tema di: scienze sociali i

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TEMA DI: SCIENZE SOCIALI
I
“La fiducia, intesa nel senso più ampio di fare affidamento sulle aspettative proprie, è una
situazione elementare della vita sociale. Chi ha fiducia deve tenere sotto controllo la
propria disponibilità e correre rischi. Deve rendersi conto, non fosse altro che per sentirsi
rassicurati, che egli non si fida in modo incondizionato, ma entro certi limiti e in
proporzione a specifiche aspettative razionali.
Le aspettative sociali sono decisive per l’attribuzione o meno delle azioni alla personalità “
Luhmann, La fiducia
Commenta il brano riportato sopra chiarendo i seguenti punti:
1) quali meccanismi psicologici intervengono nell’accordare fiducia agli altri;
2) cosa intende l’autore per “disponibilità a correre rischi”;
3) quale importanza ha la fiducia nei rapporti sociali;
4) quali sono le tipologie dei rapporti fondati sulla fiducia.
(nel testo è presente un errore di grafia, come si evidenzia dal confronto col punto 2), in
cui il testo viene ripetuto nella dizione corretta)
(sarebbe opportuno innanzitutto sottolineare i concetti chiave da svolgere nel corso
della trattazione)
IPOTESI DI SVOLGIMENTO DELLA TRACCIA I
a) Per introdurre il tema nel modo più corretto bisogna fra un riferimento alle correnti di
fondo della psicologia sociale, che possono spiegare quali meccanismi psicologici
intervengono nell’accordare fiducia agli altri; sarebbe soprattutto opportuno il
riferimento al filone delle attribuzioni, poi ci si poteva soffermare sulle attribuzioni di tipo
causale, ricordando sia gli studi di Heider (che distingue innanzitutto fra attribuzioni
interne ed esterne, e poi fra cause personali ed impersonali) sia il modello
tridimensionale elaborato da Weiner (più complesso, in quanto tiene in considerazione
fra gruppi di variabili: interno/esterno, stabilità/instabilità, controllabilità/incontrollabilità)
b) Per introdurre il secondo punto sarebbe stato efficace ricordare la figura di Allport, uno
dei fondatori della psicologia sociale, che per primo approfondì lo studio degli
atteggiamenti; anche la “disponibilità a correre rischi” può essere infatti utilmente
considerato come un atteggiamento, in quanto è legato ai tratti interiori della nostra
personalità che vengono però investiti di valore obbiettivo. Si poteva quindi distinguere
fra atteggiamenti centrali e periferici, chiarire il grado di disponibilità ad assumere certi
atteggiamenti piuttosto che altri, e infine discutere il concetto di grado di coerenza degli
atteggiamenti fra di loro. In tale contesto si poteva anche introdurre la tematica della
dissonanza cognitiva elaborata da Festinger, che ha individuato in modo specifico le
situazioni a rischio di dissonanza nelle fasi post-decisionali e nella acquiescienza
forzata.
c) Da dove si origina la fiducia? Quali sono le sue radici? Molte ricerche e indagini
empiriche suggeriscono che il grado di fiducia fra i partner è un buon indice della
probabilità di successo della relazione. Il candidato avrebbe potuto sviluppare questo
concetto anche con qualche utile riferimento eventualmente alla propria esperienza
personale. La fiducia in un’altra persona è in ogni caso qualcosa che apprendiamo nel
corso della vita sociale: a fidarsi di qualcuno o a diffidarne si impara avendoci a che
fare. Anche questo punto avrebbe potuto essere chiarito con opportuni rifementi, per
esempio, alla teorizzazione di Erickson che presenta come prima fase dello sviluppo
psico-sociale proprio l’alternativa di base fiducia/sfiducia, che definisce in modo
essenziale lo conquista dell’identità. Oppure avrebbe potuto essere utile il riferimento
alla teoria dello psicoanalista inglese Bowlby che chiarisce come il bambino presenta
un bisogno arcaico di stabilire e mantenere relazioni interpersonali gratificanti che
costituiscono la base di ogni successivo rapporto della vita adulta. Nella nostra civiltà
questo legame affettivo speciale riguarda i genitori e in particolare la madre, ma più in
generale tutte quelle figure che si prendono cura del bambino e vengono perciò dette
caregivers, rispondendo ai suoi bisogni fisiologici e affettivi.
d) In conclusione si poteva schematizzare i differenti modi di apprendere e di costruire
fiducia: 1) fiducia-valutazione e 2)fiducia-legame. Nella realtà dei rapporti concreti
queste due modalità possono combinarsi secondo proporzioni e gradi differenti, dando
luogo a situazioni di interdipendenza cognitiva, portando così a veri e propri vicoli
ciechi nei rapporti effettivi, a situazioni di competizione o disarmonia relazionale o
interiore, a tensioni che possono essere risolte oppure restare irrisolte. Questi tipi di
conflittalità avrebbero potuto essere esemplificate dal candidato anche in riferimento
alle problematiche tipiche del rapporto fra genitori-figli, come anche nei primi rapporti di
coppia.
