Sei classici paradigmi per la strategia globale dei canali di

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© SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 1, 2010
www.unimib.it/symphonya
Sei classici paradigmi per la
strategia globale dei canali di Marketing*
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Bert Rosenbloom
Abstract
Il marketing globale è un concetto ormai pienamente acquisito dalle imprese. A fianco delle grandi imprese multinazionali che operano già da anni su scala globale, molte imprese di medie e anche piccole
dimensioni stanno entrando nel mercato mondiale per garantirsi condizioni di redditività anche nel lungo
termine. La crescita dell’e-commerce ha accelerato questa tendenza, fornendo alle imprese l’opportunità
di collegarsi efficacemente con vasti mercati.I canali di marketing, che rappresentano l’infrastruttura di
raccordo fra le imprese e i loro mercati di riferimento, non rimangono esclusi da questo cambiamento di
scenario. Al contrario, diventa sempre più importante che le strutture di canale e le relative strategie
d’impresa siano riconfigurate alla luce dei mercati globali.Il sei paradigmi sui canali di distribuzione sono
indicati come ‘classici’ in quanto sono stati trattati ampiamente, da molti anni, e in alcuni casi da decenni,
dalla specifica letteratura sui canali di marketing e sui sistemi distributivi.
Keywords: Marketing Globale; Canale Distributivo; Disintermediazione Commerciale; Canale di marketing
1. Alcuni classici paradigmi della distribuzione
All’approssimarsi della conclusione del primo decennio di questo millennio,
si può ritenere che l’approccio globale al marketing sia un concetto ormai pienamente acquisito da un numero sempre crescente di imprese (Cateora,
Graham, 2007). A fianco delle grandi imprese multinazionali che operano già
da anni su scala globale, molte imprese di medie e anche piccole dimensioni
stanno già iniziando, o sono in procinto di farlo, a entrare nel mercato mondiale per garantirsi condizioni di redditività anche nel lungo termine (Czinkota et
al., 1995). La crescita dell’e-commerce ha accelerato questa tendenza, fornendo alle imprese di tutto il mondo l’opportunità di collegarsi efficacemente
con un vasto mercato (Kalakota, Whinston, 1996).
I canali di marketing, che rappresentano l’infrastruttura di raccordo fra le
imprese e i loro mercati di riferimento, non rimangono esclusi da questo
cambiamento di scenario. Al contrario, diventa sempre più importante il fatto
che le strutture di canale e le relative strategie adottate dalle imprese siano
riconfigurate alla luce del contesto globalizzato (Rosenbloom, Larsen, 2008).
Pertanto, i manager che nelle imprese sono responsabili di sviluppare e gestire canali di distribuzione in grado di raggiungere potenzialmente miliardi di
clienti in tutto il mondo devono affrontare una sfida più complessa rispetto al
passato. Infatti, si tratta non solamente di pensare su scala globale, ma è
anche necessario intervenire operativamente a livello locale rendendo compatibili le strategie adottate con le specificità della domanda finale e dei canali di distribuzione dei diversi Paesi del mondo (Rosenbloom, 2004).
Lo scopo di questo articolo è quello di esaminare diversi paradigmi che la
letteratura propone in riferimento ai canali di marketing, esaminando le implicazioni che da tali paradigmi possono scaturire per una migliorare gestione dei canali a livello mondiale.
I sei paradigmi sui canali di distribuzione che sono discussi di seguito vengono indicati come ‘classici’ in quanto sono stati trattati ampiamente da
*
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Invited Article
Professore di Marketing Management, Rauth Chair, Drexel University, Philadelphia
Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca
ISSN: 1593-0300
Rosenbloom Bert, Sei classici paradigmi per la strategia globale dei canali di Marketing, Symphonya. Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 1, 2010, pp. 13-23
(English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2010.1.02rosenbloom)
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anni, e in alcuni casi da decenni, dalla specifica letteratura sui canali di marketing e sui sistemi distributivi. D’altra parte, tali paradigmi hanno resistito alla
prova del tempo e tuttora forniscono una base concettuale per comprendere
le dinamiche di cambiamento relative ai canali di distribuzione.
