06-Agricola (29-32) - Giornale Italiano di Cardiologia

FIBRILLAZIONE ATRIALE
La crioablazione: selezione dei pazienti ed attuali risultati
Pietro Maria G. Agricola, Claudio Pedrinazzi, Giulio Romagnoli, Michele Cacucci, Antonio Catanoso,
Massimiliano Nanetti, Giorgio Donato, Giuseppe Inama
U.O. di Cardiologia, Dipartimento Cardiocerebrovascolare, A.O. Ospedale Maggiore, Crema (CR)
During the last years, cyoablation of atrial fibrillation has become a widely used method for pulmonary vein
isolation. This evolution in the use of cryoenergy has been largely justified by the reduction in complications
that occurs with radiofrequency energy (pulmonary vein stenosis and atrial-esophageal fistula), in the use of
three-dimensional navigation technology, and hence procedural costs. The purpose of this paper is to evaluate the results of this new technology and its safety in terms of its risk-to-benefit profile.
Key words. Atrial fibrillation; Cryoablation; Pulmonary vein isolation.
G Ital Cardiol 2012;13(10 Suppl 2):29S-32S
INTRODUZIONE
1
Sin dal 1998, anno in cui Haissaguerre et al. intuirono che era
nelle vene polmonari (VP) che la fibrillazione atriale (FA) trovava il suo innesco, l’identificazione dei potenziali di vena trigger
ed il loro conseguente abbattimento ha aperto la lunga corsa
verso la ricerca della sorgente di energia che in maggior misura e con il minor rischio potesse raggiungere tale scopo.
D’altro canto non avremmo avuto tale “evoluzione energetica” se le tecniche di ablazione transcatetere (ATC) non fossero divenute la sfida quotidiana dell’elettrofisiologo e di conseguenza, non avessero impresso all’armamentario a sua disposizione tutta quell’evoluzione tecnologica che è entrata a
far parte di ogni Laboratorio di Elettrofisiologia.
Oggi l’ATC delle VP per il trattamento della FA è divenuta
una metodica di largo uso e la sua percentuale di successo varia tra il 65% e l’85% nelle forme parossistiche2,3. Tale variabilità dei risultati dipende principalmente dai corretti criteri di scelta del paziente, dal tipo di tecnologia usata per l’ATC e non da
ultimo dall’esperienza del centro che la esegue. Queste evidenze hanno fatto sì che le linee guida sulla FA assegnassero all’ATC una indicazione di classe IIa nei pazienti con FA parossistica senza cardiopatia sottostante e refrattari alla terapia medica4. Una recente survey internazionale5 ha evidenziato il crescente numero di centri che eseguono l’ATC della FA con l’isolamento delle VP con incidenza di complicanze ancora non trascurabili, spostando l’attenzione del mondo scientifico sulla sicurezza della procedura al fine di ridurre al minimo il rischio
tromboembolico, l’insorgenza delle stenosi delle VP, la possibile comparsa delle fistole atrio-esofagee e delle soffusioni pericardiche5,6. In questo contesto si inserisce il crescente utilizzo
della crioenergia che si basa sull’impiego di un pallone raffreddato che permette di ottenere l’isolamento delle VP in modo
più semplice e meno operatore-dipendente7,8. Ancora una vol-
© 2012 Il Pensiero Scientifico Editore
Gli autori dichiarano nessun conflitto di interessi.
Per la corrispondenza:
Dr. Pietro Maria G. Agricola U.O. di Cardiologia, Dipartimento
Cardiocerebrovascolare, A.O. Ospedale Maggiore, Largo U. Dossena 2,
26013 Crema (CR)
e-mail: [email protected]
ta l’evoluzione tecnologica ha permesso notevoli passi in avanti, mettendo a disposizione dell’elettrofisiologo nuovi materiali, che grazie alla loro particolare conformazione (criopalloni)
permettono sia di ridurre i tempi di applicazione che di creare
delle lesioni circonferenziali a livello dell’ostio delle VP, senza
essere gravate dal rischio di stenosi delle VP stesse, dalla creazione di fistole atrio-esofagee o di un’elevata incidenza di eventi tromboembolici9.
