Le leggi della dinamica 1. Il principio d`inerzia

Capitolo
4
Le leggi della dinamica
1. Il principio d’inerzia: il moto come stato
Si usa il termine dinamica per quella branca della meccanica che mette in relazione la descrizione del moto, studiato dalla cinematica, con le cause che ad esso
danno origine e che ne modificano le caratteristiche.
 cinematica  descrizione del moto
Meccanica 
 dinamica  cause che originano e modificano il moto
Vediamo ora come il nostro modo di intendere le cause che danno origine al moto
abbia subito un’ importante evoluzione nel corso dei secoli.
In cosa la nostra idea del movimento differisce da quella degli antichi Greci?
I pensatori Greci vedevano il movimento solo come un processo, cioè qualcosa
in grado di produrre un cambiamento nella posizione degli oggetti. Aristotele
sottintendeva una specie di gerarchia, in cui per prima veniva la quiete, vista
come condizione naturale dei corpi, e poi ci sarebbe stato il movimento, inteso
come un semplice fatto transitorio che separava due successivi stati di quiete.
Gli studi di Galileo hanno mutato radicalmente questa prospettiva, in particolare riguardo al moto rettilineo uniforme. Oggi sappiamo che quiete e moto rettilineo con velocità costante sono condizioni del tutto analoghe per un corpo, che una
volta acquisite si mantengono indelebilmente, e se si vuole mutarle occorre intervenire dall’esterno.
133
?
EST
OVEST
400 m/s
Il moto rettilineo a velocità costante è uno stato e non un processo, e proprio come la quiete non ha bisogno di una causa per mantenersi.
 La Controfisica
Che il moto rettilineo uniforme non
necessiti di sostentamento è oggi sperimentato dalle sonde spaziali che si
siano svincolate dall’attrazione della
Terra,. Queste viaggiano liberamente
nello spazio senza usare carburante, ed
usano i sistemi propulsivi solo per
mutare direzione. Alternativamente,
per modificare la traiettoria, si serve
del cosiddetto effetto fionda, sfruttando l’attrazione gravitazionale dei pianeti che incontra.
La
discesa causa
un aumento nella velocità
La
salita causa
diminuzione nella velocità
Cosa succede alla velocità
quando ogni causa esterna di cambiamento viene rimossa?
Il non aver compreso che al moto rettilineo uniforme non serve un’azione continua che lo sostenga, portò i Greci ad errate conclusioni riguardo alla rotazione
della Terra. Essi avanzavano delle obiezioni di tipo fisico, pensando che se la
Terra davvero avesse ruotato su se stessa, una pietra lasciata andare dalla cima
di una torre sarebbe rimasta indietro a partire dall’istante stesso in cui veniva
meno il contatto con la mano. La mano infatti, a loro modo di vedere, provvedeva a trascinare la pietra insieme alla Terra che ruotava, cioè forniva l’azione
che ne causava il moto, (che si può approssimativamente considerare rettilineo
uniforme, dato il grande raggio della pianeta). La velocità in orizzontale della
pietra che cadeva sarebbe cominciata a diminuire, trovandosi così in ritardo rispetto alla torre solidale con la Terra. La sorprendente rapidità con cui ruota il
nostro pianeta (circa 463 m/s in corrispondenza dell’equatore1), faceva supporre che nei pochi secondi necessari alla caduta il punto di impatto si sarebbe spostato di centinaia di metri ad ovest rispetto ai piedi della torre.
In che modo Galileo confutò questo ragionamento errato?
Nella sua opera scientifica Dialogo sopra ai due massimi sistemi del mondo (1632),
Galileo sviluppa alcuni ragionamenti che lo portano a concludere come, in tutti
i casi in cui non ci siano impedimenti esterni al moto, la velocità di un corpo si
conservi indelebilmente. Egli esamina una palla che dapprima rotola lungo una
discesa e successivamente viene lanciata per una salita, osservando come la
causa dell’accelerazione verso il basso sia la pendenza, e che è ancora la pendenza a produrre il rallentamento nel moto di risalita. Quindi immagina la stessa palla avanzare su di un piano orizzontale levigato, dove sia stata eliminata
qualsiasi causa di accelerazione o decelerazione, e deduce che la sola conclusione coerente in simili condizioni sia che la velocità resti costante ed uguale al
suo valore iniziale. Seguiamo il dialogo2 fra l’interlocutore aristotelico, Simplicio,
ed il personaggio che espone le tesi di Galileo stesso, che si chiama Salviati:
SALVIATI. Ditemi: quando voi aveste una superficie piana, pulitissima come uno
specchio e di materia dura come l'acciaio, e che fusse alquanto inclinata, e che
sopra di essa voi poneste una palla perfettamente sferica e di materia grave e durissima, come, verbigrazia, di bronzo, lasciata in sua libertà che credete voi che
ella facesse?
SIMPLICIO. Se quella superficie fusse inclinata? Son sicuro ch'ella si moverebbe
verso il declive spontaneamente.
SALVIATI. Così sta. E quanto durerebbe a muoversi quella palla, e con che velocità? E avvertite che io ho nominata una palla perfettissimamente rotonda ed un
piano esquisitamente pulito, per rimuover tutti gli impedimenti esterni ed accidentarii: e così voglio che voi astragghiate dall'impedimento dell'aria, mediante la sua
Il raggio della Terra è circa 6400 km (valore noto ai greci con un errore del 20% grazie alla misura
di Eratostene) ed il tempo di un giorno che le occorre per completare una rotazione pari ad 86400 s.
3
da cui si ha: (2  6400  10 /86400)  463 m/s .
2 Il testo è tratto dal Dialogo sopra ai due massimi sistemi del mondo ma è stato in qualche passaggio adattato in lingua corrente per una maggiore scorrevolezza.
1
134
resistenza all'essere aperta, e tutti gli altri ostacoli accidentarii, se altri ve ne potessero essere.
SIMPLICIO. Ho compreso il tutto benissimo: e quanto alla vostra domanda, rispondo che ella continuerebbe a muoversi in infinito, se tanto durasse la inclinazione del piano, e con movimento accelerato continuamente; ché tale è la natura
de i mobili gravi, e quanto maggior fusse la declività, maggior sarebbe la velocità.
SALVIATI. E se volessimo che quella palla si movesse all'insù sopra quella medesima superficie, credete voi che ella vi andasse?
SIMPLICIO. Spontaneamente no, ma lo farebbe se ben strascinatavi o con violenza gettatavi.
SALVIATI. E quando da qualche impeto violentemente impressole ella fusse spinta, quale e quanto sarebbe il suo moto?
SIMPLICIO. Il moto andrebbe sempre languendo e ritardandosi, per esser contro a
natura, e sarebbe più lungo o più breve secondo il maggiore o minore impulso e
secondo la maggiore o minore acclività.
SALVIATI. Ora ditemi quel che accaderebbe del medesimo mobile sopra una superficie che non fusse né acclive né declive.
SIMPLICIO. Qui bisogna ch'io pensi un poco alla risposta. Non vi essendo declività, non vi può essere inclinazione naturale al moto, e non vi essendo acclività, non
vi può esser resistenza all'esser mosso, talché verrebbe ad essere indifferente tra
la propensione e la resistenza al moto: parmi dunque che dovrebbe restarvi naturalmente fermo.
SALVIATI. E se gli fusse dato impeto verso qualche parte, che seguirebbe?
SIMPLICIO. Seguirebbe il muoversi verso quella parte.
SALVIATI. Ma di che sorte di movimento? di continuamente accelerato, come ne'
piani declivi, o di successivamente ritardato, come negli acclivi?
SIMPLICIO. Io non ci so scorgere causa di accelerazione né di ritardamento, non vi
essendo né declività né acclività.
SALVIATI. Sì. Ma se non vi fusse causa di ritardamento, molto meno vi dovrebbe
esser di quiete: quanto dunque vorreste voi che il mobile durasse a muoversi?
SIMPLICIO. Tanto quanto durasse la lunghezza di quella superficie né erta né
china.
SALVIATI. Adunque se tale spazio fusse interminato, il moto in esso sarebbe parimente senza termine, cioè perpetuo?
SIMPLICIO. Parmi di sì, quando il mobile fusse di materia da durare.
Cosa c’era di sbagliato nella risposta di Aristotele al problema della torre?
Aristotele non aveva sbagliato la risposta, aveva sbagliato la domanda! Egli si
chiedeva: “che cos’è che mantiene un oggetto in moto rettilineo con velocità costante?”. Ma la condizione di moto rettilineo con velocità costante è del tutto
naturale, proprio come lo è la quiete. Non occorre intervenire dall’esterno perché essa si mantenga. Piuttosto bisognerà chiedersi: “Che cosa modifica lo stato
naturale di moto rettilineo uniforme di un oggetto? Quali sono gli agenti che
cambiano la direzione o l’intensità della velocità?”. Ora, sappiamo già che il fatto che la pietra stia cadendo in verticale non altera la sua velocità in orizzontale.
I due moti si compongono senza influenzarsi, e la pietra continua a viaggiare a
463 metri al secondo, spostandosi a fianco a fianco alla torre. In quanto osservatori solidali al pianeta noi non percepiamo il moto di rotazione comune, ma se
guardassimo da sopra al polo nord, vedremmo la pietra descrivere un arco di
parabola verso est fino a toccare terra ai piedi della torre.
Cosa dice il principio d’inerzia?
Molti storici della scienza non accreditano a Galileo la formulazione completa
della prima legge della dinamica, detta anche principio d’inerzia. Il motivo è che
il grande scienziato pisano parlò sempre di corpi appoggiati su di un piano,
come se pensasse che la traiettoria rettilinea dovesse essere guidata dalla pre-
135
EST
OVEST
 La Controfisica
Tuttavia Galileo non provò che il nostro pianeta ha un moto di rotazione,
ma solo che la rotazione terrestre
veniva scartata sulla base di ragionamenti fasulli. La prima prova reale a
favore del moto di rotazione attenderà fino al 1791 l’ingegnoso e raffinato
esperimento dell’abate Guglielmi,
basato proprio sulla caduta di una
pietra da una torre. Il religioso pensò
che la pietra lassù in cima doveva
essere più veloce della base della torre.
Infatti, nello stesso tempo che occorreva alla base per descrivere la circonferenza della Terra, la pietra percorreva un’altra circonferenza il cui raggio
era maggiore di quello terrestre di tutta
l’altezza della torre. Quando il corpo
giungeva al suolo si trovava così circondato da oggetti più lenti, ed a causa
di ciò si sarebbe dovuta osservare una
leggera deviazione verso est rispetto
alla verticale: lo scostamento era però
minimo, solo diciassette millimetri.
senza di un vincolo esterno3. Fu invece Cartesio (1596-1650) a svincolarsi completamente dal peso degli oggetti ed immaginare un punto materiale che non si
appoggiava da nessuna parte ma era in movimento in uno spazio indefinito,
simile a quello della geometria di Euclide. Per formulare il principio di inerzia
abbiamo innanzitutto bisogno di un riferimento rispetto al quale misurare la velocità. Come già sappiamo, uno stesso fenomeno può venir descritto in maniera
differente a seconda del sistema di riferimento che si sceglie: ad esempio se si
lascia cadere una monetina sul pavimento di uno scompartimento di un treno
in corsa, la traiettoria è una retta se vista dal treno ma è una parabola vista da
terra. I riferimenti in cui la fisica è più semplice da descrivere sono quelli cosiddetti inerziali, in cui un punto materiale inizialmente in quiete rimane in quiete
finché non si agisce su di esso:
Un sistema di riferimento si dice inerziale se in esso un punto materiale posto
in quiete rimane in quiete finché non si agisce a modificarne lo stato.
 La Controfisica
Questa formulazione completa del
principio d’inerzia si deve ad Isaac
Newton (1642-1727) che rielabora il
pensiero di Galileo e Cartesio giungendo ad una sintesi a nella sua fondamentale opera scientifica Philosòphiae
naturalis principia mathematica (1687),
dove enuncia anche le altre due leggi
della dinamica che vedremo nei prossimi paragrafi. Per il profondo impatto
che hanno avuto nel corso della scienza i Principia di Newton sono probabilmente l’opera più importante mai
scritta da un singolo essere umano.
 La Controfisica
“La legge d’inerzia non può venir desunta direttamente da un esperimento
reale, ma soltanto dalla riflessione
speculativa, coerente con i fatti osservati. Sebbene l’esperimento ideale
non possa mai venir attuato, esso
conduce ad una più profonda comprensione degli esperimenti reali.”
Albert Einstein- L’evoluzione della Fisica
E’ inerziale ad esempio un riferimento con l’origine nel Sole e gli assi orientati
in direzione delle cosiddette stelle fisse. Una sonda spaziale in questo riferimento, se libera da azioni esterne resterebbe per sempre in quiete nella sua posizione. Non è inerziale invece un’automobile che sta frenando in quanto gli oggetti
al suo interno sono scagliati in avanti ma nessuna azione è stata esercitata su di
essi a modificarne la quiete. Il principio d’inerzia dice quindi che in un riferimento inerziale, dove in assenza di interazioni una particella inizialmente ferma rimane ferma, se la particella è inizialmente in moto procede per sempre
lungo una retta:
Principio d’inerzia (o prima legge della dinamica).
In un riferimento inerziale un punto materiale mantiene indefinitamente lo stato
di quiete o di moto rettilineo uniforme finché non interviene un agente esterno
su di esso.
Il principio d’inerzia è stato provato attraverso degli esperimenti?
A differenza delle altre leggi della fisica, il principio d’inerzia non nasce
dall’esperienza, ma è frutto di alcune riflessioni che, partendo dai fatti osservati
ci hanno condotto ad una regola universale. Infatti non sarebbe possibile procedere ad una sua verifica perché dovremmo realizzare una condizione ideale
impossibile, quella in cui abbiamo eliminato tutte le influenze esterne sul moto
di un oggetto. Immaginiamo che il nostro esperimento consista nel lanciare un
carrello lungo un binario: per rimuovere gli impedimenti non basterebbe aver
bene oliato le ruote e levigato le rotaie, dovremmo anche aver eliminato l’aria
che fa da contrasto mentre il carrello si sposta. E quand’anche fossimo sicuri che
ogni azione contraria al movimento fosse stata rimossa, il nostro piano
d’appoggio starebbe ancora guidando il carrello a muoversi in linea retta: in altre parole, ciò che vorremmo dimostrare sarebbe già assunto nelle premesse.
Per far bene l’esperimento, dovremmo seguire - per un tempo infinito - un
3
In altri termini quello voleva dimostrare era in parte già assunto nelle premesse.
136
punto materiale che si muove uno spazio vuoto, e per di più assumendo che
nemmeno la presenza dell’osservatore abbia influenza alcuna sul moto stesso.
Come si vede si tratta di qualcosa che dobbiamo limitarci solo ad immaginare.
Il principio d’inerzia è un’idea ben chiara nella nostra mente che non possiamo
verificare, ma di cui non possiamo fare a meno. Addirittura potrebbe non esistere nemmeno un corpo in tutto l’Universo che si muova di moto rettilineo
uniforme, eppure, se rinunciassimo a quest’idea, la fisica crollerebbe.
Che relazione esiste fra due riferimenti inerziali?
Come sappiamo, il principio di relatività dice che uno stesso esperimento deve
dare uguali risultati in tutti i riferimenti in moto relativo che sia traslatorio rettilineo uniforme. Se dunque abbiamo un riferimento inerziale, allora in un altro
riferimento in moto traslatorio rettilineo uniforme rispetto ad esso, osservando
un punto libero in quiete, si deve registrare che resta per sempre in quiete.
Quindi pure quest’altro riferimento è inerziale.
In che modo Cartesio intuì il principio d’inerzia?
Cartesio riteneva che tutta la conoscenza che l’uomo può trarre della natura
non deve partire dall’esterno, ma dalle nozioni chiare, evidenti e distinte presenti nel suo intelletto. E queste verità evidenti sono le figure ed principi della
geometria, l’estensione delle cose ed i moti, mentre le nozioni che i sensi ci trasmettono, sono, all’inizio, confuse ed oscure. Però, una volta capite relazioni e
differenze fra le figure geometriche, non rimane che riconoscere relazioni dello
stesso tipo in tutto quello che i nostri sensi percepiscono. Proprio come un orologiaio che, guardando un orologio che non ha fatto lui, ne riconosce i principi
di funzionamento. Ed anche se le sfere, i triangoli e lo spazio della geometria
euclidea esistono solo nella nostra testa, non possiamo fare a meno di essi e
siamo costretti a pensarli reali. Cartesio riteneva che esistesse una scienza generale, innata, che spiegava tutto ciò che può essere studiato nell’ambito
dell’ordine e della misura, che chiamava la matematica universale.
2. Una definizione statica di forza
Il cambiamento che si osserva nella cinematica di un oggetto è indizio che ha
avuto luogo un qualche tipo di interazione. La prima legge della dinamica esprime
in modo qualitativo il fatto che l’interazione ha un effetto sul moto in termini di velocità, però se vogliamo poter fare delle previsioni quantitative abbiamo bisogno di
una grandezza che misuri l’interazione, e che risponda alla domanda: se
l’interazione ha un certo valore, quale sarà il valore del cambiamento che si osserva?
L’esperienza mostra che è possibile introdurre una grandezza fisica, cui si dà il nome di forza, e legarla alle variazioni dello stato di moto di un punto. Essa rappresenta
quindi l’agente del cambiamento.
Cosa si intende con il termine forza?
Prima di utilizzare questa grandezza è necessario averne una definizione operativa
che prescinda completamente dalle grandezze cinematiche come velocità ed accele-
137
 La Controfisica
L’idea di un moto che procede
all’infinito, come quello rettilineo uniforme, è senz’atro legata a quella di
spazio infinito. Nell’antichità Aristotele
vedeva il Mondo strutturata in un Cosmo gerarchicamente ordinato, in cui le
cose avevano ciascuna il suo posto, e
tendevano a ritornarvi se si trovavano
lontane da esso, come il fumo quando
sale in cielo e la pietra quando cade a
terra, Cartesio fece “esplodere” la palla cosmica, immaginando, per primo
nella storia, uno spazio interminato ed
indistinto, in cui ogni posizione si
equivale e non ci sono gerarchie di
alcun tipo.
razione. Come sappiamo, con definizione operativa s’intende una serie di istruzioni
che consentano di individuare la grandezza in oggetto, quantificarla rapportandola
ad una unità di misura e disporre di un criterio per confrontarla con un’altra della
stessa natura.
Forza: Un agente capace di modificare la struttura (il volume oppure la forma)
di un corpo quando questo sia impossibilitato a muoversi.
Chiaramente corpi di natura differente reagiranno con deformazioni di entità differente all’azione della medesima forza. Ad esempio una pressione sul piano del tavolo produce senz’altro delle deformazioni (sia sulla forma del tavolo che su quella del
dito), ma questi cambiamenti non sono rivelabili ad occhio. Operativamente necessitiamo quindi di uno strumento che abbia facilità di deformazione, il dinamometro, e che
ci consenta di quantificare e confrontare le deformazioni. Esso è costituito da una
molla ed una scala graduata, così che ad allungamenti uguali della molla corrispondano forze d’uguale entità. Scelto un allungamento corrispondente all’unità di misura, diremo che una forza sarà di valore doppio o triplo se è in grado di allungare del
tratto unitario due o tre dinamometri identici simultaneamente, quando questi sono
posti opportunamente vicini. Si può in questo modo fissare una scala graduata e ripetere l’esperimento di misura tutte le volte che occorre.
 La Controfisica
La definizione operativa di forza basata sul dinamometro si applica solo alla
scala degli oggetti. Quando scendiamo
alla scala microscopica delle particelle
od saliamo alla scala delle distanze
galattiche, essa deve essere sostituita
da altre più adeguate al contesto.

