Manuale per soccorritori Supporto vitale di base al traumatizzato Secondo linee guida PHTLS Basic PreHospital Trauma Life Support Edizione Settembre 2007 Realizzata dal Settore Formazione Volontari del Soccorso Mirano PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com Introduzione In questo manuale vengono illustrati i principi su cui si basa l’approccio al soggetto politraumatizzato. Vengono poi illustrate alcune tecniche specifiche in grado di soddisfare i principi di base, consapevoli del fatto che non esiste un unico metodo applicabile alle innumerevoli variabili che si possono incontrare nel soccorso preospedaliero. Il metodo che noi proponiamo riprende, e adatta alla nostra realtà, le linee guida del PHTLS (PreHospital Trauma Life Support). Il PHTLS è incentrato sui principi, non sulle preferenze e promuove il pensare critico. Si ritiene che data una buona preparazione di base, il soccorritore sia in grado di prendere delle decisioni ragionate in merito all’assistenza da fornire al paziente. L’obiettivo che ci prefiggiamo è far comprendere al soccorritore di Croce Rossa quali sono i principi fondamentali su cui si basa un corretto approccio al soggetto traumatizzato attraverso l’apprendimento di conoscenze teoriche e abilità pratiche. Il protocollo di approccio e trattamento del politraumatizzato deve perseguire alcuni principi fondamentali: ¬ Valutazione rapida e accurata; ¬ Identificazione dello shock e dell’ipossia; ¬ Esecuzione dell’intervento giusto al momento giusto; ¬ Trasporto rapido verso l’ospedale giusto. Riteniamo importante sottolineare che la memorizzazione e l’esecuzione schematica di algoritmi non può essere sempre e rigorosamente applicata agli scenari di soccorso traumatologico. Ogni scenario presenta variabili e peculiarità che il soccorritore deve riconoscere, valutare e trattare sfruttando il “principi” acquisiti in questo corso e integrandoli con la propria esperienza. IL POLITRAUMA In una accezione molto generale, un trauma può essere definito come una interazione o impatto tra la vittima e l’agente (fonte di energia). Il temine impatto non indica necessariamente un incidente automobilistico. L’investimento di un pedone, una ferita da arma da fuoco, un muratore che cade dall’impalcatura, uno sportivo che viene colpito da una palla ad alta velocità sono tutti impatti. In ciascun caso, vi è un trasferimento di energia tra un oggetto in movimento e i tessuti della vittima del trauma oppure tra la vittima in movimento ed un ostacolo fisso. Con la parola "POLITRAUMA" si intende la presenza di lesioni associate a carico di due o più distretti corporei che possono coesistere con la compromissione più o meno grave delle funzioni vitali. Epidemiologia del trauma Il Trauma costituisce la prima causa di morte per le persone al di sotto dei 44 anni e la terza causa di morte per tutte le fasce di età. Volontari del Soccorso Mirano-Spinea Ogni anno in Italia si verificano, esclusivamente a seguito di incidenti stradali, circa 8000 morti, a cui devono essere aggiunti un numero impressionante di feriti con esiti più o meno invalidanti (fonti Istat Aci 2000). Il pesante impatto di questa patologia sui giovani è la causa principale di perdita di anni di lavoro con enormi costi sociali. Benché la prevenzione rappresenti il cardine per la riduzione delle patologie traumatiche, un migliore trattamento del paziente politraumatizzato può portare ad una netta riduzione della mortalità. Molte delle morti e delle invalidità da trauma sono infatti prevenibili. La percentuale delle morti prevenibili è stimata tra il 33% e il 73%. Poiché la maggior parte dei decessi conseguenti a trauma avviene prima dell'arrivo in ospedale è di importanza fondamentale migliorare la qualità del soccorso nella fase preospedaliera. Il miglioramento del soccorso preospedaliero ha non solo l'obiettivo di ridurre la mortalità nella prima fase del trattamento, ma soprattutto quello di limitare i danni secondari dovuti ad anossia, ipotensione o a manovre incongrue, fattori che sarebbero responsabili della maggior parte degli esiti gravemente invalidanti. L'impiego sul terreno di tecniche di rianimazione avanzata permette di ridurre la mortalità e di limitare i danni secondari. mortalità Croce Rossa Italiana Fig. 1. Comparazione tra mortalità (decessi x anno) causata da malattie cardiovascolari, cancro e trauma (Fonte Ministero della Salute anno 2002). Mortalità per trauma Dallo studio dei decessi avvenuti in seguito ad un evento traumatico si può osservare una distribuzione trimodale con tre picchi caratteristici (Donald Trunkey, American College of Surgeons). 1° picco (50%) mortalità immediata Circa il 50% dei decessi avviene direttamente sul luogo dell’evento o comunque entro circa un ora dall’evento a causa di lesioni gravissime. È dovuta al danno primitivo che si sviluppa a carico di organi come il cervello, cuore e grossi vasi. L’intervento, anche immediato, dei soccorritori non arreca alcun beneficio. Questo picco può essere ridotto solo adottando misure preventive (limiti di velocità, cinture di sicurezza, airbag ecc). 2° picco (30%) mortalità precoce Circa il 30% dei decessi avviene entro le prime 4-6 ore dall’evento a seguito di emorragie importanti, in- Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 2 Croce Rossa Italiana sufficienza respiratoria o traumi cranio-encefalici. La mortalità è legata al danno secondario conseguente ad ipossia ed ipoperfusione. Il trattamento presospedaliero adeguato ed efficace, in questi casi può davvero fare la differenza diminuendo la mortalità e la disabilità. 3° picco (20%) mortalità tardiva Un certa percentuale di decessi avviene anche a distanza di settimane o mesi dall’evento traumatico. In genere in questi casi la mortalità è legata a danni secondari al trauma (insufficienza multiorgano, infezioni, problemi respiratori ecc). Volontari del Soccorso Mirano-Spinea fornendo un trasporto rapido verso una struttura idonea a continuare il trattamento. Un intervento qualificato nelle prime ore (Golden Hour, ora d’oro) dal momento dell’evento aumenta le probabilità di sopravvivenza e la qualità della vita del paziente. La Golden hour o Golden period è il tempo che intercorre tra il momento dell’incidente ed il trattamento definitivo fornito in ospedale da personale qualificato. Il soccorritore preospedaliero ha il compito fondamentale di valutare le condizioni del paziente sulla scena dell’incidente e sulla base delle sue osservazioni decidere in merito al trattamento ed il trasporto. Entro un’ora dall’evento il traumatizzato deve ricevere le cure migliori possibili per la sua situazione. Al concetto di golden hour bisogna aggiungere quello ancora più importante dei 10 minuti di platino. Dieci minuti è il tempo che dovrebbe essere dedicato sul posto al paziente traumatizzato per identificare la gravità delle lesioni e per effettuare un trattamento essenziale in caso di lesioni pericolose per la vita. Ogni minuto addizionale trascorso sulla scena è tempo sottratto al periodo d’oro e quindi tempo che trascorre prima di ricevere il trattamento definitivo. Catena del soccorso traumatologico Fig. 2. Distribuzione temporale dei decessi per trauma. L’obiettivo del soccorso preospedaliero è quello di abbassare il secondo picco di mortalità e di influenzare positivamente il terzo prevedendo, con un corretto trattamento iniziale, l’instaurarsi delle complicanze mediante azioni mirate durante la fase acuta del trauma. Golden Hour Una ricerca eseguita in uno dei primi trauma center degli Stati Uniti ha evidenziato che i pazienti che avevano ricevuto un trattamento definitivo più precoce dopo un incidente avevano una percentuale di sopravvivenza molto superiore rispetto a quelli il cui trattamento era stato ritardato (studio del Dr Adams Cowley). Una ragione di questo miglioramento nella sopravvivenza è la conservazione della capacità dell’organismo di produrre energia per mantenere la funzionalità degli organi. Per il soccorritore, questo si traduce nel mantenimento dell’ossigenazione e della perfusione, L’obiettivo di ridurre la mortalità e la morbilità (stato di malattia) da trauma può essere raggiunto esclusivamente attraverso un’insieme coordinato di azioni che vanno dalla fase di allerta, all’invio dell’equipe sulla scena, sino alla centralizzazione del traumatizzato presso l’ospedale più idoneo per il trattamento definitivo. L’adozione di sequenze razionali di manovre (algoritmi) può rendere più efficace l’intervento sia nella fase extraospedaliera che intraospedaliera. Per ridurre la mortalità e la morbilità da trauma occorre che si susseguano in maniera ottimale un complesso coordinato di azioni definite catena del soccorso traumatologico, dalla fase di allertamento al trasporto dei feriti alla struttura più adatta per il loro trattamento. L’obiettivo del soccorso extraospedaliero è trasportare il traumatizzato all’ospedale giusto nel tempo giusto e, soprattutto, nel modo giusto, riducendo l’incidenza delle morti evitabili 1. Allarme e Dispatch - Il Dispatch regola i meccanismi di processo della chiamata per garantire l’invio dell’équipe più adeguata. Inoltre l’arrivo dell’équipe sulla scena non deve prescindere dalla valutazione della sicurezza ambientale e dei potenziali rischi. 2. Triage preliminare - In caso di incidenti la presenza di più vittime è frequente ed è pertanto essenziale riconoscere le lesioni che richiedono un trattamento prioritario e quali feriti trasportare prima. 3. Trattamento preospedaliero. 4. Triage dei feriti agli ospedali più idonei: centralizzazione dei traumi gravi. La centrale operativa del 118 dovrà indirizzare il traumatizzato all’ospedale più idoneo sulla base delle informazioni fornite dal soccorritore preospedaliero. 5. Trattamento ospedaliero. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 3 Prevenzione dei traumi Croce Rossa Italiana La prevenzione “Prevenire il trauma è ancora più importante che trattare il trauma”. Ricordiamo che i Volontari della Croce Rossa non sono impegnati solamente nelle operazioni di soccorso sanitario. La Croce Rossa sostiene e promuove attivamente campagne di prevenzione e sensibilizzazione anche nei riguardi del problema trauma. Pertanto riportiamo in questo testo alcune nozioni fondamentali che possono aiutare il soccorritore a comprendere e diffondere le strategie di prevenzione del trauma. Prevenzione: insieme di atti o comportamenti che hanno il compito di impedire l’insorgenza e la propagazione di un vento dannoso, per mezzo di interventi sulla popolazione e sull’ambiente. In base agli obiettivi e ai metodi di intervento la prevenzione del trauma viene classificata in tre tipi. VALUTAZIONE E TRATTAMENTO Il terzo anello della catena rappresenta il nucleo del trattamento preospedaliero ed ha come obiettivo, innanzitutto, la sopravvivenza immediata del paziente, ottenibile con la rapida valutazione e riconoscimento di uno stato critico ed il contemporaneo inizio delle opportune manovre di rianimazione. Le fasi del trattamento preospedaliero sono suddividibili in 5 tempi: 1. valutazione della scena; 2. Valutazione primaria; 3. Valutazione secondaria; 4. Trattamento sul posto; 5. Trasporto e monitoraggio. Sulla scena di un emergenza il ferito è la persona più importante. La squadra di soccorso deve intervenire tempestivamente ed in maniera coordinata. Il soccorritore non ha tempo per pensare e richiamare alla memoria le nozioni apprese durante il corso o per ricordare dove si trovano i presidi negli zaini o in ambulanza. Tutte queste informazioni, e altre ancora, devono essere immagazzinate nella memoria. La squadra di soccorso deve avere una buona preparazione tecnica, deve conoscere le procedure ed i materiali e soprattutto deve saper lavorare in maniera coordinata. Tutte queste abilità possono essere acquisite e mantenute solamente con l’addestramento e aggiornamento continuo. Volontari del Soccorso Mirano-Spinea Prevenzione primaria: azioni volte a far si che il trauma non si verifichi (fase pre-evento). Rientrano in questa categoria tutti gli interventi educativi (campagne di sensibilizzazione, diffusione di informazioni ecc), legislativi (leggi sulla sicurezza dei luoghi di lavoro e sulla prevenzione degli infortuni, ecc) e strutturali (messa in sicurezza della rete stradale, adozione di misure di prevenzione in casa e nei luoghi di lavoro, ecc). Prevenzione secondaria: azioni volte a minimizzare la gravità delle lesioni provocate da un trauma. L’obiettivo di questo livello di prevenzione è quello di limitare i danni, ad esempio, adottando i dispositivi di protezione individuale, utilizzando cinture di sicurezza e air bag nei veicoli ecc. Prevenzione terziaria: azioni volte a limitare le conseguenze immediate e a ridurre gli esiti invalidanti del trauma migliorando le fasi del trattamento preospedaliero e ospedaliero (fase post-evento). Ricordate che il soccorritore ha la responsabilità di fornire all’infortunato la migliore assistenza sanitaria possibile: il nostro infortunato non ci ha scelto, siamo noi che abbiamo scelto di soccorrerlo. VALUTAZIONE DELLA SCENA L’intervento del soccorritore inizia molto prima dell’incontro con l’infortunato. L’anticipazione è quella fase che precede l’arrivo sul posto, il soccorritore, sulla base delle informazioni ricevute inizia a farsi un idea sull’evento, suddivide i compiti dell’equipaggio e predispone il materiale che potrebbe servire. Una volta arrivati sul posto l’immagine della scena crea un impressione che influenza l’intera valutazione del soccorritore. Una certa quota di informazioni può essere raccolta guardando e ascoltando il racconto del ferito o dei testimoni. Un’attenta valutazione della scena consente di identificare il problema, delimitarlo, dimensionarlo e mettere in atto tutti i dispositivi per prestare soccorso in sicurezza. Nella valutazione della scena sono incluse due componenti: Sicurezza. La prima priorità per chi è coinvolto nel soccorso è la sicurezza dei soccorritori e dell’infortunato. La centrale operativa 118 già al momento della chiamata deve essere in grado, per quanto possibile, di identificare la presenza di potenziali pericoli allo scopo di inviare preventivamente personale tecnico idoneo (vigili del fuoco, forze dell’ordine ecc) e consentire ai soccorritori di dotarsi dei dispositivi di protezione individuali opportuni. Nell’attesa del personale preposto per garantire la sicurezza della scena, il soccorritore può mettere in atto le manovre minime per la sicurezza come togliere le chiavi dal quadro elettrico di una macchina incidentata, segnalare visivamente l’incidente, spegnere eventuali focolai d’incendio con l’estintore presente in Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 4 Croce Rossa Italiana ambulanza, ecc. Non deve inoltre tralasciare la sicurezza del paziente; se la scena non è sicura il ferito deve essere spostato prima di iniziare la valutazione ed il trattamento. Numerosi sono gli elementi che possono generare una situazione di pericolo, anche evolutivo, per il soccorritore ed il ferito. Tra questi citiamo: ¬ fuoco, fumo, liberazione di sostanze tossiche volatili, esplosivi. In questi casi richiedere immediatamente l’invio dei VVFF e cercare di identificare la sostanza tossica attraverso i cartelli identificativi (codice Kemler). ¬ Scarsa visibilità, posizione pericolosa in strada o traffico non controllato: in attesa delle forze dell’ordine o dei VVFF, l’autista dell’ambulanza provvederà a segnalare visivamente la vostra presenza (torce luminose, fumogeni, lampeggianti ecc). ¬ Presenza di liquidi organici: il soccorritore deve sempre indossare tutti i DPI a disposizione per ridurre il rischio di contaminazione con liquidi organici infetti. Molta attenzione deve essere posta per la presenza di aghi o materiale tagliente utilizzati durante l’intervento. Prima di abbandonare la scena bisogna provvedere alla “bonifica ambientale“ controllando che non rimanga sul posto materiale pericoloso. ¬ Aggressioni o presenza di armi. Non avvicinarsi alla scena finche le forze dell’ordine non abbiano immobilizzato o allontanato gli aggressori e non abbiano rimosso le armi eventualmente presenti. Se il ferito ha un atteggiamento aggressivo o è in stato di arresto farsi accompagnare dalle forze dell’ordine durante il trasporto in ospedale. In ogni caso usate il “buon senso“! Situazione. Durante l’osservazione della scena il soccorritore deve porsi diverse domande che potrebbero aiutarlo nella valutazione della scena: ¬ Quanti feriti ci sono? L’identificazione corretta del numero dei feriti è un punto cardine della valutazione per evitare di non rilevare, e quindi trattare, pazienti coinvolti nell’evento. Una volta identificati tutti i feriti, devono essere applicate le corrette tecniche di triage per la scelta della priorità di trattamento. Sulla base di questa valutazione sarà possibile richiedere alla CO l’invio di altro personale sanitario (ambulanze, automedica, elisoccorso ecc). ¬ Cos’è successo veramente? Quale è stato il meccanismo del trauma e quali forze ed energie hanno causato le lesioni? ¬ Sulla base della cinematica quali lesioni mi posso aspettare? La conoscenza e la valutazione del meccanismo di lesione (cinematica) permettono di elaborare un indice di sospetto che consente di sospettare, individuare e trattare precocemente anche lesioni poco apparenti. Un soccorritore può non riconoscere una semplice lesione perché non sa dove guardare. Un’attenta valutazione della scena, effettuata utilizzando i principi della cinematica, permette al soccorritore di identificare la maggior parte delle lesioni prima ancora di toccare il paziente. Volontari del Soccorso Mirano-Spinea CINEMATICA DEL TRAUMA Si definisce cinematica il processo di valutazione della scena compiuto ai fini di determinare la dinamica dell’evento, basandosi sulle forze coinvolte. La valutazione di un paziente traumatizzato deve comprendere informazioni sulla cinematica. Ad esempio, un guidatore che urta il volante subirà un’estesa cavitazione sulla parete anteriore del torace in seguito all’impatto; immediatamente il torace ritorna alla sua forma originale, o quasi. Un soccorritore che non ha nozioni di cinematica, si preoccuperà solamente delle abrasioni presenti sul torace del ferito. Il soccorritore con nozioni di cinematica riconoscerà invece che un ampia cavità era presente al momento dell’impatto, che le coste si sono dovute ripiegare verso l’interno e che il cuore, i grossi vasi e i polmoni sono stati compressi. Questo gli consentirà di sospettare lesioni più gravi e potenzialmente letali, pertanto sarà più accorto nella valutazione e nella gestione del ferito e inizierà il trasporto più velocemente. L’identificazione precoce, l’adeguata comprensione e il trattamento appropriato delle lesioni sottostanti potranno influenzare in maniera determinante la vita o la morte del traumatizzato. Sulla base dei principi che governano la prevenzione delle lesioni traumatiche, il trattamento di un traumatizzato può essere suddiviso in tre fasi: ¬ La fase pre-impatto include tutti gli eventi che precedono l’incidente, come l’assunzione di droghe, alcool, farmaci, alterazioni dello stato mentale o patologie preesistenti. Molta attenzione deve essere posta per individuare se l’incidente è stato causato da una patologia medica acuta. Ad esempio un guidatore anziano può avere un dolore toracico suggestivo di un infarto miocardio a seguito dell’incidente o può aver provocato l’incidente a seguito di un infarto. ¬ -La fase dell’impatto inizia quando un oggetto in movimento colpisce un altro oggetto. In generale lo scambio di energia può avvenire: tra un oggetto in movimento e la vittima ferma o viceversa; o tra gli organi interni e le strutture rigide del corpo della vittima.Ad esempio in un incidente automobilistico si ha un primo impatto del veicolo contro un palo, un secondo impatto del conducente contro il veicolo ed un terzo impatto tra gli organi interni sul corpo del conducente (teoria del triplice impatto). ¬ La fase dell’impatto inizia non appena il corpo ha assorbito l’energia dell’impatto e il paziente è diventato un traumatizzato. Le informazioni raccolte nelle fasi pre-impatto e dell’impatto devono essere utilizzate dal soccorritore per comprendere la cinematica del trauma e generare un indice di sospetto per le lesioni potenziali da trattare nella fase post-impatto. Il primo passo per comprendere l’effetto delle forze che producono una lesione è identificare e valutare il tipo di energia coinvolta nell’impatto e stabilire quali Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 5 Croce Rossa Italiana possono essere le ripercussioni nell’anatomia dell’organismo. La cinematica si basa sui principi fondamentali della fisica. Prima legge di Newton sul moto Un corpo in stato di quiete tende a mantenere il suo stato di quiete ed un corpo in stato di moto tende a rimanere in stato di moto finché non interviene su di esso una forza esterna a modificare tale stato. Questa legge ci consente di comprendere la “teoria del triplice impatto” spiegata precedentemente. Fig. 3. Teoria del triplice impatto: collisione del veicolo (1° impatto), collisione del corpo sul veicolo (2° impatto) e collisione degli organi sul corpo (3° impatto). Legge sulla conservazione dell’energia. L’energia non può essere creata né distrutta, ma solo cambiare forma. Un veicolo che si muove possiede un energia cinetica (o di movimento), quando urta qualcosa la sua energia può essere trasformata in energia meccanica, termica, elettrica o chimica. Ad esempio, un veicolo che urta un palo trasforma la sua energia cinetica in energia meccanica che deforma la carrozzeria e danneggia gli occupanti. Analogamente un veicolo che investe un pedone trasferisce la sua energia al pedone che viene sbalzato lontano. Nel caso di un motociclista che cade e striscia la schiena a terra, l’energia di movimento viene trasformata in energia termica. Fig. 4. L’energia meccanica di un’auto che urta un albero viene convertita nella forza che deforma la carrozzeria. L’energia residua viene trasferita agli occupanti del veicolo e ai loro organi interni. Il grado di deformazione della carrozzeria può dare una stima dell’energia coinvolta. Volontari del Soccorso Mirano-Spinea Legge sull’energia cinetica. L’energia cinetica di un corpo può essere calcolata con l’equazione: In cui m è la massa o peso del corpo