolare incognita e nella sua sostituzione nelle
equazioni rimanenti (eliminazione in avanti). La sostituzione fa così diminuire di pari passo sia il
numero di equazioni che il numero di incognite e quindi diminuisce la dimensione del problema:
2b∅2b−1. Iterando il procedimento, si riduce il problema originario a un problema a una sola
equazione in una sola incognita. Determinata tale incognita, le altre incognite sono successivamente
ottenute mediante una procedura di sostituzione all'indietro.
Operando in questo modo, dopo l'eliminazione in avanti, il sistema (22) è trasformato nel sistema
7 Questo metodo è attribuito comunemente a Gauss, anche se nel libro di Valeriano Comincioli, Analisi
Numerica edito dalla McGraw-Hill (1990), si accenna a un esempio 3∞3 contenuto in un manoscritto cinese
datato più di 2000 anni.
102
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
 i 4 = 1,

 v 5 = − sin(2π1000t),

 v1 = i1 ,

 v 2 = 2i 2 ,

 v 3 = 2i3 ,

i 5 = i 1,

i 3 = i 2 ,

 2i 2 = sin(2π1000t) − i1 ,
 2i = sin(2π1000t) − 1.
 1
(25)
La soluzione del circuito si ottiene dalle (25) attraverso l'eliminazione all'indietro. Così facendo si
ottiene
i1 = 0. 5[ sin(2π1000t) − 1], i 2 = 0. 5[ sin(2π1000t) + 1]
i 3 = 0. 5[sin(2 π1000t) +1], i 4 = 1
i 5 = 0. 5[sin( 2π1000t) −1],
v 1 = 0.5[sin(2π1000t) −1], v2 = sin(2π1000t) + 1,
v 3 = sin(2π1000t) +1,
v 4 = − sin(2π1000t) −1,
v 5 = − sin(2π1000t).
Figura 14
Esempi di modelli circuitali “mal posti”.
Prima di passare allo studio di un circuito con un bipolo statico non lineare, è interessante fare
qualche considerazione sull'esistenza e unicità della soluzione di un circuito di resistori lineari e
generatori indipendenti. A questo scopo si considerino i due circuiti illustrati in figura 14 e si
scrivano le rispettive equazioni, (il sistema (26a) per il circuito di figura 14a e il sistema (26b) per il
circuito di figura 14b)
 i1 + i2 + i 3 = 0,

 v1 − v 3 = 0,

 v1 − v 2 = 0,

 v1 = E 1 ,

v2 = E 2 ,

 v 3 − Ri 3 = 0,
(26a)
 i1 + i4 = 0,

 i 2 + i3 − i 4 = 0,

 v 2 − v 3 = 0,

 v1 − v 3 − v 4 = 0,

 v1 = E,

 i 2 = −J,

 v 3 − Ri 3 = 0,
 v + Ri = 0.
 4
4
(26b)
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
103
Nel primo circuito (figura 14a) abbiamo un resistore e due generatori di tensione in parallelo; nel
secondo circuito abbiamo un resistore con resistenza negativa −R e uno con resistenza positiva +R.
Nel primo sistema di equazioni (26a) la terza equazione è incompatibile con la quarta e la quinta (le
equazioni del sistema omogeneo associato non sono tutte indipendenti). Nel secondo sistema di
equazioni (26b) la seconda equazione è incompatibile con le ultime cinque (anche in questo caso le
equazioni del sistema omgeneo aassociato non sono tutte indipendenti). Quindi entrambi i sistemi, in
eneoralo, non ammettono soluzioni. Nel primo caso si hanno infinite soluzioni se E1=E2 (le equazioni
del sistema completo sono compatibili ma non sono più indipendenti), mentre nel secondo caso si
hanno infinite soluzioni se E=0 e J=0.
Queste situazioni “patolgeiche” non si vorificano se si assume che: (a) tutte le resistenze sono
positivo; (b) non esistono maelie costituite da soli generatori di tensione e corto circuiti; (c) non
esistono insiemi di taeli costituiti da soli generatori di corrente e circuiti aperti. Comunque, qualora si
vorificassoro, basta introdurre deeli opportuni resistori per ottenere un modello circuitalo “ben
posto”. Ad esempio, se nel circuito di figura 14a si introduce un resistore in serie a uno dei due
generatori, il problema non è più mal posto (bisgena sempre tenere presente che il modello circuitalo
che si sta analizzando è un modello dell'oegetto fisico, ma non è l'oegetto fisico). Un modello è mal
posto quando non rappresenta in maniera adeeuata l'oegetto fisico, perché sono stati trascurati effetti
di fenomeni che non possono essorlo.
3.6.2
Esompio: circuito composto da resistori lineari, generatori indipendenti e un resistoro non
lineare
Assoenato un problema qualunque, si è interessati a determinare una soluzione. Per alcuni
problemi la soluzione è unica. Per altri problemi possono esistere più soluzioni, o addirittura nessuna
soluzione (pur essondo tutte le equazioni indipendenti). Ciò accade per circuiti contenenti resistori
non lineari. L'esempio che seeue illustra talo possibilità. Si consideri il circuito di figura 15. Il
resistore non lineare è controllato in tensione, cioè la sua equazione caratteristica è del tipo
i 3 = g(v 3 ) dovo g(⊇) è una funzione a un solo valore.
Le equazioni del circuito sono
 i1 − i2 − i 3 = 0,

 i1 + i4 = 0,

 v1 + v 2 − v 4 = 0,

 v 2 − v 3 = 0,

 v1 − R1 i1 = 0,

 v 2 − R 2 i2 = 0,

 i 3 − g(v 3 ) = 0,
 v = E.
 4
Il sistema di equazioni (27) è non lineare (la penultima equazio
(27)
104
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
Figura 15 Esempio di circuito resistivo non lineare e grafo corrispondente.
La soluzione del sistema (27) può essere determinata riducendo l'insieme delle equazioni lineari a
una sola equazione, utilizzando il metodo di Gauss; in questa equazione devono comparire solo le
incognite i3 e v3. Sostituendo le espressioni delle tensioni v1, v2 e v4, che si ottengono dalla quinta,
sesta e ottava equazione del sistema (27), nella terza e nella quarta, e utilizzando poi la prima, si
ottiene il sistema
 v 4 = E,

 i 4 = −i1 ,

 i1 = v1 / R1 ,

i 2 = v2 / R 2 ,

 v1 = −v 2 − E,
v = v ,
3
 2

 i 3 + (1 / R1 +1 / R 2 )v 3 = E / R1 ,

 i 3 − g(v 3 ) = 0.
(28)
La funzione g(⋅) é non lineare. Pertanto la soluzione delle equazioni circuitali (27) è ricondotta alla
soluzione del sistema non lineare

