Esperienza 1 - Oscilloscopio e generatore di funzioni

Esperienza 1 - Oscilloscopio e generatore di funzioni
1 Oscilloscopio
L'oscilloscopio è lo strumento più
noto e importante nell'uso quotidiano
all'interno di un laboratorio. Esso ha
ottenuto un così notevole successo
poichè permette di visualizzare come
sono fatte realmente le forme d'onda.
Infatti, esso visualizza su uno
schermo l'andamento di una tensione
in funzione del tempo. Praticamente,
Figura 1
l’oscilloscopio è in grado di
visualizzare una qualunque funzione
tra due variabili, purchè sia
riconducibile a tensioni elettriche.
Nell'uso più comune, l'oscilloscopio effettua la presentazione sullo schermo dell'andamento nel
tempo (asse X orizzontale) di una tensione elettrica (asse Y verticale).
Tubo a raggi catodici
L'elemento
essenziale
dell'Oscilloscopio (vedi schema in
Figura 1) è il tubo a raggi catodici
(CRT),
rappresentato
schematicamente in Figura 2, e
composto da un involucro di vetro in
cui è stato fatto il vuoto. Partendo da
sinistra, si trova un filamento (a)
Figura 2
che,
riscaldato
per
effetto
termoionico, emette elettroni i quali sono accelerati da un elettrodo (b). Questo sistema è costituito
da un insieme di elettrodi e griglie in modo da formare un fascio di elettroni ben collimato (cannone
elettronico ). All’uscita dall’elettrodo, gli elettroni si muovono con velocità uniforme.
Lungo la traiettoria è inserita una coppia di placchette deflettrici (c) tenute fra di loro ad una
tensione Vd. Prendendo come riferimenti cartesiani l'inizio della placchette, si può scrivere la forza
lungo l'asse y che agisce su un elettrone:
V
Fy = eEd = e d = ma y
d
integrando due volte e scegliendo l’origine degli assi in modo da porre uguali a zero le costanti di
integrazione, si ottiene il sistema:
1 eVd 2
t
2 md
z = v0 z t
y=
1
da cui: y =
1 eVd z 2
2 md v02z
La traiettoria dentro alle placchette è quindi una parabola. Dopo l'uscita dalle placchette, l'elettrone
procede di nuovo a velocità uniforme. Per conoscere l’angolo di deviazione, si può calcolare la
tangente alla curva calcolata nel punto z=l dove l è la lunghezza delle placchette deflettrici:
m = tgθ =
dy
dz
=
z =l
eVd l
. A questo punto, la retta tangente alla curva nel punto z=l è la nuova
md v02z
traiettoria. L’equazione di una retta passante per il punto (zl ,yl) ed avente coefficiente angolare m è:
y − yl = m( z − zl )
per cui, in questo caso, si ottiene:
y−
eVd l 2
eVd l
(z − l)
=
2
mdv0 z mdv02z
Per y=0 tale retta interseca l'asse z in z = l/2 cioè nel centro delle placchette. Indicando con L la
distanza centro placchetta -schermo, si può calcolare lo spostamento D sullo schermo che il fascio
di elettroni subisce se alle placchette è applicata una tensione Vd:
D=
elL
Vd
mdv0 z
Essendo la frazione che
moltiplica Vd composta da
parametri geometrici (che
per
costruzione
sono
costanti) e da costanti
Figura 3
fondamentali, se ne può
dedurre che lo spostamento D lungo l’asse y è proporzionale alla d.d.p. applicata Vd.
Un tubo a "raggi catodici" di un oscilloscopio tradizionale è composto da:
• un cannone elettronico che emette un fascio di elettroni ben collimato;
• 2 coppie di placchette deflettrici disposte a 90° fra di loro;
• uno schermo su cui nelle parte interna è depositato materiale fosforescente che si illumina se
colpito da un fascio di elettroni.
Guardando dalla parte dello schermo come in figura 3, si può vedere nel centro un punto che
rappresenta il fascio di elettroni non deflesso. Le due coppie di placchette sono disposte a 90° quasi
a formare un quadrato
Sono chiamate placchette deflettrici verticali quelle che deflettono il fascio lungo l'asse y
(rappresentano una tensione). Le placchette deflettici orizzontali che deflettono il fascio lungo l'asse
delle x rappresentano invece, in genere, un tempo.
Infine, il fascio di elettroni viene focalizzato ed accelerato colpendo internamente lo schermo
fluorescente del tubo. Infatti, il fosforo che riveste la parete interna del tubo produce un punto
luminoso visibile.
A cosa serve l’oscilloscopio
Il grafico rappresentato sullo schermo dell'oscilloscopio può fornire molteplici informazioni quali:
• la forma del segnale;
2
•
•
•
•
•
la tensione massima e minima ovvero l'escursione picco-picco;
il periodo della forma d'onda (e quindi la frequenza);
la presenza di distorsioni;
la presenza di disturbi e rumore;
la componente continua e alternata del segnale
Base dei tempi
Per chiarire come uno spostamento orizzontale possa rappresentare fisicamente un asse dei tempi, si
può pensare di applicare alle placchette una tensione Vdx in funzione del tempo (tensione a rampa):
Vdx=Kt
Allora lo spostamento lungo l'asse x è proporzionale a t stesso:
D ∝ vdx ∝ t
Pertanto il punto luminoso si muove sullo schermo lungo l'asse delle x con velocità uniforme.
Cambiando K, si può aumentare o diminuire la sua velocità di spostamento. Se,
contemporaneamente, viene applicato alle placchette deflettrici verticali un segnale di tipo
sinusoidale (armonico) Vdy , il punto luminoso disegnerà sullo schermo una sinusoide.
Trigger
Fino ad ora si è descritta una sola immagine o quadro che scompare sullo schermo subito dopo il
passaggio del "pennello" di elettroni. Se si
Figura 4
dispone di un segnale ripetitivo nel tempo,
come una sinusoide od un’onda triangolare,
per eseguire le misure è utile avere una
ripetizione di quadri in modo che l'immagine
sia fissa sullo schermo (se la successione di
quadri avviene con una ripetizione superiore
a 10 volte al secondo, l'occhio percepisce
l'immagine come fissa). Risulta allora
necessario applicare alle placchette deflettrici orizzontali una
Figura 5
successione di rampe, cioè generare una tensione a "dente di
sega" la cui frequenza di ripetizione sia uguale a quella del
segnale. In figura 4 è presentato un esempio in cui la frequenza
della rampa è leggermente più bassa della frequenza del
segnale da visualizzare. La successione dei quadri non porta la
stessa immagine e l'occhio vedrà l'immagine scivolare verso
sinistra (figura 5). Una traccia che visualizza una forma d'onda
senza essere sincronizzata appare infatti come lo schermo di un
televisore che non ha il sincronismo orizzontale regolato correttamente. Occorre invece far sì che
ogni scansione orizzontale inizi sempre nel medesimo punto dell'onda periodica e la faccia apparire
stabile sul display. Sarebbe complicato riuscire a generare una tensione a dente di sega con la
frequenza perfettamente uguale al segnale da visualizzare, per cui si usa un sistema di
sincronizzazione come quello presentato in figura 6. Tale sistema è detto trigger (sincronizzatore).
Il selettore del livello di trigger è usata per selezionare il punto della forma d'onda (livello di
tensione di trigger) dal quale inizia la scansione orizzontale.
3
Un sistema elettronico fa partire una
rampa solo quando il segnale supera
un certo valore di soglia. regolabile
con un selettore (livello del trigger).
Un
altro
selettore
(slope)
Figura 6
contrassegnato con + e - seleziona
invece su quale fronte (di salita o di
discesa) sincronizzare la forma d'onda,
