studi e ricerche sul tema

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STUDI E RICERCHE SUL TEMA
Oksana Ivankova-Stetsiuk, Grygoriy Seleschuk
Oksana Ivankova-Stetsiuk, Ricercatrice dell’Istituto di Etnologia ANS (Accademia Nazionale delle
Scienze) e Consigliere della Commissione CGCU (Chiesa greco-cattolica ucraina) sulle migrazioni;
Grygoriy Seleschuk, Presidente della Commissione CGCU sulle migrazioni, Lviv
LE SFIDE E LE POTENZIALITA’ DI ADATTAMENTO DELLE FAMIGLIE POLILOCALI
DEI MIGRANTI PER LAVORO UCRAINI.
In Ucraina verso la fine del XX secolo si sono attivati processi di migrazione per lavoro all’estero, il
coinvolgimento nei quali è stato per molti nostri connazionali l’unico modo possibile per rispondere
alle sfide della società ucraina di allora, la quale si trovava in una fase di crisi permanente [6, p. 156167]. E ai giorni nostri, non tenendo conto di alcuni miglioramenti della situazione del mercato del
lavoro in Ucraina e dell’innalzamento dello standard di vita della popolazione, la migrazione verso
l’estero continua a rimanere uno dei meccanismi più più ricorrenti per la soluzione dei problemi socioeconomici da parte degli ucraini. Una particolare conseguenza delle migrazioni contemporanee per
lavoro all’estero è la diffusione del modello di famiglia polilocale (transnazionale, a distanza); ci sono
famiglie in cui un coniuge (o entrambi) per un lungo periodo vive all’estero e affida la cura diretta dei
propri figli e/o dei familiari anziani ad altri membri della famiglia. Tale situazione comporta rischi ben
definiti in quanto la famiglia perde la sua integrità e ciò significa che non può assolvere appieno le
proprie funzioni. Purtroppo il supporto che fornisce il nostro stato alle famiglie dei migranti, per ora
non corrisponde ai loro bisogni vitali, perciò tale funzione deve essere assunta dalle istituzioni e dalle
organizzazioni non governative, in particolare quelle che agiscono sotto la guida della Chiesa. La
positiva esperienza della loro attività, nel contesto esaminato, per ora è stata poco studiata, il che rivela
non solo un problema scientifico ma anche pratico, che richiede una soluzione non più prorogabile.
La maggior parte degli studiosi nazionali sulla migrazione (E. Libanova, А. Malynovska, А. Pozniak,
I. Pribitikova, V. Sadova e altri) nelle loro ricerche sono orientati su macro-analisi dei problemi della
migrazione per lavoro, perciò non concentrano l’attenzione sulla famiglia polilocale come esito specifico
del fenomeno migratorio. Anche le ricerche empiriche sulle condizioni delle famiglie transnazionali
rivelano tale ambiguità. Così, secondo i risultati delle ricerche della «Caritas Ucraina» [8, p. 159-198]
e della Commissione della Chiesa Greco-Cattolica sui migranti [3], che sono state effettuate negli
anni 2007-2010 utilizzando metodi qualitativi (interviste in profondità con le persone con esperienza
di migrazione, osservazioni della comunità dei rimpatriati) risulta assai diffusa la situazione in cui la
famiglia dei migranti gradualmente acquisisce l’ambiguo status di «indigente», condizione che invece
spesso non viene registrata nei dati e nelle fonti ufficiali. Invece alcune famiglie riescono con successo
ad adattarsi alle realtà della vita per quello che, in parte, mostrano i dati del progetto portato avanti dal
Centro Ucraino per le Riforme insieme all’Istituto Statale di Statistica dell’Ucraina [2, p. 29]. La presenza
di aspetti non studiati della vita della famiglia polilocale moderna e l’ambiguità delle conclusioni degli
studi empirici sui problemi del suo funzionamento dimostrano la necessità di un’analisi dettagliata delle
sfide e delle potenzialità di adattamento delle famiglie dei migranti per lavoro ucraini. Perciò questa
indagine scientifica è indirizzata all’analisi del fenomeno della famiglia polilocale e dei processi che
avvengono nei suoi ambiti, i quali portano in sé un potenziale di cambiamenti positivi. Fungono da
base empirica i materiali dello studio «Le sfide e le potenzialità di adattamento delle famiglie polilocali
dei migranti di lavoro ucraini» che è stato effettuato nel 2011 da un gruppo analitico rappresentante
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contemporaneamente diverse istituzioni (soprattutto la Commissione della Chiesa Greco-Cattolica sui
migranti e l’Istituto degli studi regionali Ucraina) per il coordinamento e la diretta partecipazione degli
autori. Nello studio è stato applicato il metodo di focus-group, che è quantitativo-qualitativo [7, p. 107].
La sua applicazione ha permesso di rivelare i seguenti aspetti del problema studiato: le circostanze
di formazione delle famiglie polilocali dei migranti, i loro principali conseguimenti, privazioni e rischi,
le risorse di compensazione ed i meccanismi della famiglia polilocale dei migranti, le prospettive di
funzionamento della famiglia nelle condizioni di polilocalità Tutto lo studio effettuato mostra quanto
segue. Come risultato della partenza di uno dei membri che va a lavorare all’estero, la famiglia polilocale
solitamente migliora i propri profitti materiali. Tuttavia quasi subito per essa compaiono altre sfide. In
particolare la famiglia del migrante per lavoro deve continuamente scontrarsi con la minaccia reale
del disfacimento della famiglia, mentre i suoi membri devono fare molti sforzi per mantenere i legami
emozionali e, nel caso di ritorno a casa dei migranti, per ripristinare quelli andati perduti. Purtroppo
gli sforzi possono risultare vani, la famiglia si sgretola, anche se molte famiglie riescono a superare
la crisi, in particolare se nella famiglia ci sono bambini. Invece proprio le difficoltà nel garantire le
normali condizioni di socializzazione dei bambini, i cui genitori lavorano all’estero e di conseguenza
non hanno la possibilità di partecipare pienamente alla loro vita, sono uno dei maggiori problemi
della famiglia polilocale. Lo studio effettuato permette di evidenziare le potenziali minacce per una
compiuta educazione del figlio del migrante per lavoro. Si tratta in primo luogo di una minaccia di
stigmatizzazione [1], che si manifesta nella comparsa nella coscienza dei figli dei migranti per lavoro
di essere vittime metanarrative [5, p. 92-93] come risultato dell’azione di fattori come l’immaginaria
«compassione» dei conoscenti, i continui appelli pratici dei tutori allo scopo di attirare l’attenzione
sulla propria persona, mantenere il culto del genitore che si trova all’estero, alimentare uno smisurato
sentimento di colpa e così dicendo.
Ne consegue una minaccia di disorientamento sociale per i figli, cioè la non capacità di orientarsi nelle
situazioni di vita, di aggiustare i rapporti, darsi delle prospettive di vita e così via, resa possibile dagli
errori di quegli adulti che direttamente o per via indiretta sono coinvolti nel loro processo di educazione.
Un’ulteriore minaccia è rappresentata da una sorta di deriva emozionale, quando le difficoltà di
instaurare legami emozionali con altre persone è effetto della mancanza di una vera solidità affettiva,
privata in tenera età dell’opportuno sostegno emozionale. Del resto i rischi di socializzazione dei figli
dei migranti per lavoro diminuiscono se vengono preferiti modelli di educazione flessibili, adeguati ai
bisogni della famiglia polilocale. Un esempio può essere il modello che prevede un attivo inserimento
nel processo di educazione del bambino di un tutore pratico; oppure quando due famiglie di migranti
uniscono le proprie forze; o ancora il modello in cui come «compensatore» della funzione dei genitori
si fa avanti qualcuno dei membri della famiglia o una persona “estranea”, un vicino, l’allenatore.
Per trovare risposte alle sfide della migrazione la famiglia polilocale mette in atto la ricerca di meccanismi
di compensazione e di risorse supplementari, sia sul piano personale che con il coinvolgimento di
risorse sociali a livello comunitario. Questo processo può avvenire all’esterno della famiglia polilocale,
la quale in questo caso smette di essere un ambiente di sostegno e il migrante praticamente «esce»
dallo spazio della famiglia. Oppure tale processo può avvenire all’interno della famiglia, attraverso
l’unione delle proprie risorse, per cui ciascuno dei suoi membri è pronto ad assumere e supplire alla
funzione del familiare lontano. E infine, diffuse nella pratica, sono anche le situazioni in cui la famiglia
polilocale vince le sfide della migrazione attraverso l’ingresso in una comunità definita o l’aggregazione
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con persone con un destino simile, condividendo con esse i valori di parentela e dimostrando di
essere pronti alla responsabilità comune. Dal momento che la vita della famiglia polilocale spesso
è imprevedibile, si presenta spesso l’esigenza di partecipazione, da parte dei migranti e delle loro
famiglie, alla vita di realtà associative, organizzazioni o istituzioni capaci di sostenerle nel trovare
soluzioni in questioni di importanza vitale. Come strutture possono farsi avanti i centri di aggregazione
sociale, che danno avvio a relazioni sociali di diverso tipo, come per esempio i servizi sociali della
Caritas e della Croce Rossa. Come altro ambito occorre evidenziare i centri principali attorno ai quali
si aggregano i ragazzi educati nelle famiglie polilocali: organizzazioni giovanili, società sportive, e così
via; un ruolo particolare è costituito dalle comunicazioni via Internet e dalle possibilità di formazione
di network sociali. Per quello che riguarda i servizi sociali statali in Ucraina, essi solitamente non
utilizzano nel modo dovuto il proprio potenziale istituzionale, limitandosi a interventi spesso formali
e non soddisfacenti. Tuttavia nei casi in cui i servizi riescono a tessere uno stretto raccordo con le
strutture non governative del “terzo settore”, in particolare durante la preparazione e la realizzazione di
diversi tipi di attività che facilitano la creazione di legami ramificati nell’ambiente dei migranti e delle loro
famiglie, i servizi sociali statali agiscono come reali nodi chiave delle reti sociali dei migranti. Se si parla
del sostegno statale alle famiglie dei migranti all’estero, allora occorre far notare la comparsa di singoli
casi di attivazione del Consolato nella vita dei migranti, anche se poco tempo fa tali enti non sempre
adempivano alle loro dirette funzioni nel supporto ai connazionali all’estero. E questo non è l’unico
cambiamento del contesto sociale della formazione e del funzionamento della famiglia polilocale del
migrante ucraino moderno. Così al momento attuale la situazione del fenomeno migratorio risulta
sostanzialmente un’altra rispetto a quella che si presentava anche soltanto all’inizio degli anni 2000.