2. Paradigma della disintermediazione
Anche se il termine ‘disintermediazione’ è di epoca relativamente recente, il concetto è di per sé antico di migliaia di anni, risalente ai tempi
dell’antica Grecia e dell’impero romano (Beckman et al., 1959). Il significato del concetto è, ovviamente, quello di eliminare gli intermediari dai
canali di distribuzione. Esplicitamente o implicitamente, gli intermediari
vengono visti come soggetti superflui, talvolta ‘parassiti’, che non fanno
altro che aumentare i costi dei prodotti nel momento in cui questi arrivano
ai consumatori finali. Di conseguenza, è giocoforza riconoscere che gli
intermediari debbano essere soggetti da allontanare o, per usare un termine più moderno, disintermediare. Alla fine del ventesimo secolo l'arrivo
di Internet, quale base tecnologica per il commercio elettronico, ha rinvigorito il paradigma della disintermediazione (Rosenbloom, 2002). Con
Internet che fornisce la possibilità di creare un grande mercato mondiale
in cui possono incontrarsi direttamente un gran numero di produttori e
consumatori, chi avrebbero bisogno di intermediari?
In realtà, anche nell’epoca del commercio elettronico il paradigma della disintermediazione non si è manifestato nella misura e nei tempi attesi. Gli intermediari, sia a livello di distribuzione al dettaglio sia all'ingrosso, nonché
una miriade di agenti e broker, continuano a operare lungo un ampio spettro
di canali di distribuzione. Perché così tanti intermediari continuano a esistere
anche di fronte alla straordinaria potenzialità del commercio elettronico quale
canale diretto? La risposta può essere trovata nell’economia di base. In particolare, mediatori o intermediari si affermano nei canali di distribuzione perché
sono in grado di svolgere le attività legate alla distribuzione dei prodotti, e i
relativi servizi, in modo più efficiente rispetto a quanto potrebbero fare i produttori o i consumatori. In effetti, gli intermediari sono spesso dei ‘produttori’
di servizi di distribuzione a basso costo, perché come specialisti nello svolgimento di tali servizi sono in grado di sfruttare economie di scala e di scopo
(Stigler, 1951). Nel lungo periodo, se gli intermediari non sono in grado di adempiere a questo ruolo sono destinati a scomparire dal canale. Se questo
accade, l'attività di distribuzione che essi svolgono non viene presa in consegna dai produttori o dai consumatori, ma da altri tipi di intermediari che risultano in grado di fornire servizi di distribuzione in modo più efficiente (Anderson, Anderson, 2002). Il negozio tradizionale di alimentari che viene soppiantato dal supermercato, i negozi di ferramenta dagli specialisti per il ‘fai da te’,
le librerie dal sito di vendite online Amazon.com, sono tutti tipici esempi di
questo fenomeno. Negli ultimi anni, questo tipo di metamorfosi nei canali di
distribuzione è stato denominato con il termine reintermediazione, ossia una
riconfigurazione degli intermediari all’interno dei canali, piuttosto che una eliminazione di intermediari.
Dal punto di vista delle strategie di canale a livello globale, il paradigma
della disintermediazione non dovrebbe essere ignorato, ma neppure essere
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preso per oro colato. In effetti, la vasta gamma di intermediari o mediatori a
livello globale, che variano dai tradizionali grossisti e dettaglianti, agli operatori di import-export, agli agenti di vendita, ai resident buyer, alle case di
esportazione e molti altri ancora, non sono suscettibili di essere ‘disintermediati’ in tempi brevi. Piuttosto, una riconfigurazione o reintermediazione
basata sulle leggi dell'economia è il cambiamento che con maggiore probabilità di prospetta. Di conseguenza le imprese, piuttosto che puntare
sull'eliminazione degli intermediari, dovrebbero puntare su una riprogettazione dei canali nell’ambito dei quali poter comprendere un mix ottimale di
soggetti in grado di accrescerne l'efficienza complessiva.