e υ è la velocità. Da questa equazione è evidente che la velocità incide maggiormente rispetto alla massa nel calcolo dell’energia cinetica. Ne deriva che vi saranno molti più danni in un incidente ad alta velocità rispetto ad una collisione a bassa velocità e che un corpo leggero, che viaggia a velocità elevata, ha un energia cinetica maggiore rispetto ad un corpo pesante che viaggia a lentamente. Fig. 5. L’impatto del piantone dello sterzo contro il torace del conducente di un veicolo che collide ad una velocità di circa 60 Km/ora può essere considerata equivalente all’urto di un palo della luce scagliato alla stessa velocità contro il torace di un individuo fermo. Distanza di arresto Un altro fattore importante da considerare in una collisione è la distanza di arresto. Prima dell’urto, il veicolo e il conducente si muovono alla stessa velocità. Al momento dell’urto, entrambi decelerano fino allo zero. Questa forza di decelerazione si trasmette al corpo del guidatore. Se la frenata è lunga, la decelerazione produce una dissipazione della forza e i danni risultanti saranno proporzionalmente ridotti. Questa relazione inversa tra la distanza di arresto e le lesioni risultanti può essere applicata anche alle cadute dall’alto. Una persona ha maggiori possibilità di sopravvivenza dopo una caduta se impatta una superficie comprimibile. La stessa caduta con impatto su una superficie dura può produrre lesioni molto più gravi. Questo principio vale anche per altre tipologie di incidente. Ad esempio, un veicolo che urta contro un pilastro si danneggerà più seriamente di un veicolo che ne tampona un altro(l’energia viene assorbita e dissipata da entrambi i veicoli). Cavitazione Quando un oggetto in movimento colpisce il corpo umano, o viceversa, i tessuti vengono allontanati dalla loro posizione creando una cavità temporanea o permanente. La cavità temporanea che si forma al momento dell’impatto, a seconda dell’elasticità del tessuto, può scomparire quando i tessuti colpiti ritornano nella loro posizione. Non è quindi visibile quando il soccorritore Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 6 Croce Rossa Italiana esamina il paziente. La formazione di una cavità temporanea crea uno stiramento dei tessuti mentre una cavità permanente è causata dalla compressione o lacerazione dei tessuti. In questo caso i tessuti non ritornano alla forma originaria e quindi la cavità può essere ancora visibile dopo l’impatto. Fig. 6. Un colpo al torace con una mazza da baseball o un pugno all’addome non lasciano alcuna impronta evidente, ma causano certamente danni. Pertanto, la raccolta completa delle informazioni sull’evento consentirà al soccorritore di determinare approssimativamente la dimensione della cavità creatasi al momento dell’impatto e di prevedere le lesioni possibili. TRAUMA CHIUSO E PENETRANTE In generale i traumi vengono classificati in chiusi o penetranti, ciò che unicamente li distingue è la penetrazione della cute. Lo scambio di energia è direttamente correlato alla densità e alla superficie dell’area frontale nel punto di contatto tra l’oggetto e il corpo della vittima. Se tutta l’energia di un oggetto è concentrata su una piccola area di cute, essa verrà probabilmente lacerata e l’oggetto penetrerà all’interno dei tessuti. Mentre se l’energia è distribuita su un area cutanea maggiore l’oggetto non penetrerà nei tessuti. Nel trauma chiuso le lesioni sono dovute a lacerazione e cavitazione. La cavità che si forma è di tipo temporaneo, mentre nel trauma penetrante si formano sia una cavità temporanea che una permanente. Trauma chiuso Nel caso di un trauma chiuso, nell’impatto sono coinvolte due forze: distrazione (o strappamento) e compressione. La forza di distrazione è determinata dal fatto che un organo o una struttura cambia velocità più rapidamente di un altro organo o di un’altra struttura. La forza di compressione è il risultato dello schiacciamento di un organo o di una struttura contro un altro organo o struttura. Trauma penetrante Numerosi oggetti sono in grado di produrre lesioni penetranti, nel novero sono da comprendere le ferite da lama (punta e taglio) e le ferite da arma da fuoco. La gravità delle lesioni da lama dipendono essenzialmente dai seguenti fattori: lunghezza della lama, angolo di penetrazione della stessa e regione del corpo interessata. Ad esempio una pugnalata nella regione alta dell’addome può aver causato lesioni intratoraciche e viceversa, una ferita della base del torace può Volontari del Soccorso Mirano-Spinea aver determinato lesioni della milza o del fegato. È importante ricordare che qualora l’agente causale della lesione fosse ancora ritenuto nel corpo della vittima, questo non andrà rimosso per nessun motivo perché la presenza del corpo estraneo consente talora di garantire l’emostasi di un vaso lesionato e perché la rimozione “alla cieca” senza visualizzazione chirurgica può compromettere il successivo trattamento. È quindi buona norma mantenere in sede qualsiasi corpo estraneo penetrante, riducendone la dimensione se necessario e stabilizzandolo con mezzi di contenzione (garze, medicazioni,…) in modo da limitarne i movimenti. Nel caso di ferite da arma da fuoco particolarmente rilevanti nel determinare la gravità della lesione appaiono la regione corporea colpita, il tragitto del proiettile (foro di entrata e di uscita) e il tipo e velocità del proiettile stesso. La valutazione di questi aspetti può essere di grande aiuto nella comprensione dei sintomi e nella gestione del paziente. Fig. 7. Il danno ai tessuti, nella cavità temporanea, è maggiore di quello creato dalla cavità permanente generata dal passaggio di un proiettile. Quanto più veloce o grosso è il proiettile, tanto più grande sarà la cavità temporanea e maggiore la zona di tessuto danneggiata. La cinematica dei traumi chiusi e penetranti viene approfondita ulteriormente alla fine del capitolo. Indicatori di trauma grave (in base alla cinematica) Elevata EC trasmessa ¬ Caduta da un altezza > 5 mt; ¬ Grave deformazione del veicolo; ¬ Cappottamento del veicolo; ¬ Impatto ad alta velocità. Impatto ad elevata EC ¬ Morte di un altro passeggero del veicolo; ¬ Tempo di estricazione > 20 min. Ridotta protezione della persona ¬ Proiezione esterna dal veicolo; ¬ Pedone, ciclista o motociclista travolto; ¬ Pedone, ciclista o motociclista proiettato lontano o arrotato. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 7 Croce Rossa Italiana VALUTAZIONE PRIMARIA Nel paziente politraumatizzato, le priorità principali sono la rapida identificazione e trattamento delle lesioni pericolose per la vita. La mortalità e gli esiti invalidanti conseguenti ai traumi, sono legati all’effetto diretto dell’impatto iniziale (danno primario) ed al manifestarsi di condizioni, come ipossia, ipercapnia, ipovolemia ed ipotensione, che aggravano l’entità delle lesioni e causano danni spesso irreversibili (danni secondari). Alla base delle lesioni critiche pericolose per la vita molto spesso vi è la mancanza di una adeguata ossigenazione dei tessuti che conduce a un metabolismo anaerobio (produzione di energia senza ossigeno), meccanismo che è alla base dello shock. I punti chiave per la valutazione e il trattamento di un traumatizzato sono: (1) vie aeree, (2) ventilazione, (3) ossigenazione, (4) controllo dell’emorragia e (6) perfusione. Questa sequenza garantisce la capacità dell’organismo di ossigenare le cellule e dei globuli rossi di distribuire ossigeno ai tessuti. La strategia da impiegare prevede una sequenza di priorità diagnostico-terapeutiche che vanno affrontate sempre rigorosamente nella stessa sequenza: prima la pervietà delle vie aeree (A), poi la ventilazione (B), infine la circolazione (C) secondo lo schema: 1. identificazione delle condizioni di pericolo 2. trattamento delle condizioni di pericolo 3. rivalutazione continua e contemporanea di 1 e 2 Per il soccorritore, deve essere automatico stabilire rapidamente le priorità e portare a termine la valutazione primaria entro breve termine. Perciò bisogna memorizzare le fasi della valutazione, comprenderne la progressione logica e ricordare la sequenza di trattamento. Qualora la valutazione primaria dia esito negativo, ovvero paziente critico o instabile, il soccorritore non dovrà procedere oltre con la valutazione secondaria. Se fosse necessario, dovrà attuare sul posto le manovre di rianimazione o provvedere al trasporto veloce in ospedale garantendo comunque l’immobilizzazione atraumatica della colonna. Questo non elimina la necessità di un trattamento preospedaliero, significa solo: farlo in fretta, farlo bene e farlo in corsa verso l’ospedale. Fortunatamente, la maggioranza dei traumatizzati non si presentano in condizioni critiche al termine della valutazione primaria. In questi casi i soccorritori possono impiegare un tempo maggiore per la valutazione primaria e secondaria. La valutazione primaria inizia con un colpo d’occhio globale delle condizioni generali del traumatizzato per identificare ogni problema evidente riguardante l’ossigenazione, la circolazione, le emorragie o la presenza di grossolane deformità. Quando il soccorritore si avvicina al ferito, può vedere se sembra respirare sufficientemente, se è vigile o incosciente o se si muove spontaneamente. Anche se l’impressione generale, soprattutto all’occhio di un soccorritore poco esperto, può sembrare Volontari del Soccorso Mirano-Spinea buona, non bisogna prescindere dall’effettuare un’attenta e critica valutazione oggettiva delle condizioni sistemiche generali. La valutazione primaria deve procedere rapidamente (non più di 30-60 secondi) ripercorrendo uno schema in 5 punti (A-B-C-D.E). La valutazione nel PHTLS è basata sul concetto “tratto quando trovo”, cioè il trattamento viene intrapreso man mano che viene identificata una condizione pericolosa per la sopravvivenza. Valutazione primaria A B C D E Airway & cervical spine control - pervietà delle vie aeree e controllo rachide cervicale Breathing- respirazione e ventilazione Circulation - circolazione e controllo delle emorragie Disability - stato neurologico Exposure - esposizione: scoprire il paziente prevenendo l’ipotermia Valutazione simultanea Nel descrivere i processi decisionali e di trattamento nel soccorso al traumatizzato, le informazioni devono necessariamente essere presentate in un formato lineare (la fase A seguita dalla fase B ecc). Questa presentazione delle informazioni rende le spiegazioni più semplici e facilita la comprensione e la memorizzazione dei concetti. Nella realtà pratica, il nostro cervello può valutare le informazioni ricevute contemporaneamente da tutte le sorgenti, categorizzarle secondo le priorità e ordinarle in modo da seguire l’albero decisionale indicato. L’elaborazione simultanea di questi dati consente al soccorritore di identificare quale componente debba essere trattata per prima. Per quanto l’approccio ABCDE descritto possa anche non rispecchiare la sequenza con cui le informazioni vengono raccolte o ricevute, esso serve a stabilire le priorità di trattamento. FASE A VIE AEREE La pervietà delle vie aeree è sempre la priorità assoluta. Di ipossia si muore in pochissimi minuti. Emorragia e ipovolemia portano a morte in tempi nettamente superiori. Le vie aeree devono essere valutate rapidamente per assicurare che siano pervie (aperte e libere) e che non ci sia pericolo di ostruzione. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 8 Croce Rossa Italiana L’ostruzione delle prime vie aeree può essere dovuta a: ¬ Caduta della lingua (soggetto incosciente); ¬ Materiale estraneo (sangue vomito, cibo, denti ecc.); ¬ Edema o spasmo delle vie aeree; ¬ Trauma diretto alle vie aeree. Prima di iniziare le manovre di ripristino della pervietà delle vie aeree deve essere valutata la coscienza del paziente. Se il paziente parla o sta respirando adeguatamente potrebbe non essere necessario eseguire alcuna manovra, se al contrario il paziente è incosciente o è presente una ostruzione delle vie aeree ricordiamo che la manovra di iperestensione del capo deve essere sempre evitata, potendo determinare lo scivolamento-lussazione di una vertebra instabile e provocare lesioni al midollo. Per valutare lo stato di coscienza di un traumatizzato chiamare ad alta voce il soggetto e applicare uno stimolo doloroso (pizzicotto) a livello del brodo anteriore del muscolo trapezio (sopra la clavicola); evitare di scuotere il soggetto per le spalle. Per garantire la pervietà delle vie aeree nel traumatizzato si possono utilizzare tecniche alternative quali: 1. sub-lussazione della mandibola; la trazione della mandibola può essere eseguita anche se fratturata perché comunque facilita la pervietà delle vie aeree. 2. apertura della bocca ed impiego di cannule orofaringee. Il posizionamento di un collare cervicale talora permette di per sé di risolvere un’ostruzione delle vie aeree. Un'altra priorità è rappresentata dalla rimozione delle secrezioni o materiale estraneo attuata con un aspiratore portatile o con una pinza per il materiale voluminoso. È opportuno che gli aspiratori da soccorso siano dotati anche di una cannula rigida ad ampio lume (tipo chirurgico), essendo molto più efficaci per rimuovere vomito e corpi semi-solidi. Ricordate di iperossigenare sempre il paziente prima e dopo l’aspirazione. (Per l’esecuzione di queste tecniche si rimanda al capitolo sul BLS). STABILIZZAZIONE DELLA COLONNA CERVICALE In ogni traumatizzato con un significativo meccanismo di lesione bisogna sospettare una lesione della colonna vertebrale fino a quando questa non sia stata definitivamente esclusa (evidenza radiografica). Il soccorritore, mentre mantiene la pervietà delle vie aeree, deve sempre ricordare che sussiste la possibilità di un danno alla colonna cervicale. I movimenti eccessivi potrebbero provocare o aggravare un danno neurologico. Ne deriva che durante tutte le manovre di valutazione il collo deve essere mantenuto manualmente in posizione neutra. Il collare cervicale deve essere sempre posizionato a tutti i traumatizzati subito dopo aver verificato la pervietà delle vie aeree. Volontari del Soccorso Mirano-Spinea Va ricordato che il collare impedisce solo i movimenti di flesso-estensione ma permette i movimenti di rotazione laterale della testa. Per questo motivo l’immobilizzazione manuale del capo deve essere mantenuta finché non sia garantita una completa immobilizzazione spinale completa (paziente su tavola spinale con fermacapo e cinghie ben allacciate). La tecnica di posizionamento del collare cervicale è descritta nella sezione “tecniche specifiche”. Va ricordato che l'assenza di segni e sintomi caratteristici non rende mai superflua l'immobilizzazione. Infatti, in alcuni traumatizzati perfettamente coscienti e con fratture del rachide, il dolore manca completamente nel 27% dei casi; inoltre, sempre in presenza di frattura, il dolore è assente nel 72% dei casi se il paziente è in coma o solo confuso. Infine, l’assenza di dolore a livello del rachide è particolarmente frequente nei feriti che presentano traumi gravi a livello di altri distretti. Fig. 8. Durante tutte le fasi della valutazione primaria, il soccorritore posto dietro la testa del traumatizzato si occuperà di mantenere in posizione neutrale il collo. FASE B RESPIRAZIONE- VENTILAZIONE Se pur resa cronologicamente conseguente, con finalità squisitamente didattiche, la valutazione della presenza di respiro avviene inevitabilmente in maniera contemporanea al controllo della pervietà delle vie aeree. Un paziente che verbalizza, ad esempio, è di fatto cosciente, ha le vie aeree pervie, ventila ed ha verosimilmente una pressione sistolica >50 mmHg. La prevenzione dell'ipossia e dell'ipercapnia (concentrazione elevata di CO2 nel sangue) costituiscono una priorità assoluta nel trattamento del traumatizzato, specialmente in presenza di un trauma cranico. È quindi necessario garantire tempestivamente, oltre alla pervietà delle vie aeree, la somministrazione di ossigeno ed un adeguato supporto ventilatorio. Le cause di insufficienza respiratoria (acuta posttraumatica), oltre all’occlusione delle prime vie aeree (già analizzata al punto A - Airways), possono essere numerose e legate al meccanismo traumatico o a cau- Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 9 Croce Rossa Italiana se neurologiche (vedi sezione dedicata ai traumi maggiori). La valutazione della ventilazione e l’eventuale trattamento devono essere rapidi. In caso di arresto respiratorio (apnea o gasping) si dovrà procedere con le normali manovre rianimatorie illustrate nel protocollo BLS, naturalmente evitando sempre l’iperestensione del capo. Il punto B della valutazione primaria prevede pertanto: 1. Valutazione delle condizioni della ventilazione: Nella fase B può essere utile per ricordare le valutazioni da compiere la regola dell’ OPACS: O: Osservo Osservare il carattere del respiro (eupnoico, disponico, gasping ecc.), la profondità della ventilazione (superficiale, normale o profonda) ed esaminare visivamente il torace alla ricerca di ferite, contusioni, corpi estranei ecc. Valutare la presenza di cianosi (segno tardivo di ipossia). P: Palpo Palpare il torace valutando l’espansione toracica di entrambi gli emitoraci (simmetrica, asimmetrica), la presenza di avvallamenti o lesioni ossee evidenti, la presenza di enfisema sottocutaneo (raccolta di aria sottocute che provoca un caratteristico crepitio alla palpazione). A: Ausculto- ascolto Auscultare il torace con il fonendoscopio per identificare suoni ventilatori anormali, diminuiti o assenti. L’auscultazione del torace non è consigliata ai Volontari perché richiede una elevata esperienza pratica. Il soccorritore deve comunque prestare attenzione alla presenza di rumori caratteristici della respirazione difficoltosa (rantoli, fischi, stridore, voce roca, ecc.). C: Conto Valutare la frequenza respiratoria contando gli atti respiratori FR normale o eupnoica: 12-20 atti/min per l’adulto. FR rallentata o bradipnea: < 12 atti/min. una frequenza ventilatoria molto bassa può indicare ischemia cerebrale (diminuito apporto di ossigeno alle cellule del cervello). FR rapida o tachipnea: 20-30 atti/min. una FR > a 30 atti/min indica una tachipnea grave. La causa che provoca l’aumento della FR è l’aumentato accumulo di anidride carbonica nel sangue o un basso livello di ossigeno. Una FR elevata indica che i tessuti non ricevono abbastanza ossigeno. La carenza di O2 innesca il metabolismo anaerobio e alla fine un aumento della CO2. S: Saturimetria Appena possibile valutare la saturazione di ossigeno con il pulsossimetro. Se lo strumento non è immediatamente disponibile, non ritardare le successive fasi di valutazione; la saturazione può essere rilevata anche in un secondo tempo. Un segno di allarme è il riscontro di una saturazione inferiore a 90% o una saturazione che non migliora con l’ossigeno. Volontari del Soccorso Mirano-Spinea 2. Manovre terapeutiche e provvedimenti Ossigeno sempre - Il primo fondamentale provvedimento terapeutico da attuare in un paziente politraumatizzato è quello di somministrare ossigeno puro (100%), al fine di ottenere una correzione dell’ipossiemia. Anche in presenza di FR normale, il soccorritore deve comunque osservare il traumatizzato attentamente. Sebbene possa apparire attualmente stabile, è opportuno prendere comunque in considerazione la somministrazione di ossigeno supplementare. Nei pazienti in respiro spontaneo è indicato l’utilizzo di mascherine con reservoir (utilizzando un flusso di 12 15 lt/min e con il reservoir gonfio). Assistenza ventilatoria - In caso di depressione respiratoria (FR rallentata eccessivamente) o tachipnea grave, la ventilazione deve essere assistita avendo tuttavia sempre cura di rispettare il rachide cervicale. Utilizzare quindi un pallone AMBU collegato a fonte di ossigeno e ventilare il paziente coordinandosi con i sui atti respiratori residui. In caso di arresto respiratorio iniziare le manovre rianimatorie così come descritto nel manuale BLS. FR (atti/min) Trattamento Apnea o gasping Ventilazione artificiale Rallentata (<12) Ventilazione assistita o totale Normale (12-20) Osservazione Eventuale O2 supplementare in maschera (12-15 lt/min) Rapida (20-30) O2 in maschera (12-15 lt/min) Eccessivamente rapida (>30) Ventilazione assistita Tab. 1. Principi del trattamento della ventilazione basato sulla frequenza respiratoria spontanea. FASE C CONTROLLO DELLE EMORRAGIE La priorità di trattamento al punto C - Circulation è sempre la ricerca e l’identificazione di importanti foci emorragici, in particolare di quelli esterni comprimibili (fondamentalmente a carico degli arti). L’identificazione ed il trattamento rapido delle emorragie è una priorità assoluta perchè la perdita di sangue può portare rapidamente alla morte per shock ipovolemico. La valutazione primaria non potrà avanzare se le emorragie non saranno sotto controllo. Il trattamento delle emorragie, soprattutto quelle interne, non è facile in ambiente extraospedaliero quindi il riscontro di un emorragia importante deve indurre il soccorritore ad optare per il trasporto veloce in ospedale. Le tecniche da utilizzare per cercare di arrestare un emorragia esterna dipendono dall’entità della lesione. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 10 Controllo delle emorragie Croce Rossa Italiana Pressione diretta L’unica tecnica sicuramente efficace, ed al contempo la meno dannosa per i tessuti, è la pressione diretta sul focolaio emorragico attraverso una compressione manuale. Comprimere il focolaio di emorragia posizionando un pacchetto di garze fissato con un bendaggio compressivo. In questo modo si esercita una pressione selettiva sul vaso lesionato determinando una minore danno ischemico dei tessuti a valle. Non rimuovere mai una medicazione una volta applicata altrimenti potreste far ricominciare l’emorragia e provocare un’ulteriore lesione. Porre un’altra garza sopra quella ormai inzuppata di sangue; continuare così fino a quando l’emorragia non si è arrestata o fino a quando non affidate la vittima al personale di una struttura sanitaria. L’applicazione di una pressione diretta richiede l’impegno di un soccorritore che deve essere distolto da altre procedure; se possibile farsi aiutare da eventuali astanti. Fig. 9. Pressione diretta esercitata mediante una fasciatura compressiva. Sollevamento Questo metodo è impiegato unitamente alla pressione diretta. Quando si solleva un arto, in modo che la ferita si trovi sopra il livello del cuore, la forza di gravità riduce la pressione sanguigna e quindi consegue un rallentamento della fuoriuscita di sangue. Non di dovrà mai utilizzare questa tecnica in caso di eventuali fratture o lussazioni, corpi estranei nella ferita o sospetto di lesioni spinali. Punti di compressione Se il metodo della pressione diretta e quello combinato del sollevamento non sortissero ef- Volontari del Soccorso Mirano-Spinea fetti soddisfacenti, l’approccio successivo sarà l’impiego dei punti di compressione. Scegliere sempre il punto di compressione a monte della ferita ed esercitare un’energica compressione manuale. In caso di emorragie esterne nella zona addominale o toracica non esistono punti di compressione, cercare quindi di arrestare l’emorragia solo cola pressione diretta. Per le emorragie di tutto l’arto inferiore il punto di compressione si trova nella regione inguinale dove si avverte alla palpazione il battito dell’arteria femorale o nell’arteria poplitea (dietro al ginocchio) per le emorragie basse della gamba.. Le emorragie di tutto l’arto superiore, del braccio in particolare, si bloccano comprimendo l’arteria ascellare che decorre nel cavo ascellare.Se il focolaio emorragico si trova nell’avambraccio o nella mano allora è possibile comprimere l’arteria omerale in corrispondenza dell’incavo interno del gomito. Le emorragie dei grossi vasi del collo, anche se sono sempre difficili da arrestare senza intervento chirurgico, potranno eventualmente essere fermate comprimendo nell’incavo tra clavicola e scapola l’arteria succlavia. Laccio emostatico L’applicazione di un laccio emostatico è una misura estrema che dovrà essere utilizzata come ultima risorsa e quindi impiegato solo quando tutti gli altri metodi per controllare emorragie potenzialmente letali hanno dato esito negativo. L’applicazione di un laccio emostatico determina una riduzione o arresto del circolo a valle del punto di applicazione con danni ischemici al tessuto non irrorato e gravi danni da riperfusione una volta che viene ristabilita la normale circolazione. Tale manovra è pertanto da limitare a circostanze estreme (emorragie non controllabili o più feriti con gravi emorragie esterne da soccorrere contemporaneamente); il laccio emostatico risulta invece indicato nel controllo di emorragie da amputazione. Una volta applicato, il laccio emostatico non va mai tolto per non provocare un brusco ripristino della circolazione in grado di generare un forte scompenso circolatorio. Riferite sempre al personale sanitario l’ora e i minuti esatti in cui è stato applicato il laccio. I punti di applicazione di un laccio emostatico possono essere solamente in corrispondenza della radice del braccio o a livello della parte alta della coscia. Fig. 10. Punti di compressione. Da sinistra a destra: a. succlavia, a. ascellare, a. omerale, a. femorale, a. poplitea. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 11 Croce Rossa Italiana CONTROLLO DELLA PERFUSIONE La valutazione del deficit o della compromissione del sistema circolatorio e fondamentale per valutare il trasporto di ossigeno ai tessuti: non serve a nulla ossigenare i globuli rossi se poi questi non riescono a trasportare l’ossigeno in periferia. Polso: il primo parametro da rilevare è la presenza/ assenza di polso radiale, che consente di avere anche un’idea grossolana della frequenza cardiaca. La presenza di polso radiale palpabile è indicativa di una pressione arteriosa sistolica (PAS) maggiore o uguale a 90 mmHg. La mancata rilevazione di polso radiale bilaterale imporrà l’immediata ricerca della presenza di polso carotideo; la sua presenza indica una PAS fra 50 e 80 mmHg. L’assenza del polso carotideo implica l’immediata applicazione della manovre rianimatorie (BLS). Oltre alla presenza di polso, va rilevata la qualità e la regolarità del polso periferico. Nella valutazione primaria, la determinazione dell’esatta frequenza cardiaca non è necessaria, mentre una stima approssimativa consente di procedere speditamente con la valutazione. La reale FC viene rilevata in una fase più avanzata del processo di valutazione. Riempimento capillare: valutare il tempo di riempimento capillare premendo sul letto ungueale. La pressione esercitata rimuove il sangue dal letto capillare, la determinazione della velocità con cui si verifica il ritorno del sangue, apprezzabile dal cambiamento di colore, è un utile indicatore per valutare la circolazione periferica. Un tempo di riempimento capillare superiore a 2 secondi indica che il letto capillare non sta ricevendo un’adeguata perfusione. In ogni caso questo parametro, preso da solo, non è del tutto affidabile come indicatore della perfusione periferica perché risente di molti fattori (temperatura, utilizzo di farmaci vasocostrittori o vasodilatatori, vasculopatie periferiche ecc). Fig. 11. Valutare il riempimento capillare esercitando una leggera pressione sopra l’unghia. Calcolare il tempo in cui il colore dell’unghia passa da bianco a rosa. Cute: valutare il colore della cute (rosea, pallida o cianotica) la temperatura (calda fredda) e l’umidità (cute asciutta o sudata). L’alterazione di questi parametri sono indici importanti di shock in fase iniziale. Pressione arteriosa: la rilevazione della pressione con lo sfigmomanometro può essere ritardata ed es- Volontari del Soccorso Mirano-Spinea sere effettuata anche nella valutazione secondaria. Qualora i tempi per l’estricazione o la liberazione del paziente si prolungassero, allora la pressione dovrà essere valutata costantemente. Ricordiamo che una PAS inferiore a 100 mmHg è indice di shock scompensato e quindi deve indurre il soccorritore non professionale a un immediato allertamento di un’équipe ALS. FASE D VALUTAZIONE NEUROLOGICA Avendo valutato e corretto, per quanto possibile, i fattori coinvolti nella distribuzione di ossigeno ai polmoni e nella sua circolazione corporea, il passo successivo è la misura diretta della funzione cerebrale, che è una misura indiretta dell’ossigenazione cerebrale. Lo scopo è determinare il livello di coscienza del traumatizzato e accertare una possibile ipossia. Un livello di coscienza alterato deve allertare il soccorritore di quattro possibili evenienze: ¬ riduzione dell’ossigenazione cerebrale (dovuta a ipossia e/o ipoperfusione); ¬ lesione del sistema nervoso centrale; ¬ assunzione di alcool, droghe o farmaci; ¬ squilibrio metabolico (diabete, epilessia, arresto cardiaco). Un soggetto agitato, combattivo e non collaborante deve essere considerato come se fosse ipossico, fino a prova contraria. Durante la valutazione neurologica, il soccorritore dovrebbe determinare, anche interrogando eventuali testimoni, se il paziente ha perso conoscenza e se si per quanto tempo. Inoltre bisogna porre molta attenzione ai fattori confondenti. Paziente sordo-muto, straniero, assunzione di sostanze tossiche, patologie preesistenti che condizionano il livello di coscienza (demenze, malattie del SNC ecc). Per valutare il livello di coscienza vi riportiamo due metodi: la scala AVPU, più semplice e meno accurata, e la Glasgow Coma Score (GCS), più complessa e sicuramente più accurata. Consigliamo ai soccorritori meno esperti di utilizzare il metodo AVPU e valutare il GCS in un secondo momento quando si hanno a disposizione le schede d’intervento in cui sono riportate le singole voci della scala. Lo score A.V.P.U. Il metodo A.V.P.U. è stato finora proposto nella valutazione primaria del soccorso al trauma in quanto ha il vantaggio di essere assai rapido e di semplice applicazione. Per questi motivi, lo schema A.V.P.U. è utilizzabile indistintamente da qualsiasi soccorritore addestrato, indipendentemente dalla qualifica, e si applica valutando rapidamente: A Alert: paziente sveglio, cosciente e reattivo; V responds to Vocal stimuli: paziente incosciente, che reagisce ad uno stimolo verbale; P responds to Painful stimuli: paziente incosciente, che reagisce ad uno stimolo doloroso; Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 12 Croce Rossa Italiana Volontari del Soccorso Mirano-Spinea U Unresponsive: paziente incosciente, nessuna reazione agli stimoli. Un paziente rinvenuto in condizioni P o U impone l’immediato allertamento di un’équipe ALS per possibili problemi legato alla compromissione delle vie aeree. Glasgow Coma Scale (GCS) La scala di Glasgow consente una rapida valutazione dello stato di coscienza indagando tre aspetti essenziali: ¬ E - eyes = apertura degli occhi, ¬ V - verbal = risposta verbale ¬ M - motor = risposta motoria. punteggio Apertura degli occhi Spontanea Dopo stimolo verbale Dopo stimolo doloroso Nessuna Risposta verbale Appropriata Confusa Parole senza senso Suoni incomprensibili 4 2 1 dita”. Se il soggetto non esegue il comando deve essere sottoposto ad uno stimolo doloroso e quindi valutata la miglior risposta motoria. Se tenta di allontanare la sorgente dello stimolo dolorose è un soggetto che “localizza” il dolore. Le altre possibili risposte al dolore includono la retrazione dallo stimolo, la flessione anormale (postura decorticata), l’estensione delle estremità superiori (postura decerebrata) e l’assenza completa di mobilità Il punteggio viene riportato in sequenza per ogni singolo parametro valutato. Ad esempio un GCS di 13 potrà essere così riportato E3 V4 M6 indicando che il paziente ha perso un punto sulla valutazione dell’apertura degli occhi e un punto sulla risposta verbale. Il punteggio massimo GCS è 15 e indica un paziente privo di deficit neurologici, mentre il punteggio più basso è 3 ed è generalmente un pessimo segno. Un punteggio uguale o inferiore a 8 indica una lesione grave e indurre il soccorritore a ritenere il paziente un paziente critico. La valutazione neurologica al primo esame è importante anche al fine di poter interpretare correttamente l'evoluzione del quadro a una seconda osservazione intra-ospedaliera. 5 4 3 2 Nessuna 1 Risposta motoria Esegue ordini semplici 6 Localizza uno stimolo doloroso 5 Retrae allo stimolo doloroso Flette gli arti allo stimolo Estende gli arti allo stimolo Non reagisce 4 3 2 1 TOT:___ Tab. 2. Glasgow Coma Score (GCS). Per ogni voce dell’ EVM viene assegnato il punteggio in base alla miglior risposta fornita. Per esempio, se l’occhio destro del traumatizzato è talmente tumefatto da non potersi aprire, ma il sinistro si apre spontaneamente, allora il punteggio per la componente E sarà 4. Se il soggetto con gli occhi chiusi li apre al comando verbale del soccorritore (“apri gli occhi”) allora il punteggio sarà 3. Se non reagisce allo stimolo verbale, allora dovrà essere applicato uno stimolo doloroso (pizzicotto). Per valutare la risposta verbale si formulare domande del tipo “Cosa ti è successo?”, “come ti chiami?”, “che giorno è oggi?”. Se il soggetto è orientato, riuscirà a fornire una risposta coerente (appropriata), altrimenti la risposta verbale verrà valutata come confusa, inappropriata, incomprensibile o assente. Per valutare la terza componente, la risposta motoria, il soccorritore deve dare al soggetto un unico semplice e non ambiguo comando come, ad esempio: “solleva due Fig. 12. Risposta allo stimolo doloroso: flessione anormale (a sinistra) ed estensione anormale (a destra). Pupille Il soccorritore più addestrato potrà ricevere ulteriori informazioni dall’esame delle pupille. Le pupille possono essere uguali o diverse (anisocoriche), di aspetto normale, puntiformi (miosi) o dilatate (midriasi), reagenti o non reagenti alla luce (la pupilla normale risponde alla luce restringendosi). Fig. 13. Dall’alto verso il basso: pupille normali, dilatate (midriasi), diseguali (anisocoriche), e ristrette (miosi). Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 13 Croce Rossa Italiana FASE E ESPOSIZIONE & PROTEZIONE TERMICA La valutazione primaria si conclude idealmente con l’esposizione dei distretti corporei (svestizione del paziente) limitando i movimenti attivi e passivi del ferito e la simultanea protezione termica (impiego di coperte e/o metalline). Tuttavia in ambiente preospedaliero il punto E viene effettuato limitatamente a quanto concesso dalle condizioni meteorologiche e tenuto conto della necessità di non esporre il paziente alle basse temperature e rispettare la privacy. La regola generale è rimuovere tanti vestiti quanto è necessario per determinare la presenza o assenza di una certa condizione o lesione. Il soccorritore non deve temere di spogliare il soggetto se quello è il solo modo per effettuare correttamente la valutazione. Restando inteso che i vestiti bagnati devono comunque essere rimossi, per quanto riguarda gli abiti asciutti ci si comporterà tenendo conto sia dell’esigenza di poter procedere ad un esame obiettivo il più completo possibile (senza che sfuggano eventuali foci emorragici), ma anche della situazione ambientale magari eseguendo questa fase della valutazione una volta all’interno del mezzo di soccorso. Il telo metalline deve essere impiegato subito per prevenire l’ipotermia. Ricordiamo che tale presidio non riscalda il soggetto ma ne evita la dispersione termica, quindi dovrà essere posizionato a diretto contatto con il soggetto con la parte oro verso l’esterno. Fig. 14. I vestiti possono essere rapidamente rimossi tagliandoli come indicato dalle linee tratteggiate.. STABILIRE LE PRIORITÀ Se durante la valutazione primaria vengono identificate delle lesini potenzialmente mortali. Il traumatizzato deve essere rapidamente “impacchettato” dopo aver intrapreso le limitate procedure indicate sulla scena. Volontari del Soccorso Mirano-Spinea In assenza di impedimenti contingenti, i soccorritori devono limitare la presenza sulla scena a un massimo di 10 minuti, o anche meno qualora la valutazione primaria dia esito negativo (paziente critico o instabile). In questi casi procedere al trasporto urgente dopo aver garantito l’immobilizzazione spinale. La valutazione secondaria preospedaliera inizia solo una volta completata la primaria e se le condizioni del ferito lo consentono. Al termine dell'ABCDE primario devono essere stati garantiti: pervietà delle vie aeree, ventilazione e circolo. Tutti i feriti devono avere: un collare cervicale, e, con l'eccezione dei soli traumi minori, O2 alla massima concentrazione di ossigeno. Qualora l’equipe di soccorso sia composta da personale professionale (medici e infermieri) è opportuno che i feriti (con l’esclusione dei soli traumi minori) abbiano una via venosa (due se vi sono segni di compromissione emodinamica o se il trauma è maggiore). NON PASSARE ALLA VALUTAZIONE SECONDARIA SE IL PAZIENTE NON E’ STABILE. Limitare la permanenza sulla scena ad un massimo di 10 minuti in presenza di alcune delle seguenti condizioni: ¬ Cinematica sfavorevole = impatto alta energia ¬ Vie aeree compromesse o a rischio ¬ Ventilazione difficoltosa e non migliorata dall’ossigeno - FR alterata - Ipossia – SpO2 < 95% con ossigeno - Dispnea - PNX aperto, iperteso o sospetto ¬ Emorragia esterna importante o sospetta emorragia interna ¬ Segni di shock avanzato ¬ Stato neurologico anormale - GCS< 13 - Convulsioni - Deficit motori o sensitivi ¬ TRAUMI PENETRANTI ¬ Amputazioni ¬ Ipotermia ¬ Gravidanza ¬ Ustioni estese ¬ Altre patologie concomitanti ¬ Età > 55 anni Tab. 3. Principali criteri che definiscono un traumatizzato critico o instabile. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 14 Croce Rossa Italiana VALUTAZIONE SECONDARIA Terminata la valutazione primaria, si passa quindi all'identificazione delle singole lesioni (certe o potenziali). L’obiettivo di questa fase denominata Valutazione secondaria è identificare lesioni o problemi che non siano stati identificati nella valutazione primaria. Dal momento che una valutazione primaria ben eseguita identifica tutte le condizioni pericolose per la vita, la valutazione secondaria identifica i problemi meno gravi. Permette di escludere quindi lesioni non rilevate precedentemente e che possono comportare rischi durante il trasporto (foci emorragici, presenza di ferite o corpi penetranti). I tempi di esecuzione devono pertanto essere molto brevi e la valutazione può essere sospesa, se necessario, quando, nel corso dell'esame si evidenziano segni clinici che indicano la necessità di una centralizzazione immediata (segni d'allarme o red flags). La valutazione secondaria, eseguita secondo uno schema semplificato, può permettere anche a personale non professionale l’identificazione di segni di allarme tali da indurre a richiedere l’intervento immediato di un’equipe ALS. Valutazione secondaria 1. 2. 3. Segni vitali Esame testa - piedi Anamnesi (SAMPLE) Segni vitali Il soccorritore deve continuamente rivalutare la qualità del polso e della frequenza respiratoria e tutti gli altri elementi della valutazione primaria, poiché possono verificarsi anche repentinamente dei cambiamenti significativi. In questa fase i segni vitali devono essere valutati anche quantitativamente. Il gruppo completo dei segni vitali comprende: FR, Saturazione di O2, FC, PAO. La valutazione neurologica, GCS, pupille, stato motorio e sensibilità di tutte e quattro le estremità, potrà essere eseguita con maggiore attenzione rispetto a quella sommaria eseguita durante la valutazione primaria. A seconda della situazione, i segni vitali possono essere raccolti simultaneamente da un secondo soccorritore, mentre il primo prosegue con le fasi successive della valutazione. È consigliabile ripetere le valutazioni ogni 3-5 minuti o comunque dopo ogni cambiamento nelle condizioni o alla comparsa di nuovi problemi. Anamnesi (SAMPLE) Il soccorritore dovrebbe cercare di raccogliere il maggior numero di informazioni da riportare nella scheda d’intervento e comunicare poi al personale sanitario. Per facilitare questo compito può essere utile ricordare l’acronimo SAMPLE Volontari del Soccorso Mirano-Spinea S A M P L E Segni e sintomi Allergie Medicine- farmaci che il paziente ha assunto o assume regolarmente Patologie: problemi medici rilevanti o interventi chirurgici recenti. uLtimo pasto Eventi correlati al trauma Esame testa - piedi La valutazione secondaria adotta l’approccio “guarda ascolta e senti”; il corpo viene indagato, identificando lesioni segni e sintomi, regione per regione partendo dalla testa e arrivando ai piedi (esame testa piedi). Osservare ¬ Esaminare tutta la cute di ogni regione. ¬ Rilevare emorragie esterne o segni di emorragie interne, quali gonfiore di un arto o ematoma in espansione. ¬ Notare lesioni dei tessuti molli (abrasioni, contusioni, ustioni, ferite). ¬ Rilevare masse, gonfiori o deformazioni che non dovrebbero esserci. ¬ Rilevare particolari alterazioni della cute e del suo colore. ¬ Annotare qualsiasi cosa che “non sembra normale”. Ascoltare ¬ Notare qualsiasi rumore anormale durante la respirazione. Palpare ¬ Muovere attentamente e delicatamente ogni osso della regione, rilevare se questa manovra produce crepitii, dolore o movimenti non naturali. ¬ Palpare fermamente ogni parte della regione. Annotare se si muove qualcosa che non dovrebbe muoversi o se si avverte qualcosa di anormalmente molliccio, se si rilevano pulsazioni che non dovrebbero esserci e se tutti i polsi sono presenti. TESTA Cranio - Ispezione e palpazione della teca cranica dal vertice alla base per ricercare ferite penetranti, fratture evidenti. Ricercare attentamente tra i capelli della vittima la presenza di lesioni o sanguinamenti. Base cranica - Ricerca di segni che possono far sospettare una frattura: otorragia, segno del procione (ematoma periorbitale), ematoma mastoideo. Encefalo - Ricerca di segni di sospetta lesione intracerebrale: anomalia delle pupille Ricontrollo regolare del livello di coscienza Segni di allarme sono la comparsa o l’aggravamento di confusione, agitazione, sopore, coma (Glascow Coma Scale < 8, livello P della scala AVPU). Talvolta dopo il trauma il paziente può rimanere per qualche tempo in condizioni relativamente buone prima di evidenziare un approfondimento dello stato di coscienza (intervallo libero). Attenzione anche alla comparsa di crisi convulsive. Faccia - ricerca di evidenti fratture con emorragie massive, ferite penetranti; la presenza di uno di questi segni può comportare rischi importanti di compromissione delle vie aeree. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 15 Croce Rossa Italiana E’ importante considerare che un trauma facciale severo è frequentemente associato a trauma cranico e/o a trauma del rachide cervicale che impongono una attenta valutazione e gestione del paziente. Il controllo delle emorragie della faccia si ottiene con la compressione diretta della ferita, limitandosi ad esercitare una pressione sufficiente a fermare il flusso di sangue. I corpi penetranti conficcati nella guancia sono gli unici che possono essere rimossi. Lesioni bulbi oculari - In loro presenza, riferimento immediato a centro con Oculistica. Attenzione, il paziente non deve tossire! Verificare l’eventuale presenza di lenti corneali a contatto e segnalarne la presenza. Fig. 15. L’esplosione dell’airbag contro gli occhiali può produrre abrasioni al volto. COLLO Tessuti molli - Ricerca di ferite penetranti, ematomi pulsanti, enfisema sottocutaneo (possibile compromissione delle vie aeree e grossi vasi). La presenza di stridore inspiratorio, voce roca, grave difficoltà respiratoria possono indicare un trauma laringeo. Rachide cervicale - Ricerca di segni e sintomi di interessamento midollare: parestesie, paresi, alterazione della sensibilità e motilità ai 4 arti, ipotensione con bradicardia relativa. TORACE I segni ed i sintomi suggestivi di lesioni potenzialmente e rapidamente fatali (pnx iperteso, pnx aperto) dovrebbero già essere stati individuati nell’ambito della valutazione primaria; nel corso della valutazione secondaria bisogna confermare l’assenza di queste patologie e ricercare i segni più sfumati evocativi di trauma toracico maggiore. Tra i segni evocatori di lesione toracica maggiore ricordiamo: contemporanea presenza di lesioni craniche e addominali (il torace è in mezzo. In caso di ferite penetranti (potenziali lesioni vascolari maggiori) i corpi trapassanti non devono essere rimossi. ADDOME Parete - Ricerca ferite penetranti, rapida distensione della parete addominale, (emorragia acuta?) ; NB: I corpi trapassanti non devono essere rimossi. Valutare attentamente la zona in prossimità dell’ombelico alla ricerca di una contusione posta trasversalmente sull’addome. Questa lesione (segno della cintura di sicurezza) può segnalare la presenza di lesioni interne anche gravi causate da una cintura di sicurezza non indossata correttamente. Volontari del Soccorso Mirano-Spinea Fig. 16. Una cintura di sicurezza posta al di sopra del margine del bacino, in posizione non corretta, provoca la compressione degli organi tra la parete addominale posteriore in movimento e la cintura stessa. Possono verificarsi lesioni del pancreas e degli organi retroperitoneali, nonché lesioni da scoppio del piccolo intestino e del colon.. BACINO Una lesione traumatica dell’anello pelvico presuppone un trauma di elevata energia che si associa frequentemente a lesioni degli organi interni. La pelvi deve essere palpata una sola volta per la ricerca di instabilità ponendo un pressione lieve ed uguale sopra le creste iliache (direzione mediale). Dal momento che questa manovra può aggravare l’emorragia, deve essere eseguita una sola volta. Ricordare che il sanguinamento da fratture pelviche complesse è sempre rilevante; perciò le gravi fratture del bacino comportano una mortalità elevata. Particolare attenzione va riservata alle fratture esposte, sospettabili in presenza di evidenti asimmetrie o di lesioni sanguinanti; si tratta di lesioni gravissime, che presuppongono traumi di estrema violenza, gravate da altissima mortalità. Fig. 17. Posizione della mani nella manovra per verificare la stabilità del bacino. DORSO La parte posteriore del tronco deve essere sempre esaminata.Se il soggetto si trova in posizione supina, la valutazione può essere eseguita quando si effettua il log-roll del soggetto per posizionarlo su una tavola spinale. ARTI La valutazione delle estremità inizia a livello della clavicola per gli arti superiori e a livello del bacino per gli Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 16 Croce Rossa Italiana arti inferiori e procede verso la porzione più distale di ciascuna estremità. Vasi - Ricerca di foci emorragici non identificati durante la valutazione primaria. Ossa e articolazioni - Ricerca di segni e/o sintomi di frattura (allineamento ove possibile, immobilizzazione). TRATTAMENTO Le fasi del trattamento preospedaliero di un traumatizzato prevedono: ¬ l’immobilizzazione del paziente in posizione supina su una tavola spinale rigida mantenendo un allineamento neutrale. ¬ Splintaggio delle lesioni muscoloscheletriche. Immobilizzazione di tutte le fratture delle estremità con appositi presidi. ¬ Medicazione delle ferite, se necessario. Generalmente il trattamento definitivo per un paziente traumatizzato può essere soltanto la sala operatoria. Ogni ritardo nel trattamento definitivo riduce la possibilità di sopravvivenza. Il trattamento fornito al paziente traumatizzato sul campo è come la RCP per il soggetto in arresto cardiaco: è un azione di mantenimento. Garantisce la sopravvivenza fino al trattamento definitivo. I presidi, e le relative tecniche di utilizzo, per garantire l’immobilizzazione vengono riportati nelle schede ”tecniche specifiche”. TRASPORTO Il trasporto verso la struttura sanitaria idonea, deve iniziare non appena il paziente è stabile e immobilizzato correttamente. Per alcuni traumatizzati critici, l’inizio del trasporto è l’aspetto più importante del trattamento definitivo sul campo. Se il ferito presenta degli indicatori di rischio, non bisogna indugiare sulla scena dell’evento. La valutazione secondaria può essere eseguita anche durante il trasporto. Nella nostra realtà, la scelta dell’ospedale verso cui centralizzare il traumatizzato viene effettuata dalla Centrale Operativa del 118 sulla base delle informazioni fornite dai soccorritori. Quindi una corretta raccolta e trasmissione delle informazioni è fondamentale per trasportare il traumatizzato all’ospedale appropriato più vicino, cioè l’ospedale più vicino meglio attrezzato per far fronte ai suoi problemi. MONITORAGGIO E RIVALUTAZIONE Durante il trasporto il soccorritore deve continuare sempre a monitorare le funzioni vitali e ripeter la valutazione primaria seguendo lo schema riportato. Una continua rivalutazione dei punti della valutazione primaria aiuterà ad assicurarsi che l’evoluzione della patologia del traumatizzato non ne comprometta le funzioni vitali. Volontari del Soccorso Mirano-Spinea COMUNICAZIONE La Centrale operativa è l’anello di congiunzione tra l’equipe di soccorso extraospedaliero ed il personale del Pronto Soccorso di destinazione. Le comunicazioni pertanto dovranno essere chiare, precise, pertinenti e soprattutto costanti. Le informazioni in merito alle caratteristiche della scena, numero dei feriti, condizioni generali del/dei feriti, trattamento effettuato sul posto e tempo stimato di arrivo in ospedale saranno molto utili al personale del PS per prepararsi adeguatamente la vostro arrivo. Altrettanto importante è la compilazione della scheda d’intervento. La scheda deve essere redatta in modo accurato e completo e consegnata in copia all’arrivo in PS. La scheda è un documento legale: riporta le informazioni su quello che è stato trovato e sulle azioni compiute dai soccorritori e può essere usata a fini medicolegali (non la perdete!). “Se non è scritto sulla scheda, non è stato fatto”, ricordare questa frase vi servirà per tutelarvi anche da possibili strascichi legali. Il soccorritore deve anche relazionare verbalmente, passando la consegna al medico o all’infermiere del PS affidandogli la responsabilità del paziente. Questo rapporto verbale può fornire una visione della storia dell’incidente e delle azioni compiute dal soccorritori e della risposta del paziente anche a chi non era presente. Al termine dell’intervento, una discussione (debriefing) con la squadra di soccorso, ed eventualmente con il personale del PS, aiuterà i soccorritori ad analizzare l’intervento ed individuare i punti in cui potersi migliorare. Un sistema per migliorare deve prevedere l’analisi e la verifica dei risultati. punteggio A Frequenza respiratoria 10-29 atti /min > 29 atti/min 6-9 atti/min 1-5 atti min 0 B Pressione sistolica >89 mmHg 76-89 mmHg 50-75 mmHg 1-49 mmHg assente C Glasgow Coma Score 13-15 9-12 6-8 4-5 <4 Punteggio totale = A+ B + C 4 3 2 1 0 4 3 2 1 0 4 3 2 1 0 Tab. 4. Revised Trauma Score (TS). Scala che consente di calcolare numericamente un punteggio per il trauma. Il TS viene riportato per completezza pur non essendo molto utilizzato dai soccorritori volontari. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 17 Croce Rossa Italiana Volontari del Soccorso Mirano-Spinea VALUTAZIONE SCENA Sicurezza Situazione SI Necessità di risorse aggiuntive? Avvisare C.O. NO Procedere se in sicurezza Assicurare pervietà vie aeree NO Vie aeree pervie? SI FASE B FR <12 FR >20 FR 12-20 Considerare ventilazione assistita Considerare ventilazione assistita FASE C O2 per mantenere SpO2 > 95% Emorragie esterne? SI NO Controllo emorragie Valutare lo shock FASE E FASE D V A L U T A Z I O N E P R I M A R I A FASE Ac Protezione rachide cervicale Valutazione neurologica Esposizione/protezione SI PERICOLO DI VITA? NO VALUTAZIONE SECONDARIA Segni vitali, anamnesi, esame testa -piedi Immobilizzazione spinale (tempo sulla scena < 10 minuti) SI PERICOLO DI VITA? NO TRASPORTO Valutazione secondaria nel tragitto Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com TRATTAMENTO TRASPORTO 18 Croce Rossa Italiana CINEMATICA DEL TRAUMA CHIUSO Nel trauma chiuso le lesioni possono essere provocate da qualsiasi tipo di impatto, quali incidenti stradali, collisioni tra pedoni e veicoli, cadute, incidenti sportivi o esplosioni. Tutti questi meccanismi di lesione sono trattati separatamente e per ognuno di essi vengono discussi gli effetti del trasferimento di energia sugli specifici elementi anatomici di ciascuna regione del corpo. Volontari del Soccorso Mirano-Spinea è la lussazione del ginocchio con possibile interessamento dei grossi vasi e legamenti. Quando è il femore il punto di impatto, l’energia viene assorbita dall’osso che può fratturarsi. Se il femore rimane intatto, la prosecuzione del movimento in avanti può determinare lussazione dell’anca. Una deformazione del cruscotto su cui il ginocchio ha impattato costituisce un indicatore chiave del fatto che su questa articolazione e sulle strutture adiacenti si è scaricata una quantità significativa di energia. C I N E M AT I C A COLLISIONE TRA VEICOLI La collisione tra veicoli (auto, moto o mezzi pesanti) è il più comune esempio di trauma chiuso. Le collisioni tra veicoli sono pressoché riconducibili a 5 dinamiche: 1) impatto frontale, 2) tamponamento o impatto posteriore, 3) impatto laterale, 4) impatto con rotazione del veicolo e 5) cappottamento. Ognuna di queste collisioni causa tipi diversi di lesioni che possono essere sospettate utilizzando la cinematica nella fase di valutazione della scena. Esaminando il veicolo incidentato, si può determinare la dinamica e, poiché gli occupanti assorbono lo stesso tipo e la stessa quantità di energia assorbita dal veicolo, sospettare delle lesioni specifiche. Impatto frontale In un impatto frontale, la prima collisione avviene quando l’auto, o la moto , colpisce un ostacolo: un muro, un albero o un altro veicolo. La valutazione del danno riportato alla parte anteriore del veicolo indica approssimativamente la velocità del mezzo al momento dell’impatto. In questo tipo di incidente, una persona non trattenuta dai sistemi di ritenzione (cinture di sicurezza, airbag, ecc.) è sottoposta ad una improvvisa decelerazione. Benché il veicolo cessi bruscamente di muoversi in avanti, l’occupante, se non indossa cinture di sicurezza che attutiscono l’urto, continua il suo moto seguendo uno dei due possibili percorsi: “giù e sotto” o “su e spora”. Traiettoria “su e sopra”: il moto in avanti solleva il corpo al di sopra del volante. Il capo è solitamente la prima parte che colpisce il parabrezza, il torace e l’addome impattano contro il volante o il cruscotto. Quando il capo arresta il suo movimento impattando contro una struttura rigida si possono generare delle lesioni all’encefalo e alla colonna cervicale. Traiettoria “giù e sotto”: l’occupante del veicolo continua il suo moto finché non incontra il cruscotto o il piantone dello sterzo. Il piede, se è piantato sul pavimento o sul pedale del freno, a ginocchio disteso, può andare incontro a un meccanismo di torsione e angolatura eccessiva, mentre il tronco continua il suo moto in avanti, con conseguente frattura dell’articolazione della caviglia. Nella maggior parte dei casi sono le ginocchia a flettersi ed a urtare il cruscotto. Se l’urto avviene a livello della tibia la lesione più probabile Fig. 18. Nell’impatto frontale la mancanza delle cinture di sicurezza può determinare una traiettoria di tipo “su e sopra” (a sinistra) o di tipo “ giù e sotto” (a destra). Tamponamento Il tamponamento avviene quando un veicolo fermo o in movimento viene urtato da dietro da un altro veicolo che si muove a velocità superiore. L’energia dell’impatto è convertita in accelerazione. Maggiore è la differenza di velocità tra i due mezzi, tanto più grande è l’energia in grado di provocare danni. Un tamponamento provoca un brusco movimento in avanti del tronco. Se il poggiatesta è posizionato correttamente anche il capo si muove in avanti con il tronco. Se il poggiatesta è posizionato troppo in basso o è assente, il capo subisce una forte iperestensione con possibili lesioni al rachide cervicale e alle strutture di supporto del collo. Il veicolo tamponato può a sua volta urtare contro un ostacolo quindi alle lesioni provocate dall’impatto posteriore vanno sommate quelle provocate dall’impatto frontale. Fig. 19. Poggiatesta posizionato correttamente (a sinistra) e poggiatesta assente (a destra). Impatto laterale Un veicolo, urtato su un lato, viene allontanato dal luogo dell’impatto nella direzione del veicolo impattante. L’occupante può subire tre tipi di impatti: 1) impatto con il veicolo, 2) impatto contro altri passeggeri e 3) intrusione della carrozzeria all’interno del compartimento passeggeri. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 19 Croce Rossa Italiana Volontari del Soccorso Mirano-Spinea Nel disarcionamento, il motociclista viene scagliato dalla moto come un proiettile, continuando a volare in aria finché non impatta al suolo o non urta un altro oggetto. Le lesioni saranno localizzate nel punto di impatto e si irradieranno al resto del corpo in base all’energia assorbita. C I N E M AT I C A Fig. 20. Nell’impatto laterale, il passeggera senza cinture di sicurezza urta contro le strutture interne e contro gli altri passeggeri. L’intrusione della portiera dentro l’abitacolo rappresenta un’altra fonte di lesioni. Capottamento Nel capottamento, il veicolo è sottoposto a numerosi impatti secondo varie angolazioni e quindi le lesioni sono difficilmente prevedibili. Certamente le lesioni sono più gravi se gli occupanti non utilizzavano sistemi di sicurezza e, molto spesso, possono venire eiettati fuori dall’abitacolo. Data l’intensità dell’energia scambiata nel capottamento, anche gli occupanti che indossavano le cinture di sicurezza possono subire delle lesioni da “strappamento” in quanto il corpo rimane aderente al sedile ma gli organi interni continuano a muoversi e possono lacerarsi nei punti di inserzione. Fig. 21. Durante un capottamento, l’occupante non assicurato dalle cinture può subire lesioni multiple urtando ripetutamente contro le strutture interne all’abitacolo. Eiezione dal veicolo In tutti gli incidenti automobilistici, c’è il rischio che un passeggero venga eiettato fuori dal veicolo. Il questi casi il rischio di riportare lesioni mortali è elevatissimo a causa della somma degli impatti multipli e della mancata protezione del corpo che urta contro gli ostacoli ed il terreno, e della possibilità che la vittima venga investita dello stesso veicolo e o da altri che sopraggiungono. INCIDENTI MOTOCICLISTICI Gli incidenti motociclistici determinano un numero significativo di decessi e lesioni invalidanti sia per l’intensità dell’energia scambiata che per la modesta protezione fornita da parte di casco e abbigliamento protettivo. Il casco infatti protegge la testa ma non offre alcuna protezione alla colonna vertebrale. Le lesioni da incidente motociclistico dipendono dalla tipologia dell’impatto iniziale e dai successivi impatti che seguono l’urto iniziale. Fig. 21. Quando una moto urta frontalmente un ostacolo, il corpo del motociclista viaggia in avanti e al di sopra della moto, urtando con le cosce il manubrio. Negli impatti angolari, la moto cade sul motociclista oppure questo può rimanere schiacciato tra la moto e l’oggetto colpito. Ne possono risultare lesioni agli arti inferiori e superiori e lesioni al bacino e alla cavità addominale. Il soccorritore deve controllare le deformazioni del veicolo, la distanza della moto dal punto di primo impatto, le deformazioni di oggetti o veicoli che può aver urtato, la distanza alla quale si trova l’infortunato dal luogo del primo impatto ed il tipo di superficie urtata (asfalto, terreno, bordi del marciapiede, guard-rail, ecc). Nella valutazione della scena, il soccorritore oltre a tener conto della dinamica dell’incidente dovrà anche valutare se il motociclista indossava dispositivi di protezione (casco, guanti, tuta con protezioni rinforzate e stivali) e in quale stato si trovano dopo l’impatto. Il casco è sicuramente il migliore dispositivo per proteggere il capo, a patto che sia della dimensione giusta, ben allacciato e possibilmente di tipo integrale per proteggere anche il volto. INVESTIMENTO DI PEDONI Il rischio di lesioni pericolose è alto in tutti i casi di investimento di pedoni. Nella valutazione delle lesioni da investimento bisogna prendere in considerazioni tre momenti: 1. Impatto iniziale: il pedone viene urtato dalla parte anteriore del veicolo. Possibili lesioni agli arti inferiori e talvolta al bacino. 2. Impatto secondario: urto del torace contro il cofano o parabrezza del veicolo. Possibili lesioni al torace addome, volto, testa, colonna e arti superiori. Le lesioni al capo e al volto dipendono dalla possibilità della vittima di proteggersi con le braccia. 3. Impatto terziario: il pedone viene sbalzato e scaraventato a terra, contro altri ostacoli o arrotato. Possibili lesioni multisistemiche. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 20 Croce Rossa Italiana Volontari del Soccorso Mirano-Spinea C I N E M AT I C A Fig. 22. Quando un pedone viene investito da un auto si verificano, generalmente, tre impatti. Nel valutare le lesioni da investimento bisogna prendere in considerazione anche altri fattori importanti: età e statura del pedone e altezza del veicolo (auto, suv, furgone, TIR, ecc.). Quando un adulto vede che sta per essere investito tenta di proteggersi scansandosi. Pertanto, le lesioni si verificano spesso in sede laterale o posteriore. Al contrario, i bambini vengono spesso urtati anteriormente dal veicolo e vengono colpiti più in alto rispetto ad un adulto. Tutti i bambini investiti da un auto dovrebbe essere considerati politraumatizzato che richiedono un rapido trattamento e trasporto. CADUTE DALL’ALTO Per valutare le lesioni riportare in una caduta dall’alto bisogna tenere in considerazione tre fattori: 1. Altezza della caduta. Le vittime che cadono da altezze maggiori hanno una maggiore incidenza di lesioni, perché la loro velocità aumenta nella caduta. In generale, la caduta da un altezza superiore a tre volte l’altezza di chi cade è da considerarsi sempre grave. 2. Superficie di impatto. Il tipo di superficie su cui la vittima urta, ed in particolare il suo grado di elasticità, è un fattore determinante per la distanza di arresto. 3. Parte corporea di primo impatto. Stabilire quale parte del corpo ha urtato per prima è importante per capire il meccanismo di lesione. Quando la prima parte del corpo a toccare il suolo sono i piedi si verifica quella che viene scherzosamente definita “sindrome di Zorro”. L’energia cinetica viene trasferita agli arti inferiori potendo produrre lesioni e fratture alle ossa dei piedi, in particolare frattura dei calcagni, alle caviglie, tibia e perone fino al femore e bacino. Il corpo viene spinto in una flessione forzata a causa del peso della testa e del tronco ancora in movimento, con possibili fratture da compressione della colonna vertebrale. Se la vittima cade in avanti, poggiando le mani, si possono produrre fratture dei polsi o delle ossa degli arti superiori fino alla spalla. Se la vittima urta con la testa, come accade nel caso di un tuffo in acqua bassa, l’intero peso e la forza del moto di tronco, bacino e arti inferiori possono determinare fratture del tratto cervicale della colonna oltre al trauma diretto al capo. Fig. 23. Caduta dall’alto. Primo impatto con i piedi (a sinistra), con le mani (al centro) o con la testa (a destra). TRAUMI SPORTIVI In quasi tutte le attività sportive, siano esse pratiche a livello agonistico o amatoriale, esiste la possibilità di riportare dei traumi legati ad un meccanismo lesivo ad alta energia. Questi traumi possono essere causati da improvvise forze di decelerazione o da eccessive compressioni, torsioni, iperestensione o iperflessioni. Le lesioni potenziali di una vittima che subisce un urto ad alta velocità, come può accadere ad esempio nel pattinaggio, nel ciclismo, nel motociclismo o in altri sport, sono simili a quelle che si verificano nel caso dell’investimento o delle collisioni tra veicoli in cui l’occupante viene sbalzato fuori dal veicolo. In altri casi, le lesioni possono essere provocate da una trasmissione diretta dell’energia, come può accadere quando due giocatori di rugby si scontrano. L’energia può essere trasmessa anche da oggetti lanciati ad alta velocità come il discetto dell’hockey o una palla da baseball. I meccanismi potenziali comunemente associati a ogni singolo sport sono troppo numerosi per poterli descrivere in dettaglio pertanto riportiamo alcuni criteri da valutare per identificare la cinematica di un incidente sportivo. ¬ Valutare la presenza di lesioni potenzialmente mortali. ¬ Valutare il paziente sulla base della dinamica dei lesione: quali forze hanno agito e in che modo? Quali sono le lesioni evidenti? A quale parte del corpo è stata trasmessa l’energia? Quali altre lesioni possono essere state prodotte dal trasferimento di energia?. ¬ Le forze che hanno prodotto una lesione in una vittima possono aver causato altre lesioni in un'altra vittima? Ad esempio, se nello scontro diretto tra due giocatori uno si è provocato una frattura alla gamba, deve esserci una parte dell’altro giocatore che ha urtato con una equivalente energia. ¬ Determinare se erano stati indossati i dispositivi di protezione e determinare se hanno riportato dei danni. ¬ Valutare eventuali lesioni provocate dall’urto alle attrezzature. Ad esempio la presenza di un bastone da hockey rotto dopo uno scontro in Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 21 Croce Rossa Italiana Volontari del Soccorso Mirano-Spinea pista deve far sorgere la domanda di quale corpo lo abbia rotto, in che modo e in particolare quale parte del corpo lo abbia colpito o vi sia caduta sopra. ¬ Valutare la presenza di possibili lesioni associate. ¬ Fate attenzione perché l’adrenalina e la capacità degli atleti di sopportare bene il dolore possono falsare le valutazioni sottostimando delle lesioni importanti. C I N E M AT I C A LESIONI DA SCOPPIO Le esplosioni possono essere suddivise in tre fasi: primaria, secondaria e terziaria, a ciascuna fase corrisponde un meccanismo lesivo caratteristico. Le lesioni primarie sono causate dall’onda di pressione dell’esplosione. Si manifestano solitamente negli organi contenenti gas, come i polmoni e il tratto gastrointestinale. L’onda di pressione rompe e lacera i capillari e le membrane degli organi contenenti gas (cavitazione) e può danneggiare anche il sistema nervoso centrale.questo meccanismo può causare un grave danno o la morte senza alcun segno esterno di lesione. Anche le ustioni conseguenti all’onda d’urto vengono considerate lesioni primarie comuni. Le ustioni avvengono sulle aree del corpo non protette rivolte verso la fonte dell’esplosione. Le lesioni secondarie avvengono quando la vittima è colpita da schegge, detriti o altri frammenti scagliati dall’esplosione. Le lesioni secondarie includono lacerazioni, fratture e ustioni. Le lesioni terziarie si hanno quando la vittima viene scaraventata contro un oggetto o un ostacolo fisso.le lesioni dipendono dalla superficie colpita e dalla distanza percorsa. Il meccanismo lesivo è simile a quello delle cadute dall’alto e dell’eiezione da veicolo. Le lesioni secondarie e terziarie sono le più evidenti e spesso non quelle trattate più aggressivamente. Le lesioni primarie sono le più gravi ma spesso sono sottovalutate o addirittura nemmeno sospettate. 