Guida all'elettronica di base Il termine modding, ormai divenuto abituale nei vari ambienti informatici, sta suscitando un crescente interesse in tutti gli utenti di computer. Il fatto, però, che questa "scienza" sia relativamente giovane, fa sì che molti appassionati abbiano molti dubbi su cosa e come fare per realizzare le proprie idee. Quello che occorre subito precisare è che, generalmente, una conoscenza di base dell'elettronica sarebbe necessaria per poter realizzare in casa propria la maggioranza dei piccoli dispositivi che vengono usati all'interno delle operazioni di modding. Questa guida, in realtà, si pone come obiettivo quello di fornire le basi a tutti coloro che di elettronica e modding sanno poco o nulla. La guida sarà incentrata molto sulla pratica e ben poco sulla teoria, dato che gli eventuali circuiti che vedremo realizzeranno funzionalità abbastanza elementari grazie ad un esiguo numero di componenti peraltro spesso di carattere passivo. La guida si compone di nove capitoli, così organizzati: 1. Introduzione. Le pagine che state leggendo! 2. Attrezzatura. L'attrezzatura necessaria al modding ed alla realizzazione di circuiti elettronici è diversa e di certo molto importante per poter portare a termine un buon lavoro. 3. Uso degli attrezzi. Altro discorso molto interessante, in questo contesto è il saper usare bene gli attrezzi di cui si dispone. Effettuare una buona saldatura, usare a dovere il multimetro, etc. sono operazioni da saper compiere più del fatto di saper interpretare uno schema circuitale. 4. Un po' di teoria. Prima di passare alla pratica vera e propria ed all'esame dei fondamentali componenti elettronici, è necessario capire quelle che sono le varie grandezze elettriche in gioco ed i teoremi fondamentali. 5. Componentistica passiva. I componenti che si possono usare per realizzare i nostri circuiti sono sia di tipo passivo (non richiedono nessun tipo di alimentazione per funzionare) che di tipo attivo (necessitano di una linea di alimentazione per poter espletare le proprie funzioni). Quelli passivi seguono delle regole comportamentali molto semplici e sono divisi in tre grosse categorie. 6. Componentistica attiva. I componenti attivi sono molto importanti per poter realizzare dispositivi più complessi di quelli realizzabili con soli componenti passivi. Di solito, comunque, ogni circuito è fatto sia di componentistica attiva che passiva. 7. Elettronica analogica. La branca di elettronica analogica è molto sfruttata nella realizzazione di semplici circuiti di uso comune, nell'audio, nei dispositivi di alimentazione, etc. In questo caso non si tengono conto degli stati del sistema. 8. Elettronica digitale. Sotto il nome di elettronica digitale vanno collocati tutti quei circuiti che funzionano a tempi discreti grazie allo scandire di un clock. Si pensi ai chip che garantiscono il funzionamento del proprio PC... 9. Conclusioni. Voglio precisare, infine, che questa guida sarà dedicata molto ai principianti che non hanno mai avuto a che fare con l'argomento elettronica. Dunque mi scuso sin d'ora verso coloro che riterranno banali le considerazioni e gli insegnamenti di cui terremo conto in questa guida. Attrezzatura Pagina 1 di 33 L'attrezzatura necessaria ai nostri scopi potrebbe essere davvero tanta anche se, in effetti, per avere giusto l'indispensabile nel proprio laboratorio non occorre di certo spendere un occhio della testa. Per quanto ci riguarda ci limiteremo a citare gli attrezzi che assolutamente non possono mancare, non tralasciando considerazioni sui prezzi e sulla bontà che ognuno di essi dovrebbe rispettare. Nell'elenco che vi proponiamo abbiamo distinto con un * tutti quei componenti che non sono necessari ma che potrebbero aiutarci nel lavoro semplificandoci la vita. Ovviamente chi ha già un piccolo laboratorio attrezzato non deve di certo ricomprare i propri attrezzi ma effettuare solo un'eventuale integrazione. Saldatore elettrico a punta (stilo). Il saldatore è forse uno degli elementi più importanti per poter realizzare un qualunque tipo di circuito. Per quanto concerne i nostri scopi non è necessario rivolgersi verso soluzioni tipo "stazione saldante" ma può bastare un comune saldatore a punta dal costo compreso fra i 10 ed i 20 Euro. Come wattaggio si può scegliere un saldatore di potenza compresa fra 20 e 40W. Stagno a filo. Lo stagno è l'elemento saldante che permette di unire assieme sia fisicamente che elettricamente i componenti, i cavi e le parti di circuito. Lo stagno dedicato al settore elettronica è di tipo speciale con una o più anime interne nelle quali è presente un flussante. Il flussante è un prodotto chimico molto importante per la buona riuscita della saldatura. Il diametro dello stagno che andremo ad usare può variare fra un minimo di 0,5mm ad un massimo di 1,00 mm. Generalmente la lega di cui è composto lo stagno per saldature è di tipo Stagno/Piombo al 60/40% ed il punto di fusione poco oltre i 180 gradi. Porta saldatore. Questo accessorio, anche se si potrebbe pensare di metterlo fra quelli non necessari, in realtà svolge un compito molto gravoso, oltre a quello ovvio di fornire un posto per l'appoggio del saldatore. Esso riesce a smaltire parte del calore generato dal saldatore quando quest'ultimo vi è poggiato sopra con il duplice vantaggio di non far scaldare troppo il saldatore nel momento in cui non viene usato e di evitare il brusco riscaldamento da freddo alla temperatura massima quando accendiamo il saldatore. Grazie a questi passaggi "dolci" la punta ed il saldatore hanno tempi di vita molto elevati. Il costo di un porta saldatore si aggira sui 5-7 Euro. Pagina 2 di 33 *Aspirastagno. Uno degli elementi spesso non presi in considerazione è il succhiastagno o aspirastagno. Si tratta di uno strumento molto utile quando occorre fare qualche dissaldatura oppure pulire qualche pista di un circuito dallo stagno. Il costo si aggira dui 5 Euro. Multimetro digitale o analogico. Il multimetro, sia esso digitale che analogico, è uno degli strumenti principali per le misurazioni di laboratorio. Grazie a tale strumento sarà possibile misurare grandezze come voltaggi, correnti e resistenze. In quelli più forniti si ha la possibilità di misurare diodi, transistor, capacitori, etc. La scelta, nel nostro caso, può ricadere su strumenti di tipo digitale dal costo compreso fra i 20 ed i 40 Euro. Pagina 3 di 33 Set di cacciaviti. I cacciaviti sono strumenti essenziali in qualsiasi laboratorio, tanto più in uno di elettronica. Il consiglio è di orientarsi su qualche set da 5-10 cacciaviti, anche se non di elevata qualità, che contenga elementi a stella ed a taglio di diverse misure; non dovrebbero mancare cacciaviti piccoli e medi. Pinza a becchi dritti o curvi. Una pinza è un altro elemento necessario ovunque; nel nostro caso vi possiamo consigliare una pinza a becchi tondi che permette sia di effettuare i normali lavori di pinza, sia di raggiungere luoghi remoti dove non sarebbe possibile agire con una normale pinza. Il costo si aggira sugli 8-10 Euro. Pinzette. Molto utili le pinzette, quelle del tipo usate dalle donne per le sopracciglia, per maneggiare cavetti, fili e componenti che richiedono delicatezza e precisione maggiore di quella ottenibile con pinze più grosse. Soprattutto quando i componenti che si devono maneggiare sono delicati, con le pinzette si può facilmente controllare la pressione applicata. Pagina 4 di 33 Tronchesine. Le tronchesine sono molto utili per poter tagliare di