È diventata pratica diffusa l’ottenimento di autorizzazioni ufficiali da parte dei migranti: se non per
una permanenza fissa con la famiglia all’estero, almeno per un soggiorno ufficiale temporaneo grazie
all’accesso a una rete sociale realmente funzionante di familiari e vicini all’estero. Paradossalmente una
situazione di tal genere non può essere valutata solamente in modo positivo: il rovescio della medaglia
è rappresentato da una minaccia reale di assimilazione di una parte considerevole di ucraini (negli ultimi
tempi è particolarmente d’attualità per la nuova generazione di migranti ed i loro figli). D’altra parte
molti nostri connazionali non sono intenzionati ad essere assimilati, e come risultato di ciò si attiva
un processo di regolazione dei rapporti sociali tra i connazionali. In questo caso ci sono le condizioni
reali per le premesse di nuove diaspore ucraine anche in quegli Stati dove storicamente tale forma di
organizzazione dei nostri connazionali è assente. Questo, a sua volta, rende possibile l’attivazione di
forme di opposizione all’assimilazione degli ucraini, e con il coinvolgimento e ll’esperienza delle «vecchie
migrazioni ucraine», in particolare, viene attualizzata la prospettiva di creare scuole ucraine all’estero,
centri e comunità di divulgazione della cultura e dell’istruzione ucraina. Di fronte a tale possibilità di
sviluppo giocano un ruolo fondamentale le comunità religiose ucraine.
Del resto in qualsiasi circostanza le prospettive di funzionamento della famiglia in condizioni di polilocalità
non sempre sono prevedibili perché ogni famiglia è un complesso sistema socioculturale, nell’ambito
del quale possono avvenire diversi processi condizionati dall’intreccio di fattori di diverso genere, i quali
solitamente sono difficili da evidenziare e valutare.
Per questo motivo l’influenza della polilocalità sulla perdita dell’integrità della famiglia del migrante
praticamente è impossibile da prendere in esame da sola, ma solo in combinazione con altri fattori.
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Invece ci sono le basi per presupporre che in qualche momento della propria esistenza ciascuna
famiglia migrante si metta di fronte alla necessità di fare una scelta in funzione di un proprio modello di
riferimento. Questo può essere il modello negli ambiti del quale la famiglia migrante può continuamente
e ciclicamente cambiare la propria modalità di funzionamento, alternare il soggiorno in comune
con le comunicazioni a distanza, modello che può essere in modo convenzionale definito come
«POLIFORMATICITA’».
Tale scelta chiaramente ha la possibilità di dar vita alla famiglia, nella quale sono preservati affettuosi
rapporti, mentre la migrazione, nella quale è coinvolto uno dei suoi membri, ha un carattere “pendolare”.
Può essere un modello che ammette l’eliminazione dall’ambiente famigliare del migrante all’estero, il
cui effetto è la perdita di organicità della famiglia, che si riduce ad una sommatoria di interazioni tra
singoli individui a distanza (denominazione convenzionale del modello: «distanziabilità»).
Tale cambiamento della famiglia tradizionale chiaramente attende quelle famiglie nelle quali, al
momento della partenza di uno dei membri della famiglia verso l’estero per un lungo tempo, si è
osservata una certa diminuzione dell’emotività nelle interrelazioni, anche se i rapporti erano stabili. Non
sono esclusi nemmeno scenari negli ambiti dei quali la famiglia smette di esistere nella sua variante
iniziale. Tuttavia essa può disfarsi dopo poco tempo, in particolare nei casi in cui al momento della
partenza di uno dei coniugi per lavorare all’estero la famiglia esisteva praticamente in modo formale
e tra i coniugi si osservavano già rapporti reciproci tesi e problematici (denominazione convenzionale
del modello: «disgregazione»). È possibile anche tale variante di sviluppo degli avvenimenti, quando
una stabile famiglia si disgrega in conseguenza di una lunga e persistente migrazione di uno o diversi
membri della famiglia e al posto di essa si creano due nuove famiglie. È pienamente possibile che
esse mantengano persino tra di loro rapporti affettuosi, in particolare in quei casi in cui nella famiglia
ci sono bambini. Tale destino innanzitutto può attendere le famiglie nelle quali la migrazione di lavoro
di uno dei coniugi dopo qualche tempo è sfociata in emigrazione (denominazione convenzionale del
modello: «frantumazione»). Sono possibili anche altre varianti dei modelli di variazione della famiglia del
migrante, la cui identificazione e definizione del livello della loro diffusione alle nuove condizioni sociali
richiederebbe uno studio particolare con l’utilizzo di strumenti specifici.
In questo modo, lo studio effettuato «Sfide e riserve di adattamento delle famiglie polilocali dei migranti
di lavoro ucraini» [4] permette di giungere alle seguenti conclusioni.
1. Non tenendo conto di un certo miglioramento della situazione del mercato del lavoro in Ucraina e
dell’innalzamento dello standard di vita della popolazione, la migrazione all’estero rimanere uno dei
meccanismi d’attualità per la soluzione dei problemi socio-economici da parte degli ucraini, ponendo
di fronte ad essi nuovi scopi e obbiettivi.
2. La concertazione dei bisogni della famiglia polilocale del migrante - quando da una parte esiste la
necessità, da parte di uno dei membri della famiglia, di una intensa attività sociale di lavoro all’estero
per la stabilizzazione della situazione materiale della famiglia, mentre dall’altra crescono i rischi di
preservazione dell’integrità della famiglia e di garantire l’adeguata educazione ai figli - risulta la principale
sfida del funzionamento della famiglia a distanza.
3. Esistono rischi reali di trasformazione del «figlio del migrante» in «orfano sociale», cioè un bambino i
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cui genitori, anche se vivi, non prendono parte alla sua educazione. Una forte attenzione al fenomeno
nel contesto esaminato si presenta come opportuna, anche se molte famiglie polilocali superano con
successo tale genere di sfida. Per questo motivo il problema dell’orfanezza sociale dei figli dei migranti
di lavoro deve essere esaminato nel suo complesso, tenendo conto delle circostanze, aiutando le
famiglie nelle soluzioni delle loro questioni vitali.
4. Trovandosi nella situazione di polilocalità la famiglia si trova di fronte alla necessità di utilizzare
meccanismi di diverso genere per mantenere la propria attività vitale: attraverso di essi deve muoversi
tramite la creazione di reti sociali ramificate. Le reti sociali dei migranti e delle loro famiglie presuppongono
la presenza di centri formativi che possano essere sia singole persone che raggruppamenti di individui.
5. L’attuazione di un efficace accompagnamento sociale dei migranti e delle loro famiglie ha bisogno
di una preliminare diagnostica qualificata dei loro bisogni chiave e della definizione delle prospettive
delle forme di loro sostegno. Tale genere di diagnostica può essere realizzata su due livelli: generale
(creazione di un database statistico delle informazioni) e locale (nel contesto dell’attività dei consultori
familiari e/o dei centri di training come forma attiva del lavoro sociale con i migranti).
Un futuro approfondimento dell’analisi delle sfide che porta con sé la migrazione di lavoro richiede la
continuazione degli studi dei suoi fenomeni derivati, con la successiva elaborazione di una strategia di
superamento delle sfide della società nell’epoca della globalizzazione.
Note bibliografiche
1. Hofmann I. Stigma: Appunti sulla gestione dell’identità rovinata [Risorsa elettronica] / I. Hofmann. - Режим
доступа: http:/www.ereading.org.ua./bookreader.php/145155/ Hofmann Stigma._Zametki_ob_
upravlenii_isporchennii_identichn.
2. La migrazione per lavoro all’estero della popolazione Ucraina: materiali del rapporto dell’indagine nazionale
su un campione della popolazione sul tema della migrazione per lavoro/ Centro ucraino delle riforme
sociali, Comitato statale di Statistica di Ucraina. - М., 2009.
3. Ivankova.Stetsiuk О. La società come casa. Materiali del progetto di studio «La comunità ecclesiale come
forma attiva di organizzazione di vita ucraina nelle condizioni della migrazioni di lavoro / А. Ivankova.
Stetsiuk. - Leopoli, 2010. - 68 p.
4. Ivankova.Stetsiuk О. Le sfide e le riserve di adattamento delle famiglie polilocali dei migranti per lavoro
ucraini / Ivankova.Stetsiuk О., Seleschuk G., Susak V. - М., 2011. - 130 p.
5. Kononov I. Gli abitanti di Donbass: particolarità della cultura e capacità di autorganizzazione / O. Kononov /
/ Sociologia: teoria, metodi, marketing. - № 3.
6. Pribitkova I. I migranti per lavoro nella gerarchia sociale della società ucraina: posizioni di status, valori,
strategie di vita, stile e regime di vita (inizio) / I.Pribitkova / / Sociologia: teoria, metodi, marketing. - №
4. - 2002.
7. Semenova V. I metodi qualitativi: introduzione alla sociologia umanistica / V.Semenova. - М., 1998.
8. Ivankova-Stetsiuk А. Ukrainian Labour Migration Trends / О. Ivankova-Stetsiuk, R.Kis / / Brain-Net Circular
Migration. Volume 1. Migrants Flows Feeding into Business Internationalization; ed. by A. Montanari. Rome: Rubbettino, 2010.
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Francesca Alice Vianello
Dottoressa in Sociologia, docente e ricercatrice presso il Dipartimento
di Filosofia, Sociologia, Pedagogia e Psicologia Applicata (FISPPA)
dell’Università di Padova.
