ISTITUTI PROFESSIONALI DI STATO PER I SERVIZI E L’OSPITALITA’ ALBERGHIERA Acqua, ogni giorno seimila litri a testa: ecco tutti gli sprechi nascosti Dopo Giappone e Messico siamo il terzo importatore: il nostro consumo idrico è a un livello critico. Alla vigilia della Giornata mondiale, un rapporto del Wwf racconta come possiamo ridurlo UN ESSERE umano per sopravvivere ha bisogno di 4 litri di acqua al giorno. Ovviamente ne usiamo di più per cucinare e per tutti gli usi domestici: il consumo medio quotidiano di una famiglia europea si aggira attorno ai 165 litri. È già una bella cifra, se però si calcola anche l'acqua virtuale, quella che non vediamo ma è servita a produrre il cibo e a far funzionare le industrie, scopriamo che il conto s'impenna. E che la situazione del nostro paese si fa critica: l'impronta idrica in Italia, cioè la quantità di acqua dolce utilizzata per produrre beni e servizi, è pari a 132 miliardi di metri cubi l'anno, 6.309 litri pro capite al giorno. Siamo il terzo importatore netto di acqua virtuale al mondo (62 miliardi di metri cubi l'anno), dopo Giappone e Messico e prima di Germania e Regno Unito. Alla vigilia della Giornata mondiale dell'acqua che si celebra il 22 marzo, questi dati sono raccontati nel rapporto "Acqua in bocca: quello che il cibo non dice sull'impronta idrica" preparato dal Wwf. Sono numeri che mostrano la faccia di una potenziale carenza: solo il 2,5 per cento dell'acqua che copre per oltre due terzi il pianeta è dolce. Se togliamo la quota non disponibile perché racchiusa nei ghiacci e nelle acque sotterranee, di questo patrimonio prezioso resta solo l'1 per cento. Per molto tempo questo 1 per cento è stato sufficiente. Ma l'assalto alle zone umide, la crescita demografica, l'aumento dei consumi pro capite e l'inquinamento hanno fatto saltare in molte aree del mondo un equilibrio già fragile. E ora il cambiamento climatico minaccia di assestare il colpo finale. Così, mentre l'acqua diventa sempre più preziosa, l'Italia si trova esposta al terzo debito idrico del pianeta. "La colpa è del peggioramento delle nostre abitudini alimentari", spiega Francesca Greco, la ricercatrice del King's College di Londra che assieme a Marta Antonelli ha curato lo studio. "In Italia il consumo di cibo è responsabile dell'89 per cento dei consumi di acqua e questo dato ci dovrebbe aiutare perché la dieta mediterranea ha un impatto idrico molto minore di quella a base di carne. Peccato che negli ultimi anni il nostro stile di vita sia peggiorato: importiamo grandi quantità di beni che richiedono molta acqua come la carne di maiale tedesca". Non solo abbiamo aumentato i consumi di carne (una bistecca da 3 etti costa 4 mila litri di acqua) ma siamo passati dal pollo ruspante al wurstel, dalla ricotta con latte di pecora al pascolo ai latticini d'importazione provenienti da allevamenti intensivi. E così la situazione è progressivamente peggiorata: l'impronta idrica dell'Italia è del 66 per cento più alta della media mondiale (1.385 metri cubi pro capite l'anno). E tra le principali economie non europee l'Italia si colloca al vertice dei consumi pro capite, dopo Stati Uniti, Canada e Australia. "Sul risparmio idrico è stata fatta molta comunicazione ma sul versante sbagliato: si parla quasi solo dei consumi nelle case che valgono il 4 per cento del nostro bilancio complessivo", aggiunge Francesca Greco. "Visto che i prodotti di origine animale (latte, uova, carne, formaggi) rappresentano quasi la metà dell'impronta idrica totale dei consumi, in Italia per migliorare dovremmo puntare con forza sul made in Italy, sui prodotti da pascolo, sul chilometro zero, sulla dieta mediterranea". Una proposta che punta a dare spazio, anche in vista di Expo 2015 dedicato al cibo, alla messa a fuoco di un'impronta idrica capace di valutare i vari tipi di consumo: l'acqua verde, cioè la pioggia contenuta nel suolo e nelle piante (69 per cento del totale, assorbita dall'agricoltura); l'acqua grigia, quella utilizzata per diluire l'inquinamento (22 per cento); l'acqua blu: laghi, fiumi, falde sotterranee (9 per cento). PARTE PRIMA Il candidato discuta il problema, che ha rilevanza internazionale e che interessa la sfera familiare, sociale, economica ed ambientale, soffermandosi sui seguenti aspetti: impronta idrica del mercato globale agroalimentare importazione ed esportazione di acqua virtuale impronta idrica di differenti tipi di agricoltura impronta idrica di differenti tipologie di diete E individui un regime alimentare equilibrato a bassa impronta idrica considerando le indicazioni salutistiche date per il fabbisogno di acqua. PARTE SECONDA Il candidato risponda a tre tra i seguenti quesiti: 1. quali sono le indicazioni LARN suggerite per il fabbisogno proteico? 