F1

F2

F1

F3

F2
E’ possibile definire realmente la forza?
La nostra definizione di forza, per quanto a prima vista accettabile, offre il fianco ad
alcune critiche. In effetti un cambiamento nelle forma o nel volume di un oggetto, se
osservato su scala microscopica, coinvolge cambiamenti di natura cinematica, come
spostamento, accelerazione e velocità delle particelle che costituiscono il corpo. Ne
segue che sebbene la nostra definizione venga proposta come definizione statica, indipendente dalla cinematica, in realtà la richiama. La verità è che potremmo anche
definire la forza come l’agente che sta all’origine del cambiamento, ma a ben guardare il
concetto di forza è un concetto primitivo, associato all’idea che nasce dalle sensazioni muscolari di trazione e di spinta e si sottrae ad una definizione rigorosa soddisfacente, poggiando piuttosto sul nostro intuito. Ed inoltre, come vedremo, sono capaci
di esercitare una forza anche oggetti inanimati, come un tavolo od una sedia quando
sostengono un corpo.
La forza è un vettore?
Se associamo a ciascuna forza un segmento orientato nel verso lungo cui avviene la
deformazione del dinamometro, e di lunghezza proporzionale alla deformazione
stessa, si osserva che due o più forze agenti su di un corpo si sommano oppure si
cancellano secondo la regola di addizione del parallelogramma. Nella prima situazione in figura si vede come due forze di pari intensità e direzione, ma versi opposti,
cancellano i reciproci effetti quando sono applicate ad uno stesso oggetto (il punto



blu in figura), quindi F1  F2  0 in linguaggio vettoriale. Nella seconda situazione


si osserva come sia possibile cancellare gli effetti di F1 ed F2 tramite l’applicazione

allo stesso corpo di una forza F3 uguale e di verso contrario alla risultante secondo il




parallelogramma, F1  F2  F3  0 . Il fatto che gli allungamenti dei dinamometri
misurati siano quelli forniti dalla legge di composizione del parallelogramma ci
138
permette di concludere che la forza è un vettore caratterizzato da una retta d’azione
(quella del dinamometro), un verso (quello in cui la molla si dilata), ed una intensità
(legata all’allungamento della molla). Le sue componenti lungo direzioni perpendicolari
saranno pertanto indipendenti e produrranno effetti indipendenti.
3. Quando c’è forza c’è accelerazione
Che succede applicando una forza ad un corpo libero di muoversi?
Fissata una qualunque scala tarando un dinamometro, vediamo ora cosa accade
quando permettiamo ad una forza di agire su oggetti liberi di muoversi. Effettueremo due tipi di esperimento: nel primo applicheremo forze differenti allo
stesso oggetto, e nel secondo la stessa forza ad oggetti differenti. Con le parole
“applicare una forza” intendiamo che l’agente esercita la sua azione
sull’oggetto per tutta la durata dell’esperimento, come fa una corda che tira costantemente un carro, e non un’azione impulsiva che termina, come sarebbe uno
spintone.
Primo esperimento
Quando una successione di forze di differente intensità (cioè che deformano in
modo diverso il dinamometro) sono applicate allo stesso oggetto, si osserva che:
(1) il moto che risulta per ognuna delle forze è sempre uniformemente accelerato;
(2) la forza e l’accelerazione sono direttamente proporzionali.

Dunque una forza F produce su di un corpo un’accelerazione di intensità co


stante a , una forza 2F produce un’accelerazione di intensità costante 2 a sullo
stesso corpo, e così via.

v  v0  a t
v0 costante

v  v0  2 a t

F
nessuna
Forza

2F
Secondo esperimento

Una stessa forza F , quando viene applicata a corpi differenti produce accelera

zioni differenti, ad esempio a1 sul corpo 1 ed a2 sul corpo 2 . Ciascun oggetto
possiede pertanto una proprietà intrinseca: la sua capacità di legare insieme forza ed
accelerazione.

a1
1

a2

F
2
139

F
Come si misura questa capacità di legare forza ed accelerazione?
Si procede scegliendo un oggetto campione: lo chiameremo l’oggetto “un kilogrammo”. Quanto grande debba essere tale oggetto non è rilevante, un quantitativo di materia vale l’altro, basta accordarsi una volta per tutte. Quello che
importa è che:
Per l’oggetto “un kilogrammo” decidiamo di utilizzare le misure di accelerazione assumendole anche come valori della forza.
Procederemo in questo modo: attacchiamo il dinamometro all’oggetto campione e tiriamolo facendolo scivolare su di un piano senza attrito, e nel frattempo
ne misuriamo l’accelerazione. Quando vediamo che la forza esercitata imprime
all’oggetto campione un’accelerazione di “1” nel sistema internazionale, cioè
1 m/s2 , tariamo il dinamometro scrivendo “1” in corrispondenza
dell’allungamento della molla. Questa unità di misura per al forza la battezziamo un Newton [simbolo N]. Di conseguenza, se l’oggetto campione si muove
con a  2.0 m/s
2
diremo che esso è trainato da una forza pari a 2 N . Ora che
abbiamo una scala per la forza applichiamo agli altri oggetti le varie forze che
abbiamo chiamato un Newton, due Newton e così via prendiamo nota delle accelerazioni che si producono. E’ così possibile misurare la proprietà su esposta: il
fatto che ogni oggetto lega l’accelerazione alla forza sempre nello stesso modo,
 
cioè che si mantiene costante il rapporto F / a . In altri termini l’intensità della
forza e l’intensità dell’accelerazione sono proporzionali e la costante di propor

zionalità che si misura fra F ed a è una misura della proprietà che ha quel
corpo di legare l’accelerazione alla forza esercitata. Questa costante, caratteristica di ciascun oggetto, viene detta massa inerziale, o più colloquialmente soltanto
massa, si indica con la lettera m

F
 m
a
La massa inerziale vale 1 per l’oggetto campione, mentre per tutti gli altri oggetti si esprime in rapporto ad esso, cioè si misura in chilogrammi [simbolo kg]. Dire
quindi che un oggetto ha una massa di due chilogrammi significa che per acce-
 La Controfisica
Non è possibile sostenere che il principio
d’inerzia si può ricavare dalla seconda
legge della dinamica in quanto ponendo
nulla la forza si ottiene accelerazione nulla
e quindi velocità costante. Il principio
d’inerzia afferma che un punto in tali
condizioni seguirà una traiettoria rettilinea
per un tempo infinito, cosa non deducibile dagli esperimenti che hanno condotto
alla formulazione della seconda legge.
lerarlo di 1 m/s2 occorre il doppio della forza che produce questa accelerazione
sull’oggetto campione, tre chilogrammi che occorre una forza tripla a così via.
Da ultimo osserviamo che la direzione ed il verso dell’accelerazione sono uguali
a quelli della forza che l’ha generata. Riassumendo tutte queste osservazioni si
ottiene la legge vettoriale che lega l’accelerazione alla forza, detta seconda legge
della dinamica:
Seconda legge della dinamica


F
  ma
140
Il simbolo di sommatoria

significa che per ottenere l’effetto complessivo
di accelerazione bisogna prima addizionare (con il metodo del parallelogramma) tutte le forze che agiscono sull’oggetto, il che si può anche scrivere, meno




sinteticamente, nella forma: F1  F2  F2  ...  ma .
Esercizi
1. Un pacco di massa m  25 kg , inizialmente fermo, viene trascinato lungo un

piano privo di attrito da una forza orizzontale di intensità F  15 N . Si dica
che distanza ha percorso quando sono trascorsi 4.0 s e qual è la sua velocità in

