Spettroscopia Raman e simmetrie: il caso del benzene

Facoltà di Scienze Matematiche, Fisiche e Naturali
Corso di Laurea in Fisica
Dissertazione di Laurea Triennale
Spettroscopia Raman e simmetrie:
il caso del benzene
Studente
Relatore
Francesco Peronaci
Dr. Tullio Scopigno
Anno accademico 2008/2009
Sommario
Questa dissertazione è uno studio dell’applicazione in spettroscopia dell’effetto Raman e della teoria delle simmetrie. In particolare si tratta l’applicazione all’analisi dei modi e delle frequenze di vibrazione normali delle
molecole.
A partire da semplici modelli di molecola, si introduce il fenomeno della
diffusione di radiazione elettromagnetica. Si parla di effetto Raman quando,
a causa dell’interazione con i moti rotazionali e vibrazionali della molecola,
la diffusione è anelastica.
Si tratta, quindi, il concetto di simmetrie molecolari. Da un’analisi di
tali simmetrie, con l’ausilio di risultati della teoria dei gruppi, è possibile
ricavare le caratteristiche dello spettro della molecola.
Infine vengono applicati questi concetti all’analisi dello spettro della
molecola del benzene C6 H6 .
i
Indice
1 Introduzione
1.1 Teoria classica della diffusione . . . . . . . . . . . . . . . . . .
1
1
2 Effetto Raman
2.1 Derivazione classica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.2 Derivazione quantistica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .
2.3 Applicazione allo studio dei moti vibrazionali molecolari . . .
5
5
7
13
3 Simmetrie
16
3.1 Gruppi di simmetria puntuali . . . . . . . . . . . . . . . . . . 16
3.2 Simmetria delle coordinate normali . . . . . . . . . . . . . . . 18
3.3 Regole di selezione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21
4 Il caso del benzene
24
A Passaggi matematici
28
B Tavole dei caratteri
30
Bibliografia
32
ii
Capitolo 1
Introduzione
La spettroscopia ottica è lo studio dell’interazione tra radiazione elettromagnetica e materia. In un classico esperimento, si fa incidere un fascio di
radiazione su un campione di materia e si rileva la radiazione trasmessa dal
campione, o quella diffusa ad un certo angolo. Dall’analisi della radiazione
rilevata si deducono informazioni sul campione di materia.
In particolare nella spettroscopia di emissione o di assorbimento si osserva la presenza, o la mancanza rispetto alla radiazione incidente, di radiazione
a una certa frequenza ν. Da questo si deduce che il campione ha emesso (o
assorbito) radiazione di quella frequenza e quindi che la differenza in energia
tra due dei suoi stati stazionari è ∆E = hν.
La spettroscopia Raman sfrutta invece la diffusione anelastica della radiazione. In questo processo, il campione diffonde radiazione a frequenza ν 0 diversa dalla frequenza della radiazione incidente ν. La differenza ∆E = h(ν 0 − ν) è interpretata come scambio energetico tra campo
elettromagnetico e campione.
In seguito ci limitiamo allo studio dell’interazione tra radiazione e singola
molecola. Trascureremo quindi l’interazione tra molecole del campione. Sperimentalmente siamo in questa condizione quando il campione da analizzare
è in uno stato gassoso e abbastanza rarefatto.
1.1
Teoria classica della diffusione
Un’onda elettromagnetica è costituita da un campo elettrico e uno magnetico oscillanti. Nel vuoto le direzioni di oscillazione dei campi e di propagazione dell’onda formano una terna di assi mutuamente ortogonali (onda
trasversa).
1
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
2
In presenza di materia, questa viene polarizzata, ovvero vengono indotti
dei momenti di multipolo elettrici e magnetici. La diffusione della radiazione
è dovuta a questi momenti indotti.
Prendiamo un modello di molecola costituito da una sfera dielettrica
rigida di raggio a. Consideriamo inoltre la condizione di grandi lunghezze
d’onda: λ a. In questo caso la radiazione diffusa è dovuta unicamente
al dipolo elettrico indotto. Le dimensioni caratteristiche molecolari sono
a ∼ nm quindi per radiazione, ad esempio, nello spettro del visibile (λ ∼
400 ÷ 700 nm) tale condizione è soddisfatta.
Se il campo elettrico incidente sulla molecola è E0 = ˆ0 E0 e−iωt , questa
assumerà un momento di dipolo elettrico:
p = αE0 = αˆ
0 E0 e−iωt = p0 e−iωt
(1.1)
dove il tensore di polarizzabilità α dipende dalle caratteristiche della molecola e descrive la sua tendenza a essere polarizzata da un campo elettrico
esterno. Nel caso del nostro semplice modello α è uno scalare.
Dalla teoria classica dell’elettromagnetismo, nella gauge di Lorentz:
∇·A+
1 ∂φ
=0
c ∂t
(1.2)
e lavorando in unità Gaussiane, abbiamo [1]:
0|
Z
J(r0 , t − |r−r
1
c )
dr0
A(r, t) =
c
|r − r0 |
Z
1
r
'
J(r0 , t − ) dr0
cr
c
1
r
= ṗ(t − )
cr
c
eikr
= −ik
p0 e−iωt
r
dove ci siamo posti nell’approssimazione di campo lontano:
|r − r0 | ' |r| = r.
e abbiamo sfruttato, tramite un’integrazione per parti:
Z
Z
Z
∂ρ
J(r) dr = − r∇ · (J(r)) dr = r dr = ṗ
∂t
ω
=k
c
(1.3)
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
3
Dal potenziale vettore A è quindi possibile ricavare i campi. Trascurando i
termini di ordine superiore a 1r :
E = k2
eikr −iωt
e
(n̂ × p0 ) × n̂
r
B = n̂ × E
(1.4)
(1.5)
dove n̂ = rr . Quindi l’intensità della radiazione diffusa nella direzione n̂ è:
I=
c k4 2 2
c
c
c k4
2
|(n̂
×
p
)
×
n̂|
=
p sin γ (1.6)
|E × B|2 =
|E|2 =
0
8π
8π
8π r2
8π r2 0
2πν
dove γ = hp0 , n̂i. Essendo k = 2π
λ = c , l’intensità della radiazione diffusa
è proporzionale alla quarta potenza della frequenza. Questa dipendenza è
caratteristica della diffusione a grandi lunghezze d’onda.
Nel trattare fenomeni di diffusione, si definisce la sezione d’urto differenziale come la potenza irragiata in derizione n̂ con polarizzazione ˆ per
unità di angolo solido e per unità di flusso incidente in direzione n̂0 con polarizzazione ˆ0 . Questa ha quindi le dimensioni di una superficie ed è data
da1 :
4
c k
∗ · (n̂ × p0 ) × n̂|2
dσ
2 |ˆ
(n̂, ˆ; n̂0 , ˆ0 ) = r2 8π r
c
2
dΩ
8π E0
4 2
∗
(1.7)
2
= k α |ˆ
· ˆ0 | .
dove abbiamo usato la (1.1) e l’ortogonalità tra ˆ e n̂
In particolare, definendo il piano di incidenza come il piano contenente i
versori n̂0 e n̂, possiamo essere interessati alla sezione d’urto per radiazione
emessa con polarizzazione ˆ⊥ perpendicolare a tal piano o ˆk parallela:
dσk
= k 4 α2 |ˆk ∗ · ˆ0 |2 = k 4 α2 cos2 θ cos2 φ
dΩ
dσ⊥
= k 4 α2 |ˆ⊥ ∗ · ˆ0 |2 = k 4 α2 sin2 φ
dΩ
(1.8)
(1.9)
dove, con riferimento alla figura 1.1, abbiamo scomposto ˆ0 = cos φˆ
0k +
sin φˆ
0⊥ .
