IL CONSIGLIO
7 DICEMBRE 2014
Palazzo Pirelli - Auditorium Gaber
proiezione su maxi schermo
del
FIDELIO
di L. van Beethoven
“Prima della Scala”
www.consiglio.regione.lombardia.it
Progetto grafico, testi originali e pubblicazione:
Ufficio Editoria e Web del Consiglio regionale della Lombardia
Al Pirellone la grande musica è di casa
Il Consiglio regionale della Lombardia trasmette la Prima della Scala
all’interno dell’Auditorium Gaber: una tradizione iniziata lo scorso anno
con la proiezione de La Traviata e che siamo particolarmente lieti di poter
ripetere nuovamente oggi, aprendo le porte del Pirellone ai nostri cittadini in
occasione del Fidelio di Beethoven.
Vogliamo offrire a tutti voi l’opportunità di prendere parte a un appuntamento
di rilevanza internazionale, che caratterizza tradizionalmente la vita culturale
della nostra Regione, avvicinando cittadini e istituzione, in un momento alto
di cultura e di partecipazione.
La Prima della Scala è un evento di risonanza mondiale in cui, come accade
sempre il 7 dicembre, Milano e la Lombardia sono sempre protagoniste
grazie alla nostra grande tradizione operistica.
Questa non sarà l’unica iniziativa di carattere musicale: a Palazzo Pirelli
quest’anno la grande musica sarà di casa!
Il Consiglio regionale sta organizzando con le principali scuole di musica
della Regione, un ciclo di concerti con cadenza bimestrale. Daremo
l’opportunità ai giovani artisti di esibirsi nel nostro Auditorium e allo stesso
tempo faremo di Palazzo Pirelli un centro culturale e musicale di grande
prestigio.
Questo è il segno della volontà di rendere il Pirellone sempre più la casa
dei lombardi aprendo le porte a iniziative di alto valore culturale.
Buon ascolto a tutti!
Raffaele Cattaneo
Presidente del Consiglio regionale della Lombardia
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Incontro con Beethoven
Tratto da uno scritto
di Richard Wagner
(racconta Wagner)
Già l’aspetto di Beethoven non era di per sé tale
da infondere coraggio. Vestito di un abito frusto e
in disordine, aveva il busto cinto da una sciarpa
rossa: la folta capigliatura grigia gli incorniciava
il volto; e l’espressione dei suoi lineamenti,
rabbuiata e dura, non era certamente fatta per
porre fine al mio imbarazzo. Sedemmo presso
un tavolo coperto di penne e di carte.
“Voi venite da Lipsia?”
Io mi accingevo a rispondere, ma egli mi arrestò
porgendomi un foglio di carta e una matita, e
soggiunse:
“Scrivete, perché non sento.”
Sapevo della sordità di Beethoven, e v’ero preparato; eppure quelle parole “non
sento”, pronunciate dalla sua voce rauca, furono come un colpo di pugnale.
Vivere nella povertà e nella solitudine, non avere altra potenza che nei suoni e
dover dire ad ogni istante “Non sento!”.
Compresi in quel momento tutto il segreto del cupo
aspetto di Beethoven, l’espressione di dolore del
suo volto, la fosca luce del suo sguardo, il dispetto
sempre concentrato nelle sue labbra: egli non
sentiva!
[…] Voi mi scriveste che le mie composizioni vi
hanno soddisfatto; questo mi fa piacere, poiché
tengo ben poco ormai al suffragio delle folle”.
Queste parole semplici e confidenziali dissiparono
tutta la mia tristezza, e mi fecero provare un brivido
di gioia.
Scrissi che non ero certamente il solo ad
entusiasmarmi tanto delle sue geniali creazioni, e
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che il più ardente dei desideri sarebbe di procurare alla mia città natale la felicità
di averlo un giorno o l’altro tra le sue mura – egli allora avrebbe constatato di
quale ammirazione presso un pubblico potrebbero essere oggetto le sue opere
d’ingegno.
Volli comunicargli i trasporti di schietto entusiasmo dei viennesi per Fidelio,
trasporto di cui ero stato testimone la sera innanzi.
