capitolo 2 - International Journal of Psychoanalysis and Education

International Journal of Psychoanalysis and Education - IJPE
2010 vol. II, n° 2
ISSN 2035-4630
(versione telematica pubblicata all’indirizzo www.psychoedu.org)
INFLUENZE DELLA DEPRESSIONE MATERNA SULLA
QUALITA’ DEL LEGAME MADRE-FIGLIO.
INDAGINI NEL CONTESTO DELL’ALIMENTAZIONE
Grazia Terrone
(Psicologo, PhD, ricercatrice di Psicologia Dinamica,
Facoltà di Scienze della Formazione, Università degli studi di Foggia)
Introduzione
Negli ultimi decenni l’Infant research e la Developmental Psychopathology hanno
messo in luce consistenti evidenze empiriche sull’associazione tra la qualità del sistema
di caregiving e i fattori di protezione e di rischio nella psicopatologia dell’infanzia.
La letteratura scientifica sulla psicopatologia materna (soprattutto depressione
materna) e sulla sua possibile influenza per la comparsa di disturbi emotivi e
comportamentali del bambino ha messo in luce che determinate caratteristiche
sintomatiche del caregiver rappresentano un fattore di rischio rilevante per lo sviluppo
nei primi anni di vita. In questo campo, alcuni autori hanno ipotizzato “il meccanismo
della trasmissione intergenerazionale”, in base al quale i disturbi precoci durante lo
sviluppo - come i disturbi alimentari infantili - possono essere collegati alla presenza
di uno status psicopatologico nel caregiver (Dodge, 1990; Zeanah, Zeanah, 1989).
In particolare, la psicopatologia materna, come i disturbi affettivi e di personalità,
possono interferire con le funzioni di caregiving e dar luogo a modalità relazionali
imprevedibili e incoerenti nella comunicazione emotiva con il bambino, che si associano
organo ufficiale dell’Associazione di Psicoanalisi della Relazione Educativa A.P.R.E.
iscr. Tribunale di Roma n°142/09 4/9/09 (copyright © APRE 2006) editor in chief: R. F. Pergola
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spesso a disturbi infantili nella regolazione fisiologica e nella stabilizzazione dei ritmi
alimentari (Benoit, 2000; Carlson, Sroufe, 1995; Chatoor, 1989).
Sfortunatamente, se da un lato l'incidenza della sintomatologia depressiva materna
è stata largamente documentata, i meccanismi della trasmissione del disagio
psicopatologico nei bambini sono stati esplorati mediante approcci diversi, a volte solo
minimamente convergenti.
La depressione della madre, infatti, influenza direttamente sia la qualità
dell'interazione con il bambino, sia il livello di funzionamento globale familiare,
interagendo, a vari livelli, con numerosi fattori di rischio sociale. In aggiunta alla
componente genetica della trasmissione del rischio psicopatologico, è necessario, quindi,
considerare un ampio numero di fattori dell'ambiente di vita prossimale e distale del
bambino con madre depressa, che possono, moderare o, al contrario, acuire la sua
vulnerabilità nei confronti di successivi esiti disfunzionali o patologici.
Gli effetti negativi della depressione materna rilevati sul bambino includono:
disturbi comportamentali con tendenza all'aggressività; problemi nell'ambito della
regolazione affettiva; incompetenza sociale; disturbi ansiosi; deficit dell’attenzione;
difficoltà temperamentali ; disorganizzazione emozionale; sintomatologia depressiva
subclinica o disturbi depressivi veri e propri; modelli di attaccamento di tipo
prevalentemente insicuro.
Malgrado l'enorme quantità di dati scientifici, risulta estremamente complicato
individuare il legame preciso tra i disturbi depressivi materni e gli esiti sul bambino, al
fine di spiegare le dinamiche che intercorrono nel processo di trasmissione del rischio
psicopatologico. Tale complessità deriva dal fatto che, in alcuni casi, le procedure
metodologiche delle varie ricerche non hanno tenuto conto dell'eterogeneità dei campioni
studiati: i gruppi includevano spesso un ampio range di condizioni depressive materne
(forme unipolari e bipolari, ma anche varie manifestazioni di tipo ansioso); i disturbi
materni differivano significativamente in termini di severità (campioni ospedalizzati,
sotto cura farmacologia e non); la durata dell'esposizione del bambino ai sintomi
depressivi della madre era variabile.
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I risultati dei numerosi studi condotti negli ultimi anni sulle implicazioni
psicopatologiche del bambino con madre depressa hanno evidenziato numerosi rischi
evolutivi.
Varie ricerche hanno messo in luce che i figli di madri depresse sono esposti al
rischio di insorgenza psicopatologica in modo significativamente maggiore rispetto a
quelli di genitori normali, manifestando, nello specifico, un'accentuata vulnerabilità nei
confronti dei problemi comportamentali, delle malattie fisiche e dei sintomi di tipo
depressivo (Weissman et al., 1984).
In molte ricerche, è emerso che gli effetti della depressione materna variano in
funzione dell’età e dello stadio di sviluppo del bambino (Zuckerman & Beardslee, 1987).
Nei neonati è stato osservato uno scarso peso alla nascita, che correla positivamente con
la bassa classe sociale della famiglia e la severità/cronicità del disordine emotivo
materno. Nei bambini di 12 e 24 mesi, sono stati evidenziati disturbi sia della sfera
emotiva - con difficoltà a regolare gli stati affettivi - sia cognitiva - con carenza del gioco
simbolico. Nell’età prescolare, sono stati rilevati bassi punteggi nel QI, disturbi del sonno
e sintomi psicosomatici. Nell’età scolastica e durante l'adolescenza, si è evidenziata la
presenza di un'elevata incidenza di depressione maggiore, deficit dell’attenzione, ansia da
separazione, eccessiva rivalità con i pari ed i fratelli, comportamenti di impazienza,
condotte devianti o di ritiro.