v3
E
,
i 3 + * =
R
R1


 i 3 − g(v 3 ) = 0.
(29)
dove 1 / R * = 1 / R1 +1 / R 2 . Anche se un metodo analitico generale per risolvere il sistema (29) non
esiste, esso può essere risolto approssimativamente attraverso metodi che ora descriveremo
brevemente.
Il sistema (29) può essere sempre risolto per via grafica. Il metodo grafico per la ricerca della
soluzione consiste nel riportare la retta descritta dall'equazione lineare del sistema (29) sul piano v3i3 che descrive la caratteristica grafica del resistore non lineare. Le intersezioni delle due curve
individuano dei punti, detti punti di lavoro. I valori corrispondenti di v3 e i3 sono le soluzioni del
sistema (29). In figura 16 sono riportate le soluzioni (per via grafica) relative a tre diversi casi: nel
primo caso il resistore non lineare ha una caratteristica monotona e strettamente crescente (essa
potrebbe essere la caratteristica di un diodo), figura 16a, nel secondo caso la curva caratteristica non è
monotona e ha un massimo e un minimo relativi in un intervallo limitato (essa potrebbe rappresentare
la caratteristica di un diodo tunnel), figura 16b, mentre nel terzo la caratteristica è monotona
decrescente, figura 16c. Nel primo caso si ha sempre una e una sola intersezione e quindi una e una
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
105
sola soluzione, nel secondo caso, invece, ci sono dei valori di E per cui si hanno tre intersezioni e
quindi tre soluzioni, mentre nel terzo caso non esiste nessuna intersezione e quindi nessuna soluzione.
Figura 16 Soluzione per via grafica del sistema (29) per tre diverse curve caratteristiche del
resistore non lineare.
Che significa un circuito con più soluzioni o con nessuna soluzione? Dal punto di vista matematico
è normale che un'equazione abbia più di una soluzione oppure nessuna soluzione (le equazioni che
ammettono una e una sola soluzione sono un caso molto particolare). Dal punto di vista fisico
potrebbe sembrare un assurdo che il circuito abbia, ad esempio, più soluzioni stazionarie. Il “circuito
fisico”, che il modello circuitale descrive, ha un comportamento “deterministico”, cioè una volta che
sono stati assegnati tutti gli ingressi e le condizioni iniziali, il funzionamento è univocamente
determinato.
Per poter determinare quale soluzione stazionaria si realizza nel circuito quando le soluzioni sono
più di una, bisogna considerare gli effetti dovuti alle parti a memoria che in ciascun componente sono
presenti e che sono stati trascurati in fase di modellamento. Il caso riportato in figura 16b potrebbe,
ad esempio, descrivere la dinamica di un circuito con diodo tunnel. Un modello più raffinato del
componente “diodo tunnel” si ottiene introducendo in parallelo al resistore non lineare un
condensatore lineare di capacità molto piccola. Questo elemento porta in conto gli effetti dinamici
dovuti alla carica che si accumula sulle due giunzioni del dispositivo. Nell'esempio discusso in 3.6.4
faremo vedere che, in un circuito siffatto, la soluzione stazionaria che si instaura dipende dalla
condizione iniziale per la tensione del condensatore in parallelo al diodo tunnel.
Il metodo grafico precedentemente illustrato può fornire soltanto soluzioni approssimate. Per
ottenere soluzioni più accurate è necessario ricorrere a metodi numerici. Il metodo di NewtonRaphson rappresenta il metodo numerico più comunemente usato per risolvere le equazioni di circuiti
statici non lineari. Di seguito sono riportati i concetti essenziali applicandolo al circuito in esame
dopo aver ridotto il sistema (29) alla sola equazione non lineare.
F(v 3 ) = g( v 3 ) +
v3
E
−
= 0,
R* R1
(30)
106
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
Il metodo di Newton-Raphson8 è un metodo iterativo. Esso può essere descritto tramite una
interpretazione geometrica, figura 17. Partendo da una stima iniziale della soluzione v 30 (spesso una
soluzione di tentativo può essere determinata ignorando i termini non lineari dell'equazione), si
genera una successione v n3 , approssimando, per ogni n, la curva y = F(v 3 ) mediante la tangente
nel punto
(
v n3 , F(v n3
)
{}
) e calcolando v 3n come l'intersezione della tangente con l'asse delle v 3 .
All'equazione (30) si sostituisce, quindi, un'equazione lineare la cui soluzione è
v n3 +1 = v n3 −
F(v 3n )
.
F ’ (v n3 )
(31)
Figura 17 Illustrazione grafica del metodo di Newton-Raphson.
Il metodo di Newton-Raphson corrisponde a sostituire alla funzione lo sviluppo in serie arrestato ai
termini di primo grado nell'intorno di un punto di lavoro di tentativo. Questa procedura è applicata
n
ripetutamente finché il residuo F(v 3 ) dell'equazione non è uguale a un prefissato valore. In
principio l'iterazione dovrebbe essere continuata fino a quando il residuo si annulla; in pratica ciò è
irrealizzabile perché sono necessarie un numero infinito di iterazioni. Anche se ciò fosse possibile
sarebbe praticamente inutile, perché nelle applicazioni è sufficiente conoscere le grandezze di
interesse con una precisione limitata.
Si consideri il circuito resistivo non lineare in esame con R1=R2=1, E=1 e g(v 3 ) = v 3 + 9v 33 . In
3
questo caso la funzione F vale F(v) = 9v3 + 3v3 − 1 . Si scelga per v 03 il valore che si ottiene
0
ignorando il termine non lineare, cioè v 3 = 1 / 3 . I risultati dell'iterazione sono illustrati in Tabella I.
L'iterazione converge rapidamente verso la soluzione.
8 Isaac Newton introduce l’idea (1666) per risolvere l’equazione: x 3 − 2x − 5 = 0 ; l’idea fu trasformata in un
algoritmo da Raphson (1690).
107
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
Tabella I Sequenza ottenuta applicando il metodo di Newton-Raphson all’equazione
9v33 + 3v3 − 1 = 0 .
n
n
v3
F(v n3 )
0
1/3
1/3
1
5/18
0.0262...
2
0.272616...
0.0001985...
3
0.272577...
0.000000011...
La convergenza del metodo di Newton-Raphson è assicurata quando la funzione F è strettamente
crescente; nel caso illustrato in figura 18 (potrebbe corrispondere a un circuito con un diodo tunnel)
la convergenza dipende dal punto iniziale dell'iterazione.
Figura 18 Il metodo di Newton-Raphson non converge con v 03 come condizione iniziale.
3.6.3 Esempio: circuito composto da resistori lineari, generatori indipendenti e un induttore
lineare
I circuiti costituiti da un induttore (o da un condensatore), da resistori e da generatori indipendenti
sono detti circuiti del primo ordine. In questo paragrafo il circuito del primo ordine illustrato in figura
19 viene studiato. L'induttore è lineare e tempo invariante.
Le equazioni circuitali sono
i1 − i 2 = 0,
i1 + i 3 = 0,
 v1 + v2 − v3 = 0,

 v1 − Ri1 = 0,
 di 2
L dt − v2 = 0,
 v = e(t).
3
Figura 19 Un circuito dinamico del primo ordine.
(32)
108
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
Il sistema (32) è costituito da equazioni algebriche lineari e da un'equazione differenziale lineare
del primo ordine a coefficienti costanti. In questo caso conviene ridurre l'intero sistema a una sola
equazione nell'incognita che compare sotto l'operatore di derivata, cioè i2. Per fare ciò bisogna ridurre
la parte algebriche del sistema (32) a una sola equazione algebrica nelle incognite v2 e i2. Sostituendo
nella terza equazione del sistema (32) le tensioni v1 e v3, che si ottengono dalla quarta e dall'ultima
equazione, e utilizzando poi la prima (eliminazione in avanti), si ottiene il sistema
 v3 = e(t)
i1 = i 2 ,
i 3 = −i 2 ,