“Hum, Hum!“ brontolò il Maestro “Fidelio? So che quella gente applaude la
mia opera solo per spirito di vanità soddisfatta, persuasa che nel rifondere lo
spartito io non abbia fatto altro che seguire i suoi consigli […]. Una maledetta
fatica! Io non sono un compositore d’opere; almeno, io non conosco un teatro
al mondo, per il quale vorrei volentieri scrivere ancora un’opera.
Chi acconsente a adattare al timbro di voce di una cantante certe colorite
bagatelle destinate a procurare dei ‘Brava!” e dei battimani, sarebbe degno di
fare il sarto parigino e non il compositore”.
Questo breve brano è tratto dal racconto Una visita a Beethoven di Richard
Wagner in cui l’autore immagina un pellegrinaggio verso la dimora del
maestro di un giovane musicista.
Descrive un Beethoven piuttosto arcigno e appassionato della sua arte,
sicuro dei suoi mezzi espressivi e convinto di non essere stato capito
appieno nel Fidelio.
La storiografia musicale, però racconta cose un po’ diverse.
Il Maestro dopo l’insuccesso della prima versione dell’opera, rappresentata
a Vienna il 20 novembre 1805, ne fece una seconda versione nello stesso
anno e una terza, quella definitiva, rappresentata il 23 maggio 1814, con
diverse revisioni anche nella parte drammatica per mano del giovane
scrittore Georg Friedrich Treitschke.
Nel primo decennio del suo soggiorno viennese Beethoven aveva scritto
esclusivamente musica strumentale, anche contro l’interesse dell’epoca in
cui il teatro era molto seguito dal pubblico e in caso di successo garantiva
ottimi guadagni. Più tardi a partire dal Fidelio e nonostante l’insuccesso
della prima rappresentazione, non abbandonò mai la musica legata al testo.
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Nei suoi quaderni di appunti appare spesso un riferimento a due opere
di Mozart il Don Giovanni e il Flauto magico, questo testimonia come
Beethoven fosse piuttosto insicuro sulla musica vocale.
Una difficoltà che ha origine dall’idea che Beethoven aveva del linguaggio
musicale.
La melodia era concepita come organica al movimento dell’orchestra.
La voce invece nella tradizione del teatro musicale godeva di una libertà
espressiva ampia, libertà che il compositore faticava a ricondurre alla
propria concezione di sinfonica. Nello stesso tempo egli riconosceva il peso
della parole e del suo significato e cercava una unità espressiva tra i diversi
linguaggi, attratto in particolar modo dal verso poetico.
Beethoven elaborò un ampio repertorio per cantato: brani per voce ed
orchestra, lieder, musica di scena, composizioni sacre e profane, come la
Messa in Si minore e la Corale della IX Sinfonia. Un catalogo imponente di
opere che trovano poco spazio
nei programmi delle sale da
concerto.
La ragione di questa scarsa
popolarità di questa parte del
repertorio di Beethoven la si
può comprendere da un’analisi
dei lieder.
Qui le parti vocali ancora oggi
sono difficili da eseguire per il
cantante che si trova di fronte
ad una struttura melodica
che necessita del continuo sostegno del pianoforte poiché cambiamenti
improvvisi dell’accompagnamento di natura ritmica e armonica rendono
complessa la libera interpretazione vocale.
Oggi potremmo valutare questo stile più simile a quello degli antichi cantori
medievali e dei cantanti jazz dove chi suona il pianoforte è anche interprete
vocale.
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Fidelio: unica opera e opera unica
La prima rappresentazione si tenne a Vienna al teatro dell’opera il 20
novembre 1805.
Il Fidelio, che l’autore avrebbe chiamato Leonore, ebbe come pubblico
principalmente i francesi che erano giunti al seguito dell’esercito napoleonico.
Successivamente l’opera fu ripresentata a marzo e il compositore ne rivisitò
la partitura.
Dopo cinque rappresentazioni l’autore fu costretto a ritirare nuovamente il
suo lavoro poiché aveva litigato con il principe Lichnowsky, che lo ospitava
nella capitale austriaca e avendo invitato degli amici pretendeva che il
Maestro eseguisse le sue composizioni a richiesta degli invitati durante le
serate di gala.