Gelfand e Teti (1990) hanno rilevato, sia nell’infanzia che nell’età prescolare
maggiori problemi nell’attaccamento, nella regolazione emozionale, nel controllo degli
impulsi aggressivi, nella capacità di cooperare con gli altri ed uno sviluppo linguistico
problematico o ritardato. Nei bambini in età scolare, sono stati evidenziati i seguenti
quadri: bassa autostima; stili attributivi negativi simili a quelli delle proprie madri;
maggiore propensione per i disturbi depressivi o di ansia; difficoltà intellettive e nel
mantenere l'attenzione; scarso rendimento scolastico; accentuato rischio di insorgenza
psichiatrica non di tipo depressivo, soprattutto nel caso di depressione materna bipolare.
Lyons-Ruth e colleghi (1986), hanno analizzato coppie di madri depresse e bambini
in condizioni economiche svantaggiate, rilevando una correlazione significativa tra i
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modelli di attaccamento disorganizzato, bassi punteggi nello sviluppo mentale a 18 mesi
e presenza di comportamenti esternalizzanti del bambino a 7 anni; nel caso dei modelli di
attaccamento evitante è stata, invece, riscontrata una correlazione con i successivi
sintomi internalizzanti, la cui insorgenza poteva essere prevista a partire dalla continuità
degli alti livelli della sintomatologia depressiva materna durante i primi 5 anni.
Sebbene sia assodato che esiste un profondo legame tra la depressione unipolare o
bipolare materna e la compromissione dello sviluppo comportamentale, cognitivo ed
affettivo del bambino nel primo anno di vita (Dodge, 1990; Field, 1992; Rutter, 1981), le
specifiche modalità attraverso le quali il disturbo depressivo materno influisce sulla
risposta evolutiva infantile sono oggetto di svariate e controverse impostazioni teoriche.
Obiettivi
Il presente contributo i ricerca ha come obiettivo principale quello di rilevare
l’influenza che la depressione materna possa avere sui pattern interattivi alimentari tra
madre e bambino e studiare se tale azione è indipendente o interagisca con il modello di
attaccamento della madre; come obiettivo secondario analizzare la valutazione materna
dei problemi emotivo - comportamentali del figlio.
In particolare, questo studio si è posto i seguenti obiettivi specifici:

verificare se vi è una correlazione tra la depressione materna e la valutazione
materna dei problemi emotivo - comportamentali del bambino (misurate con la CBCL),
in quanto ci si attende che le madri depresse attribuiscano, maggiormente, ai loro figli
stati affettivi negativi.

verificare se vi siano differenze tra madri depresse e non depresse sui pattern
interattivi nel contesto alimentare (misurati con la S.V.I.A.);
 verificare se vi è una relazione tra i modelli di attaccamento sicuro versus
insicuro (misurato con l’AAI) e i pattern interattivi alimentari (misurati con la S.V.I.A.);
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 verificare se vi è un’interazione tra attaccamento e depressione sui pattern
interattivi alimentari.
Metodo
Descrizione del campione
Il campione selezionato è composto da 40 madri, di cui 20 presentano una
Depressione Maggiore1 di età media di 31,5 anni (range 28-39 anni) (gruppo clinico)e dei
loro bambini di età media di 26 mesi (range 18-36 mesi), appaiato con 20 coppie di
madre-figlio che non presentano nessuna psicopatologia (gruppo di controllo).
L’appaiamento dei soggetti appartenenti ai due gruppi è stato effettuato per età
delle madri, per il genere e l’età del bambino e per il livello socio-economico (SES;
valutato secondo i criteri di Hollingshead) (1a1).
Il gruppo clinico è stato selezionato da una équipe di medico-psichiatrica
all’interno dell’Unità Operativa di Psichiatria del Policlinico Tor Vergata.
Per il reclutamento del gruppo di controllo sono stati contattati alcuni consultori
familiari della Aziende Sanitarie Locali e gli Asili nido del Comune di Roma.
In entrambi i gruppi, clinico e di controllo, il periodo gestazionale di tutti i bambini
esaminati ed il loro sviluppo psicomotorio si presentavano nella norma. La maggior parte
dei bambini nei due gruppi ha avuto un allattamento al seno (gruppo-clinico=74%;
gruppo-controllo=78%;).
Attraverso la somministrazione di un questionario socio-demografico è stato
possibile rilevare il livello socio-culturale delle coppie madre-bambino esaminate. La
maggior parte delle madri era coniugata (gruppo-Clinico=90%; gruppo-controllo=93%),
ed aveva conseguito un Diploma di scuola secondaria superiore (gruppo-clinico=74%;
gruppo-controllo=70%) o Laurea (gruppo-clinico=13%; gruppo-controllo=15%). Molte
1
L'intervista diagnostica strutturata utilizzata dall'équipe di psichiatri è stata la SCID. La quale ha permesso di
effettuare una selezione della popolazione da studiare e di garantire che tutti i soggetti studiati abbiano soltanto un
disturbo che soddisfi i criteri per la Depressione Maggiore del DSM IV (American Psychiatric Association, 1994).
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delle coppie appartengono ad un livello socio-economico medio (gruppo-clinico=69%;
gruppo-controllo=73%).
Strumenti
Valutazione dei problemi emotivo-comportamentali del bambino:
La Child Behavior Check List, CBCL 11/5-5 è uno strumento, elaborato da T.M.
Achenbach (1992), utile per valutare comportamenti ed emozioni di bambini in varie aree
del loro funzionamento. I dati di valutazione sono forniti dai genitori dei bambini e da
altre persone significative che, separatamente, sono chiamati ad esprimere una loro
valutazione sulle affermazioni della CBCL 11/5-5.
La CBCL 11/5-5 costituisce una procedura di indagine clinica standardizzata che
esplora ampie aree dell’adattamento e del funzionamento quotidiano. Esse sono tradotte
nelle affermazioni dei 99 item che esplorano varie aree: l’attività, l’interesse,
l’attenzione, la paura, il gioco, l'interazione con i pari e con gli adulti, lo stato d’ansia, le
condizioni e i problemi somatici, lo stato dell’umore, l’aggressività e la responsività
affettiva, la risposta ai cambiamenti e convergono a definire sei sindromi all’interno di
scale “internalizzanti”, "esternalizzanti" e "né internalizzanti né esternalizzanti". Le scale
intemalizzanti comprendono: le sindromi di Reattività emotiva, Ansia-depressione,
Ritiro; Problemi somatici.