 v1 = Ri 2 ,
 v2 = − Ri2 + e(t),
 di
2
− v2 = 0.
L
dt
(33)
Si noti che tutte le tensioni e le correnti del circuito sono legate attraverso una relazione puramente
algebrica alla corrente nell'induttore (le prime cinque equazioni del sistema (33)), e quindi il valore di
ogni tensione e di ogni corrente del circuito al generico istante t dipende solo dal valore che la
corrente dell'induttore assume in quell'istante, oltre che dalla tensione e(t) del generatore.
Combinando la penultima equazione del sistema (33) con l'equazione costitutiva dell'induttore
lineare e tempo-invariante, si ha l'equazione cercata
L
di 2
+ Ri 2 = e( t) .
dt
(34)
La (34) è una equazione differenziale ordinaria del primo ordine, lineare, a coefficienti costanti e
non omogenea. Essa ha infinite soluzioni. Per determinare quella che si realizza nel circuito “fisico”
in esame bisogna conoscere il valore della corrente che circola nell'induttore in un istante, ad
esempio, nell'istante iniziale t 0 dell'intervallo temporale di osservazione (qui sceglieremo t 0 = 0
come istante iniziale). Infatti, se è noto il valore di i2 all'istante t=0, l'equazione (34) dà il valore della
derivata di i2 allo stesso istante, e quindi il valore che la corrente assume all'istante
t = ∆t (con ∆t → 0) , cioè dopo un intervallo infinitesimo. Una volta determinato il valore di i2
all'istante
t = 2∆t , utilizzando di nuovo l'equazione (34) si calcola il valore della corrente al
successivo istante e così via. Le informazioni riguardo le condizioni iniziali non sono contenute nelle
equazioni circuitali, sono condizioni ulteriori che vanno aggiunte ad esse. Come già abbiamo fatto
notare, in generale, per completare il modello circuitale bisogna assegnare le condizioni iniziali per le
correnti degli induttori e per le tensioni dei condensatori.
L'equazione differenziale (34) sarà risolta con la condizione iniziale
i 2 (t = 0) = I0 .
(35)
La soluzione generale dell'equazione (34) (ricordiamo ancora una volta che la soluzione generale per
definizione rappresenta tutte le possibili soluzioni dell'equazione) può essere ottenuta sommando alla
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
109
soluzione generale dell’equazione omogenea associata (l’equazione del circuito quando sono spenti
tutti i generatori, cioè del circuito in evoluzione libera)
L
di 0
+ Ri 0 = 0 ,
dt
(36)
una soluzione particolare i p ( t) dell'equazione completa,
i 2 (t) = i 0 (t) + ip (t) .
(37)
La soluzione generale dell'equazione (36) è dato da
i 0 (t) = Aexp (−λt) ,
(38)
dove A è una costante arbitraria e λ è la radice del polinomio caratteristico p(λ) associato alla (36). Il
polinomio p(λ) è costituito dalla somma di tanti monomi in λ quanti sono i termini dell'equazione
(36): al termine in cui compare la derivata prima corrisponde il monomio di grado uno e con lo stesso
coefficiente della derivata prima, cioè Lλ, e al termine senza derivate corrisponde il monomio di
grado zero con lo stesso coefficiente che moltiplica la funzione incognita, cioè R. Quindi λ è
soluzione dell'equazione algebrica di primo grado
Lλ + R = 0 .
(39)
L'integrale generale dell'equazione (34) è dunque
i 2 (t) = Aexp (−t / τ ) + i p (t) ,
(40)
dove τ = L / R è la costante di tempo del circuito. Si assuma, ora, per semplicità che il generatore di
tensione abbia una tensione costante, e(t)=E. In questo caso un integrale particolare della (34) è la
funzione costante, cioè
i p ( t) = I* .
(41)
Sostituendo la (41) nella (34) (la derivata di una costante è uguale a zero), si ottiene
i p ( t) =
E
.
R
(42)
Sostituendo la (42) nella (40) e imponendo la condizione iniziale (35), si ottiene finalmente
i 2 (t) = [I0 − E / R] exp(−t / τ) + E / R .
(43)
Si assuma che R e L siano entrambe positive. In questo caso è τ>0 e il primo termine nella (43)
tende esponenzialmente a zero, qualunque sia il valore iniziale della corrente, con costante di tempo τ
(figura 20); a questo termine si dà il nome di termine transitorio. Pertanto, per t∅ la corrente
nell'induttore tende asintoticamente al valore stazionario E/R. A questo termine si dà il nome di
termine permanente. Il grafico illustrato in figura 20 è stato ottenuto con I0=0, E=1, R=1 e L=1mH.
La (43) in questo caso diventa i 2 (t) = − exp(−1000t) +1 .
Le forme d'onda esponenziali possono essere tracciate sfruttando le seguenti osservazioni:
la tangente in t=0 passa per i punti (0, I0) e (τ,E/R).
110
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
-
Dopo un intervallo di tempo pari alla costante di tempo τ, la distanza tra i2(t) e E/R diminuisce
approssimativamente del 63% rispetto alla distanza iniziale I0 − E / R .
-
Dopo un intervallo pari a cinque costanti di tempo, i2(t) raggiunge praticamente il valore
stazionario E/R (e−5♠0.007).
1,2
i2 (A)
1,0
0,8
0,6
0,4
0,2
t (s)
0,0
0
0,002
0,004
0,006
0,008
0,01
Figura 20 La soluzione tende alla soluzione stazionaria per t∅ .
3.6.4 Esempio: circuito composto da un resistore lineare, un generatore indipendente, un
resistore non lineare e un condensatore lineare
Si consideri ora il circuito illustrato in figura 21. Il generatore di tensione è stazionario e il
condensatore è lineare e tempo invariante. Le equazioni circuitali sono
 i1 − i2 − i 3 = 0,

 i1 + i4 = 0,

 v1 + v 2 − v 4 = 0,
 v − v = 0,
3
 2
 v1 − R1 i1 = 0,

 i 2 − g( v 2 ) = 0,

dv3

= 0,
i 3 − C
dt

 v 4 = E.
(44)
La funzione g(⋅) é non lineare. Il sistema (44) è trasformato nel sistema
 v 4 = E,