1
Per polarizzazioni circolari ˆ è complesso, dunque nel prodotto scalare bisogna usare
il coniugato ˆ∗ .
CAPITOLO 1. INTRODUZIONE
4
Figura 1.1: Schema di diffusione.
Infine, se la radiazione incidente non è polarizzata, possiamo mediare su
tutte le direzioni di ˆ0 ottenendo
dσk
k 4 α2
=
cos2 θ
(1.10)
dΩ
2
dσ⊥
k 4 α2
=
(1.11)
dΩ
2
dalle quali possiamo definire il grado di polarizzazione della radiazione diffusa:
dσk
dσ⊥
sin2 θ
dΩ − dΩ
Π(θ) =
=
.
(1.12)
dσ
dσ⊥
1 + cos2 θ
+ k
dΩ
dΩ
Sommando le (1.10) e (1.11) otteniamo:
dσ
k 4 α2
=
(1 + cos2 θ)
dΩ
2
(1.13)
mentre per l’intensità:
c k4 2 2
α E0 (1 + cos2 θ)
(1.14)
8π r2
Avremo quindi luce completamente polarizzata e minima intensità per θ =
± π2 , luce non polarizzata e massima intensità per θ = ±π.
I=
Capitolo 2
Effetto Raman
L’effetto Raman è il fenomeno di diffusione anelastica della radiazione
elettromagnetica dovuto all’interazione con i moti rotazionali e vibrazionali
della molecola. In un esperimento di spettroscopia Raman si fa incidere
sul campione della radiazione monocromatica e si rileva la radiazione diffusa. Nello spettro cosı̀ ottenuto, si osserva una linea intensa alla stessa
frequenza della radiazione incidente (diffusione Rayleigh) e delle linee meno
intense a frequenze maggiori e minori (diffusione Raman). L’effetto Raman
si può derivare in fisica classica, tuttavia per una completa comprensione
del fenomeno è necessaria la teoria quantistica.
2.1
Derivazione classica
Nel capitolo precedente abbiamo visto che, inducendo nella molecola un
dipolo elettrico oscillante con legge armonica, questo emette radiazione con
la stessa frequenza delle sue oscillazioni. Vediamo ora che, se nel sistema di
riferimento del campo elettrico incidente (sistema del laboratorio) la polarizzabilità α dipende dal tempo, la legge di oscillazione del dipolo indotto
è data dalla sovrapposizione di più termini armonici e quindi la molecola
irraggia a diverse frequenze.
La polarizzabilità può dipendere dal tempo se:
• la molecola sta ruotando.
• la molecola sta cambiando configurazione interna (lunghezza dei legami e angoli fra questi).
Consideriamo, ad esempio, un modello di molecola biatomica costituito da
due masse puntiformi ai capi di una molla che ne schematizza il legame. Nel
5
CAPITOLO 2. EFFETTO RAMAN
6
primo caso α è costante nel sistema di riferimento solidale alla molecola ma,
poichè questa sta ruotando, nel sistema del laboratorio avremo:
α = α0 + α1 cos(2ωR t)
dove il fattore 2 è dovuto al fatto che l’ellissoide si presenta uguale dopo una
rotazione di π.
Nel secondo caso α dipende dal tempo in quanto la ‘forma’ della molecola
cambia nel tempo. Con riferimento al nostro modello di molecola biatomica,
chiamiamo R la distanza tra i due atomi. Questo è evidentemente l’unico
grado di libertà interno della molecola e sarà α = α(R). Per effetto dell’agitazione termica e della loro interazione, gli atomi oscillano attorno a una
configurazione di equilibrio:
R = R0 + δ cos(ωV t)
Se supponiamo piccole queste oscillazioni, δ R0 , possiamo sviluppare α
in serie di Taylor attorno R0 :
α(R) = α(R0 ) + α0 (R0 )(R − R0 )
= α(R0 ) + α0 (R0 )δ cos(ωV t)
= α0 + α1 cos(ωV t)
Calcoliamo quindi il dipolo indotto quando un campo E0 = ˆE0 cos(ωt)
incide su una molecola in vibrazione:
p = αE0
= (α0 + α1 cos(ωV t))ˆ
0 E0 cos(ωt)
= α0 ˆ0 E0 cos(ωt) + α1 ˆ0 E0 cos(ωV t) cos(ωt)
1
= α0 ˆ0 E0 cos(ωt) + α1 ˆ0 E0 cos((ω + ωV )t) + cos((ω − ωV )t)
2
= p0 cos(ωt) + p1 cos((ω + ωV )t) + p1 cos((ω − ωV )t).
(2.1)
Il momento indotto è quindi la somma di tre termini oscillanti con frequenze
diverse. Il campo elettrico E è lineare nel dipolo p e sarà dato quindi dalla
somma dei campi elettrici prodotti dai tre termini del dipolo:
eikr 2
k ((n̂ × p0 ) × n̂)e−iωt
r
0
eik r 02
+
k ((n̂ × p1 ) × n̂)e−i(ω−ωV )t
r
00
eik r 002
+
k ((n̂ × p1 ) × n̂)e−i(ω+ωV )t
r
E=
(2.2)
CAPITOLO 2. EFFETTO RAMAN
7
Figura 2.1: Spettro Raman. La componente anti-Stokes (a sinistra) è molto
meno intensa della Stokes (a destra). Entrambe sono molto meno intense
del picco di diffusione Rayleigh (al centro, fuori scala).
dove:
ω
ω − ωV
ω + ωV
k0 =
k 00 =
.
c
c
c
Per ottenere l’intensità dobbiamo prendere il modulo quadro del campo.
Avremo i quadrati delle tre componenti del campo elettrico e i doppi prodotti
tra queste, che però hanno media sul periodo nulla. Mediando nel tempo
quindi:
c k 4 2 k 04 2 k 004 2
( p + 2 p1 + 2 p1 ) sin2 φ
(2.3)
I=
8π r2 0
r
r
L’intensità diffusa, che è la quantità fisica osservabile, è data dunque da tre
componenti. La prima è dovuta alla diffusione Rayleigh, a frequenza ν. Le
altre due sono dovute alla diffusione Raman a frequenza ν − ν 0 (Stokes) e
ν + ν 0 (anti-Stokes). La componente Rayleigh è molto più intensa di quelle
Raman poichè p21 p20 , essendo α1 α0 .
La trattazione classica non spiega perchè sperimentalmente si trova che
Ianti−Stokes < IStokes . Per una derivazione più completa bisogna ricorrere
alla teoria quantistica.
k=
2.2
Derivazione quantistica
In meccanica quantistica possiamo interpretare l’interazione tra campo
e molecola come una perturbazione del sistema composto dal campo e dalla
CAPITOLO 2. EFFETTO RAMAN
8
molecola non interagenti.