F

a
m
0
x
quell’istante. Cosa cambia se raddoppia l’intensità della forza?
Scegliendo un riferimento con l’asse delle ascisse lungo la traiettoria rettilinea
del pacco, l’origine nella posizione iniziale del pacco, e facendo partire il tempo
da quando inizia ad agire la forza, risulterà x 0  0 .
Per questa traiettoria tutta orizzontale e rettilinea si avranno i seguenti vettori
accelerazione e forza:


a  (a x , 0) ; F  (25 N, 0)
E le leggi orarie non banali sono quelle lungo le ascisse:
1
1
x  x 0  v0x t  ax t 2  ax t 2
2
2
vx  v0x  ax t  ax t
Dalla seconda legge della dinamica ricaviamo l’accelerazione:
15 N
F
ax  x 
 0.60 m/s2
m
25 kg
Inserendo si hanno le leggi orarie:
1
x   0.60t 2  0.30t 2 vx  0.60t
2
E sostituendo il tempo trascorso:
vx (4.0 s)  (0.60  4.0) m/s  2.4 m/s ; x (4.0 s)  0.30(4.0)2 m  4.8 m
Nel caso in questione, in cui l’oggetto parte fermo, se la forza raddoppia, la distanza percorsa e la velocità raggiunta raddoppiano dato che valgono le seguenti dipendenze dalla forza:
1
1F 2
F
x  ax t 2 
t ; vx  ax t  t
2
2m
m

F
2. Il vostro carrello del supermercato procede con una velocità costante di in
tensità v 0  2.50 m/s ed ha una massa m  25.0 kg . Se esercitate una forza
frenante di 100 N , quanti metri occorrono per fermarlo? Per quanti secondi dovete esercitarla? Che forza dovreste esercitare per arrestarlo in 0.500 s ?
[R: 0.630 s, 0.780 m, 125 N ]
3. Un ragazzo sul motorino spenge il motore ed in quell’istante la sua velocità è
15.0 m/s . Sapendo che l’area spostata e l’attrito negli ingranaggi delle ruote
141

a

v0
m
x
0

F
m

a

w2

v0
x
esercitano complessivamente su di lui una forza frenante di 40.0 N , e che la
massa complessiva del motorino e del ragazzo vale 200 kg , si trovi quanti metri percorre in 10.0 s e quale velocità avrà in quello stesso istante. In quanti metri si ferma? Quale forza si dovrebbe esercitare su di lui per fermarlo in 10.0 s ?
[R: 20.0 m, 13.0 m/s, 1.13  103 m, 300 N ]
4. In una scena del film Star Trek V si vede il capitano Kirk cadere in un cratere profondo almeno 100 m , salvato dal signor Spock con una sedia a propulsione afferrandolo un istante prima che colpisca il suolo. E’ davvero possibile?
[R: in fondo]
5. I reattori di un aereo esercitano su di esso in fase di decollo una spinta costante di
1.50  105 N . Sapendo che per decollare raggiunge una velocità di 250 km/h e che
la sua massa è 300  103 kg si dica quanto deve essere la lunghezza minima della
pista.
142
4. La seconda legge in forma vettoriale
y
Cosa significa dire che la forza è un vettore?
Come si è visto attraverso gli esperimenti con il dinamometro, la forza, analogamente all’accelerazione, è un vettore. Questo significa che se si individuano
due direzioni perpendicolari x ed y in un piano, si può scompone l’azione della forza secondo la tecnica del parallelogramma, come in figura, in due compo

nenti vettoriali Fx ed Fy (e quindi nelle corrispondenti componenti scalari

F

Fy

Fx
Fx , Fy ). Lungo ciascuna delle due direzioni si può poi applicare il secondo
x
principio della dinamica in modo del tutto indipendente da quello che accade


nell’altra direzione, cioè l’equazione fra vettori F  ma corrisponde a due
equazioni scalari:


F  ma

F  ma
 x
x

Fy  may

2

Infine, la coppia di valori F  (Fx ; Fy ) è legata dalla relazione Fx2  Fy2  F .
Tutte questa proprietà, sono ancora una volta espressione del principio
d’indipendenza dei moti in direzioni perpendicolari. Lo stesso risultato può essere
esposto diversamente dicendo che se due forze agiscono su di un oggetto lungo direzioni perpendicolari, il risultato è un’accelerazione nella direzione individuata dalla regola del parallelogramma.
Esercizi
6. Una particella di massa m  5.00 kg , inizialmente ferma, viene trascinata
lungo un piano senza attrito, seguendo una direzione che forma un angolo di

30.0 con l’asse orizzontale, dall’azione di una forza d’intensità F  20.0 N .
Trova la sua posizione e la sua velocità dopo 3.00 s .
Lungo ciascuna delle due direzioni perpendicolari si può scrivere applicare la seconda legge della dinamica. Calcoliamo le componenti della forza:

Fx  F cos   (20.0 cos 30) N  (20.0  0.866) N  17.3 N

Fy  F sin   (20.0 sin 30) N  (20.0  0.500) N  10.0 N


Cioè i vettori forza ed accelerazione si scrivono F  (10.0 N;17.3 N) , a  (ax ; ay ) .
Calcoliamo le componenti dell’accelerazione:
ax 
Fx

17.3
m/s 2  3.46 m/s 2 ;
5.00
m

cioè a  (2.00 m/s2 ; 3.46 m/s2 )
ay 
Fy
m

10.0
m/s 2  2.00 m/s 2
5.00
Possiamo scrivere ora le leggi orarie sia per la posizione che per la velocità:
143
y
10.0 N

F  20.0 N
x
30.0
17.3 N
1
x (t )  x 0  v0x t  ax t 2  1.73t 2  x (3.00 s)  1.73(3.002 ) m  15.6 m
2
1 2
y(t )  y 0  v 0y t  ay t  1.00t 2  y(3.00 s)  1.00(3.002 ) m  9.00 m
2
vx (t )  v0x  ax t  3.46t  vx (3.00 s)  10.4 m/s ;
vy (t )  v0y  ay t  2.00t

vy (3.00 s)  6.00 m/s
e si verifica subito che :
s(3.00 s)  9.002  15.62 m  18.0 m ;
v(3.00 s)  6.002  10.42 m/s  12.0 m/s
Allo stesso modo si può risolvere il problema lungo la direzione inclinata di 30.0 :
1F 2
F
s(t ) 
t  2.0t 2 v(t )  t  4.0t
2m
m
s(3.00 s)  2.0  3.002 m  18.0 m

F2
2
1

F1
v(3.00 s)  (4.0  3.00) m/s  12.0 m/s
7. Una cassa di massa m  25.0 kg viene trainata sopra alla superficie priva di attri
to di un lago ghiacciato, da due forze di intensità, la prima F1  150 N , e la se
conda F2 incognita, formanti gli angoli 1  35.0 e 2  40.0 indicati in figura

con la direzione lungo cui la cassa si sposta. Calcolare F2 e l’accelerazione della
cassa.
Come vanno resi espliciti i segni in queste equazioni?
Si faccia attenzione al corretto uso dei segni. La seconda legge della dinamica in forma vettoriale dice che la somma delle componenti delle forze lungo le direzioni degli assi è pari al prodotto della massa per la componente dell’accelerazione in quella
direzione. Pertanto quando scriviamo la seconda legge in forma simbolica tutti i
termini vanno messi con il segno positivo:
F1x  F2x  F3x  ...  max
F1y  F2y  F3y  ...  may
Il fatto che figurino tutti segni positivi non significa che tutte le componenti della
forza o dell’accelerazione siano positive, il loro segno si intende inglobato nel simbolo cioè potrebbe risultare ad esempio F1x  0 , F3y  0 , ay  0 e così via. Nel momento in cui si va a calcolare il valore delle componenti delle forze proiettando i vettori lungo gli assi, faremo comparire esplicitamente il segno, quindi avremo ad
esempio:

F1x   F1 cos 1

F2y  F2 sin 2
e così via.
144

F3y   F3 cos 3

ax   a
5. La forza peso
Ogni oggetto nell’Universo attrae a sé e viene a sua volta attratto da tutti gli
altri, per l’azione una forza detta gravitazionale. Sulla superficie della Terra
l’attrazione gravitazionale del nostro pianeta è talmente preponderante che
tutto il resto delle interazioni gravitazionali può essere ignorato. Come
sappiamo, l’esperienza mostra che l’effetto medio di quest’azione produce una
stessa accelerazione di caduta libera verso il basso che vale: g  9.81 m/s2 .
Questo numero è passibile di piccole variazioni spostandosi sulla superficie del
pianeta, sia perché cambia l’effetto dei movimenti di rotazione e di rivoluzione,
sia perché la distanza dal centro della Terra non è costante in ogni punto. In
base alla seconda legge della dinamica, per produrre una accelerazione che sia
uguale per oggetti di massa differente, deve agire su di essi una forza d’intensità di volta

in volta differente e proporzionale alla massa. Considerato che con g intendiamo un
vettore avente direzione verticale, verso dall’alto in basso ed intensità

g  9.81 m/s2 si ha la seguente:
Definizione di peso in fisica

Si chiama peso di un corpo avente massa m la forza W (dall’inglese weight)
con cui la Terra lo attira :


W  mg
Il peso di un corpo ha quindi direzione verticale, ha verso dall’alto in basso, ed
intensità che si misura in Newton. Se quindi un oggetto ha massa m  70.0 kg

il suo peso avrà intensità W  (70.0  9.81) N  687 N . In questo caso, in un

riferimento con l’asse delle ordinate orientato verso l’alto, il vettore W che
esprime la forza peso si scrive:



W  (0;  W )  (0; m g )  (0 N; 687 N)
C’è differenza fra la definizione di peso in fisica e quella comunemente usata?
La definizione di peso appena fornita differisce da quella utilizzata nel
linguaggio corrente.
Definizione di “peso” nel linguaggio corrente
Per “peso” s’intende la forza che un corpo esercita sugli oggetti che lo
sostengono.
Una persona seduta, diciamo che esercita sulla sedia una spinta chiamata
“peso”; un libro appoggiato esercita il suo “peso” sul tavolo, ed un vaso di fiori
preme col suo “peso” sul pavimento. Questa quantità è precisamente quanto
misura una bilancia, utilizzando però una scala tarata direttamente in chilogrammi
anziché in Newton, cioè trascurando il fattore g in quanto uguale per tutti gli
145

W
oggetti. In fisica invece, con il termine peso si indica una cosa differente, e cioè
la forza attrattiva della Terra sulla persona: la sedia non c’entra nulla con questa
definizione. I pesi del libro e del vaso sono le forze attrattive che il nostro
pianeta esercita su di essi: il tavolo ed il pavimento non hanno nulla a che
vedere con questa definizione. Le due definzioni di peso sono molto differenti
perché, mentre sulla superficie della Terra la forza attrattiva del pianeta su di
un oggetto non varia, la forza esercitata su ciò che lo sostiene può cambiare
anche di molto. Se ci poniamo su di una bilancia da bagno dentro ad un
ascensore, quando questo sale, i piedi premono su di essa con una forza
maggiore di quella con cui ci attrae la Terra. Lo strumento indicherà un valore
di peso (nel senso corrente) maggiore di quello misurato ad ascensore fermo.
Analogamente indicherà un valore minore se l’ascensore scende, ma in
entrambi i casi la Terra non ha certo cambiato l’intensità della sua attrazione.
6. Forze normali nei vincoli
Cosa significa per un oggetto essere sottoposto ad un vincolo?
y
Il vincolo è un ostacolo che impedisce il movimento di un oggetto lungo uno
(od entrambi) i due versi di una certa direzione.

N

Dunque qualsiasi forza F si eserciti in quel verso, essa viene annullata
dall’azione del vincolo nel verso opposto. La presenza di una forza con tali caratteristiche si deduce semplicemente osservando che, nella direzione lungo la
quale il vincolo agisce, l’oggetto ha accelerazione nulla. Consideriamo a titolo di
esempio l’oggetto in figura appoggiato su di un tavolo. Poiché lungo la direzione verticale l’accelerazione è nulla, si deve avere:

W
x
Asse y :
 Fy  may  0
Quindi, affinché il secondo principio della dinamica sia soddisfatto, deve ne
cessariamente agire sull’oggetto ad opera del vincolo una forza che contrasti F .
A questa forza esercitata dal vincolo si dà il nome di forza normale e si indica

con N . La parola normale viene in questo caso usata nel senso di perpendico
lare alla superficie del vincolo. La forza N è necessariamente perpendicolare
al piano del vincolo in quanto è quella la direzione in cui il vincolo stesso impedisce il movimento.
La forza normale ha sempre la stessa intensità?
La forza normale è una forza passiva, che si manifesta solo quando sollecitiamo
il vincolo. La sua intensità cambia ogni volta, a seconda dell’oggetto che il vincolo stesso è chiamato a sostenere o ad ostacolare nello spostamento. Poniamo
146
di nuovo il caso di un oggetto di massa m appoggiato su di un tavolo. Vista la
condizione di equilibrio in cui l’oggetto si trova, in qualunque direzione dovrà
risultare nulla l’accelerazione. In particolare, lungo la direzione verticale si avrà


ay  0 . Essendo presente la forza peso W  mg diretta in basso, è necessario

concludere che esista una forza verticale N , diretta in alto, tale da rendere nulla la somma delle forze lungo l’asse y . L’intensità della forza normale si può
ottenere con la solita relazione, ed osservando che N x risulta nulla si ha:
2



N  N x2  N y2  N y  N
 N  (0; N )
pertanto lungo l’asse perpendicolare alla superficie del vincolo abbiamo:

Asse y : mg  N  may  0


mg  N

e come si vede, l’intensità N della forza normale cambia a seconda della forza
che deve ostacolare, che in questo particolare caso è il peso dell’oggetto
appoggiato.
Quali domande fondamentale bsogna porsi in presenza di una forza?
Per rendere trasparenti i principi fisici che sono in azione, ogni volta che compare una forza è indispensabile ricordarsi che si tratta di un’interazione. Pertan
to in presenza di ciascuna una forza F è indispensabile chiedersi:

1. Qual è il corpo che esercita la forza F ?

2. Qual è il corpo che invece subisce la forza F ?
Va inoltre tenuto presente che:
con la sola eccezione della forza di gravità che opera a distanza, affinché un corpo
possa esercitare una forza su di un altro, deve stare a contatto con esso.
Consideriamo ad esempio la situazione di prima ma con due casse appoggiate
in colonna. Sulla cassa più in alto deve sempre agire una forza normale, tuttavia
non è il tavolino ad esercitarla visto che non c’è contatto materiale fra i due oggetti. In questo caso è la cassa in basso ad essere a contatto con quella in alto

pertanto, relativamente alla forza N , diremo che la cassa in basso la esercita e la
cassa in alto la subisce. Quando si deve risolvere un problema di dinamica bisogna innanzitutto concentrarsi sull’oggetto da studiare, individuare tutte le forze
che su di esso agiscono e poi raffigurarle con dei segmenti orientati aventi la cosa
nell’oggetto. Tale schema viene detto diagramma del corpo libero, e bisognerà fare
attenzione a riportarvi solo le forze che agiscono sull’oggetto che si vuole analizzare e
non quelle che operano sugli altri oggetti presenti. Ad esempio, nel diagramma
di corpo libero della cassa in alto, non devono figurare né la forza normale né la
forza peso che agiscono sulla cassa che sta sotto.
147
y

N

W
x

N

F2

F1
20

F1x
y
x

mg

F1y
Esercizi
8. Un corpo di massa m  5.0 kg inizialmente fermo su di un piano senza

attrito, ad un certo istante viene tirato verso destra da una forza F1 di intensità
10 N , formante con l’orizzontale un angolo   20 e frenato da una forza

orizzontale F2 di intensità 2.0 N . Quanto valgono la forza normale e
l’accelerazione?
Rappresentiamo sul disegno tutte le forze che agiscono sul corpo, una procedura

che viene detta tracciamento dello schema del corpo libero. Esse sono il peso W ,



la forza normale N , e le due forze F1 ed F2 . Le forze si disegnano con la coda
applicata sull’oggetto su cui agiscono.
Lungo l’asse verticale non c’è accelerazione quindi la risultante delle forze è
nulla. Lungo la direzione orizzontale c’è accelerazione, la cui intensità va
trovata tramite la seconda legge:


Fx  max 
Asse x :
F1 cos 20  F2  max
9.4  2.0
m/s2  1.5 m/s2
5.0


Fy  may 
Asse y :
N  F1 sin 20  mg  may  0


N  10  sin 20  5.0  9.8  0  N  (5.0  9.8  3.4) N  46 N
10  cos 20  2.0  max

ax 
9. Un blocco di massa m viene premuto contro un muro, privo di attrito, da un

dito che esercita una forza costante, di intensità F  2.5 N , ed avente
  25
direzione formante un angolo   25 con la linea orizzontale. Sapendo che il
blocco sta fermo si dica quanto valgono la sua massa e la forza normale
esercitata dal muro.
[R:]
148
7. Il piano inclinato
Consideriamo un oggetto di massa m posto inizialmente fermo su di un
piano inclinato avente lunghezza BC  L , privo di attrito, e formante un angolo  con la direzione orizzontale. Ci proponiamo di ricavare tutte le informazioni cinematiche, cioè i vettori accelerazione, velocità, ed il tempo di caduta.
Qual è il riferimento conveniente per studiare il piano inclinato?
Il problema risulta molto semplificato se si sceglie un sistema di riferimento
avente l’asse delle ascisse parallelo al piano stesso. In questo modo infatti risulta che la quota y vale zero durante l’intero tragitto, ed analogamente rimangono sempre nulle sia vy che ay .
y

N
B
mg sin 
90  

mg cos 


A

mg
x
C
Rappresentiamo sul disegno tutte le forze che agiscono sul corpo, una procedura

che viene detta tracciamento dello schema del corpo libero. Esse sono il peso W e

la forza normale N . Scomponiamo quindi entrambe le forze lungo gli assi
coordinati. La forza normale è tutta diretta lungo y , cioè si ha semplicemente

N  (0; N ) . Per scomporre il peso bisogna osservare che l’angolo
ˆ  90   . Ne segue che l’asse y forma con il lato AB un angolo che è il
ABC
complementare di 90   , e cioè proprio  (vedi il segmento tratteggiato in figura). Quindi, considerata la retta parallela all’asse y riportata nella posizione
del corpo, come si vede dalla figura risulta che anche il peso forma un angolo 
con essa, da cui abbiamo la scomposizione:
Wx  mg sin 
Wy  mg cos 
149

Relazioni che in termini vettoriali si scrivono: W  (mg sin ; mg cos ) . Pos-
siamo ora applicare la seconda legge lungo ciascuno dei due assi:
Asse x :
Asse y :
Fx  max
Fy  may


mg sin   max
N  mg cos   may  0
Risolvendo il sistema così impostato si trovano subito sia il valore della forza
normale sia l’accelerazione lungo il piano:
ax  g sin 
N  mg cos 


quindi a  (g sin ; 0) e N  (0; mg cos ) .
Come si ottiene il tempo totale di scivolamento lungo il piano?
Calcoliamo ora il tempo t* che occorre per arrivare alla base del piano partendo
da fermo nella sommità. La risposta si trova scrivendo la legge oraria della posizione lungo le ascisse. Ricordando che il piano è lungo BC  L , risulta:
1
1
x (t )  x 0  v 0x t  ax t 2  g sin   t 2
2
2
Imponendo che sia x (t* )  L troviamo:
L
1
g sin   t*2
2

t* 
2L
g sin 
Osservando che l’altezza del piano vale h , con AB  h  L sin  , si vede be2h
ne che t* è tanto più lungo del tempo t 
di caduta libera da fermo parg
tendo da un’altezza h , quanto più piccolo è sin  , quindi cresce al diminuire
dell’angolo che il piano forma con l’orizzontale.
Esercizi
10. Un oggetto di massa m  2.50 kg viene lanciato con velocità di 4.50 m/s su
x
y

v0
35
per un piano inclinato privo di attrito e formante un angolo di 35 con la direzione orizzontale. Si dica quanto tempo occorre affinché si fermi e quanto spazio ha percorso in quell’istante.
Scegliendo un riferimento con l’asse delle ascisse parallelo alla superficie inclinata, e quindi un asse delle ordinate ad essa perpendicolare, risulta che la quo-
150
ta y vale zero durante l’intero tragitto, ed analogamente rimangono sempre
nulle sia vy che ay .
Tracciamo lo schema del corpo libero fotografando il corpo in un istante qualunque mentre sta risalendo il piano. Le forze in azione sono Esse sono il peso



W  mg e la forza normale N . Scomponiamo quindi entrambe le forze lungo
gli assi coordinati.

La forza normale è tutta diretta lungo y , cioè si ha semplicemente N  (0; N ) .
Per scomporre il peso osserviamo che la sua direzione forma un angolo di 35
con l’asse y , e tenendo conto che i versi di entrambe le componenti sono contrari a quelli degli assi abbiamo:
y
Wx  mg sin 35  2.50  9.81  0.574  14.1 N
Wy  mg cos 35  2.50  9.81  0.819  16.5 N

cioè W  (14.1 N; 16.5 N) . Possiamo ora applicare la seconda legge lungo

N
x
mg sin 
35
35
35
mg cos 
ciascuno dei due assi:
Asse x :
Fx  max
Asse y :

 m g sin 35  m ax
Fy  may
90  35

mg
 ax  5.63 m/s2

N  mg cos 35  may  0  N  mg cos 35  16.5 N


quindi a  (5.63 m/s2 ; 0) e N  (0;16.5 N) . Per il tempo necessario all’arresto
basta scrivere la legge oraria della velocità lungo l’asse delle ascisse ed imporre
vx (t )  0 :
vx (t )  v0x  ax t  4.50  5.63t  0

t  0.799 s
Dalla legge oraria della posizione, assumendo l’origine del riferimento nel punto si partenza, si ottiene subito lo spazio percorso prima di fermarsi:
1
1
x (t )  x 0  v0x t  ax t 2  4.50  t  (5.63)t 2
2
2
1
x (0.799)  4.50  0.799  (5.63)(0.799)2  1.80 m
2

F
11. Una macchina di 1600 kg sta salendo su una collina che forma una angolo di 23.0

2
con il piano orizzontale ad una accelerazione di 5.00 m/s . Quanto valgono la forza F
23
applicata sulla macchina per l’azione del motore, e la forza normale del terreno?
[R: 14.1 103 N,14.4  103 N ]

F
12. Un carrello contenente la spesa viene spinto su per una rampa inclinata di

15.0 da una forza costante orizzontale F come in figura, di intensità 100 N . Sapendo
che il carrello sta avanzando con velocità costante, se ne trovi la massa.
[R: 38.0 kg ]
151
15
8. Funi inestensibili e pulegge
La fune inestensibile è un oggetto in grado di trasferire il punto di azione di
una forza grazie alle interazioni elettromagnetiche che legano insieme i suoi
atomi. La forza originaria sposta leggermente gli atomi del capo di fune dove è
applicata, questi tirano gli atomi contigui finché l’azione non viene comunicata
all’oggetto. Affinché l’intensità della forza rimanga inalterata è necessario poter
considerare trascurabili tanto la massa della fune che il suo allungamento, altrimenti dovremmo tenere conto della variazione che la forza subisce dovendo
accelerare anche la corda. Se dunque una mano regge una fune cui è agganciata
una cassa, la mano non esercita alcuna forza sulla cassa, non essendo in contatto con
essa, tuttavia la cassa è soggetta a quella che viene detta tensione della fune, che a
sua volta agisce anche sulla mano.
Cosa si intende per tensione di una fune?
100N
100N
100N
100N
100N
100N
100N
100N
100N
100 N

Si definisce tensione T lungo la fune, un vettore che ha la direzione della fune,
e per intensità la forza misurata da un dinamometro che venisse agganciato ai
due capi della fune stessa in un punto qualunque dove la fune fosse tagliata.
Per una fune in estensibile di massa trascurabile, il dinamometro misura lo stesso valore dovunque si esegua il taglio. Se quindi l’azione di una forza produce
una misura sul dinamometro ad esempio pari a 100 N , questo è il valore della
tensione sulla corda, ed è del tutto equivalente ottenerlo ad esempio tirando la
fune con un capo assicurato al muro oppure tirandola fra due mani, come illustrato in figura. Osserviamo che la fune può solo tirare e mai spingere, quindi il
verso della tensione dipende dall’oggetto del quale si sta tracciando lo schema
di corpo libero, e deve essere tale per cui la tensione sia sempre applicata sul
corpo ed uscente da esso. Nella figura accanto sono state tracciate in rosso le
azioni sul dinamometro dovute alla tensione, uguali e contrarie in modo che lo
strumento stia fermo. Per rappresentare l’azione della fune sulla mano, invece,
dovremmo sempre raffigurarla in modo che eserciti sulle mani una trazione.
Riflettiamo infine sul fatto che anche nella situazione qui sotto proposta la tensione in ciascuno dei tre pezzi di fune è sempre 100 N :
100 N
100 N
100 N
Cos’è la puleggia?
m
100N
100N
100N
100N
100N
100N
100N
100N
La puleggia (o carrucola) è invece una macchina idealmente di massa trascurabile, in grado di modificare la direzione della tensione di una corda senza alterarne l’intensità. Con riferimento alla figura, dove abbiamo indicato le forze applicate alla puleggia, per poter tenere in equilibrio la massa m è consentito esercitare
la forza di 100 N indifferentemente lungo direzioni analoghe alle tre indicate in
figura. Per svolgere questa funzione anche la puleggia, come la fune, deve avere una massa trascurabile, in modo da considerare irrilevante la variazione che
la forza subisce dovendo accelerare (angolarmente) la puleggia stessa in ogni
azione. Fermiamoci a riflettere sull’equivalenza, dal punto di vista della tensio-
m
152

ne della corda, sempre pari a T  100 N , nelle situazioni proposte a lato. Co- 100N
me si vede, se recidendo in un punto la fune ed inserendo un dinamometro,
questo segna 100 N , allora la fune tira con una forza di tale intensità ciascuno
degli oggetti sui quali è applicata.
Come si può individuare il verso della tensione di una fune?
100N
100N
100N
100N
100N
100N
m
m
Per capire la direzione della tensione la domanda da porsi è: di quale oggetto sto
tracciando lo schema del corpo libero? Individuato il corpo basta disegnare una forza uscente da esso lungo la corda. La figura riporta in blu le forze dovute alla
fune sulla puleggia e sulla mano, in rosso riporta quelle sul dinamometro.
Esercizi
13. Relativamente alla figura qui a margine si hanno i dati:
mA  3.00 kg mB  7.00 kg
A
Si calcoli l’accelerazione a con cui si muove il sistema delle due masse e di
quanto metri avanza la massa A in 1.20 s .
B
Dobbiamo scegliere un riferimento e tracciare lo schema del corpo libero per

ciascuna delle due masse. Indichiamo con T  T per semplicità la tensione
della fune, che come sappiamo è la stessa su tutta la corda ed ha verso sempre
uscente dagli oggetti su cui è applicata.