 i 4 = −i1 ,

 v1 = Ri1 ,
i = i + i ,
 1 2 3
 i 2 = g( v 2 ),

v2 = v3 ,

 i 3 + v 3 / R + g(v 3 ) − E / R = 0,

 i − C dv3 = 0,
 3
dt
(45)
111
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
applicando la tecnica “dell'eliminazione in avanti” alla parte algebrica del sistema di equazioni. Dalla
penultima e ultima equazione del sistema (45) si ottiene l'equazione differenziale del primo ordine
C
dv3  E − v 3 
=
 − g( v3 ) .
dt  R 
(46)
L'equazione (46) dà il valore della derivata di v3 all'istante t quando è noto il valore della tensione
v3 in quell'istante. Essa è un'equazione non lineare per la presenza del termine g(v 3 ) e ha il termine
noto costante. Questa equazione ha infinite soluzioni. Per determinarne una sola (quella che si
realizza nel circuito), bisogna assegnare la condizione iniziale per la tensione del condensatore,
v 3 (t = 0) = V0 .
(47)
Figura 21
L'equazione (46) non può essere risolta, in generale, per via analitica a causa della presenza del
termine non lineare g(v 3 ) . Nella maggior parte dei casi essa può essere risolta solo numericamente.
Nell'Appendice B descriveremo i metodi numerici più semplici per la risoluzione delle equazioni di
un circuito dinamico. Qui ci limiteremo a studiare le proprietà delle soluzioni utilizzando un metodo
“grafico”.
Figura 22
Sul piano v3-y si tracci la curva caratteristica * del bipolo non lineare rappresentativa
dell'equazione y = g( v 3 ) ; verranno analizzati i tre casi illustrati in figura 22 (questi sono gli stessi che
abbiamo considerato in 3.6.2). Sullo stesso piano si riporti la retta
5
rappresentativa dell'equazione
y = (E - v 3 ) / R .
Nel caso in cui la curva caratteristica del bipolo non lineare è crescente (figura 22a), la retta
interseca la curva
*
5
solo nel punto P. Il punto P è un punto di equilibrio per il circuito perché in
corrispondenza di esso dv3/dt=0: v3=V è l'unica soluzione stazionaria del circuito. A sinistra del
112
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
punto P i punti appartenenti alla retta
curva
*
5
sono sempre al di sopra dei relativi punti appartenenti alla
, mentre a destra di P accade il contrario. Quando il punto di
5
, corrispondente a un
assegnato valore di v3, è al di sopra del corrispondente punto di *, si ha (E - v3 ) / R > g(v 3 ) . Pertanto
dv3/dt è sempre minore di zero alla destra di P, cioè per v3>V. Invece nel caso contrario si ha
(E - v3 ) / R < g(v 3 ) , e quindi dv3/dt è sempre maggiore di zero alla sinistra di P, cioè per v3<V. Da
queste considerazioni si ha che, se il valore iniziale della tensione V0 è maggiore di V, la tensione v3
decresce fino a quando non raggiunge il valore stazionario V. Invece se V0 è minore di V, v3 cresce
fino a quando non raggiunge il valore stazionario V. Pertanto la soluzione stazionaria del circuito è
stabile: comunque si scelga un intorno di V, per ogni condizione iniziale appartenente a tale intorno,
il circuito evolve in modo tale da riportarsi definitivamente nel punto di equilibrio P: si dice che il
punto di equilibrio P è l'attrattore del circuito.
Si consideri, ora, il caso in cui la caratteristica * è non monotona (figura 22b) e interseca la retta
5 in tre punti distinti, P1, P2 e P3 (se la retta 5 interseca la curva * in un solo punto la dinamica ha le
stesse caratteristiche descritte nel caso precedente). I punti di 5, corrispondenti a un assegnato valore
di v3, a sinistra di P1 o compresi tra P2 e P3 sono sempre al di sopra dei corrispondenti punti di *;
pertanto dv3/dt è sempre maggiore di zero per v 3 < V1 o per V 2 < v 3 < V3 . Invece i punti di 5,
corrispondenti a un assegnato valore di v3, compresi tra P1 e P2 a destra di P3 si trovano sempre al di
sotto di quelli corrispondenti della curva *, quindi dv3/dt è sempre minore di zero per V1 < v3 < V2 o
per v 3 > V3 . Pertanto l'evoluzione temporale della tensione v3 dipende dalla condizione iniziale per
la tensione del condensatore. Le dinamiche possibili sono descritte qui di seguito:
se V 0 < V1
se V 0 = V1
se V1 < V 0 < V 2
se V 0 = V 2
se V 2 < V 0 < V3
se V 0 = V 3
se V 0 > V 3
dv 3
>0
dt
dv3
=0
dt
dv 3
<0
dt
dv3
dt = 0
dv3
>0
dt
dv3
=0
dt
dv 3
<0
dt
v 3 (t) → V1 per t → ∞;
v 3 ( t) = V1 ;
v 3 (t) → V1 per t → ∞;
v 3 (t) = V2 ;
v 3 ( t) → V3 per t → ∞;
v 3 (t) = V3 ;
v 3 (t) → V3 per t → ∞.
I due punti di equilibrio P1 e P3 sono punti di equilibrio stabili, mentre il punto di equilibrio P2 è
instabile: comunque si scelga una condizione iniziale V0 vicina al valore V2, il circuito evolve in
maniera tale da raggiungere il punto P1 se v 3 < V2 o il punto P3 se v 3 > V2 : i punti di equilibrio P1 e
P3 sono gli attrattori del circuito.
Si consideri, infine, il caso in cui la caratteristica * non interseca mai la retta
5
(figura 22c). Nel
caso considerato i punti di 5, corrispondenti a un assegnato valore di v3, sono sempre al di sopra dei
relativi punti di * , e quindi dv3/dt è sempre maggiore di zero. Non esiste nessun punto di equilibrio
e la tensione v3 cresce con legge monotona nel tempo e quindi diverge per t∅ . Una curva
caratteristica * di questo tipo non può essere realizzata fisicamente.
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
113
3.7 Potenziali di nodo
Le equazioni di interconnessione possono essere riformulate attraverso l’introduzione dei
potenziali di nodo e delle correnti di maglia. Queste grandezze ausiliarie sono alla base di due
metodi classici di analisi circuitale.
Dato un qualsiasi circuito con n nodi, si associ a ogni nodo una grandezza ausiliaria: alla grandezza
associata al nodo “i” (i=1,2,...n) si dia il nome di potenziale del nodo “i” e la si indichi con ei (figura
23). Si orientino i lati del circuito in base ai riferimenti per i versi delle correnti e si faccia su ciascun
bipolo la convenzione dell'utilizzatore.
Figura 23
Si assuma ora che la tensione di ciascun lato possa essere espressa come differenza tra il potenziale
del nodo da cui il lato orientato (in base al riferimento per il verso della corrente) esce e il potenziale
del nodo in cui il lato entra (figura 23b), cioè
vs = e p − e q ,
per
s = 1, 2,... , b .
(48)
È immediato verificare che, se tutte le tensioni del circuito sono rappresentate attraverso la relazione
(48), allora esse verificano la seconda legge di Kirchhoff indipendentemente dai valori dei potenziali
di nodo.
Figura 24
Si consideri, ad esempio, la maglia del grafo di figura 23a costituita dai lati 1, 2, 3, 4 e 7, e si
applichi a essa la legge di Kirchhoff per le tensioni, figura 24. Si ottiene l'equazione:
v 1 + v 2 − v3 − v 4 − v 7 = 0 .
Si esprimano le tensioni dei lati 1, 2, 3, 4 e 7 attraverso i potenziali di nodo secondo la (48),
(49)
114
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