Nella cosidetta approssimazione adiabatica, consideriamo il sistema imperturbato per t → ±∞. Per questi tempi possiamo scrivere
b0 = H
b mol + H
b rad
H
(2.4)
b mol è l’Hamiltoniana della molecola:
dove H
b mol =
H
X p2
i
+ Φ({ri })
2mi
(2.5)
i
b rad è l’Hamiltoniana del campo elettromangetico quantizzato:
eH
b rad =
H
X
k,λ
1
}ωk,λ (nk,λ + ).
2
(2.6)
Nella quantizzazione del campo, decompongo il potenziale vettore A (e
quindi i campi E e B che ne dipendono linearmente) in una combinazione
lineare di onde piane con vettore d’onda k e polarizzazione ˆ. In opportune
coordinate canoniche, l’Hamiltoniana del campo è data dalla somma delle
Hamiltoniane di ogni modo di oscillazione, ciascuna isomorfa a quella di un
oscillatore armonico di pulsazione ω = kc. Il quanto di eccitazione del modo
(k, ˆ) è detto fotone.
Il processo di diffusione consiste quindi nell’assorbimento di un fotone
incidente con vettore d’onda k, polarizzazione ˆ e energia }ω e nell’emissione
del fotone diffuso con vettore d’onda k0 , polarizzazione ˆ0 e energia }ω 0 .
L’Hamiltoniana dell’interazione campo-molecola è:
Vbint = Vb1 + Vb2
Vb1 =
X qi
pi · A i
mi c
(2.7)
(2.8)
i
Vb2 =
X
i
qi2
A2
2mi c2 i
dove Ai è l’operatore potenziale vettore:
s
X 2π}c2
Ai =
(akλ eik·ri + a†kλ e−ik·ri )ˆ
kλ .
V ωk
k,λ
(2.9)
(2.10)
CAPITOLO 2. EFFETTO RAMAN
9
Gli operatori akλ e a†kλ sono gli operatori di distruzione e creazione di un
fotone con vettore d’onda k e polarizzazione λ, dove λ può assumere due
valori corrispondenti alle due polarizzazioni indipendenti. La loro azione su
uno stato stazionario del campo è:
√
a†kλ |· · · nkλ · · ·i = nkλ + 1 |· · · nkλ + 1 · · ·i
(2.11)
√
akλ |· · · nkλ · · ·i = nkλ |· · · nkλ − 1 · · ·i .
Per t → ±∞ il sistema si trova in stati stazionari:
b 0 |ii = Ei |ii
H
b 0 |f i = Ef |f i
H
Poichè per questi tempi molecola e campo non interagiscono, |ii e |f i sono
dati dal prodotto diretto di stati stazionari della molecola e del campo:
|ii = |1kλ , 0k0 λ0 i |Ai
|f i = |0kλ , 1k0 λ0 i |Bi
dove:
b mol |Ai = EA |Ai
H
b mol |Bi = EB |Bi
H
b rad |0kλ , 1k0 λ0 i = }ω 0 |0kλ , 1k0 λ0 i
H
b rad |1kλ , 0k0 λ0 i = }ω |1kλ , 0k0 λ0 i
H
e quindi:
Ei = EA + }ω
Ef = EB + }ω 0 .
La probabilità di transizione dallo stato |ii allo stato |f i, per unità di
tempo, è data dalla regola d’oro di Fermi:
Wf i =
2π
| hf |Tb|ii |2 δ(Ef − Ei )
}
(2.12)
dove hf |Tb|ii è la matrice di transizione:
hf |Tb|ii = δif + hf |Vbint |ii +
X hf |Vbint |li hl|Vbint |ii
l6=i
Ei − El
sviluppata ai vari ordini nella perturbazione.
+ ...
(2.13)
CAPITOLO 2. EFFETTO RAMAN
10
Il potenziale vettore A è lineare negli operatori di creazione e distruzione
quindi, applicato ad uno stato stazionario del campo, esso dà una combinazione lineare di stati ciascuno differenti da quello iniziale per una sola unità
di un solo numero occupazionale nk,λ . L’elemento di matrice di A per la
diffusione è quindi nullo, in quanto in questo caso lo stato finale differisce
da quello inziale per il valore di due numeri occupazionali (nkλ e nk0 λ0 ).
Calcoliamo invece A2i :
A2i =
2π}c2
V
X
√
k,λ;k0 ,λ0
1
0
0
(ak0 λ0 akλ ei(k+k )·ri + a†k0 λ0 a†kλ e−i(k+k )·ri +
0
ωk ωk
0
0
∗k0 λ0 · ˆkλ (2.14)
+ ak0 λ0 a†kλ ei(k−k )·ri + a†k0 λ0 akλ e−i(k−k )·ri )ˆ
che quindi ha elementi di matrice per la diffusione diversi da zero.
La matrice di transizione per processi di diffusione è data quindi dai
termini al secondo ordine:
(1)
(2)
hf |Tb|ii = K2 + K1
(2.15)
dove:
qi2
A2 |ii
2mi c2 i
i
P
P
X hf | i mqi c pi · Ai |li hl| i mqi c pi · Ai |ii
i
i
(1)
K2 = hf |
(2)
K1 =
X
Ei − El
l6=i
(1)
(2.16)
(2.17)
(2)
e quindi K2 è al secondo ordine nell’interazione, K1 è al secondo ordine
nella teoria delle perturbazioni.
In approssimazione di dipolo eik·ri ' 1, tenendo presenti le (2.11):
r
π}
1
(1)
K2 =
ˆ∗ 0 0 · ˆkλ ×
V
ωk ωk0 k λ
X q2
0
i
×
hB| h0kλ , 1k0 λ0 | (akλ a†k0 λ0 + a†k0 λ0 akλ )e−i(k−k) ·ri |1kλ , 0k0 λ0 i |Ai =
mi
i
r
X q2
π}
1
i
=
ˆ∗k0 λ0 · ˆkλ δBA
.
V
ωk ωk0
mi
i
(2.18)
(1)
K2 è quindi nullo per transizioni in cui |Ai =
6 |Bi come nel caso di diffusione
Raman.