FAMIGLIE TRANSNAZIONALI
TRA UCRAINA E ITALIA.
Introduzione.
L’intensificazione della mobilità geografica, sempre più caratteristica delle società contemporanee,
(Castles, Miller 2009) e il consolidamento delle famiglie transnazionali, (Vuorela, Bryceson 2002; per
il caso ucraino si veda Volodko 2011) rappresentano una sfida al concetto storico di cittadinanza,
in quanto la comunità di riferimento non è più composta da persone sedentarie ma da persone in
movimento. Il diritto alla coesione familiare è riconosciuto sia a livello nazionale che europeo come
uno dei principali diritti di cittadinanza, ma al contempo è definito sulla base di un ristretto concetto
occidentale di famiglia e sul principio di autosostentamento economico (Kofman 2006). Per questo
motivo molte famiglie migranti non hanno facile accesso al ricongiungimento familiare e devono
trovare modi e strategie diversi per mantenere i propri legami sociali ed emotivi attraverso i confini. Per
famiglie migranti si intendono famiglie con almeno un membro coinvolto in un processo migratorio.
Una famiglia migrante può quindi assumere diverse forme: può essere interamente riunita nel paese
di destinazione, oppure parzialmente riunita con alcuni membri rimasti nel paese di origine e altri nel
paese di destinazione, o ancora una famiglia transnazionale, in cui solo il migrante si trova nel paese
di destinazione (non tutti i migranti infatti desiderano o riescono a riunire la propria famiglia). Alcuni di
loro sviluppano perciò pratiche di parentela transnazionale (si veda Parreñas 2001 per il caso filippino;
si veda Fedyuk 2012 per il caso ucraino), mentre altri decidono di affrontare il potere della legge al fine
di riunire almeno parte della famiglia (si veda Tognetti 2004 per il caso italiano). I diversi tipi di strategie
attuate dalle famiglie migranti possono essere meglio compresi se osservati attraverso la lente della
posizionalità translocale. Floya Athias sostiene che i processi sociali identificabili come translocali, vale
a dire i processi relativi al crescente flusso attraverso i confini di persone, servizi, culture e interessi
politico-economici, “si ripercuotono sia sugli individui direttamente coinvolti nel movimento, sia sui
luoghi da essi occupati, luoghi che diventano spazi translocali e influiscono in diversi modi su coloro
che vivono al loro interno” (2009, p. 6). I membri delle famiglie migranti, infatti, hanno molteplici posizioni
e appartenenze: attraverso reti di legami sociali, simbolici e materiali, creano complesse relazioni con
i diversi luoghi in cui vivono, dal villaggio o città di provenienza al paese di destinazione. Le relazioni
di potere tra i sessi e la dimensione di genere, inoltre, sono centrali per comprendere la costruzione
delle strategie e della posizionalità translocale della famiglia migrante (Donato et al. 2006). Enfatizzare
l’approccio di genere negli studi sulle migrazioni consente, infatti, di mettere in evidenza sia gli aspetti
conflittuali del discorso pubblico sulla famiglia, sia le diverse declinazioni della famiglia nelle pratiche e
negli immaginari dei migranti.
Questo articolo illustra alcuni dei risultati ottenuti in anni di ricerca qualitativa sulla migrazione ucraina.
Nello specifico si basa su interviste in profondità raccolte dall’autrice, principalmente tra il 2005 e il
2008, come parte di un progetto di ricerca più ampio e focalizzato sulle pratiche migratorie attuate
dalle donne ucraine e pubblicato in Italia con il titolo “Migrando sole. Legami transnazionali tra Ucraina
e Italia” (Vianello 2009). Un’altra sezione di interviste è stata realizzata tra il 2009 e il 2012 per una
ricerca condotta da Veneto Lavoro sui cambiamenti economici e le ripercussioni sociali della migrazione
e della delocalizzazione in alcuni paesi dell’Europa centro-orientale (Ucraina, Moldova e Romania)
(Sacchetto 2011).
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L’immigrazione Ucraina in Italia.
L’immigrazione ucraina contemporanea verso l’Italia è iniziata a metà degli anni Novanta, tuttavia le
statistiche italiane hanno registrato una rilevante presenza di migranti solo dopo la sanatoria del 2002.
Se nel 2001 l’Istat stimava solo 6.567 cittadini ucraini con permesso di soggiorno, nel 2004 i permessi
rilasciati a cittadini ucraini erano rapidamente aumentati a 117.161 (Istat 2001, 2004). Nel 2009 sono
stati registrati 170.440 cittadini ucraini con permesso di soggiorno e attualmente rappresentano il quinto
gruppo nazionale straniero in Italia dopo quello rumeno, albanese, marocchino e cinese (Istat 2009). I
migranti ucraini provengono dall’Ucraina occidentale, soprattutto dalle regioni di L’viv, Ivano Frankivsk,
Ternopil e Cernivtzy (le statistiche italiane sul luogo o la regione di provenienza non sono disponibili).
Il flusso è caratterizzato da una prevalenza di donne adulte tra i 40 e i 50 anni, sposate, divorziate o
vedove, mentre gli uomini sono solitamente più giovani, tra i 20 e i 30 anni (Chumalo 2005). Le migranti
ucraine sono impiegate nel settore del lavoro domestico, dove il lavoro sommerso è particolarmente
diffuso. Secondo l’ultimo rapporto INPS/Caritas, nel 2007 queste donne rappresentavano il 16,4%
(78.000) del totale dei lavoratori assicurati (618.032) (INPS/Caritas 2011). I dati del rapporto tuttavia
non includono quelli relativi alla sanatoria del 2009, nel quale sono state regolarizzate circa 26.000
donne ucraine impiegate presso famiglie italiane come colf o assistenti famigliari per persone non
autosufficienti. Gli uomini risultano tendenzialmente impiegati nel settore edile e in quello agricolo. L’
80,8% dei titolari di permesso di soggiorno sono donne, mentre i titolari minorenni sono solo l’8%.
Il lavoro è il principale motivo della presenza delle donne ucraine in Italia (73,7%), come lo è per la
maggior parte degli ingressi regolari registrati durante il 2008 (l’82,2% dei 22.000 ingressi totali). Il
motivo dell’immigrazione maschile ucraina risulta essere invece la famiglia (11.998). I dati indicano
che i ricongiungimenti familiari sono pochi, ma non è chiaro se il motivo sia la mancanza di volontà
o la mancanza di possibilità (ad esempio a causa delle condizioni lavorative proibitive). Questi dati
dimostrano inoltre che le richieste di ricongiungimento vengono presentate principalmente da donne,
mentre i mariti rimangono in Ucraina. Tra le persone che nel 2008 sono entrate legalmente nel paese,
si è verificata un’inversione di tendenza rispetto ai dati degli anni precedenti, che vedevano una
prevalenza di donne adulte (Conti et al. 2010). I dati più recenti mostrano invece una maggioranza
di adulti non sposati (54,2% ovvero 11.937) e una distribuzione più equa tra le diverse fasce di età;
nonostante per gran parte degli ingressi si tratti ancora di persone tra i 40 e i 49 anni (27,1%), si registra
una componente significativa di giovani tra i 18 e i 29 anni (19,6%). Questa nuova tendenza può essere
interpretata come il risultato di un processo di riunificazione tra madri e figli che, raggiunta la maggiore
età, raggiungono l’Italia per motivi di studio o di lavoro. Nel primo rapporto sull’immigrazione pubblicato
dal Ministero degli Interni nel 2007, un capitolo è stato dedicato ai migranti ucraini. Esso mostra che
il tasso di occupazione di migranti ucraini è tra i più elevati (77,4%) e che i tempi di integrazione nel
mercato del lavoro sono tra i più brevi rispetto alle altre nazionalità. Inoltre, i matrimoni misti tra uomini
italiani e donne ucraine sono piuttosto diffusi, di conseguenza molte donne ottengono la cittadinanza
italiana e hanno figli da uomini italiani. I dati riguardanti i permessi di soggiorno scaduti, infine, possono
dare un’idea sulle migrazioni di ritorno: 8.423 cittadini ucraini che alla fine del 2008 erano stati registrati
come soggiornanti regolari, nel 2009 erano senza permesso di soggiorno. Considerando che la
richiesta di lavoro domestico non ha subito perdite significative, si presume che solo una piccola
percentuale di questi abbia perso il lavoro, e di conseguenza il permesso di soggiorno, a causa della
recente crisi economica. I lavoratori che prevedono di tornare in Italia, inoltre, sono solitamente molto
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accorti nel rinnovo dei propri documenti, è probabile, quindi, che tali partenze siano dovute ad un
ritorno volontario e permanente al paese di provenienza.
Diverse tipologie di famiglie transnazionali.
Le migranti ucraine sono solitamente mogli e madri che di fatto rivestono il ruolo di breadwinner.
Grazie alla loro esperienza migratoria, le donne migranti ridefiniscono le relazioni di genere all’interno
della famiglia e della società, rinforzando la propria posizione. Questo processo migratorio può essere
letto come un ribaltamento dell’ordine patriarcale e patrilineare in favore di un modello matriarcale
e matrilineare, in quanto la famiglia si riorganizza intorno alla figura materna. La ridefinizione della
traiettoria migratoria è centrale al fine di comprendere come le famiglie transnazionali si strutturino.
Schematizzando, si possono proporre due profili di migranti ucraine che consentono di analizzare
quindi diversi tipi di famiglia transnazionale: si tratta delle migranti di passaggio e delle migranti
permanenti. Il primo profilo, quello delle migranti di passaggio, presenta la categoria delle migranti
ucraine come molto affine a quella delle migranti filippine studiate da Parreñas (2001) e delle migranti
somale studiate da Decimo (2005). È la categoria più diffusa tra le donne ucraine che vivono in
Italia, che lavorano come assistenti familiari e coabitano con la persona assistita. Si tratta di madri
breadwinner, spesso (ma non necessariamente) madri sole, tra i 40 e i 60 anni, con figli adolescenti o
adulti ma ancora economicamente dipendenti. Generalmente sono donne che lasciano l’Ucraina con
un progetto a breve termine, nella speranza di accantonare il denaro necessario in breve tempo (uno
o due anni). La loro esperienza però spesso si protrae per anni, trattenendole lontano da casa e in
una situazione di transitorietà per un periodo più lungo del previsto: sono intensamente concentrate
sul ritorno, ma continuano a rimandarlo, vivendo così ai margini della società italiana (Spanò, Zaccaria
2003). Due sono i motivi che stanno alla base di una migrazione protratta: primo tra tutti il denaro
guadagnato dalle migranti, che diventa l’entrata principale della famiglia rimasta al paese di origine.