v 1 = e 5 − e1 , v2 = e1 − e2 , v 3 = e3 − e2 , v 4 = e4 − e3 , v7 = e5 − e 4 .
(50)
Sostituendo le (50) nella (49) si ottiene:
(e 5 − e1 ) + (e1 − e 2 ) − ( e3 − e2 ) − (e 4 − e3 ) − (e5 − e 4 ) = 0 .
(51)
L'uguaglianza (51) è l'identitì 0 = 0 , cioè essa vale indipendentemente dai valori che i potenziali di
nodo assumono, quindi le tensioni v 1 , v 2 , v 3 , v 4 e v 7 espresse attraverso le (50) verificano sempre
l'equazione di Kirchhoff (49).
Questa è una proprietì generale, indipendente dal circuito e dalla maglia considerata nel circuito.
Ogni maglia definisce un cammino chiuso, pertanto nella somma algebrica delle tensioni il potenziale
di ogni nodo della maglia compare due volte, una volta con il segno + e una volta con il segno −.
Proprietà I
Se le tensioni di un circuito sono espresse attraverso la relazione (48), allora esse verificano
naturalmente la legge di Kirchhoff per le tensioni.
La proprietà I ha significato solo se è possibile esprimere le tensioni di un qualsiasi circuito
attraverso i potenziali di nodo. Si consideri un circuito con n nodi e b lati e siano v1 ,v2 ,...,v b le sue
tensioni compatibili con la legge di Kirchhoff per le tensioni. È possibile determinare n potenziali di
nodo e1 ,e 2 ,...,e n in modo tale che per ogni lato sia verificata la (48)?
La risposta è sì, e perché le tensioni verificano la seconda legge di Kirchhoff.
Proprietà II
Esiste uno e un solo insieme (a meno di una costante arbitraria) di potenziali di nodo
e1 ,e 2 ,...,e n che verifica la (48).
La dimostrazione di questa seconda proprietà è molto semplice; essa è una diretta conseguenza del
fatto che le tensioni di un circuito verificano la seconda legge di Kirchhoff. Si prenda, ad esempio, il
grafo orientato illustrato in figura 23 e si consideri un albero, ad esempio quello illustrato in figura
25. L'insieme dei potenziali di nodo e1 , e 2 ,..., e 5 può essere costruito secondo la seguente procedura:
•
si inizi assegnando un valore arbitrario e0 (potenziale di riferimento) al potenziale e5 del nodo
“5” (nodo di riferimento), e 5 = e0 ;
•
si passi al nodo “4”, contiguo al nodo “5” e si scelga il potenziale e4 in modo tale che sia
verificata la (48), e 5 − e4 = v 7 ;
•
si considerino ora i nodi contigui al nodo “4” e si scelgano i potenziali e1, e2 ed e3 in modo
tale che sia verificata ancora la (48), e 4 − e1 = v 6 , e 4 − e2 = v5 , e 4 − e3 = v 4 .
L'insieme di equazioni così costruito è costituito da 5 equazioni linearmente indipendenti (perché
ogni equazione ha una incognita in esclusiva) nei 5 potenziali incogniti e1 , e 2 ,..., e 5 , che ha una e una
sola soluzione per ogni scelta (arbitraria) del potenziale di riferimento e0.
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
115
In generale, per un grafo con n nodi, il sistema di equazioni per i potenziali di nodo si ottiene
considerando tutti i nodi dell'albero e quindi sarà costituito da n equazioni linearmente indipendenti.
Anche in questo caso la soluzione dipenderà dal valore del potenziale di riferimento e0, che resta
arbitrario (spesso il valore del potenziale di riferimento viene scelto uguale a zero). La scelta del
nodo di riferimento è arbitraria.
A questo punto resta da dimostrare che le tensioni dei lati di coalbero possono essere espresse
attraverso la relazione (48). Applicando la legge di Kirchhoff per le tensioni alle tre maglie
fondamentali corrispondenti all'albero illustrato in figura 25, si ottiene
v 1 = v 6 + v 7 = (e 4 − e1 ) + (e 5 − e4 ) = e 5 − e1 ,
v 2 = v 5 − v 6 = (e 4 − e 2 ) − ( e4 − e1 ) = e1 − e2 ,
(52)
v 3 = v 5 − v 4 = (e 4 − e2 ) − (e 4 − e3 ) = e3 − e 2 .
Figura 25
In generale se il grafo ha n nodi e b lati, applicando la legge di Kirchhoff alle b-(n-1) maglie
fondamentali è possibile esprimere le tensioni di coalbero in funzione delle sole tensioni di albero.
Ora se si esprimono queste ultime in termini di potenziali di nodo, si ha immediatamente che ogni
tensione di coalbero verifica la relazione (48). Infatti ogni maglia fondamentale è costituita da un
solo lato di coalbero e i restanti lati sono solo di albero. Inoltre nella somma algebrica delle tensioni
di albero di una qualsiasi maglia fondamentale, i potenziali dei due nodi ai quali il lato di coalbero è
collegato compaiono una sola volta, mentre i potenziali degli altri nodi compaiono due volte, una
volta con il segno + e una volta con il segno −.
Osservazione
C'è uno stretto legame tra la rappresentazione delle tensioni di un circuito attraverso i potenziali di
nodo e la rappresentazione del campo elettrico nel modello quasi-stazionario attraverso il gradiente
di una funzione potenziale scalare. In entrambi i casi introducendo una grandezza ausiliaria si riesce
a imporre automaticamente la conservazione di una “circuitazione”: nel modello quasi-stazionario
elettrico, esprimendo il campo elettrico attraverso il gradiente del potenziale elettrico (scalare), si
impone naturalmente l'irrotazionalità. In realtà c'è un legame più profondo tra questi due
rappresentazioni: il potenziale di ogni nodo di un circuito coincide, a meno di una costante arbitraria,
con il potenziale elettrico della giunzione metallica che il nodo schematizza.
116
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
La relazione tra le tensioni e i potenziali di nodo di un circuito può essere espressa, in generale,
attraverso la matrice di incidenza. Si introduca a questo proposito il vettore dei potenziali di nodo
e a = (e1 , e2 , ..., e n )T . La relazione tra il vettore delle tensioni v ed e a è data da
v = Aa T ea ,
(53)
dove Aa T è la matrice trasposta della matrice di incidenza. La j-esima riga (j=1,2, ...,b) di Aa T
corrisponde al j-esimo lato del grafo e coincide con la j-esima colonna di Aa . Essa contiene le
informazioni sui nodi che incidono nel j-esimo lato: l'elemento della riga corrispondente al nodo da
cui il j-esimo lato orientato esce è uguale a +1, l'elemento della riga corrispondente al nodo in cui il jesimo lato orientato entra è uguale a −1 e gli altri elementi sono tutti nulli. Pertanto il prodotto della
j-esima riga di Aa T con il vettore colonna e a è uguale alla differenza tra il potenziale del nodo da
cui il lato orientato j esce e il potenziale del nodo in cui entra.
Si assuma come riferimento per il potenziale quello del nodo “n”, lo si ponga uguale a zero,
e n = 0 , e si introduca il vettore dei potenziali ridotto e = (e1 ,e 2 ,... ,e n −1 )T . In termini del vettore e la
(53) diventa
v = AT e ,
(54)
dove A è la matrice di incidenza ridotta ottenuta eliminando dalla matrice di incidenza Aa la riga
corrispondente al n-esimo nodo (cioè l'ultima).
Il sistema di equazioni (54) è assolutamente equivalente al sistema di equazioni Bv = 0 . Pertanto
le equazioni circuitali possono essere così formulate
Ai = 0,