Le scale dei problemi esternalizzanti includono: Problemi di attenzione e
Comportamento aggressivo; e infine le scale dei problemi né internalizzanti né
estemalizzanti identificano le sindromi dei Problemi del sonno e di Altri problemi non
esclusivamente associati ad altri sintomi delle scale internalizzanti o esternalizzanti.
Inoltre, è presente un ultimo item aperto che chiede ulteriori informazioni riguardanti
qualche eventuale aspetto non contenuto nei precedenti item.
Per ogni item chi valuta è chiamato ad esprimere un punteggio su una scala Likert a
3 punti (0= non vero, 1= in parte vero, 2= molto vero). I comportamenti contrassegnati da
chi compila la CBCL 1
1/5
5 devono riferirsi ad osservazioni avvenute non oltre i due
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mesi precedenti poiché i bambini piccoli sono soggetti a rapidi mutamenti insiti nel
processo evolutivo.
Lo strumento include l’uso di scale orientate alle categorie e ai criteri diagnostici
del DSM-IV (American Psychiatric Association, 1994), allo scopo di integrare la
misurazione che può essere ottenuta dalle Scale Internalizzanti, Esternalizzanti e dalle
Scale né Internalizzanti, né Esternalizzanti (Achenbach, Rescorla, 2000; 2001)
Valutazione
dei
pattern
interattivi
madre-bambino
nel
contesto
dell’alimentazione:
La Scala di Valutazione dell’interazione alimentare madre-bambino (S.V.I.A.)
misura una ampio spettro di comportamenti interattivi e identifica modalità relazionali
normali e/o a rischio tra la madre e il bambino durante gli scambi alimentari (Lucarelli et
al., 2002); la Scala è applicabile ai bambini di età compresa tra 1 e 36 mesi. Le diadi sono
state filmate una volta durante il pasto del bambino; per ricreare in laboratorio
l’esperienza quotidiana dell’alimentazione è stato chiesto alla madre di portare il tipo di
cibo abitualmente offerto al bambino. Le madri sono state invitate a comportarsi
spontaneamente con i loro bambini, così come generalmente accade nelle interazioni
giornaliere. Poiché la S.V.I.A si applica ai bambini da 1 a 36 mesi, le differenze di
sviluppo sul piano comportamentale sono valutate da item specifici per bambini più
piccoli o più grandi; ad esempio, l’item che riguarda il comportamento - il bambino si
addormenta e smette di mangiare - si riferisce ai bambini piccoli, mentre l’item che
descrive il comportamento - il bambino allontana o getta il cibo - interessa i più grandi.
Similmente alcuni comportamenti del caregiver - la madre è rigida nel tenere il
bambino, posiziona il bambino senza il sostegno di cui ha bisogno - possono essere
osservati nelle madri dei più piccoli. Gli studi condotti per valutare le proprietà
psicometriche della versione statunitense e italiana della Scala (Chatoor et al., 1996;
Chatoor et al., 1997; Lucarelli et al., 2002) hanno confermato una buona attendibilità tra
codificatori e una soddisfacente validità di costrutto e discriminante. La Scala creata per
la versione italiana si compone di 40 item raggruppati in quattro sottoscale: Stato
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affettivo della madre, Conflitto interattivo, Comportamenti di rifiuto alimentare del
bambino, Stato affettivo della diade. Per ciascun item è attribuito un punteggio su una
scala Likert a quattro punti (mai, poche volte, abbastanza, spesso); la somma dei punteggi
ottenuti dalla madre e dal bambino indicano il punteggio totale per ogni sottoscala, che
viene confrontato con i valori normativi della standardizzazione italiana. I dati
osservativi sono stati codificati da due esaminatori indipendenti, addestrati all’uso dello
strumento, senza alcuna informazione sul gruppo di appartenenza della diade (in cieco).
L’attendibilità tra codificatori, stimata tramite coefficienti di correlazione intraclasse, è
risultata compresa tra 0.82 and 0.92; l’analisi discriminante usata per valutare la capacità
della Scala di classificare correttamente i bambini sulla base dell’appartenenza al
Gruppo-NC e al Gruppo-C ha indicato un valore compreso tra 82% e 92% (Lucarelli et
al., 2002).
La sottoscala Stato affettivo della madre rileva sia le difficoltà del caregiver di
manifestare affetti positivi, come gioia e piacere, sia la frequenza e la qualità di affetti
negativi, come tristezza, distress e distacco emotivo; valuta, inoltre, le capacità di
interpretare i segnali del figlio e di facilitare scambi reciproci ed empatici durante
l’interazione alimentare. Più è elevato il punteggio in questa sottoscala, maggiori sono le
difficoltà della madre di esprimere nella relazione affetti positivi e di leggere
correttamente i segnali comunicativi del bambino e di sintonizzarsi con essi. La
sottoscala Conflitto interattivo valuta sia la presenza, sia l’intensità di scambi conflittuali
nella diade; il punteggio globale è elevato quando, ad esempio, la madre forza il bambino
nell’alimentazione, non è flessibile nel regolare le pause e l’alternanza dei turni con il
figlio e dirige il pasto lasciandosi guidare soltanto dai propri sentimenti e dalle proprie
intenzioni, piuttosto che dal feedback comunicativo dato dai segnali del bambino; dalla
parte del bambino, gli item di questo fattore valutano i comportamenti di distress, di
evitamento dell’interazione e di rifiuto del cibo in risposta al controllo e all’intrusività del
caregiver. La sottoscala Comportamenti di rifiuto alimentare del bambino include item
che esplorano le caratteristiche individuali dei pattern alimentari del bambino, che
indicano rifiuto alimentare, scarsa assunzione di cibo e una difficile regolazione di stato
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durante il pasto, come ad esempio l’irritabilità, la facile distraibilità, l’opposizione e il
negativismo; questa sottoscala esamina inoltre i comportamenti materni non contingenti.
Un alto punteggio indica la mancanza di un adattamento reciproco tra i due partner e
un’elevata frequenza di rifiuto alimentare del bambino. La sottoscala Stato affettivo della
diade, infine, valuta ulteriormente la qualità affettiva della relazione madre-bambino; un
alto punteggio in questa sottoscala rileva un coinvolgimento negativo della diade, in cui
prevalgono affetti di rabbia e di ostilità.