Queste donne rappresentano infatti una consistente fonte di reddito, necessario per mantenere lo
status della famiglia e il suo nuovo standard di vita. Parte significativa delle entrate viene investita nella
sistemazione della casa, solitamente nella ristrutturazione di cucina e bagno. Il secondo motivo è di
tipo identitario, in quanto le migranti iniziano a modellare la propria identità all’interno del contesto della
migrazione, tanto da non riuscire più a immaginarsi di nuovo in Ucraina. Preferiscono cosi completare
la vita lavorativa in Italia e accumulare denaro a sufficienza per garantirsi un’anzianità dignitosa nel
paese natale. Dichiarano di essere intenzionate a tornare in Ucraina e di fatto i loro comportamenti,
le scelte, i lavori, i consumi, gli stili di vita sono orientati al massimo guadagno e non al miglioramento
della qualità della loro vita in Italia. Le migranti di passaggio non investono energie nell’inclusione
sociale, poiché la loro vita all’estero è funzionale solo al conseguimento degli interessi della famiglia. La
configurazione geografica delle famiglie transnazionali coinvolte nella migrazione di passaggio prevede
che le migranti, solitamente donne di mezza età, vivano in Italia, e che i loro figli, adolescenti o adulti,
e i genitori anziani vivano in Ucraina. L’intera famiglia allargata dipende, dal punto di vista economico,
dalla migrante, ma c’è una mancanza di cura sia in Italia, anche se in modo meno evidente, che in
Ucraina, dove invece è più evidente e richiede l’intervento dello stato sociale. In Italia, le migranti di
mezza età soffrono spesso di disturbi fisici e psicologici dovuti all’età, alle condizioni lavorative e alla
solitudine. In Ucraina, i bambini soffrono per la partenza della madre, ma anche per l’assenza dei
padri che non si prendono cura di loro. Le figlie adulte, inoltre, non possono contare sull’appoggio
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della madre nell’assoluzione dei propri doveri familiari, mentre i genitori anziani delle donne emigrate,
che spesso si prendono cura dei nipoti rimasti soli, non possono beneficiare della cura delle proprie
figlie. Il secondo profilo di migrante ucraina è quello di migrante permanente. Si tratta di donne che
investono più energie nel progetto di realizzazione individuale, evadono i vincoli familiari e comunitari
e intraprendono una nuova vita in Italia: imparano la lingua italiana, ampliano la propria rete sociale e
cercano un lavoro che consenta loro di avere più tempo per se stesse. Spesso portano i propri figli
in Italia, ma raramente i mariti, mettendo cosi in pratica un modello matriarcale e matrilineare. Un
diverso approccio alla migrazione, così come l’età delle migranti stesse e dei loro figli, sono i principali
fattori che differenziano le donne del secondo gruppo dalle donne del primo. Le migranti permanenti
sono solitamente madri sole, leggermente più giovani delle migranti di passaggio, con figli minorenni
e un’identità personale e sociale ormai compromessa, che decidono quindi di investire su un futuro
all’estero. Le ragioni che stanno dietro ad una migrazione cambiano ovviamente a seconda dell’individuo
coinvolto, tuttavia si possono riconoscere dei fattori comuni che facilitano le traiettorie migratorie. Tali
fattori sono: un lavoro che consenta loro di avere una vita sociale e privata, l’ampliamento della propria
rete sociale, l’età dei figli e, infine, le trasformazioni delle relazioni familiari. I primi due fattori modificano
le condizioni di vita delle donne in Italia: dopo un lungo periodo di isolamento dovuto al lavoro di
assistenti familiari, le migranti hanno la possibilità di dedicarsi al proprio benessere. Il terzo fattore è
la condizione basilare per ottenere il ricongiungimento familiare, mentre il quarto riguarda dinamiche
che hanno luogo in Ucraina (più specificamente matrimonio, crisi e divorzio). Spesso l’unico desiderio
delle migranti permanenti è di riunirsi ai propri figli. La migrazione femminile a differenza di quella
maschile, comporta alcune implicazioni familiari: i mariti raramente raggiungono le loro mogli poiché
rifiutano un’ inversione nei rapporti di potere all’interno della relazione affettiva. Ne consegue che la
migrazione della moglie diventa spesso motivo di divorzio: in alcuni casi la partenza è una strategia atta
ad ottenere la separazione dal marito, in altri casi invece sono i mariti a trovare un altro partner durante
l’assenza della moglie. Inoltre, quando le donne emigrate riescono a riunirsi ai propri figli nel paese di
destinazione, le rimesse si riducono e questo può causare un’ulteriore frattura con il paese natale. In
questo caso avviene una ricomposizione delle famiglie transnazionali: i bambini e, in pochissimi casi
anche i mariti, raggiungono le donne emigrate in Italia, affrontando così tutti i problemi relativi alla
riunificazione familiare. Si tratta di problemi causati da fratture nella conoscenza intima e reciproca,
da conflitti di genere e intergenerazionali, dalla difficile integrazione sociale e culturale, da una mobilità
sociale verticale (Bonizzoni, in pubblicazione). Il problema della mancanza di cura dei genitori, inoltre,
persiste, poiché rimangono soli nel paese di origine, con pensioni basse e senza supporto dello stato
sociale ucraino.
Come cambiano le famiglie transnazionali?
In conclusione, è necessario focalizzarsi sulle trasformazioni delle famiglie transnazionali tra Italia e
Ucraina. Il primo cambiamento riguarda l’invecchiamento della prima generazione emigrata e il suo
ritorno in Ucraina dopo svariati anni di lavoro all’estero. La ricerca in questo ambito è ancora limitata: in
particolare non è ancora chiaro se la migrazione di ritorno stia generando nuove partenze, ad esempio
delle figlie. In tal caso, ci troveremmo davanti a un processo di riproduzione delle famiglie transnazionali,
ma forse diverse da quelle già note, poiché le nonne stesse sono ex-migranti. Il secondo cambiamento
riguarda le migrazioni circolari. L’abitudine di condividere il lavoro (in modo formale o informale) sta
78
diventando una pratica comune per un numero crescente di donne ucraine che lavorano in Italia.
Coloro che decidono di condividere il loro lavoro accettano di ricevere solo metà del salario annuale
(circa 6.000 euro) in cambio della possibilità di tornare in Ucraina per sei mesi all’anno. Le migranti
percepiscono questo accordo lavorativo come un’opportunità in quanto consente loro di conciliare le
necessità economiche con la sfera privata e di vivere una vita transnazionale nella quale riescono a
riconoscersi nell’identità di lavoratrici migranti. Le migrazioni circolare influiscono anche sulle famiglie
transnazionali, poiché risulta più semplice far fronte alla separazione familiare e alla mancanza di cura.
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79
Jevgenija Virz
Dipartimento di Sociologia, Università Goethe di Francoforte
STRATEGIE DI CURA NELLE FAMIGLIE TRANSNAZIONALI UCRAINE:
UNA PRIMA ANALISI.
