la tassazione dei dividendi e dei guadagni di capitali

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LA TASSAZIONE DEI DIVIDENDI E DEI GUADAGNI DI CAPITALI
G. Manzana E. Iori – La tassazione delle operazioni con l’estero – Regole nazionali
LA TASSAZIONE DEI DIVIDENDI ..................................................................................................................................................................2
La tassazione dei dividendi in entrata per le società ..............................................................................................................................2
I dividendi nazionali ........................................................................................................................................................................................2
I dividendi esteri ...............................................................................................................................................................................................4
I dividendi da paesi black list ......................................................................................................................................................................5
I dividendi nazionali ed esteri per le persone fisiche in regime d’impresa e le società di persone .............................7
La tassazione dei dividendi in entrata per le persone fisiche .............................................................................................................7
I dividendi nazionali ..................................................................................................................................................................................... 10
I dividendi esteri ............................................................................................................................................................................................ 13
I dividendi da paesi black list .............................................................................................................................................................. 17
La tassazione dei dividendi in uscita........................................................................................................................................................... 21
La direttiva madre-figlia ............................................................................................................................................................................. 21
I dividendi corrisposti alle società e agli enti residenti nella UE e nel SEE .......................................................................... 24
Le convenzioni ...................................................................................................................................................................................................... 26
Tabella riassuntiva .............................................................................................................................................................................................. 34
LA TASSAZIONE DEI GUADAGNI DI CAPITALE ................................................................................................................... 37
La tassazione delle società ............................................................................................................................................................................... 37
L’esenzione pex ............................................................................................................................................................................................... 37
La tassazione integrale ................................................................................................................................................................................ 50
La tassazione per le persone fisiche (c.d. capital gain) ....................................................................................................................... 53
La determinazione della plusvalenza.................................................................................................................................................... 61
La tassazione della plusvalenza ............................................................................................................................................................... 65
Le convenzioni ...................................................................................................................................................................................................... 67
Tabella riassuntiva .............................................................................................................................................................................................. 76
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LA TASSAZIONE DEI DIVIDENDI
La tassazione dei dividendi in entrata per le società
Articolo 89 - Dividendi e interessi
1. Per gli utili derivanti dalla partecipazione in società semplici, in nome collettivo e in accomandita semplice
residenti nel territorio dello Stato si applicano le disposizioni dell'articolo 5.
2. Gli utili distribuiti, in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione, anche nei casi di cui all'articolo 47,
comma 7, dalle società ed enti di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a), b) e c), non concorrono a formare il
reddito dell'esercizio in cui sono percepiti in quanto esclusi dalla formazione del reddito della società o dell'ente
ricevente per il 95 per cento del loro ammontare. La stessa esclusione si applica alla remunerazione corrisposta
relativamente ai contratti di cui all'articolo 109, comma 9, lettera b), e alla remunerazione dei finanziamenti
eccedenti di cui all'articolo 98 direttamente erogati dal socio o dalle sue parti correlate, anche in sede di
accertamento.
2-bis. In deroga al comma 2, per i soggetti che redigono il bilancio in base ai principi contabili internazionali di
cui al regolamento (CE) n. 1606/2002 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 19 luglio 2002, gli utili
distribuiti relativi ad azioni, quote e strumenti finanziari similari alle azioni detenuti per la negoziazione
concorrono per il loro intero ammontare alla formazione del reddito nell'esercizio in cui sono percepiti. (8)
3. Qualora si verifichi la condizione di cui all'articolo 44, comma 2, lettera a), ultimo periodo, l'esclusione di cui
al comma 2 si applica agli utili provenienti dai soggetti di cui all'articolo 73, comma 1, lettera d), e alle
remunerazioni derivanti da contratti di cui all'articolo 109, comma 9, lettera b), stipulati con tali soggetti
residenti negli Stati o territori di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi
dell'articolo 168-bis, o, se ivi non residenti, relativamente ai quali, a seguito dell'esercizio dell'interpello
secondo le modalità del comma 5, lettera b), dell'articolo 167, siano rispettate le condizioni di cui alla lettera c)
del comma 1 dell'articolo 87. Concorrono in ogni caso alla formazione del reddito per il loro intero ammontare
gli utili relativi ai contratti di cui all'articolo 109, comma 9, lettera b), che non soddisfano le condizioni di cui
all'articolo 44, comma 2, lettera a), ultimo periodo.
4. Si applicano le disposizioni di cui agli articoli 46 e 47, ove compatibili.
5. Se la misura non è determinata per iscritto gli interessi si computano al saggio legale.
6. Gli interessi derivanti da titoli acquisiti in base a contratti "pronti contro termine" che prevedono l'obbligo di
rivendita a termine dei titoli, concorrono a formare il reddito del cessionario per l'ammontare maturato nel
periodo di durata del contratto. La differenza positiva o negativa tra il corrispettivo a pronti e quello a termine,
al netto degli interessi maturati sulle attività oggetto dell'operazione nel periodo di durata del contratto,
concorre a formare il reddito per la quota maturata nell'esercizio.
7. Per i contratti di conto corrente e per le operazioni bancarie regolate in conto corrente, compresi i conti
correnti reciproci per servizi resi intrattenuti tra aziende e istituti di credito, si considerano maturati anche gli
interessi compensati a norma di legge o di contratto.
I dividendi nazionali
Per gli utili distribuiti a società di capitali, il comma 2 dell’art. 89 del Tuir prevede l’esclusione dalla formazione
del reddito della società o dell’ente percipiente degli utili distribuiti da società ed enti commerciali residenti nel
limite del 95 per cento del loro ammontare.
Nello specifico trova applicazione con riferimento agli utili distribuiti da:
- società per azioni, società in accomandita per azioni, società a responsabilità limitata e società di mutua
assicurazione residenti nel territorio dello Stato;
- enti pubblici e privati esercenti attività commerciale e residenti nel territorio dello Stato;
- società ed enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato.
Questa elencazione, peraltro, costituisce anche l’ambito soggettivo di applicazione della norma, ovverosia vale a
individuare anche il soggetto che applica tale regime di tassazione.
In deroga al principio generale, è prevista la tassazione per cassa e non per competenza e quindi i dividendi
rilevano al momento della riscossione.
In bilancio, invece si applica il principio di competenza, vale a dire, i dividendi devono essere iscritti nel
momento in cui sorge il relativo diritto di credito, momento che corrisponde alla delibera di distribuzione da
parte della partecipata. Il momento della riscossione del dividendo deliberato può non coincidere con il
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momento in cui sorge il diritto al pagamento del dividendo; può, infatti, accadere che l’assemblea dei soci, nel
deliberare la distribuzione di dividendi, disponga al posto della distribuzione immediata la distribuzione differita
(o dilazionata). Ne consegue che in sede di dichiarazione dei redditi si dovrà rilevare una variazione in
diminuzione di importo pari al valore del dividendo deliberato e al momento della distribuzione una variazione
in aumento.
Civilisticamente è prevista una deroga per i dividendi per le società controllate che possono essere iscritti anche
in base al principio della "maturazione", ossia nell' esercizio in cui gli utili sono prodotti da parte della società
controllata. Per l’utilizzo di tale alternativa contabile si ritiene comunque necessario che la distribuzione degli
utili prodotti dalla società controllata - benché non ancora deliberata dall’assemblea dei soci della stessa - risulti
almeno dalla proposta di distribuzione deliberata dagli amministratori della controllata medesima (a sua volta
antecedente al progetto di bilancio predisposto dagli amministratori della società controllante): un
comportamento difforme, infatti, risulterebbe in contrasto con il principio della prudenza. Il ricorso alla c.d.
“contabilizzazione anticipata dei dividendi” - oltre che dalla dottrina contabile - è stato ritenuto corretto sia
dalla dottrina giuridica (Cfr. G.E. Colombo, Contabilizzazione del dividendo nell’esercizio di maturazione dell’utile,
in “Le società”, n. 10/1996, pag. 1125 e seguenti; G. Rossi, Nuove prospettive nella contabilizzazione dei dividendi
delle società, in “Diritto e pratica tributaria”, 1997, I, pagg. 955 e seguenti) sia dalla giurisprudenza comunitaria
(Corte di giustizia della Comunità europea, sentenza n. C-234/94 del 27/6/1996).
Sui dividendi erogati non viene operata alcuna ritenuta, ed essi concorrono in ogni caso a formare il reddito
del socio-persona giuridica nella misura del 5 per cento.
Tale misura di imponibilità, a differenza di quanto previsto per le persone fisiche non imprenditori, si rende
applicabile sia agli utili relativi a partecipazioni qualificate sia a quelli derivanti dal possesso di partecipazioni
non qualificate.
A fronte del rimando che il comma 4, dell’art. 89, fa agli artt. 46 e 47 del Tuir, valgono anche per i soggetti Ires le
norme in merito:
- alla proprietaria distribuzione, ai fini fiscali, degli utile d’esercizio e delle riserve diverse rispetto a quelle di
capitale;
- alla determinazione del valore imponibile in caso di distribuzione di utili in natura;
- all’assegnazione gratuita ai soci di nuove azioni e l’aumento gratuito del valore nominale delle azioni o
quote già emesse, in caso di aumento del capitale sociale mediante passaggio di riserve o altri fondi a capitale.
In merito si rimanda a quanto a tale proposito detto trattando della tassazione dei dividendi in capo ai soggetti
Irpef non in regime d’impresa.
L’applicazione dell’esclusione non è subordinata ad alcuna condizione. Le società ed enti commerciali residenti
soggetti all’imposta sul reddito delle società possono quindi beneficiarne anche se gli utili percepiti non sono
stati assoggettati ad imposta dalla società distributrice.
Secondo l’Assonime (Cfr. Circ. n. 32 del 14 luglio 2004) la tassazione parziale (nella misura del 5 per cento) degli
utili societari non risponde all’intenzione di riconoscere natura reddituale al dividendo, quanto piuttosto
all’esigenza di risolvere con criteri forfetari il problema dell’individuazione dei costi di gestione delle
partecipazioni che, in quanto afferenti a redditi non tassati, vanno anch’essi esclusi dalla formazione del reddito
imponibile.
Come viene infatti chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella Circ. n. 36/E del 2004 i costi connessi alla gestione
delle partecipazioni risultano deducibili in quanto afferenti a proventi “esclusi” dall’imponibile a differenza dei
costi di cessione della partecipazione i quali, invece non incidono nella determinazione del reddito essendo
correlati a proventi esenti (tale considerazione trova fondamento nell’art. 109, comma 5 del Tuir, che prevede la
deducibilità dei soli costi che si riferiscono ad attività o beni la cui derivano ricavi o proventi imponibili, o che
non concorrono a formare il reddito in quanto “esclusi”).
Pertanto, come espressamente previsto dall’Agenzia delle Entrate, nella Circ. n. 26/E del 2004, le spese sostenute
in relazione alla gestione di partecipazioni qualificate per l’esclusione si considerano inerenti alla
determinazione del reddito d’impresa anche se gli utili da esse derivanti sono esclusi dalla formazione del
reddito imponibile nella misura del 95 per cento del loro ammontare. In sostanza, simmetricamente
all’imponibilità parziale degli utili, è riconosciuta la piena deducibilità dei costi connessi alla gestione della
partecipazione.
Tuttavia, il comma 8 dello stesso art. 109 del Tuir prevede che “in deroga al comma 5 non è deducibile il costo
sostenuto per l’acquisto del diritto di usufrutto o altro diritto analogo relativamente ad una partecipazione
societaria da cui derivino utili esclusi ai sensi dell’art. 89”. La norma, in sostanza, considera indeducibile il costo
sostenuto per l’acquisto del diritto di usufrutto o di altro diritto analogo su partecipazioni societarie a fronte
dell’esclusione dal reddito imponibile dei dividendi distribuiti. Tenuto conto della finalità della disposizione,
l’Agenzia delle Entrate, nella Circ. n. 26/E del 2004 ha ritenuto che la limitazione alla deducibilità del costo del
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diritto di usufrutto non si renda applicabile nell’ipotesi in cui la cessione del diritto di usufrutto o di altro diritto
analogo non comporti anche il trasferimento della titolarità dei dividendi agli effetti fiscali.
La norma fa riferimento agli utili distribuiti “in qualsiasi forma e sotto qualsiasi denominazione” da società ed
enti commerciali residenti; ne consegue che regime dell’esclusione parziale dei dividendi trova applicazione
oltre che per gli utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società di capitali ed enti
commerciali anche in riferimento:
- agli utili distribuiti nei casi di recesso, riduzione del capitale esuberante e liquidazione, nonché nei casi
di esclusione del socio e di riscatto delle azioni, sulla differenza tra somme percepite e prezzo pagato per
l’acquisto delle azioni o quote (conseguentemente, l’art. 3, comma 1 del Dlgs 344/2003 ha soppresso la lett. m),
del comma 1 dell’art. 16 del Tuir (ora art. 17) che prevedeva l’applicazione della tassazione separata quando il
periodo di possesso tra la costituzione della società e il recesso o la riduzione del capitale o la liquidazione è
superiore a 5 anni);
- agli utili derivanti da contratti di associazione in partecipazione con apporto diverso da opere o servizi
(ex art. 109, comma 9 del Tuir);
— alla remunerazione derivante da strumenti finanziari.
Utili da società di persone
Il comma 1 della norma dell’art. 89 del Tuir ribadisce la regola secondo cui per gli utili, derivanti dalla
partecipazione in società semplici, in nome collettivo ed in accomandita semplice residenti nel
territorio dello Stato, si applicano le disposizioni dell’art. 5 del Tuir, in base alle quali i redditi di dette
società sono imputati a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, proporzionalmente alla sua quota di
partecipazione agli utili (c.d. principio della trasparenza).
Da detto principio consegue che non ha alcuna rilevanza la circostanza che questi non siano stati distribuiti o
siano distribuiti soltanto in parte, atteso che il loro concorso alla formazione del reddito dei soci avviene per
competenza e non per cassa e cioè nello stesso esercizio in cui sono stati prodotti da parte della società
partecipata.
Ulteriore e non meno importante conseguenza è che nella determinazione del reddito dei singoli soci deve
essere tenuto in considerazione l’importo dei redditi di rispettiva spettanza e non l’importo degli utili
distribuiti e contabilizzati, operando, laddove non ci sia coincidenza fra detti importi, apposite variazioni in sede
di presentazione della dichiarazione dei redditi.
Si dovrà procedere ad analoghe variazioni qualora il risultato di esercizio della società partecipata si chiuda con
una perdita, anche fiscale, quando non vi sia coincidenza tra perdita di esercizio e quella fiscale (Cfr. Corte di
Cassazione, sezioni unite, sentenza n. 127 depositata in data 8 gennaio 1993 e n. 6295 depositata il 4 luglio
1994).
I dividendi esteri
L’esclusione del 95 per cento degli utili distribuiti a società ed enti residenti soggetti all’Ires, si applica anche agli
utili distribuiti da società, anche di persone, non residenti con oggetto commerciale di cui all’art. 73, comma 1,
lett. d), del Tuir.
In questi casi, stando il contenuto dell’art. 89, comma 3 del Tuir come risulta dopo le modifiche del Dlgs n. 247
del 2005 e del Dl n. 223 del 2006, per fruire dell’esclusione sono previste due condizioni che devono essere
rispettate (congiuntamente):
- deve trattarsi di partecipazioni similari alle azioni; le partecipazioni al capitale o al patrimonio si
considerano similari alle azioni solo se:
(1) la relativa remunerazione è costituita esclusivamente da una partecipazione ai risultati economici della
società emittente, di società appartenenti allo stesso gruppo o di un affare e (contestualmente)
(2) questa remunerazione è totalmente indeducibile dal reddito della società emittente secondo le regole vigenti
nel Paese estero di residenza; a tale fine l'indeducibilità deve risultare da una dichiarazione dell'emittente stesso
o da altri elementi certi e precisi (art. 44, comma 2, lett. b) ultimo periodo del Tuir, aggiunto, con effetto dal 1
gennaio 2006 dal Dgls n. 247 del 2005). A tale proposito l’Agenzia delle Entrate nella Circ. n. 4/E del 2006
afferma che può valere una semplice attestazione della società emittente senza la necessità che sia asseverata
dall'autorità fiscale estera, così come possono essere validamente utilizzate le dichiarazioni dei redditi o altra
documentazione fiscale del soggetto estero, nonché un'attestazione dell'indeducibilità fornita dall'autorità fiscale
estera o da istituzioni riconosciute dalle autorità pubbliche: ad esempio, mercati istituiti, organizzati e
disciplinati da disposizioni adottate o approvate dalle competenti autorità in base alle leggi in vigore nello Stato
in cui questi mercati hanno sede o information provider di qualificata esperienza. In mancanza della
dichiarazione di parte o di altra documentazione prodotta dall'emittente o delle predette attestazioni,
l'indeducibilità delle remunerazioni delle azioni e degli strumenti finanziari esteri può essere dimostrata
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attraverso l'esistenza di disposizioni vigenti nello Stato estero di residenza dell'emittente che statuiscono in
modo inequivocabile questa non deducibilità;
- deve trattarsi di utili provenienti da società residenti in Paesi no white list ex art. 168-bis del Tuir (fino al
2008, “black list” – individuati dal Dm del 21 novembre 2001) o, se ivi residenti, relativamente ai quali sia stata
accolta un’istanza di interpello fondata sul motivo che “dalla partecipazione non consegue l’effetto di localizzare i
redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati”, ossia che i redditi conseguiti dalla
partecipata estera siano prodotti in misura non inferiore al 75 per cento in altri Stati non considerati paradisi
fiscali (e ivi sottoposti integralmente a tassazione ordinaria). In ogni caso, gli utili non concorrono alla
formazione del reddito imponibile fino a concorrenza della quota di reddito della società partecipata già
attribuita al socio residente in proporzione alla partecipazione da esso detenuta e assoggettato a tassazione
separata ai sensi degli artt. 167 e 168 del Tuir.
DIVIDENDI COMUNITARI
Società A residente nell'UE
Utile al netto delle imposte
Ritenute alla fonte
Utile netto distribuito
Società B Italiana
Utile percepito da B
Base imponibile
Ires (27,5%)
Utile netto
(*) In virtù della direttiva madre-figlia
100
0 (*)
100
100
5
1,375
98,625
DIVIDENDI EXTRACOMUNITARI
Società A extra U E
Utile al netto delle imposte
100
Ritenute alla fonte (si è ipotizzato una ritenuta del 10%)
10
Utile netto distribuito
90
Società B Italiana
Utile percepito da B
90
Base imponibile
5
Ires (27,5%)
1,375
Credito di imposta (*)
0,5
Utile netto
89,125
(*)L'art. 165, co. 10, DPR 917/1986 prevede che se il reddit o prodotto all'estero concorre parzialmente alla
formazione del reddito complessivo, anche l'imposta estera va ridotta in misura corrispondente .
Quanto detto in merito all’applicazione dell’esclusione del 95 per cento degli utili derivanti da titoli e
partecipazioni di fonte estera, si applica anche:
- agli strumenti finanziari (di cui all’art. 44, comma 2, lett. a) del Tuir) e
- alla remunerazione derivante dai contratti in associazione in partecipazione con apporto diverso da
quello di opere e servizi (di cui all’art. 109, comma 9, lett. b) del Tuir) in cui l’associante è un soggetto estero.
I dividendi da paesi black list
La modifica apportata all’art. 89, comma 3, del Tuir dal nuovo comma 4-bis del Dl n. 223 del 2006 chiarisce che il
menzionato regime di integrale concorso alla formazione del reddito riguarda anche gli utili e i proventi
equiparati provenienti da società e enti di ogni tipo residenti in Stati o territori a fiscalità privilegiata, percepiti
da soggetti Ires, salvo nel caso in cui
1) i redditi siano già stati imputati – a causa della disciplina delle Cfc (artt. 167 e 168 del Tuir) – “al socio” o
2) si sia ottenuto un “interpello favorevole”.
La parziale esclusione in Italia degli utili di fonte estera presuppone infatti che tali utili abbiano scontato una
imposizione congrua nel territorio in cui sono stati prodotti; se questo non accade, l’utile è tassato integralmente
nel Paese del percettore al fine di evitare salti d’imposta.
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DIVIDENDI DA BLACK LIST
Società residente nel paradiso fiscale
Utile al netto delle imposte
Ritenute alta fonte
Utile netto distribuito
Società B Italiana
Utile percepito da E
Base imponibile
lrpeg (27,5%)
Utile netto
100
0
100
100
100
27,5
72,5
In merito al punto sub 1) si evidenzia come non concorrano alla formazione del reddito imponibile, gli utili
distribuiti fino a concorrenza della quota di reddito della società partecipata già attribuito al socio residente in
proporzione alla partecipazione da esso detenuta e assoggettato a tassazione separata ai sensi degli artt. 167 e
168 del Tuir. In proposito l’Agenzia delle Entrate nella Circ. n. 26/E del 2004 evidenzia come ciò vale anche con
riferimento agli utili derivanti da partecipazioni non qualificate per i quali, in tal caso, non si applica la ritenuta.
Pertanto, il sostituto d’imposta deve applicare la ritenuta sulla parte degli utili eccedente il reddito già imputato
al socio. Al fine di determinare la parte di utili esclusa dall’applicazione della predetta ritenuta, gli intermediari
acquisiscono un’apposita dichiarazione dal contribuente interessato. Nella stessa deve essere indicato
l’ammontare del reddito del soggetto estero partecipato imputato direttamente allo stesso contribuente che,
conseguentemente, non deve essere sottoposto a ritenuta.
In merito al punto sub 2) si evidenzia che le disposizioni che regolano il diritto di interpello, già contenute nella
disciplina sulle Cfc, sono state attuate nell’ambito del Dm n. 429 del 2001.
Il diritto di interpello può essere esercitato, nel caso di specie, da qualsiasi soggetto possessore della
partecipazione, anche se diversa dalle partecipazioni di controllo e di collegamento, con le medesime modalità
previste dalla disciplina sulle Cfc (relazione governativa al Dlgs n. 344 del 2003).
Come si è detto – secondo le indicazioni dell’art. 5, comma 2, del Dm n. 429 del 2001 – può essere dimostrato,
tramite l’esercizio dell’interpello, che i redditi conseguiti dalle imprese estere sono prodotti in misura non
inferiore al 75 per cento in Stati o territori diversi da quelli a fiscalità privilegiata e ivi sottoposti integralmente a
tassazione ordinaria; non basta invece dimostrare, come si fa di norma per ottenere la disapplicazione della
disciplina Cfc, che la società estera svolge “effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale
attività, nello Stato o territorio nel quale ha sede”. Ciò in quanto l’esenzione del 95 per cento del dividendo non
ha scopo agevolativi nensì quello di evitare la doppia imposizione economica dei dividendi (Cfr. Circ. Ag. Entrate
n. 26/E del 2004).
La produzione del reddito in territori diversi da quelli a fiscalità privilegiata ricorre qualora la società abbia
prodotto direttamente redditi di fonte estera, in misura non inferiore al 75 per cento del totale, tramite, ad
esempio, una stabile organizzazione o in virtù del possesso di cespiti immobiliari localizzati e sottoposti a
tassazione fuori dagli Stati o territori a fiscalità privilegiata. Al contrario, se i redditi della società sono formati,
anche totalmente, da utili da partecipazione ad essa attribuiti da una partecipata residente in un paese a fiscalità
non privilegiata, non può essere invocata l’esimente prevista dalla norma. Tali redditi, infatti, in quanto derivanti
da una fonte produttiva (il capitale) situata in un Paese a fiscalità privilegiata, devono considerarsi prodotti in
tale Paese non rilevando la circostanza che essi siano indirettamente riconducibili alla attività propria della
partecipata (Cfr. Ris. Ag. Entrate n. 18/E del 29 gennaio 2003).
Al fine di stabilire se il reddito è prodotto in uno dei Paesi a fiscalità privilegiata non inclusi nella white list ex art.
168-bis del Tuir (fino al 2008, inclusi nella black list–in merito si veda il commento all’art. 168-bis del Tuir), resta
in ogni caso ininfluente qualsiasi ipotesi di tassazione derivante dalla applicazione di ruling negativi volti a
modificare in peius – per volontà del contribuente – l’operatività di specifiche disposizioni previste in via
normativa. Lo Stato titolare della potestà impositiva deve, infatti, poter essere individuato sulla base di criteri
oggettivi legati alla specificità dell’ordinamento giuridico-tributario, e non di una scelta, eventualmente
revocabile, del contribuente (Cfr. Ris. Ag. Entrate n. 358/E del 19 dicembre 2002).
In sede di interpello occorre che si dimostri che i redditi imputati dalla società partecipata siano stati
regolarmente assoggetti a tassazione in un paese a fiscalità ordinaria non solo nell’anno, ma a decorrere
dall’inizio del periodo di possesso della partecipazione. Tale argomentazione, secondo quanto previsto
dall’Agenzia delle Entrate nella Circ. n. 26/E del 2004, trova fondamento nel rinvio che il comma 3, art. 89 del
Tuir, fa alle condizioni di cui all’art. 87, comma 1, lett. c), del Tuir – rilevanti ai fini della participation exemption.
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In sede di applicazione della norma, con particolare riguardo alle ipotesi di partecipazioni indirette tramite
sub-holding, si rende necessario individuare, nel complesso degli utili distribuiti, quelli generati dalle
partecipate nel “paradiso”.
Per un corretto inquadramento del problema, l’Agenzia delle Entrate nella Circ. n. 28/E del 2006 evidenzia come
occorra tenere presente che la disposizione svolge, fondamentalmente, una funzione di chiusura del sistema
contro le triangolazioni sui dividendi che consentono ai soci di percepire utili provenienti dai paradisi fiscali
attraverso società intermedie, sostanzialmente interposte.
Ne consegue che – in presenza di partecipazioni in società residenti in paesi a fiscalità privilegiata
indirettamente detenute – il regime di integrale tassazione si rende applicabile ai soli utili che – in coerenza con
il dato testuale della disposizione - si possono considerare da esse “provenienti”.
Nelle ipotesi estreme di sub-holding intermedie qualificabili come mere conduit company, l’intero utile da esse
distribuito potrà infatti ritenersi generato nel paradiso fiscale in cui è localizzata la società operativa. Del pari,
sarà possibile individuare – ragionevolmente - la fonte degli utili erogati da holding statiche o da società che non
svolgono una effettiva attività economica, limitandosi alla mera detenzione delle partecipazioni.
I dividendi nazionali ed esteri per le persone fisiche in regime d’impresa e le società di persone
Il trattamento fiscale degli utili da partecipazione in società residenti e non residenti percepiti nell’esercizio di
imprese commerciali da persone fisiche e da società di persone è disciplinato dall’art. 59 del Tuir, il quale in
parte rinvia al disposto dell’art. 47 del Tuir che tratta della tassazione degli utili per i soggetti Irpef non in regime
d’impresa. In ogni caso, secondo quanto stabilito dall’art. 48 del Tuir, gli utili non costituiscono redditi di capitale,
bensì componenti del reddito d’impresa.
Viene stabilito che se il percettore è una società di persone o una persona fisica che detiene la partecipazione
nell’ambito della propria attività d’impresa, l’utile eventualmente erogato concorre alla formazione del reddito
d’impresa nella misura del 40 per cento. La percentuale del 40 per cento è elevata al 49,72 per cento per i
dividendi formati con utili prodotti (dalla società distributrice) a partire dall’esercizio successivo a quello in
corso al 31 dicembre 2007. Conseguentemente la non imponibilità passa dal 60% al 50,28%. La nuova
percentuali è contenuta nel decreto dell'Economia del 2 aprile 2008 ed è conseguente alla riduzione
dell’imposizione Ires. In merito si veda quanto detto trattando della tassazione degli utili distribuiti a persone
fisiche non in regime d’impresa.
Tale misura di imponibilità, a differenza di quanto previsto per le persone fisiche non imprenditori, si rende
applicabile sia agli utili relativi a partecipazioni qualificate sia a quelli derivanti dal possesso di partecipazioni
non qualificate considerato che il prelievo a titolo definitivo mediante impostata ritenuta secca (disciplinato
dall’art. 27 del Dpr n. 600 del 1973) opera solo con riguardo alle partecipazioni non qualificate detenute da
persone fisiche al di fuori dall’esercizio di attività d’impresa.
Per espressa previsione normativa (comma 2, art. 59 del Tuir) il meccanismo appena delineato per gli utili
derivanti dalla partecipazione al capitale o al patrimonio di società di capitali ed enti commerciali, trova
applicazione anche con riferimento:
- agli utili derivanti da contratti di associazione in partecipazione con apporto diverso da opere o servizi
(ex art. 109, comma 9 del Tuir) e agli strumenti finanziari; a tale proposito si rimanda a quanto detto trattando
di soggetti all’Ires e nel paragrafo a commento dell’art. 109 del Tuir;
- agli utili distribuiti nei casi di recesso, riduzione del capitale esuberante e liquidazione, nonché nei casi
di esclusione del socio e di riscatto delle azioni, sulla differenza tra somme percepite e prezzo pagato per
l’acquisto delle azioni o quote; in merito si evidenzia come nei casi previsti all’art. 47, commi 5 e 7 del Tuir
(ripartizione di riserve di capitale e recesso, esclusione, riscatto e riduzione del capitale esuberante o
liquidazione della società), per effetto del rinvio all’art. 87 contenuto nel comma 2, art. 58 del Tuir, si rendono
applicabili le modalità di tassazione previste per le plusvalenze dal medesimo art. 87, commi 6 e per rimando
all’art. 86, comma 5 bis, in capo ai soggetti Ires; a tale proposito si rimanda a quanto in merito detto a commento
dell’art. 87.
- agli utili di fonte estera.
La tassazione dei dividendi in entrata per le persone fisiche
Art. 47 – Utili da partecipazione - Tuir
1. Salvi i casi di cui all'art. 3, comma 3, lett. a), gli utili distribuiti in qualsiasi forma e sotto qualsiasi
7
denominazione dalle società o dagli enti indicati nell'art. 73, anche in occasione della liquidazione, concorrono
alla formazione del reddito imponibile complessivo limitatamente al 40 per cento del loro ammontare.
Indipendentemente dalla delibera assembleare, si presumono prioritariamente distribuiti l'utile dell'esercizio e
le riserve diverse da quelle del comma 5 per la quota di esse non accantonata in sospensione di imposta.
2. Le renumerazioni dei contratti di cui all'art. 109, comma 9, lett. b), concorrono alla formazione del reddito
imponibile complessivo nella stessa percentuale di cui al comma 1, qualora il valore dell'apporto sia superiore
al 5 per cento o al 25 per cento del valore del patrimonio netto contabile risultante dall'ultimo bilancio
approvato prima della data di stipula del contratto nel caso in cui si tratti di società i cui titoli sono negoziati in
mercati regolamentati o di altre partecipazioni; se l'associante determina il reddito in base alle disposizioni di
cui all'art. 66, gli utili di cui al periodo precedente concorrono alla formazione del reddito imponibile
complessivo dell'associato nella misura del 40 per cento, qualora l'apporto è superiore al 25 per cento della
somma delle rimanenze finali di cui agli articoli 92 e 93 e del costo complessivo dei beni ammortizzabili
determinato con i criteri di cui all'art. 110 al netto dei relativi ammortamenti. Per i contratti stipulati con
associanti non residenti, la disposizione del periodo precedente si applica nel rispetto delle condizioni indicate
nell'art. 44, comma 2, lett. a), ultimo periodo; ove tali condizioni non siano rispettate le remunerazioni
concorrono alla formazione del reddito per il loro intero ammontare.
3. Nel caso di distribuzione di utili in natura, il valore imponibile è determinato in relazione al valore normale
degli stessi alla data individuata dalla lett. a) del comma 2 dell'art. 109.
4. Nonostante quanto previsto dai commi precedenti, concorrono integralmente alla formazione del reddito
imponibile gli utili provenienti da società residenti in Stati o territori diversi da quelli di cui al decreto del
Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'art. 168-bis, salvo i casi in cui gli stessi non siano già
stati imputati al socio ai sensi del comma 1 dell'art. 167 e dell'art. 168 o se ivi residenti sia avvenuta
dimostrazione, a seguito dell'esercizio dell'interpello secondo le modalità del comma 5, lett. b), dello stesso art.
167, del rispetto delle condizioni indicate nella lett. c) del comma 1 dell'art. 87. Le disposizioni di cui al periodo
precedente si applicano anche alle remunerazioni di cui all'art. 109, comma 9, lett. b), relative a contratti
stipulati con associanti residenti nei predetti Paesi o territori.
5. Non costituiscono utili le somme e i beni ricevuti dai soci delle società soggette all'imposta sul reddito delle
società a titolo di ripartizione di riserve o altri fondi costituiti con sopraprezzi di emissione delle azioni o quote,
con interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove azioni o quote, con versamenti fatti dai soci a
fondo perduto o in conto capitale e con saldi di rivalutazione monetaria esenti da imposta; tuttavia le somme o il
valore normale dei beni ricevuti riducono il costo fiscalmente riconosciuto delle azioni o quote possedute.
6. In caso di aumento del capitale sociale mediante passaggio di riserve o altri fondi a capitale le azioni gratuite
di nuova emissione e l'aumento gratuito del valore nominale delle azioni o quote già emesse non costituiscono
utili per i soci. Tuttavia se e nella misura in cui l'aumento è avvenuto mediante passaggio a capitale di riserve o
fondi diversi da quelli indicati nel comma 5, la riduzione del capitale esuberante successivamente deliberata è
considerata distribuzione di utili; la riduzione si imputa con precedenza alla parte dell'aumento complessivo di
capitale derivante dai passaggi a capitale di riserve o fondi diversi da quelli indicati nel comma 5, a partire dal
meno recente, ferme restando le norme delle leggi in materia di rivalutazione monetaria che dispongono
diversamente.
7. Le somme o il valore normale dei beni ricevuti dai soci in caso di recesso, di esclusione, di riscatto e di
riduzione del capitale esuberante o di liquidazione anche concorsuale delle società ed enti costituiscono utile
per la parte che eccede il prezzo pagato per l'acquisto o la sottoscrizione delle azioni o quote annullate.
Articolo 27 - Ritenuta sui dividendi – Dpr 600/1973
1. Le società e gli enti indicati nelle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 73 del testo unico delle imposte sui
redditi approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, operano con obbligo di
rivalsa, una ritenuta del 12,50 per cento a titolo d'imposta sugli utili in qualunque forma corrisposti, anche nei
casi di cui all'articolo 47, comma 7, del predetto testo unico, a persone fisiche residenti in relazione a
partecipazioni non qualificate ai sensi della lettera c bis) del comma 1 dell'articolo 67 del citato testo unico n.
917 del 1986, non relative all'impresa ai sensi dell'articolo 65 del medesimo testo unico. La ritenuta di cui al
periodo precedente si applica alle condizioni ivi previste agli utili derivanti dagli strumenti finanziari di cui
all'articolo 44, comma 2, lettera a) e dai contratti di associazione in partecipazione di cui all'articolo 109, comma
9, lettera b), del predetto testo unico qualora il valore dell'apporto non sia superiore al 5 per cento o al 25 per
cento del valore del patrimonio netto contabile risultante dall'ultimo bilancio approvato prima della data di
stipula del contratto nel caso in cui si tratti rispettivamente di società i cui titoli sono negoziati in mercati
regolamentati o di altre partecipazioni. La ritenuta é applicata altresì dalle persone fisiche che esercitano
imprese commerciali ai sensi dell'articolo 55 del testo unico delle imposte sui redditi e dalle società in nome
collettivo e in accomandita semplice ed equiparate di cui all'articolo 5 del medesimo testo unico sugli utili
derivanti dai contratti di associazione in partecipazione previsti nel precedente periodo, corrisposti a persone
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fisiche residenti; per i soggetti che determinano il reddito ai sensi dell'articolo 66 del predetto testo unico, in
luogo del patrimonio netto si assume il valore individuato nel comma 2 dell'articolo 47 del medesimo testo
unico.
1 bis. Nei casi di cui all'articolo 47, commi 5 e 7, del testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 la ritenuta prevista dai commi 1 e 4 si applica sull'intero
ammontare delle somme o dei valori corrisposti, qualora il percettore non comunichi il valore fiscalmente
riconosciuto della partecipazione.
2. In caso di distribuzione di utili in natura i singoli soci o partecipanti, per conseguirne il pagamento, sono
tenuti a versare alle società ed altri enti di cui alle lettere a) e b) del comma 1 dell'articolo 73 del predetto testo
unico, l'importo corrispondente all'ammontare della ritenuta di cui al comma 1, determinato in relazione al
valore normale dei beni ad essi attribuiti, quale risulta dalla valutazione operata dalla società emittente alla data
individuata dalla lettera a) del comma 2 dell'articolo 109 del citato testo unico.
3. La ritenuta è operata a titolo d'imposta e con l'aliquota del 27 per cento sugli utili corrisposti a soggetti non
residenti nel territorio dello Stato diversi dalle società ed enti indicati nel comma 3-ter, in relazione alle
partecipazioni, agli strumenti finanziari di cui all'articolo 44, comma 2, lettera a), del testo unico delle imposte
sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, e ai contratti di
associazione in partecipazione di cui all'articolo 109, comma 9, lettera b), del medesimo testo unico, non
relative a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato. [L'aliquota della ritenuta è ridotta al 12,50 per cento
per gli utili pagati ad azionisti di risparmio.] L'aliquota della ritenuta è ridotta all'11 per cento sugli utili
corrisposti ai fondi pensione istituiti negli Stati membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo
sullo spazio economico europeo inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze
emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente
della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917. I soggetti non residenti, diversi dagli azionisti di risparmio, dai fondi
pensione di cui al periodo precedente e dalle società ed enti indicati nel comma 3-ter, hanno diritto al rimborso,
fino a concorrenza di un quarto della ritenuta, dell'imposta che dimostrino di aver pagato all'estero in via
definitiva sugli stessi utili mediante certificazione del competente ufficio fiscale dello Stato estero.
3 bis. I soggetti cui si applica l'articolo 98 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del
Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 sono tenuti ad operare, con obbligo di rivalsa, la ritenuta
di cui ai commi 3 e 3-ter sulla remunerazione di finanziamenti eccedenti prevista dal citato articolo 98
direttamente erogati dal socio o da una sua parte correlata, non residenti nel territorio dello Stato. A fini della
determinazione della ritenuta di cui sopra, si computa in diminuzione la eventuale ritenuta operata ai sensi
dell'articolo 26 riferibile alla medesima remunerazione. La presente disposizione non si applica alla
remunerazione di finanziamenti eccedenti direttamente erogati dalle stabili organizzazioni nel territorio dello
Stato di soggetti non residenti.
3-ter. La ritenuta è operata a titolo di imposta e con l'aliquota dell'1,375 per cento sugli utili corrisposti alle
società e agli enti soggetti ad un'imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell'Unione europea e negli
Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del
Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui
redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ed ivi residenti, in relazione
alle partecipazioni, agli strumenti finanziari di cui all'articolo 44, comma 2, lettera a), del predetto testo unico e
ai contratti di associazione in partecipazione di cui all'articolo 109, comma 9, lettera b), del medesimo testo
unico, non relativi a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato.
4. Sulle remunerazioni corrisposte a persone fisiche residenti relative a partecipazioni al capitale o al
patrimonio, titoli e strumenti finanziari di cui all'articolo 44, comma 2, lettera a), ultimo periodo, del testo unico
delle imposte sui redditi e a contratti di cui all'articolo 109, comma 9, lettera b), del medesimo testo unico, in cui
l'associante é soggetto non residente, non qualificati ai sensi della lettera c bis) del comma 1, dell'articolo 67 del
testo unico e non relativi all'impresa ai sensi dell'articolo 65 dello stesso testo unico, é operata una ritenuta del
12,50 per cento a titolo d'imposta dai soggetti di cui al primo comma dell'articolo 23 che intervengono nella loro
riscossione. La ritenuta é operata a titolo d'acconto:
a) sulla quota imponibile delle remunerazioni corrisposte da soggetti non residenti in relazione a partecipazioni
al capitale o al patrimonio, titoli e strumenti finanziari e a contratti di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo
67 del citato testo unico, non relativi all'impresa ai sensi dell'articolo 65;
b) sull'intero importo delle remunerazioni corrisposte, in relazione a partecipazioni, titoli, strumenti finanziari e
contratti non relativi all'impresa ai sensi dell'articolo 65, da società ed enti residenti negli Stati o territori
diversi da quelli di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del citato testo unico salvo
che la persona fisica dimostri al soggetto che interviene nella riscossione che, a seguito dell'esercizio di
interpello secondo le modalità del comma 5, lettera b), dello stesso articolo 167, sono rispettate le condizioni di
cui alla lettera c) del comma 1, dell'articolo 87 del citato testo unico. La disposizione del periodo precedente non
si applica alle partecipazioni, ai titoli e agli strumenti finanziari di cui all'articolo 44, comma 2, lettera a), ultimo
periodo, emessi da società i cui titoli sono negoziati nei mercati regolamentati. La ritenuta é, altresì, operata
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sull'intero importo delle remunerazioni relative a contratti stipulati con associanti non residenti che non
soddisfano le condizioni di cui all'articolo 44, comma 2, lettera a), ultimo periodo.
