© SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 1, 2000-2001 www.unimib.it/symphonya Le ‘leggi-base’ della politica di marca∗ Al Ries, Laura Ries∗∗ Abstract Dal 1890 al 1990, la popolazione mondiale si è moltiplicata 4 volte mentre il consumo di prodotti industriali è cresciuto 40 volte, il consumo di energia 16, il consumo d’acqua 9 e il volume totale dell’economia 14. Grazie alla sua creatività, l’uomo ha il potere di innovare ed adattare le proprie tecnologie, le istituzioni socio-politiche e la propria attitudine rispetto alla natura per alleviare la pressione sull’ambiente. I mercati, in genere, non prendono in considerazione il valore di numerosi beni e servizi cui provvede la natura (come l’impollinazione delle piante da parte degli insetti, la regolazione delle inondazioni da parte del manto vegetale, la decomposizione, operata dai batteri, dei rifiuti e degli residui tossici liberati nell’acqua e nel suolo, o il valore estetico del paesaggio). La riuscita della transizione verso uno sviluppo economico durevole presuppone una buona informazione sullo stato dell’ambiente, una motivazione volta all’azione e la capacità di farlo. Keywords: Sviluppo economico; Sviluppo sostenibile; Cambiamenti ambientali; Politiche di mercato; Gestione delle risorse naturali; Esternalità ambientali negative. 1. La Legge dell’Espansione: il potere di una marca è inversamente proporzionale al suo ambito Si pensi alla Chevrolet. Cosa viene immediatamente in mente? Questo causa qualche problema? È comprensibile. Chevrolet è una macchina o un camion grande, piccolo, conveniente, costoso … Quando si appone il proprio nome di marca su tutto, quel nome perde il suo potere. Chevrolet era la marca di automobili più venduta in America. Ora non più. Oggi la Ford è il leader. Si pensi alla Ford. Stesso problema. Ford e Chevrolet, una volta marche molto potenti, stanno andando in fiamme. Stanno lentamente dirigendosi verso un mucchio di rottami. Gli acquirenti della Ford parlano delle loro Taurus. O delle loro Bronco. O delle loro Explorer. O delle loro Escort. Gli acquirenti della Chevrolet parlano delle loro … Allora, di cosa parlano gli acquirenti di Chevy? Tranne la Corvette, non ci sono forti marche nel resto della linea di automobili Chevrolet. La Chevy ha, dunque, un problema di immagine di marca. Chevrolet ha dieci modelli diversi di automobili. Ford ne ha otto. Questa è una ragione per cui Ford vende più di Chevrolet. Il potere di una marca è inversamente proporzionale al suo ambito. Perché Chevrolet offre sul mercato tutti quei modelli? Perché intende vendere più macchine. E nel breve periodo lo fa. Nel lungo periodo, tuttavia, pregiudica il nome della propria marca nella mente del consumatore. Breve periodo versus lungo periodo. Si estende la linea al fine di incrementare le vendite nel breve periodo? O si mantiene una linea limitata al fine di costruire la marca nella mente del consumatore ed aumentare le vendite nel futuro? Si costruisce la marca oggi al fine di vendere la merce domani? O si espande la marca oggi al fine di vendere i prodotti oggi e vederla declinare domani? ∗ Tradotto su autorizzazione da ‘The 22 Immutable Laws of Branding. How to Build Your Product or Service into a World-Class Brand’, Mark Plus Quarterly, August-October 1998 ∗∗ Ries and Ries, Roswell, Georgia Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Ries Al, Ries Laura, Le ‘leggi-base’ della politica di marca, Symphonya. Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 1, 2000-2001, pp. 45-59 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2001.1.04ries.ries) 46 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 1, 2000-2001 www.unimib.it/symphonya In molte imprese l’enfasi è sul breve periodo. L’estensione della linea, il ‘megabranding’, la politica di prezzo e una moltitudine di altre sofisticate tecniche di marketing vengono usate per sfruttare le marche piuttosto che per costruirle. Se lo sfruttamento della marca può produrre facilmente denaro nel breve periodo, nel lungo periodo ciò può consumare la marca fino a quando questa non rappresenterà più niente. 2. La Legge della Contrazione: una marca diventa più forte quando restringe il suo focus Ogni piccola città americana ha un ‘coffee shop’. Nei centri e nelle città più grandi si trovano coffee shop ogni due isolati. Ora, cosa si può trovare da mangiare in un coffee shop? Qualsiasi cosa. Colazione, pranzo e cena. Pancakes, muffins, hot dog, hamburger, sandwiches, torte, gelati e, ovviamente, caffè. Cosa ha fatto Howard Schultz? In un’incredibile esplosione di creatività manageriale, egli ha aperto un coffee shop che, tra tutte le altre cose, si è specializzato in caffè. In altre parole, egli ha ristretto il focus. Oggi il progetto di Schultz, ‘Starbucks’, è una catena in rapida crescita che ogni anno realizza un giro di affari di centinaia di milioni di dollari. La sua impresa, Starbucks Corp., vale più di un miliardo di dollari sul mercato azionario. E la quota azionaria di Shultz vale 65 milioni di dollari. Il McDonald’s medio ha 70 o 80 voci nel menu. La metà dei dipendenti sono teenager, non ancora abbastanza grandi o maturi per gestire la complessità delle operazioni di oggi. E le persone si meravigliano perché il cibo e il servizio non sono così buoni come quando da McDonald’s si servivano solo hamburger, patatine fritte e bibite (il menu originale di McDonald’s aveva solo 11 voci che includevano tutte le dimensioni e i sapori). McDonald’s offre troppe cose e come risultato il cibo e il servizio sono mediocri. È meglio restringere l’obiettivo. 