3. Paradigma dello spostamento di funzioni
C'è un famoso detto che probabilmente è vecchio quanto la stessa disciplina di marketing: ‘Si possono eliminare gli intermediari, ma non le funzioni
che svolgono.’ Questo è quanto di più vicino ad un assioma, per come lo si
può trovare nella letteratura di marketing. L'idea che le funzioni e i compiti
distributivi che devono essere svolti per completare le transazioni fra acquirenti e venditori non possano essere eliminati, ma solo spostati all'interno
dal canale di distribuzione, è oggi vera più che mai (Weld, 1917). Si tratta,
in effetti, del corrispondente per il marketing del concetto di ‘conservazione
della materia’ derivato dalla fisica. Funzioni di marketing come il trasporto,
lo stoccaggio, l’assunzione del rischio, la gestione degli ordini, gli acquisti,
le vendite e molte altre possono essere trasformate in molti modi, ma alla
fine devono comunque essere eseguite. Anche la tecnologia di vendita online utilizzata da Amazon.com, se pure rivoluzionaria, comporta comunque
l'esercizio delle funzioni di marketing. Pertanto, il vero problema per quanto
riguarda lo svolgimento delle attività di distribuzione non è tanto se debbano essere svolte, ma da chi (Mallen, 1973). In altre parole, come e su quali
basi dovrebbero essere allocati i compiti distributivi fra i vari membri dei canali?
Nei mercati globali odierni, dove i canali di distribuzione si prolungano
oltre i confini dei singoli paesi e spesso si estendono a livello mondiale, il
concetto di spostamento di funzioni è più rilevante che mai per organizzare canali efficaci ed efficienti. Le imprese, nel perseguire lo sviluppo
commerciale dei propri prodotti in mercati diversi e spesso lontani hanno
bisogno di canali e molto spesso di soluzioni multicanale (Rosenbloom,
2007). Per fare questo, esse devono focalizzarsi su tre questioni fondamentali associate con il paradigma dello spostamento di funzioni:
1. Qual è la struttura di canale più conveniente per svolgere le funzioni distributive?
2. Qual è il grado di controllo che l’impresa si aspetta?
3. La gestione del canale e la relativa strategia rientra nelle core
competencies dell’impresa?
Economia della Struttura di Canale – Anche con l'avvento di Internet e
l'emergere dei mercati globali, le leggi dell'economia non sono cambiate.
Le strutture di canale e le relative strategie per raggiungere i mercati gloEdited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca
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bali devono essere economicamente efficienti per essere redditizie. In
molti casi, le tecnologie basate su internet possono ridurre drasticamente
i costi di vendita, soprattutto per i prodotti che possono essere digitalizzati, come materiale scritto, musica e servizi finanziari. Per altri prodotti, pesanti e ingombranti, quindi con un’elevata incidenza di costi di trasporto, o
che hanno scarso valore unitario, la struttura dei canali on-line può risultare molto meno efficiente.
Così, nel progettare i canali di marketing per il mercato globale le imprese devono evitare la tentazione di pensare che internet possa cambiare ogni cosa. Non è così. La fattibilità economica è tuttora il fondamento
su cui va costruita la struttura del canale.
Grado di controllo e struttura del canale – Un altro vecchio assioma di
marketing è: ‘più lungo è il canale e minore è il grado di controllo per il
produttore, e viceversa’. Quindi, se l’impresa cerca il massimo controllo
sul modo in cui i suoi prodotti sono commercializzati, la struttura del canale dovrebbe essere il più breve possibile, realizzando una distribuzione
diretta dal produttore al consumatore finale. All’opposto, se il controllo non
è una condizione importante per il successo commerciale, la scelta ottimale può essere quella di canali lunghi, utilizzando numerosi intermediari
che consentono di raggiungere i mercati mondiali con un investimento
minimo e con basso rischio. Tuttavia anche qui, analogamente alle considerazioni di carattere economico, la questione del controllo non scompare
di fronte all’affermazione delle potenti tecnologie on-line. Se il modo in cui
i prodotti vengono messi a disposizione dei clienti finali può influenzare il
valore della marca, il posizionamento o il servizio alla clientela, il controllo
sul canale può restare un elemento cruciale.