4 bis. Le ritenute del comma 4 sono operate al netto delle ritenute applicate dallo Stato estero. In caso di
distribuzione di utili in natura si applicano le disposizioni di cui al comma 2.
5. Le ritenute di cui ai commi 1 e 4, primo periodo, non sono operate qualora le persone fisiche residenti e gli
associati in partecipazione dichiarino all'atto della percezione che gli utili riscossi sono relativi all'attività di
impresa o ad una partecipazione qualificata ai sensi della lettera c) del comma 1 dell'articolo 67 del citato testo
unico. Le ritenute di cui ai commi 1 e 4, sono operate con l'aliquota del 27 per cento ed a titolo d'imposta nei
confronti dei soggetti esenti dall'imposta sul reddito delle società.
6. Per gli utili corrisposti a soggetti residenti ed assoggettati alla ritenuta a titolo d'imposta o all'imposta
sostitutiva sul risultato maturato di gestione non si applicano le disposizioni degli articoli 5, 7, 8, 9 e 11, terzo
comma, della legge 29 dicembre 1962, n. 1745.
I dividendi nazionali
Nel caso di utili percepiti da persone fisiche per partecipazioni detenute al di fuori dell’esercizio dell’impresa, si
deve considerare che le modalità di tassazione differiscono, a seconda che si tratti di partecipazioni qualificate o
di partecipazioni non qualificate.
L’art. 47 del Tuir e l’art. 27, commi da 1 a 5 del Dpr n. 600 del 1973 prevedono infatti che:
- i dividendi da partecipazioni non qualificate sono soggetti a ritenuta secca del 12,50 per cento (20% dal 2012,
26% dal 1/7/2014);
- i dividendi da partecipazioni qualificate concorrono a formare il reddito imponibile, nella misura del 40 per
cento (49,72 dal 2008) del loro ammontare.
La misura del 60 per cento di esenzione è stata ridotta al 50,28 per cento per i dividendi formati con utili
prodotti (dalla società distributrice) a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007. Si
tratta degli effetti conseguenti alla riduzione dell’aliquota Ires e l’aumento della quota imponibile dei dividendi
percepiti e delle plusvalenze realizzate da persone fisiche.
Corrispondentemente, per imprenditori individuali residenti, Snc e Sas residenti, la percentuale esente degli utili
e proventi corrisposti da soggetti Ires, residenti o no è del 50,28 per cento.
Le nuove percentuali si applicano ai dividendi formati con utili prodotti (dalla società distributrice) a partire
dall'esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007.
Secondo la relazione illustrativa al Dm 2 aprile 2008 (punto 7): “La diversa misura di concorrenza alla formazione
del reddito applicabile agli utili prodotti sino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2007 e agli utili prodotti
successivamente al suddetto esercizio, ha reso necessario introdurre una presunzione che consenta di regolare il
criterio di “uscita” degli utili prodotti”. Pertanto, il decreto prevede che “a partire dalle delibere di distribuzione
successive a quella avente ad oggetto l’utile d’esercizio in corso al 31 dicembre 2007, agli effetti della tassazione del
soggetto partecipante, i dividendi distribuiti si considerano prioritariamente formati con utili prodotti dalla
società o ente partecipato fino a tale esercizio”.
Assonime ha sostenuto che, in coerenza con il principio per il quale “il socio non deve subire aggravi impositivi
fintantoché i dividendi percepiti corrispondano nel quantum a utili tassati in capo alla società partecipata con
un’aliquota d’imposta più elevata (nella specie, con l’aliquota Ires del 33 per cento)”, nel caso in cui le riserve di
utili vengano utilizzate per finalità diverse dalla loro distribuzione, l’ordine dovrebbe essere «esattamente
inverso rispetto a quello stabilito per le distribuzioni, in modo che, in sede di distribuzione, possa trovare piena
applicazione in capo al socio il regime fiscale all’uopo espressamente previsto” (Cfr. Circolare 30 maggio 2008, n.
37).
Deve, infatti, applicarsi il “principio di copertura” (Cfr. Assonime, circolare n. 50 del 10 maggio 1984, pagina 33,
riferita all'abrogata “maggiorazione di conguaglio” - circolare richiamata dalla Circolare 37/2008, pagina 13),
secondo cui il socio non deve subire aggravi impositivi fintantoché i dividendi percepiti corrispondano nel
quantum a utili tassati in capo alla società partecipata con un'aliquota d'imposta più elevata (nella specie, con
l'aliquota Ires del 33 per cento).
Il principio trova, ad esempio, applicazione in caso di utilizzo delle riserve di utili:
- per la copertura di perdite;
- per l'annullamento di azioni proprie;
- per la ricostituzione delle riserve di capitale e di utili a seguito di operazioni di fusione o scissione;
- per la rettifica di attività o passività in conseguenza della prima applicazione dei principi contabili
internazionali.
In tal senso si è espressa la norma di comportamento n. 173 dell’Associazione Italiana dottori commercialisti.
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L’art. 2, co. 6 del Dl 138/2011 ha previsto che a decorrere dal 2012 (dividendi percepiti dal 1 gennaio 2012),
l’aliquota ordinaria della ritenuta ovvero dell’imposta sostitutiva applicata alle rendite finanziarie di persone
fisiche, enti non commerciali e società semplici (ossia, agli interessi, premi e altri proventi di cui all’art. 44, TUIR
e ai redditi diversi di cui all’art. 67, comma 1, lett. da c-bis) a c-quinquies), TUIR) è aumentata nella misura del
20%. In particolare a seguito delle modifiche in esame gli utili/plusvalenze derivanti da partecipazioni non
qualificate in luogo dell’attuale 12,5% saranno assoggettate al 20%, la ritenuta operata sugli interessi attivi
bancari passa dall’attuale 27% alla nuova aliquota del 20%.
Successivamente L’art. 2 del DL 24.4.2014, n. 66 – c.d. Decreto Renzi ha previsto che a decorrere dall’1.7.2014 è
stabilita nella misura pari al 26% (al posto del 20%), per quanto qui di interesse, l’aliquota della ritenuta sui
dividendi e l’imposta sostitutiva sul capital gain della partecipazioni non qualificate.
Nello specifico ha previsto che è stabilita nella misura pari al 26% l’aliquota della ritenuta ovvero dell’imposta
sostitutiva applicabile alle rendite finanziarie di persone fisiche, enti non commerciali e società semplici, ossia:
agli interessi, premi e altri proventi di cui all’art. 44, TUIR;
ai redditi diversi di cui all’art. 67, comma 1, lett. da c-bis) a c-quinquies), TUIR.
Non invece oggetto di modifiche la tassazione riferita agli utili e plusvalenze relativi a partecipazioni qualificate.
La nuova aliquota del 26% è applicabile ai dividendi e proventi assimilati percepiti dall’1.7.2014.
Le minusvalenze, le perdite o i differenziali negativi delle partecipazioni non qualificate possono essere dedotti
dalle relative plusvalenze / redditi diversi realizzati successivamente al 30.6.2014, per una quota pari al:
48,08% del loro ammontare se realizzati fino al 31.12.2011;
76,92% del loro ammontare se realizzati dall’1.1.2012 al 30.6.2014.
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La distinzione tra partecipazioni qualificate e partecipazioni non qualificate è prevista dall’ 67, comma 1,
lett. c) e c-bis), del Tuir.
Viene detto che costituiscono partecipazioni qualificate le partecipazioni consistenti in azioni (diverse dalle
azioni di risparmio) o partecipazioni al capitale o al patrimonio di società di persone o di capitali (oppure titoli
che danno diritto all’acquisto delle predette partecipazioni) qualora attribuiscano al detentore una percentuale
di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 20 per cento (2 per cento in caso di
partecipazioni in società quotate) o, alternativamente, una partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al
25 per cento (5 per cento in caso partecipazioni in società quotate).
Dalla lettura dell’art. 27 del DpR n. 600 del 1973, si evince che la società erogante è di norma tenuta ad operare
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la ritenuta a titolo di imposta sostitutiva sugli utili erogati, con presunzione generale che tali utili siano
relativi a partecipazioni non qualificate.
Sono invece i soci, qualora non in possesso dei requisiti richiesti dal comma 1, art. 27 del Dpr n. 600 del 1973, a
dover comunicare la mancanza dei suddetti requisiti alla società erogante, all’atto della percezione degli utili.
È da notare come il comma 5 dell’art. 27 del DpR n. 600 del 1973 dica solamente che la comunicazione di
possesso dei requisiti deve essere effettuata al momento della percezione degli utili, ma non chiarisce il
momento temporale cui il socio deve fare riferimento per la verifica della sussitenza di tali requisiti.
A tal fine, si evidenzia come la norma, parlando di “utili corrisposti in relazione a partecipazioni non qualificate”,
stabilisce uno stretto collegamento tra l’ammontare di utili distribuiti e l’entità della partecipazione che ne ha
permesso la percezione.
Dato che hanno diritto alla percezione dei dividendi i soggetti che risultano soci al momento del pagamento dei
medesimi (in merito si veda l’art. 4 della Legge n. 1745 del 1962), e che pertanto la partecipazione che ha
generato la percezione degli utili è quella detenuta alla data della percezione medesima, sembra di poter
affermare che la data cui il socio deve fare riferimento per stabilire se il dividendo sia relativo ad una
partecipazione qualificata o meno (e, quindi, per decidere se effettuare o meno la comunicazione di cui al comma
5, art. 27 del DpR n. 600 del 1973) è quella in cui percepisce il dividendo, a nulla rilevando la consistenza
precedente e le mutazioni successive.
Continuano a concorrere alla formazione del reddito, in quanto non assoggettabili alla ritenuta alla fonte di cui
all’art. 27 del DpR n. 600 del 1973, gli utili percepiti da società semplici ed equiparate residenti nel territorio
dello Stato, in relazione a partecipazioni qualificate e non qualificate in società italiane ed estere. Tali utili
concorrono a formare il reddito imputato per trasparenza al socio per il 49,72% per cento del loro ammontare.
Il regime illustrato non si applica solo nei confronti di utili derivanti dalla partecipazione al capitale o al
patrimonio di società di capitali ed enti commerciali; per espressa previsione contenuta agli artt. 44 e 47 del
Tuir, tale regime trova applicazione anche con riferimento:
- agli utili derivanti da contratti di associazione in partecipazione con apporto diverso da quello di opere e servizi
– ex art. 109, comma 9 del Tuir;
- alla remunerazione degli strumenti finanziari;
- agli utili distribuiti nei casi di recesso, riduzione del capitale esuberante e liquidazione, nonché nei casi di
esclusione del socio e di riscatto delle azioni, sulla differenza tra somme percepite e prezzo pagato per l’acquisto
delle azioni o quote;
- agli utili di fonte estera.
Per i contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza con apporto diverso da quello di opere e
servizi – ex art. 109, comma 9 del Tuir), l’esclusione dalla base imponibile del 60 per cento sia applica
limitatamente ai casi in cui il valore dell’apporto di capitale sia superiore al 5 per cento o al 25 per cento del
valore del patrimonio netto contabile risultante dall’ultimo bilancio approvato prima della data di stipula del
contratto, a seconda che si tratti di società i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati o di altre
partecipazioni.
Qualora, invece, gli apporti di capitale non siano superiori alle predette percentuali, l’art. 27, comma 1, del Dpr n.
600 del 1973, prevede l’applicazione della ritenuta alla fonte del 12,50 per cento (20% dal 2012, 26% dal
1/7/2014) a titolo d’imposta calcolata sul 100 per cento dei relativi utili (art. 47, comma 2 del Tuir).
Gli strumenti finanziari, sono assimilati alle azioni qualora rispettino le condizioni di cui all’art. 44, comma 2,
lett. a), del Tuir come risultano dopo la modifica apportata dal Dlgs n. 247 del 2005, , vale a dire qualora la loro
remunerazione sia costituita totalmente dalla partecipazion ai risultati economici della società emittente o di
altre società appartenenti allo stesso gruppo o all’affare in relazione al quale i titoli e gli strumenti finanziari
sono stati emessi.
Al riguardo, si precisa che, a norma dell’art. 67, comma 1, lett. c) e c-bis):
- sono assimilati alle partecipazioni qualificate gli strumenti che rappresentano complessivamente una
partecipazione al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, rispettivamente, secondo che si tratti o meno di
società i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati;
- sono assimilati alle partecipazioni non qualificate gli strumenti finanziari che rappresentano una
partecipazione al patrimonio non superiore alle predette percentuali.
- sono sempre assimilabili alle partecipazioni qualificate gli strumenti finanziari che non rappresentano una
partecipazione al patrimonio.
Per una trattazione organica, anche con riferimento ai rapporti con soggetti esteri, si rimanda a quanto detto in
merito nel paragrafo a commento dell’art. 109 del Tuir.
I dividendi esteri
13
L’art. 44, comma 2, lett. a) del Tuir, come risulta dopo la modifica apportata dal Dlgs n. 247 del 2005 prevede che
le partecipazioni e strumenti finanziari emessi da soggetti non residenti sono assimilati alle azioni solo se
presentano queste caratteristiche:
- la relativa remunerazione è costituita esclusivamente da una partecipazione ai risultati economici della società
emittente, di società appartenenti allo stesso gruppo o di un affare;
- questa remunerazione è totalmente indeducibile dal reddito della società emittente secondo le regole vigenti
nel Paese estero di residenza.
In proposito la Circ. dell’Agenzia delle Entrate n. 4/E del 2006 precisa che:
- questi requisiti debbano sussistere sia per gli strumenti finanziari esteri, sia per le vere e proprie partecipazioni
al capitale o al patrimonio di società estere;
- non sia più richiesto che i titoli rappresentino una partecipazione al patrimonio della società. Pertanto,
l'assimilazione ora si applica anche a strumenti di debito sempreché siano rispettati i requisiti citati;
- la partecipazione ai risultati economici debba essere effettiva (così come per i titoli italiani); non è sufficiente
che la remunerazione sia solo parametrata agli utili della società né tantomeno che sia collegata esclusivamente a
parametri finanziari (per esempio l'andamento di un indice, di prezzi o di valori di titoli azionari e
obbligazionari) ovvero a parametri diversi dai risultati economici di un'impresa o di un affare.
La norma prevede che l'indeducibilità dal reddito dell'emittente estero debba risultare da una dichiarazione
dell'emittente stesso ovvero da altri elementi certi e precisi.
L’Agenzia delle Entrate nella Circ. n. 4/E del 2006 afferma che può valere una semplice attestazione della società
emittente senza la necessità che sia asseverata dall'autorità fiscale estera, così come possono essere validamente
utilizzate le dichiarazioni dei redditi o altra documentazione fiscale del soggetto estero, nonché un'attestazione
dell'indeducibilità fornita dall'autorità fiscale estera o da istituzioni riconosciute dalle autorità pubbliche: ad
esempio, mercati istituiti, organizzati e disciplinati da disposizioni adottate o approvate dalle competenti
autorità in base alle leggi in vigore nello Stato in cui questi mercati hanno sede o information provider di
qualificata esperienza.
In mancanza della dichiarazione di parte o di altra documentazione prodotta dall'emittente o delle predette
attestazioni, l'indeducibilità delle remunerazioni delle azioni e degli strumenti finanziari esteri può essere
dimostrata attraverso l'esistenza di disposizioni vigenti nello Stato estero di residenza dell'emittente che
statuiscono in modo inequivocabile questa non deducibilità.
Viene precisato che per l'applicazione della ritenuta alla fonte a titolo d'imposta del 12,5 per cento (20% dal
2012, 26% dal 1/7/2014) alle persone fisiche non imprenditori, in relazione a partecipazioni non qualificate la
documentazione deve essere richiesta dal sostituto d'imposta che interviene nella riscossione di utili e
remunerazioni di fonte estera. Solo in mancanza di un intermediario oppure qualora le remunerazioni di fonte
estera siano percepite direttamente all'estero, è il contribuente che deve richiedere e conservare questa
documentazione.
Verificata l’assimilazione, si ha che le partecipazioni non qualificate in società estere detenute da persone
fisiche residenti al di fuori dell’esercizio sono soggette alla ritenuta alla fonte a titolo d'imposta del 12,50 per
cento (20% dal 2012, 26% dal 1/7/2014) prevista per gli utili di fonte italiana (art. 27 comma 4 del Dpr n. 600
del 1973).
In mancanza di un intermediario ovvero qualora l’utile di fonte estera sia percepito direttamente all’estero, il
contribuente è tenuto a includerle nella dichiarazione dei redditi e ad autoliquidare l'imposta sostitutiva del
12,50 per cento (20% dal 2012, 26% dal 1/7/2014) ai sensi dell'art. 18 del Tuir (corrispondente al previgente
art. 16-bis del Tuir), ossia dell’imposta dovuta con la stessa misura prevista per la ritenuta a titolo d’imposta che
sarebbe stata applicata qualora fosse intervenuto il sostituto d’imposta.
Sono invece inclusi nel reddito complessivo imponibile ai fini dell’Irpef gli utili percepiti al di fuori dell’esercizio
dell’impresa da persone fisiche residenti, in relazione a partecipazioni qualificate in società estere, con la
particolarità, però, che al momento della corresponsione sono soggetti a una ritenuta a titolo di acconto del 12,50
per cento (20% dal 2012, 26% dal 1/7/2014) (art. 27 del Dpr n. 600 del 1973). Tale ritenuta è applicata sulla
quota imponibile degli utili, ossia sul 49,72 per cento del loro ammontare al netto delle ritenute eventualmente
applicate nello Stato estero.
La ritenuta, sia a titolo d’imposta che a titolo d’acconto si applica sul c.d. “netto frontiera”, ossia sull’importo dei
dividendi al netto delle imposte applicate nello Stato estero di residenza. Ciò rappresenta un’importante novità,
considerato che, come accennato, sulla base della previgente formulazione della norma, la ritenuta del 12,50 per
cento (20% dal 2012, 26% dal 1/7/2014) a titolo d’acconto doveva essere applicata dal sostituto d’imposta
intervenuto nella riscossione sull’importo dei dividendi al lordo dell’eventuali ritenute applicate nello Stato di
residenza della società emittente. Al riguardo, si precisa che per “netto frontiera” si deve intendere l’importo
effettivamente corrisposto al beneficiario finale.
Pertanto, nell’eventualità che i dividendi abbiano scontato nel Paese della fonte, sulla base della relativa
normativa interna, un prelievo in misura superiore rispetto all’aliquota prevista, ad esempio, dalla Convenzione
14
contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia, la base imponibile della ritenuta di cui al comma 4, art. 27 del
Dpr n. 600 del 1973, deve essere decurtata dell’intero importo delle imposte subite nello Stato estero.
Tuttavia, in caso di utili relativi a partecipazioni non qualificate assoggettati a ritenuta alla fonte a titolo
d’imposta, qualora il contribuente ottenga dall’Autorità fiscale estera il recupero della differenza tra le
imposte effettivamente subite e l’aliquota convenzionale, la predetta differenza deve essere assoggettata a
tassazione in qualità di dividendo con le stesse modalità previste per gli utili di fonte estera (ritenuta da parte del
sostituto d’imposta ovvero, autoliquidazione dell’imposta in sede di presentazione della dichiarazione dei redditi
ai sensi dell’art. 18 del Tuir).
Per contro, nel caso di utili relativi a partecipazioni qualificate, questi concorreranno alla formazione del reddito
imponibile al lordo di tutte le imposte estere eventualmente applicate, con la possibilità di scomputo della sola
aliquota convenzionale, mentre l’eventuale eccedenza non potrà che essere richiesta all’Amministrazione fiscale
dello Stato estero e in caso di ottenimento non dovrà essere nuovamente assoggettata a tassazione.
Con riferimento agli utili relativi a partecipazioni qualificate, la ritenuta si applica sul 40 per cento (49,72 dal
2008) dell’importo già al netto delle ritenute applicate all’estero.
UN ESEMPIO
Ad esempio, in caso di utile deliberato dalla società emittente pari a 100, con 20 di ritenute estere, la ritenuta
del 26 per cento deve applicarsi sull 49,72 per cento di 80, vale a dire su 39,78.
In caso di beni in natura, il comma 4 dell’art. 27 del Dpr n. 600 del 1973, rende espressamente applicabile ai
dividendi di fonte estera la valutazione (al valore normale) prevista per i dividendi di fonte italiana. Al riguardo,
si ritiene che, in mancanza della valutazione del valore normale dei beni attribuiti da parte della società estera, il
percettore possa comunicare tale valore al sostituto d’imposta che interviene nella riscossione degli utili,
fornendo apposita autocertificazione redatta in forma libera.
Allo stesso modo, l’art. 27, comma 4 del Dpr n. 600 del 1973, con riferimento agli utili derivanti da contratti di cui
all’art. 109, comma 9, lett. b), del Tuir, ossia di associazione in partecipazione e cointeressenza, conclusi con
società estere ed aventi le medesime caratteristiche di quelli stipulati con società residenti nel territorio dello
Stato, il regime fiscale applicabile è quello dell’applicazione della ritenuta alla fonte a titolo d’imposta del 12,50
per cento (20% dal 2012) qualora tali contratti siano assimilabili alle partecipazioni non qualificate, ossia se il
valore dell’apporto non sia superiore al 5 o al 25 per cento del patrimonio netto contabile della società.
In caso di superamento di dette percentuali, invece, si rende applicabile la parziale esclusione da tassazione
accordata sugli utili da partecipazioni qualificate. Anche in questo caso, sulla parte imponibile degli utili
corrisposti all’associato si rende applicabile la ritenuta a titolo d’acconto del 12,50 per cento (20% dal 2012,
12,5% dal 1/7/2014).
Remunerazioni (*) corrisposte da società estere white list ex art. 168-bis del Tuir (fino al 2008, non black
list)
Remunerazioni di tipo non qualificato
Ritenuta del 12,50 (20% dal 2012, 26% dal 1/7/2014)
per cento a titolo d'imposta sul 100 per cento, al
netto delle ritenute applicate all'estero
Remunerazioni di tipo qualificato
Ritenuta del 12,50 (20% dal 2012, 26% dal 1/7/2014)
per cento a titolo d'acconto sul 49,72 per cento, al
netto delle ritenute applicate all'estero
(*)Remunerazioni relative a partecipazioni al capitale o al patrimonio, titoli e strumenti finanziari e a contratti di
associazione in partecipazione e cointeressenza indeducibili nella determinazione del reddito del soggetto
emittente. Per i contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza si prescinde dalla circostanza che i
titoli dell'associante siano o meno negoziati.
Partecipazione non qualificata
Una persona fisica detiene una partecipazione non qualificata in una so cietà estera. La ritenuta prevista
dalla normativa del Paese estero è pari al 30% mentre la convenzione con l'Italia prevede una ri tenuta
massima del 15%. E’ presente un intermediario che interviene nella riscossione.
Paese estero
Dividendo deliberato
Ritenuta convenzionale (15%)
Ritenuta applicata (30%)
Dividendo in uscita
ITALIA
10.000
1.500
3.000
7.000
15
Dividendo in entrata (netto frontiera)
Ritenuta a titolo imposta (20%)
7.000
1.400
Dividendo netto
5.600
Partecipazione non qualificata
Una persona fisica detiene una partecipazione non qualificata in una società estera. La ritenuta prevista
dalla normativa del Paese estero è pari al 30% mentre la convenzione con l'Italia prevede una ri tenuta
massima del 15%. E’ presente un intermediario che interviene nella riscossione.
Paese estero
Dividendo deliberato
Ritenuta convenzionale (15%)
Ritenuta applicata (30%)
Dividendo in uscita
ITALIA
Dividendo in entrata (netto frontiera)
Ritenuta a titolo imposta (26%)
Dividendo netto
10.000
1.500
3.000
7.000
7.000
1.820
5.180
Se non interviene un intermediario nella riscossione, l'art. 18 DPR 917/1986 stabilisce che i redditi di
capitale corrisposti da soggetti non residenti sono soggetti ad una imposta sostitutiva che si applica con la
stessa aliquota prevista per la ritenuta a titolo di imposta. In questi casi non è possibile optare per la
tassazione ordinaria e scomputare un credito a fronte delle imposte pagate all'estero.
Il contribuente dovrà versare una imposta sostitutiva pari al 20% di 7.000 e compilare un apposito rigo
della dichiarazione dei redditi.
Partecipazione qualificata
Una persona fisica detiene una partecipazione qualificata in una società estera. La ritenuta previ sta dalla
normativa del Paese estero è pari al 30% mentre la convenzione con l'Italia prevede una ritenuta massima
del 15%. E’ presente un intermediario che interviene nella riscossione.
Paese estero
Dividendo deliberato
10.000
Ritenuta convenzionale (15%)
1.500
Ritenuta applicata (30%)
3.000
Dividendo in uscita
7.000
ITALIA
Dividendo in entrata (netto frontiera)
7.000
Percentuale
49,72%
Quota imponibile ritenuta
3.480,4
Ritenuta acconto (20%)
867,08
Quota imponibile IRPEF
4.972
Irpef (43%)
2.138
Credito imposta (*)
745,8
Dividendo netto
5.607,8
(*)L'art. 165, co. 10, DPR 917/1986 prevede che se il reddito prodotto all'estero concorre parzialmente
alla formazione del reddito complessivo, anche l'imposta estera va ridotta in misura corrispon dente.
Partecipazione qualificata
Una persona fisica detiene una partecipazione qualificata in una società estera. La ritenuta previ sta dalla
normativa del Paese estero è pari al 30% mentre la convenzione con l'Italia prevede una ri tenuta massima
del 15%. E’ presente un intermediario che interviene nella riscoss ione.
Paese estero
16
Dividendo deliberato
10.000
Ritenuta convenzionale (15%)
1.500
Ritenuta applicata (30%)
3.000
Dividendo in uscita
7.000
ITALIA
Dividendo in entrata (netto frontiera)
7.000
Percentuale
49,72%
Quota imponibile ritenuta
3.480,4
Ritenuta acconto (26%)
904,09
Quota imponibile IRPEF
4.972
Irpef (43%)
2.138
Credito imposta (*)
745,8
Dividendo netto
5.607,8
(*)L'art. 165, co. 10, DPR 917/1986 prevede che se il reddito prodotto all'estero concorre parzial mente
alla formazione del reddito complessivo, anche l'imposta estera va ridotta in misura corrispondente .
La C.M. 16.6.2004 n. 26/E ha precisato che «in caso di utili relativi a partecipazioni non qualificate assoggettati a
ritenuta alla fonte a titolo d'imposta, qualora il contribuente ottenga dall'Autorità fiscale estera il recupero
della differenza tra le imposte effettivamente subite e l'aliquota convenzionale, la predetta differenza deve
essere assoggettata a tassazione in qualità di dividendo con le stesse modalità previste per gli utili di fonte estera».
Nel caso di partecipazioni qualificate, il rimborso della quota di ritenuta eccedente la misura convenzionale «non
dovrà essere nuovamente assoggettata a tassazione».
Riprendendo gli esempi sopra.
Dividendo netto
Eccedenza ritenuta
Ritenuta a titolo imposta (20%)
Rimborso netto
Dividendo finale
Non qualificata
5.600
1.500
300
1.200
6800
Qualificata
5.607
1.500
Dividendo netto
Eccedenza ritenuta
Ritenuta a titolo imposta (26%)
Rimborso netto
Dividendo finale
Non qualificata
5.600
1.500
390
1.110
6.710
Qualificata
5.607
1.500
7.107
7.107
I dividendi da paesi black list
L’art. 47, comma 4 del Tuir prevede che siano tassati integralmente i dividendi provenienti da società residenti
in Paesi no white list ex art. 168-bis del Tuir (fino al 2008, “black list” - Dm del 21 novembre 2001), salvo nel caso
in cui:
1)
i redditi siano già stati imputati – a causa della disciplina delle Cfc (artt. 167 e 168 del Tuir) – “al socio” o
2)
si sia ottenuto un “interpello favorevole”.
A queste si aggiungono le partecipazioni emesse da società con azioni negoziate in mercati regolamentati.
La parziale esclusione in Italia degli utili di fonte estera presuppone infatti che che tali utili abbiano scontato una
imposizione congrua nel territorio in cui sono stati prodotti; se questo non accade, l’utile è tassato integralmente
nel Paese del percettore al fine di evitare salti d’imposta.
In merito al punto sub 1) si evidenzia come non concorrano alla formazione del reddito imponibile, gli utili
distribuiti fino a concorrenza della quota di reddito della società partecipata già attribuito al socio residente in
17
proporzione alla partecipazione da esso detenuta e assoggettato a tassazione separata ai sensi degli artt. 167 e
168 del Tuir. In proposito l’Agenzia delle Entrate nella Circ. n. 26/E del 2004 evidenzia come ciò vale anche con
riferimento agli utili derivanti da partecipazioni non qualificate per i quali, in tal caso, non si applica la ritenuta.
Pertanto, il sostituto d’imposta deve applicare la ritenuta sulla parte degli utili eccedente il reddito già imputato
al socio. Al fine di determinare la parte di utili esclusa dall’applicazione della predetta ritenuta, gli intermediari
acquisiscono un’apposita dichiarazione dal contribuente interessato. Nella stessa deve essere indicato
l’ammontare del reddito del soggetto estero partecipato imputato direttamente allo stesso contribuente che,
conseguentemente, non deve essere sottoposto a ritenuta.
In merito al punto sub 2) si evidenzia che le disposizioni che regolano il diritto di interpello, già contenute nella
disciplina sulle Cfc, sono state attuate nell’ambito del Dm n. 429 del 2001. Il diritto di interpello può essere
esercitano, nel caso di specie, da qualsiasi soggetto possessore della partecipazione, anche se diversa dalle
partecipazioni di controllo e di collegamento, con le medesime modalità previste dalla disciplina sulle Cfc
(relazione governativa al Dlgs n. 344 del 2003).
Come si è detto – secondo le indicazioni dell’art. 5, comma 2, del Dm n. 429 del 2001 – può essere dimostrato,
tramite l’esercizio dell’interpello, che i redditi conseguiti dalle imprese estere sono prodotti in misura non
inferiore al 75 per cento in Stati o territori diversi da quelli a fiscalità privilegiata e ivi sottoposti integralmente a
tassazione ordinaria; non basta invece dimostrare, come si fa di norma per ottenere la disapplicazione della
disciplina Cfc, che la società estera svolge “effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività,
nello Stato o territorio nel quale ha sede”. Ciò in quanto l’esenzione del 95 per cento del dividendo non ha scopo
agevolativo, ma di evitare la doppia imposizione economica dei dividendi (Cfr. Circ. Ag. Entrate n. 26/E del 2004).
La produzione del reddito in territori diversi da quelli a fiscalità privilegiata ricorre qualora la società abbia
prodotto direttamente redditi di fonte estera, in misura non inferiore al 75 per cento del totale, tramite, ad
esempio, una stabile organizzazione o in virtù del possesso di cespiti immobiliari, localizzati e sottoposti a
tassazione fuori dagli Stati o territori a fiscalità privilegiata. Al contrario, se i redditi della società sono formati,
anche totalmente, da utili da partecipazione ad essa attribuiti da una partecipata residente in un paese a fiscalità
non privilegiata, non può essere invocata l’esimente prevista dalla norma. Tali redditi, infatti, in quanto derivanti
da una fonte produttiva (il capitale) situata in un Paese a fiscalità privilegiata, devono considerarsi prodotti in
tale Paese non rilevando la circostanza che essi siano indirettamente riconducibili alla attività propria della
partecipata (Cfr. Ris. Ag. Entrate n. 18/E del 29 gennaio 2003).
Al fine di stabilire se il reddito è prodotto in uno dei Paesi a fiscalità privilegiata non inclusi nella white list ex art.
168-bis del Tuir (fino al 2008, inclusi nella black list), resta in ogni caso ininfluente qualsiasi ipotesi di tassazione
derivante dalla applicazione di ruling negativi volti a modificare in peius – per volontà del contribuente –
l’operatività di specifiche disposizioni previste in via normativa. Lo Stato titolare della potestà impositiva deve,
infatti, poter essere individuato sulla base di criteri oggettivi legati alla specificità dell’ordinamento giuridicotributario, e non di una scelta, eventualmente revocabile, del contribuente (Cfr. Ris. Ag. Entrate n. 358/E del 19
dicembre 2002).
In sede di interpello occorre che si dimostri che i redditi imputati dalla società partecipata siano stati
regolarmente assoggetti a tassazione in un paese a fiscalità ordinaria non solo nell’anno, ma a decorrere
dall’inizio del periodo di possesso della partecipazione. Tale argomentazione, secondo quanto previsto
dall’Agenzia delle Entrate nella Circ. n. 26/E del 2004, trova fondamento nel rinvio che il comma 3, art. 89 del
Tuir, fa alle condizioni di cui all’art. 87, comma 1, lett. c), del Tuir – rilevanti ai fini della participation exemption.
Riassumendo, si ha quindi che, fatta eccezione:
- della tassazione delle partecipazioni non qualificate emesse da società con azioni negoziate in mercati
regolamentati
- dei casi in cui sia stato presentato, con esito favorevole, interpello dimostrando che l'emittente produce
almeno il 75 per cento del proprio reddito in un Paese compreso nella white list ex art. 168-bis del Tuir (fino
al 2008, non compreso nella black list–in merito si veda il commento all’art. 168-bis del Tuir),
- dei casi in cui sia già avvenuta la tassazione separata ai sensi dell’artt. 167 e 168 del Tuir,
le partecipazioni no white list ex art. 168-bis del Tuir (fino al 2008, black list):
- sono sempre soggette a tassazione in misura integrale e
- la ritenuta in entrata operata è a titolo di acconto.
Remunerazioni (*) corrisposte da società estere no white list ex art. 168-bis del Tuir (fino al 2008, black
list)
Retribuzioni del tipo non qualificato erogate da società Ritenuta del 12,5 per cento (20% dal 2012, 26% dal
i cui titoli sono negoziati
1/7/2014) a titolo d’imposta sul 100 per cento, al
netto delle ritenute applicate all’estero
Retribuzioni del tipo non qualificato erogate da società Ritenuta del 12,5 per cento (20% dal 2012, 26% dal
18
i cui titoli non sono negoziati, senza interpello
favorevole
Retribuzioni del tipo non qualificato erogate da società
i cui titoli non sono negoziati, con interpello
favorevole
Remunerazione del tipo qualificato senza interpello
favorevole
1/7/2014) d’acconto sul 100 per cento, al netto delle
ritenute applicate all’estero
Ritenuta del 12,5 per cento (20% dal 2012, 26% dal
1/7/2014) a titolo d’imposta sul 100 per cento, al
netto delle ritenute applicate all’estero
Ritenuta del 12,5 per cento (20% dal 2012, 26% dal
1/7/2014) a titolo d’acconto sul 100 per cento, al
netto delle ritenute applicate all’estero
Remunerazione del tipo qualificato con interpello Ritenuta del 12,5 per cento (20% dal 2012, 26% dal
favorevole
1/7/2014) a titolo d’acconto, sul 49,72 al netto delle
ritenute applicate all’estero
(*)Remunerazioni relative a partecipazioni al capitale o al patrimonio, titoli e strumenti finanziari e a contratti di
associazione in partecipazione e cointeressenza indeducibili nella determinazione del reddito del soggetto
emittente. Per i contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza si prescinde dalla circostanza che i
titoli dell'associante siano o meno negoziati.
Partecipazione qualificata
Dividendo estero
Dividendo in uscita
Senza interpello
10.000
10.000
Con
interpello
favorevole
10.000
10.000
Dividendo in entrata (netto frontiera)
10.000
10.000
Ritenuta d’acconto (20%) sulla quota imponibile
2.000
994,40 (20% sul
49,72%
di
10.000)
Ritenuta a titolo d’imposta (20%)
Imponibile (100% - 49,72%)
10.000
4.972
Irpef (43%)
4.300
2.137,96
Credito di imposta
Dividendo netto
5.700
7.862,04
Nel caso proposto i dividendi non scontano ritenute in uscita dallo Stato estero.
In Italia concorreranno alla base imponibile per l'intero ammontare o limitatamente al 49,72% a seconda dei
casi.
Partecipazione qualificata
Dividendo estero
Dividendo in uscita
interpello
Senza interpello Con
favorevole
10.000
10.000
10.000
10.000
Dividendo in entrata (netto frontiera)
10.000
10.000
Ritenuta d’acconto (26%) sulla quota imponibile
2.600
1.292,72 (26%
sul 49,72% di
10.000)
Ritenuta a titolo d’imposta (26%)
Imponibile (100% - 49,72%)
10.000
4.972
Irpef (43%)
4.300
2.137,96
Credito di imposta
Dividendo netto
5.700
7.862,04
Nel caso proposto i dividendi non scontano ritenute in uscita dallo Stato estero.
In Italia concorreranno alla base imponibile per l'intero ammontare o limitatamente al 49,72% a seconda dei
casi.
Partecipazione non qualificata
Dividendo estero
Dividendo in uscita
Senza interpello Con interpello
10.000
10.000
10.000
10.000
19
Dividendo in entrata (netto frontiera)
10.000
Ritenuta d’acconto (20%) sulla quota imponibile
Ritenuta a titolo d’imposta (20%)
Imponibile (100%)
Irpef (43%)
Credito di imposta
Dividendo netto
2.000
Partecipazione non qualificata
10.000
2.000
10.000
4.300
5.700
8.000
Dividendo estero
Dividendo in uscita
Senza interpello Con interpello
10.000
10.000
10.000
10.000
Dividendo in entrata (netto frontiera)
10.000
Ritenuta d’acconto (26%) sulla quota imponibile
Ritenuta a titolo d’imposta (26%)
Imponibile (100%)
Irpef (43%)
Credito di imposta
Dividendo netto
2.600
10.000
2.600
10.000
4.300
5.700
7.400
Con la circolare 37 del 30 maggio 2008, l’Assonime – occupandosi, ai fini Irpef, dell'innalzamento dal 40% al
49,72% della quota imponibile di dividendi e plusvalenze da partecipazioni qualificate prevista dal decreto 2
aprile 2008 –è intervenuta sul problema dell'esatta individuazione degli utili da sottoporre al regime di
"integrale" imposizione in Italia, nel caso in cui i dividendi distribuiti dalla società estera intermedia siano
attinti da riserve di utili alla cui formazione hanno concorso sia proventi di fonte black list, sia proventi
derivanti da Paesi a fiscalità ordinaria. Già con la circolare 38 del 17 luglio 2007, Assonime – dando rilevanza
a una sorta di principio di copertura di natura generale applicabile per masse complessive – riteneva corretto
considerare distribuiti al socio italiano, in via prioritaria e fino a concorrenza, gli utili prodotti dalla società
intermedia (non residente) che risultino presso di essa sottoposti a ordinaria imposizione. Si tratta dei risultati
positivi derivanti da iniziative economiche diverse e concorrenti rispetto agli investimenti in società black list –
tra i quali rientrano certamente anche i dividendi relativi a partecipazioni in società non black list –
che,congiuntamente con gli utili distribuiti da paradisi fiscali, concorrono a formare la provvista di utili della
società intermedia attribuibile sotto forma di dividendi al socio italiano.
Con la circolare 37, Assonime ribadisce il proprio orientamento, affermando, correttamente, che laddove fosse
consentito al socio italiano di ritenere i dividendi incassati relativi – fino a concorrenza – a utili prodotti dalla
società intermedia non di fonte black list, egli dovrebbe preoccuparsi solo di distinguere la quota di tali dividendi
riferibile a riserve di utili conseguiti dall'intermedia fino all'esercizio in corso al 31 dicembre 2007 da quella
attribuibile alle riserve di utili prodotti in esercizi successivi. Solo se si esaurirscono tali utili (quelli non black
list), si passerebbe a imputare il dividendo a quelli indirettamente provenienti da soggetti black list, da
sottoporre interamente a imposizione.
Qualora,invece, per l'individuazione degli utili "provenienti" da soggetti black list fosse, in ipotesi, adottato il
criterio cosiddetto " proporzionale" – in base al quale i dividendi percepiti dal socio italiano dovrebbero
considerarsi attinti dai dividendi di black list incassati dalla società intermedia e dagli altri redditi da essa
prodotti in proporzione alla loro entità – il socio si troverebbe a dover affrontare tutte le complessità derivanti
dall'operatività congiunta e simultanea del regime di imposizione integrale degli utili di black list e
dell'incremento della quota di imponibilità (da 40% a 49,72%) degli «utili qualificati » non di black list prevista
dal decreto 2 aprile 2008.