netto i cavi ed i pin dei componenti di solito decisamente lunghi. Le tronchesine potrebbero essere sostituite da una forbice da elettricista anche se, secondo noi, la preferenza andrebbe concordata proprio alle tronchesi, più comode ed efficienti. Alimentatore. Per quanto concerne i nostri circuiti non è necessario avere un vero e proprio alimentatore da laboratorio con tensione e corrente regolabile. Per chi ne avesse già uno può tranquillamente utilizzarlo oppure potrebbe acquistarlo a parte a costi che vanno dai 100 ai 300 Euro. E' necessario che tale alimentatore possa erogare tensioni comprese fra 3 e 15 Volt con correnti dell'ordine di almeno 1 A. In realtà, se non volete spendere troppi soldi è anche possibile utilizzare un alimentatore ATX da computer che magari si ha già in casa oppure si può trovare in qualunque fiera anche di seconda mano. Vedremo nelle pagine successive come far funzionare un alimentatore ATX per i nostri scopi. Nuovo costa sui 30 Euro. Trapano a colonna o trapanino DC. Il trapano è utile in diverse situazioni. La prima è nella realizzazione di circuiti stampati laddove occorre realizzare un certo numero di fori per farvi passare i pin dei componenti. Altri usi sono quelli che riguardano il posizionamento dei circuiti nei box o le varie modifiche da apportare al case del PC. Ovviamente sono necessarie anche diverse punte a ferro del diametro di 0.6/0.8/1 mm per i primi scopi e dimensioni maggiori per i secondi scopi. Per i nostri scopi è possibile usare anche un trapanino alimentato in DC (12V) reperibile a costi ridotti, sui 20 Euro circa, oppure dotato di vari accessori ma venduto a prezzi decisamente più elevati. Pagina 5 di 33 *Bromografo. Chi volesse autocostruirsi i propri circuiti stampati dovrebbe premunirsi di ulteriori attrezzi come il bromografo. Questo elemento serve ad effettuare la foto incisione, tramite raggi ultravioletti, per realizzare PCB a partire da una stampa del circuito su fogli lucidi o acetati. *Vasca incisioni PCB. Altro elemento utile nello sviluppo di circuiti stampati è la vaschetta per le incisioni dello stampato proveniente dalla fotoincisione. *Percloruro ferrico. Acido utilizzato per l'incisione di circuiti stampati. Esso attacca il rame non protetto dalla sottile lamina plastica che rimane dopo la fotoincisione del PCB ed il passaggio dello stesso nella soda caustica. Di solito si trova in bottiglie da 1 litro al costo di 4-6 Euro oppure in grani da sciogliere. *Soda caustica o soluzione per sviluppo positivo. Serve a rimuovere la parte di pellicola che protegge tutto il rame del circuito dopo aver effettuato la fotoincisione. Di solito si trova in confezioni da sciogliere in un litro d'acqua al costo di 1-2 Euro. *Vetronite. Questo è il supporto sul quale realizzare i propri circuiti. Si tratta di una lastra di vetronite isolante sulla quale trova posto una sottile lamina di rame che verrà incisa e modellata a seconda dello schema circuitale che si vuole realizzare. Si trova sia a singola faccia che a doppia faccia (due lamine di rame, una da un lato ed una dall'altro) e di dimensioni variabili e dunque di costi variabili. In genere è buona norma acquistare una lamina di una certa dimensione (anche 30x30 cm) dalla quale ritagliare pezzi delle dimensioni desiderate. Disponibile anche la vetronite presensibilizzata sulla quale realizzare in modo semplice i propri circuiti. Circuiti millefori. Se non si ha intenzione di realizzare da sé i propri circuiti stampati si deve prendere in considerazione di usare una schedina millefori sulla quale potranno trovare posto tutti i componenti del circuito che potranno essere poi connessi in modo semplice attraverso qualche spezzone di filo. Sicuramente, comunque, questo tipo di supporto può essere utile per costruire i vari prototipi da trasformare poi in seguito in circuiti veri e propri. *Terza mano con lente. Molto utile, questo supporto dotato di 2 o più pinzette a molla, per sorreggere la basetta durante il montaggio. La lente, non presente in tutte le versioni, potrebbe risultare utile nei casi in cui si debbano realizzare operazioni di precisione. Il costo si aggira dui 5-8 Euro. Pagina 6 di 33 *Cassettiera. Molto utile, anche se non indispensabile, una cassettiera per conservare i vari componenti elettronici e/o le attrezzature. In questo caso la scelta è davvero vasta, anche se una cassettiera con 16-24 cassetti piccoli potrebbe essere più che sufficiente; il costo si aggirerà sui 1525 Euro. Questa nostra panoramica non è di certo esaustiva, ma spera di avere elencato con precisione i primi elementi indispensabili in un laboratorio di elettronica, necessari anche per mettere su qualche piccolo progetto di modding. Nelle prossime pagine illustreremo l'uso di alcuni degli strumenti visti, anche se poi sarà necessario conoscere un minimo di teoria per poter usare appieno tali strumenti. Uso degli attrezzi Come detto anche nelle pagine precedenti, è molto importante avere gli attrezzi giusti ma soprattutto saper usare quelli che si possiedono. Gli attrezzi che maggiormente vogliamo analizzare sono il saldatore, il succhiastagno ed il tester. Per ora non prenderemo in esame tutti gli attrezzi utili per la realizzazione di PCB in quanto questa sarà una guida solo per principianti... Al termine della stessa valuteremo se sarà il caso di analizzare anche questa possibilità. Il saldatore Forse uno degli elementi più importanti nel fare elettronica e di riflesso anche per il modding ma di certo quello su cui si nutrono i dubbi maggiori nell'uso. La saldatura a stagno, in elettronica, è quasi un'arte! E per questo il fatto di saper saldare bene non è per nulla automatico, anche se la saldatura necessita solo di un po' di allenamento e di un minimo di teoria per essere fatta ad arte. Ma cosa vuol dire essere fatta ad arte? Bene, partiamo dall'inizio. La prima cosa da fare, ovviamente, è quella di collegare il saldatore alla presa elettrica e attendere che si riscaldi. E già da questo punto possono partire alcuni suggerimenti utili: se avete un portasaldatore, usatelo! Lasciate il saldatore inserito al suo interno e accendetelo. In questo modo sarete certi che il riscaldamento del saldatore avverrà in modo lento con un notevole prolungamento della vita della punta del saldatore. Per lo stesso motivo evitate di tenere premuto l'eventuale pulsante, presente su alcuni modelli, che raddoppia la potenza del saldatore. Pagina 7 di 33 Prima di cominciare le operazioni di saldatura e dopo che il saldatore sia arrivato alla temperatura di regime (circa cinque minuti dopo averlo acceso), verificate che la punta del saldatore sia pulita altrimenti potete usare la spugnetta, imbevuta d'acqua, presente sulla base di tutti i portasaldatore oppure potete usare un panno di cotone umido. Fate attenzione a non scottarvi le dita, anche se inizialmente dovrete mettere in conto anche questi inconvenienti... Ricordo le mie dita divenute nere e dure dopo la prima settimana di utilizzo del saldatore ! Le operazioni di saldatura, a questo punto, dipendono da diversi fattori come: 1. 2. 3. 