N
Oggetto A asse x : T  mAaAx
Oggetto A asse y : N  mAg  maAy  0

N  mAg

T
A
Oggetto B asse y : T  mB g  maBy
Per risolvere il problema occorre adesso considerare che l’accelerazione orizzontale del corpo A è uguale all’accelerazione verticale del corpo B. Chiamiamo
dunque aAx  a .
Per le proprietà sopra esposte della fune e della corda, risulta che aBy  a , dato che se la velocità di A viene incrementata verso destra della quantità a ogni
secondo, contemporaneamente la velocità di B è incrementata della stessa quantità a però in basso, cioè contrariamente al verso scelto come positivo nel riferimento. Possiamo ora impostare il sistema di due equazioni nelle due incognite T ed a :
T  m a
A

 mAa  mB g  mB a

T  mB g  mBa

Da cui, risolvendo rispetto ad a e sostituendo per avere T :
a
mB
mA  mB
T 
g
Con i valori numerici proposti viene:
153
mAmB
mA  mB
g.

m Ag

T
B

mB g
 3.00  7.00

T  
 9.81 N  20.6 N
 3.00  7.00



7.00
a  
 9.81 m/s2  6.87 m/s2
 3.00  7.00

Per il calcolo dello spostamento x (1.20 s)  x 0 scriviamo la legge oraria della
massa A:
1
x (t )  x 0  (6.87)t 2
2

x (1.20 s)  x 0 
1
(6.87)(1.20)2  4.95 m .
2
Osservazione 1
Va notato che questo sistema ha sempre una accelerazione verso destra, quamB
g,
lunque sia il valore della massa B , come si vede dalla formula a 
mA  mB
che produce comunque un valore positivo. In assenza di attrito infatti, la tensione della corda è la sola forza che agisce su A , facendolo spostare verso destra anche se mB  mA , ovviamente con minore accelerazione rispetto al caso
sopra risolto.
Osservazione 2

Spesso questo esercizio viene risolto in modo errato deducendo che T applica
to al corpo A sia uguale in intensità al peso mB g del corpo B. La confusione na-
sce dal fatto che questa conclusione è vera solo se le due masse sono ferme, ma
non è lecito estenderla al caso in movimento, dove la forza che giunge alla mas
sa A è diminuita rispetto ad mB g di quanto serve per accelerare la massa B
A
verso il basso.
14. Relativamente alla figura dell’esempio precedente, supponiamo ora che la
massa mA  3.00 kg sia tirata non dalla massa mB  7.00 kg , ma da una mano che eserciti una forza pari al peso di mB . Si dica se cambia l’accelerazione

WB
[R: 22.9 m/s2 ]
di mA e di quanto.
15. Relativamente al dispositivo in figura, detto macchina di Atwood, si ha che
mB  mA . Calcolare l’accelerazione delle due masse la tensione della corda.
Dobbiamo scegliere un riferimento e tracciare lo schema del corpo libero per
ciascuna delle due masse. In questo caso basta il solo asse y visto che tutti gli

spostamenti avvengono in verticale. Indichiamo con T  T per semplicità la
A
B
tensione della fune, che come sappiamo è la stessa su tutta la corda ed ha verso
sempre uscente dagli oggetti su cui è applicata.
Oggetto A asse y : T  m Ag  mAaAy
Oggetto B asse y :
T  mB g  mB aBy
Anche in questo problema occorre considerare che l’accelerazione verso l’alto
del corpo A è uguale all’accelerazione verso il basso del corpo B. Chiamiamo
154
y

T
dunque aAy  a . Risulta che aBy  a , cioè che se la velocità di A viene incrementata verso l’alto della quantità a ogni secondo, contemporaneamente la
velocità di B è incrementata della stessa quantità a però verso il basso.
T  m a  m g

A
A

T  mBa  mB g


mAa  mAg  mB a  mB g
a
 m  m 

A
T  mA  B
 g  mAg
 mA  mB 
mB  mA
mA  mB

T
A
B

mAg


mB g
g
B

T 
2mAmB
mA  mB
A
g
C
16. Nel dispositivo in figura, calcolare l’accelerazione del sistema di masse e le
tensioni delle due corde in funzione delle masse appese.
[R: in fondo]
A
B
  35
17. Relativamente al piano inclinato in figura si hanno i seguenti dati:
mA  14.0 kg mB  10.0 kg
Le due masse sono lasciate libere ad un certo istante. Calcolare, nel caso di assenza di
qualunque attrito, l’accelerazione delle due masse e la tensione della corda. Dire qual
è la direzione verso cui si muove il sistema.
[R: 90.1 N ]

18. Un ciondolo di massa m è appeso tramite un filo al tetto di un carrello in

moto rettilineo con accelerazione costante a . Si osserva che il filo non è più verticale ma si sposta indietro. Determinare l’angolo  formato dal filo con la ver
ticale. Eseguire il calcolo per a  5.0 m/s2

a
10
10
m
[R: 27 ]
M
19. In relazione alla figura a margine, sapendo che M  2.00 kg e che m è in
M
equilibrio, e che si trovi il valore di m ed il valore T della tensione della fune.
[R: 19.6 N, 0.347 kg ]
20. Sapendo che m  8.00 kg si dica che valore segna il dinamometro in figura nei due casi proposti.
[R: 11.7 N, 23.4 N ]
155
20
20
m
20
20
m
9. Le forze non nascono mai sole

F
?
Perché non possiamo sollevarci da soli per la cintura e fluttuare in aria?
E’ relativamente semplice afferare un’altra persona per la cintura e sollevarla
di qualche centimetro o più, a seconda di quanto si è robusti. Tuttavia,
nemmeno l’uomo più forte del mondo riuscirebbe a sollevare se stesso di un solo
millimetro in questa maniera. Eppure non c’è dubbio che stiamo esercitando
una forza sul nostro corpo: il fatto che non si osservi accelerazione implica che
la somma delle forze che complessivamente agisce su di noi deve essere zero.
La spiegazione di un tale apparente paradosso è da cercarsi della terza legge
della dinamica, che può essere così esposta:

-F
Terza legge della dinamica

Se un corpo A esercita una forza F su di un corpo B allora il corpo B esercita

una forza F , sul corpo A.
Pertanto, mentre la parte superiore del nostro corpo, (torso e braccia), esercita
una forza verso l’alto sulla parte inferiore, la terza legge impone che la parte inferiore, (bacino e gambe), eserciti sulla parte superiore una forza verso il basso
di pari intensità. Se adesso consideriamo il nostro corpo come un unico oggetto,
questa coppia di forze avrà sempre un risultato netto nullo e così non sarà mai
possibile sollevarsi attraverso un tale meccanismo. La stessa proprietà si può
enunciare in termini diversi dicendo che la somma delle forze interne ad un sistema ha sempre somma nulla.
Qual è quindi il contenuto della terza legge?

-F

F
La terza legge afferma che:
1) Le forze si presentano sempre in coppia, mai da sole.
2) Non ha senso parlare di un soggetto attivo che esercita la forza e di uno
passivo che la subisce: esistono solo interazioni.
3) Ciascuna forza della coppia appartiene al diagramma di corpo libero di
un oggetto differente.
4) La somma delle forze interne ad un sistema di oggetti è sempre nulla.
Quali verifiche sperimentali si possono fare?
Non è possibile che, ad esempio, una mano spinga contro un muro senza esserne a sua volta spinta da una forza di uguale intensità e direzione, ma verso opposto. Si può fare una semplice verifica di questo premendo con il pugno destro contro il palmo aperto della mano sinistra. E’ immediato rendersi conto
che se la mano sinistra non spinge anch’essa, è impossibile esercitare con la destra alcuna azione.
Una verifica brutale della terza legge potrebbe essere prendere a calci una palla
di ferro ed osservare che fa molto più male rispetto allo scalciare contro un pallone tradizionale. Il motivo è che per accelerare un oggetto di grande massa occorre che il piede eserciti una grande forza, e per la terza legge della dinamica la
palla esercita sul piede una intensa forza uguale e contraria.
156
Anche quando saltiamo mettiamo in pratica la terza legge: esercitiamo una forza in basso sul pavimento e questo risponde con una forza uguale e contraria
che agisce su di noi verso l’alto permettendoci di staccarci dal suolo.
Il volo degli aeroplani si spiega con la terza legge?
Il principio che permette il volo è quello di spingere l’aria verso il basso in modo da essere da lei spinti verso l’alto. Anche se ciò viene realizzato attraverso
meccanismi fisici complessi, la spiegazione ultima va ricercata nella terza legge
della dinamica. La forza che sostiene l’aereo si dice portanza, ed è dovuta alla
spinta verso l’alto esercitata sulle ali da parte delle porzioni di aria su cui le ali,
per la loro particolare forma ed inclinazione, mentre l’aereo avanza esercitano
una spinta che ha anche una componente verso il basso. Un effetto analogo si ha
tenendo la mano inclinata fuori dal finestrino dell’auto in moto, e sperimentando una spinta verso l’alto.

N
La terza legge si può chiamare anche principio di azione e reazione?
La coppia di forze prevista dalla terza legge viene a volte detta coppia azione e
reazione, ma va precisato che questa terminologia non stabilisce una gerarchia
fra di esse. Entrambe hanno il diritto di essere chiamate azione ed entrambe
reazione. Sarebbe ad esempio errato supporre che la forza esercitata dalla mano
sia in un certo senso “attiva”, mentre quella con la quale il muro risponde sia
“passiva”: entrambe sono due azioni del tutto equivalenti, come è facile capire
quando il pugno preme non contro il muro, ma contro il palmo dell’altra mano,
ed è allora evidente che stiamo esercitando due forze opposte di pari intensità
contemporaneamente.

mg
Ma perché la coppia azione e reazione non si annulla?
Le coppia di forze azione e reazione agiscono su due oggetti differenti, quindi in
generale non ha senso chiedersi se si annullano. Sarebbe come voler annullare
il debito di una persona con il guadagno di un’altra. Se tuttavia si considerano i
due oggetti come parti di un sistema, come nell’esempio iniziale quando si parlava di sollevarsi da soli per la cintura, allora tutte le coppie azione e reazione
fra le parti del sistema possono sommarsi e dare risultato nullo, cioè risulta
sempre nulla la somma delle forze interne al sistema.
Come si individuano le coppie azione e reazione?
A titolo di esempio consideriamo un oggetto di massa m appoggiato su di un
tavolo, ed individuiamo le coppie di forze previste dalla terza legge. Sappiamo
che su di esso agisce la forza peso e di conseguenza la forza normale visto che
l’oggetto è fermo. Ognuna di queste forze non si presenta da sola, ma ha una
gemella di pari intensità e verso opposto che agisce su quel corpo che la esercita.


La forza peso mg viene esercitata dal pianeta Terra sul corpo m . Il terzo principio prevede che il corpo m eserciti sul pianeta terra una forza

mg . Questa forza appartiene allo schema di corpo libero del pianeta
Terra e non va disegnata se dobbiamo rappresentare le forze agenti su
m
157

mg

mg

N


N

La forza normale N viene esercitata dal tavolino sul corpo di massa m .
Il terzo principio prevede quindi che il corpo di massa m eserciti sul

tavolino una forza N . Questa forza appartiene allo schema di corpo
libero del tavolino, e non va disegnata se dobbiamo rappresentare le
forze agenti su m .
Quali domande fondamentale bsogna porsi in presenza di una forza?
Ricordiamo che per rendere trasparenti i principi fisici che sono in azione, ogni
volta che compare una forza è indispensabile ricordarsi che si tratta di

un’interazione. Pertanto in presenza di ciascuna una forza F è indispensabile
chiedersi:

1. Qual è il corpo che esercita la forza F ?

2. Qual è il corpo che invece subisce la forza F ?
Esercizi
21. Lungo un pavimento privo di attrito due scatole di massa mA  7.00 kg ed
A
B
mB  3.00 kg vengono spinte da un dito che esercita una forza d’intensità


F  15.0 N . Si calcoli l’accelerazione del sistema, la forza FBA che il corpo A

esercita sul corpo B, e quella FAB che il corpo B esercita sul corpo A nei due casi
in cui la scatola A sia posta a contatto col dito oppure nel caso in cui ad essere a
contatto col dito sia il corpo B.
A
B
Per il calcolo dell’accelerazione consideriamo il sistema come un unico oggetto
di massa mA  mB . Come sappiamo la somma delle forze interne è nulla quindi

su di esso viene applicata la forza F  15.0 N . Indipendentemente dall’ordine
delle due scatole si ha:
Oggetto A+B asse x : Fx  max
B

FAB
A

F

FBA
15.0  mA  mB  ax
 ax 

15.0
m/s2  1.50 m/s2
7.00  3.00
Primo caso

Per il calcolo della forza di contatto FBA tracciamo lo schema del corpo libero

per l’oggetto B: su di esso agisce solo FBA  FBAx ; 0 e l’accelerazione ha il va-
lore appena calcolato:
Oggetto B asse x :
FBAx  mBax  (3.00  1.5) N  4.50 N

Si ha dunque FBA  4.50 N; 0 e per il corpo A dalla terza legge della dinamica

segue che FAB  4.50 N; 0 . Verifichiamo questo risultato applicando il se
condo principio all’oggetto A. Su di esso agiscono sia FAB  FABx ; 0 che

F  15.0 N; 0 e l’accelerazione ha sempre lo stesso valore:






158
Oggetto A asse x :
F  FABx  mAax  (7.00  1.50) N  10.5 N
FABx  10.5 N  15.0 N  4.50 N
Secondo caso

Per il calcolo della forza di contatto FBA tracciamo di nuovo lo schema del cor
po libero per l’oggetto B. Su di esso agiscono ora sia FBA  FBAx ; 0 che

F  15.0 N; 0 e l’accelerazione ha sempre lo stesso valore.


FBA

F
B

Oggetto B asse x :
15.0 N  FBAx  mBax  (3.00  1.50) N  4.50 N
FBAx  4.50 N  15.0 N  10.5 N


FAB
A

Per il corpo A dalla terza legge della dinamica segue che FAB  10.5 N; 0 .