Assonime sottolinea come il regime di tassazione integrale in capo al socio italiano degli utili distribuiti da
società black list alla società intermedia non dovrebbe trovare applicazione nel caso di utili di fonte black list
acquisiti – dalla società intermedia – nei periodi d'imposta antecedenti a quello di decorrenza del nuovo articolo
47, comma 4, del Tuir. Ciò attenuerebbe le difficoltà derivanti dalla congiunta operatività del regime di piena
imposizione degli utili di black list e della nuova quota di imponibilità degli utili non di black list. Il socio italiano,
infatti, almeno con riferimento al basket di dividendi riferibili a utili prodotti dalla società intermedia fino al
2007, si troverebbe a limitare la ricerca degli utili "provenienti" da residenti in paradisi fiscali solo ai più recenti
periodi d'imposta– coincidenti, nella generalità dei casi, con gli esercizi 2006 e 2007 – senza doversi preoccupare
di svolgere un'indagine analoga anche con riferimento a esercizi più risalenti nel tempo. In sostanza:
- gli utili di fonte black list sono tassati al 100% solo se prodotti a partire dal periodo d'imposta 2006;
20
- i dividendi si considerano formati in primo luogo con gli utili prodotti prima del 2006 e con gli utili non black
list prodotti fino al 31 dicembre 2007, che sono tassabili al 40%; per l'eccedenza con utili non black list prodotti
dopo il 31 dicembre 2007 e solo per l'ulteriore eccedenza con gli utili black list prodotti a partire dal 2006.
Solo in questo modo è garantito il principio costituzionale e comunitario dell'" affidamento".
Dopo l’integrazione al Tuir dell’ultimo periodo del comma 4 dell’art. 47, fatta dal Dlgs n. 247 del 2005 con effetto
per i periodi d’imposta che iniziano a decorrere dal 1 gennaio 2006, è ora specificato che gli utili e le plusvalenze
relative a contratti di associazione in partecipazione con apporto di capitale o misto stipulati con
associanti residenti in paesi no white list ex art. 168-bis del Tuir (fino al 2008, black list), al pari di quanto
previsto per le partecipazioni e i titoli, concorrono integralmente alla formazione del reddito del possessore, a
meno che (art. 47, comma 4, art. 89, comma 4, art. 68, comma 4, art. 87, commi 1 e 3 del Tuir) non sia stato
presentato, con esito favorevole, interpello dimostrando che l'emittente produce almeno il 75 per cento del
proprio reddito in un Paese white list ex art. 168-bis del Tuir (fino al 2008, non black list –in merito si veda il
commento all’art. 168-bis del Tuir). Per una trattazione organica dell’argomento si rimanda a quanto detto in
merito nel paragrafo a commento dell’art. 109 del Tuir.
La tassazione dei dividendi in uscita
Il comma 3, art. 27 del Dpr n. 600 del 1973, con riferimento agli utili corrisposti a soggetti non residenti (in
relazione a partecipazioni non relative a stabili organizzazioni) prevede l’applicazione di una ritenuta a titolo
d’imposta del 27 per cento (20 per cento dal 2012), indipendentemente:
- dalla circostanza che si tratti di utili relativi a partecipazioni qualificate o meno, e
- dalla natura del soggetto non residente, persona fisica o società.
Soltanto nel caso in cui la società non residente abbia una stabile organizzazione in Italia, se la partecipazione da
cui provengono gli utili è ad essa relativa, non si applica alcuna ritenuta e i dividendi seguono il regime ordinario
in capo alla stabile organizzazione.
Il comma 3, dell’art. 27 del Dpr 600/1973, specifica che la ritenuta del 27 per cento (20 per cento dal 2012) si
rende applicabile anche sugli utili degli strumenti finanziari assimilati alle azioni ai sensi dell’art. 44, comma 2,
lett. a), del Tuir e sugli utili derivanti dai contratti di associazione in partecipazione e di cointeressenza.
Fino al 2011 era prevista la riduzione dell’aliquota al 12,50 per cento per gli utili pagati agli azionisti di
risparmio.
Dal 2012 l'aliquota della ritenuta è ridotta all'11 per cento sugli utili corrisposti ai fondi pensione istituiti negli
Stati membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo
inclusi nella lista di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168bis del Tuir.
I soggetti non residenti, diversi dagli azionisti di risparmio, dai fondi pensione di cui al periodo precedente e
dalle società ed enti indicati nel comma 3-ter del Dpr 600/1973, hanno diritto al rimborso, fino a concorrenza di
un quarto della ritenuta (fino al 2011 quattro noni), dell'imposta che dimostrino di aver pagato all'estero in via
definitiva sugli stessi utili mediante certificazione del competente ufficio fiscale dello Stato estero . Il pagamento
dell’imposta estera può essere dimostrato mediante certificazione del competente ufficio fiscale estero.
La direttiva madre-figlia
Tale disciplina non si applica ai soggetti che rientrano nel campo di applicazione della Direttiva 90/435/CEE (cd.
Direttiva madre-figlia). In base a quanto previsto dall’articolo 27-bis del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600,
infatti, i soggetti in possesso dei requisiti richiesti dalla Direttiva madre-figlia hanno il diritto di chiedere
all’amministrazione il rimborso della ritenuta eventualmente operata dalla società che effettua la distribuzione
(comma 1), o, in alternativa, possono chiedere direttamente alla società figlia la non applicazione della ritenuta
alla fonte sugli utili distribuiti (comma 3).
Articolo 27 Bis - Rimborso della ritenuta sui dividendi distribuiti a soggetti non residenti – Dpr
600/1973
1. Le società che detengono una partecipazione diretta non inferiore al 20 per cento del capitale della società
che distribuisce gli utili, hanno diritto, a richiesta, al rimborso della ritenuta di cui ai commi 3, 3-bis e 3-ter
dell'articolo 27, se:
a) rivestono una delle forme previste nell'allegato della direttiva n. 435/90/CEE del Consiglio del 23 luglio
1990;
21
b) risiedono, ai fini fiscali, in uno Stato membro dell'Unione europea, senza essere considerate, ai sensi di una
Convenzione in materia di doppia imposizione sui redditi con uno Stato terzo, residenti al di fuori dell'Unione
europea;
c) sono soggette, nello Stato di residenza, senza fruire di regimi di opzione o di esonero che non siano
territorialmente o temporalmente limitati, ad una delle imposte indicate nella predetta direttiva;
d) la partecipazione sia detenuta ininterrottamente per almeno un anno.
1 bis. La disposizione del comma 1 si applica altresì alla remunerazione dei finanziamenti eccedenti di cui
all'articolo 44, comma 1, lettera e), del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della
Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 agli utili di cui all'articolo 44, comma 1, lettera f), del predetto testo unico,
nonché alle remunerazioni dei titoli e degli strumenti finanziari di cui all'articolo 44, comma 2, lettera a), del
medesimo testo unico, sempreché la remunerazione e gli utili siano erogati a società con i requisiti indicati nel
comma 1 che detengono una partecipazione diretta non inferiore al 20 per cento del capitale della società che,
rispettivamente, la corrisponde o li distribuisce.
2. Ai fini dell'applicazione del comma 1, deve essere prodotta una certificazione, rilasciata dalle competenti
autorità fiscali dello Stato estero, che attesti che la società non residente possieda i requisiti indicati alle lettere
a), b) e c) del comma 1, nonché una dichiarazione della società che attesti la sussistenza del requisito indicato
alla lettera d) del medesimo comma 1.
3. Ove ricorrano le condizioni di cui al comma 1, a richiesta della società beneficiaria dei dividendi, i soggetti di
cui all'art. 23 possono non applicare la ritenuta di cui ai commi 3, 3-bis e 3-ter dell'art. 27. In questo caso, la
documentazione di cui al comma 2 deve essere acquisita entro la data del pagamento degli utili e conservata,
unitamente alla richiesta, fino a quando non siano decorsi i termini per gli accertamenti relativi al periodo di
imposta in corso alla data di pagamento dei dividendi e, comunque, fino a quando non siano stati definiti gli
accertamenti stessi. Con decreto del Ministro delle finanze possono essere stabilite specifiche modalità di
attuazione mediante approvazione di appositi modelli.
[4. abrogato]
5. Le disposizioni di cui al presente articolo si applicano alle società di cui al comma 1 che risultano controllate
direttamente o indirettamente da uno o più soggetti non residenti in Stati della Comunità europea a condizione
che dimostrino di non detenere la partecipazione allo scopo esclusivo o principale di beneficiare del regime in
esame. A tal fine per l'assunzione delle prove si applicano le procedure di cui ai commi 12 e 13 dell'art. 11 della
legge 30 dicembre 1991, n. 413.
Tale norma dispone la non applicazione della menzionata ritenuta o, in alternativa, il rimborso della stessa, nel
caso in cui la casa madre residente in un altro Paese dell'Unione Europea soddisfi le seguenti condizioni:
1) rivestono una delle forme previste nell'allegato della direttiva n. 435/90/CEE del Consiglio del 23 luglio
1990;
2) le società che detengono una partecipazione diretta non inferiore al 20% del capitale della società che
distribuisce gli utili;
3) risiedono, ai fini fiscali, in uno Stato membro dell'Unione europea;
4) sono soggette, nello Stato di residenza, senza possibilità di fruire di regimi di opzione o di esonero che
non siano territorialmente o temporalmente limitati, ad una delle imposte indicate nell'allegato della
predetta direttiva;
5) la partecipazione sia detenuta ininterrottamente per almeno un anno.
Il problema del periodo minimo di detenzione - Corte di Giustizia europea con la c.d. sentenza Denkavit
del 17 ottobre 1996
Un tema che ha sollevato vivaci discussioni tra gli operatori riguardava la possibilità di non applicare la ritenuta
alla fonte sui dividendi, da parte della società "figlia" residente in Italia, nei casi in cui il requisito della
partecipazione ininterrotta per almeno un anno, da parte della società "madre" non residente, non fosse ancora
soddisfatto al momento del pagamento dei dividendi, ma vi fosse una sorta di im¬pegno a detenere la
partecipazione per il periodo minimo richiesto dalla norma.
Il tema era stato affrontato anche dalla Corte di Giustizia europea con la c.d. sentenza Denkavit del 17 ottobre
1996. Il caso riguardava una società di diritto olandese, la Denkavit International 13V, che alla data dei fatti
deteneva una parteci-pazione quasi totalitaria della Denkavit Futtermittel GmbH, una società di diritto tedesco.
Il 16 ottobre 1992 la controllata tedesca deliberò una distribuzione di divi-dendi chiedendo all'Amministrazione
Fiscale tedesca di ridurre la ritenuta alla fonte al 5% impegnandosi nel contempo a far sì che la partecipazione
nella società fi¬glia restasse superiore al 25% per un periodo ininterrotto di almeno due anni a far data dal
giorno in cui la quota di partecipazione aveva superato la soglia del 25%.
In quell'occasione l'Amministrazione tributaria rifiutò l'esenzione richiesta adducendo il mancato rispetto del
22
periodo di detenzione di 12 mesi al momento della delibera.
Successivamente il giudice di Appello, pur confermando l'incompatibilità delle richieste della Denkavit con la
normativa interna tedesca sospese il procedimento sottoponendo la questione alla Corte di Giustizia europea.
Il 17 ottobre 1996 la Suprema Corte, accogliendo le tesi della Denkavit, affermò che gli stati membri non
possono subordinare l'applicazione dell'esenzione dalla ritenuta alla fonte alla condizione che il periodo
minimo di possesso ininterrotto sia già verificato al momento della distribuzione degli utili.
Tuttavia la Corte ha statuito che gli Stati membri non sono obbligati a concedere l'esenzione senza ottenere
idonee garanzie circa il successivo versamento dell'imposta nel caso in cui la capogruppo non rispetti il periodo
minimo di partecipazione.
In seguito a questa sentenza molti Paesi membri si sono visti costretti a modificare la propria normativa interna
per adeguarla alle nuove interpretazioni della Corte di Giustizia.
Il legislatore italiano, con oltre due anni di ritardo, è intervenuto con la Legge 28 del 18 febbraio 1999 la quale,
modificando i primi due commi dell'art. 27-bis DPR 600/1973, ha definitivamente sancito che il periodo di
possesso della partecipazione può completarsi anche in un momento successivo alla distribuzione dei dividendi.
L'intervento del legislatore italiano è stato da taluni ritenuto superfluo in quanto la natura self executing della
sentenza della Corte dì Giustizia rendeva automaticamente inapplicabile l' art.27-bis nella parte contrastante
con i principi enunciati nella stessa, tuttavia la nuova normativa mette al riparo la società italiana nel caso in cui,
in seguito ad una distribuzione di dividendi senza ritenuta, la madre estera ceda la partecipazione prima che sia
decorso un anno dal giorno di acquisizione della stessa. Infatti, nel vigore del vecchio art. 27-bis, se
l'amministrazione finanziaria non avesse fatto propria la tesi della natura self executing delle sentenze della
Cor¬te, la controllata avrebbe potuto essere accertata per il mancato rispetto di una nor¬ma che alla lettera, nel
caso in cui non sia trascorso l'anno, prevedeva l'applicazione della una ritenuta alla fonte.
Sul tema la Cir. 19 giugno 2001, n. 60/E ha evidenziato che l'esenzione non può essere applicata direttamente
dal sostituto d'imposta italiano prima che sia trascorso il periodo di detenzione prescritto. Si tratta in realtà di
un'interpretazione della norma eccessivamente restrittiva ed in contrasto con i dettami della Corte di Giustizia
europea nonché con lo spirito della legge 28/99. La Suprema Corte, infatti, ha previsto per gli Stati membri la
possibilità di cautelarsi con idonee garanzie circa il recupero delle imposte dovute qualora le società non
rispettino i requisiti imposti dalla legge e non il diritto di negare l'immediata applicazione dell'esenzio¬ne
prevista dalla direttiva madre-figlia e ribadita dalla sentenza Denkavit. Si aggiunga inoltre il fatto che una simile
impostazione potrebbe disincentivare le società comunitarie ad investire in Italia a causa di queste restrizioni
nel rimpatrio de¬gli utili comportando. di fatto, una maggiore appetibilità per i regimi fiscali degli altri Paesi
europei e ponendosi in contrasto coni principi di libera circolazione di merci persone e capitali contenuti nel
trattato Cee e ribaditi dalla Suprema Corte in occasione di varie sentenze.
Uno spiraglio nuovo era emerso con la circolare 22 novembre 2004, n. 49, riguardanti il socio non residente di
una società di capitali che ha optato per il regime di trasparenza dove si chiarisce che l'opzione per la
trasparenza si considera validamente esercitata qualora la condizione richiamata dalla norma (la non
applicazione della ritenuta) si verifichi entro il primo periodo di trasparenza.
La risoluzione n. 109 del 29 luglio 2005 ha tolto ogni speranza chiarendo che tale intervento non si pone in
contrasto con la C.M. 60/2001 in quanto le considerazioni svolte nella circolare n. 49 del 2004 non rispondono
all'esigenza di disciplinare gli obblighi del sostituto d'imposta ma rilevano in un contesto diverso.
Come si può notare, la normativa è volta ad evitare comportamenti meramente speculativi precludendo
l'esenzione da ritenuta nel caso in cui la partecipazione nella figlia italiana non sia qualificata (inferiore al 20%) o
la stessa sia detenuta per un periodo di tempo ristretto (inferiore ad un anno).
Originariamente la direttiva madre figlia stabiliva che la non applicazione della ritenuta era concessa solamente
in presenza di una partecipazione minima del 25%. Successivamente la direttiva ha ridotto le soglie di
partecipazione utili ad accedere ai benefici "madre/figlia", con le seguenti modalità:
- 20% per gli utili distribuiti a partire dal 1° gennaio 2005;
- 15% per gli utili distribuiti a partire dal 1° gennaio 2007;
- 10% per gli utili distribuiti a partire dal l ° gennaio 2009.
La direttiva 123 è stata recepita nel nostro ordinamento ad opera del D.Lgs. 6 febbraio 2007, n. 49.
Il comma 2. dell’art. 27-bis prevede che ai fini del rimborso della ritenuta eventualmente applicata, deve essere
prodotta:
- una certificazione, rilasciata dalle competenti autorità fiscali dello Stato estero, che attesti che la società non
residente possieda i requisiti (indicati alle lettere a), b) e c) del co. 1 del Dpr 600/1973 e appena sopra
richiamati), nonché
23
- una dichiarazione della società che attesti la sussistenza del requisito indicato alla lettera d) del medesimo co. 1.
Il successivo co. 3 prevede che tali certificazioni devono essere acquisite dal sostituto d’imposta per evitare
l’applicazione della ritenuta.
Un tema di particolare rilevanza pratica che non ha mancato di suscitare dibattito in dottrina, riguarda il
momento di acquisizione delle certificazioni. Al riguardo, il comma 3 dell'art. 27-bis precisa che sia
necessaria l'acquisizione "preventiva" della documentazione di cui al comma 2, entro la data di pagamento degli
utili e della sua conservazione unitamente alla richiesta formale pervenuta dal beneficiario estero del reddito,
fino a quando non siano decorsi i termini per gli accertamenti relativi al periodo di imposta in corso alla data di
pagamento dei dividendi e, comunque, fino a quando non siano stati definiti gli accertamenti stessi.
Tale formulazione legislativa, tuttavia, è quella risultante dalle modifiche apportate al comma in commento
dall'art. l, comma 1, lettera d), del D.Lgs n. 49/2007. Il precedente testo, infatti, mancando della indicazione
precisa della necessità di raccolta della documentazione entro la data del pagamento, aveva creato notevoli
difficoltà applicative della norma e accesi dibattiti in dottrina, tali da rendere necessario un intervento
chiarificatore da parte del legislatore.
Il previgente testo della disposizione stabiliva che ove ricorressero le condizioni di cui al comma 1, a richiesta
della società beneficiaria dei dividendi, era possibile non applicare la ritenuta di cui al terzo comma dell'alt 27. In
questo caso, la documentazione di cui al comma 2 doveva essere acquisita unitamente alla richiesta e conservata
fino a quando non siano decorsi i termini per gli accertamenti.
Il comma 2 del D.Lgs. 49/2007, tuttavia, retroagisce la validità del disposto normativo agli utili distribuiti dal 1°
gennaio 2005, facendo sì che, come nel caso ad oggetto, l'Amministrazione Finanziaria possa disconoscere la
disapplicazione della ritenuta fiscale anche per quelle distribuzioni avvenute in vigenza della precedente
versione del comma 3 dell'art. 27-bis.
In tal caso, pertanto, l'intervento dell'accertatore potrebbe rilevare un mancato assolvimento di un obbligo
normativo, causato non da una mancanza del contribuente, bensì da una lacuna normativa che aveva lasciato
adito a diverse interpreta¬zioni. In altre parole, i verificatori potrebbero non accettare l'acquisizione della
documentazione in sede di verifica, ritenendo che la stessa dovesse trovarsi nella di¬sponibilità della società
italiana al momento del pagamento dei dividendi.
Nel caso in cui la direttiva madre figlia non possa trovare applicazione, rimangono applicabili le ritenute secondo
le aliquote ridotte previste nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia, che sono
normalmente più favorevole di quella prevista dall’articolo 27 (tra il 5 e il 15 per cento, in base all’articolo 10 del
Modello OCSE).
I dividendi corrisposti alle società e agli enti residenti nella UE e nel SEE
L'art. 1 co. 67, lett. a) n. 4 della legge 244/2007 ha previsto il comma 3-ter all'art. 27 del DPR 600. Tale
disposizone prevede una ritenuta a titolo di imposta nella misura dell'1,375% sugli utili corrisposti alle
società e agli enti soggetti ad un'imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell'Unione europea
e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi in una nuova white list
che dovrà essere emanata con decreto del ministro dell'Economia e delle finanze ai sensi del nuovo art.168-bis
del Tuir introdotto dall'art. 1, co. 83 lett. n).
Articolo 27 - Ritenuta sui dividendi – Dpr 600/1973
(…)
3-ter. La ritenuta è operata a titolo di imposta e con l'aliquota dell'1,375 per cento sugli utili corrisposti alle
società e agli enti soggetti ad un'imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell'Unione europea e negli
Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al decreto del
Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del testo unico delle imposte sui
redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ed ivi residenti, in relazione
alle partecipazioni, agli strumenti finanziari di cui all'articolo 44, comma 2, lettera a), del predetto testo unico e
ai contratti di associazione in partecipazione di cui all'articolo 109, comma 9, lettera b), del medesimo testo
unico, non relativi a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato.
(…)
24
Per quanto riguarda la natura dei soggetti beneficiari, si tratta, in linea di principio, dei medesimi soggetti che,
in presenza delle ulteriori condizioni previste dal richiamato articolo 27-bis del D.P.R. 600/1973, possono
beneficiare dell’esenzione dalla ritenuta.
La ritenuta dell’1,375 per cento, infatti, si applica testualmente “sugli utili corrisposti alle società e agli enti
soggetti ad un’imposta sul reddito delle società”, con esclusione, quindi,
- dei soggetti non residenti persone fisiche e
- degli enti non residenti che non scontano le imposte societarie (e cioè, in linea di principio e salvo
quanto diversamente previsto da specifiche normative locali, società di persone, associazioni, trust).
Per quanto riguarda la localizzazione dei beneficiari, il co. 3-ter dell’articolo 27 prevede che la ritenuta ridotta
si applichi alle società e agli enti “soggetti ad un’imposta sul reddito delle società negli Stati membri dell’Unione
europea e negli Stati aderenti all’Accordo sullo spazio economico europeo che sono inclusi nella lista di cui al
decreto del Ministro dell’economia e delle finanze emanato ai sensi dell’articolo 168-bis del testo unico delle imposte
sui redditi, di cui al decreto del presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, ed ivi residenti”.
Ne consegue che, per beneficiare della ritenuta ridotta, gli enti e società esteri devono soddisfare
congiuntamente due condizioni:
1) essere residenti in uno Stato membro della UE o in uno Stato aderente allo Spazio Economico
Europeo (SEE) che sono inclusi nella lista dei Paesi che consentono un adeguato scambio di
informazioni (cosiddetta white list) di cui al decreto ministeriale emanato ai sensi dell’articolo 168-bis,
comma 1, del TUIR;
2) essere soggetto passivo ai fini della locale imposta sul reddito delle società.
Con riguardo al primo requisito, si ricorda che nelle more dell’emanazione del citato decreto, si fa riferimento
alla lista di cui al decreto del Ministero delle finanze 4 settembre 1996 e successive modificazioni che contiene
l’elenco degli Stati con i quali è attuabile lo scambio di informazioni ai sensi delle convenzioni per evitare le
doppie imposizioni sul reddito in vigore con la Repubblica italiana. Si tratta della “white list” attualmente
utilizzata per individuare i Paesi che beneficiano dell’esonero dall’imposta sostitutiva per gli interessi, premi ed
altri frutti delle obbligazioni e titoli similari previsto dall’articolo 6, comma 1, del d.lgs. 1° aprile 1996, n. 239.
Attualmente l’unico Stato SEE incluso nella predetta lista è la Norvegia. L’Islanda e il Liechtenstein, anch’essi
facenti parte del SEE, non possono beneficiare invece della ritenuta ridotta dell’1,375 per cento prevista dal
comma 3-ter, in quanto non inclusi nella “white list”.
Con riferimento al secondo requisito, occorre precisare che la condizione di soggetto passivo della locale imposta
sul reddito delle società va interpretata come assoggettabilità di carattere generale ad imposizione, soddisfatta
da tutte quelle società potenzialmente soggette all'IRES (o alle corrispondenti imposte cui sono soggetti le
società e gli enti non residenti), indipendentemente dalla circostanza che “godono, di fatto, di agevolazioni
comunque compatibili con la normativa comunitaria” (cfr. circolare 2 novembre 2005, n. 47, par. 2.2., in
relazione ad analogo requisito previsto dalla Direttiva 2003/49/CE, cd. Direttiva “interessi e canoni”).
Ne consegue che possono fruire della ritenuta ridotta tutte le società o enti ai quali è riconosciuta soggettività
passiva ai fini delle imposte societarie, inclusi quelli che non pagano imposte in virtù di particolari esenzioni
oggettive collegate alla tipologia del reddito da loro prodotto (es. esenzione sui passive income) o del luogo in cui
è svolta l’attività. Non beneficiano della ritenuta ridotta, per converso, gli enti e le società estere che non
rientrano nel presupposto soggettivo di applicazione del tributo.
In merito agli adempimenti, la Cir. 26/E del 2009 prevede che, conformemente a quanto disposto in via
generale, i soggetti residenti che corrispondono gli utili applicheranno la ritenuta ridotta solo previa richiesta dei
beneficiari non residenti. La richiesta deve essere corredata di idonea certificazione di residenza e di status
fiscale rilasciata dalle autorità fiscali del Paese di appartenenza, analogamente a quanto richiesto dall’articolo 27bis del DPR 600/1973 ai fini dell’applicazione dell’esenzione madre-figlia.
In mancanza di questa richiesta documentata gli utili continueranno a scontare l’aliquota ordinaria del 27 per
cento o quella più favorevole prevista dalla Convenzione applicabile.
A loro volta, i soggetti non residenti che percepiscono utili di fonte italiana assoggettati alla ritenuta ridotta
possono chiedere ad emittenti ed intermediari la certificazione degli utili prevista dall’articolo 4, commi 6-ter e
6-quater, del DPR 22 luglio 1988, n, 322. La certificazione – che può essere utilizzata per ottenere nel Paese di
residenza, ove previsto, il credito d’imposta relativo alle imposte pagate in Italia – deve essere rilasciata entro il
28 febbraio dell’anno successivo a quello in cui il pagamento è stato effettuato.
La modifica ha quale fine quello di rendere compatibile il regime italiano delle ritenute sui dividendi in uscita
con i principi relativi alla libertà di stabilimento e alla libera circolazione dei capitali garantite tanto dal Trattato
CE, quanto dal Trattato sullo Spazio Economico Europeo (SEE), così come richiamati da alcune recenti sentenze
della Corte di Giustizia (cfr. soprattutto la sentenza 14 dicembre 2006, C-170/05, Denkavit Internationaal e la
sentenza 8 novembre 2007, causa C-379/05, Amurta) e della Corte EFTA (sentenza 23 novembre 2004, causa E25
1/04, Fokus Bank ASA). L’articolo 1, comma 67, della legge Finanziaria afferma espressamente che le modifiche
alle disposizioni che contengono la disciplina dei dividendi in uscita sono apportate “in attuazione del parere
motivato della Commissione delle Comunità europee n. C(2006)2544 del 28 giugno 2006”.
La ratio delle modifiche introdotte dalla legge Finanziaria, dunque, è essenzialmente quella di livellare il carico
impositivo gravante sui dividendi corrisposti a soggetti residenti nella UE e nel SEE a quello gravante sui
dividendi corrisposti a soggetti residenti, conformemente al principio di non discriminazione e alle libertà
fondamentali di stabilimento e di circolazione dei capitali.
Si noti come qualora i soggetti UE beneficiari dei dividendi posseggano i requisiti previsti per l’applicazione della
Direttiva madre-figlia, la disciplina di cui all’articolo 27-bis prevale rispetto a quella prevista dal nuovo comma
3-ter: ai dividendi corrisposti da società “figlie” residenti a società “madri” non residenti, pertanto, non si applica
la ritenuta dell’1,375 per cento, ma continua ad applicarsi il regime comunitario, che prevede, in alternativa,
l’esenzione totale dei dividendi distribuiti dalla ritenuta o il rimborso integrale della medesima. Ne consegue che,
qualora i soggetti UE beneficiari dei dividendi non posseggano i requisiti previsti per l’applicazione della
Direttiva madre-figlia, di cui all’art. 27-bis del DPR n. 600 del 1973, trova applicazione il regime “ordinario” e la
misura della ritenuta ridotta. In tal senso si è espressa anche l’Agenzia delle entrate nella Cir. 26/E del 2009.
Conformemente a quanto avviene in generale per gli utili distribuiti a soggetti non residenti, la ritenuta prevista
dal citato comma 3-ter è operata a titolo d’imposta e si applica sugli utili corrisposti “in relazione alle
partecipazioni, agli strumenti finanziari di cui all’articolo 44, comma 2, lettera a), del predetto testo unico e ai
contratti di associazione in partecipazione di cui all’articolo 109, comma 9, lettera b), del medesimo testo unico, non
relativi a stabili organizzazioni nel territorio dello Stato”.
Considerato che le nuove norme sono costruite in modo tale da livellare il carico fiscale gravante sui dividendi
distribuiti a soggetti residenti e quelli distribuiti a soggetti residenti negli Stati membri della UE e del SEE ne
consegue che, a differenza delle ritenute effettuate ai sensi del comma 3 dell’articolo 27, non è previsto alcun
rimborso delle ritenute ridotte effettuate ai sensi del comma 3-ter del medesimo articolo.
La disciplina si applica a decorrere dal 1° gennaio 2008 come previsto dall’articolo 3, comma 164, della legge
Finanziaria per il 2008. In particolare, l’articolo 1, comma 68, della legge Finanziaria stabilisce espressamente
che la ritenuta ridotta si applica agli utili “formatisi” a partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 31
dicembre 2007.
In proposito, la Cir. 26/E del 2009 precisa che la nuova disciplina opera con riferimento “agli utili ‘formatisi’ a
partire dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007” e che “La riduzione non trova dunque
applicazione riguardo agli utili generati negli esercizi precedenti, per i quali continua a valere la maggiore ritenuta
pari al 27 per cento”.
Successivamente, la Corte di giustizia delle Comunità europee, con sentenza del 19 novembre 2009, emessa nella
causa C-540/07, ha stabilito che “La Repubblica italiana, avendo assoggettato i dividendi distribuiti a società
stabilite in altri Stati membri ad un regime fiscale meno favorevole di quello applicato ai dividendi distribuiti alle
società residenti, è venuta meno agli obblighi che le incombono in forza dell’art. 56, n. 1, CE”.
I Giudici europei hanno inoltre affermato che “l’interpretazione che la Corte, nell’esercizio della competenza
attribuitale dall’art. 234 CE, fornisce di una norma di diritto comunitario chiarisce e precisa il significato e la
portata della norma stessa, quale deve o avrebbe dovuto essere intesa ed applicata sin dal momento della sua
entrata in vigore …, a meno che la Corte non abbia limitato per il passato la possibilità di invocare la disposizione
così interpretata …” (cfr. punto 63 della predetta sentenza).
Sulla specifica problematica è quindi tornata nuovamente l’Agenzia delle entrate dopo aver acquisito il parere
dell’Avvocatura generale dello Stato, reso con note part. n. 345623-AL 40368/10 dell’11 novembre 2010 e part.
n. 222981–AL 40368/10 del 6 luglio 2011. Nella Cir. 32/E del 2011 viene detto che “ anche per i dividendi
formatisi prima del 1° gennaio 2008 vada esclusa l’applicazione della ritenuta di cui all’art. 27, comma 3, del DPR n.
600 del 1973, dovendosi invece applicare - al pari dei dividendi distribuiti alle società residenti - il regime
“ordinario”, che prevede l’assoggettamento a tassazione del solo 5 per cento dell’imponibile”.
Ne consegue che ai dividendi corrisposti alle società e agli enti residenti nella UE e nel SEE, anche se formatisi
prima del 1° gennaio 2008, è applicabile una ritenuta ridotta rispetto a quella prevista dal citato comma 3
dell’art. 27.
Le convenzioni
26
Qualora non fosse possibile applicare la direttiva madre figlia, in luogo della tassazione prevista dalla normativa
interna, potranno trovare applicazione le convenzioni contro le doppie imposizioni. Il Modello Ocse stabilisce
all'art. 10 che i dividendi sono tassati nello stato del percettore, ma che il Paese della fonte può operare una
tassazione, generalmente mediante ritenuta alla fonte, del 5% o del 15% a seconda della quota di partecipazione.
Modello Ocse - Art. 10
1. I dividendi pagati da una società residente in uno stato contraente ad un residente di un altro stato possono
essere tassati in questo altro Stato.
2. Tuttavia tali dividendi possono essere tassati anche nello Stato del quale la società pagante è resi¬dente ed
in base alla disciplina di tale stato, ma se il beneficiano economico dei dividendi è resi¬dente nell'altro Stato
l'imposta non può eccedere:
a) il 5% dell'ammontare lordo dei dividendi se il beneficiano economico è una società (diversa da una società di
persone) che detiene almeno il 25% del capitale della società che paga i dividendi;
b) il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi.
Le autorità compententi degli Stati contraenti disporranno di comune accordo le modalità applicative di queste
limitazioni.
Questo paragrafo non riguarda la tassazione della società sugli utili dai quali derivano i dividendi.
3_ Il termine dividendi, come utilizzato in questo articolo, designa i redditi derivanti da azioni, da azioni o diritti
di godimento, da quote minerarie, da quote di fondazione o altri diritti, ad eccezione dei crediti, da quote di
partecipazione agli utili, nonché di quote sociali assoggettate allo stesso regime fiscale dei redditi delle azioni
secondo la legislazione dello stato di cui è residente la società erogante.
4. Le disposizioni dei paragrafi 1 e 2 non troveranno applicazione se il beneficiario economico dei dividendi
residente in uno Stato, svolge una attività nell'altro Stato dove risiede la società che paga i dividendi, attraverso
una stabile organizzazione e la partecipazione generatrice dei dividendi si ricolleghi effettivamente a tale stabile
organizzazione.
In tal caso si applicheranno le disposizioni dell'ad. 7.
5. Quando una società residente di uno stato contraente ricava utili o reddito dall'altro Stato, questo al¬tro
stato non può applicare alcuna imposta sui dividendi pagati dalla società, eccetto il caso in cui i dividendi sono
pagati ad un residente dell'altro Stato o che la partecipazione dei dividendi si ricolleghi effettivamente ad una
stabile organizzazione situata nell'altro Stato, né prelevare alcuna impo¬sta, a titolo di imposizione degli utili
non distribuiti, sugli utili non distribuiti dalla società, anche se i dividendi pagati o gli utili non distribuiti
costituiscono in tutto o in parte utili o redditi realizzati in detto altro Stato.
Paese
contraente
Dividendi
Albania
Art. 10
10%
Algeria
Ad. 10
15%
Argentina
Art. 10
15%
Armenia
Art. 10
Australia
Art. 10
15%
Austria
Bangladesh
Art. 10
Art. 10
Belgio
Ad. 10
15%
a) il 10% dell'ammontare lordo dei dividendi se il beneficiario effettivo È una società
che detiene direttamente o indirettamente almeno il 10% del capitale della società
che paga i dividendi;
b) il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi
15%
Brasile
Ad. 10
15%
Bulgaria
Art. 5
5%
Canada
Art 10
15%
Cina
Art. 10
10%
— il 5% se l'effettivo beneficiario è una società che ha posseduto almeno il 10%% del
capitale della società che paga i dividendi (questa quota deve essere di almeno
100.000 S o del suo equivalente in altra valuta) nel corso di un periodo di almeno
12 mesi precedenti la data in cui i dividendi sono stati dichiarati;
— il 10% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi
27
Cipro
Art. 10
a)
b)
Corea del Sud Art. 10
a)
b)
Costa d'Avorio Art. 10
Danimarca
Art. 10
— il 18% dell'ammontare lordo dei dividendi quando gli stessi sono pagati da
una società residente della Repubblica ivoriana che sia esonerata dall'imposta
sugli utili o non corrisponda detta imposta con l'aliquota normale;
— il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi, in ogni altro caso
a) lo
b)
Ecuador
Egitto
Art. 10
Art. 10
Emirati
Uniti
Arabi Art. 10
Estonia
Art. 10
Etiopia
Federazione
Russa
Art. 10
Art. 10
Filippine
Finlandia
Art. 10
Art. 10
Francia
Art. 10
per quanto concerne Cipro: i dividendi pagati da una società residente di Cipro ad
un residente dell'Italia sono esenti in Cipro da qualsiasi imposta applicabile ai
dividendi in aggiunta all'imposta applicabile agli utili o al reddito della società;
per quanto concerne l'Italia: i dividendi pagati da una società residente dell'Italia
ad un residente di Cipro sono imponibili in Italia ma l'imposta così applicata non
può eccedere il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi
il 10% dell'ammontare lordo dei dividendi se il beneficiario effettivo è una società
(diversa da una società di persone) che detiene direttamente almeno il 25% del
capitale della società che paga i dividendi;
il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi
0% dell'ammontare lordo dei dividendi se il beneficiario È una società (non di
persone) che detiene ed ha detenuto direttamente almeno il 25% del capitale
della società che distribuisce i dividendi per un periodo di dodici mesi anteriore
alla data in cui sono stati distribuiti i dividendi;
il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi
15%
Se i dividenti sono pagati da una società residente in Egitto ad un'altra residente
in Italia, detti dividendi saranno soggetti solo dall'imposta sul reddito derivante
da beni mobili, alla tassa per la difesa, per la sicurezza nazionale, alla tassa Jehad
e alle tasse supplementari. Se i dividendi sono pagati ad una persona fisica,
l'imposta generale sul reddito prelevata sull'imposta generale sul reddito
prelevata sull'imposta complessiva può altresì essere applicata ad un tasso non
superiore al 20%. I dividenti pagati possono essere detratti dall'ammontare del
reddito imponibile della società distributrice o dai profitti soggetti ad imposta
relativi ai profitti industriali e commerciali, se detti dividendi sono distribuiti al di
fuori di riserve accumulate o altre partite attive
a) il
5% dell'ammontare lordo dei dividendi se l'effettivo beneficiario possiede,
direttamente o indirettamente, almeno il 25% del capitale della società che paga
i dividendi;
b) il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi
a) il 5% dell'ammontare lordo dei dividendi se il beneficiano è una società (non di
persone) che detiene direttamente almeno il 10% del capitale della società che
distribuisce i dividendi;
b) il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi
10%
a) il 5% dell'ammontare lordo dei dividendi se il beneficiario è una società che
detiene direttamente almeno il 10% del capitale della società che distribuisce i
dividendi (tale quota di partecipazione deve essere pari almeno a 100.000
dollari statunitensi o l'equivalente di tale somma in altra valuta);
b) il 10% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi
15%
il 10% dell'ammontare lordo dei dividendi se l'effettivo beneficiario è una
società (diversa da una società di persone) che controlla direttamente più del
50% del capitale della società che paga i dividendi;
b) il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi
a) il 5% dell'ammontare lordo dei dividendi se l'effettivo beneficia rio è una
società assoggettabile all'imposta sulle società che ha detenuto direttamente o
indirettamente nel corso di un periodo di almeno 12 mesi precedenti la data della
delibera di distribuzione dei dividendi, almeno il 10% del capitale della società
che paga i dividendi;
b) il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi, in tutti gli altri casi
a)
28
Georgia
Art. 10
a) il
5% dell'ammontare lordo dei dividendi se l'effettivo beneficia rio è una società
che ha posseduto almeno il 25% del capitale della società che paga i dividendi;
il 10% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi
b)
Ghana
Ad. 10
a) il
5% dell'ammontare lordo dei dividendi se l'effettivo beneficiario è una società
(diversa da una società di persone) che ha detenuto almeno il 10% del capitale
della società che paga i dividendi;
il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi
b)
Germania
Giappone
Art. 10
Ad. 10
15%
10% dell'ammontare lordo dei dividendi se il beneficiario è una società che
possiede almeno il 25% delle azioni con diritto di voto della società che paga tali
dividendi durante i sei mesi immediatamente precedenti la fine del periodo
contabile per il quale ha luogo la distribuzione degli utili;
b) il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi, in ogni altro caso
Grecia
India
Art. 10
Art. 11
Indonesia
Art. 10
15%
a) il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi se il beneficiario ef fettivo è una
società che detiene almeno il 10% delle azioni della società che corrisponde ai
dividendi;
b) il 25% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi
a)
il 10% dell'ammontare lordo dei dividendi se la persona che percepisce i
dividendi stessi è una società (diversa da una società di persone) che detiene
direttamente almeno il 25% del capitale della società che paga l dividendi;
il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi.
b)
Irlanda
Art. 5
Islanda
Art. 10
a) il
10%
a)
b)
Israele
Art. 10
a) il
b)
Jugoslavia Ex: Art. 10
(1)
il 5% dell'ammontare lordo dei dividendi, se l'effettivo beneficiario è una
società diversa da una società di persona che ha posseduto direttamente o
indirettamente almeno il 10% del capitale della società che paga i dividendi per
un periodo di almeno 12 mesi anteriormente alla data di cui sono stati dichiarati
i dividendi;
il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi.