cioè controlla la derivata del segnale.
La rampa parte solo se il segnale
supera la tensione di trigger e se il
segno della derivata del segnale è quello impostato (Figura 7).
In definitiva, lo spostamento in senso orizzontale della traccia dello schermo è prodotto da una
tensione periodica a dente di sega, mentre il segnale all'ingresso Y genera il movimento in senso
verticale in proporzione all'ampiezza della tensione applicata. In questa maniera, sincronizzando
opportunamente l'oscillatore locale al segnale d'ingresso (purché periodico), a causa della
persistenza della luce sulla retina dell'occhio, è possibile vedere la rappresentazione della tensione
elettrica nel dominio del tempo.
La maggior parte degli oscilloscopi possono essere sincronizzati sia sul canale 1 che sul canale 2.
Molti oscilloscopi possono ricevere il trigger da una sorgente esterna (external): in questo caso è
previsto un ingresso di trigger addizionale sul pannello frontale. È possibile anche inviare
dall’esterno il segnale di trigger, oppure scegliere line (in questo caso, la ripetizione della rampa è
la frequenza di distribuzione
della rete elettrica, che in
Europa è 50 Hz).
Il modo di trigger ha due
posizioni: auto e norm.
Nella posizione auto, la
scansione della traccia parte
automaticamente anche se la
forma d'onda non è presente.
Nella posizione norm, la
Figura 7
scansione parte soltanto
quando la forma d'onda è perfettamente sincronizzata. Se non si riesce a vedere nessuna traccia
sullo schermo, si può usare la funzione "auto". In questo caso, la rampa viene sempre generata ed
anche senza segnale, si vede sempre una traccia orizzontale sullo schermo. Con questa
impostazione, però, il segnale può non essere sempre sincronizzato nella maniera voluta.
Controlli
La figura a fianco mostra un tipico pannello frontale di un oscilloscopio. L'esemplare in questione è
un oscilloscopio a “doppia traccia”, comunque la maggior parte delle informazioni è generalizzabile
a tutti i tipi. I controlli di base sono:
• bright (luminosità) Regola l'intensità luminosa della traccia dello schermo. Vale la pena
ricordare che l'oscilloscopio non dispone di un programma di salvaschermo, per cui se lo si
lascia acceso con alta luminosità per un lungo periodo di tempo, la traccia rimarrà stampata
4
sul tubo a causa della bruciatura dei fosfori. Quando si usa l'oscilloscopio, è meglio regolare
sempre la luminosità al minimo (visibile).
• focus (fuoco) Mette a fuoco le tracce sul display. Molti oscilloscopi richiedono la
regolazione del fuoco mentre visualizzano una forma d'onda.
• grat (griglia) Questo controllo regola la luminosità della luce usata per illuminare la scala
dell'oscilloscopio. Questa è normalmente un foglio di plastica trasparente poggiato sul tubo
catodico che serve a
visualizzare
una
griglia
calibrata.
Con l'uso di questa
scala graduata, si
può
misurare
l'ampiezza
dell'onda
Figura 8
sull'asse verticale,
ed il periodo su
quello orizzontale.
Quando il selettore è regolato al minimo, la griglia diventa invisibile.
• trace (traccia) Seleziona la traccia da visualizzare (vedi in seguito)
• trigger level (livello di sincronizzazione) Seleziona il livello del trigger.
• trigger source (sorgente di sincronizzazione) Seleziona la sorgente del trigger.
• trigger mode (modo di sincronizzazione) Seleziona come effettuare il trigger.
• slope (pendenza) Seleziona il fronte sul quale effettuare il trigger.
• timebase (base dei tempi) Seleziona la velocità della scansione orizzontale.
• input level (livello d'ingresso) Regola il livello d'ingresso.
• vertical position (posizione verticale) Regola la posizione verticale della traccia sul
display.
• orizzontal position (posizione orizzontale) Regola la posizione orizzontale della traccia sul
display.
L'oscilloscopio dispone di un connettore per ciascun canale d'ingresso, situato sul pannello frontale
dello strumento.
Ampiezza del segnale
Il segnale accettato dall'oscilloscopio può andare da pochi mV ad alcune decine di Volt. Impostando
il selettore "sensibilità" nella sezione chiamata
asse y, si adatta il segnale in modo da fornire
alle placchette deflettrici verticali una tensione
sufficiente da dare uno spostamento
apprezzabile. Il selettore input level serve a
Figura 9
regolare il livello d'ingresso di ciascun canale
in maniera che possa entrare nello schermo. Il
selettore è calibrato in Volts per divisione (V/div).
L’ingresso è dotato di un commutatore AC-DC. Impostandolo su AC, le tensioni continue presenti
nel segnale non vengono lasciate entrare nell’oscilloscopio (si usa un filtro RC passa alto), in modo
da poter presentare sullo schermo anche tensioni alternate molto piccole rispetto alla tensione
continua presente nel segnale (Figura 9). La stessa tensione inviata alle placchette deflettrici
5
verticali (canale Y) viene mandata al sistema di trigger, che, se supera il livello di soglia impostato,
invia un segnale alla base dei tempi che fa partire la rampa.
Base dei tempi
La velocità del punto luminoso sull'asse orizzontale può essere regolata con il selettore timebase.
Questo ha la scala calibrata in secondi (s/div), millisecondi (ms/div), microsecondi (us/div) per
divisione.
Per sfruttare tutto lo schermo, si può sommare sia ai canali verticali che alla rampa una tensione
continua regolabile con manopole in modo da spostare la traccia sia verticalmente che
orizzontalmente. Se si è spostata la traccia verticalmente, è possibile che sia andata fuori schermo e
non si riesca a vedere: in questo caso, è utile usare la funzione trigger “auto”.
Il sistema elettronico (time) che forma la base dei tempi è anch'esso dotato di selettore che serve ad
aumentare o diminuire la pendenza della rampa, per adattarla alla frequenza di ripetizione del
segnale e far sì che sullo schermo siano visualizzati uno o pochi cicli del segnale.
Comandi per la visualizzazione della traccia
Con i progressi dell'elettronica, gli oscilloscopi moderni possiedono almeno due canali di ingresso,
e sullo schermo si possono analizzare contemporaneamente due segnali. L’oscilloscopio è dotato di
un tubo a raggi catodici normale, come descritto nei paragrafi precedenti, ma con un commutatore
elettronico che può applicare alternativamente alle placchette deflettrici verticali il segnale del
canale 1 e del canale 2. La commutazione può avvenire molto velocemente anche alla frequenza di
10 MHz o più. Con questa velocità di commutazione fra i canali, i due segnali visualizzati sullo
schermo possono apparire contemporaneamente all’osservatore.
Un commutatore meccanico, posto in genere fra i due canali (per facilitare l'uso dell' oscilloscopio,
sono disegnate sul pannello frontale delle comici che raggruppano i comandi dei singoli canali o
della base dei tempi) offre varie opzioni di funzionamento per visualizzare il segnale:
• X - Visualizza solo la traccia relativa al canale 1;
• Y - Visualizza solo la traccia relativa al canale 2;
• add - I due canali sono sommati e visualizzati come una singola traccia. Il secondo canale
può
anche
essere
invertito
(funzione "invert"), cioè il segnale
è sfasato di 180°. Se si usano