Negli ultimi anni in Ucraina il problema degli “orfani sociali” è stato ampiamente dibattuto, sia nella sfera
pubblica dei mass-media che negli ambienti accademici. Il termine “orfano sociale” deriva dalla
pedagogia e si riferisce ai minori che hanno i genitori ma che non ricevono da questi alcun tipo di cura
[cfr. 13]. Il dibattito pubblico attuale non è tuttavia correlato al problema dei bambini di strada: gli orfani
sociali sono bambini etichettati, i cui genitori (o il genitore single) lavorano all’estero [es. 7 e 16]. Il
dibattito in questione ci riporta alle sfide che la società ucraina ha affrontato negli ultimi vent’anni e alla
consistente emigrazione lavorativa. La questione della cura dei bambini, definita come “il problema
nazionale degli orfani sociali”, non è un fenomeno applicabile solo alla società ucraina, ma fa parte di
una questione globale che riguarda la cura dei minori, degli anziani e degli altri membri della famiglia che
dipendono dalle prestazioni di cura [cfr. 7, 8, 18 e 24]. Si può definire la cura come un’azione congiunta
delle sfere professionali e di quelle informali [cfr. 2], includendo le strutture di supporto e le strategie
familiari che ne assolvono la prestazione. Il lavoro di cura, che appartiene solitamente all’area domestica,
è diventato un fenomeno globale. È proprio la carenza nelle possibilità di accudimento il problema delle
società occidentali: l’aumento dell’occupazione femminile comporta un doppio onere per la donna, da
una parte il lavoro e dall’altra l’assistenza ai figli e ai genitori anziani. Molte donne si sono ritrovate senza
un supporto statale e senza la possibilità di condividere con il compagno le prestazioni di cura [cfr. 2, 6
e 19], giungendo alla decisione di affidarle a terzi, solitamente a manodopera immigrata, flessibile e a
basso costo [es. 15]. Questa evoluzione del problema di cura nelle società riceventi ha causato l’aumento
della manodopera femminile immigrata e di conseguenza i fenomeni di drenaggio e sostituzione di cura
[cfr. 3, 4, 8, 12, 14 e 17]. L’Ucraina è uno dei principali paesi da cui provengono i lavoratori del settore
di assistenza alla persona, impiegati in Europa. Il numero dei migranti ucraini varia da 1,5 a 7 milioni, che
corrisponde approssimativamente a 3-15 % della popolazione ucraina totale [es. 1, 20 e 22]. Il fenomeno
del lavoro di cura ucraino è evidentemente imponente e la richiesta globale dei servizi di assistenza è in
costante crescita. Si può dedurre che la migrazione ucraina è un fenomeno transnazionale, poiché i
posti di lavoro dei migranti si trovano nei paesi riceventi, mentre le famiglie rimangono nel paese di
provenienza [cfr. 20 e 21]. L’assenza temporanea o permanente dei migranti ucraini, soprattutto delle
donne, che solitamente accudiscono i membri della famiglia rimasti nel paese di origine, causa una
carenza di cura tra i left behind [cfr. 7 e 16]. Il dibattito pubblico sopra accennato, riguardante i cosiddetti
“euro-orfani” e gli “orfani sociali” nei paesi di provenienza della migrazione femminile, come Ucraina e
Polonia, indica la presenza di un problema di cura in questi paesi [cfr. 16]. La migrazione transnazionale,
la dilatazione degli spazi vissuti attraverso i confini, una vita condotta tra due mondi e la conseguente
formazione di una famiglia transnazionale, sono fattori che determinano nuove strutture e strategie di
prestazione delle cure domestiche. Tali strategie verranno qui di seguito indicate come reti di cura
transnazionali [cfr. 15 e 16]. Questo articolo si basa sul progetto di ricerca condotto dall’Università di
Francoforte, sotto il cappello degli Studi di Genere e Migrazione e pensato per indagare le reti di cura
delle famiglie transnazionali ucraine. Si analizzerà il problema delle modalità di accudimento che le
migranti attuano a distanza, in particolare nei confronti dei figli e dei genitori. La ricerca si concentra in
particolare su donne appartenenti alla classe media e medio-bassa, emigrate dall’Ucraina in Europa e
sottopagate, che incarnano un fenomeno massiccio della società ucraina. Il progetto in questione
80
esamina quindi le strategie e i sistemi di azione messi in atto dalle migranti ucraine. Per la realizzazione
della ricerca si è ricorso ad una metodologia integrata, basata sui metodi qualitativi della ricerca sociale
[es. 23]. In questo articolo si presenterà una prima analisi basata sulla raccolta di dati da marzo a
settembre 2011, estratti da 43 interviste. La ricerca ha incluso interviste biografiche con donne
provenienti dall’Ucraina dell’est e del sud e stabilitesi in Polonia, Italia o Germania e che hanno lasciato
i figli minorenni e i genitori anziani in Ucraina. Le donne intervistate tornano dalle loro famiglie ogni mese
o ogni due o tre mesi, nel caso lavorino in Polonia; ogni anno, per una o due volte, qualora vivano in
Italia; a distanza di anni, nel caso si siano stabilite in Italia o Germania. Si tratta di donne da un profilo
trasversale: sono sposate, divorziate, vedove, sole o fidanzate; hanno solitamente da uno a tre figli e
uno o più parenti anziani bisognosi di assistenza. Sono emigrate all’estero quando i figli avevano solo
qualche mese o pochi anni, o avevano da poco iniziato la scuola, in altri casi i figli erano già adolescenti
o persino adulti. Per ovviare alle necessità di cura dei familiari lasciati in Ucraina, la migrante ricorre ai
propri genitori, a fratelli o sorelle maggiori, ai mariti, ad altri parenti, amici, vicini di casa, conoscenti, ma
anche a organizzazioni a scopo sociale. Le interviste guidate ai membri della famiglia e ai parenti coinvolti
nella loro cura, così come quelle fatte a gruppi di discussione sulla famiglia, sono state realizzate in un
secondo momento, seguito a sua volta da un’analisi comparata usando il metodo dei cerchi concentrici
come supporto [cfr. 9]. A completare l’analisi, sono state aggiunte le informazioni raccolte dalle interviste
agli esponenti delle organizzazioni che aiutano i parenti delle donne emigrate rimasti in Ucraina. Il
problema di cura nelle famiglie transnazionali ucraine appartiene alla sfera domestica [cfr. 16]. Delle
buone relazioni all’interno della famiglia, sia essa nucleare o allargata, sono essenziali per costruire una
rete di cura stabile ed efficiente: da una parte la struttura di cura riflette le tradizionali relazioni familiari,
nelle quali ognuno è moralmente obbligato a fornire assistenza agli altri membri della famiglia; dall’altra
parte lo stato non offre alcun tipo di supporto ai familiari left behind. Non esiste né una regolamentazione
legale della responsabilità di prestazione di cura, né un servizio di cura pubblico, né un supporto
economico alle famiglie transnazionali. Nel 2008 il parlamento ucraino ha redatto una proposta di legge
che prevede la sorveglianza temporanea dei bambini con genitori all’estero. Tuttavia il tentativo di
regolare il problema attraverso la legge è stato rigettato, e la proposta dimenticata. Si riscontra inoltre
una scarsa fiducia nelle istituzioni, soprattutto riguardo alla questione del lavoro all’estero, sono quindi
pochi i migranti che denunciano la propria posizione lavorativa e la conseguente situazione familiare. È
in questo contesto che la rete di cura familiare è diventata necessaria. Le reti di cura transnazionali in
Ucraina sono informali e prevalentemente femminili, poiché i doveri domestici sono per tradizione assolti
dalle figure femminili della famiglia, soprattutto dalla madre, dalla sorella o dalla figlia maggiore della
migrante [es. 16]. I mariti delle donne emigrate, quando presenti, affiancano le figure femminili appena
citate e, quando nessuna di queste è disponibile, gli uomini diventano i principali fornitori di cura. La
totale sostituzione della donna emigrata da parte di un uomo, nello specifico del marito, nelle prestazioni
di cura è possibile, ma estremamente rara. Le migranti ucraine sono solitamente divorziate o vedove e,
nelle reti di cura transnazionali, il sostegno paterno è tendenzialmente assente. La famiglia transnazionale
ucraina con la donna che lavora all’estero è un esempio molto comune di famiglia con un solo
capofamiglia, la donna appunto, che risulta anche la principale prestatrice di cura, seppure a distanza.
A differenza delle famiglie caraibiche, è insolito per le famiglie transnazionali ucraine dover pagare un
servizio di cure domestiche [cfr. 8 e 18], infatti non si sono riscontrati casi di pagamento di un servizio
che garantisse la cura dei minori left behind. L’accudimento dei bambini più piccoli è affidato a uno o
81
più prestatori di cura, appartenenti alla famiglia o alla rete di conoscenze, mentre l’assistenza ai figli
adolescenti costituisce un’eccezione: un adolescente può vivere senza strutture di cura stabili. È in
questi casi che viene attuata una nuova strategia di cura chiamata maternità transnazionale [cfr. 10 e
16]. La maternità transnazionale è la strategia attuata dalle donne emigrate per fornire ai figli adolescenti
le proprie cure a distanza o attraverso una presenza in casa a cadenza regolare. In assenza di una rete
di cura, le donne ucraine spesso pianificano una migrazione lavorativa a breve distanza e scelgono la
migrazione circolare. Vivendo e lavorando poco distante da casa, le migranti riescono a tenersi in
contatto con i loro familiari usando Skype. La cosiddetta “maternità Skype” è diventata uno strumento
di partecipazione alla vita quotidiana della famiglia e di controllo a distanza dei figli [cfr. 16]. Si possono
individuare tre indicatori di stabilità dei sistemi di cura nelle famiglie transnazionali ucraine. Il primo è la
presenza di una o più persone responsabili dell’accudimento, localmente vicine e disponibili. Questo
indicatore di stabilità è strettamente correlato al secondo indicatore, ovvero le forme di ricompensa per
il servizio di cura prestato. Nonostante si tratti di un servizio non pagato, ci possono essere diverse
forme di ricompensa non monetaria, ad esempio dei regali mandati regolarmente alla persona che
accudisce i figli rimasti in Ucraina. Maggiore è l’attaccamento affettivo alla persona che sostituisce il
principale fornitore di cura e minore è la ricompensa per il favore, infatti le ricompense non monetarie o
poco costose rafforzano la rete di cura del migrante. Nel caso siano gli anziani genitori della donna
emigrata a necessitare di assistenza, quando altre forme di cura non sono accessibili, si ricorre ad una
ricompensa monetaria: la cura degli anziani viene fornita da un sostituto assunto irregolarmente o,
molto raramente, da ONG che si occupano di fornire servizi di assistenza domestica. Esistono interventi
aggiuntivi di supporto alle famiglie transnazionali realizzati da organizzazioni non governative. Si tratta di
organizzazioni che non hanno sufficienti capacità di sanare le falle di cura nel sistema e che ricoprono
quindi una funzione solamente supplementare. Sono organizzazioni che si occupano di offrire
informazioni riguardanti la migrazione (“La Strada Ukraine”, “Women’s Perspective”); offrono servizi di
counseling familiare, pedagogico e psichiatrico, così come di consulenza legale (“La Strada Ukraine”,
“Zaporuka”); attività di dopo scuola informali o di stampo religioso (“Caritas Ucraina” – Centri per figli di
migranti) ed infine ambulatori per la cura degli anziani (“Caritas Ucraina” – Servizio di cura domestica).
Purtroppo le ONG interessate al fenomeno sono poche e le loro attività dipendono quasi interamente
da fondi di finanziamento stranieri; riescono quindi ad avere un’influenza marginale sul problema di cura,
ma creano dei meccanismi di supporto per situazioni di estrema precarietà che possono sorgere
all’interno delle famiglie transnazionali. Il terzo ed ultimo indicatore di stabilità è il mutamento della rete
di cura transnazionale, che in Ucraina è particolarmente elastica. La sua flessibilità è l’esatto specchio
dei caratteri di questa migrazione: una migrazione irregolare, con un periodo di assenza indefinito,
senza un posto di lavoro fisso né un salario costante e senza la possibilità di attraversare i confini
liberamente e legalmente. È una tipologia di migrazione che rappresenta una sfida per i familiari left
behind e per il sistema sociale, politico ed economico del paese, ma danneggia anche la stabilità della
prestazione di cura verso gli individui rimasti nel paese di origine [cfr. 4, 5, 7, 11, 14, 16, 20 e 24]. La
varietà di indicatori e di fattori che illustrano le strategie di cura delle famiglie transnazionali ucraine
presentate in questo articolo, dimostra che il problema della cura e della sua stabilità non dipende solo
dalla decisione di un individuo di emigrare o meno. La stabilità delle reti di cura transnazionali è una
questione di integrazione tra l’economia nazionale, lo stato sociale e i regimi migratori sia nei paesi di
destinazione che nei paesi di origine.