4. La temperatura della punta del saldatore; La pulizia delle superfici da saldare; La qualità dello stagno; La bravura del tecnico. Vediamo punto per punto come risolvere ogni situazione. Della prima abbiamo già parlato. Aggiungiamo solo che per verificare il raggiungimento di una adeguata temperatura basta sciogliere un po' di stagno sulla punta del saldatore e verificare il suo facile scioglimento. Il punto due potrebbe essere o meno un problema a seconda che le superfici siano sporche o molto sporche. Infatti, di solito, basta l'acido contenuto nell'anima del filo di stagno che opera una ottima pulizia dei contatti da saldare. Nel caso in cui, invece, i contatti fossero davvero molto sporchi allora potrebbe essere necessario pulirli preventivamente sia con una piccola spazzola che con prodotti appositi in vendita presso tutti i negozi di componenti elettronici. Della qualità dello stagno abbiamo già parlato nella pagina precedente anche se ci teniamo a ribadire che questo dovrebbe essere scelto con le caratteristiche di una lega Sn/Pb al 60/40% con anima interna con flussante. E' proprio grazie a questo flussante che la saldatura potrebbe risultare più o meno valida. Per il quarto ed ultimo punto cercheremo di darvi le maggiori spiegazioni possibili. La cosa da evitare ASSOLUTAMENTE, quando si salda, è quella di sciogliere lo stagno sulla punta del saldatore per poi depositarlo sulle aree da saldare; così facendo tutte le caratteristiche del flussante interno allo stagno verrebbero mandate "in fumo" vanificando i benefici effetti sulla pulizia dei contatti. La migliore saldatura è quella che si ottiene ponendo il saldatore sulle due parti da saldare, scaldandole leggermente per qualche secondo e sulle quali verrà applicato poi il filo di stagno che dovrebbe sciogliersi e collegare assieme le due parti. Ovviamente occorre fare molta attenzione a che non sia scaldino troppo quei componenti molto sensibili al calore come transistor o integrati di diverso tipo. Pagina 8 di 33 La quantità di stagno da utilizzare è un'altra variabile fondamentale. In questo caso il proverbio "melium abondare quam deficere" non è assolutamente valido. La giusta quantità di stagno non è né troppa né poca: cosa significhi questa cosa potrete vederlo da voi stesso con alcuni esperimenti e con l'osservazione di circuiti già fatti. Ma i dettagli non finiscono di certo qui! Di vitale importanza anche il comportamento "post saldatura". Dopo aver disciolto la giusta quantità di stagno fra i due contatti da saldare ed averlo fatto nel modo corretto è bene anche non accelerare il processo di raffreddamento della saldatura evitando di soffiarci sopra, ad esempio. A questo punto, un buon controllo di quanto fatto può subito rivelare se la saldatura è "fredda" o meno. Per saldatura fredda si intende una saldatura non ottimale che non realizza un perfetto contatto elettrico fra le due parti; questa è determinata spesso dal fatto di disciogliere lo stagno sulla punta del saldatore per poi applicarlo sulle zone da saldare. Essa si presenta ruvida e molto opaca, mentre una saldatura ben fatta si presenta liscia e lucida: Pagina 9 di 33 Ma come diventare esperti in questo campo? Molto facile: applicate le regole di cui sopra ed allenatevi su vecchie schede, su spezzoni di fili di rame, etc. Provate anche a sciogliere lo stagno sulla punta del saldatore e poi usatelo per "attaccare" qualche componente fra loro e vedete qual'è la differenza fra questa ed una saldatura fatta a regola d'arte! Succhiastagno Dopo aver visto come attaccare assieme due parti, è bene sapere anche come staccarle! Per questa operazione ci aiuta l'aspira o succhiastagno. Questo strumento, usato in congiunzione con il saldatore, permette di aspirare lo stagno presente fra circuito stampato e componente in modo facile. Anche in questo caso, però, è bene fare un minimo di allenamento con qualche vecchio circuito divertendosi a staccargli le varie parti perché, vi assicuro, inizialmente non è proprio così semplice e banale come potrebbe sembrare. Tester Il tester è un altro strumento molto utile anche se non sempre indispensabile. Grazie a tale strumento è possibile misurare le grandezze elettriche più importanti come tensione, corrente, resistenza e a volte anche capacità, bontà di diodi e transistor, etc. L'utilizzo del tester lo analizzeremo in seguito, di volta in volta, quando ne avremo bisogno. Anche perché, prima di poter misurare tali grandezze, sarebbe bene capire cosa sono e come agiscono all'interno dei nostri circuiti. Alcuni consigli Alcuni consigli potrebbero risultarvi molto utili nella realizzazione pratica dei circuiti. Oltre a quelli già visti in precedenza per quanto concerne le operazioni di saldatura, ce ne sono altri, altrettanto interessati: Pagina 10 di 33 1. 2. 3. 4. Usare la terza mano per saldare componentistica sui circuiti; Rispettare le polarità dei componenti quando ce ne sia bisogno; Verificare sempre bene che ogni componente utilizzato sia quello giusto; Prima di cominciare le saldature su un circuito assicurarsi che sia pulito altrimenti potrebbe essere necessario pulirlo con un panno imbevuto di alcol; 5. Spelare, arrotolare e presaldare i cavi prima di utilizzarli nei circuiti: Un po' di teoria Volendo fare una suddivisione possibile dei diversi componenti usati nel campo dell'elettronica ci troviamo di fronte a molteplici scelte. Abbiamo pensato, perciò, di suddividere la componentistica in passiva ed attiva sempre nell'ottica in cui ci siamo posti nel redigere questa guida: quella dell'utilizzo della stessa per realizzare progetti di modding. Infatti, il modding richiede molto spesso l'utilizzo di componenti passivi e, quei casi in cui andremo ad usare componenti attivi sarà solo per circuiti di bassa complessità. Supponendo che ci segue non abbia alcuna concezione di cosa sia l'elettronica né tantomeno quali siano le variabili in gioco, ci proponiamo di descrivere brevemente cosa si intende per differenza di potenziale e corrente elettrica. Differenza di potenziale Con il termine differenza di potenziale indichiamo una grandezza, misurata in Volt (V), che rappresenta la differenza fra un punto ad un certo potenziale elettrico ed un altro punto di riferimento. Tale grandezza prende il nome di tensione. Prendendo, ad esempio, una pila come quelle quadrate piccole che tutti noi abbiamo usato almeno una volta nella nostra radio portatile o nella nostra sveglia o altro dispositivo, possiamo leggere sul suo involucro che si tratta di una pila da 9 Volt. Questo vuol dire che quella pila è in grado di creare una differenza di potenziale, o tensione, ai suoi elettrodi (+ e -) pari proprio a 9 Volt. La tensione può essere di due tipi: continua oppure alternata. La tensione continua ha un andamento costante; alcuni esempi sono le tensioni fornite dalle pile, dalla batteria dell'auto, etc. Nel caso di tensione continua si hanno due morsetti distinti: uno positivo che rappresenta quello a potenziale maggiore ed uno negativo che rappresenta quello a potenziale minore. La tensione alternata ha di solito un andamento sinusoidale e si inverte continuamente; in questo caso non è possibile contrassegnare i due morsetti come positivo e negativo. Ad esempio è alternata la tensione di rete 220V. Generatore di tensione Un generatore di tensione è un dispositivo in grado di generare una differenza di potenziale tra i suoi morsetti. Esistono generatori di tensione continua oppure alternata. Pagina 11 di 33 Corrente elettrica L'intensità di corrente elettrica (I) è il flusso di corrente che scorre all'interno di un conduttore nell'unità di tempo. Essa si misura in Ampere (A). Spesso per cercare di spiegare il funzionamento di un circuito elettrico si fa ricorso ai circuiti idrici che risultano, nel funzionamento, molto simili ed il paragone è davvero azzeccato. Così, la differenza di potenziale elettrico