contemporaneamente la funzione
add e quella invert, si può
visualizzare sullo schermo la
sottrazione dei segnali presenti sui
Figura 10
due canali. La figura sottostante
visualizza come funziona l'add
mode.
• XY invece collega il canale 2 alle
placchette deflettrici orizzontali
(eliminando la base dei tempi),
rendendo possibile comporre le due
funzioni sui due canali (se sono
sinusoidi, vengono visualizzate delle ellissi i cui assi dipendono dallo sfasamento tra di
Figura 11
6
esse). In questo modo è possibile visualizzare sia i segnali di modo comune che di modo
differenziale.
Quando le tracce sono visualizzate contemporaneamente, si può scegliere la modalità di
visualizzazione:
• alternate: viene visualizzata alternativamente in una scansione la traccia del canale 1 e
nell'altra scansione la traccia del canale 2. Tale modo è utile per visualizzare segnali a
frequenza elevata (figura 11);
• chopped: nella medesima scansione viene visualizzata un pezzetto di traccia del canale 1 ed
un pezzetto di traccia del canale 2 velocemente e alternativamente. Tale modo è utile per
visualizzare segnali a bassa frequenza (figura 11).
Sonde
Le sonde dell'oscilloscopio possono
disporre di diverse clips e ganci e altri
attrezzi assortiti (figura 12). In genere
nelle sonde degli oscilloscopi vi è un
divisore di tensione che aumenta la
massima tensione applicabile all'ingresso
dello strumento. Il cavo coassiale
utilizzato
possiede
una
capacità
distribuita che aumenta con la lunghezza
Figura 12
del cavo. La presenza della capacità è
molto critica e può avere delle
ripercussioni sulle forme d'onda visualizzate, per cui le sonde sono normalmente corredate di un
compensatore per calibrare il partitore.
2 Materiale a disposizione
o
o
o
o
o
o
o
1 oscilloscopio con 2 sonde
1 generatore di funzioni
1 piastra per montare circuiti (“breadboard”)
varie resistenze e condensatori (nella cassettiera)
ponticelli e fili per effettuare i collegamenti sulla piastra
alcuni cavi coassiali (Lemo e/o BNC)
alcuni adattatori tra connettori da pannello e cavi Lemo/BNC
3 Esecuzione dell'esperimento
Attenzione: non utilizzare MAI in questi esperimenti tensioni superiori a 15 V.
3.1 Visualizzazione di una traccia sull'oscilloscopio
Lo scopo è di ottenere una traccia stabile sull'oscilloscopio in assenza di segnali esterni. Questa
operazione può presentare qualche difficoltà se i controlli dello strumento sono impostati a caso.
1. accendere l'oscilloscopio;
2. selezionare i comandi seguenti sui 4 selettori relativi al controllo del TRIGGER: A Mode
AUTO, DC COUPLING, CH1 SOURCE, (INT X-Y);
7
3. selezionare sul selettore dei tempi una velocità di spazzata di 1 ms/div (1 divisione = 1 cm in
orizzontale sullo schermo), calibrata;
4. impostare l'ingresso 1 (CH.1) su GND (viene collegato a terra);
5. regolare l'intensità, muovere la posizione verticale finchè non appare una traccia orizzontale
sullo schermo;
6. regolare il fuoco, posizionare la traccia al centro dello schermo; quali sono le caratteristiche
di tale traccia?
7. provare a variare la velocità di spazzata ed osservare come varia la traccia (rispondendo alle
domande indicate nel modulo), quindi reimpostare il valore del punto 3.
3.2 Misure di ampiezze e periodi
1. Collegare un filo elettrico all'ingresso A; selezionare sui selettori un periodo di 5 ms ed
un’ampiezza di 20 mV, e toccare il conduttore centrale con le dita: si dovrebbe vedere il
rumore a 50 Hz della rete elettrica, captato dal corpo che funziona come un'antenna (segnale
periodico ma non sinusoidale);
2. regolare la base tempi a 5ms/div e regolare il livello d'ingresso del canale 1; si dovrebbe
vedere una forma d'onda simile a quella mostrata nella figura 13; la forma d'onda non avrà
un aspetto pulito come quello della figura 13, ma risulterà distorta. Ciò è principalmente
dovuto al fatto che i segnali captati, irradiati da apparecchi elettrici come TV, lampade
fluorescenti ecc., sono spuri. Tutte queste sorgenti introducono distorsioni sul segnale in
oggetto. Provare a variare le regolazioni dell’ampiezza e del periodo, osservandone gli
effetti sullo schermo. Quindi, valutare periodo, ampiezza e frequenza dell’onda. Quale
dovrebbe essere la scala più opportuna per minimizzare l’errore?
3. scegliere come sorgente di trigger il canale 1 e regolare
Figura 13
il selettore di TRIGGER lentamente avanti e indietro
finchè la forma d'onda non appare stabile sul display. Se
il controllo di TRIGGER dispone della posizione
AUTO, selezionarla (è più facile la regolazione del
trigger); controllare cosa accade selezionando la
posizione LINE sul trigger (perché?);
4. Nella figura 13, si può notare che i due picchi
consecutivi dell'onda capitano proprio su due linee verticali. Poichè la base tempi è stata
fissata in 5 ms/div, ciò significa che il punto luminoso impiega 20 mS per percorrere 4
divisioni. Il periodo della forma d'onda risulta pari a 20 mS (ovvero 0.02 s), e quindi la
frequenza sarà 50 Hz. Per quanto riguarda la scala verticale, la linea centrale corrisponde a 0
Volts e la traccia si muove di 1.8 divisioni sia sopra che sotto. Poichè il livello d'ingresso è
settato a 1 V/div, il segnale d'ingresso avrà un'escursione di 1.8 v+1.8 V = 3.6 V piccopicco. Ciò equivale a 3.6V X 0.35 ≈1.2 Veff (tensione efficace, cioè come quella che si
misurerebbe con un volmetro). In questa maniera, si possono misurare con buona
approssimazione la frequenza e l'ampiezza di una forma d'onda periodica;
5. sempre con riferimento alla figura 13, negli oscilloscopi l’errore associato alla misura è
generalmente di 1/5 di divisione (cioè ci sono 5 divisioni piccole ogni quadratino), per cui
l’errore delle misure nell’esempio precedente è 1/5 di 5 ms cioè 1 ms per i tempi, e 1/5 di 1
V cioè 0.2 V per l’ampiezza, per cui le misure potranno essere scritte come 20±1 ms e
3.6±0.2 V rispettivamente.
8
3.3 Visualizzazione di un segnale dal generatore
1. accendere il generatore di funzioni;
2. impostare un'onda sinusoidale in modo di funzionamento NORMAL (comandato
dall'orologio interno), regolare la frequenza a 1 kHz, l'ampiezza a qualche V (non più di 10
V) e l’offset a 0 V;
3. accendere l’oscilloscopio;
4. collegare l'uscita del generatore (OUTPUT) con l'ingresso 1 (CH.1) dell'oscilloscopio
tramite un cavo coassiale BNC o Lemo; descrivere l’onda visualizzata sull’oscilloscopio;
5. impostare il trigger come al punto 2 del paragrafo 3.1;
6. impostare l'ingresso 1 su DC (accoppiamento in continua): a questo punto dovrebbe apparire
la traccia;
7. rendersi conto dell'effetto dei seguenti controlli principali:
• guadagno verticale VOLTS/DIV (1 divisione = 1 cm sullo schermo): osservare anche come
varia il segnale selezionando le posizioni CAL (calibrata) e VAR (variabile) con l’apposito
nottolino; effettuare misure di ampiezza in posizione CAL e VAR;
• velocità di spazzata TIME/DIV, posizioni CAL (calibrata) e VAR (variabile), uso
dell'espansione dei tempi 10X (attorno a quale parte del segnale avviene l'espansione?);
effettuare misure di periodo (e poi frequenza) in posizione CAL e VAR;