82
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84
Victoria Volodko
Dottore di ricerca in scienze sociali, assistente della Cattedra di
Storia e Sociologia dell’Università I. Franco di Lviv
RASSEGNA DI STUDI SELEZIONATI SULLE QUESTIONI FAMILIARI ED I RUOLI DI
FAMIGLIA DEGLI IMMIGRATI PER LAVORO NEL DISCORSO SOCIOLOGICO MODERNO.
Introduzione.
La migrazione per lavoro all’estero degli ucraini dopo il 1991 è una delle forme di migrazione
statisticamente più numerosa al confronto con altre forme di movimenti migratori, inoltre è presente (anche
se a diverso livello) in tutte le regioni dello stato. Un’altra sua caratteristica è l’attiva partecipazione delle
donne, le quali non molto tempo fa non venivano prese in esame come soggetti migratori indipendenti:
ciò ha provocato numerosi dibattiti pubblici sul tema della variazione dei ruoli familiari e dell’ansia per il
destino delle famiglie dei migranti. In questo modo, la dimensione femminile della migrazione di lavoro
contemporanea ucraina da una parte, e l’attualizzazione delle sue nuove dinamiche di funzionamento
della famiglia dall’altra, stabiliscono la necessità di studiare le elaborazioni già esistenti da parte degli
studiosi stranieri ed ucraini, riguardo a tale tematica. L’introduzione di prospettive di genere negli
studi della migrazione da parte di studiosi quali М.Morokvasic e G.Buijs nella metà degli anni ‘70 ha
permesso di mettere in evidenza e specificare l’esperienza delle donne nel contesto dello spostamento
di massa delle persone nel mondo[1]. I diversi aspetti della vita familiare dei migranti per lavoro spesso
sono studiati dagli studiosi occidentali nell’ambito del discorso transnazionale, in particolare nell’ambito
del concetto di famiglia transnazionale. In seguito esamineremo in dettaglio alcune categorie di analisi
dell’approccio transnazionale, così come le elaborazioni di studiosi esteri e nazionali sulla tematica
della migrazione e della famiglia in generale.
Alcune categorie di analisi applicabili alla prospettiva transnazionale.
«La svolta transnazionale» nelle indagini migratorie degli anni ’90 ha sollevato vivaci dibattiti tra gli
studiosi [2], [3]. Ad oggi la prospettiva transnazionale negli studi della migrazione di lavoro, in particolare
delle famiglie degli emigranti per lavoro, risulta assai diffusa. Questo approccio interdisciplinare viene
utilizzato non solo in antropologia e sociologia, ma anche in geografia, politologia, economia e così via
[4]. Il fascino del transnazionalismo consiste nella variazione del significato di migrazione e di una serie
di fenomeni ad essa collegati. Innanzitutto è stato stabilito che i moderni migranti hanno sviluppato le
pratiche transnazionali che le teorie migratorie universalmente riconosciute non erano in grado di fissare
adeguatamente e di spiegare, per quanto queste teorie erano orientate al servizio dei problemi degli
stati-nazioni intesi come “container” ed alla concezione di migranti come persone, i quali o emigrano
o immigrano. Nell’ambito dell’approccio transnazionale la società di origine e quella di accoglienza
formano un unico campo di studio, perché il migrante si trova contemporaneamente in relazione con
entrambe le società. Questo da la possibilità di comprendere nell’analisi non solo i migranti diretti,
ma anche i non migranti, quelli che dipendono dai migranti, e più precisamente dalle diverse forme di
trasferimenti messi in atto da quest’ultimi (in denaro, «sociali» e altri) [5]. In sociologia una elaborazione
più completa delle problematiche di migrazione in direzione del transnazionalismo si può trovare nei
lavori di L.Pries e Т. Faist [6], [7]. Per quanto riguarda le famiglie e gli affari domestici, la «svolta
transnazionale» ha facilitato il loro ripensamento dai concetti di unità, integrità e vita in comune in un
unico spazio sociale e geografico, alla possibilità di una distanza spaziale tra i membri della famiglia.
Persino in tale formato questi attori continuano a posizionarsi come famiglia, rivoluzionando in tal
modo la concezione tradizionale di questa aggregazione [8]. Di conseguenza, l’inserimento nell’analisi
85
sociologica delle famiglie divise spazialmente permette di rappresentare in modo più adeguato la realtà
sociale contemporanea. La concezione di transnazionalismo verrà attualizzata quando sarà chiaro che
la «teoria della società a container» - idea del mondo come un insieme di stati-nazione chiusi, isolati
gli uni dagli altri - non corrisponde più alla realtà contemporanea [9, p. 62]. E’ opportuno sottolineare
come questo concetto non sia un fenomeno completamente nuovo, ma legato alle tendenze globali.
In accordo con М. Albrow, si può affermare che la globalizzazione ha risvegliato l’interesse degli statinazione verso il transnazionalismo ed ha persino contribuito alla sua interpretazione come nuovo
fenomeno [10]. Nel senso ampio del termine il transnazionalismo appare sotto forma di relazioni
transfrontaliere, alle quali partecipano diversi attori sociali, la maggioranza dei quali sono cittadini
dei singoli stati. Peculiarità di queste relazioni e rapporti è la creazione di nuovi spazi sociali – spazi
sociali transnazionali, nei quali avviene l’interazione dei trans-attori (migranti, volontari internazionali
e altri). Questi legami e rapporti sussistono «attraverso le frontiere», nei quali gli stessi stati-nazione
non sempre sono presenti. L. Pries prende in esame gli spazi sociali transnazionali come basati sulla
riformulazione delle interazioni e delle correlazioni tra gli spazi geografici e sociali [11].
Questi sono «plurilocali campi di attività, i quali strutturano la vita di tutti i giorni degli attori sociali...
e contemporaneamente esistono al di sopra ed al di fuori del contesto sociale degli stati nazionali»
[12, p. 375]. Gli attori transnazionali (nel nostro caso i migranti) in tale modo hanno creato nuove
forme di interazione e rapporti sociali, nelle quali il rapporto tra la loro presenza fisica e lo spazio
sociale risulta alterato. Essi sono capaci di influenzare, esprimere la propria posizione, interagire e via
dicendo senza per questo essere presenti fisicamente. Usando la terminologia di A.Giddens, si può
dire che in questo caso l’integrazione sociale (interazione tra gli attori a livello personale, nell’unico
spazio «qui e adesso») viene violata in modo significativo o è del tutto assente [13, p.140]. A dispetto
della larga diffusione del termine «migrazione transnazionale» e dei concetti ad esso affini, non esiste
un’unica posizione nella concezione di questo fenomeno. La ricercatrice polacca К. Gmaj evidenzia
un ampio ed un limitato concetto di migrazione transnazionale. Nel significato più ampio questa è
«mobilità ripetitiva di lavoro, nel corso della quale i migranti si impegnano a minimizzare i rischi per le
loro attività domestiche.» (М. Okólski). L’approccio limitato fa appello ai migranti, i quali vivono una
doppia vita: parlano in due lingue, hanno una abitazione in due stati, regolarmente ed attivamente
mantengono contatti di diverso tipo nelle due società (L. Pries, P. Levitt). Il livello di coinvolgimento nella
vita della società ospitante si rivela fondamentale nelle caratteristiche di questi approcci [14, p. 45]. Nel
corso del progetto della propria attività di vita all’estero il migrante per lavoro può effettuare (o meno)
definite pratiche transnazionali, che confermano la sua appartenenza ai tras-migranti, i quali mettono
in atto pratiche transnazionali. Come giustamente hanno fatto notare P. Levitt e J. Itzigson, le pratiche
transnazionali del migrante possono essere molto diverse e differenziarsi per frequenza ed intensità di
realizzazione, possono essere continue, periodiche o occasionali; possono essere attuate in diversi
campi sociali: politico, economico, sociale o culturale o solo in uno di essi [15, p. 5]. Evidenziando
diverse «società» transnazionali, J. Rosenau mette in evidenza la famiglia come società basata sulla
parentela di sangue o sociale [9, p. 70]. In tal modo nell’elenco presentato da P.Levitt e J. Itzigson può
essere aggiunto ancora un campo: quello familiare.
Studi esteri sulla vita familiare dei migranti.
I diversi aspetti della vita familiare dei migranti per lavoro vengono studiati principalmente nell’ambito
86
della famiglia transnazionale. Maggiore attenzione da parte degli studiosi viene dedicata alla genitorialità
dei migranti per lavoro, studiando principalmente l’esperienza della madre. Nel 1997 i sociologi P.