Ritirando l’opera Beethoven dovette rompere il contratto, questo fu per lui
un grave danno economico per le penali che dovette pagare.
Non sappiamo quale sarebbe
stato il destino del Fidelio
se anche eventi esterni
non avessero contribuito a
decretarne per le prime due
edizioni il fallimento.
Oggi è opinione comune che la
terza rielaborazione, quella che
generalmente si esegue, sia la
più interessante dal punto di
vista compositivo e formale.
E’ sicuramente un’opera in cui si vede una mescolanza di generi: il Singspiel
di origine mozartiana, l’Opèra de Sauvetage tratta dal repertorio di Cherubini
e gli Oratori composti da Haydn.
Questa eredità del Settecento è presente nella musica e ne determina in
buona parte l’estetica di riferimento, ma è altrettanto vero che le capacità di
Beethoven spingono molte parti della composizione verso una prospettiva
nuova che la rende unica nel suo genere.
La partitura del Fidelio della terza edizione si inserisce in una zona
intermedia tra diversi stili: non appartiene al periodo classico, ma non è
ancora radicata nella cultura romantica.
Le novità sono soprattutto nell’uso dell’orchestra che in alcune parti si
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comporta da protagonista come quando deve descrivere la ferocia di Pizarro
o quando annuncia, con le trombe, l’arrivo trionfale di Don Fernando, scena
di cui Brecht ne farà una parodia nell’Opera da tre soldi.
Il Fidelio è quindi un‘opera unica, a cavallo tra Settecento e Ottocento.
L’unica composizione del Maestro a causa della sordità che lo allontanava
dai teatri rendendogli impossibile lavorare con i cantanti1.
1. Carl Dalhaus, Beethoven e il suo tempo, Torino, Edt, 1990.
Diether de la Motterle, La melodia, Roma, Astrolabio, 2010.
Walter Riezler, Beethoven, Milano, Rusconi, 1991
Richard Wagner, Scritti su Beethoven, Bagno di Ripoli (Firenze), Passigli, 1991.
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Fidelio
Ludwig van Beethoven
Un inno al matrimonio è un po’ sospetto da parte di uno scapolo. Ma per
Beethoven l’idealizzazione della donna-sposa era sentita e sincera. E
da sempre l’unicum operistico con protagonista una moglie coraggiosa
entusiasma il pubblico.
Fidelio è un titolo etico, legato agli ideali di libertà dell’illuminismo francese.
Nobili e plebei vi sono uniti nella comune sete di giustizia contro le angherie
del potere. Per una volta che la fida consorte di un desaparecido vince la
sua battaglia contro un infido tiranno, la gioia collettiva è davvero “senza
nome”, come si canta in scena. Soprattutto perché l’ “arrivano i nostri” finale
è raccontato dal trionfale sinfonismo del musicista per definizione.
Beethoven fa veramente crollare il mondo, concludendo quest’opera, che
inizia come una deliziosa commediola, ma scala e supera tutte le vette
dell’arte drammatico-musicale
Daniel Barenboim ha passato la vita ad approfondire ogni nota di Beethoven
e la sua maturità ci riserva senz’altro qualche toccante sorpresa emotiva.
Grande attesa per le scelte della raffinatissima regista inglese Deborah
Warner, che aveva incantato qualche anno fa con una meravigliosa messa
in scena di Morte a Venezia di Britten.
È ben riposta anche la difficoltà canora del capolavoro, con un cast di nomi
importantissimi della lirica internazionale.
Lo spettacolo è inserito nel palinsesto “Milano Cuore d’Europa” promosso
dal Comune di Milano in occasione del semestre di presidenza italiana
dell’UE: nessun titolo avrebbe potuto meglio rappresentare i valori e la
cultura dell’Europa.