può essere immaginata come la differenza di altezza fra due punti del circuito idrico (A e B nella figura): più un punto è in alto rispetto all'altro e maggiore è il potenziale che il primo possiede rispetto al secondo (il potenziale è proprio quell'energia che "potenzialmente" potrebbe essere usata e che nel circuito idrico è dato dalla forza di gravità che farebbe scorrere il liquido dal punto più alto a quello più basso). Rimanendo all'interno del paragone elettrico-idrico, la corrente è data dal flusso di liquido che scorre in un certo istante su una sezione del tubo. Un circuito elettrico è fatto di fili invece che di tubi ma basta pensare a tali fili come ad un tubo per avere chiare le idee tanto che, come è facile immaginare, il flusso avrà un massimo valore possibile determinato dalla sezione del tubo come il flusso di corrente elettrica è delimitato dalla sezione del cavo. Insomma, se aumentiamo la differenza di livello fra i punti A e B la velocità del flusso di acqua che passa da A a B aumenta: allo stesso modo aumentando la differenza di potenziale aumenta l'intensità della corrente. Facendo riferimento ad una batteria, questa sarà scarica quando la differenza di potenziale ai suoi capi sarà nulla; facendo riferimento al paragone con l'acqua, la situazione sarà identica a quando i due punti A e B saranno allo stesso livello: Pagina 12 di 33 Resistenza Finora abbiamo parlato di situazioni del tutto ideali, ma come accade anche per un circuito idrico, anche quelli di tipo elettrico potrebbero incontrare delle situazioni non ideali, nella fattispecie delle resistenze. Volendo tornare al paragone con l'idraulica è stato già detto che tanto più in alto è posto il punto A, tanto più velocemente l'acqua scorre verso B: ovvia conseguenza è una maggiore quantità d'acqua che scorre durante una certa unità di tempo. Quello che può accadere è che lungo il tubo potrebbero aversi dei restringimenti della sezione o anche degli ingorghi e l'acqua, in quei punti, farà maggiore fatica a passare. Quando il liquido incontra sul suo cammino tali resistenze, esso scenderà con minore velocità così come minore sarà la quantità d'acqua che scorre nell'unità di tempo in maniera inversamente proporzionale alla resistenza incontrata. Lo stesso fenomeno si verifica nei circuiti elettrici: tanto più alta è la tensione applicata al conduttore, tanto maggiore risulterà la corrente che in esso fluisce; questa verrà attenuata, però, dalle resistenze attraversate. La definizione di resistenza, in elettronica, è data da una proprietà che i corpi manifestano quando vengono attraversati da una corrente elettrica presentando un certo "attrito" al suo passaggio. In effetti la resistenza si spiega a livello microscopico come come un attrito fra cariche atomiche. La resistenza elettrica si indica con R e si misura in Ohm ( ). Per convenzione, un Ohm è quella resistenza manifestata da una colonnina di mercurio di 1mm quadrato di sezione e di 106.3 cm di lunghezza posta alla temperatura di 0°. Legge di Ohm La legge di Ohm rappresenta la legge fondamentale dell'elettrotecnica che lega le tre grandezze viste sinora: tensione, corrente e resistenza. Essa esprime il fatto che, in un circuito elettrico, l'intensità I della corrente è direttamente proporzionale alla tensione V applicata e inversamente proporzionale alla resistenza R incontrata: I = V/R Da cui si ricava: R = V/I E ancora: V=IR Pagina 13 di 33 Da questa ultima espressione della legge di Ohm si ricava una nuova definizione delle grandezze coinvolte. Il Volt rappresenta la differenza di potenziale che si misura ai capi di una resistenza di 1 Ohm percorsa dalla corrente di 1 Ampere. Facciamo, dunque, un riassunto di quanto detto sinora: 1. La tensione o differenza di potenziale, si indica con V e si misura in Volt (V); 2. L'intensità di corrente o più brevemente corrente, si indica con I e si misura in Ampere (A); 3. La resistenza si indica con R e si misura in Ohm. Secondo la legge di Ohm nelle sue diverse forme viste sinora, siamo in grado di dire che: 1. la corrente aumenta se la tensione aumenta e diminuisce se la tensione diminuisce; 2. la corrente che passa in un dispositivo di una certa resistenza genera ai suoi capi una caduta di tensione, cioè una differenza di potenziale che risulta direttamente proporzionale alla corrente ed alla resistenza stessa; 3. essendo corrente e tensione direttamente proporzionali fra loro, il rapporto di queste due grandezze si mantiene costante, dà esattamente il valore della resistenza del conduttore: R = V/I. Potenza elettrica La potenza elettrica è una grandezza composta dalle due precedenti e si misura in Watt (W). La formula per ricavare la potenza dal potenziale e dalla corrente è la seguente: W=V*I La potenza deriva dal lavoro compiuto durante un'unità di tempo. L'unità di lavoro è il Joule e l'unità di potenza è il Watt: 1 Joule al secondo corrisponde ad 1 Watt (W = J/s). Per fare un esempio calzante di cui si sente parlare sempre più spesso, attraverso questa formula è molto facile intuire perché, quando si vuol far si che un chip consumi poco si tenta di ridurre la tensione di alimentazione. Infatti riducendo V la potenza W si riduce di conseguenza. Riprendendo la legge di Ohm (V = R * I) e dalla formula P = V * I vista in precedenza si ottiene: P = (R * I) * I = R * I2 Utilizzando ancora la legge di Ohm nella forma I = V / R, otteniamo ancora: P = V * (V / R) = V2 / R Componentistica passiva Passiamo ora ad analizzare alcuni componenti passivi di notevole interesse. Circuito elettrico Un circuito elettrico è un sistema chiuso per la distribuzione e l'utilizzo di energia elettrica. Un circuito di base è composto dai seguenti elementi: 1. un generatore; 2. un utilizzatore; Pagina 14 di 33 3. un conduttore di andata; 4. un conduttore di ritorno. Nella immagine seguente una rappresentazione di un circuito composto da una pila (il generatore), due fili (i conduttori di andata e ritorno) ed una lampadina (l'utilizzatore): Resistore Un resistore è un elemento composto di materiale ad alta resistività come grafite, nichelcromo, impasto di carbone, etc. Generalmente un resistore si presenta come un cilindro ceramico sul quale viene depositato un impasto resistivo oppure viene avvolto del filo metallico. Ai capi del corpo cilindrico di materiale isolante sono disposti due spezzoni di filo connessi al materiale resistivo e detti reofori, i quali vanno connessi agli altri punti del circuito. Qui in basso potete vedere una immagine di alcuni resistori reali: In simboli, un resitore è identificato come segue: Il valore di resistenza di un resistore è individuato, generalmente, da un codice a bande colorate che si può facilmente interpretare. Prima di vedere come agire per riconoscere i diversi resistori è utile parlare di tolleranza e valori normalizzati. La tolleranza di un resistore è il massimo scostamento del suo valore di resistenza reale rispetto a quello nominale indicato nei suoi dati di targa. La tolleranza viene normalmente espressa in percentuale. Di solito vengono usati i seguenti valori: Valori percentuali di tolleranza Resistori di altissima precisione Resistori di alta precisione 0,25% e 0,1% 0,5%, 1% e 2% Pagina 15 di 33 Resistori di media precisione Resistori di bassa precisione 5% e 10% 20% A seguito delle norme IEC sono stati fissati 4 gruppi di valori normalizzati per i resistori a seconda che si tratti di resistori di alta/altissima precisione oppure di altri. I valori che vengono forniti sono compresi nell'intervallo 0 ... 