Core Competency e struttura di canale – La letteratura sulla gestione
strategica e la pianificazione si è concentrata sul concetto di core competency per diversi decenni (Prahalad, Hamel, 1990). Ci sono buone ragioni
per questo. La redditività a lungo termine di un’impresa può essere, e di solito è, strettamente legato a ciò che essa sa fare meglio. Se un’impresa si
sposta fuori dalle sue aree di competenza, andando a svolgere attività su
cui non ha esperienza, la sua competitività può risentirne perché si trova ad
operare da una posizione che non è quella di sua massima capacità.
Nell’ambito delle scelte strutturali e strategiche relative ai canali di marketing, se l'impresa non ha la competenza necessaria per gestire le relative
attività in un contesto globale è opportuno che si affidi a soggetti specializzati che possiedono adeguate competenze, tecnologie ed esperienza.
4. Paradigma dei flussi di canale
Da oltre cinquant’anni gli studiosi di marketing hanno iniziato a descrivere i canali di marketing come un sistema di flussi (Vail et al., 1952). In
particolare, sono stati descritti otto flussi:
1. Flusso del Prodotto
2. Flusso Proprietario
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3. Flusso Promozionale
4. Flusso Negoziale
5. Flusso Finanziario
6. Flusso del Rischio
7. Flusso degli Ordini
8. Flusso dei Pagamenti
Tutti questi flussi si manifestano lungo la struttura del canale al cui interno
operano numerosi intermediari quali dettaglianti, grossisti, e molti diversi tipi
di agenti e broker. Vista dal punto di vista di questi otto flussi, la gestione
del canale diventa essenzialmente un compito legato al coordinamento e al
monitoraggio dei flussi che collegano i venditori e gli acquirenti.
Mentre il concetto di flusso è diventato un paradigma ben accettato nella letteratura sui canali di marketing, ciò che è spesso trascurato è come
questi flussi si strutturano e si sviluppano. Ovviamente, i flussi dei canali
non esistono come un prodotto della natura, ma devono essere creati. In
effetti, essi vengono creati da persone che operano in tutti i tipi di imprese
presenti al loro interno. I flussi di canale sono intesi, in tal senso, come i
legami che uniscono i venditori e gli acquirenti e, fra essi, una grande varietà di intermediari che nell’insieme rendono possibile il commercio globale (Rosenbloom, Larsen, 2008).
Quali sono le implicazioni che il paradigma dei flussi di canale determina
per la gestione dei canali nel mercato globale? Attualmente sono molto
semplici e pragmatiche: il marketing globale richiede flussi di canale più efficienti e più coordinati. Fortunatamente, le potenzialità offerte dalle nuove
tecnologie legate a Internet rendono questa sfida molto più sostenibile, soprattutto perché, con l'eccezione del flusso del prodotto, tutti i flussi di canale possono essere completamente sviluppati via Internet. Gestire i passaggi
di proprietà, la promozione, la negoziazione, il finanziamento, il rischio, gli
ordinativi e i flussi di pagamento è ormai pratica comune sia nei rapporti
business-to-consumer (B2C), sia in quelli business-to-business (B2B). Solo
il flusso fisico del prodotto non può essere sempre digitalizzato. I beni materiali richiedono comunque di essere trasportati, maneggiati e conservati con
i convenzionali strumenti ‘old fashioned’, come aerei, camion, carrelli elevatori, nastri trasportatori, magazzini e depositi di stoccaggio (Rosenbloom,
2002). Di conseguenza, la ricerca di flussi globali più efficienti e meglio coordinati sfruttando la potenza del web richiederà comunque particolare attenzione alle limitazioni di Internet, al pari delle sue grandi potenzialità. La
scomparsa di molte imprese ‘dot.com’, meno di un decennio fa, può essere
in gran parte attribuita al fatto che i limiti di Internet erano stati spesso sottovalutati di fronte alle problematiche legate alla commercializzazione dei
prodotti fisici.
5. Paradigma della discrepanza degli assortimenti
I prodotti sono solitamente classificati e raggruppati dai produttori secondo logiche merceologiche, mentre i consumatori tendono a classificarli
in base a logiche riferite al processo di acquisto o alla funzione d’uso.