2. quali danni procura un eccesso di proteine di origine animale? 3. come varia la longevità e quali sono i rischi correlati al consumo di calorie (dieta ipocalorica, normocalorica e ipercalorica) 4. quali caratteristiche merceologiche presentano i prodotti biologici 5. descrivi vantaggi e svantaggi degli additivi alimentari 6. che cosa significa la sostenibilità in campo agroalimentare? Seconda traccia: Dagli scarti delle mele arrivano scarpe e fazzoletti Come e cosa si può ottenere dagli scarti della lavorazione industriale delle mele? Fino a pochi anni fa nulla. Venivano smaltiti o, al più, utilizzati per alimentare gli impianti a biogas. Cosa peraltro, quest’ultima, che avviene tuttora. Poi però, nel 2009, qualcosa è cambiato. A Bolzano Hannes Parth ha fondato la Frumat srl, un laboratorio di analisi chimiche che ha iniziato ad effettuare dei test per stabilire se, dagli scarti della lavorazione industriale delle mele, materiale privo di scadenza e per questo facilmente stoccabile, era possibile ricavare delle materie prime da impiegare per realizzare prodotti ecocompatibili. In 5 anni il quantitativo di scarti della lavorazione industriale delle mele utilizzato per realizzare prodotti ecosostenibili è passato da 0 a 30t./mese I risultati sono stati sorprendenti e dagli iniziali esperimenti che richiedevano il reperimento dei primi, magari scarsi quantitativi di scarti reperiti in qualche azienda melicola che in Alto Adige sono particolarmente numerose, si è arrivati a oggi, con diverse imprese che lavorano questo tipo di rifiuto alimentare trasformando una media di 30 tonnellate/mese prodotto. Ma è ancor più sorprendente scoprire quello che se ne ricava. “Il primo prodotto che abbiamo realizzato è stata la cartamela – spiega Hannes Parth – creata con pura cellulosa arricchita con gli scarti di lavorazione delle mele che dopo la l’iniziale produzione di carta igienica, oggi trova diverse declinazioni sia come rotoli da cucina, fazzolettini da naso, scatole per il packaging. La nostra ricerca e le nostre sperimentazioni però non si fermano e ora siamo impegnati nella realizzazione della ‘pellemela’, un prodotto ottenuto sempre dagli scarti di lavorazione delle mele ma destinato alla legatoria, alle calzature e ai rivestimenti di divani e sedie. L’attività di Frumat si concentra nella ricerca e nello sviluppo di prototipi che, dopo essere stati opportunamente testati, vengono realizzati a livello industriale". L’Italia sta dimostrando un particolare interesse verso i processi di trasformazione in materie prime ottenute da sottoprodotti e scarti di lavorazione alimentare "Stiamo riscontrando un notevole interesse da parte dei fruitori di questi prodotti ecosostenibili non solo a livello nazionale, ma anche oltreconfine dove, in Paesi come la Germania, l’Austria, la Svizzera e la Francia la sensibilità verso queste produzioni ha radici ben più antiche rispetto a quelle italiane. Eppure, e questo è un dato a mio avviso molto interessante – spiega Parth – nell’arco di pochi anni ho potuto constatare che anche nel nostro Paese le aziende interessate a produrre utilizzando scarti ottenuti dalla lavorazione industriale di alimenti, in questo caso specifico quelli delle mele, sono in continuo aumento”. PARTE PRIMA Il candidato sviluppi il tema degli sprechi alimentari soffermandosi su: impatto ambientale degli sprechi alimentari la relazione tra tipi di filiere e sprechi impatti e limiti dei “Conveniens foods”, del “Fast food” e della GDO E individui un modello di ristorazione collettiva circolare (rifiuti zero) PARTE SECONDA Il candidato risponda a tre dei seguenti quesiti: 1. 2. 3. 4. 5. 