L’opera in breve Fidelio - Il soggetto Claudio Toscani Negli anni del Terrore incarcerazioni e liberazioni inattese dovevano essere all’ordine del giorno in Francia. Nei teatri parigini nasceva e aveva successo, in quel periodo, un genere teatrale nel quale il pubblico coglieva il riflesso degli eventi che scuotevano la vita quotidiana: sulla scena venivano presentate storie ricche di avventure e colpi di scena, storie nelle quali gli eroi trionfavano su persecuzioni e peripezie mostrando un’ottimistica fiducia nel bene, nella giustizia e nella ragione. All’elemento avventuroso, questo tipo di spettacolo – che gli storici dell’opera chiameranno in seguito opéra à sauvetage – univa l’attenzione per la realtà quotidiana, assumendo intonazioni decisamente realistiche e portando sulla scena nuovi temi sociali, legati alla difesa della famiglia e dei valori borghesi, all’unione delle diverse classi, alle figure femminili che assumevano un ruolo più intraprendente nella società. Il nuovo genere teatrale divenne popolare a Parigi nell’ultimo decennio del Settecento, ma non limitò i suoi successi alla Francia: si diffuse rapidamente in tutta Europa (in particolare in Italia, in Germania e in Austria), dove diede vita a ibridazioni e adattamenti di varia natura. Beethoven scoprì il filone nel 1804 e se ne entusiasmò subito, tanto che abbandonò il progetto teatrale cui stava lavorando in quel momento, Il fuoco di Vesta, ispirato a un tema classico, e si rivolse invece a un soggetto ispirato a un fatto realmente accaduto ai tempi della Rivoluzione, del quale già si era servito Jean-Nicolas Bouilly per la sua Léonore, rappresentata a Parigi nel 1798 con musiche di Pierre Gaveaux. Il soggetto aveva grandi qualità teatrali. Come i grandi temi tragici della classicità, si prestava a suscitare nello spettatore ora pietà, ora terrore (in perfetto accordo con i precetti della poetica aristotelica), ed era ben indirizzato verso la catarsi finale, dove In alto: Ludwig van Beethoven. A destra: locandina della rappresentazione della prima versione di Fidelio al Theater an der Wien, 20 novembre 1805 (Vienna, Österreichisches Theatermuseum). le sofferenze poste sulla scena trovano la loro purificazione. Le qualità del soggetto ne assicurarono la fortuna: dopo Bouilly, oltre a Beethoven anche Ferdinando Paër e Giovanni Simone Mayr se ne servirono per le rispettive Leonora (1804) e L’amor coniugale (1805). Una prima versione del lavoro beethoveniano, intitolata Fidelio o l’amor coniugale e articolata in tre atti, andò in scena a Vienna al Theater an der Wien il 20 novembre 1805 (una settimana dopo l’occupazione francese della città), con scarso successo. Una seconda versione, Leonora o il trionfo dell’amor coniugale, fu presentata il 29 marzo 1806 nello stesso teatro. Beethoven, che aveva effettuato dei tagli e aveva ridotto l’opera in due Atti, la ritirò però quasi subito per dissensi con il direttore del teatro. Fu poi necessario attendere alcuni anni perché il compositore rimettesse mano al lavoro. Su proposta dei tre cantanti che avrebbero interpretato i ruoli principali, Beethoven riprese l’opera e la rielaborò profondamente; fece rimaneggiare da Georg Friedrich Treitschke il libretto, scritto in origine da Joseph Sonnleithner, aggiunse alla partitura nuove pagine, altre ne recuperò dalla prima versione, conferì al tutto una maggiore tensione drammatica. Questa terza e ultima versione fu presentata, con il titolo di Fidelio, al Teatro di Porta Carinzia il 23 maggio 1814 [...]