3. La Legge della Propaganda: la nascita di una marca è generalmente realizzata con la propaganda, non con la pubblicità Anita Roddick ha costruito il Body Shop come marca principale senza alcuna pubblicità. Al contrario ha viaggiato per il mondo in una implacabile ricerca di propaganda spingendo le sue idee per l’ambiente. È stato il torrente senza fine di quotidiani e articoli di riviste, più le interviste alla radio e alla televisione che hanno letteralmente creato la marca Body Shop. Neanche Starbucks ha speso molti soldi in pubblicità. In dieci anni, l’azienda ha speso meno di 10 milioni di dollari in pubblicità, una quantità insignificante per una marca che realizza ogni anno vendite che si avvicinano ad un miliardo di dollari. Wal-Mart è diventato il più grande distributore del mondo con vendite che si avvicinano a 100 miliardi di dollari con pochissima pubblicità. Un componente del gruppo Wal-Mart, Sam’s Club, vende in media 45 milioni di dollari per punto di vendita senza quasi nessuna pubblicità. Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Ries Al, Ries Laura, Le ‘leggi-base’ della politica di marca, Symphonya. Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 1, 2000-2001, pp. 45-59 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2001.1.04ries.ries) 47 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 1, 2000-2001 www.unimib.it/symphonya Dall’altro lato, Miller Brewing ha speso 50 milioni di dollari per lanciare una marca chiamata Miller Regular (o semplicemente Miller). La marca non ha generato nessuna propaganda, quasi nessuna percezione nella mente dei bevitori di birra, e pochissime vendite. 50 milioni di salasso. Un lavoro più fresco, creativo avrebbe meglio reso una birra chiamata Miller Regular una marca leader? Pensiamo di no. Non c’è alcuna potenziale propaganda in una birra comune con una estensione di linea con un nome come Miller. Nel passato, può essere stato vero che un sostanzioso budget pubblicitario rappresentava il fattore chiave nel processo di costruzione della marca. Tuttavia, ciò che funzionava nel passato non necessariamente funziona oggi. Viviamo in una società ‘over-communicated’, in cui ognuno di noi è bombardato da centinaia di messaggi pubblicitari ogni giorno. Oggi le marche sono nate, non fatte. Una nuova marca deve essere in grado di generare una favorevole propaganda nei media o non avrà alcuna possibilità di sopravvivenza sul mercato. 4. La Legge della Pubblicità: una volta nata, una marca morirà se non è mantenuta in vita dalla pubblicità Il budget pubblicitario di un’impresa è come il budget per la difesa di un paese. Quelle enormi quantità di dollari spesi in pubblicità non comprano niente; essi impediscono solo di perdere quote di mercato nella lotta concorrenziale. Tutti quei carri armati lanciano missili e difendono il paese dall’essere invaso da uno dei suoi nemici. La propaganda è uno strumento potente, ma prima o dopo una marca sopravvive alla sua propaganda potenziale. Il processo normalmente si svolge attraverso due fasi. La prima fase comporta l’introduzione di una nuova categoria, come ad esempio la fotocopiatrice per carta non rigata introdotta da Xerox nel 1959. Centinaia di periodici e di articoli sono stati scritti sul lancio della fotocopiatrice 914. I dirigenti della Xerox, inoltre, sono apparsi in molti show televisivi per mostrare il loro nuovo prodotto. Molto è stato scritto sul potenziale della nuova categoria. La seconda fase riguarda l’ascesa dell’impresa che ha fatto da pioniere per la nuova categoria. Ancora, centinaia di articoli sono stati scritti sui successi finanziari e di mercato di Xerox (proveniente dalle ceneri di Haloid, un produttore di carta fotografica) e il suo mutamento in leader tecnologico. Oggi, tutti sanno che Xerox è stato un pioniere nella xerografia ed è diventato un leader mondiale nel settore delle macchine per fotocopie. Non c’è altro da raccontare. Quasi tutte le marche di successo seguono questo processo. Marche come Compaq, Dell, SAP, Oracle, Cisco, Microsoft, Starbcks e Wal-Mart sono nate con molta propaganda. Non appena la propaganda scompare, ognuna di queste marche dovrà passare un giorno ad una massiccia pubblicità per difendere le proprie posizioni. Prima la propaganda, poi la pubblicità: questa è la regola generale. Prima o poi, una marca leader deve cambiare la sua strategia di branding dalla propaganda alla pubblicità. Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Ries Al, Ries Laura, Le ‘leggi-base’ della politica di marca, Symphonya. Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 1, 2000-2001, pp. 45-59 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2001.1.04ries.ries) 48 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 1, 2000-2001 www.unimib.it/symphonya 5. La Legge della Parola: una marca dovrebbe impegnarsi per giungere a possedere una parola nella mente del consumatore Cosa viene in mente quando si pensa al possedere una Mercedes? Se si potesse curiosare nella mente di un tipico acquirente di automobili, si troverebbe probabilmente la parola ‘prestigio’ strettamente associata con la marca Mercedes. Si dica la verità: non si associa il prestigio con la marca Mercedes-Benz? Molte persone lo fanno. È possibile associare alla marca anche attributi come costosa, tedesca, ‘well-engineered’ e affidabile, ma la differenziazione fondamentale è il prestigio. Le Lamborghini sono costose, le Audi sono tedesche, le Honda sono well-engineered e le Toyota sono affidabili, ma nessuna di queste marche esprime il prestigio di una Mercedes. Ciò che il prestigio è per Mercedes, la sicurezza lo è per Volvo. Volvo possiede la parola ‘sicurezza’ nella mente dell’acquirente di automobili. E, come risultato, nel corso degli ultimi dieci anni, Volvo è diventata la macchina di lusso europea più venduta in America. Una volta che una marca possiede una parola, è quasi impossibile per un concorrente portare via quella parola dalla marca. Si potrebbe costruire una macchina più sicura della Volvo? Probabilmente sì. Molte marche hanno già dichiarato di farlo, incluse Saab e Mercedes-Benz. Potrebbe un’altra marca possedere la parola ‘sicurezza’ nella mente del consumatore? Probabilmente no. Se si vuole costruire una marca, occorre concentrare i propri sforzi di marca sul possedere una parola nella mente del potenziale cliente. Una parola che nessun altro possiede. 