L’ABLAZIONE DELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE
CON CRIOENERGIA
Nel 2008 Neumann et al.10 hanno pubblicato uno studio prospettico sull’ablazione con crioenergia della FA condotto su 346
pazienti con FA sintomatica refrattaria alla terapia. Un anno dopo l’esecuzione dell’ablazione con crioenergia il ritmo sinusale
era ancora presente senza terapia antiaritmica nel 74% dei pazienti con FA parossistica e nel 42% dei pazienti con FA persistente. La paralisi del nervo frenico destro era occorsa nel 7.5%
dei pazienti anche se tutti i casi si erano risolti nell’arco di 12
mesi. In nessun caso veniva osservata la stenosi delle VP.
Il primo trial randomizzato di confronto tra ablazione con
crioenergia e terapia farmacologica è il trial Stop-AF11, presentato al Congresso dell’American College of Cardiology nel
2010. Questo trial multicentrico ha arruolato 245 pazienti con
FA parossistica e li ha randomizzati ad ablazione con crioenergia o terapia farmacologica antiaritmica, con rapporto 2:1 (163
pazienti nel braccio ablazione vs 82 pazienti nel braccio terapia
farmacologica). L’endpoint primario di efficacia era rappresentato dal mantenimento del ritmo sinusale a 12 mesi ed il ritmo
cardiaco veniva monitorato con l’esecuzione di ECG Holter a
1, 3, 6, 9 e 12 mesi e con trasmissione transtelefonica dell’ECG
settimanale. A 12 mesi l’endpoint primario risultava significativamente migliore nel gruppo ablazione (69.9%) rispetto al
gruppo trattamento farmacologico (7.3%). L’incidenza di eventi avversi maggiori legati alla patologia e al trattamento era sovrapponibile nei due gruppi (6.1 vs 8.5%). Nel gruppo ablazione è stata segnalata la paralisi del nervo frenico nel 13.5%
dei pazienti, condizione che persisteva a distanza di 1 anno solo in un quinto dei casi. Il registro tedesco delle ablazioni12 ha
riportato la maggiore casistica di ablazioni con crioenergia atG ITAL CARDIOL | VOL 13 | SUPPL 2 AL N 10 2012
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tualmente disponibile in letteratura: dal marzo 2007 sono stati arruolati 776 pazienti, l’84% con FA parossistica ed il 16%
con FA persistente. Il successo della procedura in acuto è stato
riportato nel 96.8% dei casi, a fronte di una bassa incidenza di
complicanze (1.4%). Nel corso del follow-up dopo 12 mesi il ritmo sinusale era mantenuto nel 53% dei pazienti. In sintesi, i
dati del registro evidenziano un buon successo della procedura a breve termine con una bassa incidenza di complicanze periprocedurali, ma con un’efficacia ad 1 anno ancora modesta.
L’ESPERIENZA DEL CENTRO DI CREMA
Nella Tabella 1 sono riportate le caratteristiche cliniche dei pazienti che abbiamo sottoposto a crioablazione delle VP e successivamente controllati nel corso del follow-up di 10 ± 2 mesi. Per l’esecuzione della procedura di crioablazione delle VP
abbiamo usato la tecnologia messa a disposizione dal programma Arctic Front (Medtronic, Minneapolis, MN), utilizzato
in Europa fin dal 2005 ed approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) negli Stati Uniti nel 2010 dopo la pubblicazione dello studio Stop-AF11.
Si tratta di un catetere a doppio lume alla cui estremità è
presente un palloncino che viene gonfiato con azoto liquido
(Figura 1). Le dimensioni del pallone che si hanno a disposizione sono di due tipi (23 mm e 28 mm), questo al fine di poter
avere un’ottimale occlusione dell’ostio delle VP. Il catetere viene introdotto in atrio sinistro con cateterismo transettale con
successiva infusione di eparina al fine di mantenere un tempo
di coagulazione attivato intorno ai 350 s. Il tempo di coagulazione attivato viene poi determinato ogni 30 min. Di seguito si
avanza un filo guida nella VP superiore sinistra, si rimuove il ca-
Tabella 1. Caratteristiche dei pazienti sottoposti a crioablazione delle
vene polmonari.