10, gli altri sono tutti multipli e sottomultipli di questi. Gruppi E6, E12, E24 dello standard IEC E6 1,0 E12 1,0 E24 1,0 1,1 1,2 1,3 1,5 1,6 1,8 2,0 2,2 2,4 2,7 3,0 3,3 3,6 3,9 4,3 4,7 5,1 5,6 6,2 6,8 7,5 8,2 9,1 1,2 1,5 1,5 1,8 2,2 2,2 2,7 3,3 3,3 3,9 4,7 4,7 5,6 6,8 6,8 8,2 Il quarto gruppo, E96, consta di ben 96 valori; per i nostri scopi non avremo mai bisogno di far ricorso a resitori di elevata precisione: quelli con il 5% o 10% di tolleranza saranno più che sufficienti. Tornando alla tabella precedente, vogliamo fare qualche esempio: prendiamo la colonna E12 e leggiamo i valori in essa contenuti. Tra questi, pescando a caso, abbiamo il valore 5,6 dunque da qui sappiamo che potremmo trovare resistenze di valore pari a 5,6 Ohm, 56 Ohm, 560 Ohm, 5600 Ohm, 0,56 Ohm e così via anche per gli altri numerelli. Sulle resistenze a filo e/o di grossa potenza, il valore di resistenza viene espresso numericamente. A questo proposito è interessante notare che spesso appaiono delle sigle come k oppure M. Si tratta di moltiplicatori (o multipli) che aiutano a scrivere il valore in forma concisa: Moltiplicatori o multipli Prefisso Fattore di moltiplicazione Simbolo Valore Pagina 16 di 33 10E12 10E9 10E6 10E3 10E2 10E1 10E0 10E-1 10E-2 10E-3 10E-6 10E-9 10E-12 Tera Giga Mega kilo etto deca unità deci centi milli micro nano pico T G M k h da d c m µ n p 1000000000000 1000000000 1000000 1000 100 10 1 0.1 0.01 0.001 0.000001 0.000000001 0.000000000001 Seguendo le indicazioni di quest'ultima tabella potremmo scrivere, per una resistenza da 1.000.000 di Ohm: 1.000.000 Ohm = 1 MOhm = 1.000 kOhm Adesso non ci resta che capire come interpretare il codice a bande colorate presente sui resistori. Vediamo a cosa si riferiscono le bande presenti che possono essere in numero di 4: Oppure 5: Colore nero marrone rosso arancione giallo Codice colori per resistori Cifre 1, 2, 3 Moltiplicatore 0 1 1 10 2 102 3 103 4 104 Tolleranza 1% 2% Pagina 17 di 33 verde blu viola grigio bianco oro argento nessun colore 5 6 7 8 9 - 105 106 10-1 10-2 - 5% 10% 20% Alcuni esempi potrebbero chiarire la situazione. Supponiamo di avere un resistore a quattro bande con la prima di colore marrone, la seconda di colore nero, la terza di colore arancione e la quarta di colore oro. Il resistore in questione, dunque, presenta una resistenza di 10 x 103 Ohm, cioè, 10 kOhm con una tolleranza del 5%. Come vedete si tratta di un metodo abbastanza semplice! Per i resistori di potenza l'indicazione è riportata in modo numerico, come detto in precedenza. Anche in questo caso, però, oltre ai multipli è utile capire la logica delle indicazioni che risulta utile anche per indicare la posizione della virgola che divide i decimali. Prendendo come esempio i vari multipli e sottomultipli del valore 4,7 abbiamo: Sigle resistori di potenza Valore della resistenza Sigla sull'involucro 0,47 Ohm R47 4,7 Ohm 4R7 47 Ohm 47R 470 Ohm 470R 0,47 kOhm K47 4,7 kOhm 4K7 47 kOhm 47K 470 kOhm 470K 0,47 MOhm M47 4,7 MOhm 4M7 47 MOhm 47M 470 MOhm 470M Facile notare come il simbolo del multiplo viene usato al posto della virgola in modo da rendere chiara a concisa l'indicazione del valore. Altro parametro fondamentale per la scelta di un resistore è la potenza che esso è in grado di dissipare. In commercio di trovano resistori da 1/8W, 1/4W, 1/2W ed 1W che sono normalmente in carbone. Oltre il Watt si passa a resistori di potenza che possono arrivare anche fino a 50W. La potenza che i resistori devono avere dipende sempre dalla corrente che in essi circola e dalla differenza di potenziale che si instaura ai loro capi; infatti come abbiamo visto nella pagina precedente, la potenza è calcolata come W = V * I. Condensatore Si tratta di un dispositivo costituito da due piastre affacciate l'una all'altra. Al centro di ogni piastra viene saldato un reoforo e tra le piastre esiste uno spazio più o meno largo che può essere vuoto oppure riempito da un materiale isolante, detto dielettrico, come vetro, mica, carta, ceramica, etc. Il condensatore è in grado di accumulare cariche elettriche sulle armature quando fra di esse viene Pagina 18 di 33 applicata una tensione, in modo proporzionale a quella che è la sua capacità. La capacità del condensatore è determinata dai tipi di materiale usato come dielettrico e dalle caratteristiche geometriche del condensatore stesso: più larghe sono le piastre e più sottile il dielettrico, tanto più alta è la capacità del condensatore. La capacità si misura in Farad e deriva dalla formula C = Q / V dove C è la capacità, Q è la quantità di carica elettrica accumulata sulle armature e V la tensione applicata ai suoi capi. Alcuni condensatori reali sono visibili nella seguente foto: Passando ai simboli, invece, ecco quello del condensatore: Il condensatore si comporta in modo diverso a seconda che lavori in corrente continua oppure in corrente alternata. Un condensatore ideale il quale ha una resistenza del dielettrico infinita rappresenta un ostacolo totale al passaggio della corrente continua e non dissipa nessuna energia. I condensatori possono essere fissi o variabili e quelli fissi a loro volta si suddividono in poliestere, elettrolitici, al tantalio, ceramico, etc. a seconda del materiale di cui sono fatti. Le differenze sostanziali fra condensatori elettrolitici e quelli di atro genere, a parte il materiale di cui sono composti, sono solo nel fatto che i primi hanno una polarità ed i secondi no. Anche per i condensatori, come per i resistori, esiste un codice colori ed una siglatura standard per indicarne il valore; e come per i resistori, anche i condensatori sono disponibili in una moltitudine di valori. Quelli di valore più basso sono, di solito, di tipo ceramico a disco, quelli di valore medio in poliestere e quelli di valore più alto sono di tipo elettrolitico. Ecco un possibile range di valori da considerare, comunque, solo in modo indicativo: Pagina 19 di 33 Condensatore ceramico a disco: da un minimo di 1pF fino ad un massimo di 470nF (o 470.000pF); Condensatore in poliestere: da un minimo di 1nF ad un massimo di 4,7uF (4.700nF); Condensatore elettrolitico: da un minimo di 1 uF fino ad 1 Farad. Purtroppo, a differenza dei resistori, esistono diversi tipi di codifiche per determinare l'effettivo valore di capacità; e la tipologia di codice dipende anche dal tipo di condensatore considerato. Per quelli ceramici ed in poliestere, abbiamo le seguenti regole: Interpretazione codice condensatori ceramici e poliestere Range valori Tipo condensatore Siglature Esempio Da 1,0pF a 8,2pF Ceramico Il valore è scritto senza 8,2pF si scrive: 8.2 pF con la virgola o il oppure 8,2 oppure 8p2. punto o la lettera p come separatore decimale Da 10pF a 82pF Ceramico Il valore è scritto senza 82pF si scrive: 82 pF Da 100pF a 820pF Ceramico Il valore è scritto senza 820pF si scrive: n820 pF oppure il numero è oppure 820 oppure 821 preceduto dalla lettera n (le cifre sono 8 e 2 ed il quando il valore è numero di zeri da espresso in nF. Ancora aggiungere alla fine è 1) è possibile trovare un codice numerico di tre cifre dove le prime due cifre rappresentano il valore e l'ultima il numero di zeri Da 1000pF e 8200pF Ceramico o Poliestere Il valore viene espresso 8200pF si scrive: 8n2 (da 1nF a 8,2nF) in nF. La virgola viene oppure 822 sostituita dalla n. E' possibile trovare un codice numerico di tre cifre dove le prime due cifre rappresentano il valore e l'ultima il numero di