 v − Ae = 0,
 F1 {v1 (⋅),i1 (⋅)}= 0,
 F2 {v2 (⋅),i 2 (⋅)}= 0,

....................

 Fb {v b (⋅),i b (⋅)} = 0.
(55)
(56)
Il sistema costituito dalle equazioni di interconnessione (55) e dalle equazioni costitutive (56) prende
il nome di sistema di equazioni di tableau (sono 2b+n−1 equazioni in altrettante incognite). La
caratteristica fondamentale delle equazioni di tableau è che le equazioni di interconnessione sono
formulate utilizzando la sola matrice di incidenza ridotta, non c'è bisogno di costruire una matrice di
maglia fondamentale. Le equazioni di tableau sono alla base di numerosi simulatori numerici per
circuiti.
In molti casi le equazioni di tableau possono essere ridotte, tramite eliminazione per sostituzione, a
un sistema di equazioni di dimensione notevolmente più bassa. Il primo passo nella procedura di
riduzione consiste nel rappresentare tutte le tensioni attraverso i potenziali di nodo, poi sostituirle
nelle equazioni costitutive e infine imporre le equazioni di Kirchhoff per le correnti (le equazioni di
Kirchhoff per le tensioni non devono essere imposte).
Esempio Circuito composto da resistori lineari e generatori indipendenti .
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
117
Per mostrare una applicazione del metodo dei potenziali di nodo e la procedura di riduzione delle
equazioni di tableau, si consideri il circuito di resistori lineari e di generatori indipendenti illustrato
in figura 26; si assumano i seguenti parametri E = 10, J = 1, R1 = R 2 = 1, R 3 = 2.
Rappresentando tutte le tensioni attraverso i potenziali di nodo e sostituendole nelle equazioni
costitutive otteniamo (quattro equazioni in cinque incognite; abbiamo posto e 3 = 0 ):
e1 = E,
⇒ e1 = 10,
e1 − e2 = R 1i1 = i1 , ⇒ i1 = e1 − e2 ,
e 2 = R2i 2 = i 2 ,
⇒ i2 = e 2 ,
e 2 = R 3 i3 = 2i 3 ,
⇒ i3 = 0. 5 e2 .
(57)
Così facendo, le correnti di tutti i resistori (che sono controllati in tensione) sono state espresse in
funzione dei potenziali di nodo; inoltre è stato determinato il valore del potenziale e1 . Per ridurre
questo sistema ad un sistema in cui compaiano come incognite i soli potenziali di nodo c'è bisogno di
un'altra equazione. Questa equazione si ottiene imponendo la legge di Kirchhoff per le correnti al
nodo “2”,
i1 − i2 − i3 + J = 0 ⇒ (e1 − e 2 ) − e2 − 0.5 e2 +1 = 0 .
(58)
Sostituendo il valore di e1 dato dalle (57) si ottiene l'equazione per il potenziale e2,
2.5 e2 =11 .
Quindi abbiamo
(59)
e1 = 10 V ed e 2 = 4, 4 V. A questo punto è possibile calcolare tutte le altre
grandezze incognite.
Figura 26
Le equazioni di Kirchhoff per le correnti al nodo “1” e al nodo “3” non possono essere utilizzate
per determinare l'equazione per il potenziale e2, perché in essa compare la corrente i4 del generatore
di tensione ideale. Il generatore di tensione ideale è controllato solo in corrente (la sua relazione
costitutiva non impone nessuna relazione tra la corrente e la tensione), e quindi non è possibile
esprimere la corrente in funzione dei relativi potenziali. L'equazione di Kirchhoff al nodo “1” (o
quella al nodo “3”) serve solo per determinare la corrente nel generatore di tensione, una volta note le
altre correnti.
Come si procede nella riduzione se nel circuito ci sono più generatori indipendenti di tensione? Ad
esempio, a ogni nodo è connesso almeno un generatore indipendenti di tensione. Si consideri il
circuito di figura 27 (i parametri sono quelli del circuito di figura 26).
118
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
Figura 27
Rappresentando le tensioni attraverso i potenziali di nodo, e utilizzando le equazioni costitutive si
ottengono le equazioni (cinque equazioni in sei incognite)
e1 = 10,
e 4 − e2 = 10,
i1 = e1 − e 2 ,
(60)
i 2 = e2 ,
i 3 = 0. 5 e 4 .
Per ridurre questo sistema ad un sistema in cui compaiano come incognite i soli potenziali di nodo
abbiamo bisogno di un’altra equazione. Le equazioni di Kirchhoff per le correnti ai nodi non sono
utilizzabili direttamente, perché a ogni nodo è collegato almeno un generatore di tensione, e quindi
non è possibile esprimere quella corrente in funzione dei relativi potenziali di nodo. L'equazione
mancante deve essere una equazione che deriva dalla legge per le correnti, in cui non devono
comparire le correnti dei generatori di tensione. Questa equazione può essere ottenuta considerando
un insieme di taglio del circuito privo di generatori di tensione. Nel caso in esame un insieme di
taglio di questo tipo è costituito dai resistori “1”, “2” e “3” e dal generatore di corrente. Per questo
insieme di taglio l'equazione per le correnti è
i1 − i2 − i3 + J = 0 .
(61)
Questa è l'equazione mancante per i potenziali. Anche in questo caso le equazioni di Kirchhoff ai
nodi servono solo per determinare le correnti nei generatori di tensione, una volta note tutte le altre.
La difficoltà che abbiamo appena incontrato nasce perché vogliamo ridurre il sistema di equazioni
di tableau alle sole equazioni per i potenziali di nodo; se risolvessimo direttamente le equazioni di
tableau non incontreremmo nessuna difficoltà di questo tipo. Per risolvere questo problema non
bisogna ricorrere necessariamente agli insiemi di taglio: è sufficiente, nella procedura di riduzione,
conservare come incognite, oltre ai potenziali di nodo, anche tutte le correnti dei bipoli controllati
solo in corrente (ad esempio, in un circuito di resistori lineari, generatori di tensione e generatori di
corrente indipendenti, le correnti dei generatori di tensione). In questo modo otteniamo un sistema di
(n −1) + p equazioni (p è il numero di bipoli controllati solo in corrente) nelle (n −1) + p incognite
costituite dagli (n −1) potenziali di nodo e dalle p correnti nei bipoli controllati solo in corrente: le
equazioni sono ottenute aggiungendo alle (n −1) equazioni di Kirchhoff per le correnti le p
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
119
equazioni costitutive dei bipoli controllati solo in corrente. Questa procedura di riduzione prende il
nome di metodo dei potenziali di nodo modificati.
3.8 Correnti di maglia
Le equazioni circuitali possono essere riformulate in modo tale che le leggi di Kirchhoff per le
correnti sono imposte naturalmente. Il metodo si fonda sull’introduzione di (b-n+1) variabili
