Collegio di Milano - Arbitro Bancario Finanziario

Decisione N. 2716 del 01 agosto 2012
Collegio di Milano
composto dai signori:
- Prof. Avv. Antonio Gambaro
Presidente
- Prof.ssa Antonella Maria Sciarrone Alibrandi
Membro designato dalla Banca d’Italia
- Prof.ssa Cristiana Maria Schena
Membro designato dalla Banca d’Italia
- Dott. Dario Purcaro
Membro designato dal Conciliatore
Bancario Finanziario
- Avv. Emilio Girino
Membro designato da Confindustria, di
concerto
con
Confcommercio,
Confagricoltura e Confartigianato
(Estensore)
nella seduta del 19 luglio 2012 dopo aver esaminato:
x il ricorso e la documentazione allegata;
x le controdeduzioni dell’intermediario;
x la relazione istruttoria della Segreteria Tecnica.
FATTO
In data 14 novembre 2007 una società finanziaria abilitata alla resa di servizi di leasing
(cui più tardi subentrerà l’odierno resistente) stipulava un contratto di locazione operativa
con un’impresa artigiana avente ad oggetto beni strumentali. L’impresa cliente risulta aver
sottoscritto il ricorso in qualità di cointestatario del rapporto.
In virtù di tale accordo, il successivo 23 novembre la finanziaria acquistava dal ricorrente
fornitore dette attrezzature per concederle in locazione al cliente finale. L’ordine di
acquisto dei beni prevedeva che il fornitore alla scadenza o in ogni altra ipotesi di
risoluzione del contratto, corrispondesse alla finanziaria, nel caso di accettazione della
proposta irrevocabile di acquisto prevista dalle condizioni generali di contratto, 198,50
euro + IVA.
Il 7 marzo 2008, la società finanziaria comunicava all’artigiano locatario la cessione del
contratto di locazione operativa in questione, unitamente a tutti i diritti, facoltà ed obblighi
da esso derivanti, all’odierno resistente.
L’8 novembre 2010, il locatario comunicava al resistente l’intenzione di procedere alla
disdetta anticipata del contratto di locazione (la cui scadenza originaria era prevista il 28
febbraio 2011) contestualmente manifestando il proprio interesse all’acquisto in proprietà
dei beni.
Riscontrando tale manifestazione di interesse, in data 21 novembre 2011 il resistente
informava il cliente che la sua proposta per la compravendita del bene prevedeva il
pagamento di un importo di € 1.500 oltre IVA, cifra che peraltro in prima battuta era stata
espressa in 3.000 euro oltre IVA.
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Decisione N. 2716 del 01 agosto 2012
Nel reclamo presentato il 30 gennaio 2012, il fornitore odierno ricorrente contestava il
prezzo proposto dal resistente, rinviando alla clausola sopradescritta contenuta nell’ordine
di acquisto dei beni che prevedeva quale prezzo di riacquisto la minor somma
sopraindicata (€ 198,5 oltre IVA). Era dunque tale somma, ad avviso del ricorrente, che il
cliente finale avrebbe dovuto corrispondere, non già il maggior importo preteso dal
resistente. Concludeva il ricorrente, diffidando il resistente dall’inoltrare ulteriori richieste al
cliente locatario non coerenti con il descritto importo.
Il 14 febbraio 2012, il resistente replicava evidenziando come la proposta irrevocabile di
riacquisto ex art. 1329 c.c., convenuta nelle condizioni generali di contratto in vigore fra
ricorrente e resistente, attribuisse un obbligo di acquisto in capo al solo ricorrente e una
mera facoltà di vendita (realizzabile attraverso l’accettazione della proposta) in capo al
resistente. Spettava dunque al resistente esprimersi, al termine della locazione, in ordine
all’accettazione della proposta di riacquisto vendendo le attrezzature al fornitore originario,
ovvero non accettarla e disporne come meglio ritenesse opportuno.