Verifichiamo questo risultato applicando il secondo principio all’oggetto A:
Oggetto A asse x :
FABx  mAax  7.00  1.50  10.5 N
Osservazione 1 La forza di contatto è la sola ad agire sulla massa che sta a destra.
Nel primo caso a destra c’era una massa piccola, quindi bastava una forza piccola per produrre l’accelerazione di 1.50 m/s2 , comune a tutto il sistema. Nel
secondo caso a destra c’è una massa grande quindi occorre una forza più grande per produrre l’accelerazione di 1.50 m/s2 su di essa.
Osservazione 2 A conclusione dell’esercizio osserviamo anche che sul dito che

spinge i blocchi agisce una forza F (15.0 N, 0) la quale però non ha chiara-

-F
A
B
mente nulla a che fare con la risoluzione del problema proposto dato che rientra

nello schema di corpo libero del dito e pertanto non annulla la forza F (15.0 N, 0)
che il dito esercita sui blocchi.
C
A
B
22. Una locomotiva A tira due vagoni B e C, in modo che il treno abbia accelerazione a  0.750 m/s2 . Essendo M  25.0  103 kg sia la massa di ciascun va
gone che quella della locomotiva, si trovi la forza F che la locomotiva esercita
sui vagoni e quella resistente che i vagoni esercitano su di lei. Si trovi inoltre la

forza FCB che il primo vagone esercita sul secondo e la forza risultante che
y
A
B
complessivamente agisce sul vagone B.
[R: 37.5  103 N, 18.8  10 N, 18.7  10 N ]
23. Nel sistema in figura le pulegge hanno massa trascurabile ed m  3.00 kg .
Si dica quanto valgono la tensione della corda e le forze esercitate dai ganci A,
B e C.
[R: 14.7 N,14.7 N, 29.4 N, 14.7 N ]
24. Un blocco di massa m  3.00 kg scivola senza attrito sopra ad un cuneo
triangolare di massa M , avente l’angolo alla base   30.0 . Il cuneo è libero
159
C
m

di scorrere su di un piano privo di attrito. Si trovi l’intensità della forza FD che
occorre esercitare con il dito se non si vuole che il cuneo indietreggi durante la
caduta del blocco.
[R: 127 N ]
45 °
25. Nel sistema in figura le pulegge hanno massa trascurabile e risulta
60 °
m1  2.00 kg , m2  7.00 kg . Si dica quanto vale la forza esercitata dal gancio
sulle corde.
[R: (45.6 N, 348 N) ]
m2
m1

a
1
45 °
60°

v
2
26. Un’automobile che tira un carrello fa una frenata producendo un moto uniformemente accelerato con a  1.50 m/s2 . Sapendo che la massa dell’auto è
mA  1.35  103 kg e quella del carrello mC  0.250  103 kg calcolare la forza
complessivamente necessaria per produrre una tale accelerazione su entrambi i
corpi, e la forza resistente con cui il carrello sta spingendo sull’auto durante la
frenata.
[R: 2.40  103 N, 375 N ]
27. Due blocchi di masse m1  2.00 kg ed m2  3.00 kg scivolano sulle due
pareti inclinate di un cuneo triangolare, connessi da una fune come in figura. Si
dica quanto vale l’accelerazione del sistema dei due blocchi.
[R: 2.32 m/s2 ]
160
10. Attrito statico per manipolare il mondo
Chi è che vince nel tiro alla fune?
Due amici, Mario e Gianni, si sfidano nel tiro alla fune e Gianni vince. Qual è la
ragione di questa vittoria? Possiamo avanzare tre ipotesi:
a) Gianni ha esercitato una forza maggiore sulla corda.
b) La corda ha esercitato un forza maggiore su Mario.
c) Gianni ha esercitato una forza maggiore sul pavimento.

FCM
?

FCG

FMC

FGC

FMP

FGP

FPM

FPG
La prima riflessione da fare è che, essendo i due amici inizialmente fermi, la vittoria di Gianni indica che è avvenuta un’accelerazione di entrambi dalla sua
parte, cioè verso destra nella figura. Per capire cosa sta accadendo, immaginiamo di avvolgere entrambi gli amici, mentre tirano la corda, con uno stesso sacchetto trasparente, e consideriamoli come un unico sistema. Chiamiamo quindi

a l’accelerazione comune. Per produrre accelerazione su questo sistema, il secondo principio della dinamica richiede che agisca su di esso una forza avente

la direzione ed il verso di a . Ora, non c’è nessuna possibilità che questa forza
provenga dall’ interno del sistema, perché il terzo principio prevede che tutte le
forze interne ad un sistema siano in forma di coppie azione e reazione, a somma
nulla. Con riguardo alla figura, questo significa che la forza che Mario esercita


sulla corda FCM è uguale, ma con verso opposto, a quella FMC che la corda




esercita su di lui: FMC  FCM . Analogamente si ha FGC  FCG . Quindi le ri-

a
sposte a) e b) sono senz’altro errate: il sistema dei due amici non può nel complesso accelerare per l’azione né della fune, né di nessuna cosa che si trovi rac
chiusa nel sacchetto: per produrre a occorre un’interazione con l’esterno.
La risposta allora è che vince chi spinge di più sul pavimento?
Osserviamo i piedi dei due giocatori: entrambi fanno presa sul pavimento 
spingendo in direzione orizzontale. Poiché Gianni spinge con i piedi verso sini- FMP
stra, il pavimento spinge su di lui verso destra con una forza uguale e contraria,
come previsto dalla terza legge. Mario invece spinge con i piedi verso destra, e
quindi il pavimento su di lui verso sinistra. Le forze orizzontali esercitate dal
161

FGP

FPM

FPG
pavimento provengono dall’ esterno del sistema, e nel contempo la loro intensità è determinata dalle spinte dei due giocatori. Quindi chi spinge più forte orizzontalmente sul pavimento fa si che il pavimento lo spinga più intensamente
dalla sua parte e vince: la risposta corretta è la c).
Ma come è possibile spingere orizzontalmente sul pavimento?
Il meccanismo viene detto attrito radente. Con tale termine si intende:

F

fattrito

fattrito
 
v=0
statico

mg

fattrito
statico
Attrito radente: la forza che si sviluppa nella zona di contatto fra due corpi e
che ne contrasta il moto di scivolamento di uno sull’altro, rallentandolo od
impedendolo del tutto. La forza di attrito radente si manifesta solo in presenza di un’azione che tende a produrre lo scivolamento.
Se gli oggetti a contatto sono solidi, la loro superficie apparentemente liscia,
sulla scala delle molecole presenta sempre notevoli irregolarità che ad occhio
nudo non sono osservabili. Così, quando due superfici sono poste una
sull’altra, l’area di effettivo contatto è estremamente ridotta rispetto a quello
che appare su grande scala. Immaginiamo di poter girare la Svizzera e farla
scorrere sopra all’Austria: esse si toccheranno solo sulle cime delle catene
montuose. Il complesso meccanismo microscopico che spiega l’origine
dell’attrito, è legato al saldarsi reciproco di tali irregolarità sulle due superfici a contatto, e questo anche grazie al formarsi di legami al livello delle molecole. Quando solleviamo una bottiglia di vetro afferrandola per il collo, le
irregolarità sulla superficie della pelle si saldano alle irregolarità sulla superficie del vetro sia al livello di nuovi legami fra le molecole, sia come farebbero i denti di una sega sul legno, e questo ci permette di esercitare una forza
in verticale. Analogo è il meccanismo sotto alle suole delle scarpe per i due
amici che giocano al tiro alla fune. Il meccanismo è tanto più efficace quanto
più le superfici di contatto sono premute l’una contro l’altra, in modo da accrescere l’effettiva area di contatto. Si usa distinguere fra attrito radente statico, che agisce quando le due superfici a contatto sono immobili, ed attrito
radente dinamico, che agisce durante lo scivolamento.
Quand’è che possiamo osservare l’attrito radente statico?

fattrito
statico
L’attrito radente statico è, in un certo senso, la forza più importante: quella
che consente di manipolare il mondo. Esso è presente ovunque: ricordiamo,
solo a titolo di esempio, che permette di afferrare gli oggetti, di camminare,
di andare in moto od in auto, mantiene saldi i nodi nelle corde, i chiodi nei
muri e gli occhiali sul naso. Fa funzionare scale mobili e nastri trasportatori,
ed è a causa dell’attrito statico radente se un oggetto su di un piano inclinato
non scivola se non a partire da una certa inclinazione. La sua è però
un’azione sempre passiva: l’attrito radente statico non prende da solo
l’iniziativa di spostare un oggetto o di avvitare un bullone, ed i processi che
lo vedono coinvolto sono sempre innescati da qualche altro agente. Tuttavia
il suo ruolo è fondamentale:
162
l’attrito statico radente fa da tramite fra le forze interne ad un sistema di oggetti,
come quelle muscolari o quelle prodotte dai motori, e l’ambiente circostante,
permettendo così al sistema di interagire con l’esterno.
Neanche un uomo molto robusto potrebbe infatti camminare sopra ad un piano
privo di attrito, come un pavimento oleoso: la forza muscolare delle gambe non
riuscirebbe a produrre alcuna azione uguale e contraria da parte del suolo. Per
lo stesso motivo non è possibile afferrare una bottiglia per il collo, quando questo sia unto in modo da far mancare il supporto dell’attrito statico radente. Esso
è responsabile anche del rotolamento: in una ruota motrice permette che le forze

interne esercitate dal motore si trasformino in una spinta F sul terreno in verso opposto a quello del moto. In questo modo il terreno risponda esercitando

una forza F nel verso del moto, come in figura. Un analogo meccanismo
permette di camminare. Infine, grazie all’attrito statico possiamo far uscire
l’inchiostro dalla la penna e scrivere, oppure girare le pagine di un libro e leggere.
Quali sono le proprietà della forza di attrito radente statico?

Indichiamo con fs la risultante delle forze dovute alle irregolarità della zona di
contatto, e che impedisce lo scivolamento di due superfici. Possiamo riassumere
il risultato delle osservazioni in tre semplici leggi empiriche:

(1) La direzione di fs è parallela alla superficie di contatto ed il verso è
opposto a quello che avrebbe lo scivolamento, se non fosse impedito.

(2) L’intensità fs è indipendente dall’estensione (apparente) della superficie di contatto.

(3) Anche fissati le due superfici di contatto, l’intensità fs può assumere
infiniti valori diversi, compresi fra zero ed un massimo, superato il quale
inizia lo scivolamento. Il valore massimo è proporzionale all’intensità

della forza normale N che il piano di appoggio esercita sull’oggetto.
La costante di proporzionalità viene detta coefficiente di attrito statico, indicata con la lettera greca  (mi), e dipende dai materiali. Quindi risulta:


0  fs  s N
Perché l’attrito statico non aumenta al crescere dell’area di contatto?
Queste leggi si spiegano bene con quanto detto in precedenza, e cioè che l’area
di contatto apparente fra i due oggetti non coincide con le reali zone che si toccano su scala microscopica, e che la sua estensione effettiva è determinata anche dalla forza con la quale ciascuna delle due superfici preme sull’altra.
Cerchiamo di capire perché una maggiore area di contatto non è in grado di
produrre una maggiore forza di attrito statico. Se prendiamo un mattone e lo
appoggiamo prima sulla faccia larga e poi su quella stretta, la forza normale è
163

-F

F

-F

F

la stessa perché bilancia il medesimo peso. Tuttavia N si distribuisce su di
un’area che è prima grande e poi piccola. Pertanto il suo effetto sull’estensione
delle irregolarità che si saldano è più o meno uguale nei due casi, e così la forza
di attrito non cambia.
Perché l’attrito statico aumenta al crescere della forza normale?

Per analogo motivo, se a parità di area apparente di contatto aumenta la forza N
con cui le due superfici premono l’una sull’altra, le irregolarità si saldano fra
loro in misura maggiore, ed è più intensa la forza di attrito statico. Questo è
evidente se pensiamo che per sollevare per il collo una bottiglia prima vuota e
poi piena occorrono due strette differenti, e quindi due valori differenti della
forza di attrito. Allo stesso modo, nella gara di tiro alla fune vince sempre chi è
in grado di esercitare un maggiore forza normale sul pavimento, vale a dire
quello dei concorrenti che ha una massa maggiore.
Quali sono le unità di misura del coefficiente di attrito statico?
Il coefficiente s è misurabile eseguendo il rapporto fra l’intensità della forza


massima di attrito statico fs,max e l’intensità N della forza normale:


fs,max  s N


fs,max
s 

N

 N
     
 s 
 N
 
Ed essendo un rapporto fra due grandezze che hanno la stessa dimensione
fisica in Newton, ad esso non sono associate unità di misura: si tratta di un
numero puro.

F

fs1
Esercizi
28. Una cassa di massa m1  150 kg viene spinta orizzontalmente con una forza

F da un uomo di massa m2  75.0 kg . Il coefficiente di attrito statico fra la
cassa ed il pavimento vale 1  0.460 .

1) Qual è il minimo valore di F affinché la cassa inizi a muoversi?


2) La forza F e l’attrito statico fs1 sono una coppia azione e reazione?
3) Qual è il coefficiente di attrito statico minimo 2 fra le scarpe ed il pavimento
che permette all’uomo di muovere la cassa?

1) Perché la cassa inizi a muoversi la spinta F deve superare il massimo valore
dell’attrito statico, cioè:



F  fs1,max  1 N 1

Calcoliamo N 1  (0, N 1y ) dall’equilibrio lungo l’asse verticale:
N 1y  m1g  0  N1y  m1g  (150  9.81) N  1472 N

 N1  1472 N
164


F  1 N 1  (0.460  1472) N  677 N
La cassa quindi si mette in movimento solo se l’uomo spinge almeno con una


forza d’intensità superiore al massimo attrito statico F  fs,max  677 N .


2) Le due forze F ed fs1 non sono una coppia azione e reazione perché agiscono

sullo stesso oggetto, cioè la cassa. La F che l’uomo esercita sulla cassa fa coppia


azione e reazione con la forza F che la cassa esercita sull’uomo, e la forza fs1

-F

F

fs1

N1

m1g
che il pavimento esercita sulla cassa fa coppia azione e reazione con la forza

fs 1 che la cassa esercita sul pavimento.

- fs1
3) Un istante prima che la cassa inizi a slittare, il terzo principio prevede che

essa eserciti sull’uomo la forza F  (677 N; 0) . Poiché l’uomo è fermo,

N2
l’equilibrio in direzione orizzontale richiede che dal pavimento agisca su di lui

una forza di attrito fs 2  (677 N; 0) . Poiché ci viene richiesto il minimo coeffi
ciente di attrito statico 2 che permette al pavimento di esercitare fs 2 sulle suo
le, dovremo sfruttare al massimo l’attrito supponendo che fs 2 sia la più grande


spinta che il coefficiente 2 permette, cioè fs 2  2 N 2 .