CAPITOLO 2. EFFETTO RAMAN
11
(2)
Nel calcolare K1 teniamo presente che, per ottenere termini non nulli,
lo stato intermedio |li può essere di due tipi:
|li = |0kλ , 0k0 λ0 i |Ii
|li = |1kλ , 1k0 λ0 i |Ii
dove |Ii è lo stato intermedio per la molecola. Avremo quindi:
(2)
K1 =
X hB| h0kλ , 1k0 λ0 | Vb1 |0kλ , 0k0 λ0 i |Ii hI| h0kλ , 0k0 λ0 | Vb1 |1kλ , 0k0 λ0 i |Ai
EA + }ω − EI
I
+
+
hB| h0kλ , 1k0 λ0 | Vb1 |1kλ , 1k0 λ0 i |Ii hI| h1kλ , 1k0 λ0 | Vb1 |1kλ , 0k0 λ0 i |Ai
EA − EI − }ω 0
(2.19)
Sviluppiamo il primo addendo:
1
2π} X
×
√
V ωk ωk0
EA + }ω − EI
I
X qi
0
× hB| h0kλ , 1k0 λ0 |
pi · ˆk0 λ0 a†k0 λ0 e−ik ·ri |0kλ , 0k0 λ0 i |Ii ×
mi
i
X qj
× hI| h0kλ , 0k0 λ0 |
pj · ˆkλ akλ eik·rj |1kλ , 0k0 λ0 i |Ai =
mj
j
=
2π}e2
m2 V
√
X
ωk ωk0
I
X qj
X qi
1
hB|pi |Ii · ˆk0 λ0
hI|pj |Ai · ˆkλ =
EA + }ω − EI
mi
mj
j
i
X (EI − EB )(EI − EA )
2π
=
(µBI · ˆk0 λ0 )(µIA · ˆkλ )
√
}V ωk ωk0
EA + }ω − EI
I
(2.20)
dove abbiamo introdotto l’operatore momento di dipolo elettrico:
X
µ=
qi r i
(2.21)
i
e abbiamo sfruttato:
hB|p|Ii = m hB|ṙ|Ii = −i
m
m
b
hB|[r, H]|Ii
= i (EB − EI ) hB|r|Ii . (2.22)
}
}
CAPITOLO 2. EFFETTO RAMAN
12
Sviluppando il secondo addendo della (2.19) in modo analogo, abbiamo
infine:
X
2π
(2)
K1 =
(EI − EB )(EI − EA )×
√
}V ωk ωk0
I
(µ · ˆ 0 0 )(µ · ˆ ) (µ · ˆ )(µ · ˆ 0 0 ) BI
IA
BI
IA
kλ
kλ
kλ
kλ
+
×
EA + }ω − EI
EA − EI − }ω 0
√
2π} ωk ωk0 X (µBI · ˆk0 λ0 )(µIA · ˆkλ ) (µBI · ˆkλ )(µIA · ˆk0 λ0 ) =
+
V
EA + }ω − EI
EA − EI − }ω 0
I
(2.23)
dove l’uguaglianza è giustificata in appendice A.
Introduciamo il tensore di polarizzabilità:
X
µBI µIA
µIA µBI
PBA =
+
EA + }ω − EI
EA − EI − }ω 0
(2.24)
I
tale notazione è giustificata dal fatto che questa somma può effettivamente
essere rappresentata come elemento di matrice di un tensore [3].
Possiamo quindi scrivere la (2.23):
√
2π} ωk ωk0
(2)
K1 =
ˆk0 λ0 · PBA · ˆkλ .
(2.25)
V
Dalla (2.12) abbiamo quindi la probabilità di transizione per unità di
tempo:
(2π)3 }
ωk ωk0 |ˆ
k0 λ0 · PBA · ˆkλ |2 δ(Ef − Ei ).
(2.26)
Wf i =
V2
Introducendo la densità degli stati finali del fotone:
ρ(k0 )dk0 =
V
k 02 dk 0 dΩ.
(2π)3
(2.27)
e il flusso per fotone incidente Φinc = Vc , possiamo scrivere la sezione d’urto
per diffusione di un fotone con vettore d’onda tra k0 e k0 + ∆k0 :
dσ =
Wf i ρ(k0 )dk0
= }ckk 03 |ˆ
k0 λ0 · PBA · ˆkλ |2 δ(Ef − Ei )dk 0 dΩ
Φinc
(2.28)
e la sezione d’urto differenziale:
∂2σ
= kk 03 |ˆ
k0 λ0 · PBA · ˆkλ |2 δ(Ef − Ei ).
∂Ω∂E 0
(2.29)
CAPITOLO 2. EFFETTO RAMAN
13
Figura 2.2: Schema quantistico per effetto Raman
Infine, se sommiamo su tutti gli stati |Ai e |Bi che rispettano la conservazione dell’energia EB −EA = }(ω−ω 0 ), pesando gli stati iniziali con una probabilità data dalla distribuzione di Boltzmann P (A) =
e
P
EA
kB T
E
− A
e kB T
−
A
, otteniamo
la sezione d’urto indipendentemente dagli stati molecolari coinvolti:
X
X
∂2σ
P (A)
|ˆ
k0 λ0 · PBA · ˆkλ |2 δ(EA − EB − }∆ω). (2.30)
= kk 03
0
∂Ω∂E
A
B
Le regole di selezione Raman sono quindi le regole di selezione del tensore
polarizzabilità. La trattazione quantistica giustifica la maggiore intensità
delle linee Stokes rispetto a quelle anti-Stokes. Infatti nel primo caso EA −
EB = }(ω 0 −ω) < 0 e dunque la molecola passa da uno stato meno energetico
a uno più energetico. Nel secondo caso avviene il contrario. Poichè gli stati
a bassa energia sono più popolati di quelli ad alta energia, è più probabile
una diffusione di tipo Stokes e quindi la corrispondente linea è più intensa.
2.3
Applicazione allo studio dei moti vibrazionali
molecolari
Abbiamo visto che, se i moti vibrazionali e rotazionali della molecola
ne modulano il tensore di polarizzabilità α, le loro frequenze compaiono
nello spettro della radiazione diffusa. In particolare queste corrispondono al
Raman-shift, ovvero la differenza ∆ν = ν −ν 0 , e sono dell’ordine 1÷10 cm−1
per le rotazioni e 100 ÷ 10000 cm−1 per le vibrazioni. L’unità cm−1 è molto
usata in spettroscopia e corrisponde a ' 3 1010 Hz.
CAPITOLO 2. EFFETTO RAMAN
14
Le informazioni che possiamo trarre da uno spettro Raman sono dello
stesso tipo di quelle ottenibili da uno spettro di assorbimento. La differenza
è che in questo caso sono osservabili (IR-attive1 ) solo le frequenze dei moti
che modulano il vettore momento di dipolo elettrico della molecola µ.
In generale quindi una frequenza Raman-attiva può non essere IR-attiva
e viceversa. In questo senso i due metodi spettroscopici sono complementari.
Trattiamo più da vicino il problema delle frequenze vibrazionali. Prendiamo un modello di molecola costituito da N masse puntiformi interagenti,
quindi con 6N gradi di libertà di cui 3 traslazionali e 3 rotazionali (2 per
le molecole lineari). I rimanenti 6N − 6 (6N − 5) sono gradi di libertà
vibrazionali.
Per ricavare le frequenze di vibrazione, si cercano delle coordinate che,
in approssimazione di piccole oscillazioni, soddisfino una legge oraria di tipo
armonico l’una indipendentemente dalle altre. Tali coordinate sono dette
normali e il moto della molecola associato è detto modo normale di vibrazione. In coordinate normali l’energia cinetica e potenziale della molecola
sono:
1X 2
1X
T =
Q̇k
V =
λk Q2k
(2.31)
2
2
k
k
e quindi l’equazione del moto e la soluzione:
Q̈k = −λk Qk
p
Qk = Ak cos( λk t + φk )
(2.32)
(2.33)
√
λk
con νk = 2π
detta frequenza normale di vibrazione. Di queste 6N frequenze, 6 (5 per le molecole lineari) sono nulle poichè corrispondono ai gradi di
libertà traslazionali e rotazionali. Le rimanenti 6N − 6 (6N − 5) sono le
frequenze che, se corrispondono a modi di vibrazione che modulano α e/o
µ, compaiono nello spettro Raman e/o di assorbimento.