10% dell'ammontare lordo dei dividendi se il beneficiario è una società
(diversa da una società di persone) che possiede almeno il 25% del capitale della
società che distribuisce i dividendi;
il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi
10%
29
Kazakhistan
Art. 10.
a)
b)
Kuwait
Art. 10
Lettonia
Art. 10
Se l'effettivo beneficiano dei dividendi possiede, direttamente o indirettamente il
25% o più del capitale della società che paga i dividendi, tali dividendi possono
anche essere tassati nello Stato contraente di cui la società che paga i dividendi è
residente ed in conformità alla legislazione di detto Stato, ma l'imposta così ap plicata non può eccedere il 5% dell'ammontare lordo dei dividendi
a)
b)
Lituania
Art. 10
a)
b)
Lussemburgo Art. 10
Macedonia
Art. 10
Art. 10
Malta
Art. 10
il 5% dell'ammontare lordo dei dividendi se il beneficiario è una società (non di
persone) che detiene direttamente almeno il 10% del capitale della società che
distribuisce i dividendi;
il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi
il 5% dell'ammontare lordo dei dividendi se il beneficiario è una società (non di
persone) che detiene direttamente almeno il 10% del capitale della società che
distribuisce i dividendi;
il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi
15%
a)
b)
Malaysia
il 5% dell'ammontare lordo dei dividendi se il beneficiario effettivo è una
società che detiene direttamente almeno il 10% del capitale della società che
paga i dividendi;
il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi,
il 5% dell'ammontare lordo dei dividendi se il beneficiario è una società (non di
persone) che detiene direttamente almeno il 25% del capitale della società che
distribuisce i dividendi;
il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi
10% dall'Italia
0% dalla Malaysia
se i dividendi sono pagati da una società residente dell'Italia ad un residente di
Malta che ne sia il beneficiario effettivo, l'imposta italiana così applicata non
può eccedere il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi;
b) se i dividendi sono pagati da una società residente di Malta ad un residente
dell'Italia che ne sia il beneficiario effettivo:
(I) l'imposta maltese non può eccedere quella applicabile a carico
della società che paga i dividendi per gli utili così distribuiti;
(Il) nonostante le disposizioni del subparagrafo (I), l'imposta maltese non può
eccedere il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi se tali dividendi sono pagati
con profitti od utili prodotti negli anni per i quali la società beneficia di
agevolazioni fiscali in base alle norme che regolano in Malta la concessione30di
incentivi all'industria, e l'azionista presenti dichiarazioni e documentazioni
contabili alle autorità fiscali maltesi con riferimento ai redditi assoggettabili alla
imposta maltese per il relativo anno di accertamento
a)
Marocco
Art. 10
Mauritius
Art. 10
Messico
Art. 10
15%
Mozambico
Ad. 10
15%
Norvegia
Art. 10
15%
Nuova Zelanda Ad. 10
15%
Oman
Art. 10
a) il 10% dell'ammontare lordo dei dividendi se il beneficiario dei dividendi è una
società (escluse le società di persone) che possiede direttamente almeno il 25%
del capitale della società che paga i dividendi (paragrafo così sostituito dall'art. 2,
protocollo 28 maggio 1979);
b) il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi. in ogni altro caso. Le autorità
competenti degli Stati contraenti regoleranno di comune accordo le modalità di
applicazione di tale limitazione. 11 presente paragrafo non riguarda l'imposizione
società
per gli utili con
i quali
stati pagati
a)della
il 5%
dell'ammontare
lordo
deisono
dividendi
se iladividendi
persona che percepisce i
dividendi stessi è una società (diversa da una società di persone) che detiene
direttamente almeno il 25% del capitale della società che paga i dividendi;
b) il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi
a)
b)
Paesi Bassi
Al. 10
Pakistan
Art. 10
I) il 5% dell'ammontare lordo dei dividendi se il beneficiario effettivo è una
società che ha detenuto oltre il 50% delle azioni con diritto di voto della società
che paga i dividendi durante un periodo di 12 mesi precedenti la data della
delibera di distribuzione dei dividendi, e
Il) il 10% dell'ammontare lordo dei dividendi se il beneficiario effettivo è una
società che non ha diritto ai trattamento previsto al punto precedente (I) ma che
ha detenuto il 10% o più delle azioni con diritto di voto della società che paga i
dividendi durante un periodo di 12 mesi precedenti la data della delibera di
distribuzione dei dividendi; e
b) il 15%, in tutti gli altri casi
a)
a)
b)
Polonia
Art. 10
il 5% dell'ammontare lordo dei dividendi se il beneficiario è una società (non di
persone) che detiene direttamente almeno il 15% del capitale della società che
distribuisce i dividendi:
il 10% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi
il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi se la società beneficiaria detiene
direttamente almeno il 25% del capitale della società che paga i dividendi e
quest'ultima esercita un'attività industriale;
il 25% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi
10%
31
Portogallo
Art. 10
Regno Unito
Ad. 10
15%
a) n 5% dell'ammontare lordo dei dividendi se l'effettivo beneficiario è una societ à
che controlla, direttamente o indirettamente, almeno il 10% del potere di voto
della società che paga i dividendi;
il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi
b)
Repubblica
Ceca
Ad. 10
15%
Repubblica
Sia- vacca
Art. 10
15%
Romania
Art. 10
10%
Senegal
Art. 10
15%
Siria
Art. 10
a)
b)
il 5% dell'ammontare lordo dei dividendi se l'effettivo beneficia no è una società
che possiede almeno il 25% del capitale della società che paga i dividendi;
il 10% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi
Singapore
Ad. 10
10%
Spagna
Ad. 10
15%
Sri Lanka
Art. 10
a)
b)
Stati Uniti
Ad. 10
Sud Africa
Art. 10
(I) il 5% dell'ammontare lordo dei dividendi se il beneficiano effettivo è una
società che ha posseduto più del 50% delle azioni con diritto di voto della
società che paga i dividendi per un periodo di 12 mesi avente termine alla data
della delibera di distribuzione dei dividendi; e
(li) il 10% dell'ammontare lordo dei dividendi se il beneficiario effettivo è una
società che non può usufruire dei vantaggi di cui al punto (I), ma che ha
posseduto il 10% o più delle azioni con diritta di voto della società che paga i
dividendi per un periodo
di 12 mesi avente termine alla data della delibera di distribuzione dei dividendi, a
condizione che non oltre il 25% del reddito lordo della società che paga i
dividendi provenga da interessi e dividendi (diversi dagli interessi derivanti
dall'esercizio di attività bancarie o finanziarie e dagli interessi o dividendi
ricevuti da società sussidiarie); e
b) il 15% dell'ammontare lordo dei dividenti in tutti gli altri casi
a)
a)
b)
Svezia
Ad. 10
per quanto concerne la Repubblica italiana, l'imposta applicata alla fonte non
può eccedere il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi;
per quanto concerne lo Sri Lanka, l'imposta così applicata non può eccedere il
15% dell'ammontare lordo dei dividendi
a)
b)
il 5% dell'ammontare lordo dei dividendi se l'effettivo beneficia rio è una società
che ha posseduto almeno il 25% del capitale della società che paga i dividendi
per un periodo di 12 mesi che termini alla data della delibera di distribuzione
dei dividendi.
il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi, in tutti gli altri casi.
il 10% dell'ammontare lordo dei dividendi se il beneficiario dei dividendi è una
società (escluse le società di persone) che dispone direttamente del 51% del
capitale della società che paga i dividendi;
il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi, in tutti gli altri casi
Svizzera
Ad. 10
15%
Tanzania
Art. 10
10%
32
Thailandia
Art. 10
a) l'imposta thailandese non può eccedere:
il 20% dell'ammontare lordo dei dividendi se la società che paga i dividendi
esercita una attività industriale o se il beneficiario dei dividendi È una società
residente dell'Italia che possiede almeno il 25% delle azioni con potere di voto
della società che paga i dividendi stessi;
2. il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi se la società che paga i dividendi
esercita una attività industriale ed il beneficiario dei dividendi E una società
dell'Italia che possiede
ii 25%
azioni con èpotere
di voto
a) residente
il 10% dell'ammontare
lordo deialmeno
dividendi
se delle
il beneficiario
una società
della
prima
società;
(escluse le società di persone) che possiede direttamente almeno il 25% del
b)capitale
l'imposta
italiana
non
eccedere:
della
società
chepuò
paga
i dividendi;
1.
il
20%
dell'ammontare
lordo
dividendi,
salvo
checaso
non si applichi il sub
b) il 20% dell'ammontare lordo deidei
dividendi,
in ogni
altro
paragrafo 2);
2. il 15% dell'ammontare lardo dei dividendi, se il beneficiario dei dividendi è una
società residente della Thailandia che possiede almeno il 25% delle azioni con
potere di voto della società che paga i dividendi
15%
1.
Trinidad
Tobago
e Ad. 10
Tunisia
Ad. 10
Turchia
Ad. 10
Ucrania
Art. 10
15%
a)
b)
il 5% dell'ammontare lordo dei dividendi se il beneficiario è una società (non di
persone) che detiene direttamente almeno il 20% del capitale della società che
distribuisce i dividendi;
il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi
Uganda
Art. 10
15%
Ungheria
Ad. 10
10%
Unione
Sovietica
Ad. 8
15%
33
Uzbekistan
Ad. 10
10%
Venezuela
Art. 10
10%
Vietnam
Art. 10
Zambia
Ad. 10
il 5% dell'ammontare lordo dei dividendi se il beneficiario è una società (non di
persone) che detiene direttamente almeno il 70% del capitale della società che
distribuisce i dividendi;
b) il 10% dell'ammontare lordo dei dividendi se il beneficiario è una società (non di
persone) che detiene direttamente almeno il 25% e fino a un massimo del 70%
del capitale della società che distribuisce i dividendi;
e) il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi in tutti gli altri casi
a) il 5% dell'ammontare lordo dei dividendi se il beneficiario dei dividendi è una
società (escluse le società di persone) che possiede direttamente almeno il 25%
del capitale della società che paga i dividendi;
b) il 15% dell'ammontare lordo dei dividendi, in ogni altro caso
a)
Tabella riassuntiva
Tabella 1 - Dividendi percepiti da persone fisiche «private» residenti. Partecipazioni qualificate.
34
Dividendi corrisposti da:
Quota imponibile:
Rif. normativi
D.P.R. 917/1986
Ritenuta:
Rif. normativi
D.P.R. 600/1973
Società residente
40% (49,72%)
(art. 47, co. 1)
-(art. 27, co. 5)
Società non residente
white list
40% (49,72%)
(art. 47, co. 1)
12,5% (20% dal 2012, 26% dal 1/7/2014)a titolo
d’acconto 3
(art. 27, co. 4, lett. a)
Non quotata
100% 1, 2
(art. 47, co. 4)
12,5% (20% dal 2012, 26% dal 1/7/2014) a titolo
d’acconto 3
(art. 27, co. 4, lett. b)
Quotata
100% 1, 2
(art. 47, co. 4)
12,5% (20% dal 2012, 26% dal 1/7/2014) a titolo
d’acconto 3
(art. 27, co. 4, lett. a) e b)
Società non
residente
black list
Tabella 2 - Dividendi percepiti da persone fisiche «private» residenti . Partecipazioni non qualificate.
Dividendi corrisposti da:
Quota imponibile: Ritenuta:
Rif. normativi
Rif. Normativi
D.P.R. 917/1986
D.P.R. 600/1973
Società residente
100%
12,5% (20% dal 2012, 26% dal 1/7/2014) a titolo
d’imposta
(art. 27, co. 1)
Società non residente
white list
100%
12,5% (20% dal 2012, 26% dal 1/7/2014) a titolo
d’imposta 3, 4
(art. 27, co. 4, 1° periodo)
Non quotata
100%
(art. 47, co. 4)
12,5% (20% dal 2012, 26% dal 1/7/2014) a titolo
d’acconto 3
(art. 27, co. 4, lett. b)
Quotata
100%
12,5% (20% dal 2012, 26% dal 1/7/2014) a titolo
d’imposta 3, 4
(art. 27, co. 4, 1° periodo + lett. b)
Società
residente
black list
non
Tabella 3 - Dividendi percepiti da persone fisiche «private» non residenti. Partecipazioni qualificate e
non qualificate.
Dividendi corrisposti da:
Quota imponibile:
Rif. normativi
D.P.R. 917/1986
Ritenuta:
Rif. normativi
D.P.R. 600/1973
Società residente
100%
27% a titolo d’imposta 5
(art. 27, co. 3)
Fatta salva l’ipotesi di favorevole presentazione dell’interpello ex art. 167, co. 4, Tuir;
Fatto salvo il caso in cui gli utili siano già stati imputati ai soci ex artt. 167 o 168, Tuir;
3 La ritenuta deve essere applicata al cd. «netto frontiera» (art. 27, co. 4-bis, D.P.R. 600/1973);
4 Nel caso di dividendi riscossi senza l’intervento di alcun intermediario residente, il beneficiario è tenuto ad
applicare l’imposta sostitutiva del 12,5% (20% dal 2012, 26% dal 1/7/2014) in sede di dichiarazione (art. 18, Tuir);
1
2
35
Fino al 2011: l’aliquota è ridotta al 12,5% per gli utili pagati agli azionisti di risparmio. Gli azionisti non residenti
(diversi da quelli di risparmio) hanno diritto al rimborso, fino a concorrenza dei 4/9 della ritenuta, all’imposta che
dimostrano di aver pagato all’estero in via definitiva sugli stessi utili (art. 27, co. 3, D.P.R. 600/1973);
Dal 2012: l'aliquota della ritenuta è ridotta all'11 per cento sugli utili corrisposti ai fondi pensione istituiti negli
Stati membri dell'Unione europea e negli Stati aderenti all'Accordo sullo spazio economico europeo inclusi nella
lista di cui al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis del Tuir. I
soggetti non residenti, diversi dagli azionisti di risparmio, dai fondi pensione di cui al periodo precedente e dalle
società ed enti indicati nel comma 3-ter del Dpr 600/1973, hanno diritto al rimborso, fino a concorrenza di un
quarto della ritenuta, dell'imposta che dimostrino di aver pagato all'estero in via definitiva sugli stessi utili
mediante certificazione del competente ufficio fiscale dello Stato estero .
5
36
LA TASSAZIONE DEI GUADAGNI DI CAPITALE
Le plusvalenze da cessioni di partecipazioni in società estere detenute da un soggetto residente sono tassate
in Italia (principio della tassazione su base mondiale); analogamente, la plusvalenza è tassata nello Stato in cui
è stata prodotta (criterio di territorialità).
Per evitare la doppia tassazione le disposizioni convenzionali solamente riservano la potestà impositiva ad
uno solo dei paesi che, secondo l’art. 13 par. 5 del Modello Ocse è quello di residenza della società alienante.
Ne deriva quindi che se il soggetto alienante è residente in Italia, la plusvalenza originata dalla cessione
delle quote nella società estera è tassata esclusivamente nel nostro Paese. Le regole sono quelle previste per le
partecipazioni detenute in una società residente.
L'eventuale tassazione subita nello Stato estero non potrà essere scomputata come credito di imposta nel
nostro Paese. Ciò in considerazione del fatto che qualora direttive comunitarie o convenzioni
internazionali escludano la potestà impositiva dello Stato estero questonon concede crediti d’imposta. Il
suo recupero può non quindi che avvenire mediante richiesta di rimborso alla competente autorità fiscale
dello stato estero.
La tassazione delle società
L’art. 87 del Tuir stabilisce che concorrono parzialmente alla formazione del reddito imponibile in quanto in
parte esenti le plusvalenze realizzate su partecipazioni dotate dei quattro requisiti che danno luogo all’esenzione
(c.d. participation exemption). In caso contrario, vale a dire qual’ora la partecipazione venduta non presenta
anche solo uno dei quattro requisiti, ovvero qualora oggetto di cessione sono partecipazioni non immobilizzate, il
provento che ne deriva è soggetto integralmente a tassazione secondo le regole previste, rispettivamente, all’art.
86 e 85 del Tuir. In merito si veda quanto viene detto nello specifico paragrafo.
L’esenzione pex
Articolo 87 - Plusvalenze esenti - Tuir
1. Non concorrono alla formazione del reddito imponibile in quanto esenti nella misura del 95 per cento le
plusvalenze realizzate e determinate ai sensi dell'articolo 86, commi 1, 2 e 3, relativamente ad azioni o quote di
partecipazioni in società ed enti indicati nell'articolo 5 escluse le società semplici e gli enti alle stesse
equiparate, e nell'articolo 73, comprese quelle non rappresentate da titoli, con i seguenti requisiti:
a) ininterrotto possesso dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell'avvenuta cessione
considerando cedute per prime le azioni o quote acquisite in data più recente;
b) classificazione nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio chiuso durante il periodo
di possesso;
c) residenza fiscale della società partecipata in uno Stato o territorio di cui al decreto del Ministro dell'economia
e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168- bis, o, alternativamente, l'avvenuta dimostrazione, a seguito
dell'esercizio dell'interpello secondo le modalità di cui al comma 5, lettera b), dell'articolo 167, che dalle
partecipazioni non sia stato conseguito, sin dall'inizio del periodo di possesso, l'effetto di localizzare i redditi in
Stati o territori diversi da quelli individuati nel medesimo decreto di cui all'articolo 168- bis;
d) esercizio da parte della società partecipata di un'impresa commerciale secondo la definizione di cui
all'articolo 55. Senza possibilità di prova contraria si presume che questo requisito non sussista relativamente
alle partecipazioni in società il cui valore del patrimonio è prevalentemente costituito da beni immobili diversi
dagli immobili alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l'attività dell'impresa, dagli impianti
e dai fabbricati utilizzati direttamente nell'esercizio d'impresa. Si considerano direttamente utilizzati
nell'esercizio d'impresa gli immobili concessi in locazione finanziaria e i terreni su cui la società partecipata
svolge l'attività agricola.
1 bis. Le cessioni delle azioni o quote appartenenti alla categoria delle immobilizzazioni finanziarie e di quelle
appartenenti alla categoria dell'attivo circolante vanno considerate separatamente con riferimento a ciascuna
categoria.
2. I requisiti di cui al comma 1, lettere c) e d), devono sussistere ininterrottamente, al momento del realizzo,
37
almeno dall'inizio del terzo periodo d'imposta anteriore al realizzo stesso.
3. L'esenzione di cui al comma 1 si applica, alle stesse condizioni ivi previste, alle plusvalenze realizzate e
determinate ai sensi dell'articolo 86, commi 1, 2 e 3, relativamente alle partecipazioni al capitale o al
patrimonio, ai titoli e agli strumenti finanziari similari alle azioni ai sensi dell'articolo 44, comma 2, lettera a) ed
ai contratti di cui all'articolo 109, comma 9, lettera b). Concorrono in ogni caso alla formazione del reddito per il
loro intero ammontare gli utili relativi ai contratti di cui all'articolo 109, comma 9, lettera b), che non soddisfano
le condizioni di cui all'articolo 44, comma 2, lettera a), ultimo periodo.
4. Fermi rimanendo quelli di cui alle lettere a), b) e c), il requisito di cui alla lettera d) del comma 1 non rileva
per le partecipazioni in società i cui titoli sono negoziati nei mercati regolamentati. Alle plusvalenze realizzate
mediante offerte pubbliche di vendita si applica l'esenzione di cui ai commi 1 e 3 indipendentemente dal
verificarsi del requisito di cui alla predetta lettera d).
5. Per le partecipazioni in società la cui attività consiste in via esclusiva o prevalente nell'assunzione di
partecipazioni, i requisiti di cui alle lettere c) e d) del comma 1 si riferiscono alle società indirettamente
partecipate e si verificano quando tali requisiti sussistono nei confronti delle partecipate che rappresentano la
maggior parte del valore del patrimonio sociale della partecipante.
6. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche alle plusvalenze di cui all'articolo 86, comma 5-bis.
[7. abrogato ]
La norma è volta a evitare una duplicazione di tassazione accettata nel precedente sistema e evitabile solo
mediante un’opportuna articolazione a livello internazionale dei gruppi societari (il pensiero corre alla diffusa
prassi di creare apposite società holding, spesso mediante scambi azionari attuati in regime di neutralità ai sensi
della Direttiva Cee n. 90/434 del 23 luglio 1990, sul territorio dei predetti Paesi).
L’esenzione inizialmente prevista in misura piena, con le modifiche apportate alla norma dal Dl n. 203 del 2005,
è stata limitata al 95 e 91 per cento nel 2005, e all’84 per cento dal 2007. Con la Legge n. 244 del 2007
l’esenzione è toranta al 95 per cento. La modifica trova applicazione a decorrere dal periodo d’imposta
successivo a quello in corso al 31 dicembre 2007; quindi, nella generalità dei casi, si applica alle cessioni di
partecipazioni eseguite a far data dal 1° gennaio 2008. A tal fine occorre fare riferimento al momento in cui ai fini
delle imposte sui redditi si considera realizzata la plusvalenza e assume, pertanto, rilevanza il momento di
consegna dei titoli (o, se successivo, quello in cui si verifica l'effetto traslativo della proprietà).
Nei vari anni la quota di esenzione pex è cambiata nel seguente modo:
- per le partecipazioni cedute fino al 3 ottobre 2005 (data di entrata in vigore del Dl n. 203 del 2005) l’esenzione
è del 100 per cento;
- per quelle cedute dal 4 ottobre 2005 al 2 dicembre 2005 (data di entrata in vigore della legge di conversione
del Dl n. 2003 del 2005) è del 95 per cento;
- successivamente e fino al 31 dicembre 2006 è del 91 per cento;
- per quelle cedute dal 1 gennaio 2007 fino al 31 dicembre del 2007 è dell’84 per cento;
- per quelle cedute successivamente è del 95 per cento.
Per semplicità, di seguito si parla di esenzione parziale senza stare a indicare la parte soggetta a tassazione.
La detassazione quasi integrale dei dividendi societari e la detassazione delle plusvalenze per la cessione di
partecipazioni sono correlate dal fatto che la materia imponibile è in entrambi i casi rappresentata da utili, già
conseguiti o futuri. Questa correlazione inizialmente consisteva nell’esclusione del 95% dell’imponibile sui
dividendi e nella integrale detassazione della plusvalenza pex: nel susseguirsi delle novità normative degli ultimi
anni la percentuale di tassazione delle plusvalenze da partecipazioni pex è cresciuta fino alla misura del 16% del
2007.
La Legge n. 244 del 2007dispone che la percentuale di tassazione (5%), si applica alle cessioni eseguite a far data
dal 2008, ma laddove la partecipazione sia stata svalutata in periodi d'imposta antecedenti a quello in corso
al 1° gennaio 2004 (data di entrata in vigore dell'Ires), fino a concorrenza di dette svalutazioni, la percentuale
imponibile resterà del 16 per cento.
In pratica viene consentita l'applicazione della nuova percentuale di esenzione (95%) soltanto dal momento in
cui saranno state interamente compensate (mediante la tassazione al 16% di un pari importo di plusvalenze
realizzate post 31 dicembre 2007) le svalutazioni dedotte nei periodi d'imposta ante Ires, se non ancora
riassorbite entro il periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2007.
Letteralmente la norma prevede che “resta ferma l'esenzione in misura pari all'84 per cento per le plusvalenze
realizzate dalla predetta data fino a concorrenza delle svalutazioni dedotte ai fini fiscali nei periodi d'imposta
anteriori a quello in corso al 1° gennaio 2004”.
38
Per quanto concerne la determinazione della plusvalenza si applicano le regole previste per gli altri beni
plusvalenti e contenute al comma 2 dell’art. 86 del Tuir. Si ha quindi che la plusvalenza è determinata dalla
contrapposizione tra il corrispettivo conseguito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione e il costo
delle partecipazioni. Da questo si passa alla determinazione della plusvalenza tassata considerando l’entità della
parte esente.
La quota imponibile non può essere rateizzata in quote costanti, con la conseguenza che partecipa alla
formazione del reddito dell’esercizio in cui avviene la cessione (Cfr Circ. Ag. Entrate n. 6 del 13 febbraio 2006).
Possono avvalersi del regime di esenzione (ambito soggettivo):
- i soggetti passivi all’Ires, come individuati dall’art. 73 del Tuir, vale a dire le società per azioni ed in
accomandita per azioni, le società a responsabilità limitata, le società cooperative e di mutua assicurazione, gli
enti pubblici o privati che abbiano o meno per oggetto esclusivo principale l’esercizio di attività commerciali
residenti, le società ed enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato,
relativamente alle stabili organizzazioni;
- le società di persone (società in nome collettivo, in accomandita semplice e ad esse assimilate) e le persone
fisiche titolari di reddito d’impresa, per effetto del rinvio alle disposizioni contenute nell’art. 87, operato dall’art.
58, comma 2, del Tuir: in tali casi le plusvalenze per cessioni di partecipazioni societarie dotate dei requisiti pex
non saranno esenti ma tassate per il 49,72% del loro ammontare.
L’esenzione per i soggetti Irpef in regime d’impresa
Che regola è l’art. 58, comma 2 del Tuir in base al quale “le plusvalenze di cui all'art. 87 non concorrono alla
formazione del reddito imponibile in quanto esenti limitatamente al 60 per cento del loro ammontare”. Nella
sostanza tale norma prevede che:
- se viene ceduta una partecipazione che presenta i requisiti dell’art. 87 del Tuir, opera un concorso parziale al
reddito imponibile, in una percentuale fissata dal Tuir nella misura del 40 per cento del guadagno che ne deriva
(al pari di quanto previsto per la tassazione degli utili societari);
- in mancanza delle condizione d’esenzione, la tassazione è integrale.
La percentuale del 40 per cento è elevata al 49,72 per cento per i dividendi formati con utili prodotti (dalla
società distributrice) a decorrere dal 1 gennaio 2009. Conseguentemente la non imponibilità passa dal 60% al
50,28%. La stessa percentuale si applica per la determinazione della quota delle corrispondenti minusvalenze
non deducibile dal reddito imponibile. La nuova percentuali è contenuta nel decreto dell'Economia del 2 aprile
2008 ed è conseguente alla riduzione dell’imposizione Ires. In merito si veda quanto detto trattando della
tassazione dei dividendi per le persone fisiche non in regime d’impresa.
Tali categorie di contribuenti applicano il regime di esenzione qualora sussistano i requisiti che si va di seguito
ad illustrare.
Come evidenziato dall’Agenzia delle Entrate, nella Circ. n. 36/E del 2004 considerato che una delle condizioni
necessarie per fruire della participation exemption è l’iscrizione delle partecipazioni tra le immobilizzazioni
finanziarie, il regime in esame non può essere applicato per le plusvalenze realizzate a seguito della cessione di
partecipazioni detenute in regime d’impresa dai contribuenti c.d. “minori”, i quali determinano il reddito ai
sensi dell’art. 66 del Tuir. In merito si veda quanto detto più oltre.
Il regime dell’esenzione, qualora applicabile, assume significato (ambito oggettivo) per le cessioni di
partecipazioni in società di capitali e di persone.
La norma fa espresso riferimento alle azioni o quote di partecipazione in società ed enti di cui all’art. 5 del Tuir –
escluse le società semplici e gli enti alle stesse equiparate – e a quelle di cui all’art. 73 del Tuir.
Più precisamente si tratta delle operazioni di realizzo relative alle azioni e alle quote di partecipazione in società
di capitali, società cooperative, società di mutua assicurazione, società di persone, comprese le società di fatto
che abbiano per oggetto l’esercizio di attività commerciali, società di armamento, enti pubblici e privati diversi
dalle società, relativamente all’attività di impresa commerciale da essi esercitata, inclusi i consorzi e le
associazioni non riconosciute.
In base alla esplicita esclusione operata dall’art. 87, comma 1 del Tuir, l’esenzione non trova invece applicazione
in relazione a plusvalenze realizzate sulle quote di partecipazione in società semplici ed enti ad esse equiparati,
come le società di fatto che non abbiano per oggetto l’esercizio di attività commerciali e le associazioni
professionali senza personalità giuridica.
Può trattarsi anche di partecipazioni in un una società estera (art. 73, comma 1, lett. d) del Tuir) fermo restando i
limi posti per le società residenti in paesi a fiscalità privilegiata di cui si dirà più oltre.
Come specificato dall’Agenzia delle Entrate, con la Circ. n. 36/E del 2004, il regime di cui all’art. 87 del Tuir,
opera indipendentemente dalla percentuale di diritti patrimoniali o amministrativi detenuti, non essendo
richiesto alcuno specifico rapporto di controllo o di collegamento con la partecipata.
Per espressa previsione normativa, l’istituto in oggetto, trova applicazione, oltre che nel caso di cessione di
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partecipazioni, anche in caso di cessione di:
- contratti aventi a oggetto associazioni in partecipazione (di capitale o misto come individuato dall’art. 109,
comma 2, lett. b) del Tuir) il cui soggetto associante è italiano o estero. L’estensione si giustifica in ragione della
necessità di uniformare il trattamento tributario previsto per i contratti di associazione in partecipazione a
quello delle partecipazioni in società ed enti, qualora, per le caratteristiche dell’apporto (di capitale o misto), sia
possibile individuare una sostanziale identità di funzione economica tra gli strumenti e contratti, di cui al comma
3, art. 87 del Tuir, e le partecipazioni in società ed enti. Per una trattazione organica, anche con riferimento ai
rapporti con soggetti esteri si rimanda a quanto detto in merito nel paragrafo a commento dell’art. 109 del Tuir;
- strumenti finanziari similari alle azioni (comma 3, dell’art. 87 del Tuir) italiani o esteri, vale a dire, stando a
quanto previsto alla lett. a), comma 2, art. 44 del Tuir, quegli strumenti la cui remunerazione è costituita
totalmente dalla partecipazione ai risultati economici della società emittente o di altre società appartenenti allo
stesso gruppo o dell’affare in relazione al quale i titoli e gli strumenti finanziari sono stati emessi. L’estensione si
giustifica in ragione della necessità di uniformare il trattamento tributario previsto per tali strumenti a quello
delle partecipazioni in società ed enti, qualora, per le caratteristiche della remunerazione (totale partecipazione
ai risultati dell’emittente) sia possibile individuare una sostanziale identità di funzione economica tra gli
strumenti e contratti, di cui al comma 3, art. 87 del Tuir, e le partecipazioni in società ed enti. Per una trattazione
organica, anche con riferimento ai rapporti con soggetti esteri si rimanda a quanto detto in merito nel paragrafo
a commento dell’art. 109 del Tuir;
- azioni proprie, anche se cedute obbligatoriamente per ottemperare alle disposizioni di legge (in tal senso la
relazione al decreto legislativo); in merito l’Agenzia delle Entrate, con la Circ. n. 36 del 2004, ha chiarito che la
previsione contenuta all’art. 82 del Tuir, in base alla quale è riconosciuta la possibilità di rateizzare le
plusvalenze realizzate a seguito della cessione obbligatoria di azioni proprie a prescindere dal requisito
temporale e del possesso triennale di cui all’art. 86, comma 4 del Tuir, non va intesa come disposizione
derogativa rispetto al regime generale della participation exemption, il quale trova applicazione tutte le volte in
cui ricorrono i requisiti previsti dall’art. 87 del Tuir;
- diritto di usufrutto diretti d’opzione e obbligazioni convertibili; in merito, l’Agenzia delle Entrate, con la
Circ. n. 26/E del 2004, ha chiarito che il regime di esenzione trova applicazione a condizione che tali diritti siano
ceduti dallo stesso proprietario della relativa partecipazione. Solo in questo caso infatti, si è in presenza della
cessione di una quota parte del valore patrimoniale delle azioni o quote, che, in presenza dei requisiti dell’art. 87
del Tuir, può qualificarsi per l’esenzione.
Non trova invece applicazione nel caso di cessione di:
- quote di fondi comuni d’investimento e di partecipazioni alle Sicav; ciò in quanto non si ritiene rientrino
tra le “azioni e quote di partecipazioni in società ed enti”;
- pronti conto termine e prestito titoli; ciò in quanto, a seguito di cessione “pronti contro termine” non si
realizzano plusvalenze e quindi non può trovare applicazione il regime previsto dall’art. 87 del Tuir.
Coerentemente a tale impostazione, in capo al cedente a pronti non si verificherà – in caso di successiva
dismissione della partecipazione – interruzione del periodo di possesso rilevante ai fini della maturazione del
requisito previsto dalla lett. a), comma 1, dell’art. 87 del Tuir. Le medesime considerazioni valgono per le
operazioni di prestito titoli alle quali, ai sensi dell’art. 7, comma 2, del Dl n. 6 del 1996, si applicano anche le
disposizioni contenute nell’art. 94, comma 2 del Tuir. In tal senso si è espressa anche l’Agenzia delle Entrate nella
Circ. n. 36/E del 2004.
Le plusvalenze su azioni o quote di partecipazioni e, dopo la modifica apportata dal Dlgs n. 247 del 2006 al
comma 3 dell’art. 87 del Tuir, quelle su strumenti finanziari e contratti di associazione in partecipazione con
apporto di capitale o misto rilevano per l’esenzione quando sono realizzate mediante la cessione a titolo
oneroso ovvero in caso di assegnazione ai soci o destinazione a finalità estranee all’esercizio
dell’impresa. Prima della modifica, il cui effetto retroagisce al 1° gennaio 2004, la mancanza nel comma 3
dell’art. 87 del Tuir dell’esplicito rinvio al comma 3 dell’art. 86 del Tuir faceva ritenere che l’esenzione in caso di
assegnazione o di destinazione a finalità estranee all’esercizio dell’impresa assumesse significato unicamente in
caso di azioni o quote di partecipazioni (Cfr. Circ. Ag. Entrate n. 36/E del 2004).
Stando il disposto dell’art. 9, comma 5 del Tuir, in base al quale “ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni
relative alle cessioni a titolo oneroso valgono anche per gli atti a titolo oneroso che importano costituzione o
trasferimento di diritti reali di godimento”, rilevano per l’esenzione in esame anche le plusvalenze derivanti da
operazioni effettuate a titolo oneroso diverse dalla cessione propriamente intesa, ma che producono i medesimi
effetti giuridici, quali il conferimento, la permuta e lo scambio di azioni.
Il costo di carico fiscalmente riconosciuto al cessionario è pari al costo sostenuto per l’acquisizione della
partecipazione (e ciò, va aggiunto, anche qualora questa partecipazione non sia dotata, in capo al cessionario
medesimo dei requisiti dell’esenzione di cui all’art. 87 del Tuir). Ciò non determina alcun salto d’imposta, ma è
naturale implicazione delle innovazioni che caratterizzano l’attuale sistema impositivo e della participation
exemption, intesa non come regime agevolativo ma come logica conseguenza dell’abolizione del credito
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d’imposta sui dividendi (Cfr. Circ. Ag. Entrate n. 36 del 2004).
E’ quindi lasciata alla norma antielusiva generale (art. 37-bis del DpR n. 600 del 1973) il compito di reprimere
evenutuali operazioni elusive che ne potrebbero derivare.
La “riduzione” del provento soggetto a tassazione avviene mediante il riconoscimento di una quota esente; ciò a
differenza degli utili da partecipazione (dividendi) dove si parla invece di esclusione. La distinzione
terminologica assume una rilevanza sostanziale per la deduzione degli oneri sottostanti alla partecipazione,
poiché l’art. 109, comma 5 del Tuir, stabilisce la deducibilità dei soli costi che si riferiscono ad attività o beni la
cui derivano ricavi o proventi imponibili, o che non concorrono a formare il reddito in quanto “esclusi”.
In applicazione della predetta norma, secondo l’Agenzia delle Entrate (Cfr. Circ. n. 36/E del 2004) si può
desumere che:
- i costi connessi alla gestione delle partecipazioni risultano deducibili in quanto afferenti a proventi “esclusi”
dall’imponibile (ciò in coerenza con il criterio direttivo indicato all’art. 4, lett. d), della Legge n. 80 del 2003);
- i costi di cessione della partecipazione non sono deducibili in quanto correlati ad un provento esente, quale è
la plusvalenza realizzata in occasione di detta cessione.
In tal senso era dato di comprende il motivo della tassazione parziale nella misura del 95 per cento degli utili
societari, rispetto invece esenzione piena inizialmente prevista per i guadagni di capitale; tale tassazione, infatti,
non sembrava rispondere all’intenzione di riconoscere natura reddituale al dividendo, quanto piuttosto
all’esigenza di risolvere con criteri forfetari il problema dell’individuazione dei costi di gestione delle
partecipazioni che, in quanto afferenti a redditi non tassanti, andavano - e vanno tutt’ora - anch’essi esclusi dalla
formazione del reddito imponibile (Cfr. Circ. Assonime n. 32 del 14 luglio 2004).
Come evidenziato nella relazione ministeriale di accompagnamento al Dlgs n. 344 del 2003, se i costi
specificamente inerenti la cessione costituiscono oneri di diretta imputazione, vanno dedotti dal corrispettivo ai
fini di determinare la plusvalenza esente; diversamente essi sono imputati a conto economico tra le spese e
ripresi a tassazione nella dichiarazione dei redditi.
L’Agenzia delle Entrate (Cfr. Circ. n. 36/E del 2004) precisa che tra gli oneri accessori di diretta imputazione
sostenuti in occasione della cessione rientrano, ad esempio, le spese notarili, quelle per perizie tecniche ed
estimative e le provvigioni degli intermediari.
In merito ai costi riguardanti l’acquisto delle partecipazioni si pone il problema che in quel momento non è
dato di sapere se la partecipazione è o non è in esenzione. Secondo Assonime (Cfr. Circ. n. 38/E del 6 luglio 2005)
occorre trattarli tutti come oneri accessori di diretta imputazione a incremento del costo, cosichè se al momento
della cessione la partecipazione sarà dotata dei requisiti dell’esenzione si rileverà irrilevante l’imputazoine dei
costi d’acquisto ad incremento della partecipazione; se, viceversa, la cessione avverrà non in esenzione,
l’incremento del costo d’acquisto permetterà di determinare un minore imponibile.
I requisiti della Pex
Si è detto che la parziale esecuzione presuppone il contestuale verificarsi dei quattro requisiti:
a) il periodo di detenzione sia almeno pari a dodici mesi (c.d. holding period);
b) le partecipazioni siano iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie;
c) la società partecipata risieda in uno Stato o territorio della white list;
d) la società partecipata eserciti una effettiva attività commerciale (non si tratta di un involucro giuridico).
Mentre i primi due (lett. a e b) possono definirsi soggettivi in quanto vanno verificati in capo al partecipante, gli
altri (lett. c e d) possono definirsi oggettivi in quanto attengono a caratteristiche proprie della società
partecipata.
Si è già avuto modo di dire che la Legge n. 244 del 2007 è intervenuta su tali requisiti e in particolare è stato
modificato
il cosiddetto holding period, che è tornato a 12 mesi;
- il presupposto della residenza della società partecipata, che passa da black list a white list.
Di seguito, i quattro requisiti analizzati singolarmente.
Le fattispecie di applicazione della tassazione integrale, si desumono per differenza rispetto a quelle individuate
per l’applicazione del regime di esenzione. Si tratta dei casi in cui (ne è sufficiente uno):
- il periodo di detenzione risulta inferiore a un anno;
- la partecipazioni è iscritte nell’attivo circolante;
- la società partecipata risiede in un paese a regime fiscale privilegiato;
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- la società partecipata non eserciti una effettiva attività commerciale.
Il possesso per dodici mesi
La versione iniziale dell’art. 87, comma 1 del Tuir, richiedeva che il possesso della partecipazione (c.d. holding
period) esistesse a partire dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello di cessione. A decorrere dal
4 ottobre 2005, a fronte della modifica apportata alla norma dal Dl n. 203 del 2005 il riferimento era al
diciottesimo. Restava ferma, invece, l’indeducibilità delle minusvalenze sulle partecipazioni possedute sin dal
primo giorno del dodicesimo mese precedente a quello dell’avvenuta cessione ed aventi gli altri requisiti per la
participation exemption. In tal senso, come messo in rilievo anche dalla relazione tecnica di accompagnamento al
provvedimento, il riferimento al comma 1 dell’art. 101 contenuto nel comma 1-bis del medesimo art. (introdotto
dal comma 1, lett. d), dell’art. 5 del Dl n. 203 del 2005) doveva essere inteso nel senso che ai fini
dell’identificazione dei beni di cui all’art. 87, ossia dei beni produttivi di minusvalenze da realizzo non deducibili,
il requisito del periodo minimo di possesso delle partecipazioni doveva intendersi soddisfatto, anche se esse
fossero state possedute dal primo giorno del dodicesimo mese precedente quello dell’avvenuta cessione.
La Legge n. 244 del 2007 ristabilisce il periodo minimo di detenzione della partecipazione per fruire
dell'esenzione sulla plusvalenza a 12 mesi. Lo stesso periodo di osservazione, quindi, adesso rileva:
- per verificare il regime di esenzione della plus che
- per riconoscere quello di deduzione per la minus realizzata (art. 101 del Tuir). A tale proposito è stato
abrogato il comma 1-bis dell'articolo 101 del Tuir a opera della lett. f) del comma 58 dell'articolo 1 della
legge n. 244 del 2007.