Questo paradigma è stato descritto più di mezzo secolo fa come discreEdited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca
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panza degli assortimenti (Alderson, 1954). Questa discrepanza è ancora
oggi rilevante. Anzi, la grande eterogeneità dell'offerta di prodotti a livello
mondiale e la enorme diversità della domanda sui mercati globali ha accentuato questa discrepanza. Letteralmente milioni di merci differenti
vengono prodotte da centinaia di paesi in tutto il mondo per soddisfare
l'enorme varietà di bisogni di miliardi di consumatori. In qualche modo,
questo vasto agglomerato di prodotti deve essere selezionato e ricomposto in assortimenti che siano rispondenti a ciò che cercano i consumatori.
Le tecnologie e i soggetti che compongono i canali di marketing hanno il
compito di affrontare e risolvere tale discrepanza degli assortimenti.
Grazie alla potenza di Internet, negli anni più recenti questa sfida si è riproposta in modo rinnovato (Quelch, Klein, 1996). Con l’accesso a Internet
i consumatori possono facilmente cercare prodotti e servizi in tutto il mondo
con pochi click del mouse e poi raggrupparli in categorie e assortimenti di
propria scelta. Ciò su cui occorre interrogarsi è se questa capacità dei consumatori di classificare autonomamente gli assortimenti in base alle proprie
scelte e ai propri gusti possa rappresentare un modo per superare il paradigma della discrepanza. Il giudizio è ancora aperto su questa questione.
Chiaramente Internet ha permesso agli acquirenti on-line di acquistare facilmente una vasta gamma di prodotti nel mercato globale, cosa che sarebbe stata inconcepibile senza questa tecnologia. D'altra parte, molto può ancora essere fatto nei canali tradizionali per fornire ai consumatori dei mix di
prodotti e assortimenti che siano congruenti con i loro bisogni e desideri. I
responsabili dei canali, a tutti i livelli, dovrebbero cercare di migliorare ancora i criteri seguiti nelle logiche di composizione degli assortimenti per renderli maggiormente vicini alle aspettative dei consumatori. Anzi, in alcuni
casi la modifica attenta degli assortimenti nello spirito del ‘il meno è più’ può
realmente migliorare l'esperienza di acquisto del cliente, semplificando il
processo di scelta dei prodotti. Tale orientamento, finalizzato a ridurre la
proliferazione di prodotti, si è tradotto in questi ultimi anni in una precisa
strategia seguita da alcuni dei più grandi produttori al mondo, come Procter
and Gamble. Tali sforzi possono trovare supporto in adeguate scelte di canale se le imprese di distribuzione, sia online che tradizionali, riusciranno a
concepire gli assortimenti secondo una logica di composizione qualitativa
più che quantitativa, privilegiando assortimenti selezionati sulla rilevanza
dei prodotti piuttosto che in base alla massimizzazione del numero di referenze inserite.
6. Paradigma dei conflitti di canale
Anche se il paradigma, implicito o esplicito, sottostante ai rapporti di canale
sia la cooperazione, il conflitto è un paradigma comune e anzi intrinseco nei
rapporti stessi (Stern, Gorman, 1969). La ragione di questo è di carattere
fondamentalmente umano: quando le persone si relazionano gli uni agli altri
in qualsiasi tipo di organizzazione, fra cui un canale di distribuzione, a un
certo punto una o più delle parti coinvolte finisce per mettere in atto comportamenti che impediscono il raggiungimento degli obiettivi della controparte.
Questa è l'essenza del conflitto. Così, per esempio, se un distributore proEdited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca
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muove fortemente i propri prodotti a marchio commerciale e trascura o penalizza le marche del produttore, quest’ultimo può sentirsi ostacolato nel raggiungimento degli obiettivi di vendita. Questo è un tipico esempio di conflitto
all'interno del canale di distribuzione. Si può anche manifestare un conflitto
intercanale, quando strutture di canale parallele ledono i reciproci interessi.
Un tipico esempio è dato quando un produttore usa il canale on-line per fare
vendite dirette facendo concorrenza ai propri distributori. In questo caso, il
conflitto è fra il canale diretto, on-line, e quello indiretto, tramite il dettagliante
(Rosenbloom, 2007).