• TRIGGER: usare il trigger principale “A”, provare le posizioni AUTO e NORM (in
NORM bisogna aggiustare LEVEL e SLOPE per far partire la spazzata), osservare il punto
di inizio del segnale variando LEVEL sia in posizione AUTO che NORM (effettuare una
misura del valore di inizio e fine visualizzazione dell’onda), provare SINGLE SWEEP
(serve a catturare segnali non ripetitivi), provare la posizione LINE (per sincronizzarsi
sull'alimentazione 220 V / 50 Hz);
8. impostare il selettore relativo al canale sulla posizione DC. Quindi impostare sul generatore
di funzioni un offset (piccolo) diverso da zero. Quale tipo di segnale si vede sullo schermo?
Che cosa rappresenta matematicamente l’offset? Impostare un offset piccolo in modo che
l’onda “rimanga sullo schermo” e valutare la posizione del massimo e del minimo dell’onda
e la sua ampiezza con e senza offset. Discutere il risultato. Quindi variare la posizione del
selettore del canale dalla posizione DC alla posizione AC. Che tipo di segnale si ottiene
adesso? Quale è la funzione del selettore in posizione AC rispetto alla posizione DC?
9. esercitarsi a riottenere una visualizzazione stabile dopo aver sregolato uno o più controlli.
3.4 Misure di ampiezza, periodo e tempo di salita di segnali
1. impostare sul generatore un segnale sinusoidale con frequenza 1 kHz, ampiezza di qualche
volt e offset 0 V;
2. misurare sullo schermo dell'oscilloscopio l'ampiezza picco-picco, il periodo del segnale, e
verificare che corrispondano con i valori impostati;
3. osservare sul secondo ingresso dell'oscilloscopio (CH.2) il segnale di sincronismo del
generatore (TRIGGER OUTPUT) contemporaneamente al segnale sinusoidale sul primo
ingresso: qual'è la sua ampiezza? il suo periodo? provare a variare l’ampiezza e la frequenza
del segnale sinusoidale osservando l'effetto sul segnale di sincronismo;
4. cercare di far partire l'oscilloscopio quando l'onda sinusoidale si trova al massimo di
tensione:
• usando solo l'ingresso CH.1,
• usando il segnale di sincronismo come EXTERNAL trigger
9
5. impostare sul generatore un segnale a onda quadra di frequenza 1 MHz e misurarne il tempo
di salita dal 10 % al 90 % del valore
massimo, usando le apposite linee
orizzontali tratteggiate sullo schermo
dell'oscilloscopio (figura 14); a questo
proposito,
viene
utile
calibrare
l’ampiezza del segnale in modo che base
e top coincidano con le linee 0 e 100;
Figura 14
6. fare misure di periodo alle frequenze
nominali di 10 Hz, 100 Hz, 1 kHz, 10
kHz, 100 kHz, 1 MHz; ricavare la
frequenza ed il suo errore e verificare che corrisponda al valore selezionato.
10
Esperienza 2 – Circuiti in corrente continua
1. Teoria dell'esperimento
Legge di Ohm
V=RI
R = ∑ Rk
Formula per le resistenze in serie
1
1
=∑
R
k Rk
Formula per le resistenze in parallelo
∑i
Legge di Kirchoff dei nodi
k
k
=0
k
∑ V = ∑ (R I
i
i
k k
)
Legge di Kirchoff delle maglie
k
P = VI = RI 2 = V
2
Potenza dissipata
R
per circuiti contenenti solo generatori e resistenze.
1.a Resistenza interna del voltmetro
In un circuito come quello in figura 1, la resistenza del parallelo tra R2 e Rv (la resistenza interna del
−1
1
1 
R2 Rv
1
voltmetro) vale R2v = 
R + R 
 = R + R = R2
R
v 
2
v
 2
1+ 2
Req=R1+R2v. La corrente è quindi I =
V1 = R1I = Vin
per cui la resistenza complessiva vale
Rv
Vin
Vin
=
. La d.d.p. su R1 vale (legge di Ohm)
Req R1 + R2v
R1
R1
= Vin
. La d.d.p. su R2 e su Rv (è la stessa perché le due resistenze sono in
Req
R1 + R2v
parallelo) vale: V2 = R2 I = Vin
R2
R2
= Vin
.
Req
R1 + R2 v
Se non ci fosse il voltmetro, la resistenza complessiva sarebbe R’eq=R1+R2. La corrente sarebbe
quindi
I '=
V '1 = R1I ' = Vin
Vin
Vin
=
.
R 'eq R1 + R2
La
d.d.p.
su
R1
varrebbe
(legge
di
Ohm)
R1
R1
R
R2
= Vin
. La d.d.p. su R2 varrebbe: V2 ' = R2 I ' = Vin 2 = Vin
. Come
R 'eq
R1 + R2
R 'eq
R1 + R2
si vede, la differenza sta nel valore R2v a denominatore. Le due tensioni risultano tanto più uguali
1
quanto più R2v≈R2 cioè, essendo R2v = R2
, se R2 << 1 ovvero Rv>>R2.
Rv
R
1+ 2
Rv
11
Invertendo l’espressione che lega V2 a R2v, si può inoltre ottenere il valore della resistenza R2v:
R2v =
Vin
RR
R2 − R1 da cui poi si può valutare la resistenza interna del voltmetro Rv: Rv = 2 2v .
V2
R2 + R2v
1.b Convenzioni
Si fissa un verso di percorrenza per ogni maglia e un verso convenzionale per ogni corrente Ik; per
quanto riguarda la legge dei nodi, va fatta la somma algebrica usando il segno + per le correnti
entranti e il segno - per le correnti uscenti dal nodo; le tensioni Vi fornite dai generatori vanno prese
col segno positivo se aumentano il potenziale andando nel verso di percorrenza della maglia,
negativo in caso contrario; le cadute di tensione Rk Ik vanno considerate positive se il verso
convenzionale della corrente è concorde con il verso di percorrenza della maglia, negative in caso
contrario.
2. Materiale a disposizione
• 1 alimentatore in corrente continua 15 V / 2 A;
• 2 multimetri digitali;
• 1 piastra per montare circuiti (“breadboard”);
• resistenze varie (nella cassettiera);
• ponticelli e fili per effettuare i collegamenti sulla piastra;
• cavi unipolari per collegare l'alimentatore con la piastra.
3. Esecuzione dell'esperimento
Attenzione:
• inserire correttamente i cavetti nel multimetro e selezionare correttamente il selettore a seconda
delle misure (resistenze, corrente, tensione); notare che il cavo rosso va collocato in posizioni
DIVERSE a seconda della grandezza da misurare: non cercare di misurare una tensione con un
cavetto inserito nel connettore “10 A” o “300 mA” (corrente!!!);
• nel misurare una corrente si parta dalla scala più alta e poi eventualmente si scelga quella
inferiore;
• non misurare correnti con tensioni superiori a 200 V;
• non superare MAI i limiti indicati sul multimetro (a seconda della grandezza misurata e della
posizione del selettore);
• tenere presente che le resistenze a disposizione hanno una potenza dissipabile massima
PMAX=0.25 W e che si deve impostare la tensione massima sull'alimentatore a 15 V. Calcolare
sempre il valore massimo di tensione erogabile nel circuito;
• In un circuito con due resistenze in serie R1, R2, la corrente vale I =
V
e quindi la potenza
R1 + R2
RkV 2
emessa dalla resistenza Rk vale Pk = Rk I =
e siccome deve essere Pk<0.25 W, la
(R1 + R2 )2
2
12
tensione massima applicabile va calcolata per la resistenza più elevata (Rk è a numeratore) Rmax;
0.25(R1 + R2 )
.
Rmax
2
pertanto si deve avere Vmax ≤
• In un circuito con due resistenze in parallelo R1, R2, la potenza emessa dalla resistenza Rk vale
Pk =
V2
e siccome deve essere Pk<0.25 W la tensione massima applicabile va calcolata per la
Rk
resistenza più piccola (Rk è a denominatore) Rmin; pertanto si deve avere Vmax ≤ 0.25Rmin .
3.1 Misure con resistenze in serie
1. scegliere due resistenze in modo da ottenere un valore di resistenza equivalente (in serie) tra
100 Ω e 1 KΩ ; si ricorda che Req=R1+R2 per cui δ
Req=δ
R1+δ
R 2;
2. determinare la massima tensione applicabile Vmax; si ricorda che, per resistenze in serie, vale
0.25(R1 + R2 )
≤
;
Rmax
2
la
formula
Vmax
pertanto
l’errore
sarà
valutabile
come:
0.25 (δR1 + δR2 ) 
δRmax 