Hondagneu-Sotelo e Е. Avila hanno introdotto il concetto «maternità transnazionale». In tal modo essi
hanno indicato i migranti che «accudivano» i propri figli trovandosi in altri Stati, dando corpo a nuovi
significati e pratiche di maternità [16, p. 548-549]. Tra gli altri studi sulla maternità transnazionale
occorre citare i lavori di R. Salazar Parreñas [17], U. Erel [18], AR Hochschild [19] e via dicendo. Le cure
e le attenzioni quotidiane per i figli in molte società sono attese (esclusivamente o prevalentemente)
dalle donne. La migrazione esclude questa cura quotidiana e, di conseguenza, le donne spesso
soffrono per la propria assenza fisica e l’impossibilità di occuparsi dei figli nel modo a loro consono,
esse si sentono in colpa per il fatto di essere «cattive madri». Nello stesso tempo non tutte le donne
(anche se sono una minoranza) sono d’accordo con la definizione tradizionale di maternità. Esse si
impegnano a cambiare l’idea tradizionale di maternità dimostrando che essere madri a distanza non
è ancora la base per provare che esse compiono male il proprio dovere materno [20]. Qualche studio
minore riguarda i figli dei migranti transnazionali. Qui, probabilmente, uno degli studi più conosciuti è il
lavoro di R. Salazar Parreñas «I figli della migrazione globale: le famiglie transnazionali e le difficoltà di
genere» [21]. Secondo la maggioranza degli studi esistenti, i figli sono quei componenti della famiglia
transnazionale che più soffrono per la sua divisione. Nel lavoro di R. Salazar Parreñas viene argomentata
la situazione in cui sono i figli dei migranti quelli che risentono maggiormente della migrazione della
madre rispetto a quella del padre, per quanto in tal caso essi sono costretti a riformulare la maternità
più in termini di sostegno della famiglia e meno in termini di «custode del focolare familiare » [8 ]. Nello
stesso tempo non tutti gli studiosi identificano la «separazione della migrazione» con la necessità di
avere conseguenze negative per la situazione emozionale della madre e del bambino [20]. Per quanto
riguarda la paternità transnazionale, le ricerche invece non sono ancora numerose. Vale la pena di
citare lo di studio J. Pribilsky [22], così come in parte ad esso si può annoverare il già nominato lavoro
di R. Salazar Parreñas [21]. Quest’ultimo, studiando l’esperienza dei migranti per lavoro delle Filippine,
pone l’attenzione sul fatto che gli uomini sfuggono alle proprie responsabilità di genitori trasferendosi in
un’altra regione dello stato o fuori dai suoi confini. Oltre a ciò , come si è già ricordato, i figli dei migranti
soffrono meno dalla separazione dal padre, il quale principalmente ha incarnato per essi «la forza della
disciplina e del castigo» [21]. J. Pribilsky ha svolto ricerche sui rapporti coniugali, sulla paternità e la
vita familiare dei migranti ecuadoriani a New York e negli insediamenti montani in Ecuador. Le interviste
sono state effettuate tra gli uomini a New York e le donne in Ecuador. Uno dei risultati principali delle
sue ricerche è la confutazione della tesi per cui la migrazione maschile porta alla crisi della vita familiare
[22]. La riconfigurazione di ruoli familiari quali quello della casalinga o del capofamiglia e di sostegno
della famiglia viene principalmente presa in esame nel contesto del seguente quesito investigativo: le
irregolarità familiari generalizzate in modo sostanziale indeboliscono la migrazione femminile?
I risultati degli studi esistenti testimoniano il fatto che non si registrano profondi cambiamenti in questa
direzione [23]. Tra gli studi legati all’esecuzione dei lavori di casa retribuiti da parte delle donne, è
opportuno citare innanzitutto il valido lavoro di B. Anderson «L’adempimento del lavoro sporco.
Politica globale del lavoro casalingo»[24]. Una parte dei problemi di ripartizione dei doveri casalinghi,
della variazione dei rapporti di autorità nella famiglia, in particolare quelli legati all’assunzione del ruolo
di sostegno della famiglia in conseguenza alla migrazione delle donne, sono affrontati negli studi
già citati di P. Hondagneu-Sotelo [16], R. Salazar Parreñas [17, 21], così come B. Haidinger [25], F.
87
Vianello [1], P. Dannecker [26], M. Alicea [27] e via dicendo. La peculiarità di questi studi sta nel fatto
che essi sono stati fatti partecipi di altri temi, perciò i problemi da noi indicati sono affrontati in essi
solo in parte. La concezione e la pratica della sessualità in famiglia e durante il tempo della migrazione
di quei migranti, che non sono legati all’industria del sesso, sono stati studiati in modo relativamente
blando. Noi possiamo citare solo gli studi di M. Svajner [28], in particolare il lavoro di A.Tolstokorova
[29], [30], così come il già citato B. Anderson, che indaga sui rischi sessuali per i migranti, legati al
lavoro casalingo [24]. М. Kvayner studia la sessualità dei migranti dall’Europa dell’Est verso l’Italia
(compresi quelli dall’Ucraina) spiegando come essi cambiano il proprio comportamento sessuale, le
norme e convinzioni nel corso del processo di soggiorno nel nuovo ambiente sociale della società
ospitante [28]. La studiosa connazionale А.Tolstokorova nelle sue pubblicazioni studia, in particolare,
la funzione riproduttiva nelle famiglie dei migranti per lavoro ucraine [29]. D’altra parte non si può
dire che il tema dei migranti e della sessualità non sia stato proprio affrontato. Sono state effettuate
una serie di ricerche, studiando le esperienze dei migranti lavoratori dell’industria del sesso, vengono
svolte indagini sulla mobilità spaziale, sulla sessualità ed i rischi di infezione da HIV, il fenomeno dei
matrimoni allo scopo di ottenimento del visto o della cittadinanza e così via [31], [32]. Alcuni studi
sul comportamento sessuale dei migranti per lavoro (non aventi contatto con l’industria del sesso)
si soffermano sul tema del divieto e del tabù per i migranti. Ne consegue che essi ne parlano senza
particolare entusiasmo. Inoltre l’insufficienza di significative elaborazioni scientifiche in questo campo
può trattenere gli studiosi da una «profonda immersione» in questo tema.
Studi nazionali sulla vita familiare dei migranti.
I lavori degli studiosi ucraini ad oggi sono modesti, il che è dovuto principalmente alla relativa novità
del tema, e inizia ad attirare l’attenzione solo dalla fine degli anni ’90; in particolare si può far notare la
sistematica assenza di ricerche su larga scala, legate allo studio della vita familiare dei migranti per lavoro
ucraini. La maggioranza dei lavori nazionali sono concentrati attorno ad altri temi, mentre la tematica
della vita familiare dei migranti è seguita come un completamento. Alcune informazioni sulla famiglia dei
migranti per lavoro si possono ottenere da due monografie, basate sugli studi sociologici a Kiev, Harkov
e nel villaggio di Prilbichi[33], [34]. Inoltre vale la pena di porre l’attenzione sulle pubblicazioni di autori
quali I. Pribytkova[35], [36], [37], O.Malinovska [38], M. Shulga [39], M.Chumalo[40], V.Susak [ 41], М.
Kerik [42], А. Fedyuk[43], [44], dove vengono toccati alcuni aspetti del funzionamento delle famiglie
dei migranti per lavoro. A cavallo tra la psicologia sociale e la pedagogia sociale lavorano tali studiosi
nazionali quali V.Ruhl [45], G. Katolik [46], А. Sidorenko [47] Yu.Gavrilyuk [48], L.Kovalchuk [49]. Le
questioni indirizzate allo studio delle principali caratteristiche dei processi migratori in Ucraina vengono
poste anche nel questionario in fase di effettuazione del monitoraggio sociologico nazionale da parte
dell’Accademia nazionale delle Scienze Ucraine [50]. In quest’ultimo, lo studio su più larga scala sulla
migrazione per lavoro dall’Ucraina finora realizzato, oltre alle caratteristiche socio-demografiche dei
migranti ed alla spiegazione dell’influenza della migrazione sul benessere delle economie casalinghe,
è prevista anche una domanda sulla valutazione dell’influenza del soggiorno all’estero sui rapporti
familiari [51]. A nostro parere ad oggi esiste solo una monografia che è dedicata interamente agli
aspetti familiari nel contesto dell’esperienza della migrazione di lavoro. Si tratta della ricerca «I problemi
dei figli dei migranti di lavoro: analisi delle situazioni», che è stata pubblicata nel 2006. Gli autori
hanno studiato la ripercussione della partenza dei genitori sulla situazione psicoemozionale e sul
88
comportamento dei loro figli, così come le azioni di carattere deviante compiute da questi ultimi. Con
l’aiuto di interviste semistrutturate sono stati ascoltati i figli dei migranti di lavoro, le persone a loro
vicine nella cerchia sociale e gli esperti [52, p. 4-5]. La monografia avrebbe meglio riflesso tutta la
poliedricità dei problemi se in essa si fosse tenuto conto del genere dei genitori-migranti, degli intervalli
di tempo della migrazione dei genitori, così come della diversità dei figli dei migranti intervistati.
Tra le rare pubblicazioni dedicate direttamente ai rapporti familiari dei migranti per lavoro, occorre
prestare attenzione all’articolo di O.Yarovoy sulla migrazione per lavoro degli ucraini in Italia e le
ripercussioni della migrazione sulle loro famiglie [20]. L’autrice ha condotto uno studio di qualità,
intervistando le donne lavoratrici in Italia, ha effettuato alcune interviste in Ucraina agli uomini le cui
mogli lavorano in Italia, così come ai bambini di queste famiglie. Lo studio ha confermato gli effetti
negativi dell’assenza della madre per i figli. Questi ultimi spesso sono sottoposti a disagio emozionale
per la separazione dalla madre e la mancanza di amore e approvazione del proprio comportamento.
А. Tolstokorov mette in evidenza quattro funzioni della famiglia: riproduttiva; socializzante, educativa
e di controllo sociale; economica e di consumo; ricreativa e di protezione [53]. Nel contesto di queste
quattro funzioni ella prende in esame la vita delle famiglie dei migranti. La sua ricerca si basa sull’analisi
ripetuta dei dati. Nelle proprie pubblicazioni l’autrice si è impegnata a presentare un’ampia visione
panoramica sulle famiglie dei migranti per lavoro ucraini il che, senza dubbio, può portare solo cose
positive, tenendo conto del basso livello delle elaborazioni su questa tematica. Nello stesso tempo
in questa pubblicazione si osserva la caotica sovrapposizione di problemi di diverso tipo e l’univoca
interpretazione di una serie di fatti che ancora non hanno ottenuto la dovuta conferma empirica. Tra
i ricercatori stranieri, i cui lavori sono in parte o interamente collegati alle problematiche familiari dei
migranti di lavoro ucraini, occorre evidenziare i già citati F. Vianello, B. Haidinger, M. Svajner, così come
M. Kindler, E. Кęmpinsk e A. Gurny e J. Dickinson. F. Vianello fa notare il grande valore dell’esperienza
della maternità per le migranti ucraine in Italia. Per esse la maternità è la maggiore giustificazione della
migrazione di lavoro. Allo stesso tempo la retorica del sacrificio è un alibi che nasconde il processo di
emancipazione durante il periodo di soggiorno all’estero [1]. B. Haidinger studia le vicende casalinghe
transnazionali sulla base dell’esperienza del soggiorno dei migranti ucraini in Austria. Le donne che
lavorano là nel settore casalingo, diventano partecipanti di tre spazi di vicende casalinghe correlati: le
vicende casalinghe austriache, dove esse lavorano; le vicende casalinghe trasformate in Ucraina e le
nuove vicende casalinghe interetniche, che si vengono a formare con gli altri migranti [25]. М. Kindler
studia le strategie di superamento dei rischi da parte dei migranti sulla base dell’esperienza degli ucraini
che lavorano in Polonia [54], [55]. А. Gurny e Е. Kempinsk con l’aiuto di metodologie quantitative e
qualitative studiano l’esperienza delle famiglie contemporanee interetniche polacco-ucraine [56], [57].