Con ricorso del 15 marzo 2012 il ricorrente, dopo aver ripercorso i fatti per come appena
narrati, richiedeva il rispetto da parte resistente del valore di riacquisto pari ad € 198,50
oltre IVA. Questo e non altro, a dire del ricorrente, il resistente avrebbe avuto titolo di
richiedere al cliente finale.
In data 14 maggio 2012, il resistente depositava le sue controdeduzioni nelle quali ribadiva
l’insussistenza a proprio carico di qualsivoglia obbligo vuoi all’alienazione dei beni oggetto
del contratto al fornitore, vuoi alla vendita al prezzo di 198,5 euro. Chiedeva, pertanto, al
Collegio il rigetto integrale di tutte le domande ed eccezioni proposte dal ricorrente in
quanto infondate in fatto ed in diritto.
DIRITTO
Il tema del contendere ha ad oggetto la ritenuta violazione di una specifica disposizione
contrattuale contenuta nel contratto di acquisto di un bene strumentale, che un
intermediario operante nel settore del leasing (cui subentrerà, acquisendone ogni
connesso diritto e obbligo, l’intermediario oggi resistente), su ordine del proprio cliente,
ebbe a suo tempo a stipulare con il fornitore di detto bene.
Corre l’obbligo di evidenziare come il ricorso, promosso dal fornitore, risulti essere altresì
sottoscritto, in qualità di possibile cointestatario del rapporto, anche dal cliente
dell’intermediario. Il Collegio non può esimersi dal constatare come siffatta cointestazione
non trovi alcun riscontro nella produzione documentale delle parti, dalle quale emerge
invece con estrema chiarezza la perfetta distinzione oggettiva e soggettiva fra il contratto
di locazione operativa stipulato dal (e solo dal) cliente con l’intermediario resistente, da un
lato, e, dall’altro, il contratto d’acquisto (formalmente chiamato “ordine di acquisto”)
stipulato dall’intermediario con il (e solo con il) fornitore odierno ricorrente.
Il rilievo appare del resto intuitivamente dirimente ai fini della decisione nel merito. La
censura del ricorrente si appunta, infatti, sulla circostanza per cui, nel contratto di acquisto,
era stato pattuito un corrispettivo per l’acquisto in proprietà del bene, in caso di cessazione
del leasing operativo, determinato in euro 198,50 + Iva, decisamente maggiore di quello
(euro 1.500,00 + Iva) che invece il resistente avrebbe preteso dal cliente nel momento in
cui quest’ultimo, disdettando il contratto locativo, avrebbe dichiarato la sua disponibilità
all’acquisto del bene stesso. Non può, tuttavia, sfuggire che la clausola contestata prevede
un obbligo a carico del solo fornitore ricorrente di versare il predetto prezzo ridotto nel solo
caso in cui il resistente accetti la proposta irrevocabile di acquisto, formulata ab origine dal
fornitore nell’ambito del contratto quadro che lo vincola all’intermediario, ossia il contratto
che regola in via generale i rapporti di compravendita dei beni fra intermediario e fornitore
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destinati alla successiva locazione operativa dei beni alla clientela (è a tale accordo che la
clausola contenuta nell’ordine di acquisto fa riferimento con l’espressione “condizioni
generali”. Il relativo documento contrattuale non è stato prodotto in atti, ma la circostanza
non è contestata da alcuna delle parti).
Per una miglior comprensione della fattispecie controversa, giova brevemente richiamare
la dinamica tipica di qualsivoglia rapporto di locazione operativa che, nel caso che ci
occupa, appare pienamente realizzata.