Valutazione del modello di attaccamento della madre:
L’Adult Attachment Interview, è un’intervista semistrutturata ideata da Mary Main
e dai suoi collaboratori (Main, Kaplan, Cassidy, 1985).
L’AAI, della durata di circa un’ora, si articola in 18 domande che indagano sui
ricordi e sulle esperienze dell’infanzia. Ai soggetti vengono chiesti cinque aggettivi che
descrivono la loro relazione nell’infanzia con ognuno dei genitori e, poi, dei ricordi che
esemplifichino la scelta di ogni aggettivo. Viene chiesto, quindi, di indicare il genitore al
quale si sentivano più vicini e per quale motivo, e inoltre di dire se i genitori sono stati
minaccianti con loro in qualche modo. Vengono poi esplorate diverse aree esperienziali
concernenti la qualità delle prime relazioni con il caregiver, tra cui malattia fisica, disagio
emozionale, esperienze di separazione, perdita, rifiuto, abuso. Ai soggetti viene chiesto
poi di valutare come queste esperienze possano aver influenzato la loro personalità. Data
la specificità del campione esaminato nel presente contributo empirico è stata
somministrata una versione dell’Adult Attachment Interview modificata, con domande
aggiuntive atte a rilevare in modo approfondito e specifico eventuali esperienze di abuso
vissute dal soggetto.
In generale, lo scopo di questo metodo narrativo è quello di fornire una valutazione
e una classificazione dello “stato mentale” attuale dell’adulto rispetto all’attaccamento. Il
sistema di codifica si basa sull’ipotesi che le regole dei modelli operativi interni si
manifestino nell’organizzazione del pensiero e del linguaggio sui temi relativi
all’attaccamento affrontati nel corso dell’intervista. La classificazione si fonda
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sull’analisi della narrazione in base alla coerenza del pensiero e all’integrazione degli
aspetti cognitivi e affettivi relativi all’attaccamento. Più che i contenuti o la veridicità dei
ricordi, quello che è decisivo, ai fin della classificazione, è il grado di organizzazione
della narrazione. La codifica valuta l’autoconsapevolezza riflessiva. Essa si focalizza
sulla capacità del soggetto di monitorare, nel corso dell’intervista, la propria produzione
e di tenere in mente lo stato mentale dell’ascoltatore.
Ciascuna intervista è stata audioregistrata e trascritta integralmente, così che i
giudici, che codificano in modo indipendente, hanno potuto lavorare esclusivamente sulla
trascrizione dell’intervista.
Preliminarmente il trascritto viene letto per valutare la “probabile esperienza con le
figure di attaccamento durante l’infanzia” (Scales for experience) e la qualità emotiva
attribuita al rapporto con i caregiver. Su ciascuna delle cinque scale – Affetto, Rifiuto,
Trascuratezza, Pressione a riuscire, Inversione di ruolo – vengono attributi punteggi su
scale a nove punti.
In seguito il trascritto viene letto nuovamente per valutare lo “stato attuale della
mente” rispetto all’attaccamento (Scales for states of mind). Anche in questo caso i
punteggi sono attribuiti su scale a nove punti. Le scale sono le seguenti: Idealizzazione,
Rabbia, Insistenza sull’incapacità di ricordare l’infanzia, Processi metacognitivi,
Passività dei processi di pensiero, Paura della perdita, Mancata risoluzione del luttotrauma, Coerenza del trascritto, Coerenza globale della mente.
Al termine della valutazione, sulle singole scale viene attribuita una classificazione
generale che riflette l’adesione o la violazione della coerenza del discorso come definita
da Grice: a) la qualità, essere veritieri e fornire evidenze per quanto affermato; b) la
quantità, essere succinto ma completo; c) la rilevanza, fornire risposte pertinenti
all’argomento; d) il modo, essere chiari e ordinati nell’esposizione. I protocolli delle
interviste sono stati integralmente trascritti e quindi classificati in base al sistema di
codifica elaborato da M. Main e R. Goldwin (1998), secondo le seguenti categorie:
sicuro-autonomo (F), distanziante (Ds), preoccupato/invischiato (E), irrisolto nei
confronti di traumi o lutti (U), Cannot Classify (CC). Le prime tre categorie sono a loro
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volta suddivise in sottocategorie che permettono di cogliere in maniera più precisa le
peculiarità di espressione del modello operativo prevalente.
Risultati
I risultati verranno esposti in relazione agli obiettivi specifici indicati:
1. Verificare se vi è una correlazione tra la depressione materna e la valutazione
materna dei problemi emotivo-comportamentali del bambino (misurate con la CBCL), in
quanto ci si attende che le madri depresse attribuiscano, maggiormente, ai loro figli stati
affettivi negativi.
Per valutare le eventuali differenze tra il gruppo di madri depresse e quello di
controllo rispetto alla valutazione materna dei problemi emotivo-comportamentali dei
loro figli è stata effettuata un’Analisi della Varianza Univariata (ANOVA), che
evidenziato
una differenza significativa in funzione della variabile Gruppo di
appartenenza per la scala dei Problemi Internalizzanti (F(1;38)=19,010; p>0,001): i figli
delle madri “Depresse” ottengono un punteggio medio più elevato nella Scala
Sindromica Internalizzante (14,6 vs 8,5) (Figura 1)
Figura 1: Punteggi medi alle scale dei Problemi Internalizzanti ed Esternalizzanti
della CBCL in funzione del Gruppo di appartenenza
25
20
15
10
5
0
Problemi Internalizzanti***
Problemi Esternalizzanti
madri "non depresse"
madri "depresse"
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***=p<.001
Inoltre, è stata condotta un’analisi esplorativa univariata (ANOVA) sull’andamento
dei punteggi del CBCL in relazione al Gruppo di appartenenza (“depresse” – “non
depresse”). In particolare, sono emerse differenze statisticamente significative nelle
seguenti sottoscale: Ansia/Depressione (F(1;38)=8,546; p>0,01) e Problemi Somatici
(F(1;38)=23,925; p>0,001), in cui i figli di madri “depresse” presentano punteggi più
elevati. (Figura 2).