In generale, il conflitto di canale, sia all'interno del canale che intercanale, è visto come un fenomeno negativo, nel senso che riduce l'efficienza
del canale. In alcuni casi, tuttavia, il conflitto può essere una forza positiva
se fornisce lo stimolo per una più adeguata ripartizione di compiti tra i
membri stessi del canale. Tuttavia, questo tipo di esito tende a manifestarsi piuttosto raramente (Rosenbloom, 1973). Più tipicamente, le imprese cercano di attenuare i conflitti, una volta che si presentano, o di prevenirli, per quanto possibile.
L’aumentata rilevanza delle scelte di canale associata allo sviluppo dei
mercati globali non ha cambiato le dinamiche di base di conflitti intra e inter canale. Anzi, le diversità culturali dei vari intermediari presenti nei canali globali hanno contribuito ad accentuare le potenzialità di conflitto. Inoltre, con lo sviluppo dei canali on-line, quale opzione di rapporto diretto
con i consumatori finali, il potenziale di conflitto intercanale è fortemente
aumentato. Di conseguenza, il paradigma dei conflitti di canale è destinato in futuro a essere oggetto di crescente attenzione. Sebbene il conflitto
debba essere considerato una dimensione intrinseca nelle dinamiche
comportamentali dei soggetti lungo i canali, e come tale non eliminabile,
può tuttavia essere gestito. Tale gestione dovrebbe avvenire a due livelli:
1) durante la fase di progettazione delle scelte di canale e 2) durante la
gestione dei canali esistenti.
Progettazione del canale e gestione dei conflitti – la progettazione dei
canali di distribuzione a livello mondiale è un processo complesso che
comprende diverse fasi di pianificazione e analisi, nonché l'esame di numerose variabili che possono influenzare l’efficacia del canale, come la natura dei segmenti di mercato di riferimento, il tipo di prodotti commercializzati, la disponibilità di intermediari in ogni singolo paese e molti altri fattori
(Rosenbloom, 2004). Uno di questi ulteriori fattori è dato dal possibile emergere di conflitti all'interno del canale o, nel caso di scelte multicanale, di
conflitti intercanale. Di conseguenza, è necessario inserire, nella progettazione di una strategia di canale globale, la questione dei potenziali conflitti
come parte integrante del processo di analisi e valutazione delle soluzioni,
al fine di pervenire a delle scelte in grado di ridurre l'insorgere di conflitti o
mitigarne gli effetti. Per esempio, se l'impresa prevede di utilizzare sia i canali diretti on-line, sia quelli tradizionali, attraverso intermediari indipendenti, dovrebbe fare scelte che evitino le sovrapposizioni di canale a livello
territoriale per ridurre il potenziale di conflitto. Oppure, se entrambi i canali vengono utilizzati negli stessi territori, si rende necessario prevedere il riconoscimento ai distributori di una quota dei ricavi derivanti dalle
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vendite on-line, in modo che venga attenuta la possibilità che questi entrino
in conflitto con l’impresa.
Gestione dei conflitti nei canali esistenti – quando i canali sono già stati
attivati e non è prevista una riprogettazione radicale delle strategie di canale, le scelte devono essere, almeno nel breve termine, di cambiamento
graduale e di adeguamento della struttura esistente ai cambiamenti in atto. Pertanto, i potenziali conflitti devono essere affrontati durante la normale gestione del canale. Questo si traduce nell’affrontare tre distinte fasi:
1) l'individuazione del conflitto, 2) la valutazione degli effetti potenziali del
conflitto, e 3) la soluzione del conflitto.
Per quanto riguarda l'individuazione del conflitto, l'emergere di conflitti
nei canali non è sempre evidente, in quanto questi si possono presentare
in modo subdolo e nascosto. Chi gestisce i rapporti di canale deve quindi
essere in grado di vigilare per individuare fin dai primi segnali un conflitto
prima che si manifesti con effetti negativi sulle relazioni. Nei canali globali,
dove le distanze sono grandi e le strutture di canale possono essere lunghe e articolate, l’impegno di monitorare i conflitti emergenti può essere
particolarmente complesso. Indagini formali e verifiche dirette presso i
partner possono essere gli strumenti che è necessario attivare per rilevare e contrastare i conflitti fin dalle fasi iniziali (Rosenbloom, 2004).