δVmax = 2Vmax 
+
R
+
R
2
0
.
25
(
)

1
2 

 ;
Rmax (R1 + R2 )  
 Rmax 
3. misurare i valori esatti delle resistenze usando l’ohmetro, con i rispettivi errori;
4. collegare in serie le resistenze;
5. determinare i valori attesi delle cadute di tensione sulle resistenze, e la corrente attesa nel
circuito; valutare anche i rispettivi errori; si ricorda che la corrente, nel caso di resistenze in
2
2
V
δV  (δR + δR2 )
e l’errore vale δI = I   +  1
serie, vale I =
 , mentre la caduta di
R1 + R2
 V   (R1 + R2 ) 
2
2
d.d.p.
sulla
resistenza
δVk = Vk
δRk  δV  (δR1 + δR2 )

 + 
 ;
R 
 + 
(
)
+
V
R
R


 1
2

 k 
2
2
Rk
vale
Vk =
RkV
R1 + R2
e
l’errore
vale
2
6. alimentare il circuito con una tensione non superiore a quella massima applicabile
(misurarla);
7. misurare tutte le d.d.p. (e valutare le correnti) nel circuito inserendo opportunamente
voltmetro ed amperometro; si noti che il voltmetro va SEMPRE inserito in parallelo al
dispositivo di cui si vuole conoscere la d.d.p. mentre l’amperometro va SEMPRE connesso
in serie al circuito (perché?); inoltre, essi vanno connessi CONTEMPORANEAMENTE;
valutare gli errori delle misure;
8. confrontare i valori di d.d.p. misurati con i valori attesi.
13
3.2 Misure con resistenze in parallelo
1. scegliere due resistenze in modo da ottenere un valore di resistenza equivalente (in
−1
100
Ω
parallelo)
tra
δReq = Req
δR1  δR2 


 ;
 + 

R 
 1   R2 
2
e
1
KΩ ;
si
ricorda
che
1
1 
Req = 

R + R 
2 
 1
per
cui
2
2. determinare la massima tensione applicabile Vmax; si ricorda che, per resistenze in parallelo,
vale
la
δVmax =
formula
Vmax ≤ 0.25Rmin ;
pertanto
l’errore
sarà
valutabile
come:
0.25Vmax δRmin
;
2
Rmin
3. misurare i valori esatti delle resistenze usando l’ohmetro, con i rispettivi errori;
4. collegare in parallelo le resistenze;
5. determinare i valori attesi delle cadute di tensione sulle resistenze, e la corrente attesa nel
circuito; valutare anche i rispettivi errori; si ricorda che, nel caso di resistenze in parallelo, la
corrente sulla resistenza Rk vale I k =
1
1 
V

+
, la corrente totale vale I = V 

 e la d.d.p.
Rk
 R1 R2 
2
δV  δRk 

sulla resistenza Rk è Vk=V, per cui gli errori su Ik valgono δI k = I k   + 
 ;
R
V  
k


6. alimentare il circuito con una tensione non superiore a quella massima applicabile;
7. misurare tutte le d.d.p. e la corrente nel circuito inserendo opportunamente voltmetro ed
amperometro; si noti che il voltmetro va SEMPRE inserito in parallelo al dispositivo di cui
si vuole conoscere la d.d.p. mentre l’amperometro va SEMPRE connesso in serie al
circuito (perché?); valutare gli errori delle misure; si ricorda che, essendo i = i1+ i2, sarà
2
anche δi =
(δi1 )2 + (δi2 )2 ;
8. confrontare i valori di corrente misurati con i valori attesi.
3.3 Misura di tensione in un partitore di tensione
Scopo: osservare l'effetto della
resistenza interna del multimetro
digitale sulle misure di tensione.
1. selezionare due resistenze R1 e R2
da 1 kΩ e misurarne il valore con
il multimetro;
2. montare il partitore di tensione in
figura 1;
3. regolare l'alimentatore in tensione
continua a 10 V, quindi
alimentare il circuito;
4. misurare la tensione fornita al
Figura 1
14
circuito (l'indicazione sul visualizzatore dell'alimentatore è meno precisa) ed ai capi di entrambe
le resistenze (contemporaneamente) con il multimetro;
5. ripetere la misura con una coppia di resistenze da 1 MΩ (misurarne sempre il valore esatto con
il multimetro);
6. giustificare le misure ottenute;
7. valutare dall’ultima il valore della resistenza interna del multimetro digitale usato come
voltmetro (la resistenza interna del multimetro usato come amperometro è trascurabile? Se si,
perché?); si ricorda che conviene dapprima ricavare la resistenza R2v derivante dal parallelo tra
R2 e Rv: R2v =
Vin
RR
R2 − R1 , e poi ricavare da quest’ultima Rv = 2 2v ; nel primo caso, l’errore
V2
R2 + R2v
δR12 + δR22
δVin  δV2  δR2  







V  + V  +  R  +  R + R
1
2
 in   2   2  
2
sarà
δRv = Rv
δR2v = R2v
2
2
2
δR 22 + δRv2
δR2  δR2v  



R 
 + 

 +  R + R
v
2
 2   R2 v  

2
2

 mentre


nel
secondo
2

 .



3.4 Verifica diretta della legge di Ohm
1. prendere una resistenza da 1 MΩ (se mancante,
prendere resistenze di valore inferiore e porle in serie
fino ad avvicinarsi all’ordine di grandezza di 1 MΩ ) e
Figura 2
misurare con l’ohmetro il valore esatto della
resistenza;
2. montare il circuito di figura 2: conviene utilizzare i
quattro morsetti liberi della piastra per inserire il
voltmetro e l'amperometro nel circuito, lasciandoli
fissi;
3. accendere l'alimentatore e misurare 15 coppie di valori tensione-corrente, facendo variare la
tensione erogata dal generatore da 1 V a 15 V, e riportando per ogni misura l’errore relativo
(ricordare che l’errore associato ad una misura è il minimo tra lo 0.3% e comunque non meno di
1 unità sulla cifra meno significativa);
4. riportare su un grafico i valori di I (in ascissa) e V (in ordinata); valutare il valore della
resistenza R come pendenza della retta di regressione y=Bx usando il metodo dei minimi
quadrati e forzando a zero l’intercetta A; ricordare che l’errore associato alla determinazione di
B è σB = σ y
1 N
( yi − Bxi )2 è l’incertezza sulla
∑
N i=1
N
dove N è il numero di misure, σ y =
∆
N
2
N
N 
misura di y, e ∆ = N ∑ xi2 − ∑ xi  ; invece B =
i =1
 i=1 
N ∑ xi yi −
i =1
N
∑
∆
i =1
N
xi ∑ yi
i =1
(conviene effettuare tutti
i conti con le funzioni di Excel);
5. confrontare i valori ottenuti con il valore vero di R.
15
Esperienza 3 - Circuiti in corrente alternata
1. Teoria dell'esperimento
Scopo: imparare ad usare i generatori di tensione alternata; valutare la dipendenza del guadagno
(definito come rapporto tra la tensione di uscita e quella di ingresso) e dello sfasamento tra la
tensione di uscita e quella di ingresso in funzione della frequenza della tensione di ingresso.
Circuito RC in serie
In un circuito RC, nel caso in cui il segnale
applicato sia costante (una pila), è possibile
q
= 0.
applicare la legge di Kirchhoff Vin − Ri −
C
Derivando la precedente legge rispetto al tempo,
di
i
essendo Vin=cost, si ottiene R = − , equazione
dt
C
differenziale che può essere messa nella forma
di
dt
t
=−
ed integrata a dare ln i = −
+ cost
i
RC
RC
Figura 1
ovvero i = i0e
−
t
RC
= i0e
−
t
τC
dove si definisce τ C = RC costante di tempo capacitiva (rappresenta il
tempo necessario affinché la corrente si riduca di un fattore 1/e rispetto al valore iniziale). Dal
momento che, poi, all’istante iniziale t=0 il condensatore, inizialmente scarico, si comporta come un
V
corto circuito (cioè come se non ci fosse ed al suo posto ci fosse un filo), si ha i0 = in e quindi
R
t
t
−
V −
i = in e τC . La d.d.p. sulla resistenza VR vale VR = Ri = Vin e τC ed ha lo stesso andamento
R
esponenziale decrescente della corrente. La d.d.p. sul condensatore VC invece vale
t
t
−
q 1
τ V −
VC = = ∫idt + cost = − C in e τC + cost = − Vin e τC + cost e siccome all’istante iniziale su C non
C C
RC
t
−


τC 

vi sono né carica né d.d.p., cost=Vin e perciò VC = Vin 1 − e
.