La modifica trova applicazione a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre
2007; quindi, nella generalità dei casi, si applica alle cessioni di partecipazioni eseguite a far data dal 1° gennaio
2008. A tal fine occorre fare riferimento al momento in cui ai fini delle imposte sui redditi si considera realizzata
la plusvalenza e assume, pertanto, rilevanza il momento di consegna dei titoli (o, se successivo, quello in cui si
verifica l'effetto traslativo della proprietà).
Per effetto della modifica apportata dal Dl n. 203 del 2005, si potevano verificare i seguenti regimi fiscali per le
plusvalenze e minusvalenze derivanti da cessione di partecipazioni aventi i requisiti di cui alle lettere b), c) e
d) dell’art. 87 del Tuir:
- partecipazioni possedute da meno di dodici mesi interi: plusvalenze imponibili al 100 per cento e minusvalenze
deducibili al 100 per cento;
- partecipazioni possedute da più di dodici mesi interi, ma da meno di 18 mesi interi: plusvalenze imponibili al
100 per cento e minusvalenze indeducibili al 100 per cento;
- partecipazioni possedute da più di 18 mesi interi: plusvalenze esenti al 91 (95 per cento per le cessioni
avvenute tra il 4 ottobre ed il 2 dicembre 2005) per cento e minusvalenze indeducibili al 100 per cento.
La diversa rilevanza fiscale che poteva configurarsi tra componenti positivi (rilevanti) e negativi (irrilevanti)
derivanti dalla cessione di partecipazioni aventi i requisiti per la participation exemption e detenute da più di
dodici ma da meno di diciotto mesi, sussisteva anche in capo alle imprese soggette all’Irpef, in conseguenza
della disposizione contenuta nell’art. 5, comma 1, lett. a) del Dl n. 203 del 2005, che aveva sostituito il comma 1
dell’art. 64 del Tuir con il seguente: “Le minusvalenze realizzate relative a partecipazioni con i requisiti di cui
all’art. 87, comma 1, lettere b), c) e d), possedute ininterrottamente dal primo giorno del dodicesimo mese
precedente quello dell'avvenuta cessione, considerando cedute per prime le azioni o quote acquisite in data più
recente, ed i costi specificamente inerenti al realizzo di tali partecipazioni, sono indeducibili in misura
corrispondente alla percentuale di cui all’art. 58, comma 2”. Ne derivava che si potevano avere, a fronte del
realizzo di partecipazioni detenute, ad esempio, da 15 mesi, plusvalenze interamente imponibili o minusvalenze
indeducibili nella misura del 60 per cento.
Nella Circ. n. 36/E del 2004, l’Amministrazione Finanziaria evidenzia come il possesso deve essere ininterrotto
per dodici mesi interi. Considerata la tassatività del requisito dell’ininterrotto possesso, ne consegue che deve
sussistere anche in capo alle società costituite da meno di dodici mesi. Fa eccezione, tuttavia il caso in cui la
nascita del nuovo soggetto derivi da operazioni straordinarie di cui si dirà oltre.
UN ESEMPIO
- partecipazione acquisita il 10 gennaio 2007 ceduta il 30 gennaio 2008: detenzione 391 giorni. Non si applica il
regime della Pex;
- partecipazione acquisita il 28 dicembre 2007 ceduta il 10 gennaio 2009: detenzione 378 giorni. Si applica il
regime della Pex.
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Si noti come si possono verificare casi in cui una partecipazione potrebbe essere detenuta per più di un anno e
non fruire dell’esenzione a fronte di altri casi in cui una detenzione per minore tempo potrebbe fruire
dell’esenzione.
UN ESEMPIO
Alfa detiene una partecipazione acquisita il 4 febbraio 2007 che verrà ceduta il 28 febbraio 2008 > detenzione
389 giorni > no esenzione. Gamma detiene una partecipazione acquisita 30 dicembre 2007 che verrà ceduta il 3
gennaio 2009 > detenzione 369 giorni > si esenzione.
In caso di movimentazione di partecipazioni nella stessa società, si applica il criterio Lifo (ultimo dentro –
primo fuori): si considerano cedute per prime le partecipazioni acquisite in data più recente. Pertanto, per
essere sicuri di beneficiare dell’esenzione occorre che al momento della cessione siano passati almeno diciotto
mesi interi senza acquisti. L’applicazione del criterio Lifo è richiesta al solo fine di verificare la stratificazione
delle partecipazioni nel caso in cui le stesse siano state acquisite in momenti diversi; ne consegue che, ai fini della
determinazione della plusvalenze, il contribuente è invece libero di utilizzare il criterio di determinazione del
costo della partecipazione ceduta che ritiene più opportuno;
UN ESEMPIO
Il criterio Lifo può essere illustrato con un esempio:
18 febbraio 2004: acquisto quota A del 20 per cento;
16 maggio 2005: acquisto quota B del 20 per cento.
Se la cessione di una quota del 20 per cento avviene nel novembre 2005, la quota A risulta posseduta per
almeno diciotto mesi, mentre la quota B non soddisfa questo requisito. Si considera, però, ceduta la quota B:
l’eventuale plusvalenza deve essere tassata. La data dalla quale è possibile effettuare cessioni di qualsiasi entità
fruendo dell’esenzione è il 1 dicembre 2006.
UN ESEMPIO
Delta ha acquistato il 30 giugno 2003 il 55% del pacchetto di Beta al costo di 500. Successivamente il 4 gennaio
2006 ha acquistato l’ulteriore 45% al costo di 600. Il 15 gennaio 2007 cede il 45% della partecipazione in Beta
al corrispettivo di 700. L’applicazione del criterio Lifo impone di ritenere ceduta per prima l’ultima tranche
acquisita (45% al costo di 600) e ciò comporta che la plusvalenza di 100 non sia suscettibile di esenzione poiché
non si ha il rispetto del periodo minimo di detenzione. Se, invece, alla stessa data venisse ceduta l’intera
partecipazione al corrispettivo di 1500 si dovrebbe determinare quale quota di plusvalenza afferisce le due
tranche, tramite un criterio proporzionale per cui 1500 x 55% = 825 – 500 = 325 plusvalenze esente; 1500 x
45% = 675 – 600 = 75 plusvalenza imponibile.
Valgono poi due precisazioni contenute nella Circ. n. 36/E del 2004 dell’Agenzia delle Entrate:
- l’applicazione del criterio Lifo è richiesta al solo fine di verificare la stratificazione delle partecipazioni nel
caso in cui le stesse siano state acquisite in momenti diversi; ne consegue che, ai fini della determinazione della
plusvalenze, il contribuente è invece libero di utilizzare il criterio di determinazione del costo della
partecipazione ceduta che ritiene più opportuno;
- le partecipazioni acquisite a seguito dell’esercizio del diritto di opzione attribuito in relazione ad azioni già
possedute si considerano acquisite alla data di acquisto delle azioni o delle quote “sottostanti”, delle quali
conservano anche la tipologia di iscrizione in bilancio (in tal senso risultano ancora attuali i principi contenuti
nelle Circ. n. 16/E del 10 maggio 1985, e n. 73/E del 27 maggio 1994); conseguentemente, in tal caso il rispetto
del requisito del periodo di ininterrotto possesso va verificato con riferimento alla data di acquisto delle azioni
che hanno attribuito il diritto di opzione;
- la cessione di partecipazioni o strumenti finanziari nell’ambito di operazioni di “pronti contro termine” non
interrompe il periodo di possesso, ai fini della verifica del requisito in esame.
In caso di operazioni straordinarie si rinvia allo specifico paragrafo.
Nella Ris. n. 54/E del 20 febbraio 2008, confermando quanto riportato nella Ris. n. 11/E del 17 gennaio 2006,
l’Agenzia delle Entrate precisa che, per determinare il requisito del periodo minimo di possesso con riferimento
all’acquisto di partecipazioni da parte di creditori di una procedura concorsuale, la data rilevante da
prendere in considerazione è quella di omologa della proposta di concordato.
Inoltre, con riferimento al caso oggetto di interpello, la sottoscrizione di azioni da parte di un mandatario senza
rappresentanza non fa decorrere, in capo al mandante, il periodo minimo di possesso per la pex.
43
L’iscrizione nelle immobilizzazioni
Il secondo requisito riguarda l’appartenenza delle partecipazioni cedute alle immobilizzazioni finanziarie.
Il comma 1, art. 87 del Tuir, stabilisce che le partecipazioni, per fruire dell’esenzione, debbano risultare iscritte
come tali nel primo bilancio chiuso durante il periodo di possesso.
La norma fa riferimento solo al “primo” bilancio.
Non occorre che sia approvato, ma l’approvazione deve intervenire entro il termine di presentazione della
dichiarazione dei redditi nella quale è fatta valere l’esenzione (Cfr. Circ. Ag. Entrate n. 36 del 2004)
UN ESEMPIO
Per esemplificare, è possibile fruire nel periodo di imposta 2005 dell’esenzione per una partecipazione
acquistata il 10 febbraio 2004 e ceduta il 20 marzo 2005 (periodo minimo di possesso 12 mesi), anche nel caso
che il bilancio relativo all’esercizio chiuso al 31 dicembre 2004 (con riferimento al quale deve essere riscontrato
il requisito dell’iscrizione in esame) sia approvato il 26 aprile 2005.
Restano ininfluenti, gli eventuali successivi passaggi della partecipazione nell’attivo circolante; ne consegue che
la cessione di una partecipazione iscritta in origine tra le immobilizzazioni darà sempre luogo (ricorrendone le
altre condizioni) ad una plusvalenza esente o ad una minusvalenza non deducibile. A tale proposito nella
relazione governativa d’accompagnamento al provvedimento si legge (Dlgs n. 344 del 2003) che “sin dalla prima
iscrizione in bilancio la partecipazione è etichettata: si determina una plusvalenza esente soltanto nel caso in cui
tale iscrizione è effettuata tra le immobilizzazioni finanziarie”.
Per converso la cessione di partecipazioni al momento della cessione iscritte nell’attivo circolante, non dà
sempre luogo a ricavi ex art. 85 del nuovo Tuir, ma occorre distinguere:
- le partecipazioni che non godono dei requisiti per l’esenzione (in quanto, ad esempio, non sono state iscritte tra
le immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio approvato dopo il loro acquisto) che generano ricavi
interamente imponibili;
- le partecipazioni che invece soddisfano i requisiti per l’esenzione (in quanto, fra gli altri, sono state iscritte tra
le immobilizzazioni finanziarie nel primo bilancio approvato dopo il loro acquisto), che non generano ricavi
imponibili, ma plusvalenze esenti.
È poi prevista una norma transitoria funzionale a regolamentare la portata della disposizione anzidetta con
riferimento alle partecipazioni già possedute alla data d’entrata in vigore della riforma.
La lett. g), comma 1, art. 4 del Dlgs n. 344 del 2003, prevede che “per le partecipazioni, gli strumenti finanziari ed
i contratti di cui all’art. 87, commi 1 e 3,del Tuir delle imposte sui redditi, così come modificato dal presente
decreto legislativo, già posseduti o in essere all’inizio del primo periodo d’imposta cui si applicano le disposizioni
del citato Tuir delle imposte sui redditi, così come modificato dal presente decreto legislativo, il requisito di cui
allo stesso art. 87, comma 1, lett. b), sussiste se le partecipazioni, gli strumenti finanziari e gli apporti dei
contratti risultano classificati nella categoria delle immobilizzazioni finanziarie nel bilancio relativo al secondo
periodo d’imposta precedente a quello cui si applicano per la prima volta le disposizioni del citato Tuir; per quelli
acquisiti nel periodo d’imposta anteriore a quello di entrata in vigore delle disposizioni del Tuir, come modificate
dal presente decreto, il medesimo requisito sussiste se ne è effettuata la classificazione nella medesima categoria
nel bilancio relativo al predetto periodo d’imposta”.
Ciò sta a significare che per le partecipazioni di cui la società dovesse già essere in possesso prima dell’esercizio
di entrata in vigore della riforma, la verifica della sussistenza della condizione in oggetto, non potendo avvenire
al momento della loro (prima) iscrizione deve essere considerata sulla base dell’iscrizione in un bilancio
prestabilito dalla legge. Tale bilancio risulta essere, per le società con esercizio coincidente con l’anno solare:
— quello relativo al 2002, per le partecipazioni acquistate nell’esercizio 2002 e nei precedenti;
— quello relativo al 2003, per le partecipazioni acquistate nel corso del 2003.
In merito poi all’ordine di cessione delle partecipazioni, l’Agenzia delle Entrate, nella Circ. n. 36/E del 2004, ha
previsto che se nell’attivo Circ. sono presenti altre partecipazioni nella stessa società, quando si opera la cessione
occorre applicare il criterio Lifo e quindi considerare cedute le partecipazioni acquistate in data più recente e
quindi verificare su di esse quale era stata la prima classificazione in bilancio. In sostanza il criterio lifo si applica
senza attribuire rilevanza alla originaria distinzione tra attivo circolante e immobilizzazioni.
A decorrere dal 1 gennaio 2005 tale previsione non ha più valore in quanto il Dlgs n. 247 del 2005 (c.d. decreto
correttivo) ha introdotto all’art. 87 del Tuir il comma 1-bis il secondo il quale in caso di cessione di
partecipazioni il criterio Lifo, va applicato distintamente su ciascuna categoria (immobilizzazioni finanziarie e
attivo circolante).
I soggetti in contabilità semplificata, non essendo tenuti agli obblighi di redazione del bilancio, non possono
accedere al regime in esame, data l’impossibilità di riscontrare la classificazione delle partecipazioni tra le
immobilizzazioni finanziarie (Cfr Circ. Ag. Entrate n. 36/E del 2004).
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Tale previsione, trova riscontro in una analoga conclusione dell’Amministrazione finanziaria contenuta nella
Circ. n. 320/E del 19 dicembre del 1997, con riferimento alla possibilità di applicare l’imposta sostitutiva alle
plusvalenze da cessione di partecipazioni di controllo o di collegamento ai sensi dell’art. 1, comma 3, del Dlgs n.
358 del 8 ottobre 1997, il quale prevedeva un’imposizione sostitutiva, a condizione che tali partecipazioni
risultassero iscritte negli ultimi tre bilanci ante cessione tra le immobilizzazioni finanziarie.
In quella sede, è stato precisato che l’espresso riferimento al bilancio contenuto nella norma agevolativa, doveva
intendersi nel senso che la stessa fosse rivolta solo ai soggetti che conseguivano la plusvalenza nell’esercizio
d’attività commerciali in regime di contabilità ordinaria. Ne consegue che la cessione di partecipazioni detenute
in regime d’impresa in contabilità semplificata ai sensi dell’art. 66 del Tuir, dà sempre luogo a plusvalenze
interamente tassabili ovvero a minusvalenze deducibili.
In caso di transito dalla contabilità semplificata alla contabilità ordinaria la verifica della prima iscrizione
della partecipazione (nell’attivo circolante piuttosto che nell’attivo immobilizzato) è da effettuarsi sul primo
bilancio chiuso dopo l’esercizio dell’opzione (Cfr. Circ. n. 10/E del 16 marzo 2005 – risp. 5.2).
La scelta di agganciare l’esenzione alla classificazione in bilancio della partecipazione, senza peraltro prevedere
altri strumenti oggettivi di valutazione, non pare – per le incertezze di cui è foriera. Per il Codice civile (art.
2424-bis) devono essere iscritti tra le immobilizzazioni gli elementi patrimoniali destinati ad essere
utilizzati durevolmente. La seconda parte della norma, secondo la quale le partecipazioni di controllo o di
collegamento “si presumono immobilizzazioni” non sembra avere significato pratico, in quanto anche per esse il
Codice civile si affida al giudizio degli amministratori (o meglio alle loro scelte in ordine alla destinazione
economica dei beni). Si ha quindi che:
- quando costituisce un investimento durevole, ancorché non qualificabile come partecipazione di controllo o
collegamento, deve essere collocata tra le immobilizzazioni;
- quando non costituisce un investimento durevole, ancorché qualificabile come partecipazione di controllo o
collegamento (la presunzione di cui all’art. 2424-bis, comma 2, è generalmente considerata relativa), deve essere
collocata tra le disponibilità.
Sebbene questo giudizio dipenda da scelte di gestione, è data all’Amministrazione il potere di verificare la
“fedeltà” delle predette scelte e della rappresentazione che di esse fornisce il bilancio, mediante la sistemazione
dei beni di cui trattasi nella sezione delle immobilizzazioni o in quella dell’attivo circolante. Il comma 3 dell’art.
37-bis, del DpR n. 600 del 1973 dopo la modifica apportata con il Dlgs n. 344 del 2003 prevede infatti, tra le
operazioni che legittimano l’applicazione della norma antielusiva anche la classificazioni in bilancio delle
partecipazioni.
La localizzazione della partecipata
La Legge n. 244 del 2007 modifica il requisito dell'ubicazione territoriale della partecipata, utilizza un nuovo
approccio, stabilendo che l'applicazione della Pex debba essere subordinata alla residenza della partecipata in
uno Stato o territorio della white list (nuovo articolo 168-bis del Tuir).
A tal fine l'art. 168-bis del Tuir prevede una white list ai fini dell’esenzione da cessione di partecipazioni e
dividendi che è differente rispetto a quella per l’indeducibilità dei costi esteri. Nello specifico:
- (I) white list ai fini art. 110 comma 10 (indeducibilità costi esteri) del Tuir: Paesi con i quali vi e’
adeguato scambio di informazioni;
- (II) white list ai fini degli artt. 87 e 89 del Tuir: Paesi con cui vi e’ un adeguato scambio di informazioni e
il livello di tassazione non e’ sensibilmente inferiore.
A differenza dei due precedenti requisiti, vale a dire possesso e iscrizione, che come si diceva vanno verificati in
capo alla società partecipante, la suddetta condizione va verificata in capo alla società partecipata.
È pertanto irrilevante, a tal fine, che la partecipazione sia stata posseduta, nel periodo di riferimento, dallo stesso
soggetto che realizza la plusvalenza ovvero dal suo dante causa, così come ininfluente è la modalità di
acquisizione della partecipazione (acquisto, conferimento o altre operazioni di riorganizzazione aziendale).
Per quanto concerne il momento in cui debba sussistere la condizione in oggetto, si evidenzia come il comma 2,
dell’art. 87 del Tuir, preveda che tale requisito debba essere verificato oltre che al “momento del realizzo” anche,
ininterrottamente almeno dall’inizio del terzo periodo d’imposta anteriore a questo.
Si tratta di una disposizione a carattere antielusivo che rende irrilevanti i trasferimenti della residenza fiscale (o
l’inizio di attività di natura commerciale) in prossimità della cessione delle partecipazioni, al fine di conseguire
plusvalenze esenti su cessioni di partecipazioni altrimenti prive dei requisiti previsti.
Considerata la specifica funzione antielusiva della norma in esame, l’Agenzia delle Entrate, nella Circ. n. 36/E del
2004, ha ritenuto che il possesso ininterrotto del requisito della residenza, nel caso in cui la società partecipata
sia costituita da meno di tre anni, debba riferirsi al minor periodo intercorso tra l’atto costitutivo e la cessione
della partecipazione. La disposizione in esame assume, infatti, una portata diversa da quella recata dal comma 1,
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lett. a) che, come già illustrato, prevede un requisito a valere indistintamente per tutti i soggetti, prescindendo
dalla data di costituzione.
Il regime della participation exemption è applicabile nonostante la partecipata risieda in un paese a fiscalità
privilegiata, qualora la partecipante ottenga dall’Agenzia delle Entrate un interpello positivo.
L’interpello previsto dalla disposizione contenuta nella citata lett. c), comma 1, tende a verificare che, almeno
dall’inizio del terzo periodo d’imposta precedente quello della cessione, dalle partecipazioni non sia conseguito
l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati e, per ciò
stesso, inseriti in paesi white list ex art. 168-bis del Tuir (la norma precedente prevedeva che non vi fosse la
residenza in un paese black list, lista approvata con Dm 21 novembre 2001).
In particolare, come previsto dall’art. 5, comma 3, del Dm n. 429 del 21 novembre 2001, recante disposizioni di
attuazione dell’art. 127-bis del Tuir (ora art. 167), il contribuente deve dimostrare che i redditi conseguiti
dalla società partecipata sono stati prodotti in misura non inferiore al 75 per cento in Stati o territori white list
ex art. 168-bis del Tuir (fino al 2007 si faceva riferimento a Stati o terrotori diversi da quelli indicati nella black
list) ed ivi sottoposti integralmente a tassazione ordinaria.
Non sarebbe sufficiente, peraltro, in alternativa, dimostrare che la controllata estera soggetta alle norme delle
CFC svolga un’effettiva attività industriale o commerciale come sua attività principale.
Secondo la relazione governativa al Dlgs n. 344 del 2003, l’istanza di interpello può essere presentata da
chiunque detenga una partecipazione potenzialmente qualificabile per l’esenzione, indipendentemente dalla
esistenza di un rapporto di controllo o collegamento e, quindi, prescindendo dalla sussistenza dei presupposti
per attivare l’interpello volto alla disapplicazione del disposto di cui agli artt. 167 e 168 del Tuir.
L’Agenzia delle Entrate nella Circ. n. 26/E del 2004 ha chiarito che il contribuente può presentare analoga istanza
di interpello, ai sensi dell’art. 89, comma 3, del Tuir, per dimostrare, sin dall’inizio del periodo di possesso della
partecipazione, la localizzazione del reddito della partecipata in un Paese diverso da quelli a fiscalità privilegiata.
Ciò al fine di poter escludere dal reddito imponibile il 95 per cento degli utili societari distribuiti da soggetti
residenti in Paesi a fiscalità privilegiata.
La dimostrazione utile ai fini della participation exemption è fornita anche dall’esito positivo del richiamato
interpello presentato ai sensi del richiamato art. 89, comma 3, del Tuir, i cui effetti si riflettono anche sui
successivi periodi d’imposta, per i quali continuino a sussistere le stesse condizioni che hanno informato la
decisione dell’Amministrazione finanziaria. Più precisamente, la dimostrazione concernente la delocalizzazione
del reddito, resa ai fini della detassazione dei dividendi, qualifica automaticamente per l’esenzione,senza
necessità di dover ripresentare l’istanza di interpello, ovviamente a condizione che al momento della cessione sia
decorso il periodo minimo “triennale” di cui al comma 2, art. 87 del Tuir e i presupposti dell’interpello positivo
siano rimasti invariati nel periodo successivo alla trattazione del medesimo e fino al momento del realizzo della
partecipazione.
Quanto alla condizione in esame, è chiaro il suo rapporto di derivazione con la funzione di strumento di
contrasto della doppia imposizione sugli utili societari della participation exemption.
La residenza in uno di questi Stati o territori implica infatti l’assenza di prelievo in capo alla società partecipata, o
comunque la presenza di un livello di imposizione sensibilmente più basso rispetto a quello nazionale, privando
di senso l’attribuzione alla società partecipante dell’esenzione sulle plusvalenze.
In altre parole, se non fosse stata prevista tale disposizione, il possesso di questa partecipazione garantirebbe un
doppio privilegio costitutito, durante il possesso, dall’esigua tassazione del reddito, e all’atto della cessione,
dall’esenzione della plusvalenza.
Per le partecipazioni nelle holding (intendendo per tali le società la cui attività consiste in via esclusiva o
prevalente nell’assunzione di partecipazioni), il requisito della localizzazione della società partecipata viene
verificato sulle società le cui partecipazioni sono possedute dalla holding.
In particolare, il requisito viene soddisfatto quando la holding (al momento della cessione delle quote di essa
detenute) detenga oltre il 50 per cento del proprio attivo in società non residenti in paesi a fiscalità privilegiata.
Ne consegue che, per stabilire se si può beneficiare dell’esenzione in esame, si deve:
- analizzare se ogni singola società, partecipata dalla holding, sia residente in un paese non a fiscalità prilivegiata;
- verificare che l’insieme delle partecipate, che posseggono tale requisito, costituisca la maggior parte del
patrimonio sociale della holding.
Si ha quindi che il requisito in oggetto deve essere verificato non con riferimento alla holding, ma con riferimento
alle partecipate dalla holding medesima, che costituiscono la maggior parte del valore del suo patrimonio sociale.
Stessa condizione vale anche per la verifica del requisito della commercialità dell’impresa. In merito si rimanda a
quanto detto in proposito.
L’attività svolta
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La disposizione di delega fa riferimento all’esercizio di una “effettiva attività commerciale”.
L’art. 87, comma 1 del Tuir, prevede che l’attività debba essere svolta “da parte della società partecipata di
un’impresa commerciale secondo la definizione di cui all’art. 55 del Tuir”.
Al pari di quanto detto in merito alla residenza fiscale, la suddetta condizione va verificata in capo alla società
partecipata. È pertanto irrilevante, a tal fine, che la partecipazione sia stata posseduta, nel periodo di riferimento,
dallo stesso soggetto che realizza la plusvalenza ovvero dal suo dante causa, così come ininfluente è la modalità
di acquisizione della partecipazione (acquisto, conferimento o altre operazioni di riorganizzazione aziendale).
Il comma 2 dell’art. 87 del Tuir prevede che l’operatività della società sussista, oltre che al momento del realizzo
anche, ininterrottamente almeno dall’inizio del terzo periodo d’imposta anteriore a questo.
Tale disposizione, come è stato precisato, risponde allo scopo di impedire che attraverso il cambiamento, in
prossimità della cessione della partecipazione, della residenza in un paese a fiscalità non privilegiata (lett. c)
ovvero del tipo di attività svolta dalla società partecipata (da non commerciale a commerciale) (lett. d), si
possano artificiosamente far valere i presupposti della participation exemption.
Con riferimento a quelle società che sono proprietarie di un immobile da ristrutturare per il successivo
utilizzo diretto, l’Amministrazione finanziaria nella Ris. n. 323/E del 9 novembre 2007, ha avuto modo di
ritienere che il limite temporale dei 3 anni di commercialità decorre solo dopo la fine dei lavori di
ristrutturazione e l’avvio dell’attività d’impresa. In merito si deva anche quanto detto subito dopo.
Considerata la specifica funzione antielusiva della norma in esame, al pari del requisito della residenza contenuto
nella lett. c), anche il possesso ininterrotto del requisito della commercialità, nel caso in cui la società partecipata
sia costituita da meno di tre anni, debba riferirsi al minor periodo intercorso tra l’atto costitutivo e la cessione
della partecipazione.
Per la definizione di impresa commerciale si deve fare riferimento alla nozione data nell’art. 55 del Tuir, che
corrisponde al precedente art. 51 del Tuir, ovvero alla disposizione che qualifica il reddito di impresa. In tal
senso si è espressa anche l’Agenzia delle Entrate, nella Circ. n. 36/E del 2004.
Seguendo questa impostazione, si deve ritenere presente l’esercizio di impresa quando la partecipata svolge una
di queste attività:
- attività commerciali previste dall’art. 2195 del Codice civile: l’art. 2195 detta una presunzione assoluta in base
alla quale sono in ogni caso da considerare commerciali queste attività: industriale per la produzione di beni o
servizi, intermediaria nella circolazione di beni, trasporto, bancaria, assicurativa e ausiliarie alle precedenti;
- attività dirette alla produzione di altri servizi, non indicati nell’art. 2195, organizzate in forma di impresa: in
questo caso, però, aiutano le definizioni fornite dalle interpretazioni ufficiali e dalla giurisprudenza. È infatti,
possibile fare riferimento a tutte le ipotesi in cui il reddito prodotto è collegabile all’utilizzo e al coordinamento
di capitale e lavoro di terzi (Cfr. Corte di Cass. sentenza n. 3901 del 8 febbraio / 3 aprile 1995);
- altre attività: si tratta di queste ipotesi: attività di allevamento e di manipolazione, trasformazione e alienazione
di prodotti agricoli e zootecnici che eccedono i limiti dettati per rientrare nell’ambito del reddito agrario; attività
agricole svolta da società di capitali e società di persone; sfruttamento di miniere, cave, torbiere, saline laghi,
stagni e altre acque interne.
Verificato che l’attività rientri nelle previsioni dell’art. 55 del Tuir, occorre poi considerare le modalità
operative di svolgimento dell’attività, in quanto non è possibile ottenere l’esenzione riguardo a quote di
partecipazioni in società che non esercitano un’impresa commerciale (Cfr. Ris. Ag. Entrate n. 163/E e 165/E del 25
novembre 2005).
Tornano quindi di attualità le società senza impresa che sono, a altri fini, già soggette alla normativa sulle società
non operative di cui all’art. 30 delle Legge n. 724 del 23 dicembre 1994.
La semplice dichiarazione di un reddito d’impresa non può da sola consentire di superare il test di
commercialità, con la conseguenza che, ai fini della valutazione, si dovrà dare importanza a queste variabili:
- attività svolta in concreto;
- verifica che questa attività rientri all’interno della previsione dell’art. 55 del Tuir;
- modalità attraverso la quale l’attività viene svolta che non deve essere di mera detenzione e gestione di un
bene (in merito si veda anche quanto viene detto subito dopo).
La lett. d), comma 1, art. 87 del Tuir, contiene una disposizione antielusiva. Viene detto che il requisito della
commercialità, per presunzione assoluta, non ricorre qualora il valore del patrimonio della società
partecipata sia prevalentemente costituito da beni immobili.
Considerato che la ratio della norma è quella di evitare che il nuovo regime di esenzione sia indebitamente
utilizzato per vendere beni immobili (mascherati sottoforma di azienda), la norma prevede espressamente che
dal novero degli immobili a tal fine rilevanti siano esclusi:
- gli immobili alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta l’attività dell’impresa, nonché
- gli impianti e i fabbricati utilizzati direttamente nell’esercizio d’impresa.
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Sono da escludere dai conteggi i cosiddetti immobili-merce delle imprese immobiliari e di costruzione. A tal fine,
non è sufficiente (ma pur sempre necessario) che il bene sia destinato alla vendita e incluso nelle rimanenze
finali del bilancio; occorre infatti che la società dia realmente corso ad atti di vendita immobiliare, cioè svolga
effettivamente un'impresa finalizzata a porre sul mercato i fabbricati costruiti o acquistati (Cfr. Ris. Ag. entrate n.
152/E del 2004).
Quanto ai beni utilizzati direttamente per l'esercizio dell'impresa, pure esclusi dalla verifica della prevalenza, va
ricordato che non si considerano tali gli immobili concessi in locazione o in godimento, anche mediante affitto di
azienda.
Ai sensi dell’ultimo periodo della lett. d), si considerano direttamente utilizzati nell’esercizio d’impresa e,
pertanto, sono anch’essi esclusi dal calcolo della prevalenza:
- i beni immobili concessi in locazione finanziaria;
- i terreni su cui la società partecipata svolge l’attività agricola (la definizione di attività agricola è desumibile
dall’art. 2135 del Codice civile.
L’Agenzia delle Entrate nella Ris. n. 323/E del 9 novembre 2007 ha esaminato il caso di una società che
intendeva conoscere il trattamento fiscale della plusvalenza derivante dalla cessione di una partecipazione
detenuta in una società che possiede un immobile storico destinato a un mutamento di destinazione, ossia ad
ospitare un albergo a seguito di lavori di ristrutturazione e restauro. L’Agenzia delle Entrate, nel rispondere
negativamente all’interpello, chiarisce che il principio di fondo cui ricondurre la “commercialità” della
partecipata è quello per cui oggetto di cessione deve essere un’effettiva attività di impresa consistente nello
sfruttamento economico degli immobili e delle risorse sociali e non nella mera utilizzazione passiva degli stessi
(ritenendo tale anche la locazione). Ma il punto di principale interesse della risoluzione consiste certamente
nell’affermazione secondo cui il requisito di commercialità va monitorato alla fine della costruzione di un certo
immobile, cioe’ quando se ne puo’ verificare l’uso effettivo nell’attivita commerciale. Dato che il requisito di
commercialita’ deve essere tale per almeno tre anni, e’ dal momento della ultimazione della costruzione che
inizia il triennio, sicche se la partecipazione fosse ceduta prima del triennio essa non potrebbe beneficiare dei
requisiti pex. Il che tradotto in altri termini, significa che durante la fase della costruzione dell’immobile, l’attivita
svolta dalla societa’ non e’ ne’ commerciale ne’ non commerciale, semplicemente e’ un attivita irrilevante ai fini
della pex. Questo passaggio della risoluzione desta piu’ di una perplessita’ poiche , si ritiene, che non consideri la
ratio del requisito di commercialita’ e dalla sua attestazione per almeno un triennio. Quest’ultimo elemento
temporale serve per evitare che in previsione della cessione venga svolta per un breve periodo un’attivita
commerciale al solo fine di qualificare la cessione tra quelle agevolate. Ma una volta che si sia verificato che
l’attivita’ e’ indubitabilmente commerciale sin dall’origine viene meno la necessita della attestazione triennale. In
questo senso si pronuncia, per altri versi, la Circ. 36/E del 2004 laddove riconosce che per le societa’
neocostituite non e’ necessario attendere un triennio per verificare la persistenza dell’attivita commerciale, e’
sufficiente che essa sia svolta fin dall’origine. Similmente si potrebbe concludere in questo caso. Se una volta
ultimata la costruzione di puo constatare che l’immobile rientra tra quelli commerciali, si dovrebbe poter dire
che il requisito triennale retroagisce all’inizio dell’avvita di costruzione, e non, invece, che esso decorre
dall’ultimazione dell’immobile come, invece, fa la Ris. 323/E.
In questo senso la riposta contenuta nella risoluzione deve essere considerata nel caso oggetto di interpello: la
società, prima della ristrutturazione, rientrava di fatto nel novero delle immobiliari di gestione, possedendo solo
fabbricati locati o inutilizzati. Le conclusioni della risoluzione non possono dunque essere applicate, in via
generalizzata, a ogni situazione di possesso, da parte di imprese operative, di immobili, di valore anche
prevalente, che devono subire lavori edili prima di poter essere utilizzati in via diretta, come sarebbe stato nel
caso della risoluzione laddove la gestione alberghiera, già in essere da almeno tre anni, fosse stata solo sospesa
per dar corso alla ristrutturazione.
L’Agenzia delle Entrate, nella Circ. n. 36/E del 2004, ha chiarito che i fabbricati concessi in locazione o
godimento, anche attraverso contratti di affitto d’azienda, non si considerano utilizzati direttamente
nell’esercizio dell’impresa e, conseguentemente, sono da tenere in considerazione nel calcolo della prevalenza.
L’Agenzia delle Entrate si è poi pronunciata in risposta a un interpello (prot. n. 954 – 185059 del 2 novembre
2004). Viene detto che “l'esenzione della plusvalenza realizzata a seguito della cessione della partecipazione
detenuta in una società immobiliare, pur sussistendo gli altri requisiti di cui all'art. 87 del Tuir, è consentita solo
qualora sia ceduta un'effettiva attività d'impresa che abbia per oggetto la costruzione o la vendita degli immobili e
non già la mera utilizzazione passiva degli stessi. Il legislatore ha voluto, quindi, escludere dal regime di
participation exemption le partecipazioni in società la cui attività consiste nel mero godimento degli immobili,
intendendo per tale anche la concessione in locazione dei medesimi. Oltre alla ratio, è la formulazione della norma
stessa di cui alla lett. d), comma 1 dell'art. 87 del Tuir che, facendo riferimento agli immobili “alla cui produzione o
al cui scambio è effettivamente diretta l'attività d'impresa”, dà rilevanza all'attività effettivamente svolta e
introduce un criterio sostanziale per la verifica del requisito di commercialità. L'uso dell'avverbio
“effettivamente” sottintende la necessità di operare un esame dell'attività di fatto esercitata e dell'effettiva
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destinazione economica degli immobili ad una attività di costruzione o scambio, anche prescindendo,
eventualmente, dalle risultanze contabili e dalla configurazione dell'oggetto sociale.
Sorge a questo punto la necessità di inquadrare la norma nell’ambito delle differenti tipologie di società
immobiliari.
A seconda del tipo di attività prevalentemente svolto, queste, si distinguono in:
- immobiliari di costruzione, la cui attività esclusiva o prevalente è costituita dalla costruzione/ristrutturazione
di immobili per la vendita;
- immobiliari di compravendita, la cui attività esclusiva o prevalente è costituita dall’acquisto e dalla rivendita di
immobili;
- immobiliari di gestione, la cui attività esclusiva o prevalente è costituita dalla gestione di patrimoni immobiliari,
effettuata per lo più tramite la loro concessione in locazione a terzi.
Quanto previsto dall’Agenzia circa i fabbricati concessi in locazione o godimento, è chiaro si riferisca alle
immobiliari di gestione; dubbia è invece l’applicazione alle altre due categorie di società essendo che per
queste, la locazione degli immobili può costituire una componente dell’attività d’impresa tipica; può essere
infatti normale che, in attesa di trovare acquirenti per un immobile destinato alla vendita, lo si dia in locazione
ovvero, l’intero fabbricato venga affittato per rendere più appetibile l’acquisto in blocco da parte di fondi
d’investimento e o fondi pensione.
Che per le immobiliari non di gestione la locazione degli immobili può costituire una componente dell’attività
d’impresa tipica lo si potrebbe dedurre anche dalla lettura della normativa che, all’art. 10 prevede che si applichi
l’imposta (e non il regime d’esenzione) alle “locazioni di immobili di civile abitazione effettuate dalle imprese che
li hanno costruiti per la vendita” (“o acquistati per la rivendita” fino al 19 giugno 1996), consacrando la
vocazione commerciale di quest’attività. Sul punto la Circ. n. 36/E del 21 luglio 1989, aveva osservato che i
presupposti dell’assoggettamento all’Iva “devono ritenersi, in linea di principio, sempre sussistenti per quanto
concerne le imprese di costruzione, atteso che le stesse si costituiscono proprio per realizzare immobili da
destinare alla commercializzazione”, mentre nei confronti degli altri soggetti occorre effettuare una valutazione
caso per caso. Assomine, con la Circ. n. 101 dell’ 8 agosto 1989, ha affermato che le imprese di costruzione e per
quelle che acquistano gli immobili per la rivendita “a dazione in locazione costituisce solo un modo di
utilizzazione economica di beni comunque destinati a essere venduti, anche se già locati”.
Il riferimento fatto al “valore del patrimonio" netto fa ritenere che il confronto vada fatto tra i valori di mercato
(e non quelli contabili). In tal senso anche la relazione al Dlgs n. 344 del 2003 secondo la quale il confronto vada
fatto tra i valori di mercato dei beni immobili e il valore reale dell’intero patrimonio sociale ivi considerando gli
avviamenti, positivi e negativi, anche se non iscritti. In merito la relazione al Dlgs n. 344 del 2003 prevede che “il
confronto da effettuare è tra il valore degli immobili in parola e il valore dell’intero patrimonio sociale
considerato anche gli avviamenti positivi e negativi ance se non iscritti”.
Questo confronto però non risulta del tutto comprensibile: è probabile che si intendesse fare riferimento al
confronto tra valore effettivo degli immobili e il valore totale dell’attivo della società a valori correnti, in quanto il
valore del patrimonio sociale, influenzato dalle passività, non sembra avere significato ai fini del confronto.
Tale precisazione è stata fatta propria dall’Agenzia delle Entrate, nella Circ. n. 36/E del 2004.
In essa infatti si legge che occorre mettere a confronto:
- il valore corrente degli immobili (diversi da quelli alla cui produzione o al cui scambio è effettivamente diretta
l’attività dell’impresa, nonché dagli impianti e dai fabbricati utilizzati direttamente nell’esercizio d’impresa), con
- il totale dell’attivo patrimoniale, anch’esso a valori correnti.
Entrambi i termini del rapporto vanno poi assunti al netto di eventuali elementi che possano incidere sia
negativamente sia positivamente sulla relativa valutazione, come ad esempio l’iscrizione di ipoteca su un
immobile ovvero l’inclusione di un terreno agricolo nel piano di fabbricazione.
Si noti come, trattandosi di presunzione assoluta, non è data la possibilità di fornire prova contraria.
L’effettività dell’attività commerciale non è, invece, richiesta per le partecipazioni in società i cui titoli sono
negoziati nei mercati regolamentati. Ne consegue che per le suddette partecipazioni il regime di esenzione
risulta applicabile al verificarsi degli altri tre requisiti.
L’Agenzia delle Entrate, nella Circ. n. 36/E del 2004, ha chiarito che per “titoli negoziati in mercati
regolamentati” si devono intendere i titoli azionari; non è quindi sufficiente la sola quotazione di titoli diversi da
quelli azionari emessi da società non quotate come, ad esempio, quelli obbligazionari.
Per le partecipazioni nelle holding (intendendo per tali le società la cui attività consiste in via esclusiva o
prevalente nell’assunzione di partecipazioni), il requisito dell’effettiva attività commerciale, al pari di quanto
detto in merito alla residenza fiscale, viene verificato sull’attività delle società delle cui partecipazioni possedute.
In particolare, il requisito viene soddisfatto quando la holding detenga oltre il 50 per cento del proprio attivo in
società operative.