Al pari di un leasing finanziario, il leasing operativo si fonda su uno schema
finanziariamente trilaterale ma giuridicamente consistente in due distinti segmenti
contrattuali. Individuato il bene di suo interesse, il cliente utilizzatore chiede
all’intermediario abilitato di procedere al suo acquisto presso un dato fornitore alle
condizioni commerciali già negoziate con quest’ultimo. L’intermediario procede pertanto
all’acquisto del bene (nel caso in esame, tramite il sopraindicato ordine di acquisto)
versando al fornitore il corrispettivo pattuito. Così acquisita la proprietà del bene,
l’intermediario lo concede, con apposito e separato accordo, in locazione operativa al
cliente utilizzatore, il quale corrisponde in contropartita un certo ammontare distribuito in
canoni periodici. Al termine della locazione, il bene viene restituito al proprietario, ossia
all’intermediario locatore. A differenza che in un leasing finanziario, dove all’utilizzatore
viene per definizione accordato il diritto di rendersi acquirente del bene a fine contratto, nel
leasing operativo, di norma, tale facoltà non è prevista sicché, salvo diverso e specifico
accordo, il cliente è tenuto a restituire il bene all’intermediario.
Naturalmente, per un intermediario, il sistematico ritorno di beni strumentali in sua
proprietà costituisce un rischio (in gergo definito “rischio commerciale”) del tutto alieno alla
sua operatività prettamente finanziaria. Per tale ragione, nonché in conformità a quanto
previsto in materia dalla Circ. Banca d’Italia 5.8.1996 n. 216, l’intermediario neutralizza
tale rischio pattuendo, nel diverso contratto col fornitore, l’obbligo in capo a quest’ultimo di
riacquistare il bene alla scadenza: obbligo che l’intermediario naturalmente attiverà solo
nel caso in cui non raggiunga nel frattempo un diverso accordo con il cliente al fine di
trasferire a quest’ultimo la proprietà del bene stesso. Al fine di consentire siffatta elasticità
di manovra l’intermediario configura l’obbligo di acquisto del fornitore come opzione di
vendita, ex art. 1331 cod. civ., in favore dell’intermediario, ovvero come proposta
irrevocabile di acquisto, ex art. 1329 cod. civ., in capo al fornitore. L’effetto giuridico che ne
consegue è identico in entrambi i casi: l’intermediario, se lo riterrà, nel primo caso,
eserciterà l’opzione di vendita che il fornitore sarà tenuto ad onorare così rendendosi
acquirente del bene; nel secondo, accetterà la proposta d’acquisto del fornitore ed
egualmente avrà titolo per alienargli il bene.
Ora quale che sia la formula prescelta (nel caso controverso, l’intermediario ha optato per
la seconda), va da sé che la rivendita del bene al fornitore costituisce una facoltà per
l’intermediario, mentre l’acquisto, secondo le formule sopra ipotizzate, costituisce invece
un obbligo per il fornitore ove l’intermediario intenda avvalersi di tale facoltà. Così come è
evidente che l’esercizio di siffatto diritto pertiene esclusivamente al rapporto fra fornitore e
intermediario, come tale insuscettibile di far sorgere eguale diritto in capo al cliente
utilizzatore, parte del diverso contratto di locazione operativa. Di conseguenza, le
condizioni di rivendita e riacquisto pattuite nel diverso contratto fra intermediario e fornitore
non possono in alcun modo influenzare la determinazione delle condizioni dell’eventuale
accordo di riacquisto fra intermediario e cliente.
Posto che, nel caso qui deciso, il prezzo indicato nell’ordine di acquisto corrispondeva ad
una pattuizione intervenuta fra il fornitore ricorrente e l’intermediario resistente, cui era del
tutto estraneo il rapporto negoziale corrente fra quest’ultimo e il cliente, la pretesa del
ricorrente di estendere la condizione, pattuita per l’eventuale diritto di rivendita
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dall’intermediario all’utilizzatore, all’eventuale accordo di acquisto da negoziarsi fra cliente
e resistente è dunque priva di ogni giuridico fondamento.
P.Q.M.
Il Collegio non accoglie il ricorso.
IL PRESIDENTE
firma 1
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