zeri Da 10.000pF a Poliestere Il valore viene espresso 820.000pF si scrive: 820.000pF (da 10nF a in nF oppure in µF. La 820n oppure u82 820nF) virgola viene sostituita (0,82µF) oppure 824 dalla n o dalla u. E' possibile trovare un codice numerico di tre cifre dove le prime due cifre rappresentano il valore e l'ultima il numero di zeri Pagina 20 di 33 Sui condensatori poliestere si possono trovare anche altre lettere seguite da numeri come ad esempio la sigla J100. In questo caso J indica la tolleranza (5%) e 100 la massima tensione applicabile ai capi del condensatore. Ecco i significati delle lettere indicanti la tolleranza: J per tolleranza massima del 5%; K per tolleranza massima del 10%; M per tolleranza massima del 20%. Nei condensatori elettrolitici, ricavare il valore di capacità reale è molto semplice, dato che il valore stampigliato sul loro involucro è espresso in microFarad (µF) ed il valore della tensione applicabile ai capi dello stesso in Volt. Dunque possiamo trovare, ad esempio, un condensatore da 47µF con tensione massimo di 63Volt sul quale è stampigliata la sigla 47uF 63V. Sull'involucro dei condensatori elettrolitici troviamo stampati anche i segni + e - che indicano la polarità dello stesso. Induttore L'induttore è un dispositivo composto generalmente da un filo elettrico avvolto come una bobina che può avere o meno un supporto di avvolgimento a seconda della rigidità del filo. Come per il resistore, il filo elettrico termina in due capi detti reofori. A seconda del numero di spire che esso possiede l'effetto elettromagnetico generato dallo stesso verrà più o meno accentuato. Gli induttori vengono identificati dai seguenti simboli a seconda che si tratti di un induttore senza nucleo oppure con nucleo: L'induttore è componente che in corrente continua non ha quasi nessun effetto, dunque per quanto concerne i nostri scopi è sufficiente sapere che esiste e come è fatto; non ne faremo una dettagliata analisi come accaduto con i resitori. Componentistica attiva Dopo aver analizzato alcuni componenti passivi, tra i più importanti, volgiamo la nostra attenzione verso quelli che sono denominati componenti attivi. Si parla di componenti attivi quando questi richiedono, per funzionare, una alimentazione e possono essere in grado di erogare energia. I componenti passivi, invece, non richiedono nessuna sorgente di alimentazione per funzionare ma non sono in grado di erogare energia. Il campo della componentistica attiva è davvero molto vasto ed in questo ambito non ci proponiamo di certo di esplorarlo tutto. Prenderemo in esame alcuni componenti che maggiormente ci interessano e tratteremo il loro comportamento solo a grandi linee. Il transitor Tutti noi abbiamo qualche volta sentito parlare di "transistor". Questo componente costituisce la base di tutti i moderni dispositivi integrati; si pensi, ad esempio, alle CPU, ai chip video, alle memorie ma anche ai più semplici circuiti integrati disponibili in commercio. In realtà il transistor esiste in commercio anche come singolo componente ed è proprio in questa forma che cercheremo di usarlo e di capirne il funzionamento. Pagina 21 di 33 Il simbolo del transitor è visibile nella seguente figura: I terminali evidenziati con le lettere B C E sono o tre punti di contatto che fuoriescono dall'involucro di tutti i transistor. Questi tre terminali vengono identificati dai nomi: Base (B) Collettore (C) Emettitore (E) Oltre a questi dati occorre precisare che esistono due differenti tipi di transistor a seconda della loro polarità. In questo caso si distinguono transistor NPN e transistor PNP. Esiste anche una differenza di simboli tra i due tipi di transistor: Possiamo dire a grandi linee che il funzionamento dei due tipi di transistor risulta invertito: mentre per un transistor NPN il collettore va collegato al polo positivo e l'emettitore al polo negativo del circuito, per uno PNP questi si invertono. Dal punto di vista dell'aspetto del componente reale, il transistor si può presentare sotto diverse spoglie anche in modo dipendente dalla potenza che esso può erogare. I vari packages dove un transistor può essere contenuto sono classificati con delle sigle che qui non approfondiremo. Vi forniamo, invece, una foto dove potete vedere un certo numero di transistor: Le caratteristiche principali dei transistor, molto utili per l'utilizzo che se ne deve fare sono visibili di seguito: Pagina 22 di 33 Caratteristiche limite di funzionamento del transitor Vce: rappresenta la massima tensione applicabile fra Collettore ed Emettitore; Vbe: rappresenta la massima tensione applicabile fra Base ed Emettitore; Ic: rappresenta la massima corrente che può attraversare il Collettore; Ib: rappresenta la massima corrente che può attraversare la Base; Nella figura qui sopra possiamo vedere come sono sistemate le variabili dette in precedenza e quale sia il verso delle correnti. In figura sono visualizzate anche altre due tensioni, la Vbb e la Vcc. Le correnti di emettitore e collettore sono legate dalla seguente relazione: Ic = α * Ie dove il parametro α dipende dal drogaggio e dallo spessore della base (si tratta di considerazioni a livello microscopico): il valore di α può anche superare 0.99 rendendo la corrente di emettitore molto vicina, in valore, a quella di collettore. Frequenza di taglio Ogni dispositivo elettronico ed a maggior ragione un transitor, può lavorare secondo le sue caratteristiche, solo entro un certo range di frequenze. Al di fuori di questo range il comportamento del dispositivo non è quello desiderato. La frequenza di taglio rappresenta proprio la massima frequenza, oltre la quale il transistor non presenta più una capacità di amplificazione del segnale. Tale caratteristica è molto importante soprattutto se dobbiamo realizzare amplificatori audio per frequenze elevate oppure un generatore di funzioni. Guadagno Il guadagno, indicato in dB (deciBel) è la capacità di amplificazione del transistor. Esso è legato alla frequenza del segnale: di solito rimane costante fino ad un certo valore oltre il quale diminuisce rapidamente. Questo valore limite è quello che viene definito frequenza di taglio, come precedentemente indicato. Se indichiamo con dIb una variazione della corrente di base del transistor e con dIc la corrispondente variazione della corrente di collettore, il guadagno è dato da: g = 20 log (dIc / dIb) Esiste anche un guadagno statico di corrente del transitor. Questo parametro, hFE, è legato al parametro α visto in precedenza e vale 99 proprio quando α vale 0.99. L'hFE rappresenta il legame fra corrente di collettore e corrente di base: Ic = hFE * Ib Pagina 23 di 33 Considerazioni valide per i transitor I transistor NPN e PNP hanno alcuni comportamenti fondamentali sempre validi: Ic è circa uguale a Ie; Nei transitor NPN il verso delle correnti di collettore e base è entrante mentre nei transistor PNP è uscente; Nel caso di funzionamento in zona lineare, sia nei transistor NPN che PNP, la giunzione base-emettitore è polarizzata direttamente mentre quella fra collettore-base è polarizzata inversamente. Applicando un segnale di ingresso alla base e prelevando un segnale amplificato sul collettore si hanno due circuiti, come è possibile vedere dalla figura seguente; un primo circuito, di ingresso, collega la base all’emettitore ed un secondo, di uscita, collega il collettore e l'emettitore. Utilizzo I transitor possono essere utilizzati in due modi diversi. Come amplificatori oppure come