Ne consegue che si deve:
- analizzare se ogni singola società, partecipata dalla holding, possegga i requisiti per essere considerata
esercente attività commerciale;
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- verificare che l’insieme delle partecipate, che posseggono tale requisito, costituisca la maggior parte del
patrimonio sociale della holding.
In altre parole il requisito della non prevalenza degli immobili, rispetto agli altri beni strumentali deve essere
verificato non con riferimento alla holding, ma con riferimento alle partecipate dalla holding medesima, che
costituiscono la maggior parte del valore del suo patrimonio sociale.
Anche per tali società la quantificazione del valore del patrimonio sociale ai fini della valutazione del requisito
della commercialità deve essere effettuata, secondo quanto stabilito dalla relazione al Dlgs n. 344 del 2003, a
valori correnti e non a valori contabili.
UN ESEMPIO
Si consideri il seguente esempio.
La società holding H ha un patrimonio espresso a valore “effettivo” delle singole partecipate di importo pari a
1.000.000. Il patrimonio risulta così composto:
- partecipazione A 180.000 Residente in paese black list (18 per cento black list)
- partecipazione B 390.000 Residente in Italia e “commerciale” (39 per cento commerciale)
- partecipazione SH 430.000 Sub holding, con un patrimonio così costituito:
- partecipazione C Residente in Italia e “non commerciale” 163.000 (38 per cento SH)
- partecipazione D Residente in Italia e “commerciale” 267.000 (62 per cento SH)
Nel complesso le suddette partecipazioni fan si che la partecipazione in SH sia da considerarsi per il 16 per
cento non commerciale (43 per cento per 38 per cento) e 27 per cento commerciale (43 per cento per 62 per
cento).
La holding H si qualifica per la participation exemption, in quanto i requisiti sono soddisfatti dalle società
direttamente o indirettamente partecipate che rappresentano il 66 per cento del patrimonio sociale (B+D).
Per la holding mista, ossia la società che solo in via prevalente esercita l’attività di assunzione di partecipazioni,
anche il patrimonio investito in attività non finanziarie (commerciali e non), è valutato, ai fini della attribuzione
della qualifica di commercialità a valori correnti.
UN ESEMPIO
Si consideri il seguente esempio.
La società holding H ha un patrimonio espresso a valore “effettivo” delle singole partecipate di importo pari a
1.000.000. Il patrimonio risulta così composto:
- attività commerciale 400.000 (40 per cento commerciale)
- partecipazione A 300.000 Residente in paese black list ((30 per cento non commerciale)
- partecipazione B 160.000 Residente in Italia e “commerciale” (16 per cento commerciale)
- partecipazione SH 140.000 Sub holding, con un patrimonio così costituito:
- partecipazione C non commerciale 41.000 (29 per cento SH)
- partecipazione D black list 99.000 (71 per cento SH)
Nel complesso le suddette partecipazioni fan si che la partecipazione in SH sia da considerarsi per il 4 per cento
non commerciale (14 per cento per 29 per cento) e 10 per cento black list (14 per cento per 71 per cento).
La holding H si qualifica per l’esenzione in quanto il proprio patrimonio, tenendo conto delle attività presenti
nelle società indirettamente partecipate, è prevalentemente costituito da attività commerciali. Nel caso di
specie, infatti, al valore delle attività commerciali presenti nel proprio patrimonio (40 per cento), occorre
sommare quello nella società “commerciale” B indirettamente partecipata (16 per cento).
La tassazione integrale
Se non si verificano le condizioni per l’esenzione, le cessioni di partecipazioni sono soggette a tassazione
ordinaria.
Le fattispecie di applicazione della tassazione integrale, si desumono per differenza rispetto a quelle individuate
per l’applicazione del regime di esenzione.
Si tratta dei casi in cui (ne è sufficiente uno):
- il periodo di detenzione risulta inferiore a un anno;
- la partecipazioni è iscritte nell’attivo circolante;
- la società partecipata risiede in un paese a regime fiscale privilegiato;
la società partecipata eserciti non eserciti una effettiva attività commerciale.
Rimandando a quanto detto parlando di participation exemption per una trattazione organica dell’argomento, si
ritiene che l’applicazione delle regole ordinarie assumerà significato in primis per le partecipazioni iscritte
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nell’attivo circolante (purché non fossero state iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie nel bilancio relativo al
primo periodo di possesso e purché non siano soddisfatti gli altri requisiti posti per fruire dell’esenzione); poi
per quelle iscritte nell’attivo immobilizzato ma cedute prima di un anno dall’acquisto, ovvero la cui prima
iscrizione non ha interessato l’attivo, ovvero ancora di quelle in società non operative o paradisiache.
A tal fine occorre distinguere a seconda che si tratti di ricavi, piuttosto che di plusvalenze.
La distinzione è rilevante perché le prime danno origine a ricavi (art. 85) le seconde invece a plusvalenze (art.
86). In merito si veda quanto viene detto di seguito.
In merito a tale distinzione si evidenzia come:
- l’art. 85, comma 1 lett. c) del Tuir prevede che danno origine a ricavi i corrispettivi delle cessioni di azioni o
quote di partecipazioni, anche non rappresentate da titoli, al capitale di società ed enti di cui all'art. 73 del Tuir ,
che non costituiscono immobilizzazioni finanziarie, diverse da quelle cui si applica l'esenzione di cui all'art. 87
del Tuir, anche se non rientrano fra i beni al cui scambio è diretta l'attività dell'impresa, mentre per differenza,
- l’art. 86, comma 1 del Tuir prevede che danno origine a plusvalenze le cessioni di beni differenti rispetto a
quelli indicati al comma 1 dell’art. 85 del Tuir.
E’ definita una presunzione di assoluta di assimilazione ai beni alla cui produzione o al cui scambio è diretta
l’attività dell’impresa di tutte le partecipazioni, rappresentate o meno da titoli che non costituiscono
immobilizzazioni finanziarie, anche se non rientrano tra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa.
L’art. 85 del Tuir non menziona le quote di partecipazioni nelle società di persone: sembra pertanto doversi
ritenere che, ai fini delle imposte sui redditi, la cessione di quote di società di persone determini sempre una
plusvalenza o minusvalenza, indipendentemente dalla loro calassificazione in bilancio; salvo che naturalmente
tale cessione soddisfi la condizione di cui alla lett. a) della norma in questione, ovvero costituisca oggetto
dell’attività propria dell’impresa.
Con riguardo all’inciso “anche se non rientrano tra i beni al cui scambio è diretta l’attività dell’impresa” si osserva
che l’individuazione del significato di tale precisazione nel riconoscimento della possibilità di iscrivere
nell’attivo circolante beni che non formino oggetto di scambio per l’impresa, renderebbe la precisazione del
tutto pleonastica, perché il concetto è già esplicitato dalla norma civilistica, della quale sarebbe un’inutile
conferma (Cfr. Manuale di finanza straordinaria, a cura di P. Cappellini, Il Sole 24 Ore, 1998, pg. 917).
Correttamente la disposizione è stata intesa coordinata con il disposto del comma 3 nel senso che, se l’impresa
non indica tra le immobilizzazioni finanziarie di bilancio i beni contemplati nella lett. c) del comma 1 dell’art. 85
del Tuir, non potrà comunque opporre, ai fini di un diverso trattamento fiscale dei corrispettivi, la circostanza
che gi stessi beni non formano oggetto della sua attività (Circolare Assonime n. 42 del 10 marzo 1994). Invero,
come già indicato, ai fini della quantificazione fiscale dei corrispettivi, deroga al principio generale, posto
dall’art. 85 del Tuir, della riconducibilità dello scambio del bene all’oggetto dell’attività propria dell’impresa.
Per il Codice civile (art. 2424-bis) devono essere iscritti tra le immobilizzazioni gli elementi patrimoniali
destinati ad essere utilizzati durevolmente. La seconda parte della norma, secondo la quale le partecipazioni di
controllo o di collegamento “si presumono immobilizzazioni” non sembra avere significato pratico, in quanto
anche per esse il Codice civile si affida al giudizio degli amministratori (o meglio alle loro scelte in ordine alla
destinazione economica dei beni). Si ha quindi che:
- quando costituisce un investimento durevole, ancorché non qualificabili come partecipazione di controllo o
collegamento, devono essere collocata tra le immobilizzazioni;
- quando non costituisce un investimento durevole, ancorché qualificabili come partecipazione di controllo o
collegamento (la presunzione di cui all’art. 2424-bis, comma 2, è generalmente considerata relativa), devono
essere collocata tra le disponibilità.
Sebbene questo giudizio dipenda da scelte di gestione, è data all’Amministrazione finanziaria il potere di
verificare la “fedeltà” delle predette scelte e della rappresentazione che di esse fornisce il bilancio, mediante la
sistemazione dei beni di cui trattasi nella sezione delle immobilizzazioni o in quella dell’attivo circolante. Infatti
il comma 3 dell’art. 37-bis, del Dpr n. 600 del 1973, prevede, tra le operazioni che legittimano l’applicazione
della norma antielusiva anche la classificazioni in bilancio delle partecipazioni.
Schematizzando si ha che:
a) i corrispettivi derivanti dalle cessioni di partecipazioni in società di capitali, enti commerciali e società o enti
non residenti:
- costituiscono ricavi quando le predette partecipazioni sono iscritte nelll’attivo circolante tra le attività che non
costituiscono immobilizzazioni finanziarie (C.III dell’attivo dello stato patrimoniale);
- determinano plusvalenze / minusvalenze quanto le predette partecipazioni sono iscritte nell’attivo
immobilizzato tra le immobilizzazioni finanziarie (B.III dell’attivo dello Stato patrimoniale);
b) i corrispettivi derivanti dalle cessioni di partecipazioni in società di persone e enti non commerciali residenti:
- originano ricavi solo quanto dette cessioni costituiscono l’oggetto dell’attività propria dell’impresa;
- determinano plusvalenze/minsuvalenze in tutti gli altri casi.
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La disposizione, scritta per i soggetti Ires, vale anche per quelli Irpef che operano in regime d’impresa per via
del rimando (generale) contenuto all’art. 56 del Tuir.
Assume quindi rilievo in caso di partecipazioni da parte di:
- società di capitali (società a responsabilità limitata, società per azioni e in accomandita per azioni);
- società cooperative e di mutua assicurazione;
- enti pubblici o privati che abbiano o meno per oggetto esclusivo principale l’esercizio di attività commerciali
residenti;
- società ed enti di ogni tipo, con o senza personalità giuridica, non residenti nel territorio dello Stato,
relativamente alle stabili organizzazioni;
- società di persone (società in nome collettivo, in accomandita semplice e ad esse assimilate)
- persone fisiche titolari di reddito d’impresa.
Se invece a vendere le partecipazioni fosse un soggetto Irpef non imprenditore, le regole sono contenute
all’art. 67 del Tuir. In merito si rimanda a quanto nello specifico paragrafo.
In riferimento al momento del conseguimento del corrispettivo e, quindi, del realizzo del ricavo o della
plusvalenza, ai fini della determinazione dell’esercizio di competenza, l’art. 109, comma 2, lett. a) del Tuir
dispone che i corrispettivi delle cessioni si considerano conseguiti alla data della consegna o spedizione, ovvero
se diversa e successiva, alla data in cui si verifica l’effetto traslativo o costitutivo della proprietà o di altro diritto
reale.
Pertanto, il corrispettivo nelle cessioni di partecipazioni societarie, per le quali non è configurabile – nella
maggior parte dei casi – una consegna materiale, si intende conseguito ai fini fiscali:
a) per le partecipazioni in società per azioni o in società in accomandita per azioni che abbiano emesso i
certificati azionari: l’art. 2355 del Codice civile prevede che il trasferimento del titolo al portatore si opera con la
consegna del titolo (art. 2003 del Codice civile) quello del titolo all’ordine con la girata (art. 2011 del Codice
civile) quello del titolo nominativo con la duplice intestazione (art. 2022 e 2023 del Codice civile). In caso di
gestione “dematerializzata” del titolo il trasferimento opera dal momento della consegna giuridica dell’azione
trasferita, vale a dire dal momento dell’operazione contabile;
b) per le partecipazioni i società a responsabilità limitata: dal momento del perfezionamento dell’atto del
trasferimento, vale a dire dalla sua iscrizione nel registro delle imprese;
c) per le partecipazioni in società di persone: dal momento del perfezionamento dell’atto del trasferimento, ai
sensi del citato art. 1376 del Codice civile, indipendentemente dal momento in cui ha effetto la modifica dell’atto
costitutivo, vale a dire dalla sua iscrizione nel Registro delle imprese, cui è subordinata la sola opponibilità dei
terzi.
La determinazione del reddito
In caso di ricavo l’art. 85 prevede che si deve considerare provento il corrispettivo della cessione e, il comma 2,
dispone che si comprende tra i ricavi il valore normale dei beni assegnati ai soci o destinati a finalità estranee
all’esercizio d’impresa. Dalla contrapposizione dei ricavi con i relativi costi potranno scaturire proventi tassati o
perdite deducibili fiscalmente.
In caso di plusvalenza l’art. 86 del Tuir prevede che si deve considerare provento la differenza tra il corrispettivo
conseguito, al netto degli oneri accessori di diretta imputazione, e il costo non ammortizzato. In caso di
assegnazione ai soci o destinazione a finalità estranee all'esercizio dell'impresa la plusvalenza è costituita dalla
differenza tra il valore normale e il costo non ammortizzato dei beni.
Tra gli oneri accessori di diretta imputazione, da scomputare dal corrispettivo conseguito, sono riconducibili
quegli oneri collegati con il bene ceduto da un nesso di consequenzialità, quali le spese di registrazione, notarili,
di intermediazione, ecc.
In relazione al significato di costo non ammortizzato, si osserva che la formula usata dal legislatore deve
intendersi equivalente a “ultimo valore fiscalmente riconosciuto”, vale a dire costo d’acquisto fiscalmente
rilevante, ai sensi di quanto previsto dall’art. 110 del Tuir.
In caso di tassazione per trasparenza il comma 12 dell’art. 115 del Tuir, prevede il costo della partecipazione è
aumentato o diminuito, rispettivamente, dei redditi e delle perdite imputati ai soci ed è altresì diminuito, fino a
concorrenza dei redditi imputati, degli utili distribuiti ai soci. Stesso dicasi per le partecipazioni in società di
persone (art. 68, comma 6 del Tuir).
L’Amministrazione ha ritenuto che il costo fiscale delle azioni o quote possedute da una persona fisica in una
società che viene scissa si ripartisce tra le quote della società stessa e quelle delle beneficiarie della scissione in
proporzione al patrimonio netto contabile che viene trasferito (Cfr. Circ. 17 maggio 2000, n. 98/E, par. 7.2.3).
Questa interpretazione vale anche quando il socio è una società di capitali (Cfr. Circ. Ag. Entrate n. 6/E del 13
febbraio 2006).
52
A norma del comma 1 dell’art. 101 del Tuir, le minusvalenze realizzate con gli stessi criteri stabiliti per la
determinazione delle plusvalenze, sono deducibili. Il riferimento è alla c.d. “perdite realizzate”, ovverosia a quelle
realizzate mediante:
- cessione a titolo oneroso;
- risarcimento anche assicurativo;
Deve in ogni caso trattarsi di partecipazioni non in regime di esenzione. A tale proposito occorre considerare con
effetto dal 3 ottobre 2005 il possesso ai fini della qualificazione della partecipazione come esente (requisito di
cui alla lett. a) del comma 1 dell’art. 87 del Tuir) è di dodici mesi (o meglio, fa riferimento dal primo giorno del
dodicesimo mese precedente quello dell’avvenuta cessione) e non di diciotto (in merito di veda l’art. 101, comma
1-bis del Tuir introdotto dal Dl n. 203 del 2005).
Con effetto dal 1 gennaio 2006 occorre poi considerare che il Dl n. 203 del 2005 ha introdotto all’art. 109 del Tuir
i commi 3-bis, 3-ter e 3-quater in forza dei quali la minusvalenza realizzata dalla cessione di partecipazione (più
precisamente azioni, quote e strumenti finanziari) è in ogni caso indeducibile nel limite dell’ammontare non
imponibile dei dividendi distribuiti (anche sottoforma di acconti) nei 36 mesi precedenti. In merito si veda
quanto detto a commento dell’art. 109 in merito al c.d. dividend washing.
Il periodo di tassazione
Le partecipazioni che al momento della vendita danno origine a ricavi sono tassate per intero nel periodo
d’imposta in cui si verifica il conseguimento del corrispettivo.
Quelle invece che danno origine a plusvalenza sono tassate (art. 87, comma 4 del Tuir):
- per intero nel periodo di imposta di realizzo della plusvalenza;
- ovvero, facoltativamente, in quote costanti nel periodo di imposta stesso e nei successivi.
La rateizzazione della plusvalenza risulta fattibile qualora le partecipazioni:
- siano detenute per un periodo non inferiore a tre anni;
- risultino iscritte tra le immobilizzazioni finanziarie negli ultimi tre bilanci.
Con riguardo al requisito temporale da integrare per poter beneficiare della rateizzazione, il Ministero delle
Finanze ha chiarito che occorre riferirsi alla disposizione prevista dall’art. 2963 del Codice civile in base alla
quale si deve tener conto del giorno e del mese del terzo anno successivo a quello di acquisizione o di possesso.
Per quanto concerne le immobilizzazioni fungibili, al fine della verifica del rispetto del requisito temporale, la
norma prevede che si considerano cedute per prime le immobilizzazioni finanziarie acquistate in data più
recente. Ne deriva pertanto che occorre accertare la sussistenza temporale di ogni singolo strato Lifo e
considerare ceduti per primi quelli acquistati in data più recente.
Per effetto dell’art. 6, comma 4 della Legge n. 342 del 2000, le partecipazioni, acquisite tramite conferimenti
effettuati ai sensi dell’art. 4 del Dlgs n. 358 del 1997, poi esteso all’art. 176 del Tuir, si considerano iscritte,
come immobilizzazioni finanziarie, già nei bilanci in cui risultavano iscritti i beni costituenti l’azienda oggetto di
conferimento e pertanto si devono considerare possedute dal soggetto conferitario anche per il periodo di
possesso dei beni dell’azienda conferita da parte del conferente. Da ciò deriva che, in caso di successiva cessione,
potrà essere invocata la “stagionatura” ai fini, in questo caso, della rateizzazione del concorso alla formazione del
reddito della plusvalenza realizzata.
In merito all’iscrizione delle partecipazioni tra l’attivo immobilizzato piuttosto che l’attivo circolante, si evidenzia
come sebbene questo giudizio dipenda da scelte di gestione, è data all’Amministrazione il potere di verificare la
“fedeltà” delle predette scelte e della rappresentazione che di esse fornisce il bilancio. I comma 3 dell’37-bis del
DpR n. 600 del 1973, prevede infatti, che tra le operazioni che legittimano l’applicazione della norma
antielusiva vi sia anche la classificazioni in bilancio delle partecipazioni. In merito si rimanda a quanto detto nel
paragrafo introduttivo.
La tassazione per le persone fisiche (c.d. capital gain)
Che regola in merito ai guadagni di capitali, quando le partecipazioni sono detenute da soggetti Irpef che non
operano in regime d’impresa, è l’art. 67 e 68 del Tuir che tratta dei redditi diversi.
Articolo 67
Redditi diversi
Estratto
53
Sono redditi diversi se non costituiscono redditi di capitale ovvero se non sono conseguiti nell'esercizio di arti e
professioni o di imprese commerciali o da società in nome collettivo e in accomandita semplice, né in relazione
alla qualità di lavoratore dipendente:
(…)
c) le plusvalenze realizzate mediante cessione a titolo oneroso di partecipazioni qualificate. Costituisce cessione
di partecipazioni qualificate la cessione di azioni, diverse dalle azioni di risparmio, e di ogni altra partecipazione
al capitale od al patrimonio delle società di cui all'articolo 5, escluse le associazioni di cui al comma 3, lettera c),
e dei soggetti di cui all'articolo 73, comma 1, lettere a), b) e d), nonché la cessione di diritti o titoli attraverso cui
possono essere acquisite le predette partecipazioni, qualora le partecipazioni, i diritti o titoli ceduti
rappresentino, complessivamente, una percentuale di diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria
superiore al 2 o al 20 per cento ovvero una partecipazione al capitale od al patrimonio superiore al 5 o al 25 per
cento, secondo che si tratti di titoli negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni. Per i diritti o
titoli attraverso cui possono essere acquisite partecipazioni si tiene conto delle percentuali potenzialmente
ricollegabili alle predette partecipazioni. La percentuale di diritti di voto e di partecipazione è determinata
tenendo conto di tutte le cessioni effettuate nel corso di dodici mesi, ancorché nei confronti di soggetti diversi.
Tale disposizione si applica dalla data in cui le partecipazioni, i titoli ed i diritti posseduti rappresentano una
percentuale di diritti di voto o di partecipazione superiore alle percentuali suindicate. Sono assimilate alle
plusvalenze di cui alla presente lettera quelle realizzate mediante:
1) cessione di strumenti finanziari di cui alla lettera a) del comma 2 dell'articolo 44 quando non rappresentano
una partecipazione al patrimonio;
2) cessione dei contratti di cui all'articolo 109, comma 9, lettera b), qualora il valore dell'apporto sia superiore
al 5 per cento o al 25 per cento del valore del patrimonio netto contabile risultante dall'ultimo bilancio
approvato prima della data di stipula del contratto secondo che si tratti di società i cui titoli sono negoziati in
mercati regolamentati o di altre partecipazioni. Per le plusvalenze realizzate mediante la cessione dei contratti
stipulati con associanti non residenti che non soddisfano le condizioni di cui all'articolo 44, comma 2, lettera a),
ultimo periodo, l'assimilazione opera a prescindere dal valore dell'apporto;
3) cessione dei contratti di cui al numero precedente qualora il valore dell'apporto sia superiore al 25 per cento
dell'ammontare dei beni dell'associante determinati in base alle disposizioni previste del comma 2 dell'articolo
47 del citato testo unico;
c bis) le plusvalenze, diverse da quelle imponibili ai sensi della lettera c), realizzate mediante cessione a titolo
oneroso di azioni e di ogni altra partecipazione al capitale o al patrimonio di società di cui all'articolo 5, escluse
le associazioni di cui al comma 3, lettera c), e dei soggetti di cui all'articolo 73, nonché di diritti o titoli attraverso
cui possono essere acquisite le predette partecipazioni. Sono assimilate alle plusvalenze di cui alla presente
lettera quelle realizzate mediante:
1) cessione dei contratti di cui all'articolo 109, comma 9, lettera b), qualora il valore dell'apporto sia non
superiore al 5 per cento o al 25 per cento del valore del patrimonio netto contabile risultante dall'ultimo
bilancio approvato prima della data di stipula del contratto secondo che si tratti di società i cui titoli sono
negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni;
2) cessione dei contratti di cui alla lettera precedente qualora il valore dell'apporto sia non superiore al 25 per
cento dell'ammontare dei beni dell'associante determinati in base alle disposizioni previste dal comma 2
dell'articolo 47;
Articolo 68
Plusvalenze
Estratto
3. Le plusvalenze di cui alla lettera c) del comma 1 dell'articolo 67, diverse da quelle di cui al comma 4 del
presente articolo, per il 40 per cento del loro ammontare, sono sommate algebricamente alla corrispondente
quota delle relative minusvalenze; se le minusvalenze sono superiori alle plusvalenze l'eccedenza è riportata in
deduzione, fino a concorrenza del 40 per cento dell'ammontare delle plusvalenze dei periodi successivi, ma non
oltre il quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel
quale le minusvalenze sono state realizzate.
4. Le plusvalenze realizzate mediante la cessione dei contratti stipulati con associanti non residenti che non
soddisfano le condizioni di cui all'articolo 44, comma 2, lettera a), ultimo periodo, nonché le plusvalenze di cui
alle lettere c) e c bis) del comma 1 dell'articolo 67 realizzate mediante la cessione di partecipazioni al capitale o
al patrimonio, titoli e strumenti finanziari di cui all'articolo 44, comma 2, lettera a), e contratti di cui all'articolo
109, comma 9, lettera b), emessi o stipulati da società residenti in Stati o territori diversi da quelli di cui al
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decreto del Ministro dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'articolo 168-bis, salvo la dimostrazione,
a seguito dell'esercizio dell'interpello secondo le modalità del comma 5, lettera b), dello stesso articolo 167, del
rispetto delle condizioni indicate nella lettera c) del comma 1 dell'articolo 87, concorrono a formare il reddito
per il loro intero ammontare. La disposizione del periodo precedente non si applica alle partecipazioni, ai titoli e
agli strumenti finanziari di cui alla citata lettera c bis), del comma 1, dell'articolo 67, emessi da società i cui titoli
sono negoziati nei mercati regolamentati. Le plusvalenze di cui ai periodi precedenti sono sommate
algebricamente alle relative minusvalenze; se le minusvalenze sono superiori alle plusvalenze l'eccedenza è
riportata in deduzione integralmente dall'ammontare delle plusvalenze dei periodi successivi, ma non oltre il
quarto, a condizione che sia indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel quale le
minusvalenze sono state realizzate.
5. Le plusvalenze di cui alle lettere c bis), diverse da quelle di cui al comma 4, e c ter) del comma 1 dell'articolo
67 sono sommate algebricamente alle relative minusvalenze, nonché ai redditi ed alle perdite di cui alla lettera c
quater) e alle plusvalenze ed altri proventi di cui alla lettera c quinquies) del comma 1 dello stesso articolo 67;
se l'ammontare complessivo delle minusvalenze e delle perdite è superiore all'ammontare complessivo delle
plusvalenze e degli altri redditi, l'eccedenza può essere portata in deduzione, fino a concorrenza, dalle
plusvalenze e dagli altri redditi dei periodi d'imposta successivi ma non oltre il quarto, a condizione che sia
indicata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d'imposta nel quale le minusvalenze e le perdite sono
state realizzate.
6. Le plusvalenze indicate nelle lettere c), c bis) e c ter) del comma 1 dell'articolo 67 sono costituite dalla
differenza tra il corrispettivo percepito ovvero la somma od il valore normale dei beni rimborsati ed il costo od
il valore di acquisto assoggettato a tassazione, aumentato di ogni onere inerente alla loro produzione, compresa
l'imposta di successione e donazione, con esclusione degli interessi passivi. Nel caso di acquisto per successione,
si assume come costo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell'imposta di successione,
nonché, per i titoli esenti da tale imposta, il valore normale alla data di apertura della successione. Nel caso di
acquisto per donazione si assume come costo il costo del donante. Per le azioni, quote o altre partecipazioni
acquisite sulla base di aumento gratuito del capitale il costo unitario è determinato ripartendo il costo originario
sul numero complessivo delle azioni, quote o partecipazioni di compendio. Per le partecipazioni nelle società
indicate dall'articolo 5, il costo è aumentato o diminuito dei redditi e delle perdite imputate al socio e dal costo
si scomputano, fino a concorrenza dei redditi già imputati, gli utili distribuiti al socio. Per le valute estere cedute
a termine si assume come costo il valore della valuta al cambio a pronti vigente alla data di stipula del contratto
di cessione. Il costo o valore di acquisto è documentato a cura del contribuente. Per le valute estere prelevate da
depositi e conti correnti, in mancanza della documentazione del costo, si assume come costo il valore della
valuta al minore dei cambi mensili accertati ai sensi dell'articolo 110, comma 9, nel periodo d'imposta in cui la
plusvalenza è realizzata. Le minusvalenze sono determinate con gli stessi criteri stabiliti per le plusvalenze.
6-bis. Le plusvalenze di cui alle lettere c) e c-bis) del comma 1, dell'articolo 67 derivanti dalla cessione di
partecipazioni al capitale in societa' di cui all'articolo 5, escluse le societa' semplici e gli enti ad esse equiparati, e
all'articolo 73, comma 1, lettera a), costituite da non piu' di sette anni, possedute da almeno tre anni, ovvero
dalla cessione degli strumenti finanziari e dei contratti indicati nelle disposizioni di cui alle lettere c) e c-bis)
relativi alle medesime societa', rispettivamente posseduti e stipulati da almeno tre anni, non concorrono alla
formazione del reddito imponibile in quanto esenti qualora e nella misura in cui, entro due anni dal loro
conseguimento, siano reinvestite in societa' di cui all'articolo 5 e all'articolo 73, comma 1, lettera a), che
svolgono la medesima attivita', mediante la sottoscrizione del capitale sociale o l'acquisto di partecipazioni al
capitale delle medesime, sempreche' si tratti di societa' costituite da non piu' di tre anni.(8)
6-ter. L'importo dell'esenzione prevista dal comma precedente non puo' in ogni caso eccedere il quintuplo del
costo sostenuto dalla societa' le cui partecipazioni sono oggetto di cessione, nei cinque anni anteriori alla
cessione, per l'acquisizione o la realizzazione di beni materiali ammortizzabili, diversi dagli immobili, e di beni
immateriali ammortizzabili, nonche' per spese di ricerca e sviluppo.
7. Agli effetti della determinazione delle plusvalenze e minusvalenze:
a) dal corrispettivo percepito o dalla somma rimborsata, nonché dal costo o valore di acquisto si scomputano i
redditi di capitale maturati ma non riscossi, diversi da quelli derivanti dalla partecipazione in società ed enti
soggetti all'imposta sul reddito delle società e dagli utili relativi ai titoli ed agli strumenti finanziari di cui
all'articolo 44, comma 2, lettera a), e ai contratti di cui all'articolo 109, comma 9, lettera b);
b) qualora vengano superate le percentuali di diritti di voto o di partecipazione indicate nella lettera c) del
comma 1 dell'articolo 67, i corrispettivi percepiti anteriormente al periodo d'imposta nel quale si è verificato il
superamento delle percentuali si considerano percepiti in tale periodo;
c) per le valute estere prelevate da depositi e conti correnti si assume come corrispettivo il valore normale della
valuta alla data di effettuazione del prelievo;
d) per le cessioni di metalli preziosi, in mancanza della documentazione del costo di acquisto, le plusvalenze
sono determinate in misura pari al 25 per cento del corrispettivo della cessione;
e) per le cessioni a titolo oneroso poste in essere in dipendenza dei rapporti indicati nella lettera c quater), del
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comma 1 dell'articolo 67, il corrispettivo è costituito dal prezzo di cessione, eventualmente aumentato o
diminuito dei premi pagati o riscossi su opzioni;
f) nei casi di dilazione o rateazione del pagamento del corrispettivo la plusvalenza è determinata con
riferimento alla parte del costo o valore di acquisto proporzionalmente corrispondente alle somme percepite
nel periodo d'imposta.
Ai fini della tassazione l’art. 67 prevede che si debba fare una distinzione, a seconda che si faccia riferimento a
partecipazioni qualificate piuttosto che partecipazioni non qualificate, in quanto, mentre le plusvalenze
sulle prime concorrono, parzialmente alla formazione del reddito complessivo, le plusvalenze sulle secondo sono
soggette a prelievo sostitutivo.
Più precisamente:
- le plusvalenze da cessione di partecipazioni non qualificate sono soggette all’imposta sostitutiva del 12,50 per
cento (20% dal 2012, 26% dal 1/7/2014) ai sensi dell’art. 5, comma 2 del Dlgs n. 461 del 1997.
- le plusvalenze da partecipazioni qualificate concorreranno a formare il reddito imponibile, nella misura del 40
per cento, ai sensi dell’art. 68, comma 3 del Tuir.
La misura del 40 per cento è elevata al 49,72 per cento per le plusvalenze e le minusvalenze realizzate dal 1°
gennaio 2008 (Cfr. art. 1, commi 38 della Legge 244 del 2007). Si tratta degli effetti conseguenti alla riduzione
dell’aliquota Ires è l’aumento della quota imponibile dei dividendi percepiti e delle plusvalenze realizzate da
persone fisiche.
L’art. 2, co. 6 del Dl 138/2011 ha previsto che a decorrere dal 2012 (plusvalenze realizzate dal 1 gennaio 2012),
l’aliquota ordinaria della ritenuta ovvero dell’imposta sostitutiva applicata, tra gli altri, ai redditi diversi di cui
all’art. 67, comma 1, lett. da c-bis) a c-quinquies) del Tuir di persone fisiche, enti non commerciali e società
semplici, enti non commerciali e società semplici è aumentata nella misura del 20%. In particolare a seguito
delle modifiche in esame le plusvalenze derivanti da partecipazioni non qualificate in luogo del 12,5% sono
assoggettate al 20%.
Articolo 2 Dpr 138/2011
(…)
6. Le ritenute, le imposte sostitutive sugli interessi, premi e ogni altro provento di cui all'articolo 44 del decreto
del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917 e sui redditi diversi di cui all'articolo 67, comma 1,
lettere da c- bis a c- quinquies del medesimo decreto, ovunque ricorrano, sono stabilite nella misura del 20 per
cento.
(…)
10. Per i dividendi e proventi ad essi assimilati la misura dell'aliquota di cui al comma 6 si applica a quelli
percepiti dal 1° gennaio 2012.
(…)
Le novità introdotte con il Dl 138/2011
È tuttavia prevista una serie di eccezioni tra le quali si evidenzia:
l’imposta sostitutiva dell’11% sui risultati derivanti dai fondi pensione italiani;
- la ritenuta o imposta sostitutiva del 12,5% sui titoli di Stato italiani e titoli ad essi equiparati,
sui titoli di Stato esteri non “black list”, sui titoli di risparmio per l’economia meridionale
nonché su determinate forme di previdenza complementare e specifici piani di risparmio
appositamente istituiti.
Tra le casistiche alle quali il Decreto in esame non apporta modifiche si evidenziano inoltre:
- gli utili e le plusvalenze relativi a partecipazioni qualificate;
- gli interessi e i canoni corrisposti a società residenti in uno Stato UE di cui al nuovo comma 8-bis,
dell’art. 26, DPR n. 600/73, introdotto dall’art. 23, DL n. 98/2011 (Informativa SEAC 20.7.2011, n.
174);
- gli utili corrisposti a società ed enti soggetti alle imposte sui redditi delle società in Stati UE o
dell’Accordo sullo spazio economico europeo “white list”, per i quali è confermata la ritenuta nella
misura dell’1,375%.
È altresì prevista:
- la soppressione della maggiorazione del 20% sugli interessi dei titoli con scadenza non inferiore
a 18 mesi rimborsati anticipatamente;
- la riduzione, da 4/9 a 1/4 della ritenuta, dell’importo massimo dell’imposta che i non
residenti hanno pagato all’estero in via definitiva e possono richiedere a rimborso ai sensi
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dell’art. 27, comma 3, DPR n. 600/73;
la modifica dell’art. 3, comma 115, Legge n. 549/95 a seguito della quale è disposto che per le
società/enti diversi dalle banche con capitale rappresentato da azioni non negoziate in mercati
regolamentati UE o dell’Accordo sullo spazio economico europeo che hanno emesso obbligazioni e
titoli similari di cui all’art. 26, DPR n. 600/73, gli interessi passivi sono deducibili solo se, al
momento dell’emissione, il tasso di rendimento effettivo risulta non superiore: 1) al doppio
del tasso ufficiale di riferimento per le obbligazioni ed i titoli similari negoziati nei mercati
regolamentati UE o dell’Accordo sullo spazio economico europeo ovvero collocati mediante offerta a
pubblico; 2) al tasso ufficiale di riferimento aumentato di 2/3 delle obbligazioni e dei titoli similari
diversi da quelli al punto precedente;
- l’integrazione degli artt. 5, 6 e 7, D.Lgs. n. 461/97 a seguito della quale i redditi diversi derivanti
dalle obbligazioni e dagli altri titoli di cui all’art. 31, DPR n. 601/73 e dalle obbligazioni emesse da
Stati non “black list” vanno computati nella misura del 62,5% dell’ammontare realizzato.
Con riferimento alla decorrenza del nuovo regime di tassazione (1.1.2012), è necessario differenziare in base
alla tipologia di reddito. In particolare, i commi da 9 a 12 dell’art. 2 in esame prevedono espressamente che la
nuova aliquota del 20% è applicabile:
- agli interessi, premi e altro provento di cui al citato art. 44, TUIR divenuti esigibili e ai redditi
diversi realizzati a decorrere dall’1.1.2012;
- ai dividendi e proventi assimilati percepiti dall’1.1.2012;
- in caso di obbligazioni e titoli similari di cui all’art. 2, comma 1, D.Lgs. n. 239/96, agli interessi, premi
e altro provento di cui al citato art. 44, TUIR maturati a decorrere dall’1.1.2012;
- in caso di gestione individuale di portafoglio ex art. 7, D.Lgs. n. 461/97, ai risultati maturati a
decorrere dall’1.1.2012.
Il comma 27, con riferimento ai redditi compresi nei capitali corrisposti in dipendenza di contratti di
assicurazione sulla vita e di capitalizzazione di cui all’art. 44, comma 1, lett. g-quater), TUIR, dispone che
l’aliquota del 12,5% trova ancora applicazione per i contatti sottoscritti fino al 31.12.2011 ma solo per la parte
di redditi riferita al periodo intercorrente tra la sottoscrizione/acquisto della polizza ed il 31.12.2011.
Le minusvalenze, le perdite o i differenziali negativi di cui all’art. 67, comma 1, lett. da c-bis) a c-quater),
TUIR realizzati entro il 31.12.2011 possono essere dedotti dalle plusvalenze e dai redditi diversi di cui alle
lett. da c-bis) a c-quinquies) del citato comma 1, realizzati successivamente, ma solo per una quota pari al
62,5% del loro ammontare.
-
I criteri ordinari di tassazione delle plusvalenze si applicano anche alle partecipazioni in società estere. In ogni
caso concorrono integralmente a formare il reddito complessivo del contribuente le plusvalenze relative a
partecipazioni in società residenti in Paesi o territori a regime fiscale privilegiato (di cui al Decreto del Ministro
dell'economia e delle finanze emanato ai sensi dell'art. 167, comma 4, del Tuir) fatta eccezione del caso in cui,
con interpello, si sia dimostrato che dal possesso delle partecipazioni qualificate non sia conseguito l'effetto di
localizzare i redditi nello Stato o territorio a fiscalità privilegiata.
Le disposizioni che regolano il diritto di interpello, già contenute nella disciplina sulle Cfc, sono state attuate
nell’ambito del Dm n. 429 del 2001. Il diritto di interpello può essere esercitano, nel caso di specie, da qualsiasi
soggetto possessore della partecipazione, anche se diversa dalle partecipazioni di controllo e di collegamento, con
le medesime modalità previste dalla disciplina sulle Cfc (Cfr relazione governativa al Dlgs n. 344 del 2003).
Come si è detto – secondo le indicazioni dell’art. 5, comma 2 del Dm n. 429 del 2001 – può essere dimostrato,
tramite l’esercizio dell’interpello, che i redditi conseguiti dalle imprese estere sono prodotti in misura non inferiore
al 75 per cento in Stati o territori diversi da quelli a fiscalità privilegiata e ivi sottoposti integralmente a tassazione
ordinaria; non basta invece dimostrare come si fa di norma per ottenere la disapplicazione della disciplina Cfc che
la società estera svolge “effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività, nello Stato o
territorio nel quale ha sede”. Ciò in quanto l’esenzione del 95 per cento del dividendo non ha scopo agevolativo, ma
di evitare la doppia imposizione economica dei dividendi (Circ. Ag. Entrate n. 26/E del 2004).
La produzione del reddito in territori diversi da quelli a fiscalità privilegiata ricorre qualora la società abbia
prodotto direttamente redditi di fonte estera, in misura non inferiore al 75 per cento del totale, tramite, ad
esempio, una stabile organizzazione o in virtù del possesso di cespiti immobiliari, localizzati e sottoposti a
tassazione fuori dagli Stati o territori a fiscalità privilegiata. Al contrario, se i redditi della società sono formati,
anche totalmente, da utili da partecipazione ad essa attribuiti da una partecipata residente in un paese a fiscalità
non privilegiata, non può essere invocata l’esimente prevista dalla norma. Tali redditi, infatti, in quanto derivanti
da una fonte produttiva (il capitale) situata in un Paese a fiscalità privilegiata, devono considerarsi prodotti in tale
Paese non rilevando la circostanza che essi siano indirettamente riconducibili alla attività propria della
partecipata (Cfr Ris. n. 18/E del 29 gennaio 2003).
Al fine di stabilire se il reddito è prodotto in uno dei Paesi a fiscalità privilegiata inclusi non inclusi nella white list
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ex art. 168-bis del Tuir (fino al 2008 black list–in merito si veda il commento all’art. 168-bis del Tuir) resta in ogni
caso ininfluente qualsiasi ipotesi di tassazione derivante dalla applicazione di ruling negativi volti a modificare in
peius – per volontà del contribuente – l’operatività di specifiche disposizioni previste in via normativa. Lo Stato
titolare della potestà impositiva deve, infatti, poter essere individuato sulla base di criteri oggettivi legati alla
specificità dell’ordinamento giuridico-tributario, e non di una scelta, eventualmente revocabile, del contribuente
(Cfr Ris. Ag. Entrate n. 358/E del 19 dicembre 2002).