Il problema che si pone è quindi quello di calcolare modi e frequenze
normali e capire se esse sono attive Raman/IR. Si può quindi fare un confronto con lo spettro ottenuto sperimentalmente in modo da poter verificare
la bontà del nostro modello di molecola.
In un generico sistema di 6N coordinate {η} l’energia cinetica e potenziale sono funzioni T ({η̇}) e V ({η}). Assumendo la configurazione di equilibrio
{η 0 }, possiamo prendere le coordinate qk = ηk − ηk0 e sviluppare T ({q̇}) e
1
IR sta per ‘infrarosso’, ad indicare la zona dello spettro elettromagnetico in cui sono
le frequenze roto-vibazionali.
CAPITOLO 2. EFFETTO RAMAN
15
Figura 2.3: Modi normali delle molecole di acqua (H2 O) e anidride carbonica
(CO2 ): (a) stretching simmetrico; (b) bending; (c) stretching asimmetrico.
V ({q}) attorno {η 0 } ottenendo:
T =
1X
Tij q̇i q̇j
2
V =
ij
1X
Vij qi qj
2
(2.34)
ij
e per l’equazione del moto:
X
j
Tij q̈j =
X
Vij qj .
(2.35)
j
Per trovare le coordinate normali occorre quindi risolvere il complicato
problema della diagonalizzazione simultanea delle due matrici (Tij ) e (Vij ).
Nel capitolo seguente vedremo come si possano ottenere il numero di frequenze normali di vibrazione, la loro degenerazione e la loro presenza (o
assenza) negli spettri Raman e infrarosso senza affrontare tale calcolo.
Capitolo 3
Simmetrie
Si dice che una molecola possiede delle simmetrie se esistono degli operatori che, agendo sulla configurazione della molecola all’equilibrio, ne danno
una configurazione equivalente. Per equivalente, si intende una configuarazione la cui unica differenza è che sono state permutate le posizioni di atomi
indistinguibili tra loro (vedi figura 3.1). E’ importante notare che le simmetrie molecolari non sono determinate solo dalla disposizione geometrica
degli atomi ma anche dal tipo di legami tra questi.
3.1
Gruppi di simmetria puntuali
L’insieme degli operatori di simmetria di una molecola è un gruppo,
ovvero un insieme G in cui è definita un’operazione tali che:
• ∃E ∈ G :
• AB ∈ G
EA = AE = A
∀A ∈ G;
∀A, B ∈ G;
Figura 3.1: Nella molecola di acqua non è possibile distinguere i due atomi
di idrogeno.
16
CAPITOLO 3. SIMMETRIE
• A(BC) = (AB)C
• ∀A ∈ G
17
∀A, B, C ∈ G;
∃A−1 ∈ G : AA−1 = A−1 A = E.
L’elemento geometrico rispetto al quale agisce l’operatore di simmetria è
detto elemento di simmetria. In particolare si parla di gruppi puntuali in
quanto gli operatori di simmetria di una molecola lasciano invariato almeno
un punto. Questi possono essere:
• E operatore identità;
• Cn rotazione secondo un asse di un angolo
2π
n ;
• σ riflessione secondo un piano;
• Sn rotazione secondo un asse di un angolo 2π
n seguita da una riflessione
secondo un piano perpendicolare a tale asse;
• i inversione di coordinate rispetto un punto.
Quindi Cn lascia invariato un asse, σ un piano, Sn e i un punto. Notiamo
che σ = S1 , i = S2 e E = C1 quindi in definitiva abbiamo solo due operatori
di simmetria: le rotazioni proprie Cn e le rotazioni improprie Sn .
La nozione di gruppo di simmetria ci permette di classificare le molecole
secondo il loro gruppo di appartenenza1 :
• Cn : molecole che hanno un asse Cn .
• Cnh : molecole che hanno un asse Cn e un piano σh 2 . Questi implicano
un asse Sn e, per n pari, un asse S n2 .
• Cnv : molecole che hanno un asse Cn e n piani σv .
• Dn : come Cn con altri n assi C2 perpendicolari all’asse Cn .
• Dnh : come Dn con un piano σh . Questi implicano un asse Sn e, per n
pari, un asse S n2 .
• Dnd : come Dn con altri n piani σd .
1
Nel seguito, con abuso di linguaggio, useremo lo stesso simbolo per l’operatore di
simmetria e l’elemento di simmetria corrispondente.
2
Un pedice h indica che il piano è perpendicolare all’asse Cn . Un pedice v indica che
il piano contiene l’asse Cn e l’eventuale asse C2 perpendicolare a esso. Un pedice d indica
che il piano contiene l’asse Cn e biseziona l’angolo tra due assi C2 .
CAPITOLO 3. SIMMETRIE
18
A questi si aggiungono i gruppi I, Id , Ih , O, Oh , J e Jh .
Prendiamo ora un insieme di coordinate {q} che descrivano la configurazione della molecola. Possiamo esprimere analiticamente l’azione di un
operatore R ∈ G tramite la trasformazione:
X
qi0 =
Rij qj
(3.1)
j
che lega le coordinate delle due configurazioni prima e dopo l’applicazione
di R.
In generale, possiamo prendere un insieme di funzioni ad un valore
{ψ(q)} tali che quando agisce R:
X
ψi0 =
Rij ψj
(3.2)
j
L’insieme delle matrici (Rij ) di tutti gli elementi del gruppo G è un gruppo
isomorfo a G detto rappresentazione del gruppo G. L’insieme di funzioni
{ψ(q)} è detto base del gruppo.
3.2
Simmetria delle coordinate normali
Durante le vibrazioni la molecola assume configurazioni distorte, ovvero
diverse da quella di equilibrio. In generale, se un operatore di simmetria
agisce su una configurazione distorta {q}, si ottiene una configurazione {q 0 }
non equivalente. Il valore dell’energia potenziale è comunque uguale nelle
due configurazioni poichè le distanze interatomiche, dalle quali dipende, sono
invarianti per rotazioni e riflessioni.
Analogamente, poichè anche i moduli delle velocità sono invarianti, il
valore dell’energia cinetica è lo stesso per uno stato di moto {q̇} e uno
{q̇ 0 } ottenuto applicando un operatore di simmetria. D’altra parte questo
equivale all’invarianza dell’Hamiltoniana ∀R ∈ G:
V, R = T, R = 0 −→ H, R = 0.
(3.3)
Prendiamo ora due coordinate normali Qm e Ql che vengono trasformate
da un operatore R ∈ G secondo:
Q0m = aQm + bQl
Q0l = cQm + dQl .
Se il sistema è in una configurazione e uno stato di moto Qk = Q̇k = δkm
abbiamo (2.31):
1
1
T =
V = λm .
2
2
CAPITOLO 3. SIMMETRIE
19
Calcolando T e V dopo aver applicato R abbiamo invece:
1
1
T = (a2 + c2 )
V = (a2 λm + c2 λl )
2
2
Uguagliando i valori, otteniamo un sistema in a e c la cui unica soluzione,
per λl 6= λm , è a2 = 1 e c2 = 0. Procedendo analogamente troviamo anche
d2 = 1 e b2 = 0 quindi le due coordinate non vengono ‘mischiate’ da R.