N. pazienti
Sesso (M/F)
Età (anni)
Storia di fibrillazione atriale (anni)
N. farmaci antiaritmici
Area atrio sinistro
Ritmo sinusale alla dimissione
Follow-up (mesi)
Risultato (no recidive)
21
9/12
60 ± 7
5±2
2.4
18 ± 3
100%
10 ± 2
80%
Figura 1. Struttura del criopallone (Arctic Front,
Medtronic, Minneapolis, MN), utilizzato in Europa
fin dal 2005 ed approvato dalla Food and Drug Administration negli Stati Uniti dal 2010 dopo la pubblicazione dello studio Stop-AF11.
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tetere e si posiziona il FlexCath 14F (over-the-wire) (CryoCath,
Montreal, Canada) in atrio sinistro. All’inizio e al termine della
procedura di crioablazione su tutte le VP, si introduce un catetere decapolare (Lasso) per lo studio della conduzione e dell’avvenuta deconnessione. Sempre in modalità over-the-wire,
passaggio successivo dopo aver tolto il catetere Lasso, si fa
avanzare il criopallone (FlexCath) della dimensione adeguata
all’ostio delle VP (che era stato già in precedenza studiato mediante valutazione con angio-tomografia coronarica). Tale scelta cade nel 90% dei casi sulla dimensione di 28 mm. Il criopallone viene gonfiato in atrio sinistro e fatto avanzare sino all’ostio della VP (incannulata in precedenza con filo guida) ed a
questo punto si esegue la valutazione del corretto posizionamento iniettando del mezzo di contrasto in VP. Se si osserva
l’occlusione completa della vena senza reflusso di mezzo di
contrasto si procede al raffreddamento del criopallone; in caso
contrario si ripete la procedura al fine di ottenere sempre l’occlusione totale della VP (Figura 2). L’applicazione di crioenergia
ha la durata di 5 min e nella nostra esperienza si procede alla
ripetizione dell’applicazione una seconda volta per ogni singola VP a partire dalla VP superiore sinistra, di seguito alla VP inferiore sinistra (Figura 3), poi passando alla VP superiore destra
e da ultimo alla VP inferiore destra. Il completo isolamento delle 4 VP è stato ottenuto nella nostra esperienza nel 90% dei casi. La documentazione di una calo rapido e progressivo della
temperatura nel corso dei primi 60 s ed il successivo raggiungimento dei -40° è l’endpoint che conferma l’efficacia della
crioablazione e l’avvenuta deconnessione della VP. Nel corso
dell’esecuzione di crioablazione delle VP destre, si è sempre
proceduto al posizionamento di un catetere quadripolare in vena cava superiore (Figura 4), che permettesse di ottenere una
stimolazione del nervo frenico destro. Questo consente, nel corso dell’applicazione di crioenergia in VP superiore destra ed inferiore destra, di valutare l’integrità del nervo frenico destro osservando la consequenziale stimolazione diaframmatica. La
comparsa di perdita della stimolazione diaframmatica deve indurre all’immediata sospensione del raffreddamento del pallone, in quanto sintomo di sofferenza del nervo frenico. Nei casi
in cui non risulta possibile ottenere una perfetta occlusione delle VP, si cerca di ottenere l’occlusione con un nuovo posiziona-
Figura 2. Venogramma della vena polmonare superiore sinistra, dopo il gonfiaggio del criopallone.
Si nota l’occlusione completa della vena polmonare senza evidenza di fuoriuscita del mezzo di contrasto dall’ostio.
LA CRIOABLAZIONE NELLA FIBRILLAZIONE ATRIALE
Figura 3. Venogramma della vena polmonare inferiore sinistra, dopo il gonfiaggio del criopallone.
Si nota la completa occlusione della vena polmonare e l’evidenza delle sue ramificazioni, ad indicare la totale occlusione da parte del criopallone.