Nel caso in cui, invece, il segnale applicato sia di tipo sinusoidale (cioè la tensione abbia andamento
sinusoidale del tipo Vin (t ) = V0 cos ω t ), è più semplice studiare il circuito usando il metodo del
1
viene
ωC
moltiplicata per (-j) per tenere conto dello sfasamento di –90° tra tensione e corrente in un circuito
puramente capacitivo. (j) in questo caso è l’unità immaginaria (si usa “j” invece di “i” per non
confondere l’unità immaginaria con la corrente).
calcolo simbolico con i numeri complessi. Secondo tale metodo, la reattanza capacitiva
16
2
j
 1 
L’impedenza in un circuito RC serie vale quindi z = R −
ed in modulo Z = R 2 + 
 ,e
ωC
ω C 
quindi
la
corrente
i=
vale
Vin
Vin
=
.
j
z
R−
ωC
La
d.d.p.
sulla
resistenza
vale
1
1
Vin
RVin
Vin
=
viene invece definita
=
=
. La grandezza ω 0 =
j
j
RC
z
τ
C
R−
1−
ωC
ω RC
frequenza angolare di taglio a 3 dB. Il rapporto gpa tra VR e Vin viene chiamato guadagno (è un
numero
complesso).
Il
modulo
Gpa
di
gpa
vale
VR = Ri = R
G pa =
VR
=
Vin
1
2
 1 
1+ 

ω RC 
=
1
ω 
1+  0 
ω 
2
=
ω2
. Si può notare come
ω 02 + ω 2
lim G pa = 0
ω→ 0
e
lim G pa = 1 per cui le basse frequenze vengono tagliate o filtrate, e questo circuito viene
ω→ ∞
denominato filtro passa-alto.
La
d.d.p.
sul
condensatore
nel
circuito
RC
serie
vale
invece
Vin
 j   j Vin  j  Vin
VC = −
=
. In questo caso il guadagno gpb (è

 = −
i = −
1 + jω RC
 ω C   ω C  Z  ω C R − j
ωC
sempre un numero complesso) è definito come il rapporto tra VC e Vin. Il modulo Gpb di gpb vale
G pb =
VC
1
=
=
2
Vin
1 + (ωRC )
1
2
ω 
1+ 
ω 

 0
. Si può notare come lim G pb = 1 e lim G pb = 0 per cui le
ω→ 0
ω→ ∞
alte frequenze vengono tagliate o filtrate, e questo circuito viene denominato filtro passa-basso.
Il decibel è definito come 10 volte per il logaritmo in base 10 del guadagno in potenza tra il segnale
di uscita e quello di ingresso. Quando la frequenza ω del generatore di tensione è tale per cui ω=ω 0,
entrambi i guadagni (in tensione) Gpa o Gpb valgono 1 . Dal momento che la potenza P è definita
2
come P =
V2
∝ V 2 , si ha che il guadagno in potenza vale ½ e quindi, in decibel, vale
R
1
= − 3 (questo è il motivo per cui la grandezza ω 0 viene definita frequenza angolare di
2
ω
taglio a 3 dB). Il valore f 0 = 0 rappresenta la frequenza di taglio a 3 dB (ω 0 è misurata nelle
2π
unità angolari rad/s, mentre f0 è misurata in Hz).
10 Log
17
Per quanto riguarda lo sfasamento, per un circuito passa-alto il guadagno gpa (complesso) si può
1
j
1
1
V
ω RC =
ω RC
= R =
=
+ j
.
2
2
2
j
Vin 1 −
 1 
 1 
 1 
1+ 
 1+ 


ω RC 1 + 
ω RC 
ω RC 
ω RC 
1+
esprimere nel modo seguente: g pa
Tale numero complesso è nella forma A+jB, per cui il suo angolo di sfasamento vale ϕ = arctg
B
A
1
ω
= arctg 0 : lo sfasamento è perciò nullo per ω=ω 0,
ω RC
ω
π
π
negativo per ω<ω 0, positivo per ω>ω 0, ed assume i due valori limite di −
per ω=0 e di
per
2
2
ωà ∞ .
Per un circuito passa-basso, invece, il guadagno gpb (complesso) si può esprimere nel modo
ovvero, nel caso specifico, ϕ pa = arctg
seguente: g pb =
ω RC
1
1 − jω RC
1
VC
=
=
. L’angolo di sfasamento
=
− j
2
2
2
Vin 1 + jω RC 1 + (ω RC ) 1 + (ω RC )
1 + (ω RC )
vale pertanto ϕ pb = arctg (− ω RC )= arctg
ω
: lo sfasamento è perciò nullo per ω=ω 0, positivo per
ω0
ω<ω 0, negativo per ω>ω 0, ed assume i due valori limite di
2