(dal sito della Scala di Milano)
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7 dicembre 2014
Direttore
Regia
Scene e costumi
Luci
Daniel Barenboim
Deborah Warner
Chloe Obolensky
Jean Kalman
CAST
Don Fernando
Don Pizarro
Florestan
Leonore
Rocco
Marzelline
Jaquino
Erster Gefangener
Zweiter Gefangener
Peter Mattei
Falk Struckmann
Klaus Florian Vogt
Anja Kampe
Kwangchul Youn
Mojca Erdmann
Florian Hoffmann
Oreste Cosimo
Devis Longo
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Fidelio, opera in due atti di Joseph Sonnleithner e Georg Friedrich
Treitschke, da Léonore di Jean-Nicolas Bouilly.
Introduzione
Il soggetto è tratto da Léonore ou l’amour conjugal di Jean-Nicolas Bouilly e si
basa su di un fatto realmente accaduto nella Francia del periodo del terrore,
di cui l’autore (all’epoca accusatore pubblico del tribunale rivoluzionario di
Tours) parla anche nei suoi Mémoires.
L’azione nell’opera è trasferita in una prigione a qualche miglio fuori da
Siviglia nel XVII secolo.
La trama
Fidelio è la storia di una coraggiosa donna innamorata, Leonore, che non
crede che suo marito Florestan sia morto e vuole cercarlo.
Florestan è stato imprigionato dal suo nemico Don Pizarro governatore
della prigione.
La donna si traveste da uomo e con il nome di Fidelio cerca di entrare nel
carcere dove è rinchiuso il marito.
Sfidando tutti gli ostacoli, trova infine l’amato nelle segrete della prigione e
lo salva da morte certa.
Atto I
Nel cortile di una prigione spagnola, il giovane guardiano Jaquino corteggia
Marzelline, figlia del capocarceriere Rocco, che però risponde con
sufficienza alle sue proposte di nozze: è innamorata di Fidelio, il giovane
aiutante da poco assunto dal padre e apprezzato anche da questi, che
incoraggia i sentimenti della figlia.
Fidelio, in realtà, è Leonore, gentildonna introdottasi con questo stratagemma
in carcere avendo avuto notizia che vi si trova il marito, Florestan, da lungo
tempo detenuto perché perseguitato dal tirannico governatore delle prigioni
di Stato, Don Pizarro.
Mentre Fidelio/Leonore si rende conto con turbamento dei sentimenti di
Marzelline, Pizarro arriva circondato dalle sue guardie: teme la visita
d’ispezione del Ministro, Don Fernando, e proprio per questo ha bisogno di
eliminare rapidamente Florestan, detenuto illegalmente.
Quando Pizarro cerca di convincere Rocco ad uccidere il prigioniero, l’uomo
rifiuta, ma poi accetta di scavarne la fossa.
Leonore ha ascoltato la conversazione e ottiene da Rocco che i reclusi
possano trascorrere qualche momento al sole, fuori delle celle. Spera così
di ravvisare tra essi il marito, della cui presenza l’accanimento di Pizarro
l’ha resa quasi certa.
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Rocco rivela tutto a Fidelio/Leonore e la donna, che non ha visto il marito
fra i prigionieri, decide di seguirlo nelle segrete con il pretesto di dargli aiuto.
Rientra Pizarro, furioso nel vedere che si sono fatti uscire i prigionieri dalle
celle senza il suo permesso.
Atto II
Nel tetro squallore del sotterraneo, Florestan piange il suo destino e tuttavia
nella sua immaginazione febbrile crede di rivedere Leonore che giunge a
dargli la libertà.
Sviene e non si accorge dell’arrivo di Rocco e Fidelio/Leonore, ma il finto
aiutante riconosce il marito nel prigioniero.
Rocco, impietosito, offre un po’ di vino a Florestan e la donna, rivelatasi al
consorte, lo esorta a sperare.
Pizarro scende per uccidere Florestan ma Leonore gli si slancia contro
impugnando una pistola.
Si odono gli squilli della coorte del Ministro e, prima che Pizarro si sia riavuto
dallo stupore, Rocco lo trascina via. Riunitisi tutti, nel cortile, guardiani e
prigionieri, il Ministro annuncia la fine della tirannia di Pizarro, che viene
arrestato.