Calcoliamo N 2  (0, N 2y ) dall’equilibrio lungo l’asse verticale:
N 2y  m2g  0  N 2y  m2g  (75.0  9.81) N  736 N

 N 2  736 N

677 N  2 (736 N)

2 
677 N
736 N

m g
2

fs2

fs
Ed inserendo nell’espressione dell’attrito risolviamo rispetto 2 :


fs 2  2 N 2

-F
 0.920


mg

29. Un blocco di massa m  30.0 kg inizia a scivolare lungo un piano inclinato
quando l’angolo  raggiunge i 25.0 . Si dica quanto valgono il coefficiente di

fs
attrito statico s e la forza massima di attrito statico. Quanto vale la forza di attrito statico se l’angolo di inclinazione scende a 20.0 ?
[R: 101 N ]

a
30. Un bagaglio di massa m  50.0 kg si trova appoggiato sul tetto di un’auto
che viaggia su una strada piana, con accelerazione di 2.50 m/s2 . Sapendo che
il coefficiente di attrito statico fra tetto e bagaglio vale s  0.350 , e supponendo trascurabile la resistenza dell’aria, si dica se il bagaglio scivola all’indietro.
[R: si]

f s,max
31. Quanto deve valere, come minimo, il coefficiente di attrito statico fra gli
pneumatici e l’asfalto per permettere ad un’auto di massa m di accelerare con
a  5.00 m/s2 senza che le ruote motrici slittino?
165
[R: 0.510 ]

- fs,max

F
25.0 °

32. Un blocco di massa m  3.50 kg viene tirato da una forza F inclinata di

  25.0 rispetto all’orizzontale, di intensità F  15.0 N . Si dica se il bloc-
co si muove verso destra, sapendo che s  0.350 .
[R: si]
11. L’attrito radente dinamico
Quali sono le caratteristiche dell’attrito radente dinamico?
L’attrito dinamico permette il funzionamento dei freni nelle auto e della carta
vetrata, rallenta lo scivolamento degli oggetti lungo un piano inclinato, riscalda
le superfici che si sfregano come pistone e cilindro dentro al motore a scoppio,
rendendosi responsabile di dispendio energetico. Potremmo scherzosamente
dire che l’attrito radente dinamico ha due facce: una buona, che ha consentito lo
sviluppo della civiltà umana, l’altra cattiva, costituendo uno dei principali ostacoli alla realizzazione di meccanismi di utilità pratica.
Quali sono le proprietà della forza di attrito radente dinamico?

Indichiamo con fk la somma delle forze che si esercitano nella zona di contatto
e chiamiamola forza di attrito radente dinamico. Gli esperimenti mostrano che :

1) La direzione di fk è parallela alla superficie di contatto ed il verso è
opposto a quello dello scivolamento.

2) L’intensità fk è indipendente sia dall’estensione (apparente) della superficie di contatto sia dalla velocità dello scivolamento

3) L’intensità è proporzionale a quella della forza normale N che il piano
di scivolamento esercita sull’oggetto. La costante di proporzionalità
viene detta coefficiente di attrito dinamico, ed indicata con la lettera greca
mi, quindi:


fk  k N
Potrebbe l’attrito radente dinamico superare quello statico?
Si tratta di un’eventualità assurda dal punto di vista logico. Se così fosse, allora
potremmo decidere di applicare ad un corpo una forza maggiore di quella
166
dell’attrito statico massimo, ma minore di quella dell’attrito dinamico. In tal caso l’oggetto dovrebbe dapprima mettersi in movimento in avanti visto che si è
superato l’attrito statico massimo, ma appena fosse in moto dovrebbe andare
anche indietro perché l’attrito dinamico lo spingerebbe con una forza contraria,
maggiore della nostra. Questo assurdo si supera solo se la forza massima di attrito statico è sempre minore della forza di attrito dinamico, cioè se:
s  k
Esercizi
33. Un blocco di massa m  20.0 kg viene tirato lungo un piano da una forza di

intensità F  350 N formante un angolo  con la direzione orizzontale. Il

N

fk
coefficiente di attrito dinamico vale k  0.75 . Dopo aver spiegato in quale fra i

N
La forza normale nel primo caso è minore, dovendo solo equilibrare la parte di
tendiamo pertanto maggiore accelerazione nel primo caso che non nel secondo,
visto che ad una minore forza normale corrisponde un minor attrito.


Indicando al solito peso e normale con W (0; mg ) e N (0; N y ) , lungo la direzione verticale si ha nel primo caso:


N y  Fy  Wy  0  N  F sin 25.0  mg  0

N  (20.0  9.81  350  sin 25.0) N  48.3 N
da cui:


fk  k N  (0.75  48.3) N  36.2 N
e quindi lungo la direzione orizzontale:


 fk  F cos 25.0  max


F cos 25.0  fk
350  cos 25.0  36.2
ax 

m/s2  14.1 m/s2
m
20.0
Nel secondo caso invece, in verticale:


N y  Fy  Wy  0  N  F sin 25.0  mg  0

N  (20.0  9.81  350  sin 25.0) N  344 N
da cui:


fk  k N  0.75  344  258 N
e quindi lungo la direzione orizzontale:


 fk  F cos 25.0  max


F cos 25.0  fk
350  cos 25.0  258
ax 

m/s2  2.96 m/s2
m
20.0
167
25.0 °

W
due casi   25.0 e   25.0 ci si aspetta una maggiore accelerazione, si

calcolino entrambi i valori di a .

peso non bilanciata dalla componente verticale della forza F . Nel secondo caso


N deve invece bilanciare tutto il peso più la componente verticale di F . Ci at-

F

fk
-25.0 °

W

F

N
y

fk
34. Per misurare il coefficiente di attrito dinamico k di una rampa lunga



W
10.0 m ed inclinata di   40.0 si lascia scivolare lungo di essa un blocco di
massa m . Sapendo che il blocco impiega 3.50 s a raggiungere la base del
x piano si dica quanto vale k .
[R: 0.510 ]

F12
35. Due blocchi di massa m1  1.50 kg ed m2  3.00 kg scivolano lungo un
1
piano inclinato di   30.0 . Il blocco 1 sta dietro ed ha un coefficiente di
attrito dinamico inferiore 1  0.100 . Pertanto nella caduta si appoggia al

blocco 2, che sta davanti ed ha 2  0.400 . Si calcoli la forza di contatto F21
2 F
21
con cui il blocco 1 spinge sul 2.
[R: (2.53 N; 0 N) ]

168
Soluzioni
2. Scegliendo un riferimento con l’asse delle ascisse lungo la traiettoria rettilinea
del carrello, l’origine nella posizione in cui la forza inizia ad agire, e facendo
partire il tempo in questo stesso istante, risulterà x 0  0 m e v0x  2.50 m/s .
Per quanto riguarda i vettori forza ed accelerazione risulta:


F  (100 N,0) ; a  (a x , 0)
Ricaviamo l’accelerazione:
100 N
F
ax  x 
 4.00 m/s2
m
2.50 kg
Per le leggi orarie di questa traiettoria tutta orizzontale e rettilinea si avrà:
1
1
x  x 0  v0x t  ax t 2  2.50t  (4.00)t 2  2.50t  2.00t 2
2
2
vx  v0x  ax t  2.50  4.00t
Il carrello si ferma quando la velocità è nulla:
2.50
vx  2.50  4.00t  0  t 
s  0.630 s
4.00
Ed in questo intervallo di tempo percorre uno spazio pari a:
x (0.630 s )  [2.50(0.630)  2.00(0.630)2 ] m  0.780 m
Per fermarlo in 0.50 s occorre una forza maggiore di 100 N , e precisamente:


F
F

2.50  25.0
vx  2.50 
t  0  2.50 
(0.500)  0  F 
N  125 N
25.0
25.0
0.500
3. Scegliendo un riferimento con l’asse delle ascisse lungo la traiettoria rettilinea
del motorino, l’origine nella posizione in cui viene spento il motore, e facendo
partire il tempo in questo stesso istante, risulterà x 0  0 m e v0x  15.0 m/s .
Per quanto riguarda i vettori forza ed accelerazione risulta:


F  (40.0 N,0 N) ; a  (a x , 0)
Ricaviamo l’accelerazione:
40.0 N
F
ax  x 
 0.200 m/s2
m
200 kg
Per le leggi orarie di questa traiettoria tutta orizzontale e rettilinea si avrà:
1
1
x  x 0  v0x t  ax t 2  15.0t  (0.200)t 2  15.0t  0.100t 2
2
2
vx  v0x  ax t  15.0  0.200t
Dopo 10.0 s avremo:
vx (10.0 s)  15.0  0.200  10.0  13.0 m/s ; x (10.0 s)  0.200(10.0)2 m  20.0 m
Il motorino si ferma quando la velocità è nulla:
169
vx  15.0  0.200t  0

t
15.0
s  75.0 s
0.200
Ed in questo tempo ha percorso:
x (75.0 s)  0.200(75.0)2 m  1.13  103 m
Per fermarlo in 10.0 s occorre una forza maggiore di 40.0 N , e precisamente:


F
F

vx  15.0 
t  0  15.0 
(10.0)  0  F  (20.0  10.0) N  300 N
200
200
4. La situazione proposta è inverosimile, dato che per decelerare il capitano fermandolo in una frazione di secondo occorre esercitare su di lui esattamente la stessa forza che eserciterebbe il terreno. Inoltre il signor Spock subirebbe un danno ancora
maggiore, dato che per superare in discesa Kirk deve accelerare più di lui e quindi
per rallentare sé stesso nella stessa frazione di secondo dovrebbe subire una forza
enorme da parte sella sedia razzo con tutti i danni fisici che ne seguirebbero.
Come sappiamo la velocità con la quale si giunge a terra da un’altezza h vale:
vy   2gh   2  9.81  100 m/s  44.3 m/s
Ipotizzando che l’arresto del capitano avvenga in un intervallo temporale
t  0.50 s , occorre una accelerazione media:
vy
v fin  vin
0  (44.3)
ay 


m/s2  89 m/s2
t
t
0.50
Ed assumendo che la massa del capitano Kirk sia 80 kg pertanto il signor Spock
deve esercitare una forza media:
Fy  may  (80  89) N  7.1  103 N
Si tratta di una forza enorme, considerando che una massa di un solo chilogrammo è
attratta dalla Terra con una forza di 9.81 N , questa forza corrisponde all’attrazione
che la Terra esercita su di una massa di 723 kg .
6. Introducendo un sistema di riferimento con l’asse delle ascisse nella direzione
lungo cui si muove la cassa, come in figura, risulta:
Asse x : F1x  F2x  max
y

F2

F2x

F2y

F1x

F1
x

F1y
Entrambe le componenti sono in questo caso positive dato che puntano nella
direzione scelta per l’asse:


F1 cos 1  F2 cos 2  max
Asse y : F1y  F2y  may
Lungo l’asse delle ordinate si ha F1y  0 ed F2y  0 , ed inoltre ay risulta nulla
cui si sposta la cassa:


 F1 sin 1  F2 sin 2  0

Risolviamo questa equazione rispetto a F2 :

 sin 
sin 40.0
2
F2  F1
 150
N  168 N
sin 1
sin 35.0
che, inserita nella precedente, permette di ricavare ax :
170
ax 


F1 cos 1  F2 cos 2
m

150 cos 35.0  168 cos 40.0
m/s2  10.1 m/s2
25.0

F

N
9. In un riferimento disegniamo lo schema del corpo libero per il blocco ed



indichiamo le forze con N  (N ; 0) , F  (Fx ; Fy ) ,W  (0; mg ) . Si ha:
Fx  max  0 
Asse x :
N  Fx  0


N  F cos 25  0  N   F cos 25  (2.5  0.91) N  2.3 N

quindi: N  (2.3; 0)
Asse y :
25

Fx
y

mg
x
Fy  may  0
Fy  mg  0


F sin 25  mg

m
2.5  0.42
kg  0.12 kg
9.8

N


10. Per come è scelto il riferimento si ha F (Fx ; 0) ed N (0; N y ) ; inoltre:
Asse x :
Asse y :
 Fx  mg sin 23  max  14.1  103 N
Fx  mg sin 23  max
N y  mg cos 23.0  may  0


Fy

F
x
y
3
N y  mg cos 23.0  14.4  10 N
23

W
12. Se il carrello avanza a velocità costante significa che lungo il piano la sua
accelerazione è nulla. Fissando un asse delle ascisse in questa direzione come in
figura, si dovrà avere nulla la somma delle forze lungo x :
Fx  max  0  Wx  Fx  0

mg sin 15.0  F cos15.0  0

F cos15.0
100  0.966
m

kg  38.0 kg
g sin 15.0
9.81  0.259
Asse x :

N
y

F
15

W 
Fx

Wx
14. L’accelerazione di mA è maggiore di prima, perché la forza esercitata non
x
15
x

F
deve più accelerare anche la massa mB .
Calcoliamo il peso di mB :


WB  mB g  7.00 kg 9.81m/s2  68.7 N

15

La puleggia trasmette semplicemente questa forza alla massa A. Si ha quindi
lungo l’asse orizzontale:

68.7 N
WB  mAaAx  aAx 
 22.9 m/s2
3.00 kg
16. Ad ogni corda compete un proprio valore di tensione. Che non possa essere
lo stesso lo si vede immediatamente osservando lo schema del corpo libero in


un opportuno riferimento. Se si avesse T1  T2 la massa B non potrebbe accelerare.
Oggetto A asse y :
T1  mAg  mAaAy
171

W

N

T1

T2
B

mB g

T1

T2
A

m Ag
C
y

mC g
x
Oggetto B asse x :
T1  T2  mBaBx
Oggetto C asse y :
T2  mC g  mC aCy
Osservando che se poniamo aAy  a risulta aBx  a e aCy  a , si giunge al
sistema:
T  m g  m a
 1
A
A
T  T  m a
 1
2
B

T1  mC g  mC a

che, risolto fornisce:
a
y

N
mAg cos 35

T

T
A

mB g

mA g
T1 
mA (mB  2mC )
mA  mB  mC
g
T2 
mC (mB  2mA )
mA  mB  mC
g
17. In questo esercizio occorre introdurre due riferimenti distinti, uno per il corpo A
, con l’asse delle ordinate perpendicolare al piano, ed un altro per il corpo B, con
x l’asse delle ordinate in direzione verticale, come in figura. Risulta:
Oggetto A asse x : T  mAg sin   mAaAx
Oggetto B asse y :
35
35
mA  mB  mC
g
Oggetto A asse y : N  mAg cos   mAaAy  0
mAg sin 35
y
mC  mA