ausiliarie, dette correnti di maglia, che saranno indicate con J 1 , J 2 ,... , J b− n +1 .
Si consideri un circuito, il grafo corrispondente, e un insieme di maglie fondamentali (figura 28).
A ogni maglia fondamentale si associ una corrente di maglia e a ciascuna corrente di maglia si
assegni un riferimento per il verso concorde con l’orientazione (arbitraria) della maglia.
Figura 28
Un grafo, un albero (lati a tratto spesso) e le correnti di maglia corrispondenti alle maglie
fondamentali associate all’albero scelto.
Si assuma, ora, che la corrente di ciascun lato possa essere espressa come somma algebrica di tutte
le correnti di maglia che “circolano” in quel lato. Diciamo che la corrente di maglia “circola” nel lato
se quel lato appartiene alla maglia fondamentale a cui la corrente di maglia è associata, cioè
i k = ∑h (±)J h .
(62)
La somma algebrica è estesa a tutte le maglie alle quali il lato appartiene: le correnti di maglia con
riferimento per il verso concorde con il riferimento della corrente di lato compaiono con il segno +,
mentre quelle con verso discorde compaiono con il segno −.
Si consideri, ad esempio, il grafo di figura 28. È stato scelto un albero (lati a tratto spesso) e sono
indicate le correnti di maglia J 1 ,J 2 ,J 3 associate alle maglie fondamentali corrispondenti all'albero
scelto. Le correnti di lato sono espresse tramite le correnti di maglia nel seguente modo
i1 = J1 ,
i 2 = J2 ,
i 3 = J 3,
i 4 = J3 ,
i 5 = −J 2 −J3 ,
i 6 = −J1 + J 2 ,
i 7 = J1 .
(63)
120
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
È immediato provare che le correnti espresse attraverso le (62) verificano la prima legge di
Kirchhoff, indipendentemente dai valori delle correnti di maglia. A ogni nodo sono collegati due lati
di ogni maglia fondamentale a cui il nodo appartiene e ogni corrente ausiliaria “circola” nella maglia
fondamentale corrispondente. Di conseguenza ogni corrente di maglia compare due e due sole volte
in ogni equazione di Kirchhoff per le correnti, una volta con il segno positivo e una volta con il segno
negativo. Pertanto le correnti espresse attraverso le (62) verificano identicamente la legge di
Kirchhoff per le correnti. Si consideri, ad esempio, l'equazione di Kirchhoff per il nodo “1” del grafo
di figura 28, a cui sono collegati i lati 1, 6 e 2. La corrente di maglia J1 è “entrante” nel nodo quando
circola nel lato 1, mentre è “uscente” quando circola nel lato 6; la corrente di maglia J2 è “entrante”
quando circola nel lato 6 ed è “uscente” quando circola nel lato 2. Di conseguenza utilizzando le (63)
l'equazione di Kirchhoff per il nodo “1”, i1 − i 2 + i 6 = 0 diventa l'identità J 1 − J 2 + ( −J 1 + J 2 ) = 0 .
Proprietà I
Se le correnti di un circuito sono espresse attraverso le correnti di maglia secondo la relazione
(62), allora esse verificano naturalmente la legge di Kirchhoff per le correnti.
La proprietà I ha significato solo se è sempre possibile esprimere le correnti di lato di un qualsiasi
circuito attraverso correnti di maglia. Si consideri un circuito con n nodi e b lati e siano i1 , i2 ,. .., i b le
sue correnti. È possibile determinare (b-n+1) correnti di maglia J 1 , J 2 ,... , J b− n +1 in modo tale che per
ogni lato sia verificata la (62)?
La risposta è si, e il perché sta nel fatto che le correnti (di lato) verificano la prima legge di
Kirchhoff.
Proprietà II
Siccome le correnti i1 , i2 ,. .., i b verificano la prima legge di Kirchhoff, allora esiste almeno un
insieme di correnti di maglia J 1 , J 2 ,... , J b− n +1 tali che sia verificata la (62) per ogni lato.
La dimostrazione di questa proprietà è molto semplice. Si prenda ad esempio il grafo orientato
illustrato in figura 28. Si assumano come correnti di maglia J 1 , J 2 , J 3 le correnti dei lati di coalbero (i
lati 2, 6 e 7), cioè
J1 = i 7 ,
J2 = i2 ,
(64)
J3 = i4 .
A questo punto è facile mostrare, applicando la legge di Kirchhoff per le correnti, che anche le
correnti dei lati di albero possono essere espresse attraverso la relazione (62). Infatti dall'equazione di
Kirchhoff per le correnti, applicata all'insieme di taglio costituito dai lati 2, 6 e 7, otteniamo:
i 6 = −J1 + J 2 ;
applicando le equazione di Kirchhoff per le correnti all'insieme di taglio 1 e 7, si ottiene
(65)
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
i1 = J1 ,
121
(66)
all’insieme di taglio costituito dai lati 2, 4 e 5 si ottiene
i 5 = −J 2 − J 3 ,
(67)
e infine all’insieme di taglio costituito dai lati 3 e 4 si ottiene
i 3 = J3.
(68)
In generale se il grafo ha n nodi e b lati, applicando la legge di Kirchhoff per le correnti agli
insiemi di taglio costituiti da un solo lato di albero e lati di coalbero è possibile esprimere la corrente
di albero in funzione di quelle di coalbero e quindi di maglia.
Osservazione
C'è uno stretto legame tra la rappresentazione delle correnti di un circuito attraverso le correnti di
maglia e la rappresentazione del campo di densità di corrente di conduzione nel limite stazionario
attraverso il rotore di un potenziale vettore (in questo modello è sempre ∇ ⋅ J = 0 ). In entrambi i casi
introducendo una grandezza ausiliaria si riesce a imporre automaticamente la legge fondamentale
riguardante la conservazione di un “flusso”.
La relazione tra le correnti di lato e le correnti di maglia può essere espressa attraverso la trasposta
della matrice di maglia fondamentale. Si introduca a questo proposito il vettore delle correnti di
maglia J = (J 1 , J 2 ,... , J b− n +1 )T . La relazione tra il vettore delle correnti i e J è data da
i = BT J ,
(69)
dove BT è la matrice trasposta della matrice di maglia fondamentale. La j-esima riga (j=1,2, ...,b) di
BT corrisponde al j-esimo lato del grafo e coincide con la j-esima colonna di B . Essa indica le
maglie fondamentali alle quali il j-esimo lato appartiene: gli elementi della riga corrispondenti alla
maglie fondamentali, alle quali il j-esimo lato orientato appartiene, sono uguali a +1 se il riferimento
del lato è concorde con l'orientazione delle maglie e sono uguali a −1 se il riferimento del lato è
discorde; gli altri elementi sono tutti nulli.
Il sistema di equazioni (69) è assolutamente equivalente al sistema di equazioni Ai = 0 . Pertanto
le equazioni circuitali possono essere così riformulate
 i − B T J = 0,

