1 DOC. IV F e IV G. LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA

DOC. IV F e IV G. LA RIVOLUZIONE SCIENTIFICA (prof. Stefano Colli)
Si intende per rivoluzione scientifica quel periodo che va dal De Revolutionibus orbium
celestium di Copernico (1532, anche se verrà dato alle stampe solo qualche anno più
tardi) ai Principia matematica di Newton (1687). I suoi fondamentali protagonisti sono
Copernico, l’astronomo danese Brahe, Keplero, che scoprirà le orbite ellittiche dei pianeti,
Galilei, che mostrerà la falsità della distinzione tra fisica celeste e terrestre, e infine
Newton, con la sua teoria della gravitazione universale. Come sappiamo, il fatto che la
terra non sia più al centro del cosmo implica conseguenze filosofiche di notevole entità:
l’eliocentrismo e la scienza rischiano di entrare, come poi accadrà, in contrasto con la
Bibbia. Del resto, già la scoperta di civiltà extraeuropee aveva posto problematiche simili
di identità, per così dire, all’uomo bianco, costretto a confrontarsi con realtà ‘altre’ da lui.
Dopo questa breve premessa, veniamo ai punti essenziali.
A) Muta l’immagine della scienza: questa non è più il risultato dell’intuizione del
singolo individuo o del commento ad un testo filosofico, come accadeva per
Aristotele, non è più soltanto un discorso astratto, ma indagine sopra il mondo della
natura, che combina sensate esperienze e necessarie dimostrazioni. Più
specificamente:
a) La scienza è costituita da proposizioni vere che parlano del mondo e le teorie
sono fondate su fatti comprovati sperimentalmente
b) Si fonda su un metodo rigoroso e ordinato basato su procedure o regole
c) Le teorie sono controllabili pubblicamente e ripetibili
d) La concezione della natura è di tipo quantitativo: non è ricerca di essenze e di
cause (relative al che cosa), ma ci si interroga sul come funziona e quanto
misura un dato fenomeno. L’impostazione è quindi quantitativa e ricerca le
caratteristiche misurabili dei corpi.
e) Lo scienziato, infine, non è più un individuo isolato, bensì ha contatti
internazionali, lavora o collabora con accademie, laboratori, ha contatti epistolari
(la cui lingua universale è il latino)
B) La scienza diviene autonoma dalla fede: mentre per l’uomo del medioevo la
verità era nota in quanto rivelata (se mai ci si interrogava sul possibile rapporto con
la ragione), adesso essa non è conosciuta, quindi va ricercata. Vedremo come
questo tentativo di autonomia diventa spesso terreno di scontro con la chiesa.
Tra l’altro, il teologo protestante Osiander (l’autore della prefazione anonima
all’opera di Copernico) e il cardinale cattolico Bellarmino avevano suggerito agli
scienziati di configurare il copernicanesimo come pura ipotesi, mentre invece
Copernico, Galilei e Keplero, fedeli alle loro convinzioni, vedranno nell’eliocentrismo
una descrizione vera del mondo.
C) In questo interesse così forte per la natura la rivoluzione scientifica viene
influenzata da tre filoni fondamentali della cultura rinascimentale: in primo luogo la
filosofia della natura, secondo cui la natura si spiega solo per mezzo della natura,
senza il ricorso a principi estranei (che per i filosofi naturalisti coincidono anche con
concetti metafisici come forma e materia, tipici dell’aristotelismo); poi la magia,
perché il ricercatore non si limita a contemplare le forze naturali, ma tenta di
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sfruttarle a proprio favore. Tale tendenza diffonde l’idea di un uomo signore delle
forze naturali, anticipando il carattere attivo e operativo del sapere, tipico della
scienza. La differenza tra il mago e lo scienziato va se mai ricercata nel fatto che,
mentre il primo opera in un ambito privato, il secondo non può prescindere dalla
collaborazione con gli altri scienziati e dunque da una dimensione ‘pubblica’. Infine,
il platonismo e se vogliamo lo stesso pitagorismo, con la loro convinzione del
carattere matematico dell’universo, costituito oggettivamente in modo geometrico e
l’idea del sole al centro del cosmo, tipica dei Pitagorici e fatta propria da Aristarco di
Samo nel III secolo d.C. Pertanto, sebbene la rivoluzione scientifica non nasca
certo dal nulla, ma all’interno di un ben preciso contesto storico – culturale, c’è
peraltro una differenza fondamentale tra essa e questi tre filoni, nel senso che
questi ultimi non ricercano né necessitano di una sperimentazione e di una
controllabilità, propria solo della scienza.