 1 
2
Essendo Z = R + 
 = R 1 +
ω C 


2
2
2
ω 0 
 1 
  = R 1 +   , la corrente circolante nel circuito

ω 
ω RC  

RC serie nel caso di tensione sinusoidale vale i (t ) =
VR (t ) = V0 R cos (ω t + ϕ R ) dove V0 R =
π
π
per ω=0 e di −
per ωà ∞ .
2
2
V0
ω 
1+  0 
ω 
2
V0 R
cos[
ω t + ϕ ]. La d.d.p. sulla resistenza vale
R
.
2. Materiale a disposizione
•
•
•
•
•
•
•
1 generatore di funzioni;
1 oscilloscopio con 2 sonde;
1 piastra per montare circuiti (“breadboard”);
varie resistenze e condensatori;
ponticelli e fili per effettuare i collegamenti sulla piastra;
alcuni cavi coassiali (Lemo e/o BNC);
alcuni adattatori tra connettori da pannello e cavi Lemo/BNC.
18
3. Esecuzione dell'esperimento
3.1 Misure su un circuito RC come filtro passa-basso
1. Montare il circuito RC (figura 1) usando un resistore da 1 kΩ e un condensatore da 680 nF
(o di valore simile, se mancante), con il condensatore verso massa; se i valori di R e di C
fossero mancanti, scegliere opportunamente R e C in maniera tale da ottenere τC = RC = 1 k
Ω x 680 nF = 6.8 10-4 s o valore simile;
2. misurare i valori effettivi di R e C, e stimare la frequenza di taglio a 3 dB f 0 =ω 0 / 2 π
usando i valori nominali di R e C;
3. Selezionare una forma d’onda alternata sinusoidale; fissare la tensione di picco V del
generatore ad un valore non superiore a 10 V e mantenerla costante per tutto l'esperimento;
4. Collegare le due sonde dell'oscilloscopio in modo da misurare sui due canali la tensione v(t)
fornita dal generatore di funzioni e la tensione vC(t) ai capi del condensatore;
5. Rilevare le tensioni picco-picco di vin(t) e vC(t) e la fase di vC(t) rispetto a vin(t), con i
rispettivi errori di misura, per frequenze f sia minori che maggiori della frequenza di taglio a
3 dB f0 (prendere circa 15 misure, infittite intorno al valore di f0); ricordare che lo
sfasamento va espresso in gradi (o in radianti): tenendo conto che in realtà si misura il tempo
di sfasamento ∆t, lo sfasamento angolare ϕ si ottiene rapportando lo sfasamento temporale
∆t al periodo T e moltiplicandolo per l’angolo giro (360° o 2π), cioè ϕ = 360 ∆t / T;
6. Calcolare i valori attesi previsti per il guadagno Gpb e lo sfasamento ϕ utilizzando il valore
nominale di ω 0;
7. Elaborare le misure, riportare su grafico il guadagno Gpb=VC/V e lo sfasamento ϕ in
funzione della frequenza;
8. confrontare i valori ottenuti con quelli attesi;
9. valutare graficamente la frequenza di taglio f0 empirica.
3.2 Misure su un circuito RC come filtro passa-alto
1. Modificare il circuito precedente scambiando R con C in modo che la resistenza sia vicina
alla massa;
2. Collegare le due sonde dell'oscilloscopio in modo da misurare sui due canali la tensione
vin(t) fornita dal generatore di funzioni e la tensione vR(t) ai capi della resistenza
3. Rilevare le tensioni picco-picco di vin(t) e vR(t) e la fase di vR(t) rispetto a vin(t), con i
rispettivi errori di misura, per frequenze f sia minori che maggiori della frequenza di taglio
a 3 dB f0 (prendere circa 15 misure, infittite intorno al valore di f0); ricordare che lo
sfasamento va espresso in gradi (o in radianti): tenendo conto che in realtà si misura il tempo
di sfasamento ∆t, lo sfasamento angolare ϕ si ottiene rapportando lo sfasamento temporale
∆t al periodo T e moltiplicandolo per l’angolo giro (360° o 2π), cioè ϕ = 360 ∆t / T;
4. Calcolare i valori attesi previsti per il guadagno Gpa e lo sfasamento ϕ utilizzando il valore
nominale di ω 0;
5. Elaborare le misure, riportare su grafico il guadagno Gpa=VR/V e la fase ϕ in funzione della
frequenza;
6. valutare graficamente la frequenza di taglio f0 empirica.
19
Esperienza 4 - Indice di rifrazione ed aberrazioni
1. Teoria dell'esperimento
1.a Riflessione e rifrazione
Figura 1
Un raggio incidente sulla superficie di separazione
tra due mezzi i cui indici di rifrazione sono n1 e n2
viene riflesso e rifratto. Siano θ1, θ1’e θ2 gli angoli
(rispetto alla normale alla superficie di
separazione)
rispettivamente di incidenza,
riflessione e rifrazione (in figura 1 è riportato il
caso in cui il primo mezzo è l’aria ed il secondo
mezzo è l’acqua).
La legge della riflessione dice che θ1=θ1’. La legge
della rifrazione dice invece che n1 sin θ1 = n2 sin θ2 .
Secondo la legge della rifrazione, pertanto,
l’angolo di rifrazione risulta minore dell’angolo di
incidenza (θ2<θ1) nel caso in cui il raggio
Figura 2
luminoso entri in un mezzo il cui indice di
rifrazione è maggiore (n1<n2), e maggiore
dell’angolo di incidenza (θ2>θ1) nel caso opposto
in cui il raggio luminoso entri in un mezzo il cui
indice di rifrazione è minore (n1>n2). In quest’ultimo caso (figura 2), quando l’angolo di rifrazione
vale 90°, l’angolo di incidenza assume il valore limite θL dato da: n1 sin θL = n2 ovvero
 n2 
sin θL = arcsin
n 
. Tale angolo è detto angolo limite poiché per tutti gli angoli superiori ad esso il
 1
raggio rifratto non esiste e quindi il raggio risulta totalmente riflesso (fenomeno della riflessione
totale).
1.b Le aberrazioni
L’angolo di rifrazione di un raggio luminoso incidente dipende dalla frequenza della radiazione; più
precisamente, esso diminuisce al crescere della frequenza. Poiché un fascio di luce bianca è
costituito dall’insieme di tutte le lunghezze d’onda spettrali, ogni componente verrà rifratta secondo
angoli diversi, scomponendo spazialmente il raggio luminoso nelle sue diverse componenti
monocromatiche, costituite, cioè, da una sola frequenza.
Ciò comporta che i raggi rifratti da una lente sono scomposti nei colori dell’iride, come avviene
anche con un prisma; ogni colore, quindi, viene focalizzato in un punto diverso. Questa aberrazione
si chiama cromatismo ed il suo effetto è che l’immagine avrà i contorni colorati, rendendo
fastidiosa la visione. E’ da sottolineare che il cromatismo è una caratteristica delle lenti e non degli
specchi. Per correggere quest’aberrazione, si deve applicare sulla lente convessa una lente
20
divergente a menisco di un vetro con un coefficiente di rifrazione più alto; in questo modo si riesce
a introdurre un’aberrazione cromatica uguale e contraria a quella della lente convessa, con la sola
conseguenza di allungare un po’ la distanza focale. La lente risultante è detta doppietto acromatico
ed è presente, in pratica, su tutti i moderni telescopi rifrattori.
La sfericità è invece un’aberrazione di lenti e specchi sferici e consiste nella focalizzazione dei
raggi in punti diversi; attorno all’immagine si forma, quindi, un alone luminoso. Anche questa
aberrazione viene corretta abbastanza bene progettando opportunamente il doppietto acromatico;
con gli specchi sferici occorre invece interporre una lastra asferica, cioè una particolare lente che
introduce una sfericità uguale e contraria a quella dello specchio da correggere.
La coma, infine, è un’aberrazione presente sia nelle lenti che negli specchi, ed è dovuta ad un
imperfetto allineamento degli assi ottici. Essa produce sul piano focale un’immagine di una stella
che non è più un puntino, ma un piccolo ventaglio di luce simile ad una cometa ("coma" in latino
significa "chioma") le cui dimensioni aumentano quanto più lontana è l’immagine dall’asse ottico,
sul quale la coma è assente. Quest’aberrazione, fastidiosa soprattutto quando si devono ottenere
delle immagini su una superficie di grande estensione (quella della lastra fotografica ad esempio),
viene corretta in modo accettabile da speciali obbiettivi chiamati appunto correttori di coma.
Per quanto concerne più specificamente
l’aberrazione sferica, si consideri una
superficie sferica rifrangente di raggio r
che separa due mezzi di indice di
rifrazione n ed n’. Sia P una sorgente
Figura 3
puntiforme posta sull’asse ottico, PQ un
generico raggio emesso da P e P’
l’intersezione del relativo raggio rifratto
con l’asse ottico (Figura 3).
Si può dimostrare (vedasi ad es. http://www.ba.infn.it/~evangel/TeoriaGenerale.htm) che
l’equazione generale che lega l’immagine di un punto posto all’infinito, utilizzando sviluppi in serie
n n' n'− n
al terz’ordine, è
+
=
+
s s'
r
Figura 4
 h 2n 
2 f ' r 2 n'  . In tale equazione, il termine tra parentesi è il termine di