. La musica Claudio Toscani Atto primo Il cortile della prigione di Stato. Jaquino, guardiano della prigione, fa la corte a Marzelline, figlia del carceriere Rocco. Marzelline tuttavia sdegna le sue attenzioni, da quando alla prigione è arrivato il giovane Fidelio. Questi è in realtà Leonore, il cui marito Florestan è scomparso misteriosamente oltre due anni prima; senza dar credito alle voci che lo danno per morto, Leonore ha raggiunto il carcere in cui sospetta l’abbia rinchiuso il governatore Don Pizarro, suo nemico. Qui, in abiti maschili e sotto il nome di Fidelio, si è guadagnata la fiducia di Rocco, del quale è divenuta aiutante. Marzelline resta sola e canta il suo amore per Fidelio, al quale spera presto di essere congiunta in matrimonio. Rocco interpreta lo zelo del suo giovane aiutante come un segno del suo amore per Marzelline gli promette dunque la figlia in sposa, raccomandando a entrambi di non dimenticare che anche il denaro è necessario alla felicità. Rocco acconsente alla richiesta di Fidelio di accollarsi anche i lavori più pesanti, accompagnandolo nei sotterranei, dove la giovane sospetta sia incarcerato Florestan. Al suono di una marcia entra Pizarro, governatore della prigione, accompagnato da alcuni ufficiali. Una lettera lo avverte che Don Fernando, ministro di Spagna, giungerà presto per compiere un’ispezione al carcere: Pizarro decide allora di sopprimere il prigioniero chiuso nei sotterranei, e ne pregusta l’uccisione. Chiede a Rocco di uccidere il prigioniero e nasconderne il cadavere; al suo rifiuto gli ordina di scavare un fossa, poiché provvederà lui stesso all’assassinio. Leonore, che ha sentito tutto, inorridisce, ma non abbandona la speranza di salvare lo sposo. Convince Rocco a lasciare uscire per un momento dal carcere i prigionieri, che tornano all’aperto felici di respirare l’aria pura. Fidelio, intanto, ottiene da Rocco il permesso di accompagnarlo nei sotterranei e di aiutarlo a scavare la fossa per il prigioniero. Pizarro, irato per l’iniziativa del carceriere, fa rinchiudere di nuovo i prigionieri; Rocco calma la sua collera ricordandogli la morte imminente di Florestan. to a commettere l’assassinio. Prima di pugnalare Florestan si fa riconoscere da lui; Leonore si getta tra i due, facendosi anch’essa riconoscere. Pizarro, riavutosi dalla sorpresa, si slancia per uccidere entrambi, ma Leonore lo ferma minacciandolo con una pistola. Squilli di tromba dalla torre annunciano l’arrivo del ministro. Pizarro lascia il sotterraneo per andare a riceverlo; Leonore e Florestan si riabbracciano, dando libero sfogo alla loro gioia. Piazza di parata del castello con la statua del re. Don Fernando porta un messaggio di fratellanza e libertà: per ordine del re tutti i prigionieri devono essere liberati. Rocco conduce Florestan e Leonore alla presenza del ministro; questi riconosce, stupito, l’amico che credeva morto da tempo. Vengono svelate le colpe di Pizarro, che viene tratto in arresto. Leonore, tra l’esultanza generale, libera Florestan dalle catene. Alberto Bosco Forse la prima cosa da dire a chi si appresta all’ascolto del Fidelio è di non aspettarsi da quest’opera un canto che si abbandoni alle dolcezze sensuali o ai rapimenti estatici così tipici del virtuosismo vocale dell’opera italiana. Nella sua unica opera, infatti, Beethoven volle portare in teatro quello stesso messaggio morale che si sprigionava dal suo sinfonismo strumentale, innestandolo sul giovane ceppo del Singspiel, l’opera tedesca così come l’aveva codificata pochi anni prima Mozart, ovvero un tipo di teatro popolare, meno smaliziato e dai contorni più semplici rispetto all’opera italiana. Così, l’amore tra uomo e donna non è qui declinato nelle sue qualità erotiche, ma è visto unilateralmente come un impegno, un sentimento attivo e altruistico, in cui grande importanza hanno anche le vicende politiche e sociali dell’ambiente, con la giusta lotta contro la sopraffazione di un governatore crudele, anch’essa dipinta senza ambiguità [...]