In sede di interpello occorre che si dimostri che i redditi imputati dalla società partecipata siano stati regolarmente
assoggetti a tassazione in un paese a fiscalità ordinaria non solo nell’anno, ma a decorrere dall’inizio del periodo di
possesso della partecipazione. Tale argomentazione, secondo quanto previsto dall’Agenzia delle Entrate nella Circ.
n. 26/E del 2004, trova fondamento nel rinvio che il comma 3, art. 89 del Tuir, fa alle condizioni di cui all’art. 87,
comma 1, lett. c) del Tuir – rilevanti ai fini della participation exemption.
Stando il disposto normativo secondo cui danno luogo a plusvalenze imponibili le cessioni a titolo oneroso, le
cessioni a titolo gratuito (quali le donazioni o le successioni mortis causa) non sono soggette a tassazione.
In forza di quanto previsto dall’art. 9, comma 5 del Tuir, ai fini delle imposte sui redditi le disposizioni sulle
cessioni a titolo oneroso si applicano anche agli atti a titolo oneroso che importano costituzione o trasferimento
di diritti reali di godimento e per i conferimenti in società. In tal senso si è espressa anche l’Amministrazione
finanziaria nelle Circ. n. 165/E del 21 novembre 1997 e n. 52/E del 10 dicembre 2004.
Non sono invece da ricomprendere tra i redditi diversi, ma tra i redditi di capitale, i rimborsi degli investimenti
aventi natura partecipativa a seguito di recesso, esclusione o riscatto del socio, di riduzione del capitale
esuberante della società, o in caso di liquidazione della società nei casi previsti dall’art.47, comma 7 del
Tuir. Tuttavia, occorre tener presente che il citato art. 47, comma 7, del Tuir fa riferimento al recesso tipico che
comporta l’annullamento delle azioni o quote, compreso il caso in cui il rimborso venga effettuato previo
acquisto delle azioni o quote da parte della società utilizzando gli utili e le riserve disponibili anche in deroga ai
limiti previsti dall’art. 2357, comma 3, del Codice civile, per l’acquisto di azioni proprie.
Pertanto, qualora il recesso avvenga con modalità diverse, ossia mediante acquisto da parte degli altri soci in
proporzione alle loro partecipazioni, oppure da parte di un terzo (Cfr. art. 2437-quater, commi 1 e 4, del Codice
civile, per le Spa e art. 2473, comma 4, dello stesso Codice, per le Srl), si configura un’ipotesi che va inquadrata più
propriamente nell’ambito degli atti produttivi di redditi diversi di natura finanziaria, sempreché si tratti di
cessioni a titolo oneroso (Cfr. Cicol. Ag. Entrate n. 26/E del 16 giugno 2004 - par. 3.1).
La norma definisce quali sono le cessioni di partecipazioni qualificate,tantochè, per differenza, è possibile
individuare quelle non qualificate.
E’ stabilito che costituiscono cessione di partecipazioni qualificate (art. 67, comma 1, lett. c) del Tuir) le
cessioni a titolo oneroso di azioni, diverse dalle azioni di risparmio, e di ogni altra partecipazione al capitale o al
patrimonio di:
- società di persone ed equiparate residenti nel territorio dello Stato di cui all'art. 5 del Tuir (ad esclusione delle
associazioni tra artisti e professionisti);
- società ed enti commerciali residenti nel territorio dello Stato (art. 73, comma 1, lettere a) e b), del Tuir);
- società ed enti non residenti nel territorio dello Stato (art. 73, comma 1, lett. d) del Tuir), nel cui ambito sono
compresi anche le associazioni tra artisti e professionisti e gli enti non commerciali,
qualora le partecipazioni, titoli e diritti che rappresentino una percentuale superiore al 2 o al 20 per cento dei
diritti di voto esercitabili nell'assemblea ordinaria, ovvero al 5 o al 25 per cento del capitale o del patrimonio, a
seconda che si tratti, rispettivamente, di titoli negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri o di altre
partecipazioni.
Il mancato richiamo alla lett. c) del comma 1 dell’art. 73 del Tuir fa dedurre che le partecipazioni al capitale e al
patrimonio degli enti (pubblici e privati) non commerciali rientrano sempre e comunque nelle partecipazioni
non qualificate.
Essendo il criterio della partecipazione al capitale o al patrimonio e quello dei diritti di voto fra loro alternativi,
affinché una cessione di partecipazione possa essere considerata qualificata è sufficiente che sia integrato
anche uno soltanto dei due criteri (da ultimo Ris. Ag. entrate 332/E/2008). Quindi la qualificazione è data da
maggiore tra:
- percentuale partecipazione al capitale
- percentuale di diritto di voto.
Nell’ipotesi in cui il donante fosse stato possessore di una partecipazione qualificata è previsto, per effetto della
norma antielusiva contenuta nell’art. 16, comma 1, Legge n. 383/2001, che il donatario determini, nell’ambito
della cessione della partecipazione entro 5 anni dalla donazione, il capital gain come se fosse titolare di una
partecipazione qualificata (Cfr. Cir. Ag. entrate 4 agosto 2004, n. 35/E).
La norma prosegue prevedendo che:
- al fine di individuare le percentuali di diritti di voto e di partecipazione occorre cumulare le cessioni
effettuate nell’arco di dodici mesi; pertanto, in occasione di ogni cessione si devono considerare tutte le
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cessioni effettuate dal medesimo contribuente che hanno avuto luogo nei dodici mesi dalla data di essa, anche se
ricadenti in periodi d’imposta diversi; se ciò dovesse accadere in due periodi d’imposta differenti, occorrerà
gestire il cambiamento di modalità di tassazione (da non qualificata a qualificata) in sede di dichiarazione dei
redditi (Cfr. istruzioni alla dichiarazione dei redditi);
- tale disposizione si applica dalla data in cui le partecipazioni, i titoli ed i diritti posseduti rappresentano una
percentuale di diritti di voto o di partecipazione superiore alle percentuali suindicate; è quindi subordinata alla
condizione che il contribuente possieda, almeno per un giorno, una partecipazione superiore alle percentuali
sopra indicate.
Conseguentemente, fintanto che il contribuente non possieda una partecipazione qualificata, tutte le cessioni
effettuate nel corso dei dodici mesi, anche se complessivamente superiori alle predette percentuali per effetto di
reiterate operazioni di acquisto e di vendita, non possono considerarsi cessioni di partecipazioni qualificate. Per
contro, dal momento in cui sia stata superata, come possesso, una delle predette percentuali, le cessioni
effettuate nei dodici mesi successivi sono considerate cessioni di partecipazioni qualificate (se a loro volta sono
superiori alle percentuali stesse) e ciò fino a quando non siano trascorsi dodici mesi dal momento in cui il
possesso della partecipazione da parte del contribuente sia sceso al di sotto della percentuale prevista dalla
norma.
Pertanto, qualora il contribuente, dopo aver effettuato una prima cessione non qualificata, ponga in essere,
nell’arco di dodici mesi dalla prima cessione, altre cessioni che comportino il superamento delle percentuali di
diritti di voto o di partecipazione, per effetto della predetta regola del cumulo, si realizza una cessione di
partecipazione qualificata. In altri termini, in sede di dichiarazione, si deve tener conto nella determinazione del
reddito complessivo di tutte le plusvalenze realizzate in occasione di cessioni di partecipazioni considerate
qualificate. Al riguardo, l'art. 15, comma 1, lett. b) del Dlgs n. 247 del 2006 - aggiungendo un'apposita previsione
nel comma 4 dell'art. 5 del Dlgs n. 461 del 1997 - ha chiarito che l'imposta sostitutiva del 12,50 per cento
corrisposta (20% dal 2012, 26% dal 1/7/2014) fino al superamento delle percentuali possa essere detratta in
sede di presentazione della dichiarazione dei redditi.
L’Amministrazione finanziaria è intervenuta a spiegare l’applicazione pratica della norma. Le circolari di
rifermento sono la n. 165/E del 21 novembre 1997 e n. 52/E del 10 dicembre 2004.
In proposito viene detto che:
- la nozione di “mercati regolamentati” comprende non solo la borsa ed il mercato ristretto, ma ogni altro
mercato disciplinato da disposizioni normative; più specificamente, si intende far riferimento ai mercati
regolamentati di cui al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (Tuif) approvato
con Dlgs n. 58 del 24 febbraio 1998, nonché a quelli di Stati appartenenti all’Ocse, istituiti, organizzati e
disciplinati da disposizioni adottate o approvate dalle competenti autorità in base alle leggi in vigore nello Stato
in cui detti mercati hanno sede;
- anche qualora i diritti di voto potrebbero non essere proporzionali al capitale posseduto e al diritto agli
utili, ai fini della identificazione della natura della partecipazione, qualificata o non qualificata, si deve fare
riferimento alla percentuale di capitale sociale o di diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria assicurati
dalla partecipazione ceduta. In tal senso si è espressa l’Amministrazione finanziaria nella Circ. n. 52 del 2004
riferendosi al contenuto dei nuovi artt. 2346, comma 4 (assegnazione di azioni non proporzionale ai
conferimenti effettuati nelle Spa), 2468, comma 3 (particolari diritti patrimoniali e amministrativi attribuiti ai
soci delle S.r.l.) e 2351, comma 3, (diritti di voto limitati nelle Spa). In quest’ultimo caso, al fine di determinare la
natura qualificata o meno delle azioni con voto limitato o scaglionato, occorre far riferimento alla effettiva
percentuale di diritti di voto assicurata globalmente da tali partecipazioni;
- per stabilire se sia stata superata la percentuale minima di partecipazione o di diritti di voto, si deve tener
conto anche dei titoli o dei diritti attraverso cui possono essere acquisite partecipazioni qualificate (ad esempio:
warrants di sottoscrizione e di acquisto, opzioni di acquisto di partecipazioni, diritti d’opzione di cui agli artt.
2441 e 2420-bis del Codice civile, obbligazioni convertibili). Pertanto, si può verificare un’ipotesi di cessione di
partecipazione qualificata anche nel caso in cui vengano ceduti soltanto titoli o diritti che, autonomamente
considerati (o che insieme alle altre partecipazioni cedute), rappresentino una percentuale di diritti di voto e di
partecipazione superiori ai limiti indicati;
- nel calcolo delle cessioni effettuate nei dodici mesi sono da ricomprendere anche le cessioni a titolo gratuito
(Cfr. Circ. n. 98/E del 18 maggio 2000);
- nel caso in cui il possessore di azioni ordinarie sia anche possessore di strumenti finanziari partecipativi
emessi a fronte dell’apporto di capitale, al fine di determinare la natura qualificata o meno della partecipazione
occorre far riferimento ai limiti del 5 o 25 per cento di partecipazione al patrimonio o al capitale, computando
separatamente le rispettive quote di patrimonio e di capitale singolarmente rappresentate dalle azioni e dagli
strumenti finanziari. Pertanto, la verifica per il superamento delle percentuali indicate dalla norma va effettuata
separatamente per le partecipazioni in società e per gli strumenti finanziari partecipativi emessi dalle società
59
medesime, prendendo in considerazione, nel primo caso, la percentuale di partecipazione al capitale o la
percentuale di diritti di voto e, nel secondo caso, la percentuale di partecipazione al patrimonio;
- qualora un soggetto possieda azioni ordinarie congiuntamente a strumenti finanziari non rappresentativi
di quote di patrimonio (considerati a priori qualificati) questi ultimi non incidono sulla qualificazione o meno
delle azioni ordinarie, nel senso che, con riferimento a queste ultime, occorrerà verificare autonomamente il
superamento dei limiti previsti.
Con la Ris. n. 65/E del 16 maggio 2006 l’Agenzia delle Entrate fornisce precisazioni in merito alla qualificazione
di una partecipazione societaria (nel caso di specie, in una Srl) detenuta in parte (15 per cento) a titolo di
piena proprietà e in parte (20 per cento) a titolo di nuda proprietà. In base all’art. 67 comma 1, lett. c), Tuir,
per partecipazioni non qualificate si intendono quelle che rappresentano una percentuale non superiore al 2 per
cento (per titoli quotati) o al 20 per cento dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria, ovvero al 5 per
cento (per titoli quotati) o al 25 per cento del capitale. In caso contrario le partecipazioni sono qualificate. Nel
caso oggetto di interpello, poiché nell’ipotesi di usufrutto su azioni, salvo diversa pattuizione (art. 2352 del
Codice civile), il diritto di voto spetta all’usufruttuario, la quota in nuda proprietà non rileva ai fini del conteggio
dei voti e, pertanto, la percentuale del 15 per cento in piena proprietà è inferiore al primo limite previsto dall’art.
67 del Tuir (20 per cento dei diritti di voto). Con riferimento al secondo limite di detta norma (25 per cento del
capitale), si deve prendere in considerazione quanto previsto dalla Circ. n.. 165/E del 1998 in base alla quale in
caso di nuda proprietà la percentuale di capitale si calcola moltiplicando il valore della partecipazione nominale
per il rapporto tra valore della nuda proprietà e quello della piena proprietà. Per vedere se la partecipazione è o
meno qualificata è necessario sommare alla percentuale di piena proprietà (15 per cento) quella risultante da
quest’ultima operazione: se la somma supera il 25 per cento la partecipazione è qualificata, altrimenti no. In
merito si veda anche la R.M. 1 agosto 2008, n. 332/E.
Con la R.M. 30 aprile 2002, n. 131/E ha avuto modo di ritenere che una partecipazione detenuta in comunione
è da ritenersi una partecipazione detenuta da due soggetti. Per capire se si tratta di partecipazione qualificata e
non qualificata a ciò occorre considerare che l’art. 2468, co. 5, c.c. precede che i diritti derivanti da una
partecipazione in comproprietà (comunione) devono essere esercitati da un rappresentante comune. Si tratta di
una norma che, per il caso, prevale su quelle in materia di comunione. Da ciò ne deriva che:
- la percentuale partecipazione al capitale è da considerarsi a metà
- la percentuale di diritto di voto è da considerarsi per intero in capo al coniuge che esercita il diritto.
Caso
- Partecipazione del 30% in comunione tra A e B
- B esercita i diritti e quindi vota
Considerato che la qualificazione è data da maggiore tra (Cfr. da ultimo R.M. 332/E/2008):
- percentuale partecipazione al capitale
- percentuale di diritto di voto
B esercita i diritti  vota per il 30%  partecipazione qualificata
A non esercita i diritti Partecipazione al capitale = 15%  partecipazione non qualificata
Secondo l’Agenzia delle entrate la distinzione tra partecipazione qualificata e non qualificata vale anche qualora
le partecipazioni siano detenute per il tramite di società fiduciarie; anche in questo caso, quindi, la
partecipazione è qualificata se si supera almeno uno dei due limiti previsti dal Tuir: il 20% dei diritti di voto o il
25% del capitale o del patrimonio (Cfr. Ris. 1° agosto 2008, n. 332/E).
La disciplina prevista per la cessione di partecipazioni qualificate si applica anche in caso di cessione di
partecipazioni ricevute a seguito del conferimento dell’unica azienda da parte dell’imprenditore
individuale, per effetto di quanto specificamente previsto dall’art. 175, comma 4, del Tuir fino al 2007 e dell’art.
176 comma 2-bis dal 2008.
In questo caso il trattamento riservato a tali trasferimenti è sempre quello relativo alla cessione di partecipazioni
qualificate avendo il legislatore inteso attribuire alla cessione delle partecipazioni in argomento l’analogo
trattamento che sarebbe stato riservato alle stesse se il cedente avesse mantenuto la figura di imprenditore. In
merito si rimanda a quanto detto nello specifico paragrafo.
Gli strumenti finanziari italiani o esteri (di cui all’art. 44, comma 2, lett. a) del Tuir), qualora siano
rappresentativi di quote di patrimonio, sono assimilati alle azioni; ne consegue che hanno un trattamento
similare alle partecipazioni qualificate o non qualificate a seconda dell'entità della quota patrimoniale
rappresentata. In particolare:
60
- sono assimilati alle partecipazioni qualificate gli strumenti che rappresentano complessivamente una
partecipazione al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, rispettivamente, secondo che si tratti o meno di
società i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati;
- sono assimilati alle partecipazioni non qualificate gli strumenti finanziari che rappresentano una
partecipazione al patrimonio non superiore alle predette percentuali.
Per presunzione legislativa (art. 67, comma 1, lett. c), ultimo periodo, n. 1) del Tuir) sono, invece, sempre
assimilabili alle partecipazioni qualificate gli strumenti finanziari che non rappresentano una partecipazione al
patrimonio.
Per una trattazione organica, anche con riferimento ai rapporti con soggetti esteri, si rimanda a quanto detto in
merito nel paragrafo a commento dell’art. 109 del Tuir.
I contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza con apporto diverso da opere o servizi (di
cui all’art. 109, comma 9, lett. b) del Tuir) e con associante italiano o estero devono considerarsi al pari delle
partecipazioni qualificate o non qualificate a seconda che il valore dell'apporto di capitale sia superiore al 25 per
cento (o al 5 per cento in caso di titoli negoziati in mercati regolamentati) del valore del patrimonio netto
contabile risultante dall'ultimo bilancio approvato prima della data di stipula del contratto di associazione in
partecipazione; nel caso in cui l'associante determini il reddito in base alle disposizioni di cui all'art. 66 del Tuir
(imprese minori) si fa riferimento al 25 per cento della somma delle rimanenze finali e del costo complessivo dei
beni ammortizzabili, al netto dei relativi ammortamenti (art. 67, comma 1, lett. c), punto 2 del Tuir).
Sulla base della nuova formulazione dell'art. 67, comma 1, lett. c), n. 2) del Tuir, così come risulta dopo la
modifica apportata dal Dlgs n. 247 del 2005, le plusvalenze derivanti dalla cessione di contratti di associazione in
partecipazione con associante non residente sono assimilate - a prescindere dal valore dell'apporto
dell'associato - a quelle relative alla cessione di partecipazioni qualificate, laddove non sussista la condizione di
cui all'art. 44, comma 2, lett. a), ultimo periodo del Tuir (vale a dire qualora la remunerazione dei contratti
stipulati con società estere sia deducibile dal reddito dell'associante ovvero laddove non sia dimostrabile
l'indeducibilità della stessa).
Per una trattazione organica, anche con riferimento ai rapporti con soggetti esteri si rimanda a quanto detto in
merito nel paragrafo a commento dell’art. 109 del Tuir.
La determinazione della plusvalenza
Le disposizioni relative alla determinazione delle plusvalenze sono contenute nel comma 6 dell’art. 68 del Tuir.
E’ previsto che le plusvalenze relative alla cessione di partecipazioni (siano esse qualificate che non qualificate):
- sono costituite dalla differenza tra il corrispettivo percepito (ovvero la somma percepita o il valore dei beni
rimborsati), ed il costo (ovvero il valore d’acquisto), aumentato di ogni onere inerente alla sua produzione (bolli
e altre imposte indirette, commissioni, spese notarili, ecc), con l’esclusione degli interessi passivi;
- sono tassate per cassa.
Il costo di acquisto dei titoli partecipativi deve intendersi comprensivo anche dei versamenti in denaro o in
natura, a fondo perduto o in conto capitale, nonché della rinuncia ai crediti vantati nei confronti della società da
parte dei soci o partecipanti.
Ai sensi dell’art. 47, comma 5 del Tuir, sono portati in diminuzione del valore di acquisto le somme ed il valore
normale di beni ricevuti dai soci di società soggette all’Ires, a titolo di ripartizione di riserve o altri fondi costituiti
con sovrapprezzi di emissione di azioni o quote, con interessi di conguaglio versati dai sottoscrittori di nuove
azioni o quote, con versamenti fatti dai soci a fondo perduto o in conto capitale o e con saldi di rivalutazione
monetaria esenti da imposta.
Il costo unitario di acquisto di azioni, quote od altre partecipazioni acquisite a seguito di delibere di aumento
gratuito di capitale è determinato, per espressa disposizione del predetto comma 6 dell’art. 68 del Tuir,
ripartendo il costo originario sul numero complessivo delle azioni quote o partecipazioni di compendio; vale a
dire quelle acquistate prima dell’aumento e quelle acquistate dopo.
Relativamente alle partecipazioni nelle società indicate nell’art. 5 del Tuir, il vigente comma 6 dell’art. 68 del
Tuir prevede per tutti i tipi di società personali (ivi comprese quelle immobiliari e finanziarie) che, ai fini della
determinazione delle plusvalenze o delle minusvalenze, il costo o valore d’acquisto debba essere aumentato o
diminuito dei redditi e delle perdite imputate al socio e che dal costo si scomputino, fino a concorrenza dei
redditi già imputati, gli utili distribuiti al socio.
Tale criterio trova applicazione anche in caso di cessione di quote di partecipazione in società che abbiano optato
per il regime di trasparenza fiscale di cui all’ art. 116 del Tuir (in merito si veda il comma 12 dell’art. 115 del
Tuir).
Nel caso in cui l’acquisto della partecipazione sia avvenuto tramite donazione, il costo fiscalmente
riconosciuto è il costo del donante (art. 68, comma 6, terzo periodo, del Tuir).
61
Nel caso in cui la partecipazione sia stata ricevuta a seguito di successione mortis causa, si assume come costo
il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell'imposta di successione, nonché, per i titoli
esenti da tale imposta, il valore normale alla data di apertura della successione.
Dopo che la legge 383 del 2001 aveva abrogata l’imposta di successione l’Amministrazione finanziaria aveva
avuto modo di dire che non aveva più significato il riferimento al valore dichiarato ai fini della suddetta imposta
contenuto al comma 6, secondo periodo dell’art. 68 del Tuir (Circolare Ag. Entrate n. 91 del 2001) per cui il costo
da cosiderare era pari a quello sostenuto dal de cuius. In tale contesto normativoin caso di acquisto per
successione delle partecipazioni e dei titoli di cui alle lettere c), c–bis) e c–ter) del comma 1 dell’articolo 67 del
Tuir (allora articolo 81), si doveva assumere come costo quello sostenuto dal de cuius non essendo più
applicabile la disposizione contenuta nell’articolo 68, comma 6 (allora articolo 82, comma 5), del Tuir, laddove è
stabilito che “si assume come costo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell’imposta di
successione”. Ciò in quanto il mancato assoggettamento all’imposta sulle successioni fa venir meno il presupposto
per consentire una “rivalutazione” della partecipazione ereditata.
Con la successiva circolare n. 27/E del 9 maggio 2003 è stata riconosciuta la possibilità per gli eredi di assumere
come costo sostenuto dal de cuius il valore dallo stesso rideterminato usufruendo delle disposizioni di cui
all’articolo 5 della legge 28 dicembre 2001, n. 448, qualora siano stati perfezionati dallo stesso de cuius tutti gli
adempimenti richiesti e semprechè non sia stata corrisposta, in quanto non dovuta, l’imposta sulle successioni.
A far data dal 3 ottobre 2006, a seguito della re-introduzione dell’imposta di successione per effetto del Dl n. 262
del 2006, ai fini della determinazione del costo della partecipazione per il calcolo del capital gain si assume il
valore dichiarato agli effetti di tale imposta (art. 68, comma 6, del Tuir). Secondo l’Amministrazione finanziaria
(Cfr. Circ. 12/E del 2008) tale procedura – come precisato dalla Ris. n. 120/E del 2001 – è legittima anche in caso
di non assolvimento dell’imposta di successione per effetto della franchigia (articolo 2, comma 48, Dl n. 262 del
2006), mentre per i trasferimenti non soggetti a imposta di cui all’art. 3, comma 4-ter del Dlgs. n. 346/1990
(titoli esenti dall’imposta di successione), si assume il valore normale alla data di apertura della successione.
Prima del 25 ottobre 2001
Occorre far riferimento, salvo
rettifica da parte dell’ufficio, al
valore
delle
partecipazioni
determinato e, quindi, indicato
nella dichiarazione di successione,
secondo le modalità dettate
dall’articolo 16 del testo unico delle
disposizioni concernenti l’imposta
sulle successioni e donazioni, di cui
al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346.
Dal 25 ottobre 2001 al 3 ottobre
2006
Si deve assumere come costo
quello sostenuto dal de cuius non
essendo
più
applicabile
la
disposizione contenuta nell’articolo
68, comma 6 (allora articolo 82,
comma 5), del Tuir, laddove è
stabilito che “si assume come costo
il valore definito o, in mancanza,
quello dichiarato agli effetti
dell’imposta di successione”. Ciò in
quanto il mancato assoggettamento
all’imposta sulle successioni fa
venir meno il presupposto per
consentire una “rivalutazione”
della partecipazione ereditata.
Dal 3 ottobre 2006
Occorre far riferimento, salvo
rettifica da parte dell’ufficio, al
valore
delle
partecipazioni
determinato e, quindi, indicato
nella dichiarazione di successione,
secondo le modalità dettate
dall’articolo 16 del testo unico delle
disposizioni concernenti l’imposta
sulle successioni e donazioni, di cui
al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346.
Ai fini dell’imposta di successione la valutazione, per i titoli non quotati e le partecipazioni non azionarie, viene
fatta in base alla frazione del patrimonio risultante dall’ultimo bilancio pubblicato (se la società è tenuta a tale
obbligo) oppure dall’ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato (Cfr art. 16 del D. Lgs. 346 del 1990).
Inoltre, in base all’art. 8, comma 1 bis, del Dlgs. n. 346 del 1990, resta comunque ferma l'esclusione
dell'avviamento nella determinazione della base imponibile delle aziende, delle azioni, delle quote sociali.
I valori di cui sopra potrebbero essere inferiori al costo fiscale in capo al de cuius, in quanto ai fini delle imposte
sui redditi, ai sensi dell’art. 68, comma 6 del Tuir, è previsto che il costo delle partecipazioni, in caso di acquisto
per successione, sia pari al valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell’imposta di
successione.
Stante l’attuale quadro normativo in materia, secondo l’Amministrazione finanziaria (Cfr. Circ. 12/E del 2008),
non vi è nel caso di successioni aperte dal 3 ottobre 2006, vale a dire dalla data di entrata in vigore del d.l. 262
del 2006, la possibilità di optare tra il costo sostenuto dal de cuius (o in alternativa, il valore da questi rivalutato)
e il valore definito o dichiarato ai fini dell’imposta successoria.
Risposte Telefisco 2008 – Circ. n. 12/E del 2008
3.1 Determinazione del costo della partecipazione in caso di successione – quesito 1
D.
A seguito della introduzione dell’imposta di successione per effetto del Dl. n. 262/2006, ai fini della
62
determinazione del costo della partecipazione per il calcolo del capital gain si assume il valore dichiarato agli
effetti di tale imposta (art. 68, comma 6, del Tuir). Si ritiene – come precisato dalla risoluzione 120/E del 2001 –
che tale procedura sia legittima anche in caso di non assolvimento dell’imposta di successione per effetto della
franchigia (art. 2, comma 48, Dl n. 262/06), mentre per i trasferimenti non soggetti a imposta di cui all’art. 3,
comma 4-ter del Dlgs. n.. 346/1990, si assume il valore normale alla data di apertura della successione. Si chiede
conferma.
R.
Con la citata Ris. n. 120/E del 2001 è stato ribadito che in presenza di titoli che siano stati dichiarati ai
fini dell’imposta sulle successioni, ancorché la stessa non sia dovuta in quanto la quota spettante a ciascun
beneficiario non supera gli importi minimi previsti per l’applicazione della stessa, si debba assumere quale
costo di acquisto quello dichiarato o definito ai fini dell’imposta sulle successioni.
Nel caso invece di trasferimenti di titoli esenti dall’imposta sulle successioni, si conferma che si assume come
costo il valore normale dei titoli alla data di apertura della successione.
Risposte Telefisco 2008 – Circ. n. 12/E del 2008
3.2Determinazione del costo della partecipazione in caso di successione – quesito 2
D.
Ai fini dell’imposta di successione la valutazione per i titoli non quotati e le partecipazioni non azionarie
viene fatta in base alla frazione del patrimonio risultante dall’ultimo bilancio pubblicato (se la società è tenuta a
tale obbligo) oppure dall’ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato (art. 16 del Dlgs. n. 346 del 1990).
Inoltre, in base all’art. 8, comma 1 bis, del D.Lgs. 346/1990, resta comunque ferma l'esclusione dell'avviamento
nella determinazione della base imponibile delle aziende, delle azioni, delle quote sociali.
I valori di cui sopra potrebbero essere inferiori al costo fiscale in capo al de cuius, in quanto ai fini delle imposte sui
redditi, ai sensi dell’art. 68, comma 6 del Tuir, è previsto che il costo delle partecipazioni, in caso di acquisto per
successione, sia pari al valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell’imposta di successione.
È corretto ritenere che il disposto dell’art. 68 del Testo unico debba essere interpretato nel senso di utilizzare –
come costo rilevante ai fini della determinazione dei redditi diversi di natura finanziaria – quello sostenuto del de
cuius o quello rideterminato dal de cuius in sede di affrancamento delle partecipazioni se maggiore di quello
rilevante ai fini dell’imposta di successione?
Se non è corretto, qualora il contribuente dichiari ai fini dell’imposta di successione il maggiore fra il costo fiscale
di cui sopra e quello determinato ai sensi dell’art. 16 del Dlgs n. 346, questo valore può essere considerato come
costo fiscalmente riconosciuto per gli eredi?
R.
Con l’art. 2, comma 46, del Dl n. 262 del 2 ottobre 2006, , convertito con modificazioni dalla Legge 24
novembre n. 286 del 2006, è stata istituita l’imposta sulle successioni e donazioni. Tale imposta è regolata per
espressa previsione normativa “secondo le disposizioni del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta
sulle successioni e donazioni, di cui al D.Lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, nel testo vigente alla data del 24 ottobre
2001”.
L’art. 16, comma 1, lett. b), del predetto Dlgs. n. 346 del 1990, dispone che la base imponibile ai fini della
determinazione dell’imposta di successione è determinata assumendo “per le azioni e per i titoli o quote di
partecipazione al capitale di enti diversi dalle società, non quotati in borsa, né negoziati al mercato ristretto,
nonché per le quote di società non azionarie, comprese le società semplici e le società di fatto, il valore
proporzionalmente corrispondente al valore, alla data di apertura della successione, del patrimonio netto dell’ente
o della società risultante dall’ultimo bilancio pubblicato o dall'ultimo inventario regolarmente redatto e vidimato,
tenendo conto dei mutamenti sopravvenuti, ovvero, in mancanza di bilancio o inventario, al valore complessivo dei
beni e dei diritti appartenenti all'ente o alla società al netto delle passività risultanti a norma degli articoli da 21 a
23”.
Con riguardo alla determinazione delle imposte da applicare alle plusvalenze indicate nelle lettere c), c-bis) e cter), comma 1, dell’art. 67 del Tuir, l’art. 68, comma 6, dello stesso testo Unico prevede che “nel caso di acquisto
per successione, si assume come costo il valore definito o, in mancanza, quello dichiarato agli effetti dell’imposta di
successione, nonché per i titoli esenti da tale imposta il valore normale alla data di successione”.
Pertanto, appare chiaro che, con l’introduzione dell’imposta di successione, per quanto concerne la valutazione
del costo di carico per l’erede dei titoli compresi nella successione, si torna sostanzialmente alla situazione
precedente la Legge n. 383 del 18 ottobre 2001, , che aveva soppresso l’imposta di successione
precedentemente vigente.
Conseguentemente, non trovano più applicazione le indicazioni fornite con la Circ. n. 91/E del 19 ottobre 2001, ,
in base alla quale, in assenza di dichiarazione di successione occorreva assumere ai fini dell’art. 68 del Tuir il
costo sostenuto dal de cuius.
Appare chiaro che, stante l’attuale quadro normativo in materia, contrariamente a quanto prospettato dal
richiedente, non vi è nel caso di successioni aperte dal 3 ottobre 2006, vale a dire dalla data di entrata in vigore
del Dl n.. 262 del 2006, la possibilità di optare tra il costo sostenuto dal de cuius (o in alternativa, il valore da
questi rivalutato,) e il valore definito o dichiarato ai fini dell’imposta successoria.
63
In tal caso, ai fini della determinazione delle plusvalenze imponibili ai sensi dell’art. 67 del Tuir, infatti, occorre
far riferimento, salvo rettifica da parte dell’ufficio, al valore delle partecipazioni determinato e, quindi, indicato
nella dichiarazione di successione, secondo le modalità dettate dal citato art. 16 del Dlgs. n. 346 del 1990.
Le disposizioni del citato art. 16 acquistano preponderante rilevanza e devono essere osservate in sede di
dichiarazione anche in presenza di franchigie che possano annullare o ridurre l’imponibile.
Al valore normale delle partecipazioni occorre, invece, fare diretto riferimento nell’eventualità che le stesse
siano esentate dall’imposta di successione ai sensi dell’articolo 3, comma 4-ter, del TUS.
L’interpretazione dell’Agenzia è letteralmente corretta; crea però un risultato illogico e incoerente nel caso in
cui il de cuius abbia provveduto ad affrancare la partecipazione. Seguendo infatti tale interpretazione la
successione, contrariamente a quanto avviene in sede di donazione, renderebbe praticamente inutile l'imposta
sostitutiva versata dal de cuius, e anzi gli eredi si vedrebbero spesso attribuire un valore fiscalmente
riconosciuto alla partecipazione addirittura inferiore a quello che il precedente possessore poteva vantare prima
della rivalutazione.
Come si ha già avuto modo di dire, tutto ruota attorno all'articolo 68, comma 6, del Tuir, in base al quale gli eredi
assumono quale costo fiscalmente riconosciuto della partecipazione ereditata il valore definito o dichiarato ai
fini dell'imposta di successione, mentre il valore normale a tale data è riservato ai soli titoli esenti da imposta. Il
valore da dichiarare in successione per le partecipazioni non quotate corrisponde, ai sensi dell'articolo 16 del
Dlgs 346/90, a quello determinato sulla base del patrimonio netto contabile della società partecipata, senza
considerare plusvalenze latenti sui beni aziendali e avviamento. Con la conseguenza che, in presenza di una
partecipazione dal valore contabile all'atto della successione di 100, acquisita per 150 dal de cuius che ha
effettuato successivamente un affrancamento a 300 prima del decesso, il valore fiscalmente riconosciuto in capo
agli eredi è quello da dichiarare in successione (ossia, obbligatoriamente, 100), vanificando la rivalutazione
effettuata dal congiunto e anche una parte del costo di acquisto da lui sostenuto (si veda anche la risoluzione n.
158/E/2008).
Ciò non si verifica, invece, nell'analogo caso della donazione delle partecipazioni, per il motivo che l'articolo 68,
comma 6, del Tuir attribuisce al donatario lo stesso costo riconosciuto precedentemente in capo al donante. In
attesa che le due ipotesi vengano assimilate, si può riflettere sul fatto che qualora ci si avvalga della particolare
agevolazione di cui all'articolo 3, comma 4-ter, del Dlgs 346/90 (in presenza dei requisiti oggettivi e soggettivi e
rispettando gli impegni ivi previsti) si "eredita" non il valore contabile, ma quello di mercato della partecipazione
(in quanto esente da imposta di successione).
In giurisprudenza si sta dibattendo sulla possibilità da parte degli eredi di ottenere il rimborso dell'imposta
sostitutiva inutilmente versata dal de cuius (e, magari, di interrompere la rateizzazione da questi iniziata e non
portata a termine), con esiti alterni (favorevoli al contribuente: Ctp Forlì, decisione 26 novembre 2007 n. 175 e
Ctr Emilia Romagna, 15 ottobre 2008 n. 46; contrarie: Ctr Emilia Romagna, 16 marzo 2009 n. 34 e Ctp Torino, 1°
giugno 2006 n. 34).
Per quanto concerne il momento nel quale è avvenuta la cessione si deve considerare quello in cui si
perfeziona la cessione, cioè quello in cui è avvenuto il trasferimento; è ininfluente il pagamento degli acconti o la
stipula di contratti di opzione di vendita e acquisto. La percezione del corrispettivo, può verificarsi, in tutto o in
parte, sia prima sia dopo il trasferimento. Ne deriva che (Cfr. Circ. n. 165/E del 1998, Ris. del 21 luglio 2008, n.
313/E):
- qualora nel periodo d’imposta precedente a quello in cui è stata effettuata la cessione il contribuente abbia
percepito somme o valori a titolo di anticipazione, di essi si dovrà tenerne conto ai fini della determinazione del
corrispettivo e, pertanto, gli stessi non sono tassabili nell’anno in cui sono percepiti ma in quello in cui la
cessione si è perfezionata;
- qualora il contribuente non abbia percepito nel periodo d’imposta in cui è avvenuto il suddetto trasferimento
tutto il corrispettivo pattuito, ai fini del calcolo della plusvalenze (o minusvalenza) si dovrà tener conto del costo
di acquisto delle partecipazioni, titoli e diritti ceduti proporzionalmente corrispondenti alle somme percepite nel
periodo d’imposta.
In tal caso trova infatti applicazione l’articolo 68, comma 7, lettera f), del Tuir, in base al quale “nei casi di
dilazione o rateazione del pagamento del corrispettivo, la plusvalenza è determinata con riferimento alla parte di
costo o valore di acquisto proporzionalmente corrispondente alla somme percepite nel periodo d’imposta”.
Anche la stipulazione di contratti call options (opzione di acquisto) o put options (opzione di vendita) è
ininfluente per determinare il momento di tassazione della plusvalenza. Questa deve avvenire, infatti, quando “si
perfezionerà il contratto, vale a dire quanto le opzioni verranno esercitate” (Cfr. Ris. del 21 luglio 2008, n. 313/E).
Ris. 17 aprile 2008, n. 158/E
64
Il Caso
Viene ceduta una partecipazione in parte acquistata a titolo oneroso e in parte acquitata per successione (dopo
il 25 ottobre 2001 e prima del 3 ottobre 2006).
La partecipazione acquistata per successione era stata oggetto, in capo al de cuius di affancamento.
Il pagamento del corrispettivo è pattuito in due tranche: la prima corrisposta nel 2007 all’atto dell’acquisto e la
seconda da corrispondere entro il 2016.
Risposta dell’Amministrazione
Per quanto concerne il costo della partecipazione rilevante in capo al contribuente (in qualità di erede) ai fini
della quantificazione delle plusvalenze da cessione, assume rilievo il costo della partecipazione così come
rideterminato dal de cuius nel corso del 2003 ai sensi dell’articolo 5 della legge n. 448 del 2001. Ciò in quanto le
partecipazioni in questione sono pervenute all’istante in forza di successione aperta dopo il 25 ottobre 2001 e
prima del 3 ottobre 2006.
Per quanto concerne, inoltre, le modalità di determinazione della plusvalenza da cessione delle partecipazioni
ereditate, occorre tener presente che il pagamento del corrispettivo è pattuito in due tranche: la prima
corrisposta nel 2007 all’atto dell’acquisto e la seconda da corrispondere entro il 2016.
In tale ipotesi trova applicazione l’articolo 68, comma 7, lettera f), del Tuir, in base al quale “nei casi di dilazione
o rateazione del pagamento del corrispettivo, la plusvalenza è determinata con riferimento alla parte di costo o
valore di acquisto proporzionalmente corrispondente alla somme percepite nel periodo d’imposta.”
Occorre tener presente, inoltre, che nella fattispecie la partecipazione ceduta si compone di una parte il cui
costo è stato riderminato medianta affrancamento e di una parte il cui costo è rimasto quello inizialmente
sostenuto al momento della costituzione della società.
In tal caso, il costo della partecipazione rilevante ai fini del calcolo della plusvalenza che concorre al reddito nel
periodo di imposta 2007 deve essere determinato in proporzione alla quota del corrispettivo percepito nel
suddetto periodo.
Di conseguenza, nel calcolo della plusvalenza relativa alla seconda tranche di pagamento, che si considera
realizzata nel periodo di imposta di effettiva percezione, si dovrà tener conto delle rimanenti quote di costo
della partecipazione.
La tassazione della plusvalenza
Come anticipato, ai fini della tassazione, occorre fare una distinzione:
- le plusvalenze da partecipazioni qualificate concorrono a formare il reddito imponibile, nella misura del 40 per
cento, ai sensi dell’art. 68, comma 3 del Tuir.
- le plusvalenze da cessione di partecipazioni non qualificate sono soggette all’imposta sostitutiva del 12,50 per
cento (20% dal 2012, 26% dal 1/7/2014) (ai sensi dell’art. 5, comma 2, del Dlgs n. 461 del 1997).
Le plusvalenze da partecipazioni qualificate che concorrono a formare il reddito imponibile sono quelle che
risultano dopo che sono state dedotte le eventuali minusvalenze realizzate su partecipazioni qualificate. Dal
punto di vista pratico occorre provvedere nel seguente modo: dal 40 per cento delle plusvalenze occorre
sottrarre il 40 per cento delle minusvalenze.