D) Come già accennato, la filosofia alla base della rivoluzione scientifica è il
neoplatonismo, il quale si fonda, tra le altre cose, su una concezione mistica del
sole che illumina. Per scienziati come Galilei e Newton, Dio crea il mondo
imprimendogli un ordine geometrico e matematico che lo scienziato deve indagare:
il “gran libro della natura”, come sostiene l’astronomo pisano, è scritto in termini
rigorosamente matematici. Va anche ribadito che scienze come magia, alchimia e
astrologia, almeno all’inizio, non sono un ostacolo alla scienza, ma sono anzi,
almeno in parte, alla base della sua genesi: Copernico, per esempio, per legittimare
l’eliocentrismo, si richiama all’autorità di Ermete Trismegisto, come anello di
congiunzione tra paganesimo neoplatonico e cristianesimo.
E) Si assiste ad una fusione tra scienza e tecnica: la scienza non è più funzionale ad
una visione contemplativa del cosmo, ma alla trasformazione del mondo. In questo
contesto, una domanda è essenziale: vista l’importanza a livello tecnico che hanno
in quel periodo naviganti, artigiani e tecnici, è legittimo sostenere che la scienza
moderna nasca presso di loro? In realtà, come ha acutamente puntualizzato lo
storico ed epistemologo Koyré, la scienza è creata dagli scienziati: i tecnici aiutano
la riflessione teorica, pongono problemi nuovi, ma la tecnica sa il che e il come di
un processo o di un fenomeno, cioè sa che cos’è e come avviene. Tuttavia, solo lo
scienziato sa il perché. Ad esempio, ai giorni nostri, un elettricista sa molte cose
su come fare un impianto elettrico, ma non sa perché la corrente funziona in quel
modo lì o qualcosa sulla natura della luce. Il telescopio non fu inventato da Galilei,
ma da artigiani olandesi; peraltro, solo Galilei ne fece l’uso scientifico che gli
consentì di comprovare sperimentalmente l’eliocentrismo. Dunque, la scienza non è
più il sapere astratto delle università, né la semplice pratica degli artigiani: certo, la
scienza si giova di strumentazioni spesso già esistenti, che vengono poi
opportunamente modificati, ma lo strumento è inscindibile dalla teoria, costituisce
un aiuto e un potenziamento dei sensi.
F) Quali sono, tuttavia, le forze che combattono la nuova scienza? Da un lato, la
cultura ufficiale che si riconduce all’aristotelismo, perché la rivoluzione
scientifica era portatrice di uno schema teorico antifinalistico e
antiessenzialistico che si scontrava contro i capisaldi della metafisica greca e
cristiana. Inoltre, richiamandosi alla forza del ragionamento suffragato
dall’esperienza, la scienza svuotava alla radice ogni dogma intellettuale legato al
principio di autorità: la vecchia Scolastica del ‘500 vedeva su queste basi il sapere
come qualcosa di definitivo e immutabile. Dall’altro lato, la religione, che vedeva
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incrinarsi quelle certezze cosmologiche che tanto erano per secoli apparse
compatibili con la concezione aristotelico – tolemaica (il geocentrismo e
l’antropocentrismo biblico nel contesto del creato): in tal caso, il pericolo appariva
maggiore, perché ad esser messa in discussione non era solo l’autorità di Aristotele
(rivisto in chiave cristiana da Tommaso), ma la stessa parola divina espressa dalla
Bibbia. In ultima analisi, va citata anche l’opposizione della magia e
dell’astrologia: i maghi erano spiazzati dall’ideale di un sapere pubblico e
intersoggettivo che sia in quanto tale verificabile, il quale distruggeva il concetto di
sapere occulto; gli astrologi si vedevano contestare tutto l’insieme di credenze
cosmologiche, legate all’universo precopernicano, che costituivano la base delle
loro pratiche.