6. La Legge delle Credenziali: il fattore cruciale per il successo di qualunque marca è il suo richiamo all’autenticità I consumatori sono sospettosi. Essi tendono a non credere a molte dichiarazioni sui prodotti. La propria marca può durare più a lungo, richiedere meno manutenzione, ed essere più semplice da usare, ma chi crederà a dichiarazioni come queste? C’è una sola dichiarazione, comunque, che dovrebbe avere la precedenza su qualsiasi altra dichiarazione. È la sola dichiarazione che pone la marca al di sopra della concorrenza. E rende ogni altra dichiarazione molto più credibile. È la cosa vera. È il richiamo all’autenticità. Quando Coca-Cola ha fatto per prima questo richiamo, i consumatori hanno immediatamente risposto. “Si”, sono stati d’accordo. “Coke è la cosa vera. Tutto il resto è un’imitazione”. Anche se l’ultima pubblicità ‘real thing’ è stata realizzata quasi 30 anni fa, il concetto è diventato strettamente associato con CocaCola. È la credenziale della marca. Anche oggi, la ‘cosa vera’ è così strettamente associata con Coca-Cola che i giornalisti di quotidiani e periodici proveranno a sfruttare le parole in quasi ogni articolo scritto sull’azienda. Le credenziali sono le garanzie che si costruiscono per assicurare la performance della propria marca. Quando si hanno le giuste credenziali, il cliente potenziale probabilmente crederà quasi ogni cosa che l’impresa dirà sulla propria marca. Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Ries Al, Ries Laura, Le ‘leggi-base’ della politica di marca, Symphonya. Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 1, 2000-2001, pp. 45-59 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2001.1.04ries.ries) 49 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 1, 2000-2001 www.unimib.it/symphonya 7. La Legge della Qualità: è importante avere la qualità, ma le marche non si costruiscono solo con la qualità Cosa è la qualità? Tutti pensano di saper distinguere un prodotto di alta qualità da un prodotto di bassa qualità, ma in realtà le cose non sono sempre così ovvie. Un Rolex funziona meglio di un Timex? Si è sicuri? Una Leica funziona meglio di una Pentax? Si è sicuri? Una penna Montblanc scrive meglio di una Cross? Si è sicuri? La qualità è un concetto che ha migliaia di ammiratori. Il modo per costruire una marca migliore è quello di costruire un prodotto migliore. Ciò che sembra così intuitivamente vero in teoria non sempre lo è in pratica. Costruire la propria marca sulla qualità è come costruire la propria casa sulla sabbia. Si può costruire un prodotto di qualità, ma ciò ha poco a che fare con il proprio successo sul mercato. Anni di osservazioni ci hanno condotto a questa conclusione. Non c’è quasi nessuna correlazione tra il successo sul mercato e il successo nei test comparativi tra marche. Sia che si tratti di test sul sapore, test di precisione, test di affidabilità, test di resistenza o qualsiasi altro tipo di test fra marche. Consideriamo l’acquisto di un’automobile. La qualità è presa in considerazione? Assolutamente sì. Molti acquirenti di automobili cercano la migliore qualità che possono permettersi. Ma dove risiede il concetto di qualità? Nel salone d’esposizione? No. La qualità, o piuttosto la percezione di qualità, risiede nella mente dell’acquirente. Se si vuole costruire una marca potente, occorre costruire una potente percezione di qualità nella mente del consumatore. 8. La Legge della Categoria: una marca leader dovrebbe promuovere la categoria, non la marca Secondo la legge della contrazione, una marca diventa più forte quando si restringe il suo focus. Cosa succede quando si restringe il focus a tal punto che non c’è più alcun mercato per la marca? Questa è potenzialmente la migliore situazione di tutte. Ciò che è stato creato è l’opportunità di introdurre una nuova categoria. Quale era il mercato per una vodka costosa prima di Stolichnaya? Quasi nessuno. Quale era il mercato per le macchine costose prima di Mercedes-Benz? Quasi nessuno. Quale era il mercato per le pizze consegnate a casa prima di Domino’s Pizza? Quasi nessuno. Qui c’è un paradosso. La politica di marca è ampiamente percepita come il processo per catturare una quota più grande di un mercato esistente. Che è quello che solitamente vuol dire il CEO da poco nominato quando dice “Dobbiamo far crescere il business”. L’aspetto più efficiente, più produttivo, più utile della politica di marca, però, non ha niente a che fare con l’incremento della quota di mercato di un’azienda. L’aspetto più efficiente, più produttivo, più utile della politica di marca è creare una nuova categoria. In altre parole, esso consiste nel restringere il focus a zero e nel cominciare qualcosa di completamente nuovo. Questo è il modo per diventare il primo in una Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Ries Al, Ries Laura, Le ‘leggi-base’ della politica di marca, Symphonya. Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 1, 2000-2001, pp. 45-59 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2001.1.04ries.ries) 50 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 1, 2000-2001 www.unimib.it/symphonya nuova categoria e, alla fine, la marca principale in un nuovo segmento di mercato in rapida crescita. Per creare una marca in una categoria non esistente, per creare qualcosa dal niente, bisogna fare immediatamente due cose: in primo luogo, bisogna lanciare la marca in modo tale da creare la percezione che quella marca è stata la prima, il leader, il pioniere o l’originale. Invariabilmente si dovrebbe usare una di queste parole per descrivere la propria marca. In secondo luogo, bisogna promuovere la nuova categoria. 