Con riferimento alla valutazione dei potenziali effetti del conflitto, occorre
verificare se il conflitto rischia di avere un impatto negativo sugli obiettivi
della propria impresa ma anche su quelli della controparte, e nel caso occorre intraprendere adeguate azioni per contrastare l’emergere del conflitto.
Infine, le opzioni per risolvere i conflitti possono variare da incontri informali fra le parti, magari in circostanze più distese come un pranzo o
una cena, fino alle soluzioni più formali, fra cui il ricorso alle vie legali
(Dant, Schul, 1992). Ovviamente, e auspicabilmente, l’individuazione precoce di un conflitto di canale e un appropriato piano per affrontarlo può
permettere di evitare le strade più complesse, oltre che costose, legate
alle azioni legali.
7. Paradigma del potere nei canali
Il potere ha sempre svolto un ruolo centrale nelle relazioni di canale
(Brier, Stern, 1969). Il potere si manifesta e viene esercitato quando un
membro di un canale cerca di influenzare un altro membro nel tenere
comportamenti diversi da quelli che avrebbe tenuto autonomamente. Negli ultimi quattro decenni, gli studi sui canali di marketing hanno ampiamente esaminato le dinamiche il potere. Le cinque basi del potere, solitamente indicate come: incentivazione, coercizione, legittimazione, identificazione e competenza, hanno tutte ricevuto una notevole attenzione nei
lavori di ricerca, con un focus particolare sugli effetti negativi associati
all'uso del potere coercitivo (Lusch, Ross, 1985). Alcune considerazioni di
ordine generale che emergono da queste ricerche sono:
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Al fine di influenzare il comportamento di un partner del canale alcune forme di potere devono comunque essere esercitate. Pertanto, l'uso del potere nel canale è inevitabile e pervasivo.
L'efficacia delle varie basi di potere per influenzare il comportamento dei partner varia in base alle specifiche situazioni.
Il modo in cui il potere è utilizzato all’interno del canale può influenzare il grado di cooperazione e di conflitto, così come la soddisfazione dei partner.
Il potere coercitivo tende a stimolare il conflitto e l’insoddisfazione
nei partner in misura molto maggiore rispetto alle altre basi del potere (Rosenbloom, 2004, p. 137).
Chiaramente, la gestione dei canali nei mercati globali non può essere
realizzata senza tenere conto del paradigma del potere. Dal punto di vista
pratico, la capacità di che deve gestire i rapporti di canale risiede in larga
parte nel saper attivare efficacemente i meccanismi di potere e in questo
modo riuscire a influenzare il comportamento dei partner, siano essi distributori, rivenditori, affiliati, agenti o intermediari di vario tipo. Mentre non ci si
può aspettare che all’interno delle imprese ci sia conoscenza degli sviluppi
a cui le tante ricerche sul potere nei canali hanno portato negli ultimi decenni, vi è tuttavia la possibilità, per imprenditori e manager, di consultare
libri di testo e i filoni di letteratura aziendalistica che si occupano di potere
nei canali di distribuzione. Tuttavia, anche se non si ha modo di consultare
la letteratura su questo argomento, la consapevolezza della pervasività del
potere nei canali di distribuzione e la necessità di esercitare il potere con
grande attenzione può essere di notevole aiuto. Per esempio, sebbene il
principio della ‘distanza più breve fra due punti’ possa suggerire l'uso del
potere coercitivo, come nel caso di un membro importante del canale che si
rapporta con un partner minore obbligandolo a comportarsi secondo le proprie direttive, le conseguenze negative derivanti da questo tipo di esercizio
del potere potrebbero compromettere la vitalità del rapporto. Inoltre, l'uso
del potere coercitivo da parte un partner di canale di grandi dimensioni per
dominare i partner minori potrebbe spingere questi ad allearsi per attivare
azioni contrastanti, eventualmente anche di carattere legale.