. Fidelio di Ludwig van Beethoven. Regia di Deborah Warner, scene e costumi di Chloe Obolensky, luci di Jean Kalman. Alcuni momenti delle prove. (Foto Marco Brescia e Rudy Amisano). Leonore III op. 72 b: la celeberrima seconda versione della pagina precedente, composta fra la fine del 1805 e il marzo 1806, fu l’Ouverture alla seconda versione in due Atti dell’opera, molto abbreviata e intitolata anch’essa Fidelio, sebbene l’autore la volesse chiamare Leonore. Pubblicata da Breitkopf & Härtel di Lipsia già nel 1810, la Leonore III si impose immediatamente come brano autonomo di grande efficacia. Il suo reinserimento nel Fidelio è successivo alla morte dell’autore. Oltre che prima della scena finale - come avviene da anni nelle edizioni recenti nella maggior parte delle esecuzioni, sebbene non sia un inserimento previsto dall’autore - si tentò di utilizzarla come Ouverture al secondo Atto o come brano sinfonico a se stante a conclusione dell’opera. Ouverture in mi maggiore op. 72: composta nel maggio 1814, ed edita da Farrenc a Parigi nel 1826, fu la Ouverture alla terza ed ultima versione del Fidelio, rappresentata al Kartnertortheater il 23 maggio 1814. L’esecuzione della presente Ouverture viene segnalata per la seconda replica di tre giorni dopo. In alto: Joseph Willibrord Mähler. Ludwig van Beethoven nel 1805, l’anno della prima rappresentazione di Fidelio. A destra: Gustav Klimt. Particolari dai pannelli del Fregio di Beethoven, esposti alla XIV mostra della Secessione viennese, 1902. L’anelito alla felicità (dalla prima parete). Le forze ostili (dalla seconda parete). Le Arti ci guidano nel regno ideale (dalla terza parete) “Diesen Kuss der ganzen Welt!” (dalla terza parete). Leonore I op. 138: considerata per anni erroneamente la prima composta (nel 1805), venne in realtà scritta, e accantonata, a ridosso di un’esecuzione a Praga del 1808 che non ebbe tuttavia luogo. Eseguita dopo la morte di Beethoven il 7 febbraio 1828, venne pubblicata da Haslinger di Vienna nel 1838. Questa pagina testimonia che Beethoven era conscio, già dopo l’esecuzione delle prime due versioni dell’opera, del fatto che la Leonora III fosse una pagina inadatta come Ouverture. Leonore II op. 72 a: è in realtà la prima composta, tra il 1804 e il novembre 1805, per la prima versione in tre Atti di Fidelio, o l’amor coniugale, rappresentato al Theater an der Wien il 20 novembre 1805, la cui edizione fu pubblicata privatamente da Prieger di Lipsia negli anni 1908-10. La pagina è catalogata anche a parte ed è stata scelta per introdurre la presente edizione. Atto secondo Un oscuro carcere sotterraneo. Florestan, incarcerato da Pizarro per aver denunciato i suoi misfatti, giace incatenato nell’oscurità, ma sa di aver agito rettamente. Nel delirio ha una visione: Leonore, come un angelo, lo riconduce alla libertà. Giungono Rocco e Fidelio, per eseguire gli ordini di Pizarro e preparare la tomba per il prigioniero. Leonore riconosce Florestan, ma non può ancora svelare la sua identità al marito; lo conforta con pane e vino e ne riceve la promessa di una ricompensa in un mondo migliore. Nel sotterraneo scende Pizarro, pron- Le Ouvertures al Fidelio Tutti i testi e le immagini sono tratte dal programma di sala Fidelio, Teatro alla Scala, stagione 2014-15. In alto, a sinistra: Maria Malibran nel ruolo di Leonore a Londra, Covent Garden, 1833. Litografia. Il costume indossato dalla Malibran è molto simile a quello della Schröder-Devrient; verosimilmente entrambi derivavano dallo stesso figurino. In alto, a destra: Wilhelmine Schröder-Devrient, nella parte di Leonora, minaccia Pizarro. Liszt la descrive “affascinante in abito maschile, con un moto il cui accento faceva fremere ogni cuore, e tuttavia al tempo stesso