9. La Legge del Nome: nel lungo periodo una marca non è niente altro che un nome La più importante decisione che si dovrà mai prendere nella politica di marca riguarda il nome da dare al proprio prodotto o servizio. Ciò perché nel lungo periodo, la marca non è niente altro che un nome. Non si confonda ciò che rende una marca di successo nel breve periodo da ciò che la rende di successo nel lungo periodo. Nel breve periodo, una marca ha bisogno di un’idea o concetto esclusivo per sopravvivere. Essa ha bisogno di essere prima in una nuova categoria. Ha bisogno di possedere una parola nella mente del consumatore. Nel lungo periodo, tuttavia, l’idea o concetto esclusivo scompare. Tutto ciò che è rimasto è la differenza tra il proprio nome di marca e il nome di marca dei propri concorrenti. Xerox è stata la prima fotocopiatrice per carta semplice. Questa idea unica ha consolidato la potente marca Xerox nella mente del consumatore. Oggi, tuttavia, tutte le macchine per fotocopiare sono fotocopiatrici per carta semplice. La differenza tra le marche non è nei prodotti, ma nei nomi dei prodotti. O piuttosto la percezione dei nomi. All’inizio è stato facile vendere una fotocopiatrice Xerox 914. Tutto quello che bisognava fare era mostrare la differenza tra una fotocopia Xerox e una fotocopia normale. La copia Xerox era più pulita, più nitida e più facile da leggere. La carta rimaneva piatta, si presentava meglio al tatto ed era molto più semplice da maneggiare e da sistemare. Oggi queste differenze non esistono più, ma Xerox è ancora la marca di gran lunga migliore nel settore delle fotocopiatrici. Una ragione è il nome stesso. È breve, unico e denota alta tecnologia. La risorsa più preziosa dei 18 miliardi di dollari della Xerox Corporation è il nome stesso della Xerox. 10. La legge delle Estensioni: il modo più semplice per distruggere una marca è mettere il suo nome su tutto Nessuna industria ha tante estensioni di linea quanto quella della birra. Prima del lancio di Miller Lite a metà degli anni settanta, esistevano solo tre principali marche di birra: Budweiser, Miller High Life e Coors Banquet. Oggi queste tre marche sono diventate quindici: Budweiser, Bud Light, Bud Dry, Bud Ice, Miller High Life, Miller Lite, Miller Genuine Draft, Miller Genuine Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Ries Al, Ries Laura, Le ‘leggi-base’ della politica di marca, Symphonya. Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 1, 2000-2001, pp. 45-59 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2001.1.04ries.ries) 51 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 1, 2000-2001 www.unimib.it/symphonya Draft Light, Miller Regular, Miller Reserve, Miller Reserve Light, Miller Reserve Amber Ale, Coors, Coors Light e Coors Extra Gold. Queste 15 marche hanno incrementato la loro quota di mercato rispetto a quella ottenuta dalle tre marche originali? Non proprio. C’è stato qualche incremento, ma non più grande di quello che ci si può aspettare. La disponibilità di queste quindici varietà di Budweiser, Miller e Coors ha aumentato il consumo di birra? No. Il consumo di birra pro-capite durante gli ultimi 25 anni è stato relativamente piatto. Un’altra ragione dell’incremento nelle estensioni di linea è un naturale istinto dell’impresa ad imitare i concorrenti. L’introduzione della Miller Lite da parte di Miller è stata rapidamente seguita da Schlitz Light, Coors Light, Bud Light, Busch Light, Michelob Light e Pabst Light. La lista delle birra ‘light’ è interminabile. Perché Miller ha introdotto Miller Regular, una marca di cui molti bevitori di birra non hanno mai sentito parlare? Perchè Anheuser-Busch ha la Budweiser regolare, Coors ha la Coors regolare, e Miller non aveva una birra regolare. Non si rida. Questo è il modo in cui molte aziende pensano. La concorrenza deve sapere qualcosa che noi non sappiamo. Facciamo la stessa cosa. Una ragione per cui il 90% di tutte le nuove marche sono estensioni di linea è che il management misura i risultati con lo strumento sbagliato. Essi misurano solo il successo dell’estensione. Essi non misurano mai l’erosione del ‘core brand’. E non si tratta solo di erosione, ma anche di opportunità perse. Le grandi marche potenti dovrebbero avere quote di mercato che si avvicinano al 50% del mercato come Coca-Cola, Heinz, Pop-Tarts, Jello, e Gerber’s. Ma è difficile trovare di più di queste poche marche. Le estensioni di linea hanno portato molti grandi marche fino alla morte. 11. La Legge della Compagnia: al fine di creare la categoria, una marca dovrebbe accogliere altre marche Cosa ci porta alla legge della compagnia? Non solo la marca dominante dovrebbe tollerare i concorrenti, ma dovrebbe anche dar loro il benvenuto. La migliore cosa che è successa alla Coca-Cola è stata la Pepsi-Cola. (A questo fine è ironico che l’azienda della Coca-Cola abbia lottato in tribunale con Pepsi-Cola a causa dell’uso di ‘Cola’ nel loro nome. Fortunatamente per Coke, ha perso, creando una categoria per la cola che da allora è stata crescente di successo). La scelta stimola la domanda. La concorrenza tra Coke e Pepsi ha reso i consumatori più consapevoli della cola. Il consumo pro-capite è aumentato. Occorre ricordare che i consumatori hanno possibilità di scelta, anche quando non c’è concorrenza. Essi possono scegliere di bere birra, acqua, ‘ginger ale’ o succo di frutta invece di bere una cola. La concorrenza aumenta il livello del rumore e tende ad incrementare le vendite nella categoria. La concorrenza, inoltre, allarga la categoria permettendo alle marche di rimanere focalizzate. Se Coca-Cola attrae le persone più grandi e Pepsi-Cola quelle Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Ries Al, Ries Laura, Le ‘leggi-base’ della politica di marca, Symphonya. Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 1, 2000-2001, pp. 45-59 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2001.1.04ries.ries) 52 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 1, 2000-2001 www.unimib.it/symphonya più giovani, le due marche possono rimanere focalizzate (e potenti) mentre allo stesso tempo allargano il mercato. I consumatori rispondono alla concorrenza perché la scelta è vista come un maggior beneficio. Se non c’è possibilità di scelta, i consumatori diffidano. Forse la categoria ha qualche difetto? Forse il prezzo è troppo alto? Chi vuole comprare una marca se non c’è un’altra marca con cui confrontarla? 