Figura 2: Punteggi medi alle sottoscale dei Problemi Internalizzanti della CBCL in
funzione del Gruppo di appartenenza.
10
8
6
4
2
0
Reattività Emotiva
Ansia/Depressione
Problemi Somatici
madri "non depresse"
Ritiro
madri "depresse"
**=p<.01
***=p<.001
Questo risultato conferma l’ipotesi iniziale, in quanto le madri “depresse”
attribuiscono, maggiormente, stati affettivi più problematici ai loro figli rispetto alle
madri “non depresse”. In particolare, si evince che le madri “depresse” hanno attribuito
punteggi medi più elevati nelle sottoscale Ansia/Depressione e Problemi Somatici.
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2. Verificare se vi siano differenze tra madri depresse e non depresse sui pattern
interattivi nel contesto alimentare (misurati con la S.V.I.A.).
Per verificare se vi siano differenze tra madri “depresse” e “non depresse” sui
pattern interattivi nel contesto dell’alimentazione è stata eseguita un’Analisi della
Varianza Univariata (ANOVA).
Le analisi univariate hanno mostrato una differenza statisticamente significativa tra
i gruppi nelle sottoscale della S.V.I.A. Stato affettivo della madre (F(1;38)=37,335;
p<0,001), Conflitto interattivo (F(1;38)=31,454; p<0,001), Comportamenti di rifiuto
alimentare del bambino (F(1;38)=8,762; p<0,01), Stato affettivo della diade (F(1;38)=5,352;
p<0,01). (Figura 3)
Figura 3: Punteggi medi ottenuti alle quattro sottoscale della S.V.I.A. in funzione
del Gruppo di appartenenza.
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**=p<.01
***=p<.001
3. Verificare se vi è una relazione tra i modelli di attaccamento sicuro versus
insicuro (misurato con l’AAI) e i pattern interattivi alimentari (misurati con la S.V.I.A.).
Per testare la terza ipotesi della ricerca è stata condotta un’Analisi della Varianza
Univariata (ANOVA) sulle quattro sottoscale della S.V.I.A vs i Modelli di attaccamento
della madre (Sicuro - Insicuro).
Per poter effettuare l’analisi statistica è stato necessario effettuare un bilanciamento
dei modelli di attaccamento, pertanto ogni singolo gruppo (clinico e di controllo) è
costituito per il 50% da madri con attaccamento sicuro e il restante 50% con
attaccamento insicuro.
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L’analisi univariata ha evidenziato un effetto significativo dei modelli di
attaccamento (sicuro versus insicuro) sulle sottoscale: Stato affettivo della madre
(F(1;38)=4,401; p<0,05) e Comportamento di rifiuto alimentare del bambino (F(1;38)=3,235;
p<0,05). (Figura 4)
Figura 4: Punteggi medi ottenuti alle quattro sottoscale della S.V.I.A. in funzione
dei Modelli di attaccamento della madre.
*=p<.05
4. verificare se vi è un’interazione tra attaccamento e depressione sui pattern
interattivi alimentari.
Per verificare l’eventuale presenza di un’interazione tra i modelli di attaccamento e
il gruppo di appartenenza sui pattern interattivi alimentari è stata condotta un’Analisi
della Varianza Multivariata (MANOVA).
I risultati hanno rilevato un effetto non significativo dell’interazione (=0,936;
Rao(4;33)=10,564; NS).
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Discussione
I risultati emersi hanno messo in luce interessanti evidenze empiriche che
confermano i principali obiettivi della ricerca, offrendo diversi elementi di
approfondimento e di riflessione.
I risultati dell’obiettivo, analizzare la valutazione materna dei problemi emotivocomportamentali del figlio, forniscono dati interessanti relativamente ad una percezione
maggiormente elevata del figlio da parte delle madri, che presentano un disturbo
depressivo maggiore; in particolare, nelle sottoscale Ansia/Depressione e Problemi
somatici. È stato infatti evidenziato come le madri “depresse” descrivono i loro figli
come “difficili” sul piano relazionale attribuendogli stati d’animo di rabbia, ostinazione,
tristezza e problemi somatici della sfera cardiovascolare e/o della sfera gastrointestinale.
Questi risultati trovano conferma in ulteriori ricerche che sottolineano come il
costrutto del “temperamento difficile” abbia un valore predittivo sulla psicopatologia
infantile, se studiato all’interno di un modello interattivo che tenta di interpretare i
processi dinamici che promuovono, od ostacolano, uno sviluppo infantile ottimale
(Anders, 1994; Attili, Vermigli, 2002; Lindberg et al., 1994; Lengua, 2002; Sameroff,
Fiese, 1990; Vaughn et al., 1989; Zeanah et al., 1986).
In questi processi dinamici, tanto le differenze individuali nelle capacità di
autoregolazione, quanto le differenti relazioni di caregiving, possono influenzare gli stili
emotivo-comportamentali del bambino, incidendo sulle sue capacità di modulare l’input
sensoriale, di mantenere uno stato affettivo calmo e positivo, e di sviluppare la capacità
di regolare affetti e comportamenti. Questo dato appare di particolare interesse perché
consente di ribadire il ruolo del bambino come pattern attivo e competente, capace di
influenzare la relazione con la madre, venendone inevitabilmente influenzato, in un
complesso sistema interattivo caratterizzato da reciprocità e mutua regolazione.
È emerso che la comprensione del bambino e dei suoi disturbi è inseparabile dal
contesto delle relazioni significative. All’interno di questa prospettiva, qualsiasi
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disfunzione relazionale è considerata come un fattore che può limitare o distorcere le
esperienze cognitive, emotivo-affettive e sociali del bambino, mettendo a rischio le sue
potenzialità adattive nei contesti della quotidianità (Anders, 1989; Emde, 1989;
Sameroff, Emde, 1989).
L’analisi della seconda ipotesi ha permesso di rilevare l’influenza della depressione
materna sui pattern interattivi alimentari, mediante le sottoscale della S.V.I.A.,
mostrando punteggi medi più elevati nelle dimensioni relazionali valutate nel contesto
dell’alimentazione.