Figura 4. Venogramma della vena polmonare superiore destra con occlusione completa della vena
polmonare. Si nota il posizionamento di catetere
quadripolare in vena cava superiore per la stimolazione del nervo frenico destro.
mento del pallone con passaggio della guida in un altro ramo
della VP selezionata oppure si esegue la manovra “pull-down”
che consiste in una trazione del pallone verso il basso dopo un
tempo di applicazione di crioenergia di almeno 90 s. Questa
manovra di leggera trazione in basso può favorire l’occlusione
della VP selezionata. Al completamento della crioablazione in
tutte le VP, si valida l’avvenuta deconnessione della VP. Al termine della procedura e a distanza di 24h, il paziente viene sottoposto a valutazione ecocardiografica al fine di escludere la
presenza di versamento pericardico. In dimissione si provvede
a porre il paziente in terapia antitrombotica orale con un range di international normalized ratio (INR) di 2.5, ed in terapia
antiaritmica per un periodo di 3 mesi.
Nei pazienti sottoposti a crioablazione delle VP, non abbiamo avuto alcun episodio tromboembolico. Il successo nel follow-up clinico di 10 mesi è stato dell’80%. Abbiamo avuto un
caso di paralisi del nervo frenico, nonostante la presenza di stimolazione diaframmatica in corso di applicazione di crioener-
gia. Il paziente ha presentato la completa risoluzione della paralisi dopo 8 mesi. Nel paziente era stato utilizzato il criopallone 28 mm. Anche nella nostra preliminare esperienza abbiamo
riscontrato un’incidenza di complicanze significativamente inferiore rispetto all’ablazione con radiofrequenza. La tipologia
di lesione creata con l’applicazione della crioenergia sta alla base di questa minore incidenza di complicanze. Questa infatti, rispetto a quella creata dalla radiofrequenza, si presenta nettamente definita, con minor danno endoteliale e trombosi superficiale. In aggiunta il criopallone si attacca alla parete della
VP a seguito della formazione di cristalli di ghiaccio e non può
muoversi sulla superficie dell’endocardio garantendone in tal
modo una stabilità efficace. Anche la paralisi del nervo frenico
è risultata transitoria13,14.
Un altro vantaggio della crioablazione è quello di poter diventare una procedura “one-shot”, questo perché la tipologia
di approccio che non prevede l’uso di tecnologia specifica per
la navigazione o la ricostruzione tridimensionale dell’atrio sinistro, la relativa rapidità che si acquisisce con la familiarizzazione della metodica, gli incoraggianti risultati che si stanno
ottenendo nei pazienti con FA parossistica senza alterazioni
strutturali cardiache e atrio sinistro non dilatato (81% dei pazienti liberi da sintomi a 10 mesi) e da ultimo la valutazione
costo-efficacia rispetto alla radiofrequenza, sembrano poter riservare alla crioablazione un ruolo prioritario come metodica
di prima scelta. Un discorso a parte meritano quei pazienti nei
quali oltre al trigger è in gioco anche il substrato anatomico, e
pertanto si rende necessaria una modifica del substrato aritmico. A tale proposito, l’evoluzione tecnologica che sta interessando il criopallone ci porterà ad avere quanto prima la possibilità di un profilo del pallone modificabile, adattabile e con
maggior superfice di contatto che va incontro a raffreddamento, tale da poter ottenere quanto richiesto nella forme persistenti di FA. Da ultimo al fine di ottenere il monitoraggio online dei potenziali di VP per l’identificazione della deconnessione in corso di crioablazione, è ora disponibile un catetere
mappante ottopolare per il posizionamento del criopallone
nell’ostio delle VP. Questa nuova evoluzione tecnologica consentirà di ridurre il rischio di complicanze legate alla manipolazione del catetere in atrio sinistro ed al posizionamento del
catetere Lasso.
DISCUSSIONE
I dati della letteratura documentano che l’isolamento delle VP
con criopallone è sicuramente efficace con buoni risultati nel
corso del follow-up nei pazienti con FA parossistica (>80%).