interruttori. Nel primo caso si parla, in generale, di elettronica analogica mentre nel secondo si parla di elettronica digitale. Poter utilizzare il transitor in una o un'altra modalità dipende dalla sua zona di funzionamento; per impostare tale zona di funzionamento è necessario "polarizzare", attraverso opportune correnti, il transistor stesso in una oppure in un'altra zona. Nella figura seguente possiamo vedere la caratteristica di uscita di un transistor NPN dalla quale possono essere individuate tre zone di funzionamento: S = Zona di Saturazione. Questa zona di funzionamento è utilizzata soprattutto nelle applicazioni digitali. Le giunzioni B-E e B-C sono entrambe polarizzate direttamente e questo corrisponde all'ON digitale (1). Pagina 24 di 33 A = Zona Attiva. Questa è la zona che viene sfruttata quando il transistor lavora come amplificatore. In questa regione la giunzione B-E è polarizzato direttamente mentre quella B-C è polarizzata inversamente. I = Zona di Interdizione. Questa zona di non funzionamento corrispondente all'OFF digitale (0). Le giunzioni B-E e B-C sono entrambe polarizzati inversamente col risultato che Ib ed Ic sono nulle. In questi casi, accade spesso che il transistor venga utilizzato connesso a "emettitore comune", come visibile nella seguente figura: Quando la tensione Vbe è negativa o nulla, essendo positiva la Vcc, non si ha passaggio di corrente, dunque il transitor si trova nella zona di interdizione. Un transistor lavora come amplificatore quando la Vbe diventa maggiore di zero e quindi la giunzione base emettitore è polarizzata direttamente. In questa zona si vengono a creare legami approssimativamente lineari tra Ic ed Ib e le altre grandezze. Al crescere di Vbe la corrente di base continua a crescere senza limiti; quello che invece arriva al limite massimo è la corrente di collettore non può mai superare la corrente Vcc / RL. Al crescere di Vbe la tensione Vce, tra collettore e massa, scende fino a diventare minore della tensione Vbe. In tali condizioni si ha Vcb minore di zero e anche la giunzione base collettore diventa polarizzata direttamente entrando così nella zona di saturazione. L'impiego del transistor come amplificatore comporta il suo utilizzo in zona lineare. Possiamo vedere cosa accade nella esemplificazione nella figura seguente dove è visibile una caratteristica di ingresso-uscita tipica di un transistor (abbiamo visualizzato solo la zona lineare): Pagina 25 di 33 L’impiego del transistor come interruttore comporta il suo funzionamento sempre nella zona di saturazione oppure in quella di interdizione; durante la commutazione da uno stato all'altro dell'interruttore (da ON a OFF oppure da OFF a ON) la zona lineare può essere percorsa più o meno velocemente. Un esperimento Proviamo a realizzare il nostro primo circuito utilizzando un transistor. Procuriamoci, anzitutto, un transistor NPN come ad esempio un BC107 oppure un BC108. In questi transistor, una tacca sul corpo indica il pin di collettore, di fronte ad esso il pin di emettitore ed al centro la base: Ci occorrono, poi, due resistenze da 1/2 watt, del valore di 220 Ohm e di 1,5 KOhm, un diodo led (quelli emettitori di luce) ed una batteria da 9V. Il diodo led ha un suo verso che se non viene rispettato esso non si accende; il led necessita di circa 1,5V per potersi accendere alla massima luminosità. Per individuare il verso giusto del led, occorre osservarlo in trasparenza: al suo interno, i due elettrodi hanno una forma diversa. L'elettrodo più piccolo è il catodo (K) e va collegato al polo positivo mentre quello più grande va collegato al negativo ed è denominato anodo (A). Cominciamo a saldare assieme i pochi componenti utilizzando il saldatore ed un po' di stagno oppure possiamo usare quelle basette di test piene di numerosi buchi connessi tra loro. Iniziamo ad individuare i pin del transistor e colleghiamo l'emettitore al polo negativo della batteria. Colleghiamo, al collettore, la resistenza da 220 Ohm. L'altro capo di tale resistenza va collegato all'anodo del diodo led. Il catodo del diodo led lo colleghiamo al positivo della batteria. Prima di terminare il circuito, come visibile nella figura, abbiamo già connesso il diodo led e la giunzione CE alla pila, ma come vedete il led rimane spento... Pagina 26 di 33 In effetti non abbiamo fornito ancora alcuna tensione alla base del transistor. A questo punto saldiamo la resistenza da 1,5 KOhm alla base del transistor e l'altro capo della resistenza colleghiamolo al polo positivo. Il led dovrebbe accendersi! Il fatto di aver connesso la resistenza di base alla tensione positiva porta lo scorrimento di una debole corrente nel circuito di base. Tale corrente "innesca" una corrente maggiore nel circuito di collettore che farà accendere il led. Praticamente con una corrente di pochi milliampere che entra nella base, possiamo comandare una corrente di alcune centinaia di milliampere nel circuito di collettore: in questo caso stiamo sfruttando il transistor come un amplificatore di corrente. Elettronica analogica Quando si parla di analogico e di digitale occorrono sempre alcune precisazioni importanti. La differenza sostanziale fra analogico e digitale è il tempo: mentre nel primo caso il tempo è una variabile continua, nel secondo il tempo diventa scandito a periodi e perde la sua continuità. In elettronica, come nella altre discipline, ragionare in analogico o farlo in digitale comporta l'adottare metodi di analisi e tecniche di realizzazione completamente diverse. A basso livello, cioè quando si scende sul circuito fisico, però, il funzionamento è pur sempre in analogico, cioè i segnali elettrici, anche se rappresentanti 1 e 0 binari a determinati intervalli di tempo, sono comunque dei segnali continui (approssimabili generalmente ad onde quadre). Filtri La realizzazione di un circuito analogico semplice prende spunto anche solo da qualche componente passivo come condensatori e resistori. In questo caso potremmo realizzare, ad esempio, alcuni filtri che riescono a tagliare via determinate frequenze facendone passare altre. Esistono, sostanzialmente, quattro tipi di filtri: 1. Passa basso: fa passare le basse frequenze tagliando via le alte frequenze; 2. Passa banda: fa passare le frequenze medie tagliando via le basse e le alte frequenze; 3. Notch: fa il contrario del passa banda, nel senso che fa passare solo le alte e le basse frequenze eliminando le frequenze medie; Pagina 27 di 33 4. Passa alto: fa passare le sole alte frequenze tagliando via le basse frequenze. La realizzazione di un filtro passa basso o passa alto è molto semplice: Filtro Passa Basso Filtro Passa Alto Partitore di tensione Altro esempio realizzabile in un baleno è un partitore di tensione. Si tratta di un circuito in grado di ridurre la tensione in uscita, rispetto a quella di ingresso, indipendentemente dal carico applicato. Quest'ultima frase è di importanza notevole, dato che qualcuno potrebbe essere erroneamente indotto a pensare che per ridurre la tensione su un dispositivo, rispetto ad una data tensione di ingresso, sia sufficiente un resistore: Come vedete nel circuito, la misurazione a vuoto della tensione di uscita restituisce un diverso valore della misurazione della tensione quando il circuito è sotto carico. Infatti, facendo scorrere una corrente diversa da zero nel circuito si crea una caduta di tensione ai capi della resistenza Pagina 28 di 33 proporzionale, secondo la formula V = R * I, alla corrente stessa. Dunque