12. La Legge del Generico: uno dei modi più veloci per fallire è dare ad una marca un nome generico Spesso la storia ci conduce fuori strada. Alcune delle aziende (e delle marche) di maggior successo nel passato hanno avuto nomi generici. General Motors, General Electric, General Mills, General Foods, General Dynamics, American Airlines, American Motors, American Broadcasting Company, American Telephone & Telegraph, Aluminum Company of America, National Broadcasting Company, National Biscuit Company, National Car Rental. Alcune aziende hanno anche provato a combinare due o più di questi nomi altezzozi del tipo ‘tutto a tutti’, come ad esempio La American General Life e la Accident Insurance Company. Siamo sorpresi che nessuno abbia pensato di usare ‘International General American Standard Products Company’. Nel passato, le aziende pensavano di avere bisogno di nomi importanti, di grande portata, generici. E il nome di marca era quasi sempre il nome dell’azienda. (Oggi un approccio di questo tipo può produrre la General Global Corp). E ancora, nel passato questa strategia di scelta dei nomi funzionava. Perché? Anni fa il mercato era inondato di prodotti indifferenziati realizzati da migliaia di piccole aziende che operavano in una singola città o regione. I nomi importanti, di grande portata, generici ponevano questi piccoli concorrenti al loro posto. Ora assistiamo al passaggio dai nomi generici (o generali) ai nomi specifici. Nabisco, Alcoa, NBC, GE, ABC, IBM. Ci sono molte aziende nazionali di biscotti, ma una sola Nabisco. Ci sono molte aziende di alluminio in America, ma una sola Alcoa. Ci sono molte aziende televisive nazionali, ma una sola NBC. Certamente, siamo sicuri che la NBC si è sempre considerata l’Azienda Televisiva Nazionale piuttosto che ‘un’azienda televisiva nazionale’. 13. La Legge dell’Impresa: le marche sono marche. Le imprese sono imprese. C’è una differenza Niente causa così tanta confusione nel processo di attribuzione di una marca quanto l’uso del nome dell’impresa. Il nome dell’impresa dovrebbe dominare il nome della marca? Per esempio: Microsoft domina Microsoft Word. Dovrebbe il nome della marca dominare il nome dell’impresa? Per esempio: Tide domina Procter & Gamble. O si dovrebbe dare loro uguale peso? Per esempio: Gillette Sensor. Il problema di come usare un nome d’impresa è allo stesso tempo sia facile che complicato. Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Ries Al, Ries Laura, Le ‘leggi-base’ della politica di marca, Symphonya. Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 1, 2000-2001, pp. 45-59 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2001.1.04ries.ries) 53 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 1, 2000-2001 www.unimib.it/symphonya Facile, perché le leggi sono così ben delineate. Complicato, perché le imprese non seguono le semplici leggi di attribuzione della marca e finiscono con un sistema che va contro logica ed ha come risultato dibattiti senza fine sulla dominanza della marca o dell’impresa. Le marche quasi sempre hanno precedenza sui nomi delle imprese. I consumatori acquistano marche, non acquistano imprese. Così quando il nome di un’impresa viene utilizzato anche come nome della marca (GE, Coca-Cola, IBM, Xerox, Intel), i consumatori vedono questi nomi come marche. Quando si combina il nome di un’impresa con il nome di una marca in maniera chiara e coerente, il nome della marca è considerato come il ‘nome’, mentre quello dell’impresa come il ‘cognome’: per esempio General Motors Cadillac. La semplice osservazione vuole dimostrare come raramente i consumatori usano il nome di un’impresa…quando ad essi è stato dato un possibile nome di marca da utilizzare. “Ti piace la mia nuova Cadillac?” Tenendo presente questo, un’impresa rimane un’impresa fino a che il nome non è usato come nome di marca. Una marca è una marca. C’è una differenza. Un’impresa è l’organizzazione che fabbrica o produce la marca. Non è la marca stessa. Microsoft non è Word, Procter & Gamble non è Tide. Microsoft produce molti prodotti, uno dei quali è Word. Procter & Gamble produce molti prodotti, uno dei quali è Tide. 14. La Legge delle Sottomarche: ciò che l’attribuzione della marca costruisce, la sottomarca può distruggere L’essenza di una marca è un’idea unica, o attributo o segmento di mercato che si può ricordare. La creazione di sottomarche è un concetto che pone la marca esattamente nella direzione opposta. La sottomarca distrugge ciò che la marca costruisce. I concetti di marca che non sono guidati dal mercato non portano da nessuna parte. Sottomarche, marche dominanti, megamarche non sono concetti guidati dal consumatore. Essi non hanno significato nella testa della maggior parte dei consumatori. Si pensi semplicemente; si pensi come un consumatore e la propria marca avrà più successo. 15. La Legge che regola le marche di una stessa famiglia: c’è momento e luogo per lanciare una seconda marca Le leggi dell’attribuzione della marca sembrano suggerire che un’impresa concentri tutte le proprie risorse in una singola marca per un singolo mercato. Si tenga la marca focalizzata ed si ignorino le opportunità di entrare in nuovi territori. Vero. Ma viene un momento in cui un’impresa dovrebbe lanciare una seconda marca. E forse una terza, e magari una quarta. La strategia di una seconda marca non è per ogni impresa. Se maneggiata in modo scorretto, la seconda marca può offuscare il potere della prima marca e sprecare risorse. In altre circostanze, invece, una famiglia di marche Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Ries Al, Ries Laura, Le ‘leggi-base’ della politica di marca, Symphonya. Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 1, 2000-2001, pp. 45-59 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2001.1.04ries.ries) 54 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 1, 2000-2001 www.unimib.it/symphonya può sviluppare ciò che assicurerà un controllo del mercato da parte di un’impresa per molti decenni. Per esempio il Wm. Wrigley Jr. Co., per più di un centinaio di anni, ha dominato il mercato delle gomme da masticare guadagnando miliardi di dollari di profitti. Ma non con una marca. Oggi Wrigley ha una famiglia di marche: Big Red (una marca al gusto di cannella); Doublemint, (una marca al gusto di menta piperita); Extra (una marca senza zucchero); Freedent (una marca che non si attacca ai denti); Juicy Fruit (una marca al sapore di frutta); Spearmint (una marca al gusto di menta); Winterfresh (una marca che profuma l’alito). Il miglior modo per avvicinarsi a questa famiglia di marche è di considerare ciascun membro come un’unica marca, con una propria identità. Bisogna trattenere l’impulso di dare alle marche la stessa immagine o la stessa identità. Bisogna che le marche siano il più possibile diverse tra di loro. L’approccio di Wrigley non è perfetto. Le prime tre marche di Wrigley (Juicy fruit, Spearmint, e Doublemint) sono troppo simili ad un’estensione della linea di prodotti. Esse hanno bisogno del nome Wrigley per supportare il loro generico nome di marca. Big Red, Extra, Freedent e Winterfresh, tuttavia, possono essere indipendenti, ciascuna come una marca separata. 16. La Legge della Forma: un logo della marca potrebbe essere disegnato per catturare gli occhi, entrambi gli occhi Un logo è una combinazione di un marchio che rappresenta il simbolo visibile della marca e del nome della marca sistemato in un carattere distintivo. I logo esistono in tutte le forme. Rotondi, quadrati, ovali, orizzontali, verticali. Ma non tutte le forme sono uguali agli occhi del consumatore. Dato che gli occhi del vostro consumatore sono posizionati in orizzontale, la forma ideale per un logo è orizzontale. Approssimativamente, largo due unità ed alto una unità. Una forma ‘due per uno’ orizzontale procurerà il massimo impatto per il vostro logo. Ciò è vero dovunque il logo sia utilizzato: su edifici, brochure, intestazioni di lettere, pubblicità o biglietti da visita. La preferenza orizzontale è importante specialmente quando un logo è utilizzato per un negozio al dettaglio. Nella giungla del neon, un logo verticale è in serio svantaggio. Il logo del cappello da cowboy ‘Arby’ è un esempio della penalizzazione della verticalità. Ugualmente importante è la leggibilità. I disegnatori di logo spesso vanno ‘fuori bordo’ scegliendo un carattere tipografico che esprima gli attributi di una marca piuttosto che la sua capacità di essere chiaramente letto. I caratteri tipografici esistono in migliaia di stili e pesi, ma i consumatori sono solo vagamente consci delle differenze. Per parafrasare David Oglivy, nessuna donna dice: “Vorrei aver comprato questo detersivo, ma si dovrebbe sistemare il (titolo) nome in Karnack Bold”. Quale carattere tipografico usa Rolex nel suo logo? Ralph Laurent? Rolls Royce? Serif o no? La verità è che le parole (Rolex, Ralph Laurent, Rolls Royce) sono ciò che comunica il potere delle marche. I caratteri tipografici utilizzati per sistemare la parola possono aiutare o ostacolare il processo di Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Ries Al, Ries Laura, Le ‘leggi-base’ della politica di marca, Symphonya. Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 1, 2000-2001, pp. 45-59 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2001.1.04ries.ries) 55 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 1, 2000-2001 www.unimib.it/symphonya comunicazione, ma solo in modo insignificante. D’altro lato, se il carattere tipografico è virtualmente illeggibile, il logo ha un significato minimo o nullo nella testa del consumatore. Non per il carattere tipografico utilizzato, ma perché la prospettiva non consente di leggere le parole. La leggibilità è la più importante considerazione nello selezionare caratteri tipografici utilizzati nei logo. 17. La Legge del Colore: una marca dovrebbe usare un colore che è l’opposto di quello dei suoi maggiori concorrenti Un altro modo di creare una distinzione di marca è con il colore. Ma il colore non è un attributo facile con cui lavorare. Ci sono migliaia di parole tra cui scegliere al fine di creare un nome unico, ma solo una manciata di colori. Fondamentalmente ci sono cinque colori (rosso, arancio, giallo, verde e blu), più i colori neutri (nero, bianco e grigio). È meglio rimanere in uno di questi cinque colori primari, piuttosto che uno intermedio o colore misto. Ma quale colore? Si tenga in mente che tutti i colori non sono uguali agli occhi di chi li guarda. I colori sull’estremo rosso dello spettro sono focalizzati debolmente dietro la retina nei vostri occhi. Tuttavia un colore rosso sembra attrarre i tuoi occhi mentre lo stai guardando. I colori sull’estremo blu dello spettro, d’altra parte, sono focalizzati leggermente davanti alla retina nei vostri occhi. Un colore blu sembra andare via da te. Per queste ragioni fisiche, il rosso è il colore dell’energia e dell’eccitazione. Il rosso è un colore in-your-face. Il blu è il contrario. Il blu è pacifico e tranquillo. Il blu è un colore rilassante. Nel mondo delle marche, il rosso è un colore usato dai commercianti per attirare l’attenzione. Il blu è un colore usato dalle imprese per comunicare stabilità. Per esempio Coca-Cola usa il rosso e IBM usa il blu. Gli altri colori base sono nel mezzo. L’arancio è più simile al rosso che al blu. Il verde è più simile al blu che al rosso. Il giallo è un colore neutro. Ma per il fatto di essere in mezzo alla gamma delle lunghezze d’onda che i vostri occhi possono catturare, il giallo è il colore più luminoso. (La sua luminosità è la ragione per cui il giallo è spesso usato per comunicare ‘attenzione’ come nelle luci gialle, nelle linee gialle, nei cartelli gialli, eccetera). C’è una logica potente per la selezione di un colore che è opposto di quello del vostro maggiore concorrente. Quando si ignora questa legge del colore, lo si fa a proprio rischio. Cola è un liquido rosso-bruno, quindi il logico colore per una marca di cola è il rosso. Questo è il motivo per cui Coca-Cola è stata utilizzata rossa efficacemente per più di un centinaio di anni. Pepsi-Cola fece una scelta mediocre. Si utilizzarono il rosso e il blu come colore della marca: il rosso per rappresentare la cola ed il blu per differenziare la marca dalla Coca-Cola. Per anni Pepsi ha lottato con una ‘meno che ideale’ risposta alla strategia di colore della Coke. Siamo onesti: negli occhi della tua mente non sembra il mondo essere inondato nell’insegna Coca-Cola? E non è duro raffigurarsi molte insegne PepsiCola? Pepsi è fuori di qui, ma la mancanza di un unico e differenziante Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Ries Al, Ries Laura, Le ‘leggi-base’ della politica di marca, Symphonya. Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 1, 2000-2001, pp. 45-59 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2001.1.04ries.ries) 56 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 1, 2000-2001 www.unimib.it/symphonya colore tende a renderli invisibili in un mare di insegne concorrenti. Recentemente Pepsi-Cola ha visto la luce, o almeno, il colore. È questo che avrebbe dovuto essere fatto più di cinquant’anni fa: rendere il colore di marca opposto a quello del principale concorrente. La Pepsi-Cola sta diventando blu. La Pepsi ha anche appena dipinto un aereo supersonico Concorde di blu per portare il messaggio del colore agli imbottigliatori nel mondo. 18. La Legge dei Confini: non ci sono barriere alla politica di marca globale. Una marca non dovrebbe conoscere confini Nel nostro lavoro di consulenza troviamo che la maggior parte dei nostri clienti credono fermamente in due cose: primo, le quote di mercato delle loro marche non possono sostanzialmente essere aumentate nei loro paesi di origine. Secondo, hanno bisogno di crescere. Come risultato di queste convinzioni d’acciaio, insistono nell’espandere le loro marche in nuove categorie di prodotti. “È il solo modo per crescere”, dicono. Così diventano vittime della prima legge della politica di marca: la legge dell’espansione. “Sicuro”, dicono, “l’estensione può essere pericolosa, ma è l’unico modo per crescere”. Non è l’unico modo per crescere. Infatti, la soluzione perfetta per raggiungere entrambi gli obiettivi è di costruire una marca globale. Ciò significa: mantenere un focus ristretto nel paese d’origine. E quindi diventare globali. Per anni la parola magica su molte marche è stata ‘importato’. Cibo, birra, vino, liquori, abiti, automobili, apparecchi e molti altri prodotti hanno beneficiato di un’etichetta d’importazione. Così se si attraversa un confine immediatamente viene accresciuto il valore della marca. Attualmente attraversare un confine spesso aggiunge valore ad una marca. Fino a che il valore giace nella testa del consumatore, la percezione di dove la marca proviene può aggiungere o sottrarre valore. Può qualcuno dubitare del valore di orologi provenienti dalla Svizzera, automobili dalla Germania, prodotti elettronici dal Giappone? Potrebbero orologi provenienti dall’Albania, auto dalla Turchia, o prodotti elettronici dalla Russia avere la stessa percezione? Ovviamente no. Ciascun Paese ha la sua propria unica percezione. Quando una marca è in sintonia con la percezione di un Paese, questa marca ha la possibilità di diventare una marca globale. Dovunque tu viva nel mondo oggi, le possibilità sono superiori, così che un numero significativo di persone indossano orologi svizzeri, guidano auto tedesche, e giocano con prodotti elettronici giapponesi. (Si spera non allo stesso momento). Nonostante dazi, tariffe, quote di importazione, ispezioni, regolamentazioni, ‘red tape’ e piccole molestie, il mondo sta diventando un grande mercato globale. E la tua marca sarebbe meglio entri nel carrozzone globale o rischi di perdere tutto. 19. La Legge della Consistenza: una marca non è costruita durante la notte. Il successo è misurato in decenni, non in anni La legge violata più frequentemente è la legge della consistenza. Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Ries Al, Ries Laura, Le ‘leggi-base’ della politica di marca, Symphonya. Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 1, 2000-2001, pp. 45-59 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2001.1.04ries.ries) 57 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 1, 2000-2001 www.unimib.it/symphonya Una marca non può entrare nella mente a meno che ci stia per qualcosa. Ma una volta che una marca occupa una posizione in testa, il produttore pensa alle ragioni per cambiarla. “Il mercato sta cambiando”, piange il produttore, “cambio la marca”. I mercati possono cambiare, ma le marche non dovrebbero. Mai. Esse possono essere inclinate lievemente o può essere attribuita loro una nuova angolazione, ma le loro caratteristiche essenziali (una volta che queste caratteristiche sono fermamente radicate nella mente) non dovrebbero mai essere cambiate. Tu hai una scelta. Segui il capriccio e distruggi la marca. O stai lì e speri che ti vada bene ancora. Nella nostra esperienza, stare lì è il vostro migliore approccio. Tanqueray è il principale gin superiore. Ma Absolut e Stolichnaya hanno creato una tendenza nei confronti della vodka superiore. Così Tanqueray introduce la Tanqueray Vodka. Tanqueray Vodka minerà il mercato di Absolut? Naturalmente no. Tanqueray Vodka minerà il mercato di Tanqueray Gin? In definitiva, sì. Le marche sono utilizzate come dichiarazioni di personalità. (Alcune persone di marketing chiamano queste dichiarazioni ‘stemmi’). La tua scelta di una marca è spesso determinata dalla dichiarazione che tu vuoi dare ad amici, vicini, colleghi o parenti. Talvolta è determinata dalla dichiarazione che tu vuoi dare a te stesso. “Io guido una BMW”. Quando le persone crescono, esse spesso vogliono cambiare la loro dichiarazione di personalità. Quando i bambini crescono essi spesso vogliono creare una dichiarazione circa la loro nuova maturità trovata attraverso il cambiamento della marca… dalla Coca Cola alla Budweiser, per esempio. Se la Coca-Cola decidesse di cercare di rincorrere i suoi consumatori attraverso il ‘cambiamento con il mercato’ sarebbe quindi logico introdurre un prodotto chiamato ‘birra Coca-Cola’. Così stupido come vi potrebbe sembrare la ‘birra Coca-Cola’, concettualmente non è diverso dalla ‘Tanqueray Vodka’, ‘acqua Coors’ o ‘Pepsi Crystal’. I mercati possono cambiare, ma le marche dovrebbero rimanere le stesse. 