Così, se coloro che hanno la responsabilità della gestione dei canali riconoscono l'importanza di un uso del potere con equilibrio e senza espedienti
o azioni drastiche, potranno ritenere di avere imparato la principale lezione
associata al paradigma del potere nei canali: il potere nei rapporti di canale
è uno strumento chiave, ma deve essere utilizzato con grande attenzione.
8. Conclusioni
I sei concetti, o paradigmi, relativi ai canali di marketing discussi in questo articolo, che sono stati trattati dalla specifica letteratura per decenni,
continuano a fornire indicazioni per la gestione dei canali anche
nell’attuale contesto globalizzato.I paradigmi relativi alla disintermediazione, allo spostamento di funzioni lungo i canali, ai flussi di canale, alla discrepanza degli assortimenti, al conflitto e al potere, hanno tutti qualcosa
Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca
ISSN: 1593-0300
Rosenbloom Bert, Sei classici paradigmi per la strategia globale dei canali di Marketing, Symphonya. Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 1, 2010, pp. 13-23
(English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2010.1.02rosenbloom)
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da offrire alle imprese che si devono occupare della progettazione e della
gestione di canali che si sviluppano a livello mondiale e di strutture che
molto spesso assumono una configurazione multi-canale.
La disintermediazione, forse il paradigma più antico e controverso sui
canali di marketing, richiama all’attenzione il fatto che l'esistenza degli intermediari è, come sempre, dipendente dal modo in cui essi svolgono le
funzioni legate al servizio di distribuzione.
Il paradigma, collegato al precedente, dello spostamento di funzioni lungo
il canale fornisce anch’esso indicazioni sul fatto che funzioni e compiti distributivi non possono essere eliminati, ma possono essere spostati o riassegnati a quei soggetti che all’interno del canale sono in grado di svolgerli
con il maggior grado di efficacia ed efficienza. Le determinanti di base per
stabilire come questo spostamento o riassegnazione funzionale deve avvenire restano, anche negli attuali mercati tecnologici e globalizzati, quelle legate ai fattori di costo, di controllo e di attinenza con le core competencies.
Il paradigma dei flussi di canale, importante ma spesso dimenticato, può
aiutare le imprese a cogliere sia le potenzialità sia i limiti dei canali on-line
nello sviluppo dei mercati globali. La capacità di digitalizzare i flussi fornisce
enormi opportunità per aumentare l'efficacia e l'efficienza dei canali. Tuttavia, occorre ricordare che il flusso fisico del prodotto richiede comunque,
nel caso dei beni tangibili e non digitalizzabili, il ricorso ai canali convenzionali.
Il paradigma della discrepanza degli assortimenti ha visto ultimamente
aumentata la sua importanza di fronte all’aumento della varietà ed eterogeneità dei canali di marketing per i mercati mondiali. Tuttavia, le recenti innovazioni tecnologiche, in particolare il rapido sviluppo del commercio elettronico, hanno fornito i mezzi per migliorare notevolmente il processo di composizione degli assortimenti e superare le discrepanze. Tuttavia, molto resta ancora da fare, soprattutto nei canali tradizionali, per creare assortimenti funzionali ai bisogni dei consumatori ed efficienti per le imprese.
Il conflitto, che è sempre stato presente sia all'interno dei canali sia fra
canali, ha visto in questi ultimi anni un’accentuazione delle sue manifestazioni a causa delle maggiori diversità culturali legate allo sviluppo di canali
globali e in seguito al crescente ricorso, da parte delle imprese, a scelte di
multicanalità. Pertanto, si rende necessario prestare più attenzione nel prevedere, fina dalla progettazione dei canali, le fasi conflittuali e il modo in cui
prevenirle e contrastarle, valutando i possibili effetti negativi e pianificando
la risoluzione dei conflitti come parte integrante della gestione del canale.
Infine, il paradigma del potere nei canali serve a ricordare continuamente che l'uso del potere è inevitabile. In effetti, la gestione dei canali globali
e la presenza nei mercati mondiali aumenta la necessità di esercitare il
potere lungo i canali per raggiungere gli obiettivi commerciali. Così il potere nei canali di distribuzione è certamente uno strumento chiave per la
gestione dei rapporti, ma il suo uso richiede particolare attenzione.
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