Generalizzando, abbiamo il seguente importante risultato: una coordinata normale viene trasformata in combinazioni lineari delle sole coordinate
normali di stessa frequenza (degeneri). Possiamo quindi dividere {Q} in
sottoinsiemi tali che, quando agisce R, le coordinate di un sottoinsieme vengono trasformate in combinazioni lineari di se stesse. Questo equivale a dire
che la base delle coordinate normali {Q} fornisce una rappresentazione data
da matrici diagonali a blocchi.
Prendendo per ogni matrice il blocco corrispondente ad uno stesso insieme di coordinate degeneri, otteniamo un’altra rappresentazione. Si dimostra
che le matrici cosı̀ ottenute non sono ulteriormente trasformabili in matrici
diagonali a blocchi e per questo tali rappresentazioni sono dette irriducibili
(IRR) e la rappresentazione data dalle {Q} si dice ridotta. La IRR descrive
quindi la simmetria di un insieme di coordinate normali degeneri, ovvero di
un insieme di modi normali di stessa frequenza. Un teorema della teoria dei
gruppi dimostra che per ogni gruppo G esiste solo un numero limitato di
IRR.
Come abbiamo visto nel capitolo precedente, il calcolo esplicito di frequenze e coordinate normali è piuttosto laborioso. Al contrario, è semplice
calcolare il numero e il tipo di IRR contenute nella rappresentazione ridotta,
quindi il numero e la simmetria dei modi normali di vibrazione per una data
molecola.
Definiamo la caratteristica di un operatore, in una determinata rappresentazione, come la traccia della matrice che lo rappresenta:
X
χR =
Rii
(3.4)
i
Prendendo la rappresentazione data dalle coordinate normali, poichè la traccia di una matrice diagonale a blocchi è la somma delle traccie dei blocchi,
possiamo scrivere:
X
(γ)
χR =
n(γ) χR
(3.5)
γ
dove n(γ) è il numero di volte che la IRR Γ(γ) compare nella rappresentazione
(γ)
e χR è il carattere dell’operatore R nella IRR Γ(γ) . Invertendo la (3.5)
CAPITOLO 3. SIMMETRIE
20
otteniamo l’espressione:
n(γ) =
1 X (γ)∗
χR χR
g
(3.6)
R
dove g è l’ordine del gruppo G, ovvero il numero dei suoi elementi.
Notiamo che, poichè χ(AB) = χ(BA), la traccia di una matrice è invariante per cambiamento di coordinate. Questo ci permette di calcolare χR
nel sistema di coordinate più comodo. Prendiamo un sistema di 3N terne
con origine nella posizione di equilibrio di ciascun atomo. Lo spostamento rispetto all’equilibrio di ogni atomo n è descritto dal vettore applicato
(unx , uny , unz ). Se un’operatore R porta l’atomo n al posto dell’atomo m,
le nuove (u0nx , u0ny , u0nz ) sono funzioni delle sole (umx , umy , umz ) e quindi
Rnx,nx = Rny,ny = Rnz,nz = 0 danno contributo nullo alla traccia. Dobbiamo quindi considerare i soli atomi che non vengono spostati da R: tutti per
l’identità, quelli sull’asse per le rotazioni, quelli sul piano per le riflessioni e
quello all’intersezione tra asse e piano per le rotazioni improprie.
Per le rotazioni di angolo φ abbiamo, per ogni atomo giacente sull’asse:
 
 0 
ux
ux
cos φ sin φ 0
u0y  = − sin φ cos φ 0 uy 
0
0
1
uz
u0z
quindi χR = (1 + 2 cos φ). Analogamente, per le rotazioni improprie:
 
 0 
ux
cos φ sin φ 0
ux
u0y  = − sin φ cos φ 0  uy 
0
0
−1
uz
u0z
e χR = (−1 + 2 cos φ). E’ comodo escludere fin da adesso le traslazioni e
rotazioni della molecola che, come abbiamo visto, sono modi a frequenza
nulla. Per rotazione di angolo φ esse hanno entrambe carattere (1 + 2 cos φ)
mentre per rotazioni improprie le traslazioni hanno carattere (−1 + 2 cos φ)
e le rotazioni (1 − 2 cos φ). Quindi, detto N il numero degli atomi che non
vengono spostati da R:
• χR = (N − 2)(1 + 2 cos φ) se R è una rotazione;
• χR = N (−1 + 2 cos φ) se R è una rotazione impropria.
Notiamo, infine, che se due operatori R, S ∈ G sono coniugati, ovvero
se esiste C ∈ G tale che CRC −1 = S, essi hanno la stessa caratteristica.
CAPITOLO 3. SIMMETRIE
21
Se quindi raggruppiamo gli operatori di G in classi di operatori coniugati
possiamo riscrivere la(3.6):
n(γ) =
1X
(γ)∗
gj χj χj
g
(3.7)
j
(γ)
dove gj è il numero di operatori della classe j, χj e χj sono il carattere
degli operatori della classe j rispettivamente nella IRR Γ(γ) e nella rappre(γ)
sentazione delle coordinate {q}. I valori χj sono tabulati per ogni gruppo
di simmetria. E’ quindi facile risolvere la (3.7) e trovare quanti modi normali
si trasformano secondo quale IRR.
3.3
Regole di selezione
Nel paragrafo 2.2 abbiamo visto che la sezione d’urto (2.29) per diffusione
Raman con transizione da |Ai a |Bi è proporzionale al quadrato del termine:
X
ˆ0∗ · PBA · ˆ =
(PBA )αβ 0∗
α, β = x, y, z
α β
α,β
dove (PBA )αβ è l’elemento di matrice:
Z
∗
(PBA )αβ = ψB
Pαβ ψA dτ.
(3.8)
Se questi integrali sono tutti nulli la sezione d’urto è uguale a zero e la
transizione è proibita. Vediamo come, senza ricorrere al calcolo esplicito, è
possibile capire quando questo succede.
Notiamo inanzitutto che, prendendo la base delle funzioni d’onda stazionarie della molecola, si ottiene una rappresentazione ridotta. Infatti
se:
Hψk = Ek ψk
possiamo scrivere:
R(Hψk ) = R(Ek ψk )
e quindi:
H(Rψk ) = Ek (Rψk )
dove abbiamo sfruttato H, R = 0 ∀R ∈ G. Quindi le ψ di uno stesso livello
energetico vengono trasformate in combinazioni lineari di se stesse e sono la
base di una IRR [5].
CAPITOLO 3. SIMMETRIE
22
Nell’approssimazione di Born-Hoppenheimer, possiamo fattorizzare la
funzione d’onda molecolare nelle componenti elettronica, rotazionale e vibrazionale. In coordinate normali e in approssimazione di piccole oscillazioni, la funzione d’onda vibrazionale è quella di 3N − 6 oscillatori armonici
indipendenti:
ψ = M{n}
3N
−6
Y
(−
e
πνk
}
Q2k )
r
Hnk
k=1
2πνk Qk
}
(3.9)
dove nk è il numero quantico di eccitazione del k-esimo oscillatore, Hnk
è il polinomio di Hermite di nk -esimo grado e M{n} è una costante di
normalizzazione.
