UNIVERSITA’ DI MILANO-BICOCCA FACOLTA’ DI PSICOLOGIA a.a. 2012/2013 CORSO DI PSICOLOGIA FISIOLOGICA Prof.ssa Roberta Daini I DISTURBI DELLA PERCEZIONE: L’AGNOSIA Deficit del riconoscimento di oggetti tramite un canale sensoriale, in assenza di disturbi delle abilità percettive elementari e di altri disturbi cognitivi. Frederiks, 1969 Modello di Lissauer (1890) 2 livelli di elaborazione: appercettiva Costruzione di un oggetto percettivo (percetto) associativa Abbinamento fra percetto e conoscenze immagazzinate relative all’oggetto 2 tipi di agnosia: Agnosia appercettiva • Risultato della perdita di un modulo specifico di analisi percettiva • Deficit nel riprodurre un oggetto, nel descriverlo nei particolari e nel distinguerlo da oggetti visivamente simili Agnosia associativa • Risultato di una disconnessione fra la rappresentazione appercettiva dello stimolo e le conoscenze immagazzinate sull’oggetto. • Il paziente è in grado di eseguire compiti di copia e accoppiamento visivo, senza riconoscere l’oggetto. AGNOSIA VISIVA • Agnosia appercettiva: danneggiata l’elaborazione visiva precoce (analisi delle componenti elementari, giudizi di grandezza, discriminazione figura-sfondo). • lesione cerebrale bilaterale delle are associative visive. • Agnosia associativa: non vi è identificazione dell’oggetto perché non sono più accessibili le conoscenze concettuali sottostanti. • lesione occipitale sinistra + splenio del corpo calloso Modello anatomo-funzionale delle agnosie Warrington (1985) Emisfero Destro: categorizzazione percettiva Emisfero Sinistro: categorizzazione semantica Pazienti con lesione posteriore destar cadono a prove di costanza percettiva. Non cadono pazienti con lesione destra anteriore o con lesione sinistra (anteriore o posteriore). AGNOSIA APPERCETTIVA Esempi di test: Incomplete Letter task, Gollin Picture test, Poppelreuter Test, Copia di figure. Cadono i pazienti con agnosia appercettiva, ma non quelli con agnosia associativa (visiva). AGNOSIA ASSOCIATIVA Matching-by-function test Compito di categorizzazione Doppia dissociazione tra VIVENTI e NON-VIVENTI DISTURBI CATEGORIA-SPECIFICI Deficit di discriminazione, denominazione, e sottostanti conoscenze concettuali • deficit oggetti naturali (“viventi”) • deficit oggetti artificiali (“non viventi”) Spiegazioni • separate organizzazioni delle conoscenze lessicali/concettuali • diverso tipo di conoscenze sottostanti - o. naturali: conoscenze sensoriali - o. artificiali: conoscenze funzionali Ipotesi per i deficit categoria-specifico Picture naming task: • Danni della memoria semantica visiva compromettono soprattutto la categoria “viventi” • Danni della memoria semantica funzionale compromettono solo la categoria dei “non viventi” Doppia dissociazione nel modello computazionale di Farah e MacClelland (1991). Dati a favori di una elaborazione specifica per i volti Studi elettrofisiologici • Selettività nella risposta neuronale Studi evolutivi • Precocità nel riconoscimento dei volti Studi comportamentali • Specificità di effetti nella elaborazione dei volti Evidenze neuropsicologiche Prosopoagnosia • Disturbo specifico nel riconoscimento di volti, mentre la capacità di riconoscere oggetti risulta integra. • Il riconoscimento deficitario per via fisiognomica è invece possibile per altri canali (voce, abbigliamento, andatura, ecc.) • Lesioni unilaterali o bilaterali temporo-occipitali (Michel et al., 1989) • Studi di neuroimmagini funzionali • Selettività delle aree coinvolte Selettività ai volti di neuroni della corteccia temporale della scimmia Studio ERPs: N200 e P300 e corteccia occipitotemporale (Allison et al., 1999) Risposta evocata da un volto in uno studio fMRI à il giro fusiforme (FFA, da face fusiform area) McCarthy et al., Il modello anatomo-funzionale dell’elaborazione dei volti di Haxby, Hoffman e Gobbini (2000) Modificato da Posamentier e Abdi (2003), “Processing faces and facial expressions” Che cosa rende i volti uno stimolo “speciale”? Secondo Martha Farah, l’analisi d tipo globale. Un esempio dell’effetto di inversione a sostegno dell’ipotesi globale: Thatcher Illusion Thompson (1980) Che cosa rende i volti uno stimolo “speciale”? Secondo Isabelle Gauthier, l’esperienza. Greebles (Gauthier et al., 1998) Elaborazione dei volti come di stimoli iperappresi. Il movimento volontario Il controllo volontario di un comportamento motorio finalizzato implica un insieme di processi cognitivi: • Riconoscimento di oggetti esterni • Il recupero di conoscenze apprese a vari livelli (‘cosa fare’ e ‘come fare’ una certa cosa) • L’implementazione di sequenze di azione in un preciso ordine temporale • La memoria di lavoro • Il monitoraggio per prevenire o correggere errori • Etc. Perchè lo studio del movimento nelle neuroscienze cognitive? • Il funzionamento cognitivo (percezione, memoria, attenzione, ragionamento) è utile se permette all’essere vivente di modificare in modo funzionale le sue azioni future. Da un punto di vista evoluzionista, l’azione efficace è il fine ultimo di tutta quanta l’elaborazione interna. • Lo studio neuroscientifico del movimento volontario permette di comprenderne i meccanismi psicofisiologici sottostanti ma anche • Lo studio del comportamento agito è fondamentale per inferire disturbi a livello psicologico (comportamento disfunzionale, movimenti stereotipati, perseverazioni, compulsioni, etc.). IL MOVIMENTO VOLONTARIO • Filogeneticamente parlando, la possibilità di generare movimenti indipendenti dal contesto esterno e la flessibilità del movimento dipende dal controllo corticale. Il tratto cortico-spinale è presente solo nei mammiferi. • Rappresentazione somatotopica del corpo. • Per gli effettori distali tale rappresentazione è solo controlaterale. • Stimolazioni elettriche o TMS: topografia della corteccia motoria. • Le aree motorie sono organizzate gerarchicamente con diversi livelli di controllo. L’ORGANIZZAZIONE GERARCHICA ALLA BASE NEL MOVIMENTO VOLONTARIO Secondo il modello gerarchico, i livelli più alti di elaborazione nel controllo volontario del movimento riguardano lo scopo finale dell’azione, la traduzione dell’obiettivo finale in una determinata traiettoria coinvolgerebbe solo i livelli più bassi Scritte eseguite con diversi distretti corporei: mano, polso, mano non dominante, bocca, piede --> dimostrazione di rappresentazioni per il movimento non legate agli effettori, ma sovraordinate --> applicazioni nella Psicologia dello Sport Deficit ‘motori’ da lesione del lobo frontale • Emiplegia o emiparesi (area 4 e 6 o solo area 4) • Disturbi del tono muscolare (area 6) • Disturbi dell’equilibrio (connessioni fronto-cerebellari) • Disturbi della motilità oculare (area 8, FEF) • Disturbi prassici (prefrontale, ma anche parietale)