La sottoscala Stato affettivo della madre rileva sia le difficoltà nell’espressione di
stati d’animo positivi come gioia e piacere, sia la frequenza e la qualità di affetti
negativi, come tristezza e distacco. Un caregiver che ottiene punteggi alti in questa scala
non riesce ad interpretare correttamente i segnali del figlio e a sintonizzarsi con essi,
come avviene in una madre depressa (Stein, et al., 1994; Weinberg e Tronick, 1997).
La sottoscala Conflitto interattivo permette di valutare la presenza di scambi
conflittuali, in cui la madre forza l’alimentazione del bambino e non regola l’alternanza
dei turni, lasciandosi guidare soltanto dai propri sentimenti; il figlio, a sua volta, rifiuta
il cibo in risposta al controllo e all’intrusività materna. Questa modalità relazionale è
stata osservata da vari autori nel quadro clinico dell’anoressia infantile (Benoit, 1993;
Chatoor, 1989; Kreisler, 1985).
La sottoscala Comportamenti di rifiuto alimentare del bambino indaga i pattern
alimentari del bambino nelle loro caratteristiche regolative o disregolative, con
particolare riferimento a dimensioni temperamentali, quali emozionalità e livello di
attivazione, irritabilità e negativismo; esamina inoltre i comportamenti materni
inappropriati e non contingenti durante gli scambi con il figlio (Chatoor, 2001;
Maldonado-Durán, et al., 2002).
La sottoscala Stato affettivo della diade, infine, analizza se, e in quale misura, i
modelli alimentari del bambino siano il risultato o meno di una regolazione diadica
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adeguata, volta principalmente a facilitare l’emergere di iniziative autonome da parte
del bambino (Chatoor, 1996; Gianino, Tronick, 1988).
Riassumendo, rispetto al gruppo di madri “non depresse”, queste coppie madri –
bambini in cui vi è la presenza di madri con un disturbo depressivo maggiore mostrano
una mancanza di comunicazione sintonica e collaborativa e un coinvolgimento negativo,
caratterizzato da tristezza, distacco emotivo, rabbia, distress; si evidenziano ripetuti
fallimenti interattivi nello scambio alimentare, in cui il bambino presenta comportamenti
oppositivi di rifiuto del cibo, denotati da negativismo e disimpegno (Chatoor, et. al.,
1996; Lucarelli, et. al., 2003; Stein, et. al., 1999).
Si può, quindi, affermare che queste coppie di madri “depresse” e dei loro bambini
hanno difficoltà ad esprimere nella relazione affetti positivi, a riconoscere e interpretare i
segnali reciproci e sintonizzarsi con essi; gli scambi della diade, nel contesto alimentare,
possono divenire intensamente conflittuali e a-sincroni.
Le strategie difensive controllanti di queste madri sarebbero all’origine della
difficoltà di modulare e negoziare le interazioni conflittuali con i loro bambini nel
momento del pasto (Chatoor, et al., 2000; Stein, et al., 1999).
Infine, le analisi hanno evidenziato una relazione significativa tra le madri che
presentano un disturbo depressivo maggiore e la presenza di interazioni disfunzionali,
caratterizzate da bassa reciprocità diadica, da scarsa collaborazione empatica durante gli
scambi alimentari e da comportamenti di rifiuto alimentare e disimpegno del bambino.
Rispetto al gruppo di madri “non depresse”, sono quindi emerse modalità
relazionali maggiormente disfunzionali e problematiche nelle diadi dove la madre
presentava un disturbo depressivo maggiore, in cui il controllo materno, il conflitto
interattivo, i ripetuti fallimenti comunicativi e il coinvolgimento negativo della coppia
interferiscono con i pattern alimentari di sviluppo dei bambini, ostacolando la
stabilizzazione dei ritmi biologici di fame/sazietà e i processi di autonomia e di
individuazione.
I risultati della ricerca hanno messo in luce le interconnessioni e le reciproche
influenze tra le esperienze affettive e relazionali della coppia madre-bambino e i processi
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di sviluppo delle abilità alimentari durante i primi tre anni di vita nel contesto interattivo
dell’alimentazione.
Nelle diadi di madri “depresse” le caratteristiche disfunzionali della relazione di
caregiving, maggiore controllo, intrusività, difficoltà nel riconoscimento empatico dei
segnali comunicativi e affetti negativi, sembrano mediare la trasmissione del rischio
psicopatologico dalla madre al bambino e costituire un terreno predisponente per
l’esordio e per la persistenza di un disturbo alimentare nella prima infanzia.
La presente ricerca ha altresì voluto indagare il ruolo che le esperienze infantili
della madre e il suo attuale stato della mente rispetto ai modelli dell’attaccamento
possono avere nel determinare il suo coinvolgimento nella relazione con il bambino.
La valutazione dello stato mentale nei confronti dell’attaccamento delle madri
“depresse” valutate con l’Adult attachment Interview ha rilevato un’alta percentuale di
modelli di attaccamento distanzianti.
I risultati dei dati confermano l’ipotesi secondo la quale le capacità genitoriali
possono essere influenzate dai modelli di attaccamento, in particolare sono stati
evidenziati punteggi medi alti nelle sottoscale Stato affettivo della madre e
Comportamento di rifiuto alimentare del bambino da parte di madri con attaccamenti
insicuro.
I progressi della psicologia e della psicopatologia dello sviluppo, dunque, hanno
messo in luce il ruolo degli affetti e dei comportamenti di caregiving nell’organizzazione
della personalità del bambino e nella possibile trasmissione del rischio psicopatologico
dal genitore al figlio (Ainsworth et al., 1989; Main, 1999). In questa prospettiva, la teoria
dell’attaccamento ha fornito linee guida fondamentali per la ricerca e per la clinica. Il
legame di attaccamento madre-figlio è stato considerato un’esperienza fondamentale,
soprattutto perché il bambino, partecipando a scambi relazionali ripetuti, si costruisce
delle rappresentazioni mentali di se stesso e degli altri.