Consideriamo le sole transizioni vibrazionali fondamentali, ovvero quelle
in cui, partendo dallo stato in cui nk = 0 ∀k, un solo modo normale viene
eccitato di un quanto. Queste sono transizioni più intense di altre, come le
combination bands (eccitazione di più modi) o le overtones (eccitazione di
due o più quanti). Abbiamo quindi lo stato inziale:
ψA = M{n=0}
3N
−6
Y
e(−
πνk
}
Q2k )
(3.10)
k=1
questa funzione d’onda ha le stesse simmetrie della molecola (è totalsimmetrica), uno dei modi di vederlo è notare che la sua dipendenza dalle {Q} è
la stessa del potenziale V (2.31), che è invariante ∀R ∈ G.
Lo stato in cui un solo modo normale è eccitato è invece:
r
3N
−6
Y
πνk 2
2πνm
ψB = M{nk =δkm }
Qm
e(− } Qk )
(3.11)
}
k=1
ed ha la stessa simmetrie della coordinata normale Qm , ovvero del modo
normale eccitato.
Applicando un operatore R ∈ G avremo dunque:
R
ψBk
ψA −
→ ψA
X
R
(B)
−
→
Rkj ψBj
(3.12)
j
(B)
dove (Rkj ) è la matrice che rappresenta l’operatore R nella IRR Γ(B) del
modo normale di vibrazione (eventualmente degenere).
CAPITOLO 3. SIMMETRIE
23
Per quanto riguarda le Pαβ , in generale bisogna costruirne combinazioni
lineari per avere una base di una rappresentazione ridotta. Tali combinazioni
lineari Pi i = 1 . . . 6 dipendono dal gruppo di simmetria della molecola e sono
tabulate insieme alle corrispondenti IRR (vedi B.1 e B.2). Avremo:
R
→
Pi −
X
(P )
Rij Pj .
(3.13)
j
Prendiamo ora le combinazioni lineari degli integrali (3.8):
Z
∗
ψB
Pi ψA dτ
i = 1 . . . 6.
(3.14)
Ovviamente, se questi integrali sono tutti nulli lo saranno anche gli (3.8) e
la transizione sarà proibita.
Essendo l’integrale (3.14) esteso a tutto lo spazio delle configurazioni,
esso deve essere invariante per tutte le operazioni di simmetria R ∈ G. Dalle
(3.12) e (3.13) abbiamo:
Z X
Z
X P R
B∗ ∗
∗
Rl Pl ψA dτ
ψBj
→
Rkj
ψBk Pi ψA dτ −
j
Z
=
l
e sommando su tutti gli g operatori di G:
Z
Z
1 X X (B) (P )
Rkj Rl
ψBj Pl ψA dτ.
ψBk Pi ψA dτ =
g
R
jl
(3.16)
jl
Un teorema della teoria dei gruppi afferma che la somma:
X X (B) X (P )
Rkj
Rl
R
(3.15)
∗
ψBk
Pi ψA dτ
(3.17)
l
è nulla a meno che le due rappresentazioni Γ(P ) e Γ(B) non siano identitiche.
Avremo quindi che gli integrali (3.14) non sono tutti nulli se e solo se il modo
normale eccitato ha la stessa simmetria di una delle combinazioni lineari Pi .
Analogamente, nel caso della spettroscopia di assorbimento, avremo
transizioni fondamentali per modi normali che hanno la stessa simmetria
di opportune combinazioni lineari µi del momento di dipolo elettrico.
Capitolo 4
Il caso del benzene
In questo capitolo applichiamo i concetti esposti precedentemente allo
studio della struttura della molecola del benzene (C6 H6 ). Per struttura
della molecola si intende la disposizione geometrica dei nuclei e il tipo di
legami tra questi. E’ importante notare che la simmetria della molecola
dipende da entrambi.
In particolare si discutono due modelli, entrambi basati su una molecola
planare con i carboni e gli idrogeni disposti ai vertici di due esagoni regolari
concentrici. Il primo di questi è il modello di Kekulé, in cui ogni atomo di
carbonio forma due legami (uno singolo e uno doppio) con altri due atomi
di carbonio e un legame singolo con un atomo di idrogeno. In questo modo
viene saturata la tetravalenza del carbonio ([He]2s2 2p2 ) come previsto dalla
teoria della valenza.
Il secondo modello assume invece che i 6 legami tra carboni siano identici.
In questo caso ogni carbonio si lega a due carboni e un idrogeno con orbitali
ibridizzati sp2 mentre un quarto legame è delocalizzato tra tutti i 6 carboni.
I due modelli hanno simmetria diversa e prevedono quindi diversi spettri
vibrazionali Raman/IR. Attraverso il confronto con lo spettro sperimentale
si può dedurre quali dei due sia più attendibile. Lo spettro che teniamo
in considerazione (tabella 4.1) è quello delle sole frequenze di transizioni
fondamentali.
Il modello di Kekulé (figura 4.1) appartiene al gruppo D3h , ammettendo
i seguenti operatori di simmetria (raggruppati per classi di equivalenza):
• identià E ;
• 2 rotazioni C3 e C32 con asse perpendicolare al piano della molecola;
24
CAPITOLO 4. IL CASO DEL BENZENE
25
(a)
(b)
Figura 4.1: (a) Modello proposto da Kekulé. E’ prevista una risonanza con
la configurazione ottenuta per rotazione di 60◦ . (b) Operatori di simmetria.
• 3 rotazioni C2 con assi sul piano della molecola e disposti a 60◦ l’uno
dall’altro;
• riflessione σh rispetto al piano della molecola;
• 3 riflessioni σv rispetto a piani perpendicolari al piano della molecola
e contenenti ciascuno un asse C2 ;
• 2 rotazioni improprie S3 e S35 con asse perpendicolare al piano della
molecola.
Calcoliamo le caratteristiche di queste classi di operatori con il metodo
illustrato nel paragrafo 3.2:
(γ)
Prendendo le χj
j
E
C3
C2
S3
σh
σv
χj
30
0
2
0
12
4
nella tabella B.2, risolviamo la (3.7):
n(γ) =
1X
(γ)∗
gj χj χj
g
j
trovando le seguenti IRR dei modi normali di vibrazione:
5A01 + 2A02 + 7E 0 + A001 + 2A002 + 3E 00
Confrontando con le IRR del tensore di polarizzazione e del momento di
dipolo abbiamo:
CAPITOLO 4. IL CASO DEL BENZENE
(a)
26
(b)
Figura 4.2: Modello del benzene con legame delocalizzato (a) e operatori di
simmetria (b).
15 frequenze Raman-attive
9 frequenze IR-attive
5A01 + 7E 0 + 3E 00
7E 0 + 2A002
Il secondo modello (figura 4.2) è più simmetrico del precedente e appartiene al gruppo D6h :
• identità E ;
• 2 rotazioni C6 e C65 con asse perpendicolare al piano della molecola;
• 2 rotazioni C3 e C32 con asse perpendicolare al piano della molecola;
• 1 rotazione C2 con asse perpendicolare al piano della molecola;
• 3 rotazioni C 0 2 con assi sul piano della molecola, disposti a 60◦ l’uno
dall’altro e passanti per i nuclei;
• 3 rotazioni C 00 2 con assi sul piano della molecola, disposti a 60◦ l’uno
dall’altro e non passanti per i nuclei;
• riflessione σh rispetto al piano della molecola;
• 3 riflessioni σv rispetto a piani perpendicolari al piano della molecola
e contenenti gli assi C 0 2 ;
• 3 riflessioni σd rispetto a piani perpendicolari al piano della molecola
e contenenti gli assi C 00 2 ;
CAPITOLO 4. IL CASO DEL BENZENE
27
frequenze Raman [cm−1 ]
frequenze infrarosso [cm−1 ]
606
849
992
1178
1595
3047
3062
671
1037
1485
3099
Tabella 4.1: Linee più intense degli spettri Raman e infrarosso del benzene
[6].