20. La Legge del Cambiamento: le marche possono essere cambiate, ma solo raramente e solo con grande cura Avendo insistito tediosamente sull’idea della consistenza e del focus, perché introduciamo il concetto di cambiamento? Perché niente nella vita, neanche nella politica di marca, è mai assoluto. Ci sono sempre eccezioni ad ogni regola. E la legge del cambiamento è la più grande eccezione. Dove avviene il cambiamento? Le imprese sono spesso focalizzate su ciò che hanno bisogno di fare internamente per facilitare il cambiamento della marca: le procedure, i manuali, le brochure, le conferenze stampa, la pubblicità. Ma il cambiamento di una marca non avviene all’interno di un’impresa. Avviene nella testa del consumatore. Se vuoi cambiare la tua marca, tieni di vista il tuo target, la mente del consumatore. Ci sono tre situazioni in cui il cambiamento della tua marca è realizzabile. Primo, quando la marca è debole, o non esistente nella testa del consuma- Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Ries Al, Ries Laura, Le ‘leggi-base’ della politica di marca, Symphonya. Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 1, 2000-2001, pp. 45-59 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2001.1.04ries.ries) 58 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 1, 2000-2001 www.unimib.it/symphonya tore. Secondo, quando si vuole muovere la marca in basso nella catena alimentare. E terzo, quando la marca è in un settore in lento movimento ed il cambiamento sta avvenendo su un periodo di tempo esteso. 21. La Legge della Mortalità: nessuna marca vivrà per sempre. L’eutanasia è spesso la migliore soluzione Mentre le leggi della marca sono immutabili, le marche stesse non lo sono. Esse sono nate, crescono, maturano ed eventualmente moriranno. È buffo. Le imprese sono disposte a spendere milioni per salvare una vecchia marca, mentre resistono a spendere centesimi per creare una nuova marca. Una volta che si comprende la natura del processo di marca, si saprà quando è il momento di lasciare la vecchia marca morire di morte naturale. Le opportunità per nuove marche sono costantemente create dall’invenzione di nuove categorie. La crescita del personal computer creò opportunità per Compaq, Dell, Gateway 2000, Packard Bell ed altre marche. Ma la crescita del personal computer ha anche messo sotto pressione marche di minicomputer come Digital, Data General e Wang. È come la vita stessa: una nuova generazione appare sulla scena e va via in nuove avventurose direzioni. Carriere sono nate e fiorite, nel frattempo le vecchie generazioni sono appassite e morte. Non combatterlo. Per le marche, come per le persone, c’è un tempo per vivere ed uno per morire. C’è un tempo per investire in una marca e c’è un tempo per ritirare una marca. E alla fine c’è un tempo per mettere una marca a dormire. Le imprese commettono gravi errori di valutazione quando esse combattono quello che dovrebbe essere un processo naturale. Tuttavia, l’ ‘Ospedale per Marche Morenti’ crea un affare che va a gonfie vele con milioni di dollari spesi in pubblicità e promozione per mantenere marche malate terminali in sistemi di mantenimento in vita. Spendi il tuo denaro nelle nuove generazioni. Risparmia il denaro speso per prolungare la vita di una vecchia marca ed investilo in una nuova marca con un futuro. 22. La Legge della Singolarità: l’aspetto più importante di una marca è la sua risolutezza Cos’è una Chevrolet? Una grande, piccola, a buon mercato, cara, auto o camion. Cos’è una Miller? Una birra comune, leggera, a buon mercato, costosa. Cos’è un Macintosh? Un sistema operativo per personal computer casalingo, da ufficio, a buon mercato, caro. Queste sono tutte marche ‘consumate’ perché hanno perso la loro singolarità. Potrebbero, naturalmente, rimanere sulla scena del marketing per molti anni per la generosità dell’estensione di linea dei loro concorrenti. Ma non commettete errori in proposito. La perdita della singolarità indebolisce una marca. Cos’è un Atari? Un Atari era un video game, il principale video game, di fatto. Quindi Atari tentò di diventare un computer. Cos’è un Atari? Una mar- Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Ries Al, Ries Laura, Le ‘leggi-base’ della politica di marca, Symphonya. Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 1, 2000-2001, pp. 45-59 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2001.1.04ries.ries) 59 © SYMPHONYA Emerging Issues in Management, n. 1, 2000-2001 www.unimib.it/symphonya ca che ha perduto la sua vita perché ha perduto la sua singolarità. È questa singolarità che aiuta una marca a svolgere la sua più importante funzione nella società. Cos’è una marca? Una parola propria che può essere utilizzata al posto di una parola comune. Invece di una birra importata, puoi chiedere una Heineken. Invece di un costoso orologio svizzero, puoi chiedere un Rolex. Invece di una macchina sicura, puoi chiedere una Volvo. Invece di una macchina da guida puoi chiedere una BMW. Cos’è una marca? Un’idea o un concetto singolare che possiedi nella mente in prospettiva. È talmente semplice. Edited by: ISTEI - University of Milan-Bicocca ISSN: 1593-0300 Ries Al, Ries Laura, Le ‘leggi-base’ della politica di marca, Symphonya. Emerging Issues in Management (www.unimib.it/symphonya), n. 1, 2000-2001, pp. 45-59 (English Version: http://dx.doi.org/10.4468/2001.1.04ries.ries)