con una grazia inimitabile del gesto, spianava la pistola davanti al governatore impietrito per lo spavento”. A sinistra: Sigmund Ferdinand von Perger. Anna Milder-Hauptmann, interprete di Leonora in tutte le successive versioni di Fidelio dal 1805 al 1814. Scendere agl’inferi oggi, per amore Deborah Warner suo intimo c’è una poesia alla quale dobbiamo dare voce. Il primo Atto è strutturato con la raffinatezza di un grande dramma teatrale, e la regista deve concatenare le scene proprio come farebbe in un dramma di Čechov. I dialoghi sono comici e poveri se affrontati senza profondità, ma umani e toccanti se composti con attenzione. Il mio rapporto con quest’opera ha una lunga storia, e so che l’onere di condurre in porto con successo qualunque allestimento di Fidelio spetta in ultima analisi al cast. Con Anja Kampe abbiamo un’attrice e una cantante che credo sia in grado di rappresentare al meglio il coraggio e l’audacia di Leonore. Fidelio è un’opera assai più grande di quanto si possa circoscrivere in una singola idea, ed è estremamente vicina ai tempi in cui viviamo. So che con questo cast e con Daniel Barenboim alla direzione abbiamo le migliori possibilità di portare in scena la verità e la bellezza che sono elementi essenziali nella realizzazione di quest’opera. (Traduzione dall’inglese di Silvia Tuja) Una ricerca della verità nell’oscurità di una prigione, la scoperta dell’ingiustizia alla luce del giorno, e la forza dell’amore che tutto conquista: ecco gli elementi che costituiscono Fidelio. La vicenda è semplice: Leonora si prefigge di ritrovare il marito perduto, uno dei desaparecidos, e il suo viaggio segue quello di tanti grandi eroi, un viaggio attraverso il mondo degli inferi per salvare il suo amore. Un viaggio dall’oscurità alla luce. Siamo di fronte all’autenticità di esseri umani del tutto normali, rappresentati in situazioni umane relativamente comuni, ma nella cornice più straordinaria che si possa immaginare. La giustapposizione di dialoghi parlati e raffinatissimi ensembles musicali contribuisce alla creazione di un’opera davvero fondamentale. Fidelio si muove con i tempi e deve riflettere la contemporaneità; per questo credo che l’unica possibilità sia proporre l’opera con un’ambientazione contemporanea. Beethoven collocò la sua prigione in Spagna, un luogo per lui straniero e barbaro, per cercare di accostarsi alla violenza della reclusione politica forzata del suo tempo. Noi dobbiamo trovare la nostra “cornice di riferimento”, astratta o reale, che rifletta le atrocità dei nostri tempi. La cornice per la mia prima produzione del 2001 fu l’allora recente guerra dei Balcani. Da allora il mondo è cambiato: l’11 settembre, l’Afghanistan, Guantanamo, la Primavera araba, la morte di Mandela, la Siria, Gaza e tanto altro. Chloe Obolensky e io abbiamo affrontato l’ideazione della scenografia e dei costumi con un occhio alla contemporaneità e il reale desiderio di non limitarci a un unico tempo o luogo. Gli eventi dei secoli passati devono trovare eco nella scenografia e una possibilità di associazione immediata nella mente del pubblico. Lo spettacolo deve essere vero come un dramma shakespeariano e intenso come un quadro di Goya, per catturare allo stesso modo orecchio e occhio. Il pubblico deve lasciare il teatro ponendosi delle domande: che cosa significa oggi il concetto di libertà? Qual è il significato di giustizia? Qual è il potere dell’amore? La musica di Beethoven ci chiede sempre di pensare, e ogni allestimento di Fidelio deve fare lo stesso. Fidelio non può sopravvivere a una visione univoca e rigida, proprio come non può farlo un dramma di Shakespeare; nel Fidelio alla Scala, stagione 2014-2015. Alcuni momenti delle prove. (Foto Marco Brescia e Rudy Amisano).