se abbiamo, ad esempio, questi dati: Vin = 12V R = 100 Ohm I = 0.1 Ampere (la corrente assorbita dal carico in uscita) La tensione di uscita sarà pari a: 12 - (100 * 0.1) = 2V Se il carico assorbisse 0.01A allora avremo una tensione di uscita pari a: 12 - (100 * 0.01) = 11V Come vedete, con un circuito simile non si può avere una tensione di uscita stabile. Usando un partitore di tensione, come quello raffigurato qui sopra, non abbiamo problemi di questo genere. Vediamo, in formule, cosa accade. La tensione di uscita, Vout, è determinabile dalla formula: Vout = R2 * I. Se andiamo a cercare quanto vale I (I è la stessa sia sulla R1 che sulla R2) dalla maglia di sinistra possiamo scrivere: Vin = R1 * I da cui segue: I = Vin / R1 Sostituendo I nella precedente formula: Vout = R2 * I, allora Vout = R2 * Vin / R1 Scritta meglio vediamo quanto segue: Vout = (R2 / R1) * Vin. Come capite, abbiamo eliminato la dipendenza da I nella determinazione della tensione di uscita; usando un partitore di tensione la tensione di uscita è determinata solo dal rapporto R2 / R1. Pagina 29 di 33 Alimentatore Infine un circuito di utilità pratica immediata: un alimentatore. Un circuito di alimentazione è quanto di più necessario possa risultare in un qualunque laboratorio di elettronica. Nel nostro caso l'alimentatore potrebbe essere utile per testare qualunque tipo di circuito realizzato senza per questo realizzarne ogni volta uno ad-hoc. In effetti potrebbe essere usato anche un alimentatore recuperato da un vecchio PC ma noi vogliamo tentare un esperimento e procedere per la nostra strada :). Elenco componenti: R1 = Potenziometro lineare da 5KOhm; R2 = Resistore da 240Ohm 1/2W; C1 = Condensatore poliestere da 10nF 100V; C2 = Condensatore elettrolitico da 2200 uF 50V; C3 = Condensatore elettrolitico da 100 uF 35V; RS1 = Ponte raddrizzatore da 3A 50V; Integrato LM317; Trasformatore 220V primario, 24V 2A secondario; Aletta di raffreddamento per LM317. Il circuito, pur non essendo complicato, merita una dettagliata spiegazione. Per farlo partiamo dalla sinistra dove vedete 220V. Dalla linea dei 220V della rete Enel preleviamo tensione che va abbassata a 24V attraverso un trasformatore che riesca a fornire in uscita almeno 2A. In uscita dal trasformatore otteniamo una tensione alternata che va raddrizzata per renderla continua: a questo pensa RS1, un ponte raddrizzatore da 50V 3A. Sulle uscite + e - di RS1 troviamo subito due condensatori, C1 e C2; il primo è un poliestere da 0.01 uF (10nF) ed il secondo un elettrolitico (attenzione al verso!) da 2200 uF 50V. Questi due condensatori servono a stabilizzare la tensione continua proveniente dal ponte. Il primo elimina i veloci picchi che possono verificarsi sulla linea mentre il secondo spiana i picchi lenti di tensione. Per essere precisi, anche se l'uscita del trasformatore è pari a 24V, l'applicazione di un ponte raddrizzatore e di due condensatori di livellamento, porta la tensione all'uscita del ponte ad un valore maggiore dei 24V, quantificabile intorno ai 28-30V. La linea del positivo prosegue fino al piedino 3 dell'integrato LM317, un regolatore di tensione realizzato dalla National Semiconductor in grado di tirar fuori fino ad un massimo di 1.5A. Il piedino 2 dell'LM317 è il piedino sul quale prelevare la tensione di uscita che potrà variare da circa Pagina 30 di 33 2V ad un massimo di 25V. La variazione di tensione è imposta dal potenziometro R1 da 5KOhm lineare e dal resistore fisso R2 da 240Ohm 1/2 Watt. L'ultimo condensatore in uscita termina il lavoro di livellamento della tensione. Per ultimo, non dimenticate di applicare una aletta di raffreddamento di generose dimensioni sull'integrato LM317 per aiutarlo a dissipare il calore generato. Elettronica digitale La branca di elettronica digitale studia tutti quei sistemi che hanno una scansione discreta del tempo di funzionamento. Questo vuol dire che in ogni sistema digitale è presente almeno un clock, un segnale (di solito ad onda quadra) che realizza un timer: ogni evento dell'intero sistema digitale è legato a questo timer ed avviene solo negli istanti prefissati e scanditi dal clock digitale. Dunque si parla di elettronica digitale non perché esistano dei componenti digitali ma perché è il sistema che viene realizzato secondo una logica differente da quella analogica dove il tempo non era una variabile così importante. In effetti la componentistica con cui realizzare i circuiti digitali deve per forza di cose essere analogica: solo questa scienza rappresenta la realtà, mentre quella del digitale è una astrazione dell'uomo. Nella sezione di elettronica analogica abbiamo parlato di filtri. Ebbene, filtri molto più complessi in grado di discriminare sia una intera banda che anche una sola armonica possono essere realizzati in elettronica digitale con circuiti molto più complessi di quelli RC visti. A questo punto è necessario introdurre l'algebra booleana e l'alfabeto binario su cui si basa tutta l'elettronica digitale. Tutti saprete, almeno per sentito dire, che la logica binaria è composta da due soli valori, 0 e 1 che rappresentano i due stati fondamentali (vero - falso o basso - alto). Le operazioni fondamentali possibili su tale algebra sono quelle di NOT, OR, AND, mentre quelle derivate NAND, NOR, XOR, XNOR. Tutti questi operatori agiscono su due operandi tranne quello di negazione o NOT. Di seguito vi mostriamo le cosiddette tabelle della verità per queste operazioni tramite le quali è possibile leggere i risultati di ogni combinazione di due bit (il bit è l'unità minima dell'algebra booleana: essa può assumere valore 0 oppure 1). Supponendo che A e B siano due variabili binarie: NOT A 0 1 NOT A 1 0 NOT - Operatore di negazione AND A 0 0 1 1 B 0 1 0 1 A AND B 0 0 0 1 AND - Operatore di congiunzione OR A 0 0 1 1 B 0 1 0 1 A OR B 0 1 1 1 OR - Operatore di disgiunzione A questi operatori sono associate delle porte logiche disponibili integrate in chip che potete trovare presso qualunque negozio di elettronica. Di seguito la simbologia usata per distinguerle: Pagina 31 di 33 Mostriamo anche quelli che sono alcuni degli operatori composti (composti perché non sono altro che la composizione di due o più operatori fondamentali) NOR A 0 0 1 1 B 0 1 0 1 A NOR B 1 0 0 0 NOR = NOT + OR NAND A 0 0 1 1 B 0 1 0 1 A NAND B 1 1 1 0 NAND = NOT + AND XOR A 0 0 1 1 B 0 1 0 1 A XOR B 0 1 1 0 XOR = OR esclusivo Anche per questi operatori esistono delle porte logiche pronte con i seguenti simboli: Alcuni circuiti famosi disponibili in commercio, realizzati in tecnologia TTL (alimentazione a +5V) o CMOS (alimentazione a +3.3V) sono: Alcuni circuiti digitali Sigla 7404 7408 7432 7400 7402 7486 Contenuto 4 porte NOT 4 porte AND 4 porte OR 4 porte NAND 4 porte NOR 4 porte XOR Conclusioni Questa guida non vuole di certo essere esaustiva sull'argomento elettronica: sarebbe impossibile condensare tutta questa scienza in una piccola guida. Ci sono tanti e tali argomenti che per mancanza di tempo, di conoscenza approfondita e di spazio, non sono stati nemmeno sfiorati... Pagina 32 di 33 Il nostro obiettivo, posto sin dall'inizio, era quello di fornire una base abbastanza pratica per far sì che tutti noi potessimo procedere nel comprendere e realizzare piccoli circuiti utili soprattutto in ottica di modding; speriamo, così, che quando parleremo di questo argomento non ci siano grosse incomprensioni in merito ma si possa procedere spediti con la realizzazione di qualche progettino. Pagina 33 di 33