J. Dickinson è l’autore dell’interessante ricerca sulle correlazioni tra genere, lavoro e cambiamenti
economici nella campagna subcarpatica. Essa prende in esame le peculiarità dell’esperienza di
migrazione e le separazioni di genere del lavoro casalingo e professionale, partendo dalla posizione
dell’esperienza sia degli uomini che delle donne, così come l’effetto della migrazione di lavoro sui
rapporti familiari personali [58].
Conclusioni.
Tra le diverse sfere familiari della funzione dei migranti, negli studi contemporanei maggiore attenzione
viene dedicata alla maternità transnazionale, molta meno alla infanzia transnazionale ed alla paternità
89
transnazionale. La maggioranza degli studi porta all’analisi dell’esperienza solo di definiti gruppi di
migranti, prima di tutto quelli che hanno figli minorenni, senza tener conto dell’esperienza di quelle
donne aventi figli maggiorenni e nipoti. Minore attenzione viene dedicata all’analisi dei ruoli familiari quali
la casalinga, il capofamiglia e di sostegno della famiglia. Lo studio di questi aspetti di funzionamento
della famiglia spesso avviene in affiancamento ad altri ambitid’indagine.
Ancora meno attenzione viene dedicata alla concezione ed alla pratica della sessualità da parte dei
migranti per lavoro.
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93
DICHIARAZIONE CONCLUSIVA DELLA CONFERENZA
Il 22 marzo 2012 ha avuto luogo a Lviv in Ucraina la conferenza internazionale “Le famiglie
transnazionali come conseguenza della migrazione lavorativa ucraina: problemi e soluzioni”. Promotori
della conferenza sono stati l’Istituto internazionale della formazione, cultura e relazioni con la diaspora
dell’Università Nazionale Politecnico di Lviv, la Fondazione Zaporuka e l’ONG italiana Soleterre. Lo
scopo della conferenza è stato quello di unire le principali istituzioni statali e locali, le organizzazioni
civili, rappresentanti delle famiglie di migranti lavoratori, studiosi e ricercatori della materia, per discutere
e condividere analisi e soluzioni legate alla diffusione di un nuovo fenomeno sociale - quello delle
famiglie transnazionali – come conseguenza della crescente migrazione ucraina all’estero per lavoro.
Alla conferenza hanno partecipato oltre 100 persone, di cui 20 provenienti dall’estero. I lavori della
Conferenza sono stati improntati all’analisi scientifica del fenomeno, alla presentazione di esperienze
concrete e ad un workshop pratico-teorico condotto da specialisti italiani e ucraini. Gli argomenti
principali trattati hanno riguardato il fenomeno delle famiglie transnazionali sia nella ricerca accademica
che nella trattazione mediatica; la trasformazione dei processi migratori in Ucraina e le loro possibili
conseguenze per le famiglie migranti; gli aspetti sociali, psicologici, educativi, culturali, giuridici ed
economici che riguardano le famiglie transnazionali.
La discussione ha portato alle seguenti conclusioni:
1.
La famiglia transnazionale è un effetto rilevante e imprescindibile del processo di
globalizzazione;
2.
La famiglia transnazionale è, tuttavia, un fenomeno ancora non sufficientemente studiato e
che richiede ulteriori approfondimenti di analisi scientifica, politica, comunicativa e pratica;
3.
La famiglia transnazionale produce effetti sulla sfera economica, politica, demografica,
etno-culturale e psicologica della società ucraina;
4.
L’adozione di politiche di sostegno alla condizione delle famiglie transnazionali ucraine,
soprattutto in ambito legislativo, risulta una priorità per il Paese.
I partecipanti alla conferenza hanno deciso di rivolgersi al Parlamento e al Gabinetto dei Ministri ucraini
con la richiesta di:
1. procedere a provvedimenti legislativi che garantiscano la migrazione lavorativa in Ucraina,
attraverso:
•
La ratifica della Convenzione Internazionale delle Nazioni Unite sulla “Tutela dei diritti dei
migranti e delle loro famiglie”
•
Lo sviluppo e l’approvazione di una strategia politica statale in materia di migrazione
lavorativa entro 2015
•
L’elaborazione di una legge nazionale sullo “Stato legale dei migranti lavoratori”
•
L’elaborazione di un programma governativo sul rientro e la reintegrazione dei migranti
lavoratori sostenuto con finanziamenti statali
•
Il perfezionamento di accordi tra la Repubblica di Ucraina e la Comunità Europea in regime
di visti
•
La stipula di accordi bilaterali tra l’Ucraina e i principali Paesi di emigrazione in materia di
lavoro, pensioni e protezione sociale
•
La stipula di accordi bilaterali tra Ucraina e i principali Paesi di emigrazione in materia di
riconoscimento dei titoli di studio e professionali.
94
2. attuare misure in ambito amministraivo-istituzionale:
•
Trasferire le competenze del Servizio Statale per le Migrazioni dal Ministero degli Affari
Interni al Gabinetto dei Ministri;
•
Attivare la cooperazione bilaterale nello sviluppo di programmi di sostegno alle famiglie
transnazionali da parte delle autorità locali ucraine e dei Paesi recipienti
•
Allargare la rete dei Consolati ucraini in Italia, Spagna, Portogallo e Grecia
•
Favorire l’apertura di nuovi Consolati di Italia, Spagna, Portogallo e Grecia nelle regioni
dell’Ucraina Occidentale
•
Semplificare le procedure burocratiche di visto per i familiari dei migranti lavoratori
•
Eliminare i costi per la legalizzazione provvisoria dei documenti consolari per i figli dei
migranti lavoratori.
3. fornire servizi di sostegno psico-socio-educativo ai figli e familiari di migranti lavoratori, per
prevenire effetti di disagio sociale:
•
Approvazione e realizzazione di programmi di adattamento psico-emotivo per i figli di
migranti lavoratori
•
Promozione di collaborazione tra istituzioni scolastiche, servizi socio-sanitari e ONG del territorio
•
Incrementare i servizi di sostegno psicologico ai membri delle famiglie di lavoratori
migranti, ai tutori dei figli, soprattutto nei contesti rurali ed extra-urbani
•
Rafforzare i servizi psico-sociali presso le scuole ucraine
4. fornire un sostegno informativo ai migranti lavoratori ucraini
•
offrire una informazione sicura tramite le rappresentanze diplomatiche all’estero in merito
alla legislazione e ai servizi pubblici del paese ospitante, anche attraverso la creazione di
idonei call-centers
5. prevedere un costante aggiornamento statistico circa la migrazione per lavoro
•
monitorare la condizione delle famiglie (figli e anziani rimasti senza cura) attraverso i
servizi sociali, educativi e le autorità locali
•
promuovere ricerche multidisciplinari sulle famiglie transnazionali, rinforzando il
coordinamento e la circolazione di informazioni tra le agenzie di ricerca
•
promuovere conferenze, tavole rotonde, seminari pubblici per informare e sensibilizzare la
cittadinanza circa i temi della migrazione lavorativa
6. stabilire una stretta collaborazione con le rappresentanze dei migranti ucraini all’estero
•
sostenerne la costituzione e il funzionamento attraverso specifici fondi governativi
•
semplificarne le procedure burocratiche di riconoscimento e funzionamento
•
coinvolgerle in progetti e servizi di ritorno volontario e creazione di impresa promossi con
fondi governativi.
L’Istituto internazionale della formazione, cultura e relazioni con la diaspora dell’Università Nazionale
Politecnica di Lviv si incarica di diffondere le Conclusioni della Conferenza tra i partecipanti e di
sottoporle alle Istituzioni nazionali ucraine competenti.
95
Soleterre - Strategie di Pace ONLUS
è un’organizzazione umanitaria laica e indipendente che opera per garantire i diritti inviolabili degli
individui nelle “terre sole”.
Realizza progetti e attività a favore di soggetti in condizione di vulnerabilità in ambito sanitario, psicosociale, educativo e del lavoro.
Interviene con strategie di pace per favorire la risoluzione non violenta delle conflittualità e per
l’affermazione di una cultura di solidarietà.
Adotta metodologie di partenariato e di co-sviluppo per promuovere la partecipazione attiva dei
beneficiari degli interventi nei Paesi di origine e in terra di migrazione e garantire la loro efficacia e
sostenibilità nel tempo.
A Milano è attivo un Centro per famiglie e cittadini migranti che, in network con i paesi di origine,
sostiene i progetti migratori di genitori e figli per favorire una migrazione più consapevole. Il Centro offre
supporto legale, psicologico e sociale e di orientamento al lavoro per accompagnare percorsi virtuosi
di integrazione e di ricongiungimento.
www.soleterre.org
[email protected]
Zaporouka
si costituisce a Kiev nel 2008 come evoluzione e sviluppo di una pluriennale collaborazione con Soleterre
Onlus. Lo staff di Zaporuka, costitutito da operatori psico-sociali ucraini da anni impegnati in progetti
di sviluppo sociale, ha avuto modo di collaudarsi all’interno di un progetto finanziato dal Programma
«European Initiatives for Democracy and Human Rights». L’attenzione costante alle problematiche
sociali che attraversano il Paese e la quotidiana esperienza della realtà del supporto familiare a
distanza, hanno portato la Fondazione Zaporouka ad ampliare la propria attività, impegnandosi anche
sulle tematiche migratorie.
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