In breve, si è rilevato che una relazione di attaccamento sicuro funziona come un
fattore protettivo dello sviluppo psicologico infantile (effetto di buffering), mentre un
attaccamento
insicuro
rappresenta
un
fattore
di
rischio
e
di
vulnerabilità
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nell’organizzazione della personalità (Belsky, et al., 2002). Inoltre, diversamente
dall’attaccamento sicuro, un sistema di caregiving non ottimale puo amplificare i fattori
di rischio psicopatologico che hanno origine da una varietà di fonti nel bambino (ad es.,
temperamento difficile) e nell’ambiente (ad es., psicopatologia del genitore, povertà,
stressors psicosociali, conflittualità e instabilità nella relazione coniugale) (Sroufe,
2000).
Analizzando i dati si può considerare che le risposte evitanti del bambino possono
pertanto rappresentare strategie difensive e adattive nel mantenere un modello di
relazione con un caregiver che presenta scarsa regolazione emozionale e difficoltà nel
tollerare stati emotivi conflittuali e di disagio nella relazione con il bambino. Inoltre,
sembra come se il bambino avesse bisogno di controllare con il suo comportamento
alimentare la relazione con un caregiver scarsamente responsivo, confuso, emotivamente
poco sensibile e incoerente nelle risposte. Il bisogno di controllo sulla relazione ha la
conseguenza di limitare lo sviluppo di adeguati pattern di esplorazione, iniziativa e
autonomia del bambino.
Sebbene i modelli operativi interni sviluppati nel corso delle prime esperienze
relazionali con le figure d'attaccamento mostrino una sostanziale continuità, il modello
epigenetico formulato da J. Bowlby, postula la possibilità che, in ogni fase del ciclo
vitale, questi ultimi siano soggetti a cambiamenti evolutivi legati alle modificazioni del
sistema di attaccamento.
In questa prospettiva, J. Bowlby ha ipotizzato che tali cambiamenti possano
avvenire in periodi successivi all’infanzia, grazie all’influenza esercitata dalle nuove
relazioni d’attaccamento.
La possibilità che le figure di attaccamento continuino a fornire "una base sicura",
dalla quale partire per esplorare l'ambiente, nonché la consapevolezza che tali figure
saranno comunque disponibili a fornire aiuto e supporto nei momenti di bisogno,
rimangono anche degli elementi importanti del sistema di attaccamento (Bowlby, 1988).
L'analisi della letteratura sull'argomento suggerisce che, nella costruzione dei
modelli operativi interni, un genitore (la figura d'attaccamento primaria), tende ad avere
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una maggiore influenza dell'altro (Main, et al., 1985; van Ijzendoorn, 1995). Dal
momento che la madre tende ad essere la figura d'attaccamento privilegiata, soprattutto
nella cultura occidentale, ci si potrebbe attendere che la qualità della relazione con lei
risulti maggiormente correlata allo sviluppo dell'intimità e della vicinanza nelle relazioni
sociali.
Uno dei concetti cardine della teoria dell’attaccamento è quello che le esperienze
precoci sfavorevoli giochino un ruolo fondamentale nello sviluppo di disturbi
psicopatologi (Bowlby, 1969; 1973).
Questo lavoro di ricerca si conclude con l’obiettivo teso a verificare se vi è la
presenza di un’interazione tra attaccamento materno (sicuro versus insicuro) e
l’appartenenza al gruppo (madri “depresse” versus madri “non depresse”) sui pattern
interattivi alimentari.
La non significatività statistica che è emersa da tale risultato non ci permette di
affermare che i pattern interattivi alimentari sono influenzati dalla combinazione dei due
fattori, ossia che le madri “depresse” con attaccamento insicuro hanno minori capacità
genitoriali delle madri “depresse” con attaccamento sicuro. Questa affermazione vale
anche per le madri “non depresse” con attaccamento sicuro e insicuro.
In particolare, si è verificato spesso che nell’interazione con il bambino le madri
con attaccamento insicuro si sono mostrate assenti, assorte in pensieri estranei al contesto
interattivo, incapaci di tollerare e gestire i tentativi di autonomia del figlio che, nella
misura in cui contribuivano a “innescare ed esasperare” modelli operativi interni della
madre caratterizzati da incoerenza e da distacco, hanno determinato comportamenti
aggressivi, ostili ed oppositivi nel bambino.
Per approfondire l’influenza esercitata dallo stato mentale della madre rispetto
all’attaccamento sulla sua relazione con il bambino sono state considerate più nel
dettaglio le rappresentazioni mentali delle madri con disturbo depressivo maggiore ed è
stato evidenziato che, al di la di peculiarità proprie delle singole storie di vita, esistono
alcuni temi comuni con le madri “non depresse” che sembrano rappresentare un filo
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conduttore tra le esperienze relazionali precocemente vissute da queste donne e che,
quasi sorprendentemente, legano queste donne ad altre coinvolte in ricerche analoghe a
questa. Le parole delle donne intervistate dipingono un’infanzia sterile di gioia, di cura,
di protezione e di conforto. Il tema sottostante che emerge maggiormente nelle madri
“depresse” è quello della perdita. Sebbene la maggior parte di loro sia cresciuta con la
propria madre naturale, questa viene descritta come incapace di assolvere adeguatamente
al suo ruolo genitoriale. L’infanzia di molte di loro è caratterizzata dalla perdita, oltre che
di parenti anziani per cause naturali, anche di persone care (fratelli, amici, cugini), spesso
coetanee o comunque giovani, morti improvvisamente e/o violentemente (incidenti). Le
donne spesso hanno caratterizzato queste morti con un continuato senso di incredulità
non solo per la morte in se, ma anche per le circostanze in cui questa è avvenuta. I primi
anni di vita di queste donne sono stati caratterizzati da imprevedibilità e incoerenza, da
movimenti multipli attraverso luoghi e persone. Le loro interviste esprimono il dolore per
la perdita di stabilità nell'infanzia, che continua anche nelle loro vite da adulti.