Ma se è possibile nei pazienti con forme parossistiche e cuore
strutturalmente normale ottenere con una sola procedura un
buon risultato clinico nel lungo periodo nella grande maggioranza dei soggetti trattati, diverso è il discorso per le forme persistenti e permanenti per le quali diverse strategie ablative e lesioni ablative aggiuntive vanno ricercate per mantenere i pazienti in ritmo sinusale. Soddisfacenti sono i risultati in termini
di sicurezza. La complicanza più frequentemente segnalata in
letteratura per la crioablazione è rappresentata dalla paralisi del
nervo frenico destro. L’esperienza raccomanda pertanto l’attento monitoraggio con pacing durante il raffreddamento e
l’utilizzo in prima istanza del pallone da 28 mm nel trattamento della VP superiore destra, riservando il pallone da 23 mm a
casi eccezionali.
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I promettenti risultati e la sicurezza della procedura con criopallone non devono però far dimenticare i limiti di questa attuale tecnologia che dovrà necessariamente essere migliorata
nel futuro. Un problema è la limitata flessibilità e la non applicabilità ai pazienti con pattern aritmico più complesso o con aritmie aggiuntive come il flutter atriale destro e sinistro, situazioni che richiedono lesioni focali e lineari. Inoltre il completo isolamento delle VP richiede un buon contatto occlusivo che talvolta, nonostante gli artifici tecnico-operativi, non si riesce ad
ottenere in particolare nei soggetti con varianti anatomiche come il tronco comune con antro molto largo che necessita di criopallone di diametro ampio attualmente non disponibile. Nel nostro Centro, sebbene un imaging preoperatorio dell’atrio sinistro non sia strettamente necessario per la crioablazione, preferiamo routinariamente eseguire una tomografia computerizzata o una risonanza magnetica cardiaca per ottenere informazioni dell’atrio sinistro e preferiamo non considerare per la crioablazione pazienti con varianti anatomiche rilevanti. La riconnessione elettrica della VP è la ragione più frequente della recidiva
aritmica nei pazienti sottoposti a crioablazione. In questi casi diversi autori consigliano di eseguire la seconda procedura utilizzando la radiofrequenza, più rapida per trattare i gap di conduzione favoriti verosimilmente da contingenti fattori anatomici.
CONCLUSIONI
L’ablazione con crionergia sta assumendo un ruolo sempre più
importante nell’ablazione della FA. La completa occlusione della VP, facilmente riconoscibile con l’iniezione del contrasto nel-
la vena, ed un buon contatto pallone-tessuto sono elementi fondamentali da ricercare per ottenere l’isolamento della VP. Considerando i dati provenienti dagli studi pubblicati, la procedura
di ablazione con crioenergia sembra avere una buona efficacia
nei pazienti con FA parossistica, mentre nei pazienti con FA persistente la percentuale di successo rimane ancora subottimale10,11,15. Dal punto di vista delle complicanze, ulteriori esperienze sono necessarie per stimare la reale incidenza della paralisi del
nervo frenico, che pur essendo un evento nella maggior parte
dei casi transitorio, costituisce un problema importante per l’impatto sulla qualità di vita dei pazienti affetti. Ulteriori studi con
prolungati follow-up e randomizzati di confronto con la radiofrequenza sono necessari per confermare il valore predittivo dell’isolamento acuto della VP ed il successo clinico.
RIASSUNTO
Nel corso degli ultimi anni, l’ablazione a “freddo” della fibrillazione atriale mediante l’uso di criopallone è divenuta una metodica di
largo uso nei pazienti da sottoporre ad isolamento delle vene polmonari. Tale evoluzione con l’impiego della crioenergia è stata in
gran parte giustificata dalla necessità di semplificare la procedura
ablativa e di renderla meno operatore-dipendente, di ridurre le
complicanze che si osservano con la radiofrequenza (stenosi delle
vene polmonari, fistola atrio-esofagea), di migliorare i risultati e di
ridurre i tempi ed i costi procedurali. Scopo di questo lavoro è valutare i risultati di questa nuova tecnologia ed identificare i pazienti
più idonei sui quali applicarla.
Parole chiave. Ablazione transcatetere; Crioablazione; Fibrillazione atriale.
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