G) Concentriamoci brevemente sulle differenze più rilevanti tra il sistema geocentrico e
quello eliocentrico. L’universo aristotelico – tolemaico era unico, ossia pensato
come il solo esistente e, in base alla teoria dei luoghi naturali, ogni elemento deve
concentrarsi in un determinato posto; era chiuso, perché immaginato come una
sfera limitata dal cielo delle stelle fisse, oltre il quale non c’era nulla, neanche il
vuoto. Fuori del cosmo si trovava solo il regno di Dio; era finito, in quanto l’infinito,
come sosteneva Aristotele, appariva solo un’idea e non una realtà in atto (ma solo
in potenza, appunto); era fatto di sfere concentriche, che non coincidevano con
qualcosa di matematico in senso moderno, ma con sostanze solide e reali, in cui
erano incastonati le stelle e i pianeti; al di sotto della sfera delle stelle fisse era
situata la terra immobile al centro del cosmo. Infine, l’universo era pensato come
nettamente distinto in due zone qualitativamente differenti, l’una perfetta del
mondo celeste o sopralunare, costituita dal moto circolare, l’altra imperfetta e
corruttibile del mondo sublunare caratterizzato dai quattro elementi e dal moto
rettilineo.
I calcoli matematici di Copernico formularono l’ipotesi eliocentrica, riprendendo in
realtà una vecchia idea pitagorica ed ellenistica. Tuttavia, questa nuova visione del
cosmo non scalzava ancora dalle fondamenta la vecchia concezione, perché
l’astronomo polacco concepiva l’universo come sferico, unico e chiuso dal
cielo delle stelle fisse, sebbene quest’ultimo fosse concepito in maniera
fortemente ampliata rispetto all’universo tolemaico. Questi aspetti conservatori non
inficiavano sicuramente la portata rivoluzionaria del copernicanesimo, per cui
l’uomo avrebbe perso per sempre il suo primato al centro dell’universo. Tuttavia,
l’operazione di Osiander, la cui prefazione anonima al De revolutionibus sosteneva
la natura puramente ipotetica e matematica della nuova dottrina astronomica,
smorzò l’effetto dirompente della stessa (ricordiamo che Copernico non fu
d’accordo con tale interpretazione). Inoltre, a mettere in crisi il copernicanesimo
furono le obiezioni degli aristotelici. Ne citiamo soprattutto due, alla quale solo
Galilei saprà dare una risposta sperimentale: se la Terra si muove da ovest verso
est (in senso antiorario), un sasso lanciato dall’alto di una torre dovrebbe cadere ad
ovest di essa, poiché durante la caduta la torre deve per forza essersi spostata a
est. Allora, perché ciò non si verifica e il sasso continua a cadere
approssimativamente ai piedi della perpendicolare alla torre? E poi, se la terra si
muove, perché non provoca un vento così forte da spostare uomini e cose?
L’evidenza sensibile sembrava dunque smentire la concezione eliocentrica, in
questo e in altri modi.
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H) Riguardo alle implicazioni dell’eliocentrismo, torniamo un attimo a Bruno.
Come abbiamo visto trattando la sua filosofia, fu lui a formulare l’idea dell’infinità
dell’universo, partendo proprio dall’interesse filosofico nei confronti del
copernicanesimo. Se la terra è un pianeta che ruota intorno al sole, sostiene Bruno,
le stelle che vediamo nelle notti serene non potrebbero essere tutte immobili soli
circondati dai rispettivi pianeti? Non potrebbe esistere un numero illimitato di stelle
– soli, centri di altrettanto infiniti mondi? Con tale concezione non solo si abbattono i
confini del cosmo, ma si concepisce anche una pluralità illimitata di sistemi solari,
che per Bruno potrebbero essere popolati da creature intelligenti. Un universo dai
caratteri divini, grande animale intelligente. Certo, sono tesi che si basano su
intuizioni extrascientifiche, perché ribadiamo che Bruno fu un filosofo e non uno
scienziato.
