Il diabete nell’anziano Milano, 3 dicembre 2012 – Cresce il numero degli anziani con diabete. Oggi, infatti, nel nostro paese su circa 3 milioni di persone colpite da diabete di tipo 2, due terzi hanno un’età superiore ai 65 anni, con il 25 per cento over 75. Il dato, destinato a crescere in vista del progressivo invecchiamento della popolazione, fa riflettere e pone l’attenzione sulla cura e l’assistenza dell’anziano con diabete, ma soprattutto sulla prevenzione delle complicanze strettamente correlate alla malattia (malattie cardiovascolari, renali, cecità, amputazioni, cardiopatia ischemica, neuropatie e retinopatia.) E’ quanto emerge dal Rapporto “Anziani con diabete”, realizzato nell’ambito del progetto Annali AMD dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD). Il Rapporto analizza i dati relativi a 250 Centri di diabetologia diffusi su tutto il territorio nazionale, per un totale di quasi 415.000 persone con diabete di tipo 2. Emerge, inoltre con chiarezza, quanto sia difficile tracciare un identikit preciso dell’anziano con diabete: esistono infatti due tipologie chiaramente identificabili: i ‘diabetici anziani’, più semplici da gestire perché hanno già ricevuto nel corso della loro malattia tutte le indicazioni sui corretti stili di vita e sulle cure da seguire e gli ‘anziani diabetici’ ossia persone che sono diventate diabetiche nella terza o quarta età, nelle quali è più difficile intervenire, migliorare lo stile di vita o cambiare abitudini radicate. Anche sopra i 70-75 anni il diabete va trattato per ridurre i rischi cardiovascolari e di complicanze. Ma gestire in maniera efficace una persona anziana con diabete, indipendentemente dall’età di insorgenza della malattia, vuol dire anche confrontarsi con persone più fragili, che richiedono modalità di cura diverse rispetto alla popolazione più giovane e che spesso presentano altre malattie associate al diabete e un rischio più elevato di comorbilità. La terapia ideale va adeguata alla condizione reale in cui il paziente si trova e ai supporti su cui può contare In primo luogo l’alimentazione. È noto che essere sovrappeso moltiplica il rischio di diabete e ne rende più difficile il controllo, per non parlare degli altri aspetti (ipertensione, eccesso di trigliceridi e di colesterolo). Occorre quindi sempre insistere su un’alimentazione sana. Molte persone anziane affermano di ‘mangiare poco’, ma prima di tutto quel ‘poco’ può essere comunque troppo rispetto al minimo dispendio energetico; in secondo luogo mangiare poco non vuol dire mangiare bene. L’esercizio fisico è ancora più importante in questo tipo di paziente: «Nella persona anziana il meccanismo principale del diabete è dato dalla sensibile diminuzione dell’attività fisica che viene ridotta al minimo; il muscolo diventa così fortemente resistente all’insulina. Un minimo di attività può ottenere quindi effetti importanti nel migliorare l’efficacia dell’insulina. Se gli interventi sullo stile di vita non sono possibili o non ottengono risultati, è normale associare almeno un farmaco. La complessità della cura di queste persone appare evidente laddove si consideri il numero dei farmaci assunti. La politerapia, con i rischi e le conseguenze ad essa associate, è una condizione tipica degli anziani e proprio per questo risulta difficile standardizzare obiettivi e schemi di trattamento. Emerge, dunque, la necessità di attuare scelte terapeutiche estremamente personalizzate, che permettano ai medici di intervenire su ciascuno con un’associazione diversa di farmaci, in base alle caratteristiche del singolo individuo. Dott Silvio Beltrami L’articolo è stato tratto da: Modus on line O.M.a.R (associazione malattie rare)