N  mAg cos 
T  mB g  mBaBy
Chiamiamo aAx  a . Per le proprietà sopra esposte della fune e della corda, risulta che aBy  a , dato che se la velocità di A viene incrementata verso destra
della quantità a ogni secondo, contemporaneamente la velocità di B è incrementata della stessa quantità a però in basso, cioè contrariamente al verso scelto come positivo nel riferimento di B. Possiamo impostare il sistema di due
equazioni nelle due incognite T ed a :
T  mAg sin   mAa

T  mB g  mBa

a
mB  mA sin 
mA  m B
g

mB g  mBa  mAa  mAg sin 
10.0  14.0 sin 35
m/s2  0.805 m/s2
10.0  14.0
 m  m sin  
m m (1  sin )
A
 g  A B
T  mB g  mBa  mB g  mB  B
g  90.1 N
mA  mB
 mA  mB 

a

T

T



ma

mg

mg
Come si vede il segno dell’accelerazione è determinato dalla quantità
mB  mA sin  : quando è positiva il sistema si muove verso destra, con la
massa B che scende, quando è negativa verso sinistra con B che sale.
18. Tracciando lo schema del corpo libero per il ciondolo si vede che su di esso
agiscono la forza di gravità e la tensione del filo, come in figura. Il ciondolo,
172

come tutto il resto del carrello ha una accelerazione orizzontale a  (a; 0) . Pos-
siamo risolvere il problema in due modi: per componenti e vettorialmente. Per
componenti si ha lungo i due assi:
asse x : T sin   ma
asse y : T cos   mg  0
Dalla seconda si ha T 
mg
sin   m a
cos 

mg
cos 
che inserito nelle seconda produce:
sin 
a
 tan  
cos 
g


  tan1  a 
 g

Usando il secondo principio in forma vettoriale risulta:



T  mg  ma
sfruttando il fatto che l’accelerazione è tutta orizzontale, e quindi è orizzontale

pure il vettore ma , il metodo di punta-coda fornisce un triangolo rettangolo di
ipotenusa T e cateti ma , mg . Il rapporto fra il cateto opposto ad  e quello
adiacente dà la tangente dell’angolo:


ma a
tan  

   tan1  a   tan1 5.0
 27

g

9.8
mg
g


19. Tracciando lo schema di corpo libero per ciascuna delle M , in verticale si ha :
T  Mg  0  T  Mg  (2.00  9.81) N  19.6 N
mentre per m , sempre in verticale:
2T sin10
2T sin10  mg  0  m 
 0.347 kg
g
Notare che, essendo la corda quasi orizzontale, la sua tensione di 19.6 N è molto
maggiore del peso mg  3.40 N che sostiene. Per analogo motivo deve essere molto tesa la corda degli equilibristi del circo.
20. Per m , nella direzione verticale risulta:
mg
2T sin 20  mg  0  T 
 11.7 N
2 sin10
Valore che nel primo caso coincide con quello letto sul dinamometro, che misura proprio la tensione dell’unica corda presente.
Nel secondo caso la tensione vale sempre T  11.7 N ma dato che la corda tira
per due volte sul dinamometro, il valore che si legge è il doppio, cioè 23.4 N .
22. Consideriamo i due vagoni come un unico oggetto. Lungo l’asse orizzontale

su di essi agisce la sola forza F dovuta alla locomotiva e si ha:
C
Fx  2Ma  (2  25.0  103  0.750) N  37.5  103 N

Allora è F  (37.5  103 , 0) e di conseguenza la forza resistente esercitata dai

vagoni sulla locomotiva vale F  (37.5  103 , 0) .

La forza FCB che il vagone B esercita sul vagone C deve avere intensità tale da C
produrre l’accelerazione a  0.750 m/s2 :
FCBx  Ma  (25.0  103  0.750) N  18.8  103 N
173

F
B

FCB

FBC

Allora è FCB  (18.8  10 3 , 0) e di conseguenza la forza resistente esercitata dal

terzo vagone sul secondo FBC  (18.8  103 , 0) .


Sul vagone B lungo le ascisse agiscono F ed FBC . La risultante è:

F
B
RBx  Fx  FBCx  37.5  103 N  18.8  103 N  18.7  103 N
evidentemente positiva dato che B accelera verso destra:

RB  (18.7  10 3 N, 0)
E come si verifica facilmente aBx 
18.7
m/s2  0.750 m/s2 .
25.0

23. Sulla massa m agisce due volte la tensione T
mg
2T  mg  0  T 
 14.7 N
2

Sul gancio A agisce una volta la tensione della corda quindi FA  (0, 14.7 N) .

Ne segue che il gancio A esercita sulla corda una forza FA  (0,14.7 N)

Sul gancio B agisce due volte la tensione della corda quindi FB  (0, 29.4 N) .

Ne segue che il gancio B esercita sulla corda una forza FB  (0, 29.4 N)

Anche sul gancio C agisce una volta la tensione cioè FC  (0,14.7 N) . Ne segue

che il gancio C esercita sulla corda una forza FC  (0, 14.7 N) .

NB



NC

NP
y

|NC|sin


NC

FD
x

Mg
Tracciamo ora lo schema di corpo libero del cuneo in un riferimento con assi

orizzontale e verticale. In verticale agiscono la gravità, la forza normale N P del

pavimento e la componente di NC , che si equilibrano. Nella direzione orizzon-

T2

T1
lamento all’indietro del cuneo. Come già fatto in altri esercizi, scegliendo un asse delle ordinate perpendicolare al piano del cuneo, e tracciato lo schema di

corpo libero del blocco, si calcola agevolmente N B :
N B  mg cos   0  N B  mg cos 



Essendo N B  (mg cos , 0) si ha: N B  NC  mg cos  .
y
45 °

24. Il cuneo esercita sul blocco la forza normale N B . Dalla terza legge segue che


il blocco esercita sul cuneo la forza NC  N B , che è responsabile dell’ scivo-
60 °
tale per avere l’equilibrio si ha:


 NC sin   FDx  0  FDx  NC sin 
FDx  mg cos   sin   3.00  9.81  cos 30.0 sin 30.0  12.7 N da cui:

FD  (12.7, 0) .
y
m1

T1

T2
m2
25. Su ciascuna delle masse agisce la tensione della corda ed il peso. Applicandoli secondo principio lungo l’asse y si ottiene:
T1  m1g  0

R

T1  m1g  19.6 N
x
174
T2  m2 g  0

T2  m2g  68.7 N

La forza risultante R che le corde esercitano sul gancio si trova sommando le
proiezioni delle due tensioni lungo gli assi:
Asse x : Rx  19.6  sin 45  68.7 sin 60  45.6 N
Asse y : Ry  19.6  cos 45  68.7 cos 60  348 N

Per la terza legge il gancio esercita sulle corde una forza F uguale e contraria

 
ad R : F  R  (45.6 N, 348 N)

26. Per calcolare la forza F  (Fx , 0) necessaria alla frenata per avere

l’accelerazione a  (1.50, 0) , considerando il sistema un unico oggetto:
Fx  (mA  mC )ax  (1.35  103  0.250  103 )(1.50) N  2.40  103 N

Possiamo ora ricavare la forza frenante FCA esercitata sul carrello da parte

FCA

FAC
dell’auto:

FCAx  mC ax  (0.250  103 )(1.50)  0.375  103 N  FCA  (375 N, 0) da


N1
cui per la terza legge segue FAC  (375 N, 0) .
27. Lungo le direzioni di scivolamento, che chiameremo x per entrambi, si ha:
Blocco 1: m1g cos 45  T  m1a1x
1
Blocco 2: m2g cos 60  T  m2a 2x
In base ai versi scelti, è poi chiaro che se poniamo a  a1x allora dovrà essere
pure a2x  a . Si giunge così al sistema:
m1g cos 45  T  m1a

m2g cos 60  T  m2a


T  m1a  m1g cos 45

T  m2g cos 60  m2a


T
m1a  m1g cos 45  m2g cos 60  m2a
m2 cos 60  m1 cos 45
m1  m2
g  2.32 m/s2
29. Quando il blocco è sul punto di scivolare, la forza di attrito statico ha raggiunto il suo valore massimo però l’accelerazione è ancora zero, essendo fermo.
Nel consueto riferimento con l’asse delle ascisse parallelo al piano, si ha


fs  ( fsx , 0) , N  (0; N y ) , e, qualunque sia l’angolo  , l’equilibrio chiede:
asse x : fsx  Wx  0

fsx  mg sin   0
asse y : N y  Wy  0

N y  mg cos   0


fsx  mg sin 
N y  mg cos 
Dice il testo che se   25.0 siamo nelle condizioni di massimo attrito statico,
quindi:
175
°

N2
2
60
che risolta produce:
45

W1
da cui:
a
x

T
°
x

W2

 fs,max  124 N

N y  mg cos 25.0  267 N  N  267 N


In condizioni di attrito massimo deve essere fs,max  s N , da cui:

fs,max
124 N
s 
 0.464
 
267 N
N
fsx ,max  mg sin 25.0  124 N
Per il calcolo della forza di attrito statico per   20.0 usiamo l’equazione precedente:

fsx  mg sin 20.0  101 N  fs  101 N
30. Il bagaglio si muove anch’esso di moto uniformemente accelerato, con
ax  2.50 m/s2 : per produrre una tale accelerazione occorre una forza orizzon-
tale:
F
x
 max  (50.0  3.50) N  175 N
La sola forza che agisce su di esso in orizzontale è l’attrito statico con il tetto

dell’auto, fs . Calcoliamo il suo valore massimo: il bagaglio non scivola se questo è superiore al valore trovato di 175 N .
N y  mg  0  N y  mg  (50.0  9.81) N  491 N


fs,max  s N  (0.350  491) N  172 N


N  491 N
quindi il bagaglio scivola all’indietro.
31. Affinché le ruote non slittino, la forza richiesta per far accelerare l’auto non


deve superare il valore della massima forza di attrito statico, fs,max  s N .
Lungo la direzione verticale si ha:

N y  mg  0  N  mg
da cui:


fs,max  s N  s mg
lungo la direzione orizzontale:
fs max,x  max

s m g  m a

s 
5.00 m/s2
a

 0.510
g
9.81 m/s2
quindi le gomme non slittano se s  0.510 .
y

N

fs

W

F

25.0 ° Fy

Fx
x

32. Il blocco si mette in moto quando la componente orizzontale di F è maggiore della massima forza di attrito statico. Lungo l’asse y abbiamo:


N y  Wy  Fy  0  N  mg  F sin   0


N  mg  F sin   (3.50  9.81  15.0 sin 25.0) N  28.0 N


Il massimo attrito statico è: fs max  s N  (0.350  28.0) N  8.75 N


la componente orizzontale di F : Fx  F cos   (15.0 cos 25.0) N  13.6 N
176

e poiché risulta Fx  fs max il blocco si mette in moto.
34. Calcoliamo l’attrito dinamico ricavando dapprima la forza normale. Lungo
l’asse perpendicolare al piano di scivolamento si ha:


N y  Wy  0  N  mg sin 40.0  0  N  mg sin 40.0
Lungo l’asse parallelo al piano di scivolamento quindi risulta:

fkx Wx  max   fk  mg cos 40.0  max
k m g sin 40.0  m g cos 40.0  m ax
Per trovare il valore dell’accelerazione ax sfruttiamo l’informazione che a percorrere i 10.0 m della lunghezza della rampa impiega 3.50 s . Dalla legge oraria
lungo il piano di scivolamento, assumendo che il blocco parta fermo e scegliendo l’origine nel punto da cui inizia a scivolare così che x 0  0 , si ha:
x (t )  x 0  v0x t  1 ax t 2  1 ax t 2
2
2
1
10.0 m  ax (3.50 s)2 
2
E sostituendo nell’equazione precedente si trova:
x (3.50 s)  10.0 m

ax  1.63 m/s2
k g sin 40.0  g cos 40.0  1.63 m/s2
k 
g cos 40.0  1.63 m/s2
g sin 40.0

(9.81  0.766  1.63) m/s2
(9.81  0.643) m/s2
 0.933

N1
y

fk1
35. Considerando dapprima il sistema dei due blocchi come un unico oggetto di
massa m1  m2 , calcoliamone l’accelerazione. Lungo la direzione di scivolamento agiscono le componenti dei due pesi e dei due attriti:
W1x W2x  fk 1x  fk 2x  (m1  m2 )ax


m1g sin   m2g sin   1 N 1  2 N 2  (m1  m2 )ax

W1
Lungo la direzione perpendicolare al piano risulta:


N 1y W1y  0  N 1  m1g cos   0  N 1  m1g cos 


N 2y W2y  0  N 2  m2 g cos   0  N 2  m2g cos 
da cui si ricavano le forze di attrito:

fk 1x  1 N 1  1mg cos 

fk 2x  2 N 2  2m2g cos 
ax 
m1  m2
g  2.35 m/s

f
F21x  fk 2x W2x  m2ax
F21x  2m2g cos   m2g sin   m2ax
177

W2

F21
k2

2
Adesso studiamo lo schema del corpo libero del blocco 2, ed imponendo che la

sua accelerazione lungo x sia ax  2.35 m/s2 si trova F21 :

fk2

N2
Sostituendo nell’equazione per la direzione orizzontale:
m1g sin 30.0  m2 g sin 30.0  1m1g cos 30.0  2m2 g cos 30.0  (m1  m2 )ax
m1 sin 30.0  1 cos 30.0  m2 sin 30.0  2 cos 30.0

N2

W2

x
F21x  m2 2g cos   g sin   ax   2.53 N


quindi F21 (2.53 N; 0) , e dalla terza legge è pure F12 (2.53 N; 0) .
178