Esse furono accolte freddamente dagli astronomi del tempo. La sua apparve l’idea
di una mente esaltata. L’infinità del cosmo e la pluralità dei mondi non solo
trascendevano l’ambito di ciò che è verificabile, ma apparivano troppo
rivoluzionarie per gli stessi padri dell’astronomia moderna, come gli stessi
Keplero e Galieli. In realtà, sul piano scientifico le idee premonitrici di Bruno sono
poi state in parte assunte nel contesto dell’astronomia scientifica: la mentalità
moderna le fece proprie soprattutto nell’800. Pertanto, possiamo dire che a
posteriori ciò che chiamiamo ‘rivoluzione
copernicana’ coincide con idee
eterogenee che vanno anche al di là di quanto sostenuto dal solo Copernico: essa
si avvale infatti di numerosi contributi ed è un fatto che quello in grado di anticipare i
tempi, in linea con un universo infinito, sia quello di un filosofo (Bruno).
La fisica di Einstein assesterà un colpo significativo a tale impianto, perché lo
scienziato tedesco proporrà, sulla base della teoria della relatività, una materia
incurvata su se stessa, per cui il mondo sarebbe illimitato, ma finito, simile ad una
sfera percorribile illimitatamente. In questo senso, un ipotetico viaggiatore
dell’universo tornerebbe sempre al punto da cui è partito. La questione è comunque
sia ancora molto aperta, anche perché la scoperta delle geometrie non euclidee e
la loro applicazione nella fisica ha messo in crisi l’idea di una geometrizzazione
dello spazio in senso euclideo (per cui sarebbe possibile tracciare una retta che
vada all’infinito). Dunque, nonostante oggi la scienza sembri propendere per una
finitezza del cosmo, il problema è tutt’altro che risolto, mentre la maggioranza dei
ricercatori ritiene possibile l’esistenza di altre creature viventi in pianeti simili alla
terra. Qui è interessante notare un particolare: Bruno è per molti aspetti un filosofo
non certo moderno, anche per la sua predilezione verso la magia. Tuttavia, la sua
intuizione filosofica ha trovato poi riscontri importanti nella scienza futura, il che fa
capire, come ha sostenuto nel ‘900 l’epistemologo austriaco Karl Popper, che la
scienza può spesso emergere da una base extrascientifica che funge da
stimolo per la genesi delle teorie scientifiche. Concezioni un tempo ritenute
metafisiche hanno poi trovato una conferma scientifica dopo secoli (si pensi a
Democrito), a riprova che la fantasia, l’intuizione o il caso (come la mela per
Newton) posso avere una parte importante nella genesi delle teorie, purché
naturalmente siano confermate nella loro pretesa di verità.
I) Infine, un breve cenno alla questione del metodo, che approfondiremo parlando di
Galilei. Il metodo deduttivo, ossia il sillogismo dell’Organon aristotelico , è ormai
insufficiente: esso parte da premesse certe e perviene a conseguenze altrettanto
certe, dedotte da quelle premesse. Garantisce coerenza logica, rigore formale, ma
è inefficace a parlarci del mondo: la sua è una logica astratta. D’altra parte, anche
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l’esperienza, presa così com’è, non ci dice molto: essa va interrogata. Pertanto la
rivoluzione scientifica applica la matematica allo studio della natura. La matematica
e le sue regole servono per leggere l’esperienza e costruire le leggi generali della
scienza. Così, pur non avendo una base comune, esperienza e matematica si
incontrano. E da qui in poi il mondo non sarà più lo stesso, nel bene e nel male.
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