Un altro tema ricorrente è rappresentato dal senso di rivalità con i fratelli, che
anima un profondo senso di rifiuto: la percezione è quella di essere amata meno degli
altri fratelli, preferiti e privilegiati dai genitori. Coerentemente con questo aspetto, è
frequente l’idea di trovare presso altri “quello” che non si è avuto dai genitori. Il vuoto
emozionale e fisico determinato dall’'avere madri essenzialmente assenti dalle loro vite
ha facilitato l'adozione informale di "madri sostitutive" capaci di soddisfare alcuni dei
loro bisogni affettivi e relazionali. Le donne del campione hanno descritto queste persone
in termini positivi, definendole comprensive, affettuose, pazienti, disponibili. Si tratta
spesso di nonni, zii, vicini di casa. Sebbene i contatti con queste persone potessero essere
infrequenti, il legame emotivo a stato caratterizzato come forte e valutato come
importante. Molte di queste donne hanno imparato presto ad essere delle “mamme
sostitutive” rispetto a fratellini più piccoli. Soprattutto quelle le cui madri erano affette da
disturbi mentali o problemi di alcool hanno esteso questo ruolo di cura anche alle loro
madri.
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A fronte di queste esperienze, colpisce la totale incapacità da parte delle madri
intervistate di considerare questi eventi come aspetti potenzialmente traumatici e in grado
di influenzare il loro sviluppo, la loro personalità e il loro modo di vivere e in seguito la
capacità genitoriale. Molte delle donne hanno riferito che queste prime esperienze di
attaccamento hanno loro consentito di diventare “più forti”, di “imparare a cavarsela,
contando sulle proprie capacità”. Le loro interviste esprimono l’assenza della capacità di
riflettere sugli stati mentali propri o delle figure di attaccamento per dare un senso
all'esperienza vissuta. In molti casi questo prende la forma di un'estrema concretezza e
attenzione alle sole cose materiali. In generale, comunque, l’assenza di funzione
riflessiva, cioè la fondamentale capacità di comprendere e interpretare il comportamento
degli altri sulla base di stati mentali sottostanti, sembra tradursi da una parte nella
difficoltà a dare senso all’esperienza passata riferendosi a stati mentali e affettivi propri e
altrui, dall'altra a comprendere le ragioni che determinano la loro condizione attuale e la
qualità del loro maternage. L’assenza di elaborazione del proprio passato sembra portare
queste donne ad attualizzare, inconsapevolmente, modalità di caregiving segnate da
insensibilità e assenza di attenzione e di comprensione per i bisogni psicologici e fisici
del loro bambino.
Conclusioni
In conclusione, sulla base dei risultati emersi, per comprendere e studiare i disturbi
alimentari infantili, sembra opportuno prendere in esame il complesso intreccio tra
caratteristiche del bambino, della madre, della loro relazione e i compiti evolutivi che
entrambi devono affrontare in considerazione dei processi di separazione-individuazione
e della crescente autonomia del bambino. Gradualmente, il bilanciamento fra
l’attaccamento sicuro materno e l’autonomia emergente del bambino dovrebbe essere
rispecchiato dal compito del caregiver di bilanciare in modo flessibile i comportamenti
protettivi con i comportamenti di “lasciar fare” al bambino, facilitando in lui le iniziative
di autonomia, l’esperienza del Sé come agente, la spinta ad autoregolarsi e a
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padroneggiare le situazioni (mastery) (Ammaniti, 2001; Lieberman, Slade, 2001;
Speranza, 2001). Al contrario i modelli di attaccamento insicuro nelle coppie di madri e
di bambini sembrano influenzare in modo importante i pattern comunicativi
dell’interazione e risultano essere all'origine non solo di una disturbata regolazione
alimentare del bambino, ma anche dell'emergere in quest’ultimo di oppositività,
negativismo e disimpegno che possono ostacolare lo sviluppo di adeguati pattern di
esplorazione, autonomia e individuazione e di capacità nelle relazioni interpersonali.
I risultati emersi enfatizzano, quindi, l’utilità clinica dello studio rispetto
all’identificazione precoce dei bambini a rischio per l’instaurazione di un disturbo
alimentare e una sindrome di non organic failure to thrive e confermano l’importanza,
nell’assessment clinico-diagnostico dei disturbi alimentari infantili, di monitorare la
qualità dei pattern relazionali della diade madre-bambino, al fine di analizzare le
connessioni possibili tra le varie psicopatologie materne e i disturbi alimentari infantili
nella formulazione di strategie di prevenzione e di intervento mirate ed efficaci.
Questo contributo riporta dati ancora in discussione e che richiedono ulteriori
verifiche empiriche su un campione più rappresentativo; pertanto ha messo in luce
l’importanza di approfondire la valutazione sul funzionamento e sui modelli di sviluppo
del sistema di caregiving per la formulazione di strategie di intervento in modo adeguato
rispetto a delle problematiche complesse e multifattoriali, atte a prevenire eventuali
disfunzioni dello sviluppo psicologico del bambino.
Inoltre, l’analisi della letteratura sull’argomento dell’attaccamento suggerisce che,
un genitore, ossia la figura d’attaccamento primaria, tende ad avere una maggiore
influenza dell’altro genitore nella costruzione dei modelli operativi interni del bambino
(Main et al., 1985; van Ijzendoorn, 1995). Dal momento che la madre tende ad essere la
figura d’attaccamento privilegiata, soprattutto nella cultura occidentale, ci si potrebbe
attendere che la qualità della relazione con lei risulti maggiormente correlata allo
sviluppo dell’intimità e della vicinanza nelle relazioni sociali.
Nondimeno, sebbene diversi studi abbiano messo in luce che l’attaccamento alla
madre risulti essere un fattore maggiormente predittivo dell’attaccamento del bambino e
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del suo sviluppo altre ricerche hanno sottolineato l’importanza del ruolo giocato dalla
figura paterna (Kerns e Barth, 1995; Youngblade et al.,1993).
Inoltre, l’attaccamento al padre e alla madre valutato complessivamente, risulta
essere più predittivo della competenza sociale nei bambini, di quanto non lo sia
l’attaccamento alla madre valutato isolatamente (Suess et al., 1992). Il ruolo svolto dalla
figura paterna, pertanto, potrebbe essere più importante di quanto finora ritenuto, potendo
contribuire a determinare, insieme alla qualità dell’attaccamento alla madre, il modo in
cui il bambino percepisce se stesso all’interno delle nuove relazioni significative. È in
quest’ottica che potrebbero essere dirette delle ricerche future.
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