IV
“L’ansia è una condizione emotiva molto diffusa nei bambini e negli adolescenti. Si tratta di
un’esperienza universale, riscontrabile in varie culture, che, nella maggior parte dei casi,
ha un carattere transitorio. La semplice presenza di uno stato di apprensione o di timore
non è certo segno di psicopatologia, anzi spesso è un elemento del normale sviluppo
emotivo del bambino. Allo scopo di distinguere quando uno stato di apprensione
costituisce una normale reazione di adattamento e quando invece costitisce una
condizione disfunzionale, può essere utile una distinzione tra i concetti di ansia, paura e
fobia.
Kendall-Di Pietro, Terapia scolastica dell’ansia
Si definiscano:
1) il concetto di ansia e le sue caratteristiche
2) il concetto di paura e le sue caratteristiche
3) il concetto di fobia e le sue caratteristiche
4) quali interventi di sostegno sono possibili da parte della famiglia e della scuola.
(sarebbe opportuno innanzitutto sottolineare i concetti chiave da svolgere nel corso
della trattazione)
IPOTESI DI SVOLGIMENTO DELLA TRACCIA IV
a) Ansia= emozione negativa caratterizzata dal timore di pericoli imminenti nei confronti
dei quali si avverte dolorosamente la propria impotenza e può essere associata a
tipiche manifestazioni somatiche. Nella realtà possono essere classificati come disturbi
d’ansia tutte quelle situazioni in cui, in linea di massima, si averte l’impressione di
essere impreparati, disorganizzati e non all’altezza di fronte alle situazioni e alle
richieste della vita.
b) Paura= assolve innanzitutto ad una funzione essenziale di autodifesa dell’organismo,
che avverte di trovarsi in una situazione di pericolo; in questo senso essa può essere
considerata, come sottolinea già l’enunciato della traccia proposta, come un elemento
normale dello sviluppo emotivo del bambino, e non deve essere stimata come una
manifestazione psicopatologica
c) Fobia= sintomo patologico consistente nella paura eccessiva, ingiustificata e
sistematica in presenza di oggetti o eventi specifici, e va comunque tenuta distinta
dalle reazione di paura sproporzioanta di fronte a pericoli reali. Il confine fra paura e
fobia, nella realtà, può essere difficile da definire.
d) Dal momento che definire questi concetti in senso astratto potrebbe risultare difficile e
sviare il candidato da una trattazione precisa dal punto di vista lessicale delle
problematiche affrontate, delle quali dovrebbe dimostrare una padronanza specifica,
sarebbe forse più efficaca trasportare il discorso decisamente sul piano metodologico e
operativo, presentando prima i principali modelli teorici di riferimento e poi le terapie ad
essi conseguenti: adottando questa procedura il candidato sarebbe forse riuscito ad
evitare i rischi connessi all’uso di una terminologia troppo specialistica, che non
sempre è in grado di utilizzare, dimostrando invece le proprie effettive conoscenze. È
possibile individuare cinque modelli e cinque terapie corrispondenti:
1. modello psicoanalitico (la malattia è un segno di conflitti interiori irrisolti)
2. modello comportamentista (rendono a ridurre il problema alla gestione dei
sintomi)
3. modello umanistico-esistenziale (che si fonda su una visione complessa, e
decisamente filosofica, della concretezza dell’esistenza umana: qui sarebbero
possibile accenni a Rogers e Laing, ma anche a Sartre e Jaspers)
4. modello cognitivo (le malattie mentali sono dovute essenzialmente ai biases)
5. modello relazionale (sposta il centro d’interesse dall’individuo ai contesti sociali
nei quali vive)
e di conseguenza:
1. terapia psicoanalitica (qui è possibile ricordare i principali contribuiti della
teorizazione freudiana: il metodo delle associazioni libere, l’interpretazione dei
sogni, l’analisi del transfert, l’analisi delle resistenze)
2. terapia comportamentale (gli studiosi comportamentisti hanno elaborato molte
tecniche specifich, fra le quali si potrebbe ricordare: systematic desensitization,
flooding, token economy, modeling; utile qui il riferimento a Bandura)
3. terapia umanistico-esistenziale (riferimento alla client-centered therapy
elaborata da Rogers e alla terapia gestaltica che fa riferimento alle concezioni
elaborate da Perls)
4. terapia cognitiva (riferimento alle procedure messe a punto da Beck, che insiste
sulla autocorrezione di biases che sono alla base dei disturbi del paziente)
5. terapia della famiglia (riferimento ai lavori della scuola di Palo Alto, che insiste
su un approccio imperniato sul sistema familiare in cui l’obiettivo è cambiare
strutture e modi di interagire all’interno della famiglia)
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