Leonore e Florestan, in cui Don Fernando riconosce un suo vecchio amico,
vengono liberati in un gioioso canto di lode al coraggio di Leonore ed alla
forza dell’amore coniugale.
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Ludwig van Beethoven
Nasce a Bonn nel 1770, come Mozart, suo illustre predecessore anche lui inizia la carriera
concertistica in giovane età.
Beethoven inizia la sua carriera come strumentista. Le sue prime lezioni di composizioni
gliele impartisce Christian Neefe un insegnante molto colto che gli fa scoprire le opere di
Johan Sebastian Bach che all’epoca circolavano solo tra gli intenditori.
Se la sua formazione musicale progredisce, quella scolastica si ferma molto presto.
Egli è un autodidatta con diverse lacune, ha difficoltà a usare correttamente l’ortografia e
problemi perfino in matematica.
Nel 1792 Beethoven ha 22 anni e il conte Waldstein, suo protettore, lo manda a Vienna per
studiare composizione da Haydn. Prende lezioni anche da Antonio Salieri, massimo esperto
di “stile italiano” che essendo persona molto generosa insegna agli studenti meno abbienti,
come per l’appunto Beethoven.
Il giovane compositore però vuole cercare una nuova strada che percorre il sentiero scavato
da Mozart e Haydn e cerca fin dalle prime opere di inserire nella tradizione classica molte
novità espressive e formali.
Diventato famoso come concertista, viste le sue spiccate capacità, all’inizio dell’Ottocento,
si manifesta la sordità che lo accompagnerà per tutta la vita.
Dopo il 1802 cerca una nuova via compositiva scardinando gli schemi della forma sonata
che erano stati in vigore per tutto il periodo classico. In particolare con la Sinfonia Eroica, la
terza, e la Sonata op. 31 n. 2 il compositore si avvia verso la ricerca di forme tematiche più
semplici che possono essere maggiormente manipolate per creare in ogni composizione
sempre nuovi orizzonti espressivi e formali.
Riesce, in questo periodo ad essere sia un compositore per il grande pubblico sia autore di
grande capacità tecnica ed espressiva.
Questo primo periodo compositivo che va dal 1803 al 1808 è detto periodo eroico.
Successivamente l’autore recupera una piena cantabilità con brani di estrema bellezza
melodica che, rispetto alla dimensione estesa delle musiche precedenti, ricercano una
dimensione più intima.
Sono questi gli anni in cui nei salotti di tutta Europa, si attendono le opere per pianoforte e le
composizioni di musica da camera per una esecuzione privata o semi privata, mentre le sala
da concerto sono piene di pubblico che assiste all’esecuzione delle sue sinfonie.
Dal 1826 al 1827, ormai quasi totalmente sordo, prosegue verso una ricerca personale che
lo porta da un lato a recuperare le forme musicali più antiche come la fuga e le variazioni,
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e dall’altro a creare sempre forme espressive nuove. Le sue ultime composizioni sono gli
Ultimi 16 quartetti, la Missa solennis e la Nona sinfonia, suo ultimo grande successo.
I contemporanei non capiscono il nuovo stile del grande musicista di Bonn, apprezzato solo
da alcuni contemporanei molto esperti, pregiudizio che rimane anche per molti anni dopo la
sua morte, che avviene a Vienna nel 1827.
Beethoven verso il 1804, nell’epoca della
Sonata Appassionata e di Fidelio.
Ritratto di Willibrord J.Maehler (1804-05).
Il primo ritratto autentico di un tredicenne
Beethoven negli anni di Bonn.
Dipinto a olio di autore ignoto (1783)
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Beethoven
Gustav Klimt (1862-1918)
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Film storico drammatico diretto
da Anieszka Holland (2006)
L.v. Beethoven - parodia di John Belushi
Peanuts comic strip by Charles M. Schulz
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Prossimo appuntamento a Palazzo Pirelli
25 gennaio 2015
Rassegna musicale “Ragazzi che Concerto!”
Fondazione Milano – Orchestra Claudio Abbado
prenotabile dal sito del Consiglio regionale
20124 Milano - Via F. Filzi, 22
Tel. +39.0267482.1
www.consiglio.regione.lombardia.it
[email protected]
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