aberrazione. Si noti che, per P fisso,
esso dipende dal quadrato di h.
Se si considera allora un raggio non
parassiale PQ nel piano xy (sia x la
direzione dell’asse ottico ) [Figura 4],
sia P’p il punto in cui convergono i
raggi parassiali emessi da P, e sia Pi il
punto in cui il raggio rifratto QP'
interseca il piano dell’immagine.
La distanza ∆x = s' p − s'h è chiamata aberrazione sferica longitudinale, mentre la distanza
h
∆y = (s' p − s'h )tan γ= (s ' p − s'h )
è chiamata aberrazione sferica laterale. Si dimostra che tali
s 'h
21
grandezze sono date, nel caso di raggi paralleli all’asse ottico, rispettivamente da ∆x =
∆y =
h3n 2 s' p
2n ' 2 f ' r 2
h 2 n 2 s'h s ' p
e
2n ' 2 f ' r 2
. Si noti che le considerazioni finora esposte sono valide, per ragioni di simmetria,
qualunque sia la posizione di Q su una circonferenza perpendicolare all’asse ottico, di raggio h e di
centro O. Sia φl’angolo che individua la generica posizione di Q, e sia t la direzione OQ : lungo t
si ha che l’aberrazione sferica laterale è ∆t = ∆y. Al variare di φ, per un determinato valore di h, Pi
descrive pertanto sul piano dell’immagine una circonferenza di raggio ∆y.
2. Materiale a disposizione
• 1 banco rivestito di carta graduata;
• 1 puntatore laser con relativo supporto girevole;
• varie lastre di plexiglass trasparente di diverse forme;
• specchi metallici;
• 1 goniometro.
3. Esecuzione dell'esperimento
3.1 Indice di rifrazione
1. prendere la lastra di plexiglass di forma semicilindrica
e posizionarla in modo che il raggio del puntatore
Figura 5
laser incida come in figura 5 (si noti che il raggio
rifratto non subisce deviazioni nella seconda rifrazione
poiché la direzione è ortogonale alla superficie);
2. misurare gli angoli di incidenza e di rifrazione
ripetendo le misure per diversi (≈15) angoli di
incidenza fino ad avvicinarsi all’angolo limite; a tale
scopo, conviene tracciare con una matita sulla carta
due segni in corrispondenza della posizione del raggio
laser incidente e di quella dell’immagine del raggio
rifratto; inoltre, onde evitare problemi di cattivo riallineamento, conviene procedere prima
tracciando TUTTI i segni in corrispondenza di tutte le misure (con un segno che li faccia
riconoscere), e poi successivamente misurare gli angoli con il goniometro (più preciso che
non utilizzando gli angoli segnati sulla carta); il goniometro va centrato in corrispondenza
del punto di incidenza del raggio con il plexiglass, che sarà lo stesso per tutte le misure;
3. riportare gli angoli misurati e dedurre l’indice di rifrazione del plexiglass (naria=1) per ogni
misura;
4. calcolare il valore medio dell’indice di rifrazione del plexiglass.
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3.2 Aberrazione di sfericità: misure con la lastra di plexiglass
1. prendere la lastra di plexiglass di forma lenticolare ed inviare il fascio in direzione parallela
all’asse con diversi punti di incidenza (vedi figura 6);
2. procedere come nel caso precedente segnando con
la matita le caratteristiche principali dei raggi
incidente e rifratto; ripetere le misure per almeno 7
raggi (uno lungo l’asse ottico, tre sopra e tre sotto);
3. ricostruire la posizione delle immagini dei raggi;
con riferimento alla figura 4, valutare la posizione
di P’, P’p e Pi; determinare quindi i valori di ∆x e
∆y.
Figura 6
3.3 Aberrazione di sfericità: misure con lo
specchietto metallico concavo
1. prendere lo specchietto metallico concavo e procedere come sopra: inviare il fascio in
direzione parallela all’asse con diversi punti di incidenza (vedi figura 6); tenere conto che in
questo caso si osserveranno i raggi riflessi e non quelli rifratti;
2. procedere come nel caso precedente segnando con la matita le caratteristiche principali dei
raggi incidente e riflesso; ripetere le misure per almeno 7 raggi (uno lungo l’asse ottico, tre
sopra e tre sotto);
3. ricostruire la posizione delle immagini dei raggi; con riferimento alla figura 4, valutare la
posizione di P’, P’p e Pi; determinare quindi i valori di ∆x e ∆y.
23
Esperienza 5 - Lunghezza focale delle lenti
1. Teoria dell'esperimento
In figura 1, s è la distanza tra l'oggetto e l’asse ottico
della lente sottile, s’ la distanza tra l'immagine e
l’asse ottico, a la distanza tra l'oggetto e l'immagine,
F la posizione del fuoco e f la distanza focale.
Nell’approssimazione di lente sottile, lo spessore
della lente L è L<<a. L'equazione dei punti coniugati
è:
1 1 
1 1 1
+ = = (n − 1)

r − r 
s s' f
1 2
(1)
L'ingrandimento M si ricava dalla figura ed è dato
da:
l'
s'
M = =−
(2)
l
s
ss'
Dall’equazione (1) si ricava f =
. Tali formule sono valide per ogni tipo di lente sottile.
s + s'
Nel caso di un sistema con due o più lenti,
si applica ricorsivamente l’eq. 1 avendo
cura di considerare l’immagine della lente
precedente come oggetto per la lente
successiva, e facendo bene attenzione ai
segni. Ad esempio, nel caso del sistema di
Figura 2
lenti convergente-divergente (figura 2), si
hanno rispettivamente le equazioni:
1
1 1
1
1 

+
= = (n1 − 1)
−
r

s1 s '1 f1
r
1
,
1
2
,
1


e
1
1 1
1
1 
 dove ovviamente sarà
+
=
= (n2 − 1)
−
r

s2 s ' 2
f2
r
1
,
2
2
,
2


s2 = L − s'1 . In questo caso, gli ingrandimenti sono rispettivamente dati da M 1 =
M2 =
l '1
s'
=− 1 e
l1
s1
l '2
s'
= − 2 e l’ingrandimento complessivo è dato dal loro prodotto: M = M 1M 2 .
l2
s2
2. Materiale a disposizione
• banco ottico;
• 1 lampada con sorgente luminosa;
• 2 lenti convergenti;
• 1 lente divergente;
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• 1 schermo con scala graduata al mm.
3. Esecuzione dell'esperimento
3.1 Lenti convergenti
1. montare l'apparato secondo lo schema riportato
in Figura 3;
2. accendere la lampada;
3. collocare la prima lente convergente sul
supporto;
4. centrare approssimativamente in verticale lo
Figura 3
schermo e la lente;
5. cercare una condizione di ingrandimento
muovendo sia la lente sia lo schermo:
l'immagine della scala graduata della sorgente
sullo schermo deve essere la più nitida
possibile;
6. misurare le dimensioni verticali dell’oggetto sorgente, quindi porlo sul banco ottico e non
muoverlo più per tutto l’esperimento; misurare quindi la sua posizione;
7. eseguire una serie di misure (circa 15-20) con questa condizione di ingrandimento, togliendo
e rimettendo sul banco ottico i supporti della lente e dello schermo, e cercando ogni volta di
riottenere la condizione di massima nitidezza. Le grandezze da misurare sono: la distanza
oggetto-lente s, la distanza lente-immagine s’, e le dimensioni verticali dell’immagine;
8. elaborare i dati, calcolare per ogni misura i valori del fuoco f e dell’ingrandimento M
usando le eqq. (1) e (2);
9. calcolare il valore medio della distanza focale f tra tutte le misure; confrontare tale valore
con quello scritto sulla lente e commentare il risultato;
10. ripetere tutte le precedenti operazioni con la seconda lente.
3.2 Sistema di due lenti
1. disporre in successione la sorgente,
la lente divergente, la lente
convergente e lo schermo come in
figura 4;
Figura 4
2. posizionare le due lenti in maniera
da
ottenere
sullo
schermo
un’immagine nitida (a fuoco);
3. misurare le posizioni dell’oggetto
rispetto
alla
prima
lente
(divergente), dell’immagine rispetto
alla seconda lente (convergente) e
la distanza tra le due lenti (figura 4),
e le dimensioni verticali di oggetto ed immagine; con riferimento alla figura 2, determinare
quindi i valori di s1, s2’e di L;
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4. utilizzando il valore del fuoco della lente convergente ottenuto nella prima fase
dell’esperienza e quello della lente divergente fornito, determinare i valori attesi per la
posizione dell’immagine s1’,
dell’oggetto s2, e determinare
quindi gli ingrandimenti delle
singole lenti e l’ingrandimento
complessivo;
5. calcolare
l’ingrandimento
complessivo
effettivo
e
Figura 5
confrontare con il valore
precedentemente calcolato.
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