6. quali tipologie di ristorazione conosci? cosa sono i nuovi prodotti alimentari? quali sono i limiti e i vantaggi degli alimenti OGM? quali sono le indicazioni per una sana alimentazione italiana? descrivi l’evoluzione delle abitudini alimentari italiane dal 1950 ad oggi. illustra la relazione tra malattie degenerative e dieta Terza traccia: Doppia piramide alimentare: cibi "amici" e "nemici" dell’ambiente Lo strumento ideato da Barilla Center for Food and Nutrition mette in relazione l’aspetto nutrizionale degli alimenti con il loro impatto ambientale Qual è l’impatto ambientale dovuto alla produzione, alla distribuzione e al consumo dei cibi? Per rispondere a queste domande, il Barilla Center for Food and Nutrition ha ideato il modello della Doppia piramide alimentare– ambientale, strumento che mette in relazione l’aspetto nutrizionale degli alimenti con il loro impatto ambientale. La piramide ambientale nasce studiando e misurando l’impatto sull’ambiente dei cibi presenti nella piramide alimentare, e disponendoli lungo una piramide capovolta, in cui gli alimenti posizionati più in basso (al vertice del triangolo) hanno il minore impatto ambientale. Accostando le due piramidi si ottiene così la “Doppia piramide” alimentare-ambientale, dove si nota intuitivamente che gli alimenti per i quali è consigliato un consumo maggiore, generalmente sono anche quelli che determinano gli impatti ambientali minori. Viceversa, gli alimenti per i quali viene raccomandato un consumo ridotto sono anche quelli che hanno maggior impatto sull’ambiente. Non mancano le eccezioni: ad esempio i biscotti sono considerati “nocivi” alla salute se consumati in grandi quantità, ma risultano abbastanza eco compatibili da figurare nella parte bassa della piramide ambientale. Viceversa, l’olio è in “zona verde” per i valori nutrizionali ma in “zona rossa” per quelli ambientali. Per realizzare questo modello si è tenuto conto principalmente di tre parametri: il consumo d’acqua, la produzione di Co2 e l’impronta ecologica, necessari per produrre quantità paragonabili dei cibi rappresentati. L’impronta ecologica è la quantità di suolo fertile o di mare necessaria a produrre un dato quantitativo di cibo (ad esempio un chilo di arance) e anche a smaltire le emissioni di gas serra conseguenti a tale produzione; il tutto espresso in metri quadrati. Per fare degli esempi, per un chilo di pesce occorre impegnare 71 metri quadrati di pianeta, mentre per un chilo di manzo ben 108 metri quadri. All’estremo opposto ci sono le verdure e la frutta: per un chilo di mele bastano tre metri quadrati; per un chilo di carote appena un metro quadrato. La doppia piramide alimentare-ambientale rappresenta quindi un punto di partenza per riflessione sulle nostre abitudini alimentari. Non a caso Fondazione Barilla Cfn dopo aver consegnato al Governo italiano il "Protocollo di Milano" sta partecipando attivamente ai lavori per la stesura della “Carta di Milano”, ovvero le linee guida per una gestione ecocompatibile della produzione mondiale di cibo destinata ai governi e alle strutture sovrannazionali che indirizzano le future politiche dell’alimentazione. Fonte: Barilla Center for Food & Nutrition PARTE PRIMA Il candidato, sulla base degli spunti forniti dal passo sopra riportato, tratti l’argomento soffermandosi sui seguenti aspetti: stili alimentari del consumatore europeo occidentalizzazione delle abitudini alimentari (western diet), cause e conseguenze sulla salute e sull’ambiente produzioni e filiere agroalimentari sostenibili comportamenti e stili di vita salutari e sostenibili E individui un modello di regime alimentare equilibrato che abbia un’impronta ecologica contenuta, illustrandone le caratteristiche e i vantaggi nutrizionali ed ambientali. PARTE SECONDA Il candidato risponda a tre tra i seguenti quesiti: 1. lo stile di vita e le abitudini alimentari possono incidere sulle patologie tumorali? Spiegare la risposta 2. quali sono le caratteristiche delle intolleranze alimentari? 3. la ristorazione collettiva svolge un ruolo molto importante, perchè? 4. cos’è la macrobiotica e quali comportamenti o stili di vita suggerisce? 5. che cos’è l’aterosclerosi e come prevenirla? 6. quali sono le indicazioni per una dieta equilibrata relativamente al fabbisogno lipidico?