• 2 rotazioni improprie S3 e S35 ;
• 2 rotazioni improprie S6 e S65 ;
• inversione i .
Con procedimento analogo troviamo le χj :
j
E
2C6
2C3
C2
3C20
3C200
i
2S3
2S6
σh
3σd
3σv
χj
30
-4
0
2
-2
2
0
0
0
12
0
4
e quindi le IRR dei modi normali di vibrazione:
2A1g + A2g + 2B2g + E1g + 4E2g + A2u + 2B1u + 2B2u + 3E1u + 2E2u
. Quindi abbiamo le frequenze per transizioni fondamentali:
7 frequenze Raman-attivi
4 frequenze IR-attive
2A1g + E1g + 4E2g
A2u + 3E1u
Confrontando con lo spettro 4.1 notiamo come il modello di Kekulé predica un numero di frequenze attive più elevato rispetto a quelle effettivamente
osservate. Il modello a legami delocalizzati, al contrario, predice lo stesso
numero di frequenze osservate. Siamo quindi portati ad assumere questo
secondo modello per la molecola del benzene.
Va notato, infine, che nell’analisi svolta si sono trascurate le eventuali
righe spettrali dovute ad altri tipi di transizioni.
Appendice A
Passaggi matematici
Prendiamo il commutatore:
X
XX
X
XX
ri · ,
pj · 0 =
[rim m , pjn 0n ] =
m 0n [rim , pjn ] =
i
i,j m,n
j
= i}
XX
m 0n δij δmn
= i}
i,j m,n
XX
i,j m,n
i
m 0m
= i}Z · 0
m
(A.1)
e troviamo quindi:
0 = hB|i}Z · 0 |Ai = hB|
X
ri · ,
i
=
XX
I
X
pj · 0 |Ai =
j
hB|ri · |Ii hI|pj · 0 |Ai − hB|pj · 0 |Ii hI|ri · |Ai
(A.2)
ij
dove abbiamo sfruttato la relazione di completezza:
X
|Ii hI| = 1
I
Sfruttando hA|p|Bi = i m
} (EA − EB ) hA|r|Bi, la (A.2) dà:
X
(EI − EA )(µBI · )(µIA · 0 ) + (EI − EB )(µBI · 0 )(µIA · ) = 0.
I
28
APPENDICE A. PASSAGGI MATEMATICI
29
Aggiungiamo quindi quest’ultima espressione alla sommatoria della (2.23)
(ponendo = kλ e 0 = k0 λ0 ):
(µ · 0 0 )(µ · ) (µ · )(µ · 0 0 ) BI
IA
BI
IA
kλ
kλ
kλ
kλ
+
+
(EI − EB )(EI − EA )
EA + }ω − EI
EA − EI − }ω 0
I6=A
i
+(EI − EB )(µBI · k0 λ0 )(µIA · kλ ) + (EI − EA )(µBI · kλ )(µIA · k0 λ0 ) =
X (µBI · k0 λ0 )(µIA · kλ )
(µBI · kλ )(µIA · k0 λ0 )
=
(EI − EB ) −
(E
−
E
)
}ω
I
A
EA + }ω − EI
EA − EI − }ω 0
Xh
I6=A
dove abbiamo utilizzato la conservazione dell’energia EA + }ω = EB + }ω 0 .
Infine aggiungiamo ancora il termine:
0 = }ω hB| [(µ · k0 λ0 )(µ · kλ ) − (µ · kλ )(µ · k0 λ0 )] |Ai =
X
= }ω
[(µBI · k0 λ0 )(µIA · kλ ) − (µBI · kλ )(µIA · k0 λ0 )]
I
e otteniamo, sfruttando ancora la conservazione dell’energia, che la sommatoria della (2.23) è ridotta a:
X
I6=A
}ωω 0
(µ
· k0 λ0 )(µIA · kλ ) (µBI · kλ )(µIA · k0 λ0 ) +
EA + }ω − EI
EA − EI − }ω 0
BI
da cui segue l’equazione (2.23).
(A.3)
Appendice B
Tavole dei caratteri
Tabella B.1: Tavola dei caratteri del gruppo D6h e IRR di rotazioni,
traslazioni e componenti del tensore polarizzazione.
D6h
E
2C6
2C3
C2
3C20
3C200
i
2S3
2S6
σh
3σd
3σv
A1g
A2g
B1g
B2g
E1g
E2g
A1u
A2u
B1u
B2u
E1u
E2u
1
1
1
1
2
2
1
1
1
1
2
2
1
1
-1
-1
1
-1
1
1
-1
-1
1
-1
1
1
1
1
-1
-1
1
1
1
1
-1
-1
1
1
-1
-1
-2
2
1
1
-1
-1
-2
2
1
-1
1
-1
0
0
1
-1
1
-1
0
0
1
-1
-1
1
0
0
1
-1
-1
1
0
0
1
1
1
1
2
2
-1
-1
-1
-1
-2
-2
1
1
-1
-1
1
-1
-1
-1
1
1
-1
1
1
1
1
1
-1
-1
-1
-1
-1
-1
1
1
1
1
-1
-1
-2
2
-1
-1
1
1
2
-2
1
-1
1
-1
0
0
-1
1
-1
1
0
0
1
-1
-1
1
0
0
-1
1
1
-1
0
0
30
Pxx + Pyy ,Pzz
Rz
Rx ,Ry
Tz
Tx ,Ty
Pyz ,Pxz
Pxx − Pyy ,Pxy
APPENDICE B. TAVOLE DEI CARATTERI
31
Tabella B.2: Tavola dei caratteri del gruppo D3h e IRR di rotazioni,
traslazioni e componenti del tensore polarizzazione.
D3h
E
2C3
3C2
σh
2S3
3σv
A01
A02
E0
A001
A002
E 00
1
1
2
1
1
2
1
1
-1
1
1
-1
1
-1
0
1
-1
0
1
1
2
-1
-1
-2
1
1
-1
-1
-1
1
1
-1
0
-1
1
0
Pxx + Pyy ,Pzz
Rz
Tx ,Ty
Pxx − Pyy ,Pxy
Tz
Rx ,Ry
Pyz ,Pxz
Bibliografia
[1] Jackson, ‘Classical electrodynamics’
[2] Chen, Kotlarchyk, ‘Interaction of photons and neutrons with matter’
[3] Landau, Lifsits, ‘Teoria quantistica relativistica’
[4] Goldstein, ‘Classical mechanics’
[5] Landau, Lifsits, ‘Meccanica quantistica, teoria non relativistica’
[6] Wilson, Decius, Cross, ‘Molecular vibrations’
32