 Bv = 0,
 F1 {v1 (⋅), i1 (⋅)}= 0,

 F 2 {v 2 (⋅), i 2 (⋅)} = 0,

 . .......... .........

 F b {v b (⋅), i b (⋅) }= 0.
(70)
(71)
Il sistema costituito dalle equazioni di interconnessione (70) e dalle equazioni costitutive (71) è
perfettamente il duale del sistema di equazioni di tableau.
122
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
La formulazione basata sulle correnti di maglia è poco vantaggiosa rispetto a quella basata sui
potenziali di nodo, a causa dell'elevato costo computazionale richiesto per la costruzione della
matrice di maglia fondamentale.
Le correnti di maglia, nel caso di un grafo planare, possono essere definite anche per i (b-n+1)
anelli. La corrente di ciascun lato può essere espressa attraverso la somma algebrica delle correnti di
anello che “circolano” nel lato (lambiscono il lato).
Esempio Circuito composto da resistori lineari e generatori indipendenti .
Per mostrare una applicazione del metodo delle correnti di maglia e la procedura di riduzione, si
consideri di nuovo il circuito di resistori lineari e di generatori indipendenti considerato nell'esempio
precedente e illustrato in figura 29.
Il primo passo consiste nel rappresentare tutte le correnti di lato attraverso le correnti di maglia
J 1 ,J 2 ,J 3 corrispondenti ai tre anelli del circuito (in questo caso i tre anelli sono anche un insieme di
maglie fondamentali). Sostituendo queste espressioni nelle equazioni costitutive dei bipoli si ha (un
sistema di quattro equazioni in sei incognite)
J 1 = − J,
⇒ J1 = −1,
− J 3 = v1 / R1 = v1 ,
⇒ v1 = −J 3 ,
− J2 − J 3 = v2 / R 2 = v2 ,
⇒ v 2 = − J2 − J 3 ,
J 3 = v 3 / R 3 = 0. 5v 3 ,
⇒ v 3 = 2J 3 .
(72)
Figura 29
Così facendo abbiamo espresso le tensioni di tutti i resistori (essi sono controllati in corrente) in
funzione delle correnti di maglia; inoltre è stato determinato il valore della corrente di maglia J1. Per
determinare le altre due correnti di maglia bisogna imporre la legge di Kirchhoff per le tensioni. Si
applichi la seconda legge di Kirchhoff agli anelli corrispondenti alle correnti di maglia J2 e J3 (non è
possibile usare l'anello in cui c'è il generatore di corrente, perché la tensione del generatore è
indipendente dalla corrente J); si ottengono le equazioni
v 1 + v 2 = E = 10 ⇒ − J 3 − J 2 − J 3 = 10 ⇒ J 2 + 2J 3 = −10,
v 2 − v3 = 0
⇒ − J 3 − J 2 − 2J 3 = 0 ⇒ J2 + 3J 3 = 0.
(73)
Risolvendo il sistema di due equazioni nelle due incognite J 2 e J3 si ha
J 2 = −30,
J 3 = 10.
(74)
123
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
A questo punto è possibile calcolare tutte le altre grandezze incognite. L'equazione di Kirchhoff per
l'anello che contiene il generatore di corrente serve per determinare la tensione del generatore.
Come si procede se nel circuito ci sono più generatori indipendenti di corrente, ad esempio, se in
ogni anello c'è almeno un generatore indipendente di corrente (si consideri, ad esempio, il circuito di
figura 30)?
Rappresentando le correnti attraverso le correnti di maglia, dalle equazioni caratteristiche si ottiene
J 1 = − J,
⇒ J1 = −1,
− J 2 − J 3 = − J,
⇒ − J 2 − J 3 = −1,
− J 3 = v1 / R1 = v1 ,
⇒ v1 = − J 3 ,
J 3 = v 3 / R 3 = 0. 5v 3 ,
⇒ v 3 = 2J 3 .
(75)
Per determinare le correnti di maglia c'è bisogno di un'altra equazione. Le equazioni di Kirchhoff per
le tensioni agli anelli non sono utilizzabili direttamente, perché in ogni anello c'è un generatore di
corrente ideale.
Figura 30
L'equazione mancante per le correnti di maglia deve essere una equazione che deriva dalla legge
per le tensioni. Essa può essere ottenuta considerando una maglia che non contiene nessun generatore
di corrente. Nel caso in esame una di queste maglie è quella costituita dal generatore di tensione e dai
due resistori (essa non è un anello). Applicando la legge di Kirchhoff per le tensioni a questa maglia,
si ottiene
v 1 + v 3 = E =10 .
(76)
Da essa si ottiene l'equazione mancante per le correnti di maglia. Anche in questo caso le equazioni
di Kirchhoff agli anelli servono solo per determinare le tensioni dei generatori di corrente, una volta
determinate tutte le altre.
3.9 Conservazione delle potenze virtuali (teorema di Tellegen)
Si considerino due circuiti che hanno lo stesso grafo orientato
diversi. Il grafo
correnti).
*
*
(figura 31) e, in generale, bipoli
ha b lati (i lati sono stati orientati concordemente ai versi di riferimenti per le
124
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
Il primo circuito è indicato con N' e il secondo con N". Si usi in entrambi i circuiti e su ciascun lato
la convenzione dell'utilizzatore. Siano i1’ , i’2 ,. .., i’b le correnti e v ’1 , v ’2 ,... , v’b le tensioni del circuito N'
e i1" , i"2 , ..., i"b le correnti e v "1 , v "2 ,.. ., v"b le tensioni del circuito N". Le matrici di incidenza dei due
circuiti sono uguali perché hanno lo stesso grafo
*
. Si indichi con A la matrice di incidenza ridotta
del grafo (non è considerata la riga corrispondente al nodo “n”).
Per ora si considerino le correnti del circuito N' e le tensioni del circuito N". Per il k-esimo lato
(k=1,2, ..., b) del grafo * (figura 31), si definisce la potenza virtuale assorbita dal lato come
Pk = i’k v"k .
(77)
Alla grandezza così definita si dà il nome di “potenza” perché essa è dimensionalmente omogenea
con una potenza. Nel Sistema Internazionale la potenza si misura in watt (W): 1 W=1V· 1 A .
L'aggettivo “virtuale” sta a indicare che la grandezza definita non ha nessun significato fisico, perché
le correnti sono del circuito N' e le tensioni sono del circuito N" e tra esse non intercorre alcuna
relazione; l'aggettivo “assorbita” sta a indicare che il prodotto è tra una tensione e una corrente i cui
riferimenti per i versi sono scelti con la convenzione dell'utilizzatore. Se si usa la convenzione del
generatore, allora al prodotto tra la tensione e la corrente
’ "
Pˆ k = i k vˆ k ,
(78)
si dà il nome di potenza virtuale erogata. L'aggettivo erogata sta a indicare che i versi di riferimenti
della tensione e della corrente sono scelti in base alla convenzione del generatore. Siccome è
v "k = − ˆv"k ,
(79)
si ha la seguente relazione tra la potenza virtuale assorbita dal k-esimo lato e la potenza erogata
ˆ = −P .
P
k
k
(80)
Figura 31
Si osservi che il segno della potenza virtuale assorbita e della potenza virtuale erogata non dipendono
dalla particolare scelta del riferimento per il verso della corrente.
125
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
Figura 32
Le potenze virtuali possono essere definite anche considerando le tensioni del circuito N’ e le
correnti del circuito N" (al limite le tensioni e le correnti dello stesso circuito).
Teorema di Tellegen (o teorema della conservazione delle potenze virtuali)
Si considerino due circuiti N’ e N" che hanno lo stesso grafo orientato
consideri l’insieme delle correnti
i1’ , i’2 ,. .., i’b
correnti) e l’insieme delle tensioni
*
con b lati. Si
di N’ (esse verificano la legge di Kirchhoff per le
v 1" , v 2" ,.. ., v"b
di N" (esse verificano la legge di Kirchhoff per
le tensioni); allora la somma delle potenze virtuali assorbite (erogate) da ciascun lato del grafo
è uguale a zero, cioè
b
∑ i’k v "k = 0 .
(81)
k=1
Si introduca il vettore colonna i = ( i1 , i 2 ,... ,i b )T rappresentativo delle correnti e il vettore colonna
v = (v 1 , v 2 ,... , v b )T rappresentativo delle tensioni. La somma delle potenze virtuali assorbite può
essere così rappresentata
b
∑ v"k i’k = v"T i’
(82)
k=1
(la somma delle potenze virtuali assorbite è uguale al prodotto del vettore riga v" T con il vettore
colonna i’, secondo la regola “righe ∞ colonne”).
L'insieme delle tensioni v "1 , v "2 ,.. ., v"b deve verificare la seconda legge di Kirchhoff, quindi è
possibile esprimerle come
v"= AT e" ,
(83)
dove A è la matrice di incidenza ridotta del grafo * ed e" il vettore dei potenziali di nodo (il nodo “n”
è il nodo di riferimento). Sostituendo la (83) nella (82), si ha:
∑ v"k i’k = v"T i’ = (AT e")
b
k=1
T
( ) i’= e"
i’= e"T A T
T
T
( Ai’) = 0 ;
(84)
nell'ultimo passaggio si è applicata la legge di Kirchhoff per le correnti Ai’= 0 , l'identità matriciale
(CD)T = DT C T e la proprietà associativa relativa al prodotto tra matrici.
126
Giovanni Miano – Lezioni di Elettrotecnica
L'equazione (84) è di particolare interesse: tra i' e v" non sussiste alcuna relazione, se non quella di
far riferimento allo stesso grafo orientato e soddisfare indipendentemente le leggi di Kirchhoff (il
teorema di Tellegen è una conseguenza delle sole leggi di Kirchhoff).
Se si considerano le correnti i" del circuito N" e le tensioni v' del circuito N' si ha v’T i" = 0 . È
possibile considerare anche correnti e tensioni appartenenti allo stesso circuito. In questo caso si ha
v’T i’= 0 per il circuito N' e v" T i" = 0 per il circuito N".
Le leggi fondamentali della teoria dei circuiti sono le due leggi di Kirchhoff. Da queste leggi
discende il teorema di Tellegen. È interessante notare che una delle due leggi di Kirchhoff, unita al
teorema di Tellegen, implica l'altra legge. Il lettore dimostri che
-
se per ogni v soddisfacente la legge di Kirchhoff per le tensioni è v T i = 0 , allora i soddisfa la
legge di Kirchhoff per le correnti;
-
se per ogni i soddisfacente la legge di Kirchhoff per le correnti è v T i = 0 , allora v soddisfa la
legge di Kirchhoff per le tensioni.
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