L’eventuale eccedenza delle minusvalenze, determinate nella misura del 40 per cento, è riportata in deduzione,
fino a concorrenza del 40 per cento dell’ammontare delle plusvalenze della stessa specie realizzate nei periodi
successivi, ma non oltre il quarto, a condizione che siano state indicate nella dichiarazione dei redditi relativa al
periodo d’imposta nel quale le minusvalenze stesse sono state realizzate.
L’art. 4, comma 1, lett. f), del Dlgs n. 344 del 2003 (disposizioni transitorie), stabilisce inoltre che le minusvalenze
sulla cessione di partecipazioni qualificate, realizzate nei periodi d’imposta antecedenti l’entrata in vigore delle
nuove norme, possono continuare ad essere riportate negli esercizi successivi e compensate con le future
plusvalenze realizzate, ma solo nella percentuale del 40 per cento, fissata dall’art. 68, comma 3 del Tuir.
La percentuale del 40 per cento è elevata al 49,72 per cento per le plusvalenze e le minusvalenze realizzate dal 1°
gennaio 2009. La nuova percentuali è contenuta nel decreto dell'Economia del 2 aprile 2008 ed è conseguente
alla riduzione dell’imposizione Ires. In merito si veda quanto detto nella parte introduttiva alla tassazione dei
soggetti Irpef non in regime d’impresa.
In caso di cessione di partecipazioni non qualificate la plusvalenza deve essere distintamente indicata nella
dichiarazione dei redditi relativa al periodo in cui essa viene realizzata, e l’imposta sostitutiva va versata nei
termini previsti per i versamenti a saldo delle imposte sui redditi. Pertanto, nessuna ritenuta alla fonte deve
essere operata.
Come si è già avuto modo di dire, l’art. 2, co. 6 del Dl 138/2011 ha previsto che a decorrere dal 2012 (plusvalenze
realizzate dal 1 gennaio 2012), l’aliquota ordinaria della ritenuta ovvero dell’imposta sostitutiva applicata, tra gli
altri, ai redditi diversi di cui all’art. 67, comma 1, lett. da c-bis) a c-quinquies) del Tuir di persone fisiche, enti non
65
commerciali e società semplici, enti non commerciali e società semplici è aumentata nella misura del 20%. In
particolare a seguito delle modifiche in esame le plusvalenze derivanti da partecipazioni non qualificate in luogo
del 12,5% sono assoggettate al 20%. Conseguentemente è stato previsto (art. 2, co. 28 del Dl 138/2011) che le
minusvalenze, le perdite o i differenziali negativi di cui all’art. 67, comma 1, lett. da c-bis) a c-quater), TUIR
realizzati entro il 31.12.2011 possono essere dedotti dalle plusvalenze e dai redditi diversi di cui alle lett. da cbis) a c-quinquies) del citato comma 1 realizzati successivamente, ma solo per una quota pari al 62,5% del loro
ammontare.
E’ data la possibilità di compensare le plusvalenze realizzate su partecipazioni non qualificate con eventuali
altre minusvalenze realizzate su partecipazioni non qualificate.
A loro volta sono compensaibili con le plusvalenze e le minusvalenze di cui alle lettere da c-ter) a c-quinquies)
del medesimo art. 67 (si tratta delle plusvalenze e minusvalenze derivanti dalla cessione a titolo oneroso ovvero
dal rimborso di titoli non rappresentativi di merci, di certificati di massa, di quote di partecipazione ad organismi
di investimento collettivo, di metalli preziosi allo stato grezzo o monetato e dalla cessione a termine di valute
estere o rivenienti da depositi e conti correnti [lett. c-ter)], nonché dei redditi e delle perdite derivanti da
contratti derivati [lett. c-quater)] e delle plusvalenze e altri proventi derivanti dalla cessione di crediti pecuniari,
di contratti produttivi di redditi di capitale e di strumenti finanziari e, infine, dei proventi costituiti dai
differenziali positivi dei contratti aleatori [lett. c-quinquies)].
Nel caso in cui all'interno della massa così formata, l'ammontare delle minusvalenze (o perdite) sia superiore a
quello delle plusvalenze (o redditi), l'eccedenza è portata in deduzione, fino a concorrenza, dalle plusvalenze
della stesse specie dei periodi di imposta successivi, ma non oltre il quarto, a condizione che tale situazione sia
evidenziata nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta in cui essa si è verificata.
A tale proposito manca, per le partecipazioni non qualificate, una norma transitoria che permetta il riporto delle
minusvalenze realizzate in periodi d’imposta precedenti quello di entrata in vigore del nuovo Tuir; ciò
nonostante è da ritenere che tale possibilità permanga, dato che per le partecipazioni non qualificate viene
mantenuto il regime impositivo precedente.
In deroga ai criteri ordinari di determinazione delle plusvalenze, il comma 4 dell’art. 68, come risulta dopo la
modifica apportata dal Dlgs n. 247 del 2005, stabilisce che le plusvalenze relative a partecipazioni e strumenti
finanziari emessi da società o enti residenti in Paesi o territori a fiscalità privilegiata (no white list ex art.
168-bis del Tuir – fino al 2008 Stati o territori elencati nella c.d. black list ed individuati nel DM 21 novembre
2001–in merito si veda il commento all’art. 168-bis del Tuir) sia qualificate, sia non qualificate, ma i cui titoli non
sono negoziati in mercati regolamentati, concorrono alla formazione del reddito nel loro intero ammontare e
sono sommate algebricamente alle relative minusvalenze computate anch'esse in misura integrale.
La tassazione integrale della plusvalenza, coerentemente con quanto stabilito all'art. 67, comma 1, lett. c), n. 2)
del Tuir si applica anche alle cessioni di contratti di associazione in partecipazione con associanti non
residenti, in assenza delle condizioni indicate nell'art. 44, comma 2, lett. a), ultimo periodo del Tuir.
In ogni caso è possibile dimostrare, tramite interpello da inoltrare all’Agenzia delle Entrate, che dal possesso
delle partecipazioni non sia conseguito l’effetto di localizzare i redditi nello Stato o territorio a fiscalità
privilegiata. Tale dimostrazione deve essere fornita presentando preventivamente istanza d’interpello
all’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’art. 11 della Legge n. 212 del 27 luglio 2000, e secondo le modalità di cui al
comma 5, lett. b), del predetto art. 167 del Tuir.
L’esercizio dell’interpello può essere effettuato da qualsiasi soggetto possessore della partecipazione, anche se
diversa dalle partecipazioni di controllo e di collegamento, con le medesime modalità previste dalla disciplina
sulle Cfc. Infatti, l’art. 68, comma 4 del Tuir stabilisce che l’esercizio dell’interpello avvenga “secondo le modalità
del comma 5, lett. b), dello stesso art. 167” lasciando intendere che l’ambito dei soggetti che possono esercitare
l’interpello sia più ampio di quello ordinariamente previsto dalla disciplina sulle Cfc (soggetti che detengono il
controllo o il collegamento del soggetto partecipato estero – artt. 167 e 168 del Tuir). In tal senso si è espressa
l’Amministrazione finanziaria nella Circ. n. 52/E del 2004.
Nella stessa circolare è poi stato previsto che nel caso di una società situata in un paradiso fiscale trasferisca la
propria residenza in un Paese non incluso nella black list (white list dal 2009–in merito si veda il commento
all’art. 168-bis del Tuir) prima della cessione della partecipazione, il socio italiano cedente può sottoporre ad
imposizione parziale il reddito, a condizione che si sia effettivamente perfezionato il requisito della residenza in
detto Paese. Resta in ogni caso salva la possibilità di contestare i fenomeni di trasferimento della residenza che
possono riflettersi sul trattamento fiscale della cessione della partecipazione, in applicazione della norma
antielusiva generale di cui all’art. 37-bis del DpR n. 600 del 1973.
Rimane infine ferma la possibilità, per il contribuente, di optare per il regime del risparmio amministrato o
per il regime del risparmio gestito, ai sensi degli artt. 6 e 7 del Dlgs n. 461 del 1997.
In particolare:
- il regime del risparmio amministrato, disciplinato dall’art. 6 del Dlgs n. 461 del 1997, è caratterizzato dalla
tassazione ad opera di intermediari abilitati, in base al realizzo dei redditi diversi di natura finanziaria. Prevede
66
la possibilità di compensare le plusvalenze con le minusvalenze precedentemente conseguite presso lo stesso
intermediario e di riportare a nuovo le eccedenze negative;
- il regime del risparmio gestito, disciplinato dall’art. 7 del Dlgs n. 461 del 1997, caratterizzato dalla tassazione ad
opera di un intermediario abilitato, dietro specifica opzione da parte del contribuente, sulla base del principio
della maturazione dei redditi. Tale regime prevede: l’imputazione al patrimonio gestito sia dei predetti redditi
diversi di natura finanziaria sia dei redditi di capitale; la determinazione algebrica del risultato netto
assoggettabile all’imposta sostitutiva da parte dell’intermediario, con conseguente compensazione tra
componenti positivi (redditi di capitale, plusvalenze e altri redditi diversi) e negativi (minusvalenze e spese);
l’esclusione dal risultato di gestione dei redditi che concorrono a formare il reddito complessivo, dei redditi
esenti e di quelli soggetti a ritenuta d’imposta o ad imposta sostitutiva.
Tali regimi opzionali comportano l’esclusione dal monitoraggio fiscale, sia interno che esterno, assicurando al
contribuente l’anonimato.
Entrambi i regimi, amministrato e gestito, non prevedono la possibilità di includere le plusvalenze derivanti dalla
cessione di partecipazioni qualificate, le quali rimangono soggette in via esclusiva al regime della dichiarazione
dei redditi.
Pertanto, l’opzione per tali regimi non può essere esercitata e, se esercitata, perde effetto, qualora siano superate
le percentuali previste dalla lett. c) del comma 1 dell’art. 67 del Tuir, tenendo conto di tutte le partecipazioni,
titoli e diritti complessivamente posseduti dal contribuente, comprese quelle detenute nell’ambito di rapporti di
risparmio amministrato e di risparmio gestito. In tal caso, l’opzione non ha effetto limitatamente alle
partecipazioni per le quali si è verificato il suddetto superamento (Cfr. Circ. n. 165/E del 1998, paragrafi 3.3.7 e
3.4).
Da ultimo va evidenziato che l’art. 16 del Dlgs n. 247 del 2005 ha stabilito che, a decorrere dal 1 gennaio 2006,
l'opzione per l'applicazione del regime del risparmio gestito non produce effetto laddove vengano conferite
partecipazioni non qualificate in società residenti in Paesi o territori a fiscalità privilegiata, i cui titoli non sono
negoziati in mercati regolamentati, salva la dimostrazione - al momento del conferimento dei titoli - di un
interpello positivo da parte dell'Amministrazione finanziaria che accerti il rispetto dei requisiti previsti dalla lett.
c) del comma 1 dell'art. 87 del Tuir. Per le partecipazioni già conferite in gestione alla data di entrata in vigore
del Decreto e aventi le caratteristiche predette, il gestore deve necessariamente procedere alla esclusione delle
stesse con effetto dal 1° gennaio 2006.
Le convenzioni
Si è già avuto modo di dire che le disposizioni convenzionali solamente riservano la potestà impositiva ad
uno solo dei paesi. Il riferimento è all’art. 13 par. 5 del Modello Ocse.
Alt 13 (5). Modello Ocse, «Gains from the alienation of any property, other than that referred to in para graphs 1, 2, 3 and 4, shall be taxahle only in the Contracting State of which the alienator is a resident» ).
Diversamente, le plusvalenze da cessioni di beni immobili sono ta ssate anche nel Paese in cui si trovano i
beni (art. 13.1).
A partire dalla versione del modello di Convenzione Ocse del 2003, è stato introdotto un nuovo quarto paragrafo
all'art. 13, relativo alla tassazione delle plusvalenze, di carattere antielusivo. La norma stabilisce che le
plusvalenze conseguite da un soggetto estero a seguito dell'alienazione di quote che derivano oltre il 50% del
loro valore da beni immobili situate nell'altro Stato sono tassabili in questo Stato.
Ciò significa che l'alienazione delle azioni di società il cui principale valore deriva da beni immobili situati nello
Stato della società figlia sono ivi tassabili come se si trattasse di beni detenuti senza lo schermo societario. È
evidente l'intento di evitare arbitraggi tra la cessione dei beni di primo livello (gli immobili) o la vendita di beni
di secondo livello (le partecipazioni) nel caso in cui l'operazione sia sostanzialmente equivalente.
Ne consegue che l'utilizzo dello schermo societario per effettuare operazioni speculative nel settore immobiliare
viene contrastato non solo in ambito nazionale ma altresì a livello di convenzioni internazionali tra i diversi
paesi.
I trattati stipulati dall'Italia dopo il 2003 contengono tale previsione. Per quelli prima occorre porre attenzione.
L'ari. 13 (4) del trattato con l'Algeria (fatta ad Algeri il 3 febbraio 1991e ratificata con Legge 14 dicembre 1994
n. 711), ad esempio, stabilisce che «Gli utili derivanti dall'alienazione di azioni del capitale azionario di una
società il cui patrimonio e costituito, direttamente o indirettamente, essenzialmente da beni immobili si¬tuati in
uno Stato contraente possono essere tassati in detto Stato». Non si fa riferimento ad una quota parte del valore
come nel modello, preferendosi un'espressione generica che potrebbe tuttavia dare adito a dubbi interpretativi.
67
La convenzione cori l'Australia (firmata a Canberra il 14 dicembre 1982 e ratificata con Legge 27 maggio
1985 n. 292) assimila ai beni immobili, ai fini dell'art. 13, «le azioni o le partecipazioni similari in società il cui
patrimonio è costituito interamente o principalmente da interessi diretti in o sopra terreni di uno degli Stati
con¬traenti o da diritti di sfruttamento o di ricerca di risorse naturali in uno degli Stati contraenti». Anche in
questo caso si tratta di una disposizione in linea con l'art. 13 (4) del modello.
Nel trattato stipulato con la Finlandia (firmata a Helsinki il 12 giugno 1981 e ratificata con Legge 25 gennaio
1983 n. 38) l'art. 13 (2) stabilisce che «Gli utili che un residente di uno Stato contraente ritrae dalla alienazione
di azioni o di altre quote sociali di cui al paragrafo 4 dell'art. 6 [ossia di azioni o di altre quote sociali di una
società attribuisca al loro possessore il diritto di godimento su beni immobili posseduti dalla società] sono
imponibili nello Stato contraente in cui è situato il bene immobile posseduto dalla società».
Il trattato con la Francia all’art. 13 non prevede alcuna clausola relativa alle immobiliari; ciò nonostante nel
protocollo (protocollo e scambio di lettere fatta a Venezia il 5 ottobre 1989, ratificata con Legge 7 gennaio 1992
n. 20) al punto 8. a) prevede che «gli utili derivanti dall'alienazione di azioni, quote o partecipazione in una
società o in una persona giuridica che possiede beni immobili situati in uno Stato, i quali, secondo Ia legislazione
di tale Stato, sono sottoposti allo stesso regime fiscale degli utili derivanti dall'alienazione di beni immobili, sono
imponibili in detto Stato». Nel caso di specie, inoltre, «non sono presi in considerazione i beni immobili che sono
utilizzati da detta società o persona giuridica nell'esercizio della propria attività, industriale, commerciale,
agricole ovvero nell'esercizio di una attività non commerciale».
Un ulteriore esempio può essere rinvenuto nella convenzione con gli Stati Uniti (firmata a Roma il 17 aprile
1984 e ratificata con Legge 11 dicembre 1985 n. 763)il cui punto 11 dell'art. 1 del primo protocollo stabilisce
che ai fini delle plusvalenze l'espressione "beni immobili", per quanto concerne l'Italia, comprende anche «le
azioni o partecipazioni (interest) analoghe in una società o altra associazione di persone, il cui patrimonio
consiste interamente o principalmente in beni immobili situati in Italia».
Nel trattato con il Regno Unito (ratificato con Legge 5 novembre 1990 n. 329) è contenuta una norma
antielusiva avente natura differente da quella di cui all'art. 13 (4) del modello ma producente, nella sostanza,
effetti analoghi. Il paragrafo 5 stabilisce che rimane impregiudicato «il diritto di uno Stato contraente di
prelevare, conformemente alla propria legislazione, una imposta sugli utili, derivanti dalla alienazione di un
qualsiasi bene, realiz¬zati da una persona fisica che: a) è residente dell'altro Stato contraente; e b) è
stata
residente del predetto primo Stato contraente in un qualsiasi momento nel corso dei cinque anni
immediatamente precedenti l'alienazione del bene; e c) non ,è soggetta ad imposta per tali utili nell'altro Stato
contraente».
Paese
contraente
Plusvalenze
Albania
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Algeria
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente.
Tuttavia, gli utili derivanti dall'alienazione di az ioni del capitale azionario di
una società il cui patrimonio È costituito, direttamente o indirettamente,
essenzialmente da beni immobili situati in uno Stato contraente possono
essere tassati in detto Stato
Argentina
Art. 13
Armenia
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è residente
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente.
Tuttavia, gli utili che un residente di uno Stato contraente ritrae dalla
alienazione di azioni o di altri diritti di una società i cui beni consistono
principalmente di beni immobili situati nell'altro Stato Contraente sono
imponibili in detto Stato
68
Australia
Art. 13
a)
b)
Gli utili derivanti dall'alienazione di beni immobili sono imponibili nello Stato
contraente in cui detti beni sono situati.
Ai fini del presente articolo:
l'espressione "beni immobili" comprende:
( ....... )
III) le azioni o le partecipazioni similari in società il cui patrimo nio È
costituito interamente o principalmente da interessi diretti in o sopra terreni
di uno degli Stati contraenti o da diritti di sfruttamento o di ricerca di risorse
naturali in uno degli Stati contraenti;
i beni immobili si considerano situati:
( ............ )
III) qualora siano costituiti da azioni o da partecipazioni similari in società il cui
patrimonio sia costituito interamente o principalmen te da interessi diretti in o
sopra terreni di uno degli Stati contraenti o da diritti di sfruttamento o di
ricerca di risorse naturali in uno degli Stati contraenti, nello Stato contraente in
cui è situato il patrimonio della società o la sua parte consistente.
Infine, gli utili derivanti dall'alienazione di azioni o di quote di par tecipazione in
società residenti dell'Italia, ai fini dell'imposta italia na, realizzati da una
persona fisica residente dell'Australia, sono imponibili in Italia
Austria
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Bangladesh
Art. 13
Belgio
Ad. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente.
Tuttavia, gli utili derivanti dall'alienazione di azioni di una società i cui beni
consistono principalmente in detta proprietà, sono impo nibili nello Stato
contraente in cui detti beni sono situati.
Il protocollo al Trattato specifica ulteriormente che, una società i cui
investimenti in beni immobili sono pari o superiori al 75% del suo capitale
investito, sarà considerata come una società il cui patrimonio consiste
principélmente in beni immobili
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Brasile
Ad. 13
Imponibili in entrambi gli Stati contraenti
Bulgaria
Art. 11
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Canada
Ad. 13
Cina
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente.
Si specifica, tuttavia, che la summenzionata disposizione non pregiudica il
diritto di uno Stato contraente di imporre secondo la propria legislazione gli
utili realizzati da una persona fisica residente dell'altro Stato contraente e
derivanti dall'alienazione di un bene, quando l'alienante:
a) ha la nazionalità del primo Stato o è stato residente di detto primo Stato nel
corso di un periodo di almeno quindici anni immediatamente precedente
l'alienazione del bene, e
Imponibili
Stato di
da tale
cui promana
il reddito.
b) è stato nello
residente
primo Stato
ad un'epoca qualsiasi nel corso dei
Tuttavia,
gli
utili
derivanti
dall'alienazione
di azioni delmedesima.
capitale azionario di
cinque anni immediatamente precedenti l'alienazione
una
società
il
cui
patrimonio
è
costituito,
direttamente
indirettamente,
Infine, gli utili provenienti dall'alienazione di azioni di una osocietà
i cui beni
essenzialmente
da
beni
immobili
situati
in
uno
stato
contraente
sono
imponibili
sono costituiti essenzialmente da beni immobili situati in uno Stato contraente
in
detto
stato contraente.
sono
imponibili
in detto Stato
Infine, gli utili derivanti dall'alienazione di azioni diverse da quelle
summenzionate, che costituiscono una partecipazione del 25% in una società
che è residente di uno Stato contraente sono imponibili in detto Stato
contraente
Cipro
Art. 13
Imponibili nello Stato contraente di cui l'alienante è residente
69
Corea
Sud
del Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente.
Tuttavia, gli utili che un residente di uno Stato contraente ricava
dall'alienazione di azioni di una società residente dell'altro Stato contraente
sono imponibili in detto altro Stato, nel caso in cui il residente detenga o abbia
detenuto per un certo periodo nel corso dei precedenti due anni più del 25% del
capitale della società.
Costa
d'Avorio
Danimarca
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienanteè resi dente
Ad. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è residente.
Tuttavia, non viene pregiudicato il diritto dell'Italia di prelevare,
conformemente alla propria legislazione, una imposta sugli utili derivanti
dall'alienazione di azioni o di altre quote di partecipazione agli utili di una
società residente dell'Italia ai sensi della legislazione italiana, realizzati da una
persona fisica che è residente della Danimarca ed è stata residente dell'Italia nel
corso dei cinque anni immediatamente precedenti all'alienazione di tali azioni o
quote. Infine, una persona fisica che è residente di uno Stato contraente e
immediatamente dopo diventa residente dell'altro Stato con traente può essere
considerata dal primo Stato contraente come alienante le azioni e può essere
assoggettata ad imposizione in detto Stato per gli utili derivanti da tali azioni a
partire dalla data del cambio di residenza. In tal caso, nell'altro Stato contraente
la persona fisica può optare nella propria dichiarazione annuale dei redditi per
l'anno di alienazione di essere soggetto ad imposizione come se avesse
acquistato le azioni per un importo pari all'importo utilizzato come prezzo di
vendita nel primo Stato al momento dell'accertamento definitivo della propria
imposta sugli utili
Ecuador
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è residente
Egitto
Ad. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente.
Tuttavia, gli utili derivanti dall'alienazione di azioni di una società residente di
uno degli Stati contraenti sono tassabili in detto Stato
Emirati
Arabi Uniti
Estonia
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Ad. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente.
Tuttavia, gli utili derivanti dalla alienazione di azioni di una società il cui
patrimonio consiste principalmente di beni immobili, sono imponibili nello
Stato contraente in cui detti beni sono situati
Etiopia
Ad. 13
imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente.
Tuttavia, non viene pregiudicato il diritto di uno Stato contraente di prelevare,
conformemente alla propria legislazione, un'imposta sugli utili di capitale
derivanti dall'alienazione di beni realizzati da una persona fisica che è residente
dell'altro Stato contraente ed è stata residente del primo Stato contraente per
un qualsiasi periodo di tempo nel corso dei dieci anni immediatamente
precedenti l'alienazione del bene
Federazione Ad. 13
Russa
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi - dente
70
Filippine
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi - dente.
Tuttavia, gli utili provenienti dall'alienazione di azioni di una so cietà, i cui beni
sono costituiti essenzialmente da beni immobili situati in uno Stato contraente,
sono imponibili in detto Stato. Gli utili provenienti dalla alienazione di una
partecipazione in una società di persone (paternship) o in una associazione
commerciale (trust), i cui beni sono costituiti essenzialmente da beni immobili
situati in uno Stato contraente, sono imponibili in detto Stato
Finlandia
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente.
Tuttavia, gli utili che un residente di uno Stato contraente ritrae dalla
alienazione di azioni o di altre quote sociali che attribuiscono al possessore il
diritto di godimento sul bene immobile posseduti dalla società, sono imponibili
nello Stato contraente in cui è situato detto bene
Francia
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è residente.
Tuttavia, gli utili derivanti dall'alienazione di azioni, quote o parte cipazioni in
una società o in una persona giuridica che possiede beni immobili situati in uno
Stato, i quali, secondo la legislazione . di tale Stato, sono sott oposti allo stesso
regime fiscale degli utili derivanti dall'alienazione di beni immobili, sono
imponibili in detto Stato. Ai fini dell'applicazione della presente disposizione,
non sono presi in considerazione i beni immobili che sono utilizzati da detta
società o persona giuridica nell'esercizio della propria attività, industriale,
commerciale, agricola ovvero nell'esercizio di una attività non commerciale.
Infine, gli utili derivanti dall'alienazione di azioni o di quote diverse da quelle
sopraindicate e facenti parte di una partecipazione importante nel capitale di
una società residente di uno Stato, sono imponibili in detto Stato, secondo le
disposizioni della sua legislazione interna. Si considera che esista una
partecipazione importante se il cedente, da solo o con persone associate o
collegate, dispone direttamente o indirettamente di azioni o di quote che danno
complessivamente diritto ad almeno il 25% degli utili della società
Georgia
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è residente
Ghana
Art. 14
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente.
Tuttavia, gli utili provenienti dall'alienazione di azioni o di diritti di una società
o di altro ente i cui beni, direttamente o indirettamente, sono costituiti
essenzialmente da beni immobili situati in uno Stato contraente sono imponibili
in detto Stato.
Si precisa, infine, che tali disposizioni non si applicano se il diritto generatore
degli utili di capitale era stato costituito o ceduto essenzialmente al fine di
beneficiare del presente articolo
Germania
Ad. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente.
Si precisa, inoltre, che se uno Stato contraente in occasione della partenza di
una persona fisica residente di detto Stato assoggetta ad imposizione la
plusvalenza derivante da una partecipazione rilevante in una societaà residente
dello stesso Stato, l'altro Stato in caso di ulteriore cessione di tale
partecipazione e purchè sottoponga ad imposizione l'utile derivante da una tale
cessione in conformità al paragrafo 4, considererà come costo d'acquisto, per la
determinazione dell'utile di cessione, l'ammontare che il primo Stato avrà
considerato come valore teorico della partecipazione al momento della pa rtenza
della persona fisica. Il termine "partecipazione rilevante" designa una
partecipazione al capitale della società di almeno il 25%
71
Giappone
Art. 13
Non sono tassabili che nello Stato di residenza dell'alienante
Grecia
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è residente
India
Art. 14
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente.
Tuttavia, gli utili provenienti dall'alienazione di quote di capitale di una società
i cui beni consistono direttamente o indirettamente principalmente di beni
immobili situati nello Stato Contraente sono imponibili in quello Stato. Infine,
gli utili provenienti dall'alienazione di quote di capitale, diverse da quelle
sopra-menzionate, in una società residente di uno Stato contraente sono
imponibili in quello Stato
Indonesia
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Irlanda
Islanda
Ad. 12
Ad. 13
Non sono tassabili che nello Stato di residenza dell'alienante
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è residente.
Tuttavia, non viene pregiudicato il diritto di uno Stato contraente di prelevare,
conformemente alla propria legislazione, un'imposta sugli utili derivanti
dall'alienazione di azioni e diritti di godimento in una società il cui capitale sia
in tutto o in parte diviso in azioni e che sia residente di detto Stato in
conformità delta propria legislazione, realizzati da una persona fisica che è
residente dell'altro Stato contraente ed è stata res idente del primo Stato
contraente nel corso dei cinque anni immediatamente precedenti l'alienazio ne
di tali azioni o diritti di godimento
Israele
Ad. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente.
Tuttavia, gli utili derivanti dall'alienazione di azioni dei capitale azionario di
una società il cui patrimonio consiste, direttamente o indirettamente,
principalmente di beni immobili situati in uno Stato Contraente sono imponibili
in detto Stato. In tutti gli altri casi, gli utili che un residente di uno Stato
Contraente deriva dall'alienazione di azioni o diritti in una società o altra
persona giuridica dell'altro Stato Contraente, sono imponibili in detto al tro
Stato, solo a condizione che il residente del primo Stato Contrae nte abbia
posseduto direttamente o indirettamente nel periodo di 24 mesi precedente tale
alienazione di azioni o diritti con il 10% o più del potere di voto della società o
altra persona giuridica. La percentuale di imposta di cui alla frase precedente
applicata dall'altro Stato non può superare il 20% dell'ammonta re dell'utile
Jugoslavia Ex Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Kazakhistan Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è residente
Kuwait
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Lettonia
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente.
Tuttavia, gli utili derivanti dalla alienazione di azioni di una società il cui
capitale consiste principalmente di beni immobili sono imponibili nello Stato
contraente dove detti beni sono situati
Lituania
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente.
Tuttavia, gli utili derivanti dalla alienazione di azioni di una società il cui
capitale consiste principalmente di beni immobili, sono imponibili nello Stato
contraente dove detti beni sono situati
Lussemburgo Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è residente
Macedonia
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Art. 13
72
Malaysia
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Malta
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è residente
Marocco
Ad. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Mauritius
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Messico
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è residente.
Tuttavia, gi utili derivanti dall'alienazione di azioni, quote sociali od altri diritti
di una società o di altra persona giuridica i cui attivi siano principalmente
costituiti, direttamente od indirettamente, da beni immobili situati in uno Stato
contraente o di diritti correlati a tali beni immobili, sono imponibili in questo
Stato. A tal fine, non si prendono in considerazione i beni immobili che la detta
società o persona giuridica destini alla sua attività industriale, commerciale o
agricola, o all'esercizio di una professione indipendente
Mozambico
Ad. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Norvegia
Art. 13
a.
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è residente.
Tuttavia, non viene pregiudicato il diritto di uno Stato contraente
di prelevare, in conformità della propria legislazione, un'imposta sugli utili di
capitale derivanti dall'alienazione di una parte consi stente della
partecipazione azionaria in una società di detto Stato di una persona fisica
residente dell'altro Stato contraente, a condizione che:
detta persona abbia la nazionalità del primo Stato; e
b. essa sia stata residente di detto primo Stato per un qualsiasi periodo di
tempo nel corso dei cinque anni precedenti l'alienazione di tali azioni; e
c. le azioni siano state acquistate prima che la stessa fosse dive nuta residente
di detto altro Stato contraente.
L'espressione "parte consistente" designa la proprietà del 30 0 / o più del
patrimonio della società
Nuova
Zelanda
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente.
Tuttavia, i redditi o gli utili derivanti dall'alienazione di azioni di una società, i
cui beni siano costituiti essenzialmente da beni immobili situati in uno Stato
contraente, sono imponibili in detto Stato. I redditi o gli utili derivanti
dall'alienazione di una partecipazione in una società di persone o in
un'associazione commerciale (trust), i cui beni siano costituiti essenzialmente
da beni immobili situati in uno Stato contraente, sono imponibili in detto Stato
Oman
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Paesi Bassi
Ad. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è residente.
Tuttavia, non viene pregiudicato il diritto di ciascuno degli Stati di prelevare, in
conformità della propria legislazione, un'imposta sugli utili derivanti
dall'alienazione di azioni o di diritti di godimento di una società resid ente di
detto Stato il cui capitale sia, in tutto o in parte, ripartito in azioni, allorchè detti
utili siano realizzati da una persona fisica residente dell'altro Stato, la quale
abbia la nazionalità del primo Stato senza possedere quella dell'altro Stat o e sia
stata residente del primo Stato durante gli ultimi 5 anni ante cedenti
l'alienazione
73
Pakistan
Art. 13
Polonia
Art. 13
Portogallo
Art. 13
Regno Unito Art. 13
a)
c)
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente.
Tuttavia, gli utili derivanti dall'alienazione delle azioni del capit ale azionario di
una società i cui beni consistono principalmente, direttamente o indirettamente,
di beni immobili situati in uno Stato contraente, sono imponibili in detto Stato.
In tutti gli altri casi, gli utili derivanti dall'alienazione di azioni. ch e
costituiscono una sostanziale partecipazione in una società residente di uno
Stato, sono imponibili da detto Stato.
A tal fine. il possesso del 25% o più del capitale azionario sarà considerato come
una sostanziale partecipazione in una società
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi
dente
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è residente.
Tuttavia, non viene pregiudicato il diritto di uno Stato contraente di prelevare,
conformemente alla propria legislazione, una imposta sugli utili, derivanti dalla
alienazione di un qualsiasi bene, realizzati da una persona fisica che:
è residente dell'altro Stato contraente; e
b) è stata residente del predetto primo Stato contraente in un qualsiasi
momento nel corso dei cinque anni immediatamente precedenti l'alienazione
del bene; e
non è soggetta ad imposta per tali utili nell'altro Stato contraente
Repubblica
Ceca
Repubblica
Slo- vacca
Ad. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Ad. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi - dente
Romania
Art. 14
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Senegal
Ad. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Siria
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è residente
Singapore
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Spagna
Ad. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Sri Lanka
Ad. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è residente
Stati Uniti
Ad. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente.
Tuttavia, per quanto concerne l'Italia, le plusvalenze sono imponi bili negli Stati
Uniti se derivanti dalla cessione dei seguenti beni ivi situati:
— le azioni o partecipazioni (interest) analoghe in una società o al tra
associazione di persone, il cui patrimonio consiste interamente o
principalmente in beni immobili situati in Italia; e
— una partecipazione (interest) del patrimonio ereditario (estate) di una
persona defunta il cui patrimonio consiste interamente o principalmente in beni
immobili situati in Italia
74
Sud Africa
Ad. 13
a)
Svezia
Art. 13
a)
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente.
Tuttavia, non viene pregiudicato il diritto di uno Stato contraente di prelevare, in
conformità della propria legislazione, un'imposta sugli utili di capitale derivanti
dall'alienazione di un bene e realizzati da una persona fisica che:
sia residente dell'altro Stato contraente; e
b) sia stato residente del primo Stato contraente per un qualsiasi periodo di tempo nel
corso dei cinque anni immediatamente precedenti l'alienazione del bene; e
o) il bene sia stato acquistato mentre la persona era residente del primo Stato
contraente; e
d) non sia assoggettata ad imposta sugli utili nell'altro Stato contraente
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente.
Tuttavia, non viene pregiudicato il diritto di uno Stato contraente di imporre
secondo la propria legislazione gli utili provenienti dalla alienazione di azioni di
una società, i cui beni sono costituiti principalmente da beni immobili situati in
detto Stato contraente, se il cedente è una persona fisica residente dell'altro
Stato contraente che:
ha la nazionalità del primo Stato contraente;
b) è stato per qualche tempo residente di tale Stato contraente nel corso di un
periodo di cinque anni immediatamente precedente l'alienazione; e
c) all'atto dell'alienazione esercitava solo o con una perso na di famiglia una
influenza dominante sulla società.
L'applicazione della summenzionata disposizione presuppone che siano
soddisfatte tutte le condizioni contenute nei punti da a) a c)
Svizzera
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è residente
Tanzania
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Th ai la nd ia Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Trinidad
Tobago
Tunisia
Assente
e Art. 13
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Turchia
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente.
Tuttavia, non viene pregiudicato il diritto di uno degli Stati di pre levare,
conformemente alta propria legislazione un'imposta sugli utili, ricavati da un
residente dell'altro Stato dall'alienazione di azioni a obbligazioni emesse da una
società che è residente del primo Stato (diversi da azioni ed obbligazioni
quotate in una borsa valore di detto Stato) se l'alienazione ha luogo nei
confronti di un residente del primo Stato e se il periodo intercorrente tra l'ac quisizione a l'alienazione non eccede un anno
Ucrania
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'ali enante è residente.
Tuttavia, gli utili derivanti dall'alienazione di azioni, diverse da quelle quotate
in una Borsa valori riconosciuta, il cui valore deriva, direttamente o
indirettamente, da beni immobili situati nell'altro Stato contraente, o
dall'alienazione di una partecipazione in una società di persone il cui
patrimonio consiste dì beni immobili situati nell'altro Stato contraente, sono
imponibili in detto altro Stato
Uganda
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è residente
Ungheria
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
75
Unione
Sovietica
Uzbekistan
Art. 5
Assente
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Venezuela
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente.
Tuttavia, gli utili derivanti dall'alienazione di azioni del capitale azionario di
una società il cui patrimonio è costituito, direttamente o indirettamente,
essenzialmente da beni immobili situati in uno Stato contraente sono imponibili
in detto Stato
Vietnam
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente.
Tuttavia, gli utili derivanti dall'alienazione di azioni che rappresen tino una
partecipazione di almeno il 25% del capitale azionario di una società residente
di uno Stato contraente sono imponibili in detto Stato
Zambia
Art. 13
Imponibili soltanto nello Stato contraente di cui l'alienante è resi dente
Tabella riassuntiva
Plusvalenze assoggettate ad imposta sostitutiva del 12,50 per cento (20% dal 2012, 26% dal 1/7/2014)
Plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni al capitale o al patrimonio, titoli e strumenti finanziari (1)
contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza (2),non qualificati, emessi o stipulati con soggetti
residenti.
Plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni al capitale o al patrimonio, titoli e strumenti finanziari,
contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza (3), non qualificati, emessi o stipulati con soggetti
non residenti white list ex art. 168-bis del Tuir (fino al 2008, non black list).
Plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni al capitale o al patrimonio, titoli e strumenti finanziari,
non qualificati, emessi da società estere no white list ex art. 168-bis del Tuir (fino al 2008, black list) i cui titoli
sono quotati.
Plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni al capitale o al patrimonio, titoli e strumenti finanziari,
non qualificati, emessi da società estere no white list ex art. 168-bis del Tuir (fino al 2008, black list) i cui titoli
non sono quotati, con interpello favorevole.
Plusvalenze derivanti dalla cessione di contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza (3), non
qualificati, stipulati con società estere no white list ex art. 168-bis del Tuir (fino al 2008, black list) con
interpello favorevole.
(1)Gli strumenti finanziari qualora siano rappresentativi di quote di patrimonio devono considerarsi al pari
delle partecipazioni qualificate o non qualificate a seconda dell'entità della quota patrimoniale rappresentata:
- sono assimilati alle partecipazioni qualificate gli strumenti che rappresentano complessivamente una
partecipazione al patrimonio superiore al 5 o al 25 per cento, rispettivamente, secondo che si tratti o meno di
società i cui titoli sono negoziati in mercati regolamentati;
- sono assimilati alle partecipazioni non qualificate gli strumenti finanziari che rappresentano una
partecipazione al patrimonio non superiore alle predette percentuali.
Per presunzione legislativa sono, invece, sempre assimilabili alle partecipazioni qualificate gli strumenti
finanziari che non rappresentano una partecipazione al patrimonio.
(2) I contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza sono qualificati o meno a seconda che il valore
dell'apporto di capitale sia superiore o meno al 5 o al 25 pecento del patrimonio netto contabile risultante
dall'ultimo bilancio approvato prima della data di stipula del contratto, secondo che si tratti di società i cui titoli
siano negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni.
(3) Deve trattarsi di partecipazioni al capitale o al patrimonio, di titoli o strumenti finanziari e contratti le cui
remunerazioni sono indeducibili dal reddito del soggetto emittente. Per i contratti di associazione in
partecipazione con società estere – a prescindere dal regime fiscale dello stato estero- che non soddisfino la
condizione dell'indeducibilità in capo all'associante si applica la tassazione integrale indipendentemente dalla
circostanza che i titoli della società estera siano o meno negoziati.
Plusvalenze che concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 49,72 per cento
76
Plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni al capitale o al patrimonio, titoli e strumenti finanziari e
contratti, qualificati, emessi o stipulati con società residenti.
Plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni al capitale o al patrimonio, titoli o strumenti finanziari e
contratti (1), qualificati, emessi o stipulati con società estere white list ex art. 168-bis del Tuir (fino al 2008, non
black list).
Plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni al capitale o al patrimonio, titoli o strumenti finanziari e
contratti (1), qualificate, emessi o stipulati con società estere no white list ex art. 168-bis del Tuir (fino al 2008,
black list), con interpello favorevole.
(1) Deve trattarsi di partecipazioni al capitale o al patrimonio, di titoli o strumenti finanziari e contratti le cui
remunerazioni sono indeducibili dal reddito del soggetto emittente.
Plusvalenze che concorrono alla formazione del reddito complessivo nella misura del 100 per cento
Plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni al capitale o al patrimonio, titoli o strumenti finanziari e
contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza, emessi o stipulati con società estere no white list ex
art. 168-bis del Tuir (fino al 2008, black list), qualificati, senza interpello favorevole.
Plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni al capitale o al patrimonio, titoli o strumenti finanziari,
non qualificati, emessi da società estere no white list ex art. 168-bis del Tuir (fino al 2008, black list) i cui titoli
non siano quotati, senza interpello favorevole.
Plusvalenze derivanti dalla cessione di contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza, qualificati e
non qualificati, stipulati con società estere, black list e non black list, le cui remunerazioni sono deducibili dal
reddito dell'associante.
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