1 2 sono lesioni a bassa velocità, sono solitamente associate a minori traumi secondari. La gravità delle lesioni dipende dalla profondità, dalla lunghezza della lama, dall’angolazione della penetrazione e dalla possibilità che la lama sia stata ruotata all’interno del corpo. Ovviamente il fattore più importante per stabilire le possibili lesioni è identificare il tragitto effettuato dal corpo contundente per capire quali organi interni possono essere stati colpiti. Se l’oggetto contundente è ancora all’interno della ferita non deve essere rimosso, va immobilizzato al meglio e iniziato precocemente il trasporto. Non devono essere sottovalutate le ripercussioni medico-legali e la possibilità di inquinamento delle prove: ogni cosa che viene toccata o rimossa per soccorrere il paziente, deve essere accuratamente annotata e segnalata alla competenti autorità giudiziarie. ARMI AD ALTA ENERGIA Le armi a media o alta energia (pistole e fucili) in generale non danneggiamo dolo direttamente il tessuto lungo il tragitto del proiettile, ma anche indirettamente i tessuti presenti ai lati della traiettoria. I fattori che influenzano la dimensione dell’area frontale di impatto sono: ¬ Profilo: dimensione iniziale del oggetto e suo cambiamento in seguito all’impatto; ¬ Rotazione:movimento che un oggetto esegue modificando l’angolo assunto all’interno del corpo rispetto a quello di penetrazione nel corpo stesso; ¬ Frammentazione: quando un oggetto si rompe dopo essere penetrato nel corpo. Tanto più grande è l’area frontale di impatto e tanto maggiore è la quantità di energia scambiata e quindi la dimensione della cavità creata. 3 Fig. 24. In un esplosione si riconoscono tre momenti lesivi. CINEMATICA DEL TRAUMA PENETRANTE ARMI A BASSA ENERGIA Le armi a bassa energia, dette anche armi bische, comprendono le armi manuali come coltelli o punteruoli ma anche qualsiasi oggetto acuminato in grado di penetrare la cute. Poiché queste Fig. 25. A sinistra, trauma penetrante da arma bianca: il danno prodotto da un coltello dipende dal movimento all’interno del corpo. A destra, ferita da arma da fuoco. La rotazione e la compressione in entrata producono un foro rotondo ed ovale, in uscita la ferita e lacera e aperta. I gas incandescenti provenienti dalla canna dell’arma posta in prossimità della cute possono produrre ustioni. Se l’arma si trova entro 25 cm dalla cute alcune particelle solide possono tatuare la cute con piccole aree ustionate. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 22 Croce Rossa Italiana T E C N I C H E Volontari del Soccorso Mirano-Spinea S P E C I F I C H E IMMOBILIZZAZIONE MANUA LE DEL RACHIDE CERVICA LE Dopo avere determinato che, in base al meccanismo di lesione, si può sospettare una colonna instabile, il primo passo è provvedere all’immobilizzazione manuale del rachide cervicale. La testa deve essere afferrata e posta delicatamente in una posizione neutrale, salvo controindicazioni: spasmo eccessivo di muscoli del collo, aumento del dolore, comparsa o aggravamento di un deficit neurologico come parestesie e paresi, traumi penetranti al collo o notevole disallineamento del collo. Una appropriata posizione neutrale in asse può essere mantenuta con una lievissima trazione. Una lieve trazione sufficiente a provocare un alleggerimento sul piano assiale deve essere esercitata sul paziente seduto o in piedi. La posizione neutra è quella in cui il collo non risulta né flesso, né esteso, né inclinato e neppure ruotato, ed è quella che consente il maggior spazio del midollo spinale all’interno del canale vertebrale. Portare la testa in una posizione neutrale, rappresenta un rischio minore rispetto a caricare e trasportare il paziente con la testa in posizione angolata. Anche dopo il posizionamento del collare cervicale, la testa deve essere sempre mantenuta in allineamento manuale. SOGGETTO SEDUTO O IN PIEDI Nei soggetti trovati in posizione seduta o in piedi, l’immobilizzazione manuale del capo deve essere effettuata dal soccorritore posto dietro alla testa. Da dietro il paziente, il soccorritore deve porre le mani sulle orecchie senza muovergli la testa. I pollici vengono posizionati sulla parte posteriore del cranio ed i mignoli appena sotto gli angoli della mandibola. Le restanti dita vengono allargate a piatto sulla superfici laterali della testa. Aumentare la forza della presa per mantenere la testa in posizione stabile e assicurarsi una presa stabile. Esercitare una leggera trazione verso l’alto. Se la testa non è in posizione neutrale in asse, rialinearla lentamente, se non controindicato. SOGGETTO SUPINO Per ottenere la posizione neutra è necessario tracciare una ipotetica linea lungo l’asse della colonna, che incroci ad angolo retto (90°) la linea ipotetica dello sguardo del traumatizzato.. Se il soggetto è rinvenuto in posizione supina, il soccorritore per mantenere l’immobilizzazione manuale del rachide si pone dietro la testa stando inginocchiato o disteso. Posizionare le mani ai due lati della testa coprendo le orecchie con i palmi. I pollici sono posti sopra la fronte e le altre dita, disposte a piatto, sulla guancia fino all’angolo della mandibola. Allargare le dita in modo da assicurare una presa salda e stabilizzare la testa del soggetto. Posizionare i propri gomiti e gli avambracci sul terreno o sulle ginocchia per mantenerli fermi. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 23 Croce Rossa Italiana T E C N I C H E Volontari del Soccorso Mirano-Spinea S P E C I F I C H E C O L L A R E C E R V I C A L E I soli collari cervicali non immobilizzano adeguatamente, aiutano semplicemente a supportare il collo e a ridurne i movimenti. I collari cervicali rigidi limitano la flessione di circa il 90%, l’estensione. La flessione laterale e la rotazione del 50% circa. Un collare cervicale rigido fornisce un importante contributo all’immobilizzazione, ma deve essere sempre associato all’immobilizzazione manuale o meccanica fornita da un presidio di immobilizzazione adatta (tipo fermacapo). In commercio ci sono diversi modelli di collari cervicali differenti nella struttura e nel metodo di utilizzo. In questo testo riportiamo i principali modelli utilizzato nel nostro territorio ridondando che il soccorritore deve conoscere, e saper utilizzare, anticipatamente il modello di collare cervicale in dotazione nei mezzi di soccorso. Modello WizLoc® o Stifneck®: collare in un unico pezzo dotato di meccanismo in grado di adeguare la misura del presidio sulle misure anatomiche del Modello NecLoc®: collare in due pezzi. La tecnica di utilizzo prevede l'applicazione successiva delle due parti riducendo notevolmente il rischio di torsioni del collo. DIMENSIONAMENTO E' molto importante il corretto dimensionamento del collare in base al paziente. Un collare che sia troppo corto non sarà efficace e permetterà movimenti di flessione. Un collare troppo largo causerà iperestensione del capo o un movimento libero se il mento è al suo interno. Un collare troppo stretto potrebbe compromettere la circolazione delle vene del collo e la respirazione. Inoltre un collare della misura errata, soprattutto se più grande, provoca dolore ai lati della mandibola. Un collare che non permette alla mandibola di muoversi verso il basso ed alla bocca di aprirsi senza provocare movimenti della colonna, può contribuire al rischio di aspirazione del contenuto gastrico qualora il soggetto vomiti. La misura corretta del collare si prende misurando con le dita la distanza dita una linea immaginaria che passa a livello del mento e dell’angolo della mandibola ed il margine superiore del muscolo trapezio. Tale misura viene riportata sul collare e deve corrispondere alla distanza tra il bottone nero ed il margine inferiore del collare lateralmente. Ricorda: ¬ I Collari da soli non immobilizzano. ¬ Il collare deve essere della misura appropriata. ¬ Il collare non deve limitare la capacità di aprire la bocca. ¬ Il collare non deve causare ostruzioni od ostacolare la ventilazione. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 24 Croce Rossa Italiana T E C N I C H E Volontari del Soccorso Mirano-Spinea S P E C I F I C H E APPLICAZIONE DEI COLLARI NEC L OC ® SOGGETTO SEDUTO ¬ Il soccorritore che arriva per primo sulla scena (leader) immobilizza il capo manualmente ponendosi a lato del soggetto. ¬ Il secondo soccorritore si dispone dietro al soggetto e afferra la testa come descritto precedentemente. Il leader lascia la presa solo quando è certo che il compagno abbia una presa sicura. ¬ Il 2° soccorritore riallinea la testa in posizione neutra esercitando una leggera trazione verso l’alto. ¬ Il leader esegue la fase A della valutazione primaria, libera il collo da indumenti o accessori che possono ostacolare le manovre e ispeziona (palpa ed osserva) il collo del ferito alla ricerca di lesioni che richiedono trattamento immediato o segni particolari (enfisema, turgore delle giugulari, ecc) ¬ Il leader prende la misura corretta del collare così come descritto precedentemente. ¬ Afferra con una mano la parte anteriore del collare e la appoggia sul torace dell’infortunato facendola scivolare sino a quando va a raccogliere ed appoggiarsi alla parte inferiore della mandibola. ¬ Con una mano mantiene il collare in posizione mentre con l’altra fa passare dietro il collo la stringa e la fissa al velcro in corrispondenza del segnale che si trova sul collare. ¬ Posiziona poi la parte posteriore del collare (il verso corretto è indicato dalle frecce) sotto e dietro la nuca. ¬ Esercitando una trazione simmetrica fa aderire le due strisce di velcro alla porzione anteriore. In questa fase bisogna evitare torsioni o flessioni del collo. Per posizionare simmetricamente i due fissaggi di velcro è consigliabile fare perno con i pollici sull’apertura anteriore del collare. ¬ Il leader chiede all’infortunato se riesce ad aprire la bocca, controlla che il collare con comprima la trachea o prema eccessivamente sul torace e verifica se e possibili rilevare il polso carotideo attraverso l’apertura anteriore.. ¬ Il secondo soccorritore mantiene l'immobilizzazione anche dopo aver messo il collare. Posizionare la parte anteriore. Fissare la parte anteriore del collare. Far scivolare la parte posteriore dietro la nuca. SOGGETTO SUPINO ¬ Il soccorritore che arriva per primo sulla scena (leader) immobilizza il capo manualmente ponendosi a lato del soggetto. ¬ Il secondo soccorritore si inginocchia dietro la testa del soggetto (con i gomiti poggiati sul terreno) ed immobilizza manualmente il capo. ¬ Le altre fasi procedono senza variazioni rispetto alla tecnica per il soggetto seduto. Fissare le due strisce di velcro alla parte anteriore. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 25 Croce Rossa Italiana T E C N I C H E Volontari del Soccorso Mirano-Spinea S P E C I F I C H E R I M O Z I O N E D E L C A S C O Se il traumatizzato indossa un casco, in particolar ¬ Dopo la rimozione del casco il leader sostiene modo se di tipo integrale, questo va rimosso subito tutto il peso del capo finché il compagno non si durante la fase di valutazione primaria, per avere un posiziona per l’immobilizzazione manuale. immediato accesso al viso ed alle vie aeree e per ¬ Una volta tolto il casco potrebbe essere necespoter posizionare il capo in allineamento neutrale. sario posizionare uno spessore sotto la testa del Per eseguire la manovra di rimozione del casco sosoggetto per mantenere l’allineamento neutrale. no necessari due soccorritori ben addestrati. ¬ Proseguire le manovre con la valutazione primaSpiegate sempre alla vittima, se cosciente, che coria e l’applicazione di un collare cervicale. sa vi apprestate a fare. Se protesta perché gli hanno detto che il casco non va rimosso, spiegategli che le persone non preparate non dovrebbero rimuoverlo, ma voi, che siete soccorriti addestrati, potete toglierlo proteggendo la colonna vertebrale. Se il casco viene rimosso dai soccorritori, questo dovrà essere portato in PS insieme al paziente per consentire al personale sanitario di stimare la gravità delle lesioni anche dall’analisi dei danni riportati al casco. Se all’arrivo dei soccorritori il casco è già stato rimosso (dal ferito stesso o da astanti), è necessario lasciarlo lì per i rilievi delle forze dell’ordiCorretta posizione delle mani dei soccorritori. ne. Non tentare di rimuovere il casco in presenza di oggetti conficcati o qualora la testa ed il collo del traumatizzato si presentino in posizione innaturale non compatibile con la vita. TECNICA ¬ Il soccorritore che arriva per primo sulla scena (leader) immobilizza il capo, facendo presa sul casco, ponendosi a lato del soggetto. ¬ Il 2° soccorritore si pone dietro la testa e afferra il casco in corrispondenza dei margini inferiori. Se possibile, con le dita cerca di “agganciare” anche la mandibola per garantire una maggiore stabilizzazione. Se il capo non è in asse, il 2° soccorritore cercherà di riallineare il capo molto lentamente. ¬ Il leader, inginocchiato a lato del soggetto, apre la visiera, toglie gli occhiali se presenti e slaccia (o se necessario taglia) la cinghia mentoniera. ¬ Il leader posiziona una mano sotto il collo e regge la regione occipitale. È consigliabile poggiare l’avambraccio al suolo per garantire un miglior supporto. Con l’altra mano afferra la mandibola: pollice sull’angolo della mandibola da un lato e indice e medio sull’angolo dell’altro lato. Per ottenere una presa più stabile si può poggiare l’avambraccio sullo sterno del soggetto, senza esercitare pressione. ¬ Quando il leader ha una presa sicura, il 2° soccorritore rimuove il casco trazionando in linea retta e utilizzando un movimento basculante per superare l’estremità del naso da parte della mentoniera. Il soccorritore può aumentare lo spazio all’interno del casco comprimendo con le dita l’imbottitura posta nei margini inferiori. Il casco viene estratto con un movimento basculante. Rimosso il casco, il leader sostiene il peso del capo. Il 2° soccorritore allinea il capo in posizione neutra. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 26 Croce Rossa Italiana T E C N I C H E Volontari del Soccorso Mirano-Spinea S P E C I F I C H E I M M O B I L I Z Z A Z I O N E A R T I chiude sommariamente con il velcro. ¬ La manovra prosegue con l’aspirazione dell’aria con pompa o con aspiratore ed il contemporaneo modellamento della steccobenda attorno all'arto mentre questa si indurisce. ¬ Chiusura progressiva velcro ¬ Il 1° soccorritore controlla il polso a valle e il ritorno capillare ¬ ATTENZIONE, nelle fratture esposte lasciare un varco sul punto della frattura modellando opportunamente la steccobenda, per permettere la cura della parte di osso esposto. Disinfettare opportunamente e coprire con garze o teli sterili la ferita. ¬ Per togliere la steccobenda basta aprire la valvola per permettere all'aria di rientrare e rendere morbida la steccobenda così da poterla sfilare agevolTECNICA mente. ¬ Togliere gli indumenti (compresi braccialetti, orologi, anelli…) nella zona fratturata: se non fosse possibile sfilare gli indumenti senza provocare dolore o senza provocare troppi movimenti allora tagliarli con l’apposita forbice tagliabiti. ¬ 1° soccorritore: controlla il polso a valle ed esegue allineamento dell'arto e mantenimento della "linea" in lieve trazione (posizionare le mani in corrispondenza delle articolazioni). ¬ 2° soccorritore posiziona attorno all'arto la steccobenda, infilandola da sotto o dal lato, a seconda della situazione Il soccorritore solleva l’arto fratturato trazionando leg¬ Il 1° soccorritore adagia l’arto sulla steccobenda e germente verso di sé. In commercio sono disponibili diversi dispositivi per l’immobilizzazione degli arti: stecche rigide, presidi sagomabili o presidi di trazione, ma in ogni caso i principi di utilizzo sono gli stessi. L’immobilizzazione degli arti deve essere eseguita nella fase del trattamento dopo la valutazione primaria o dopo la valutazione secondaria se il paziente è stabile. L’arto fratturato deve essere riallineato in posizione anatomica esercitando una lieve trazione. Il riallineamento va sospeso se compare importante resistenza o contrattura muscolare o se provoca intenso dolore o in caso di lesioni delle grosse articolazioni. Steccobende a depressione Costruita un involucro di materiale plastico con all'interno microsfere di materiale espanso. Una valvola che separa l'aria presente all'interno da quella esterna. La valvola può essere di due tipi: valvola di non ritorno o valvola con tappo (tipo canotto). Possono essere modellate a piacere attorno agli arti e fissate con strisce di velcro. Viene poi data consistenza alla forma modellata aspirando l'aria interna con una apposita pompa o con l’aspiratore. Sono radiotrasparenti e disponibili in diverse misure. Steccobende rigide Le steccobende rigide sono costruite in materiale plastico; consistono di una parte rigida e di una parte modellabile attorno all’arto mediante strisce di velcro; non contengono un camera d’aria quindi non necessitano di aspirazione. Sono più veloci da applicare e più resistenti anche se garantiscono un immobilizzazione meno efficace. Questo presidio non consente di immobilizzare l’arto in posizione differente da quella anatomica. Sono radiotrasparenti e disponibili in un ampia gamma di misure. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 27 Croce Rossa Italiana T E C N I C H E Volontari del Soccorso Mirano-Spinea S P E C I F I C H E I M M O B I L I Z Z A Z I O N E La mobilizzazione atraumatica va intesa come l’esecuzione di una serie di manovre atte a consentire il trasferimento del traumatizzato dalla superficie su cui giace ad un piano rigido per il trasporto; lo scopo di queste manovre è quello di mantenere sempre l’allineamento e l’immobilizzazione della colonna vertebrale in toto. Per consentire l’immobilizzazione della colonna vertebrale sono stati creati diversi presidi, il più usato e diffuso è senz’altro la tavola spinale. La tavola consente di sollevare e trasportare il paziente mantenendo l’allineamento neutrale e garantisce un immobilizzazione sufficiente anche ai quattro arti, inoltre fornisce un buon isolamento termico, meccanico ed elettrico. La spinale è un piano di appoggio rigido costruito in materiale plastico, non deformabile, radiotrasparente, leggero e lavabile. Può sopportare pesi elevati (finoa 160-170Kg a seconda del modello). La Tavola Spinale deve avere almeno 10 maniglie ed oltre 16 fori perimetrici per poter consentire un fissaggio dedicato con le cinture in dotazione. Per fissare il paziente alla tavola si possono utilizzare due tipi di sistemi di ritenzione: le cinghie ragno dotate di chiusura a velcro o delle cinghie con chiusura di sicurezza in metallo (a sgancio rapido). L’immobilizzazione cranio-cervicale viene garantita da un dispositivo, il fermacapo, dotato di due cunei di materiale morbido che vengono disposti ai lati della testa ed ancorati su un apposito supporto (cuscinetto). Per poter caricare un paziente sulla tavola spinale sono necessari almeno tre soccorritori (meglio se 4) in grado di eseguire la manovra di “log roll”; cioè in grado di eseguire una manovra di rotazione sul fianco dell’infortunato, necessaria per posizionare la tavola spinale, riuscendo a mantenere sempre l’immobilizzazione del rachide. La tecnica varia a seconda che il traumatizzato sia rinvenuto in posizione supina, in posizione prona o in piedi. S P I N A L E CARICAMENTO SU TAVOLA SPINALE SOGGETTO SUPINO Prima di iniziare qualsiasi manovra di immobilizzazione spinale, spiegate attentamente al paziente cosa vi apprestate a fare. Venire “impacchettati” non rappresenta certo una esperienza confortevole! Quindi cercate di rassicurare il vostro paziente spiegando che le manovre che vi accingete ad eseguire sono una misura precauzionale. Un paziente collaborante renderà il vostro lavoro più semplice. La sequenza di intervento, fino all’applicazione del collare cervicale, non varia ed è già stata descritta. ¬ Al temine della valutazione primaria, o della secondaria, il leader se decide per l’immobilizzazione su tavola spinale, si fa portare tutto il materiale dal 3° soccorritore della squadra e allinea gli arti del paziente in posizione anatomica (se non controindicato). ¬ Il 3° S. posiziona la tavola spinale a lato del paziente con la base di appoggio del fermacapo a livello del vertice del capo del traumatizzato (la tavola deve essere almeno “una testa” sopra il paziente). ¬ Mentre il 2° soccorritore (da qui in avanti chiamato leader di manovra LM) rimane dietro la testa e mantiene l’allineamento manuale, il leader si inginocchia di lato all’altezza del torace e il 3° S. all’altezza delle ginocchia del paziente (dall’altro lato rispetto alla spinale). ¬ Il leader afferra con una mano la spalla e con l’altra il bacino e l’estremità dell’arto superiore (polso o avambraccio). Il 3° S afferra con una mano la parte laterale del torace (incrociandosi con il braccio del leader) e con l’altra afferra l’arto inferiore sulla coscia poco sopra l’articolazione del ginocchio. L’asse spinale viene posizionato da un lato e i soccorritori si dispongono dall’altro lato del ferito. ¬ Al via del LM, il traumatizzato viene ruotato su un fianco. Questa operazione deve avvenire in modo sincrono, è fondamentale la coordinazione dei soccorritori per mantenere l’allineamento testapiedi. Il LM deve seguire il movimento di rotazione mantenendo sempre l’immobilizzazione neutrale del capo. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 28 Croce Rossa Italiana T E C N I C H E Volontari del Soccorso Mirano-Spinea S P E C I F I C H E Al via del Leader di manovra, il ferito viene ruotato su un fianco. ¬ Il 3° S posiziona una mano sotto il bacino inferiormente e con l’altra mano afferra il bordo superiore libero della spinale utilizzando una maniglia. ¬ Al via del LM, si inizia la rotazione del traumatizzato e della tavola. Anche in questa fase la coordinazione è fondamentale per evitare scivolamenti laterali del paziente. ¬ Su indicazione del LM, il traumatizzato deve essere centrato sulla tavola. Il leader lo afferra per le spalle mentre il 3° S afferra il bacino. Il movimento deve avvenire seguendo una linea diagonale per minimizzare i movimenti laterali della colonna. ¬ Terminata la rotazione, il leader lascia la mano che faceva presa sul bacino ed esegue il controllo del dorso alla ricerca di possibili lesioni non evidenziate in precedenza. Con la stessa mano poi afferra la spinale e la avvicina fino a farla aderire alla schiena del traumatizzato. ¬ Se è presente un 4° soccorritore, questo avrà il compito di posizionare la tavola spinale inclinandola per farla aderire meglio alla schiena. Il ferito viene centrato sull’asse spinale. ¬ L’immobilizzazione prosegue con l’applicazione delle cinghie di contenzione e del fermacapo (vedi oltre). L’asse spinale viene posizionata sul dorso del ferito inclinandola il più possibile. ¬ Il leader, con la mano che era sul bacino, afferra il bordo superiore libero della spinale utilizzando una maniglia, l’altra mano viene posizionata a cucchiaio sotto la spalla inferiore del traumatizzato. Il leader con una mano afferra la spinale e con l’altra la spalla del ferito. CARICAMENTO SU TAVOLA SPINALE SOGGETTO PRONO Se il traumatizzato viene rinvenuto in posizione prona o semiprona è necessario ruotarlo, eseguendo una manovra di prono-supinazione o log -roll, per poter eseguire le valutazioni. Il collare cervicale può essere posizionato con sicurezza solo quando il soggetto è allineato supino sulla tavola spinale. Qualora il soggetto indossi il casco e si trovi in posizione prona, allora sarà necessario ruotarlo in posizione supina, rimuovere il casco, posizionare il collare cervicale e quindi procedere al caricamento su asse spinale come descritto per il soggetto supino. La manovra di prono-supinazione viene effettata, quando possibile, ruotando il soggetto dalla parte opposta a quella in cui è rivolto inizialmente lo sguardo. ¬ Il leader d’intervento arriva per primo sulla scena e immobilizza manualmente il capo ponendosi di lato. ¬ Il 2° soccorritore (leader di manovra) si pone dietro la testa del soggetto e immobilizza manualmente il capo. Le sue mani dovranno essere posizionate calcolando che alla fine della manovra di Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 29 Croce Rossa Italiana T E C N I C H E Volontari del Soccorso Mirano-Spinea S P E C I F I C H E rotazione dovranno trovarsi nella posizione descritta per il soggetto supino. Quindi se il traumatizzato si trova con il volto rivolto verso il lato sinistro del LM, la mano sinistra verrà posizionata dal lato che poggia a terra mentre la mano destra immobilizza la parte opposta libera della testa. Anche il corpo del LM sarà spostato lateralmente in modo tale che al termine della rotazione si trovi già nella posizione corretta. Quando il traumatizzato si trova ruotato sul lato i soccorritori cambiano l’orientamento delle mani e afferrano anche la tavola. ¬ Al via del LM la rotazione viene completata. I soccorritori di lato indietreggiano e fanno scivolare dalle proprie ginocchia il traumatizzato adeso alla spinale fino a raggiungere la posizione finale . ¬ Su indicazioni del LM, il traumatizzato viene centrato sulla tavola con la tecnica descritta precedentemente. ¬ La manovra prosegue con l’applicazione del collaIl LM si posiziona calcolando la posizione finale in cui si re cervicale e dei sistemi di ritenzione. dovrà trovare al termine della rotazione ¬ Il leader allinea gli arti in posizione anatomica. ¬ Il leader ed il 3° S si posizionano a lato del traumatizzato dalla parte in cui verrà effettuata la rotazione. Le mani dei sue soccorritori afferrano il paziente negli stessi punti descritti per il soggetto supino. La tavola spinale viene appoggiata sulle cosce dei soccorritori posti di lato sempre rispettando la regola per cui deve essere almeno una testa sopra il traumatizzato. Se presente un quarto soccorritore, la tavola potrà essere infilata di lato tra le cosce dei soccorritori e la schiena del traumatizzato quando questo si trova ruotato di lato. I due soccorritori si posizionano in ginocchio dal lato in cui verrà effettuata la rotazione. ¬ Quando tutti sono in posizione il LM dà il via alla rotazione. Il traumatizzato viene girato su un fianco (perpendicolare al terreno) in modo sincrono e mantenendo l’allineamento della colonna. ¬ A questo punto i soccorritori di lato cambiano l’orientamento delle mani. Il leader con la mano che era sul bacino afferra la spalla che poggia sul terreno e con l’altra mano afferra la tavola in corrispondenza della spalla. Il 3° S con la mano che era sulla coscia afferra il bacino dalla parte che poggia sul suolo e con l’altra mano afferra la spinale in corrispondenza del bacino. CARICAMENTO SU TAVOLA SPINALE SOGGETTO IN PIEDI Questa tecnica è indicata per l’immobilizzazione di un soggetto trovato in piedi qualora la valutazione del meccanismo lesivo dia indicazione all’immobilizzazione spinale. La manovra può essere eseguita da 2 o tre soccorritori. ¬ Il leader immobilizza frontalmente il capo del paziente e gli spiega le manovre che si accingono ad eseguire. ¬ Il LM si pone dietro il soggetto e immobilizza manualmente il capo. ¬ Il leader posiziona il collare cervicale. ¬ Il 3°S posiziona la tavola spinale tra il paziente ed il LM, facendola aderire alla schiena del soggetto. ¬ Il leader ed il 3° S di dispongono ai due lati e passano il proprio braccio sotto l’ascella del soggetto e afferrano una maniglia della tavola il più in alto possibile. L’altra mano dei soccorritori afferra una maniglia il più in basso possibile, avendo cura di afferrare entrambi le maniglie alla stessa altezza. Quindi posizionano il proprio piede dal lato verso il paziente dietro lo spigolo a terra posteriormente alla tavola, per impedire che scivoli indietro. ¬ Al via del LM, il paziente e la tavola vengono lentamente abbassati al suolo mantenendo l’allineamento. ¬ Mentre il paziente e la tavola vengono abbassati al suolo, l’immobilizzazione manuale del rachide viene mantenuta ruotando le mani che tengono ferma la testa. ¬ Quando il soggetto e la tavola sono a terra, la manovra prosegue con l’allineamento e con l’applicazione dei sistemi di ritenzione. Se la manovra viene eseguita da due soli soccorritori afferreranno con una mano la spinale passando Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 30 Croce Rossa Italiana T E C N I C H E Volontari del Soccorso Mirano-Spinea S P E C I F I C H E il braccio sotto l’ascella e con l’altra mano immobi- POSIZIONAMENTO DEI SISTEMI DI RITENZIONE lizzeranno di lato il capo. CINGHIE RAGNO La tavola spinale viene posizionata tra il traumatizzato La tecnica di seguito descritta si riferisce ad uno dei prodotti in commercio. In caso di sistemi tecnicamente differenti, seguire le istruzioni del produttore. Mentre il LM mantiene l’immobilizzazione manuale del capo (collare gia applicato), gli altri due soccorritori si dispongono ai due lati del ferito e agiscono in modo sincrono fissando le cinghie laterali facendole passare attraverso le maniglie della spinale. Le cinghie iniziali (a “Y”), vengono fissate sopra le spalle (il punto di biforcazione della Y deve trovarsi sotto il margine inferiore del collare). La parte longitudinale della cinghia deve essere posizionata al centro e ben tesa. Le altre cinghie devono essere posizionate all’altezza del torace, del bacino, sopra le ginocchia e in corrispondenza delle caviglie. In questa fase le cinghie vengono solo posizionate. Successivamente il leader, ponendosi a cavalcioni sopra la spinale, fissa tutte le cinghie in modo simmetrico evitando spostamenti laterali del paziente. Posizione delle cinghie laterali nel sistema a ragno. I soccorritori di lato afferrano il paziente e la tavola. FERMACAPO Una volta fissate le cinghie ragno si può procedere posizionando i due blocchi laterali del fermacapo sull’apposito cuscinetto applicato sulla tavola spinale. I due blocchi dovranno essere posizionati uno alla volta. Il LM dovrà sfilare la mano mentre il compagna avvicina il blocco per poi afferrare lateralmente il blocco stesso. Fino a quando non sarà posizionata la cinghia che passa sopra il collare in corrispondenza del mento ed la cinghia che passa sopra la fronte, il LM non dovrà abbandonare la propria posizione. La tavola ed il traumatizzato vengono calati lentamente al suolo. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 31 Croce Rossa Italiana TRAUMI MUSCOLOSCHELETRICI I traumi a carico dell’apparato muscolo-scheletrico sono un riscontro molto frequente nell’attività di un soccorritore. I traumi possono interessare un solo componente dell’apparato muscoloscheletrico (ossa, muscoli o articolazioni) o, come accade frequentemente, dare origine a lesioni più complesse. Generalmente un trauma isolato non determina una condizione di pericolo per la vita, ma ciò non deve distrarre il soccorritore dall’effettuare un attenta valutazione delle condizioni generali dell’infortunato (valutazione primaria) e individuare il meccanismo di lesione. Ricordate sempre che un trauma minore può distrarre il soccorritore dalla ricerca di altre lesioni potenzialmente pericolose per la vita in altre parti del corpo. Non lasciate che il dolore riferito dal paziente o l’aspetto di una lesione impressionante, vi distraggano dal prendere in considerazione eventuali lesioni più gravi. Ad esempio se soccorrete una persona con un evidente frattura del polso dovrete sempre porvi queste domande: come è avvenuta la frattura?. L’infortunato potrebbe essere semplicemente inciampato oppure essere caduto in seguito ad un episodio sincopale. È l’unica lesione presente? L’infortunato cadendo potrebbe essersi fratturato o lussato la spalla? Cadendo ha sbattuto la testa? Quali altri segni e sintomi sono presenti? Qual è stato il meccanismo di lesione? Cercate di capire come è avvenuto l’infortunio; la determinazione del meccanismo di lesione e del trasferimento di bassa o alta energia permetterà al soccorritore di sospettare la presenza di lesioni più critiche. Sulla base di queste considerazioni possiamo raggruppare i traumi muscoloscheletrici in tre categorie principali. ¬ Traumi muscoloscheletrici isolati non pericolosi per la sopravvivenza (frattura isolata di un arto); ¬ Traumi muscoloscheletrici non pericolosi per la sopravvivenza, ma associati a un trauma multisistemico che necessita di un trattamento salvavita (lesioni rischiose per la vita e fratture agli arti); ¬ Traumi muscoloscheletrici rischiosi per la vita (frattura pelvica o di femore con imponente perdita di sangue. Ai soccorritori non viene richiesto di differenziare i diversi traumi muscoloscheletrici, ma di identificare e trattare le condizioni pericolose per la vita e, tempo permettendo, di identificare e stabilizzare le lesioni delle estremità. Ricordiamo ai soccorritori che la conoscenza a grandi linee dell’anatomia e della fisiologia del corpo umano costituiscono le basi con le quali poter comprendere meglio il meccanismo di lesione e correlare le lesioni superficiali con le lesioni interne. Nell’appendice troverete le nozioni di base riguardanti l’anatomia e la fisiologia dell’apparato muscoloscheletrico. Volontari del Soccorso Mirano-Spinea I traumi muscoloscheletrici possono determinare quattro principali tipologie di problemi che richiedono un trattamento preospedaliero: 1. instabilità: fratture e lussazioni; 2. Lesioni dei tessuti molli: strappi muscolari e distorsioni; 3. Emorragia; 4. Perdita di sostanza: amputazioni o subamputazioni. FRATTURE Per frattura traumatica si intende l’interruzione della naturale continuità dell’osso dovuta a cause meccaniche che esplicano una forza tale da superare i limiti di elasticità e resistenza del tessuto osseo su cui essa è diretta. La frattura patologica può avvenire in modo apparentemente spontaneo, o a seguito di un trauma di lieve entità, in un osso già indebolito da malattie di diversa natura (osteoporosi, malattie genetiche, malattie della tiroide ecc.). La frattura è considerata una lesione grave in quanto oltre al tessuto osseo possono essere compromessi i tessuti molli circostanti con interessamento quindi di muscoli, tendini, legamenti, nervi, vasi o cute. I traumi capaci di esplicare tale forza si distinguono in: ¬ traumi diretti: provocano la frattura nello stesso punto in cui sono applicati. ¬ Traumi indiretti: provocano la frattura a distanza dal loro punto di applicazione. CLASSIFICAZIONE DELLE FRATTURE Le fratture traumatiche devono essere prima di tutto distinte in due gruppi diversi che differiscono sia per quanto riguarda il trattamento sia per la prognosi. Fratture chiuse: nessuna comunicazione del focolaio osseo con l’esterno. Nelle fratture chiuse pur essendoci danni di varia natura nelle parti molli circostanti il sito di frattura, la cute rimane integra. Fratture aperte o esposte: una ferita più o meno ampia della pelle mette in comunicazione i frammenti ossei con l’esterno. La lesione cutanea può essere prodotta da un agente esterno oppure avvenire ad opera di un moncone osseo appuntito che perfora la cute. In relazione al possibile spostamento dei monconi ossei le fratture vengono ulteriormente classificate in: Fratture composte: i monconi ossei rimangono in asse e conservano rapporti tali da non alterare la morfologia originaria del segmento scheletrico. Fratture scomposte: fratture che generano lo spostamento dei monconi ossei. L’entità e la direzione della dislocazione variano in rapporto al meccanismo traumatico. Esiste un’ulteriore complessa classificazione delle fratture che tiene conto del grado di frattura, della rima di frattura e del rapporto con le articolazioni. Queste classificazioni possono essere effettuate solo osservando la frattura ai raggi x (radiografia). Pur essendo lo studio radiografico di una frattura un esame di pertinenza medica, per completezza in questo testo illustreremo le principali classificazioni ricordando co- Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 32 Croce Rossa Italiana munque che per un soccorritore sarà sufficiente conoscere la classificazione sopra esposta. Fratture complete: fratture che interessano tutto l’osso nel suo spessore. In base all’orientamento ed alle caratteristiche della rima di frattura possono essere classificate in trasversali, oblique, spirali, comminute (quando la forza impressa genera diversi frammenti ossei) ecc. Fratture incomplete: fratture che non interessano tutto l’asse osseo, esse possono essere dette infrazioni quando la rima di frattura si arresta a distanza più o meno grande dal punto di partenza o fratture a “legno verde” tipiche dell’infanzia a causa dell’incompleta ossificazione. Volontari del Soccorso Mirano-Spinea Esposizione della frattura: la presenza di una ferita che espone l’osso è sempre causa di contaminazione batterica e costituisce quindi un levato rischio di contrarre un infezione dell’osso (osteomielite) specie se la frattura non viene pulita e disinfettata accuratamente. Lesioni vascolari: la lesione dei vasi sanguigni importanti può osservarsi sia in caso di fratture aperte che in caso di fratture chiuse. Ogni lesione può potenzialmente determinare abbondanti perdite di sangue interne all’osso o per la lacerazione dei vasi e muscoli molto vascolarizzati adiacenti al sito di lesione. Nella sindrome ischemica la frattura può generare una compressione o contusione delle pareti muscolari delle arterie con conseguente spasmo e insufficiente vascolarizzazione dei tessuti a valle del sito di lesione (ischemia tessutale). Da queste considerazioni si evince quanto sia importante il controllo delle condizioni generali di circolo periferico nelle fratture degli arti. In caso di ischemia il polso a valle della lesione è difficilmente o per niente apprezzabile e la cute è fredda, pallida e insensibile al dolore. Lesioni nervose periferiche: lesioni di vario tipo e grado dei nervi periferici possono prodursi in seguito a fratture o lussazioni. Nel migliore dei casi si tratta di una interruzione funzionale delle fibre nervose a causa di una contusione o distensione delle fibre nervose, in questi casi il danno subito in genere è reversibile. Ben più grave è la sezione completa o parziale del tronco nervoso che spesso è irreversibile. Clinicamente le lesioni nervose periferiche comportano un deficit motorio e sensitivo di grado variabile a seconda dell’entità della lesione e del tronco nervoso interessato, potendo andare da sintomi come formicolii, perdita di sensibilità, perdita della capacità di eseguire alcuni movimenti sino alla paresi o alla paralisi. Lesioni nervose centrali: lesioni complete o parziali del midollo spinale si possono verificare a seguito di fratture o traumi del rachide. I traumi spinali verranno trattati più approfonditamente nel capitolo dedicato. Lesioni viscerali: lesioni traumatiche di organi toracici, addominali o pelvici sono una complicazione diretta di fratture che interessano la gabbia toracica, il bacino o il rachide. Tali lesioni verranno ampliamente trattate successivamente nel testo. Fig. 26. Classificazione delle fratture. COMPLICAZIONI Le fratture possono dar luogo ad una serie di complicazioni a livello locale o generale che possono insorgere precocemente o tardivamente. Complicazioni locali Le complicazioni locali precoci di un frattura derivano da lesioni delle parti molli (cute, muscoli, tendini ecc.) circostanti il focolaio di frattura mentre le lesioni tardive derivano da processi patologici che si manifestano anche a distanza di tempo dall’evento traumatico e possono essere conseguenza della frattura stessa o di uno scorretto trattamento (infezioni, paralisi, ossificazione scorretta ecc.). Fig. 27. Frattura distale dell’omero con compressione di un’arteria e un nervo a livello dell’articolazione del gomito. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 33 Croce Rossa Italiana Volontari del Soccorso Mirano-Spinea Complicazioni generali Shock ipovolemico: l’instaurarsi di uno shock ipovolemico causato da un emorragia interna od esterna è una delle complicanze precoci di più frequente osservazione e pericolosità in caso di fratture (per approfondimenti vedi capitolo dello shock). Il soccorritore dovrebbe cercare di valutare la potenziale perdita di sangue causata dal trauma attraverso la stima della fuoriuscita di sangue (chiazza sull’asfalto, vestiti impregnati, ecc.) e riferendosi alla tabella sottostante che riporta la perdita ematica approssimativa per la frattura semplice di ciascun distretto osseo. OSSO Costa Emorragia interna approssimativa (ml) 150 Radio o ulna 250-500 Omero 500-750 Tibia o perone 500-1000 Femore 1000-2000 Bacino 1000 - massiva Tab. 5. Stima approssimativa della perdita di sangue associata a frattura di un singolo ossso . Shock neurogeno: questo tipo di shock può instaurarsi a seguito di un trauma è di solito benigno ed è causato dall’attivazione brusca del sistema parasimpatico. Come conseguenza di questa attivazione per via riflessa si avrà una forte vasodilatazione sistemica accompagnata da un aumento delle resistenze vascolari periferiche (vasocostrizione periferica). I segni e sintomi tipici sono pallore, ipotensione, polso debole e bradicardico spesso accompagnato da un episodio sincopale, in genere lo shock neurogeno si risolve spontaneamente. Infezioni: nelle fratture esposte il rischio di contaminazione batterica è molto elevato. Diversi microrganismi, in genere anaerobi come quello che provoca il tetano o la gangrena gassosa, possono trovare nell’osso e nelle ferite profonde l’ambiente ideale nel quale riprodursi. Attraverso il circolo ematico poi le infezioni possono diffondersi in tutto l’organismo e generare setticemia. Tromboembolia: è una complicazione tardiva di un evento traumatico prevalentemente agli arti inferiori. A seguito di una protratta immobilizzazione dalle vene della circolazione sistemica, soprattutto dalle gambe, si staccano dei trombi o emboli che possono raggiungere e ostruire alcune arterie vitali. SEGNI E SINTOMI DELLE FRATTURE Segni locali: ¬ Dolore spontaneo, di solito forte e costante, o provocato da movimenti o dalla palpazione. ¬ Tumefazione locale con più o meno grave deformità del segmento (accorciamento, rotazione, angolazione). ¬ Posizione anomala dell’arto. In caso di frattura di femore l’arto risulta essere più corto e il piede è in posizione extrarotata verso l’esterno. ¬ Crepitio alla palpazione (sensazione che dà l’osso quando le estremità dei frammenti fratturati sfregano uno contro l’altro). ¬ Ecchimosi, abrasioni, escoriazioni o ferite comunicanti o meno con il focolaio di frattura. ¬ Alterazione del colore e della temperatura della pelle. ¬ Osso esposto (fratture esposte). ¬ Perdita di funzionalità dell’arto interessato (impossibilità a muovere attivamente l’arto fratturato). ¬ Perdita del polso a valle del focolaio di frattura. ¬ Parestesia (perdita della sensibilità,formicolio, o pizzicore), paresi (diminuzione della motilità muscolare) o paralisi (perdita della sensibilità e motilità) dell’arto interessato. Segni generali: Segni e sintomi dello shock ipovolemico. Molte fratture possono essere asintomatiche, specialmente subito dopo il trauma quando i muscoli possono essere contratti e quindi tenere congiunti i frammenti ossei. In alcuni casi, in particolare negli incidenti sportivi, il ferito può non avvertire alcun dolore a causa dell’alto livello di ormoni eccitanti in circolo. Inoltre, non dimenticate che il ferito può essere distratto dalla frattura a causa di altre lesioni concomitanti o può succedere il contrario quando la frattura distrae il ferito da altre lesioni magari più gravi. Tutte queste considerazioni devono rafforzare la convinzione che una attenta valutazione del meccanismo di lesione può creare un indice di sospetto anche in assenza di una sintomatologia indicativa di frattura. La presenza di una frattura può essere esclusa solo con un esame radiografico della parte lesa. Per questo, in caso di dubbio, la lesione va trattata come una frattura. Fig. 28. A sinistra, frattura chiusa del radio. Evidente la deformazione nella parte distale dell’avambraccio. A destra, frattura chiusa di radio e ulna. Evidente il gonfiore e la deformazione nella porzione mediale dell’avambraccio, si noti la posizione anomala assunta dall’arto fratturato. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 34 Croce Rossa Italiana Volontari del Soccorso Mirano-Spinea DISTORSIONI a b d e c f Quando l’apparto articolare viene sottoposto a notevoli sollecitazioni si possono produrre lesioni acute alle strutture ossee e legamentose. Nella distorsione i capi ossei vengono sollecitati oltre il limite della normale flessibilità articolare lungo direttrici del movimento non fisiologiche, così da determinare una sovradistensione dell’apparato caspulolegamentoso con lacerazioni parziali o totali di capsula, legamenti, tendini o rottura di menischi intrarticolari. Durante le distorsioni più gravi i rapporti articolari si alterano momentaneamente, tornando peraltro a normalizzarsi spontaneamente non appena cessa l’azione traumatica. Vi possono essere vari tipi di lesione legamentosa, parziale o completa. Le lesioni articolari e legamentose sono comuni soprattutto a livello della caviglia, del ginocchio, del gomito, del polso e delle dita delle mani (articolazioni mobili). Nei casi più gravi di lesioni complesse vengono coinvolte più strutture articolari (menischi e legamenti). Le lesioni, dal punto di vista meccanico, possono essere di due tipi: ¬ da sovraccarico funzionale (sollecitazione articolare abnorme e/o eccessivamente ripetuta); ¬ Traumatiche (cadute o colpi diretti). g Fig. 29. FRATTURA DEL FEMORE. Il femore può fratturarsi in diversi punti: le fratture dell’estremità prossimale (a, b e c) sono tipiche dell’età senile. L’osteoporosi indebolisce l’osso quindi anche delle banali cadute accidentali possono generare una frattura del femore anche per azione di forze di scarsa entità. Nel giovane e nell’adulato, queste fratture sono causate dall’applicazione di una forza di entità notevole. Le fratture dell’estremità mediale (5 e 6) sono generalmente causate da un trauma ad elevata energia per lo più indiretto. I monconi ossei possono traslare e determinare un accorciamento dell’arto. Traumi particolarmente violenti, possono provocare fratture doppie, nelle quali si viene a separare un cilindro osseo suscettibile di spostamento autonomo rispetto ai segmenti ossei adiacenti. I traumi diretti provocano prevalentemente fratture comminute (frammentazione dell’osso). Le fratture ditali (f) sono spesso associate a traumatismi anche del ginocchio . In tutti i casi la frattura del femore è un evento che può avere delle complicazioni gravi (immediate e tardive). Il problema maggiore è sicuramente la perdita di sangue (fino ad 1 litro e oltre) causata dalla lacerazione dei vasi nutritivi del femore ma anche dalla lacerazione dei vasi e delle masse muscolari adiacenti provocata dai monconi ossei. In alcuni casi, specie nelle lesioni della testa del femore, l’irrorazione sanguigna all’arto inferiore può risultare compromessa generando uno stato di ischemia che può degenerare fino alla necrosi (morte dei tessuti). I segni locali sono rappresentati da tumefazione, deformità, ematoma, accorciamento dell’arto, angolazione e rotazione di vario grado prevalentemente in extrarotazione (g) e impotenza funzionale. Fig. 30. Trauma discorsivo al ginocchio con diversi gradi di interessamento delle strutture lamentose. SEGNI E SINTOMI ¬ Ematoma e tumefazione periarticolare; ¬ Dolore ai movimenti articolari ed al carico; ¬ Instabilità articolare più o meno grave, dipendente dal carico; ¬ Ematro (versamento di sangue nella capsula articolare). ¬ Esternamente una distorsione può confondersi con una frattura. LUSSAZIONI Per lussazione si intende la perdita permanente dei rapporti dei capi articolari. Il meccanismo traumatico è uguale a quello che provoca una distorsione, ma di intensità ben maggiore in quanto, una volta perduti i reciproci rapporti, i capi articolari non li riacquistano più spontaneamente. Una lussazione si verifica per Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 35 Croce Rossa Italiana l’allontanamento di due capi articolari, mentre in una frattura i due frammenti derivano da uno stesso segmento osseo. Il trauma diretto o indiretto che provoca una lussazione può ledere anche i legamenti e i tendini della capsula articolare. La sublussazione invece, indica che le superfici articolari rimangono in contatto parziale ma non sono più correttamente allineate. La lussazione si definisce recidivante quando si ripete varie volte ad intervallo vario di tempo, per traumi modesti o per semplici movimenti, mentre è detta abituale quando si riproduce più volte nella stessa giornata, spesso senza dolore. Le lussazioni più frequenti si verificano a carico dell’articolazione della spalla, dell’anca, del gomito e delle dita delle mano. Fig. 31. La lussazione della spalla si realizza prevalentemente per caduta sul braccio in estensione ma può essere provocata anche da un trauma diretto alla spalla. La testa dell’omero può spostarsi in avanti (come nell’immagine), indietro o in alto rispetto alla cavità che lo ospita in condizioni normali. Volontari del Soccorso Mirano-Spinea Lussazione rotula Posizione normale Fig. 33. Le lussazioni del ginocchio sono poco frequenti considerata la notevole energia che deve essere applicata per lacerare contemporaneamente i vari mezzi di unione del ginocchio. Generalmente un trauma, diretto o indiretto, al ginocchio provoca un trauma discorsivo con gradi differenti di interessamento di legamenti, tendini e menischi. Comunque, nelle lussazioni del ginocchio generalmente la tibia si sposta in avanti provocando una deformazione, l’ematro è cospicuo e l’impotenza funzionale assoluta. Molto più spesso un trauma diretto a ginocchio flesso provoca la lussazione della rotula (immagine sotto). La rotula (o patella) diviene visibile e palpabile sulla faccia laterale esterna del ginocchio. In alcuni casi il dislocamento della patella può associarsi a rottura dei tendini che normalmente la tengono in sede anatomica. Complicazioni precoci ¬ Paralisi nervose periferiche: per compressione dei nervi periferici da parte del capo articolare lussato. ¬ Lesioni vascolari: per compressione, stiramento, spasmo o rottura di arterie e vene. ¬ Lesione della capsula articolare, dei legamenti o dei muscoli che contornano l’articolazione. ¬ Shock ipovolemico o neurogeno: in caso di lussazioni gravi e particolarmente dolorose come quelle dell’anca o della colonna vertebrale. ¬ Fratture: spesso si può associare anche la frattura dei capi articolari (frattura-lussazione). Fig. 32. Le lussazioni dell’anca sono prodotte da traumi indiretti di notevole entità. In seguito ad un urto del ginocchio contro una superficie impattante, mentre la coscia è flessa, si produce una forza lungo l’asse del femore che ne determina la lussazione posteriore. In questi casi l’arto si presenta accorciato, addotto ed intraruotato. Nella lussazione anteriore (meno frequente) l’arto risulta essere extraruotato e la testa del femore si rende palpabile in posiziona anomala. Complicazioni tardive Le complicazioni tardive sono in genere conseguenza di un trattamento scorretto o di un ritardo nel trattamento (riduzione della lussazione). Le complicazioni più frequenti sono la lussazione recidivante o abituale, l’instabilità articolare, l’artrosi deformante, la necrosi ischemica causata dalla compressione dei vasi o la paralisi per compressione o lacerazione dei nervi. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 36 Croce Rossa Italiana Volontari del Soccorso Mirano-Spinea LESIONI MUSCOLARI Fig. 34. A sinistra, lussazione posteriore della testa del femore con compressione del nervo ischiatico. A destra, lussazione posteriore del gomito associata a frattura prossimale dell’ulna. SEGNI E SINTOMI ¬ Dolore, spesso acuto e molto intenso. Il dolore può acutizzarsi quando l’articolazione è sottoposta a carico. ¬ Alterazione del normale aspetto della regione colpita. In caso di lussazione scapolo-omerale si evidenzia l’aspetto a “spalla cadente”. In caso di lussazione dell’anca l’arto può risultare ruotato in vario grado sia esternamente che internamente ma in linea di massima risulta sempre accorciato. ¬ Diastasi (allontanamento) palpabile dei capi articolari. ¬ Impotenza funzionale completa con impossibilità ai movimenti articolari sia attivi che passivi. Il soggetto assume spesso una posizione di difesa. In caso di lussazione della spalla istintivamente si sorregge il gomito con la mano controlaterale. ¬ Ematoma, ematro e tumefazione periarticolare. L’ematoma può non essere presente nelle lussazioni, ad eccezione del ginocchio, perché le articolazioni hanno un minimo apporto di sangue. ¬ Segni e sintomi dello shock. Fig. 35. Manifestazione clinica tipica della lussazione della spalla. Si noti l’aspetto a “spallina di ufficiale” della spalla lussata. L'architettura muscolare è caratterizzata da un insieme di fasci muscolari disposti parallelamente che contraendosi solo in parte o massivamente producono un movimento che esprime una forza più o meno intensa. Possiamo quindi paragonare le fibre muscolari, che si contraggono e si rilasciano in rapida successione, al movimento ciclico dei pistoni di un motore e come i pistoni hanno bisogno di raggiungere la temperatura di esercizio e di essere ben lubrificati per lavorare in modo ottimale, così le fibre muscolari necessitano di essere ben vascolarizzate mediante il riscaldamento prima di uno sforzo. Infatti una fibra muscolare che sostenga uno sforzo improvviso senza un adeguato riscaldamento si espone al rischio di subire rotture della sua struttura la cui riparazione non potrà mai eguagliare la plasticità e contrattilità della fibra sana. Le lesioni muscolari acute sono di frequente riscontro in tutte le discipline sportive e la loro incidenza viene calcolata tra il 10 ed il 30 % di tutti i traumi da sport. Il meccanismo di produzione della lesione può essere a seguito di un trauma diretto o indiretto. Nel primo caso l’agente che produce la lesione è esterno, colpisce il muscolo con particolare violenza; il danno solitamente è maggiore se l’urto avviene quando il muscolo è contratto. L’effetto di un trauma diretto è la contusione muscolare. Se la forza applicata è di lieve entità si verifica solo una piccola infiltrazione emorragica ma se il trauma è più forte si verificherà una perdita di sangue maggiore con possibile lacerazione (strappo) delle fibre muscolari. Gli unici segni esterni di una contusione muscolare sono l’ematoma ed il dolore alla palpazione. Nel secondo caso (trauma indiretto) la lesione della muscolatura è legata ad una contrazione troppo rapida del muscolo da una fase di completo rilasciamento. Il muscolo può subire una distrazione (stiramento) delle fibre muscolari fino alla rottura parziale o completa dei fasci muscolari. In caso di rottura dei muscoli, oltre al dolore e all’impotenza funzionale, e possibile osservare la formazione di un avvallamento più o meno profondo tra i monconi muscolari retratti. Fattori predisponenti possono essere lo scarso allenamento, l’eccessiva fatica muscolare, la scorrettezza del gesto atletico, fattori ambientali climatici (il freddo) o terreni di gioco che non consentano la perfetta aderenza provocando movimenti scoordinati. In entrambi i casi le lesioni prodotte vengono classificate in vari gradi a seconda del coinvolgimento del numero di fibre muscolari, del grado di lesione delle stesse e delle strutture connettivali e vascolari ad esse intimamente connesse. Le lesioni muscolari isolate non rappresentano una condizione pericolosa per la vita dell’infortunato pertanto il trattamento preospedaliero consiste nel riposo funzionale del muscolo interessato e applicazione di impacchi freddi. Frequentemente il muscolo è sede di lesioni penetranti, la lesione muscolare è in questo caso una complicazione di una ferita cutanea o di una frattura scomposta di un osso adiacente. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 37 Croce Rossa Italiana Volontari del Soccorso Mirano-Spinea AMPUTAZIONI Fig. 36. Lesione muscolare: lacerazione della porzione mediale del muscolo gastrocnemio (muscolo del polpaccio). ROTTURE TRAUMATICHE DEI TENDINI Anche i tendini possono essere oggetto di traumatismi più o meno gravi (contusioni, lussazioni, disinserzioni ecc) ma il caso più grave è sicuramente la rottura di un tendine. Il fattore scatenante è comunemente uno sforzo, anche modesto, o una brusca contrazione muscolare. I tendini più colpiti sono il tendine calcaneale, o comunemente detto tendine d’Achille che da inserzione sul calcagno ai muscoli gemelli del polpaccio, ed il tendine del muscolo bicipite o del tricipite. Il meccanismo traumatico più comune nello sportivo è rappresentato da uno sforzo improvviso di notevole entità di uno o più muscoli con l’articolazione bloccata. Esempi tipici di rottura del tendine d’Achille sono il calciatore che effettua uno stacco improvviso con il piede bloccato a terra dai tacchetti delle scarpe o lo sciatore che cade in avanti con il piede bloccato dall’attacco dello sci. I sintomi principali sono: dolore acuto in sede di lesione, retrazione del muscolo interessato con formazione di un avvallamento nel sito di rottura del tendine, possibilità di palpare e spesso di vedere una bozza carnosa prodotta dall’accorciamento del muscolo, gradi diversi di alterazione motoria. Quando un tessuto è completamente separato da un’estremità, resta totalmente privo di nutrimento e ossigenazione. Questo tipo di lesione è detta amputazione o avulsione. Per amputazione si intende la perdita di una parte o di tutto un arto, e con avulsione si intende la lacerazione dei tessuti molli. Inizialmente il sanguinamento può essere grave in questo tipo di lesione, tuttavia i meccanismi di difesa dell’organismo determineranno una vasocostrizione nel sito di lesione così da ridurre la perdita di sangue. Un trauma successivo in quella sede può staccare i coaguli o interrompere lo spasmo vasale, facendo riprendere il sanguinamento. Più a lungo la parte amputata resta senza ossigeno, meno facilmente sarà possibile reimpiantarla con successo. Raffreddare la parte amputata, senza congelarla, permette di ridurre il metabolismo e di prolungare questo periodo critico. Le amputazioni sono immediatamente evidenti al soccorritore non appena giunge sulla scena. Dal punto di vista psicologico il soccorritore deve trattare questa lesione con molta cautela. Se il paziente non è consapevole dell’amputazione, dirglielo sulla scena può non essere vantaggioso. La valutazione primaria deve essere completata prima di ricercare l’eventuale arto amputato. La vista di un amputazione può essere orribile, ma non devono mai essere dimenticate le priorità di trattamento: se il paziente non respira, l’amputazione diventa un problema secondario. Fig. 38. In caso di amputazione traumatica si può verificare la cosiddetta “sindrome dell’arto fantasma”. Il soggetto può percepire una sensazione dolorosa riferita ad una estremità che è stata asportata. TRATTAMENTO TRAUMI AGLI ARTI Fig. 37. Rottura sottocutanea del tendine d’Achille. Il soccorritore deve attenersi alle seguenti priorità tutte le volte che ha a che fare con paziente con un trauma alle estremità: 1. Trattare tutte le condizioni pericolose per la vita. 2. Trattare tutte le condizioni connesse all’arto traumatizzato. 3. Trattare tutto il resto (se il tempo lo consente). L’attenersi a queste priorità non significa ignorare le lesioni all’arto o non proteggerlo da ulteriori danni. Significa invece che in un paziente politraumatizzato con lesioni agli arti che non sono pericolose per la vita, bisogna attuare manovre rapide e generali. I soggetti con trauma muscoloscheletrico pericoloso per la vita dovrebbero essere identificate durante la Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 38 Croce Rossa Italiana valutazione iniziale e ricevere il trattamento appropriato immediatamente che, in linea di massima, consiste nell’immobilizzazione spinale. Sottolineiamo ancora una volta che in caso di trauma muscoloscheletrico le condizioni pericolose per la vita sono legate all’instaurarsi dello shock ipovolemico. Nei soggetti senza lesioni o condizioni pericolose per la vita, il trauma muscoloscheletrico può essere identificato e affrontato nella valutazione secondaria. Il trattamento consistete nell’immobilizzazione dell’arto o del segmento osseo interessato. Se un arto è sottoposto a uno stress anomalo a causa della posizione del paziente oppure per un’angolazione anormale, il soccorritore dovrebbe tentare di riallineare l’arto riportandolo in posizione anatomica. L’allineamento è controindicato qualora il movimento provochi un dolore troppo intenso o se si avverte una forte resistenza al movimento. L’immobilizzazione impedisce ai segmenti ossei di muoversi ulteriormente e quindi peggiorare la frattura, inoltre garantisce una vasocostrizione che limita il sanguinamento senza ostacolare il ritorno venoso impedendo così il fenomeno dell’ischemia. Una corretta immobilizzazione limita la sintomatologia dolorosa e previene ulteriori lesioni ai tessuti molli. L’immobilizzazione di fratture agli arti (superiori e inferiori) può essere eseguita con apposite stecche rigide o con steccobende a depressione o, in assenza di questi specifici presidi, con materiale di fortuna come ad esempio un asse di legno e dei pezzi di stoffa. La cosa importante da ricordare è che la stecca deve avere una lunghezza sufficiente ad immobilizzare l’articolazione prossimale e distale al segmento osseo fratturato. Ad esempio, per una frattura del radio la steccatura dovrà interessare il segmento che va dall’articolazione del gomito all’articolazione del polso. In caso di lesioni alle articolazioni o alle ossa, anche il muscolo spesso risulta essere danneggiato. La steccatura è consigliabile anche nei casi in cui non vi siano indicazioni di fratture: in questo modo si impediscono ulteriori lesioni e si limitano le emorragie interne. La tecnica di posizionamento dei presidi per l’immobilizzazione degli arti è stata descritta nelle schede tecniche. In generale, la gestione di lesioni scheletriche agli arti deve prevedere i seguenti passaggi: 1. Arrestare qualsiasi sanguinamento e trattare il paziente in stato di shock. 2. Valutare la funzione motoria e vascolare distalmente alla sospetta lesione.Le fratture possono causare la lacerazione o la chiusura dei vasi sanguigni. Rilevare sempre la presenza del polso a valle della sospetta frattura. L’assenza di polso indica la presenza di una lesione importante ai vasi sanguigni e quindi una situazione urgente. E’ inoltre buona norma il controllo del ricambio capillare prima e dopo l’immobilizzazione (normale se il tempo è minore di 2 secondi). Anche i nervi possono essere lesionati con conseguente possibile insensibilità o ridotta capacità di movimento. 3. Supportare la zona lesa. Volontari del Soccorso Mirano-Spinea 4. Togliere abiti, gioielli o altri accessori per evitare che impediscano la circolazione se aumentasse il gonfiore. 5. Immobilizzare l’estremità lesionata con appositi presidi, o con mezzi di fortuna, includendo le articolazioni sopra e sotto la lesione. 6. Rivalutare l’estremità lesa dopo l’immobilizzazione per valutare eventuali cambiamenti nella funzione neurovascolare (sensibilità, polso, riempimento capillare). Il ghiaccio, applicato subito, può dare sollievo, ridurre il dolore e l’edema conseguente al trauma. Trattamento fratture esposte In caso di fratture esposte la complicanza comune è la contaminazione batterica: lavare abbondantemente la ferita con soluzione fisiologica, se possibile utilizzare abbondante soluzione jodata per disinfettare la ferita , non disinfettare con acqua ossigenata o soluzione alcolica e coprire quindi con telini o garze sterili. In caso di esposizione di superfici articolari applicate una medicazione umida (telini sterili imbevuti di soluzione fisiologica) per evitare che le cartilagini si secchino con l’esposizione all’aria. Fate attenzione a non porre la steccobenda sopra la ferita aperta. Trattamento fratture del bacino Le fratture del bacino rappresentano sempre un indice di pericolosità a causa della cospicua perdita ematica stimata. Inoltre l’instabilità del bacino rende difficile i movimenti. Cercate di muovere il meno possibile il traumatizzato, immobilizzatelo su tavola spinale facendo attenzione ad imbottire gli eventuali spazi vuoti attorno alla cintura pelvica. Se le condizioni lo consentono, potete anche immobilizzare il traumatizzato utilizzando il materassino a depressione. Trattamento lussazioni-distorsioni Come regola generale, le sospette lussazioni o distorsioni dovrebbero essere immobilizzate nella posizione in cui si trovano evitando movimenti che potrebbero muovere ulteriormente l’articolazione. Non tentare in nessun caso di ridurre una lussazione. In caso di sospetta lussazione o distorsione associata ad altre lesioni importanti, immobilizzazione viene effettuata direttamente su tavola spinale. In caso di lussazioni o distorsioni isolate immobilizzare l’articolazione colpita utilizzando le steccobende a depressione modellate attorno all’articolazione, un bendaggio elastico o i triangoli. In caso di lussazione della spalla immobilizzare l’arto con il gomito flesso a 90°. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 39 Croce Rossa Italiana TRAUMA CRANICO Il trauma cranico rappresenta per frequenza e per impiego di risorse, uno dei maggiori problemi sanitari; oltre il 60% delle vittime d’incidenti stradali presentano traumi cranio-encefalici. La classificazione del trauma cranico è molto complessa è prende in considerazioni diversi aspetti (forza impressa, agente causale, danni provocati, ecc.). In questo testo ci limiteremo ad una breve classificazione e al riconoscimento dei sintomi e segnali di un trauma cranico. Sulla base del meccanismo di scambio di energia, i traumi al capo possono essere suddivisi in traumi chiusi e traumi aperti o penetranti. Trauma chiuso Come già ampiamente discusso nel capitolo dedicato alla cinematica, nel trauma chiuso le lesioni sono provocate dalla formazione di una cavità temporanea che allontana i tessuti dal punto di impatto. Le lesioni sono provocate dai fenomeni di compressione e lacerazione. Compressione. Quando il corpo si muove in avanti, con il capo in posizione anteriore, come nel caso di un urto frontale o di un tuffo di testa, è il capo che impatta e riceve per primo il trasferimento di energia. Successivamente, mentre il tronco prosegue nel suo movimento in avanti, si verifica la compressione della testa. Il trasferimento di energia avviene inizialmente a livello dello scalpo e del cranio. Il cranio può essere compreso e fratturato. Lacerazione. Dopo che il cranio ha terminato il suo moto in avanti, il cervello continua a muoversi nello stesso senso, iniziando a comprimersi contro il cranio intatto o fratturato, producendo una concussione, una contusione o una lacerazione. Il cervello è soffice e comprimibile, quindi la sua lunghezza si riduce. La parte posteriore dell’encefalo, continuando il suo moto in avanti, può allontanarsi dalla superficie interna del cranio, che ha già cessato il suo movimento. Questa separazione del cervello dal cranio può stirare o lacerare qualunque vaso della zona con conseguente raccolta di sangue nello spazio tra le meningi ed emorragia. Fig. 39. Quando il cranio interrompe il proprio moto in avanti, il cervello continua a muoversi. La parte del cervello più vicina al punto di impatto viene compressa, contusa e forse anche lacerata, mentre la porzione più distale all’impatto si separa dalla scatola cranica con strappamento e lacerazione dei vasi coinvolti. Volontari del Soccorso Mirano-Spinea Trauma penetrante Quando un corpo contundente penetra nel cranio, la sua energia viene distribuita all’interno di uno spazio chiuso generando una cavità temporanea ed una permanente. Il tessuto cerebrale viene compresso contro la parete interna del cranio (scatola rigida) che non è in grado di espandersi subendo molti più danni di quelli riscontrabili in caso di una possibile libera espansione. Se l’energia è sufficientemente grande (armi ad alta energia) il cranio può anche esplodere. Le lesioni craniche traumatiche possono essere suddivise in due categorie considerando il meccanismo di lesione. Lesioni cerebrali primarie Lesioni causate da un trauma diretto al cervello con possibili lesioni vascolari associate. I neuroni, cellule permanenti, possono subire un danno importante come diretta conseguenza del trauma. Se il danno subito è sufficientemente esteso, può causare la morte dei neuroni che non sono più in grado di rigenerarsi. In base alla zona dell’encefalo colpita e all’estensione del danno, il traumatizzato può subire dei danni neurologici permanenti di diverso grado. Lesioni cerebrali secondarie Alcuni fattori secondari possono provocare un ampliamento e un aggravamento della lesione primaria e dei deficit neurologici permanenti. Per un soccorritore, è di fondamentale importanza riconoscere e trattare precocemente queste condizioni per ridurre al minimo l’estensione dei danni neurologici. Le lesioni secondarie possono a loro volta essere suddivise in sistemiche e intracraniche. Le cause sistemiche devono essere riconosciute e trattate già in fase preospedaliera. Queste comprendono l’ipossia, l’alterazione del livello di anidride carbonica (ipocapnia o ipercapnia), l’anemia e l’ipotensione e l’alterazione della concentrazione di glucosio. Ricordiamo che i neuroni sono molto sensibili alla riduzione della concentrazione di ossigeno. Il tessuto cerebrale già ischemico a causa dell’evento primario, è molto sensibile anche a brevi periodi d’ipossia. La morte irreversibile dei neuroni si instaura anche dopo soli 4-6 minuti di assenza di ossigeno (danno anossico). In un soggetto traumatizzato sono molte le cause che portano ad ipossia: l’ostruzione delle vie aeree a causa della lingua nel soggetto incosciente o per presenza o aspirazione di vomito e sangue, un trauma toracico che influenza la meccanica ventilatoria ecc. Generalizzando, ricordate che tutte le cause che portano ad ipoventilazione o iperventilazione inducono uno stato di ipossia e/o un alterazione della concentrazione di anidride carbonica che peggiora ulteriormente la ventilazione. Lo stato confusionale rappresenta molto spesso il primo sintomo di una scarsa ossigenazione cerebrale. L’intossicazione da stupefacenti e alcool può portare rapidamente ad un quadro di ipoventilazione che contribuisce ad aumentare la concentrazione di CO2 e quindi a peggiorare gli scambi gassosi. Tutte queste considerazioni ci portano ad affermare che in un traumatizzato, una delle priorità più impor- Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 40 Croce Rossa Italiana tanti, è garantire una corretta ventilazione. Una lesione traumatica alla testa può provocare emorragie sia interne che esterne, inoltre in un politraumatizzato ci può essere una perdita di sangue legata a lesioni in altri distretti. L’anemia che consegue ad una grave perdita ematica, può compromettere l’ossigenazione a livello sistemico e a livello cerebrale aggravando ulteriormente il danno anossico. Il riscontro di uno stato di ipotensione (PAS inferiore a 100 mmHg) è un sego tardivo di shock ipovolemico e pertanto deve allertare il soccorritore. Le cause intracraniche di lesione cerebrale secondaria sono convulsioni, edema e la formazione di ematomi intracranici. Sia l’edema che il sanguinamento causano un aumento della pressione intracranica (PIC). L’edema cerebrale può essere immaginato come un vero e proprio rigonfiamento del cervello causato dall’aumento del liquido extracellulare. Il rigonfiamento della massa cerebrale, comprimendo l’encefalo, aggrava lo stato ipossico. La formazione di un ematoma intracranico è una condizione potenzialmente molto pericolosa per la vita, perché la massa dell’ematoma va ad occupare uno spazio molto importante all’interno della scatola cranica. Un soggetto che ha subito un grave trauma cranico, è a rischio di sviluppare crisi convulsive per diversi motivi. L’ipossia, alterazioni elettrolitiche, l’ipoglicemia possono lesionare il tessuto cerebrale generando un focolaio epilettogeno in grado di scatenare crisi convulsive del tutto simili alle crisi epilettiche. Effetti dell’impatto Volontari del Soccorso Mirano-Spinea movimento dell’encefalo all’interno di esso. La commozione cerebrale è una sindrome clinica consecutiva ad un trauma cranico, caratterizzata da immediata e transitoria perdita di coscienza, in assenza di lesioni sicuramente dimostrabili e di interessamento della scatola cranica. Al ripristino della coscienza si possono manifestare dei deficit di memoria: amnesia retrograda, ovvero incapacità di ricordare gli eventi prima dell’incidente, o amnesia anterograda (molto frequente), difficoltà di ricordare particolari avvenuti dopo la ripresa della coscienza. Questo deficit di memoria spesso è a breve termine ma genera nel paziente uno stato di ansia per le sue condizioni di salute. La perdita di memoria a lungo termine associata alla commozione è rara, molto più spesso il soggetto invece non riuscirà più a ricordare il momento del trauma. Per il soccorritore può essere difficile ricostruire la dinamica dell’evento basandosi sul racconto del traumatizzato. Una commozione può essere tanto lieve che il paziente stesso non si accorge della lesione. Di solito questo tipo di trauma non provoca danni rilevabili ai tessuti cerebrali. La maggior parte dei soggetti con commozione cerebrale avverte un senso di “stordimento” spesso accompagnato da intensa cefalea (mal di test). Un esempio tipico di trauma commotivo è la perdita di coscienza di un pugile che viene messo “fuori combattimento” da un pugno inferto alla testa (kock-out). Nelle forme non commotive il paziente ha subito un trauma cranico di lieve entità, tale da provocargli solamente dolore nel punto di impatto ma nessuna perdita di coscienza. Sui tessuti: Escoriazioni Contusioni Ferite Avvulsioni Sul cranio Fratture Ferite - scalpo Sul tessuto cerebrale Contusione- ematoma Emorragia Lacerazioni Edema á PIC Tab. 6. Effetti locali dell’impatto sulle strutture anatomiche del capo. TRAUMI CRANICI SPECIFICI COMMOZIONE CEREBRALE La commozione cerebrale, o concussione, può essere immaginata come uno “scuotimento” del cervello all’interno della scatola cranica rigida. Si osserva tipicamente dopo un impatto brusco che provoca un’improvvisa decelerazione del cranio e un Fig. 40. L’amnesia retrograda è l’incapacità di ricordare gli venti precedenti l’impatto, l’amnesia anterograda riguarda l’incapacità di ricordare gli avvenimenti successi immediatamente dopo l’impatto (buco di memoria). CONTUSIONE CEREBRALE Un trauma diretto alla testa può generare una contusione (ematoma) della massa cerebrale nel punto stesso in cui viene colpita o, per contraccolpo, nella direzione esattamente opposta alla prima come esito del brusco movimento del cervello che si muove all’interno della scatola cranica. I segni e sintomi di una contusione variano a seconda della localizzazione e delle dimensione dell’area contusa. Il tessuto cerebrale che viene schiacciato può andare incontro ad una necrosi localizzata e generare delle piccole emorragie intracraniche. Il danno ischemico cerebrale può portare alla formazione di edema diffuso. L’effetto di questa massa di liquido extracellulare, può manifestarsi anche a distanza di ore dall’impatto. I traumi in grado di provocare una perdita di coscienza Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 41 Croce Rossa Italiana prolungata di solito causano una contusione di grado variabile. Fig. 41. Le contusioni più profonde derivano dall’applicazione di forze di accelerazione e decelerazione che spostano la massa cerebrale in relazione alla scatola cranica rigida. La lesione di può verificare nel punto di applicazione della forza (lesione da colpo) ma anche, dato che l’encefalo torna indietro, nel punto antipolare (lesione da contraccolpo). FRATTURE CRANICHE Le fratture della scatola cranica possono essere provocate da un trauma chiuso o da un trauma penetrante. La presenza di fratture craniche accresce notevolmente la possibilità che vi siano delle lesioni intracraniche. In alcuni casi un’attenta palpazione della testa può evidenziare segni di avvallamenti o instabilità ossea. Le fratture aperte sono molto pericolose perchè possono consentire l’ingresso di batteri e aria nel liquor, e inoltre possono costituire una via di uscita di liquor e materia cerebrale.Le fratture aperte, come pure tutte le ferite della testa, devono essere sempre considerate ad altissimo rischio di infezioni (meningite), quindi vanno sempre accuratamente protette con teli sterili. La fuoriuscita di sangue o liquor (liquido giallo) dall’orecchio o dal naso deve indurre il soccorritore a sospettare una frattura della base cranica. Fig. 42. Le fratture delle ossa craniche possono essere depresse o infossate con possibile penetrazione dei frammenti ossei, o possono essere lineari. Volontari del Soccorso Mirano-Spinea L’evoluzione classica di un ematoma epidurale consiste in una prima breve perdita di coscienza dopo il trauma e in una ripresa dello stato di coscienza seguita da un secondo rapido deterioramento. Durante il periodo di coscienza, detto “intervallo lucido”, il traumatizzato può essere lucido ed orientato oppure soporoso e lamentare cefalea. Il livello di coscienza può deteriorare rapidamente. Questa considerazione conferma l’importanza della valutazione costante delle funzioni vitali (coscienza, respiro e circolo) che non deve mai essere trascurata in nessuna fase nell’approccio e trattamento del traumatizzato. Ematoma subdurale. Raccolta di sangue tra la dura madre e l’aracnoide. Sono provocati da lacerazione dei vasi del cervello o delle meningi a causa di un trauma ad energia medio-alta. Non è necessario un trauma cranico diretto perché si abbia un’emorragia subdurale, essendo sufficienti le sole forze di accelerazione, in particolare nei soggetti anziani o nei soggetti in terapia anticoagulante. Le conseguenze possono manifestarsi immediatamente oppure possono comparire dopo giorni o mesi dall’incidente. Oltre alle alterazioni del livello di coscienza, che vanno dalla perdita transitoria della coscienza fino al coma, si possono manifestare altri segni neurologici specifici in base alla localizzazione dell’ematoma (anormalità delle pupille, deficit motori, disturbi della vista, cefalea, cambiamenti di personalità ecc.). Ematoma intracerebrale. Lesione dei vasi sanguigni all’interno del cervello come diretta conseguenza di un trauma chiuso contusivo. Poiché la scatola cranica è inestensibile, qualsiasi ematoma al suo interno comprime direttamente il cervello e fa aumentare la pressione intracranica. Questi ematomi possono continuare ad aumentare di volume dopo il trauma aggravando sempre più le condizioni neurologiche. Fig. 43. Classificazione degli ematomi cerebrali in base alla sede di localizzazione. EMATOMI INTRACRANICI SEGNI E SINTOMI Gli ematomi intracranici consistono nella formazione di una massa di sangue nello spazio tra le meningi o direttamente nel tessuto cerebrale. In tutti i casi, questa massa di sangue occupa spazio all’interno della scatola cranica contribuendo all’aumento della pressione intracranica. In base alla localizzazione, possono essere classificati in: Ematoma epidurale. Raccolta di sangue tra il cranio e la dura madre (meninge più esterna). Sono provocati spesso da traumi a bassa energia in zona temporale tipo un pugno o il colpo di una palla da tennis. In circa il 50% dei casi, l’accurata valutazione dei traumatizzati cranici è resa spesso difficile dalla contemporanea presenza di lesioni in altre parti del corpo. Può essere utile distinguere fra quattro classi di segni. 1. Segni di trauma Riguardano soluzioni di continuità del cuoio capelluto, lesioni della volta cranica, escoriazioni, contusioni, ematomi, ferite lacero-contuse, talora con copioso sanguinamento data la notevole vascolarizzazione, fino a giungere ad avulsione di gran parte del cuoio capelluto (ferite a scalpo). Avvallamenti o soluzioni di continuità della scatola Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 42 Croce Rossa Italiana cranica sono evidenti segni di frattura. Peraltro molte fratture craniche non presentano alcun segno visibile dall'esterno. Lesioni o tumefazioni del cuoio capelluto sono segni certi di trauma cranico, ma non danno nessuna informazioni sulla sua gravità e, in alcuni casi, possono essere assenti. Emorragia dal naso o dall’orecchio (rinorragia o otorragia) associata o meno a perdita di liquido liquor (liquido chiaro, giallastro sui vestiti) dal naso dall’orecchio (rino o otoliquorrea). Ematomi periorbitali (occhio da procione) ed ematomi retroauricolari (segno di Battle) sono generalmente riscontri tardivi. Fig. 44. Nell’immagine sono riportati alcuni dei segni esterni di trauma cranico. 2. Alterazioni sistemiche Alterazioni della funzione respiratoria (bradipnea, dispnea, iperventilazione, apnea, respiro rapido e superficiale, â SpO2 ecc.) fino all’arresto respiratorio. Alterazioni della funzione cardiocircolatoria (bradicardia, ipotensione, aumentato tempo di riempimento capillare, polso rapido e superficiale) fino all’arresto cardiocircolatorio. Pallore, cute fredda e sudata (segni di ipoperfusione). Cefalea, vertigini, vomito a getto non preceduto da nausea. Disturbi della vista o della parola (difficoltà ad articolare le parole). 3. Segni di compromissione neurologica L'amnesia dell'evento è estremamente comune, meno comune l'amnesia retrograda, nella quale l'ultimo ricordo risale a parecchio tempo prima del trauma. Non si tratta di sintomi allarmanti, ma indicano senz'altro una commozione cerebrale. Le convulsioni sono indici comuni di compromissione neurologica. Deficit motori di vario grado (prevalentemente emiparesi). Bradicardia e ipertensione (qualora si verifichino contemporaneamente) rappresentano il segno di Cushing Volontari del Soccorso Mirano-Spinea e sono indici di edema cerebrale. Le pupille forniscono informazioni importanti sulla sede e gravità della lesione, valutare quindi il diametro pupillare e la reazione alla luce. 4. Disturbi di coscienza Una perdita di coscienza transitoria (da pochi secondi a pochi minuti) è comunemente associata a un trauma cranico ed è indice di commozione cerebrale, in genere senza conseguenze per il paziente. I disturbi della coscienza possono andare dalla semplice confusione mentale fino a stupore, sonnolenza o coma, sono quasi sempre associata a una lesione cerebrale. In alcuni casi si può assistere a cambiamenti della personalità: soggetto aggressivo. Un peggioramento improvviso dello stato di coscienza dopo un intervallo libero (da pochi minuti a 24 ore) indica la formazione di un ematoma cerebrale o la comparsa di edema cerebrale. La valutazione dello stato di coscienza andrebbe eseguita per mezzo della Glasgow Coma Score (GCS). Di norma lo stato di coscienza è correlato con la gravità del trauma cranico, ma non nelle ferite craniche penetranti, che possono essere molto gravi anche senza compromissione dello stato di coscienza. Fig. 45. Classificazione della gravità delle Lesioni Craniche Traumatiche effettuata considerando la durata della perdita di coscienza ed il livello di GCS. TRATTAMENTO La gestione efficace di un soggetto con una lesione cranica traumatica inizia con le manovre classiche che permettono di risolvere le condizioni potenzialmente mortali individuate nella valutazione primaria o emerse durante le altre fasi del soccorso. In generale, l'azione del soccorritore deve essere mirata al raggiungimento dei seguenti obbiettivi: 1. Garantire la pervietà delle vie aeree. I soggetti incoscienti o con un diminuito livello di coscienza necessitano di assistenza per garantire la pervietà delle vie aeree con le tecniche o mezzi già esposti. 2. Controllare il vomito. L'aspirazione del contenuto gastrico va sempre evitata, aspirare solo il vomito presente nel cavo orale Contemporaneamente, è necessario evitare manovre che potrebbero aggravare una lesione cervicale. Nel caso di paziente incosciente o sospetto di lesione cervicale occorre immobilizzare adeguatamente il paziente in posizione neutra. In queste condizioni il controllo del vomito può diventare problematico. Per svuotare bocca e prime vie aeree da contenuto gastrico e sangue è necessario girare il paziente sul fianco, Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 43 Croce Rossa Italiana sempre però proteggendo il rachide cervicale e mantenendo l'asse testa-collo-tronco. Questa operazione può essere semplice qualora il paziente sia immobilizzato su una tavola spinale, complessa qualora sia immobilizzato per mezzo di dispositivi meno adatti (barella cucchiaio, assi corte), estremamente difficoltosa qualora il paziente non sia immobilizzato. L'utilizzo di un aspiratore per liberare bocca e prime vie aeree è possibile, ma non sempre è efficace a meno che il contenuto gastrico non sia estremamente fluido. 3. Proteggere il rachide cervicale. Circa il 5% di pazienti con grave trauma cranico presenta una frattura cervicale associata quindi provvedere all’immobilizzazione del rachide cervicale posizionando un collare cervicale e immobilizzare il paziente su un piano rigido. Ridurre l'ipertensione endocranica e i danni anossici. 4. Prevenire l’ipossia. Somministrare ossigeno ad alto flusso con l’obiettivo di mantenere la saturazione di O2 superiore al 95%. In caso di respirazione difficoltosa prendere in considerazione la ventilazione assistita a pressione positiva (con pallone ambu) o la ventilazione artificiale in caso di gasping o arresto respiratorio. L'ossigeno riducendo l'ipossia cerebrale contribuisce a combattere l'edema cerebrale. 5. Controllo emorragie e ferite. Non tamponare eventuali rinorragie o otorragie. Un’emorragia esteriorizzata rappresenta un naturale drenaggio di un ematoma endocranico. Coprire con teli o garze sterili le ferite aperte e tamponare le eventuali emorragie esterne. In caso di fratture craniche non esercitare una pressione eccessiva direttamente sul sito di lesione. LESIONI VERTEBRO MIDOLLARI La parte ossea della colonna vertebrale può normalmente sopportare forze piuttosto elevate di energia (fino a 7000 Kg). I movimenti ad alta velocità, gli incidenti automobilistici a bassa o media energia o gli sport di contatto possono superare facilmente questo limite generando delle lesioni di vario genere alla colonna. Le lesioni traumatiche della colonna vertebrale possono essere limitate alle sole strutture di rivestimento e contenimento delle vertebre (contusioni, distorsioni dei legamenti, lussazioni…) oppure dare luogo a vere e proprie fratture delle vertebre. La complicanza più grave di un trauma vertebrale è, naturalmente, la possibile compromissione del midollo spinale (dalla contusione allo stiramento o alla sezione completa e irreversibile del midollo) o delle radici dei nervi spinali. In alcuni casi il trauma alle vertebre potrebbe generare una colonna instabile, ma non produrre un immediato danno midollare. La mancanza di deficit neurologici non esclude una frattura o una colonna instabile. Sebbene la presenza di una buona risposta motoria e sensitiva agli arti indichi che il midollo è attualmente Volontari del Soccorso Mirano-Spinea intatto, non esclude la presenza di una colonna instabile che potrebbe peggiorare con i movimenti. SPECIFICI MECCANISMI DI LESIONE I meccanismi traumatici che possono causare una lesione spinale sono: Il caricamento assiale può avvenire in molti modi. Più comunemente, questa compressione della colonna si verifica quando la testa urta un oggetto e il peso del corpo ancora in movimento si scontra con la testa ferma. Il caricamento assiale si verifica anche quando un soggetto cade in piedi da un’altezza considerevole. In questo modo, il peso della testa e del torace sono indirizzati contro la colonna lombare, mentre la colonna sacrale rimane ferma.Durante questo scambio di energia, la colonna vertebrale tende ad esagerare le normali curvature e, a livello di queste regioni , si verificano fratture e compressioni. Fig. 46. Caricamento assiale. La colonna può essere compressa direttamente lungo il proprio asse se l’impatto avviene con il capo (a sinistra) oppure può scaricare l’energia a livello della colonna lombare o sacrale nelle cadute in piedi da altezze superiori a 4 mt (a destra). L’eccessiva flessione (iperflessione), l’eccessiva estensione (iperestensione) e l’eccessiva rotazione possono causare lesioni ossee e strappamento dei muscoli e dei legamenti, dando luogo a una lesione o ad uno stiramento del midollo spinale. La distrazione (eccessivo allungamento della colonna) si verifica quando una parte della colonna è stabile e la parte restante ha un movimento longitudinale che può facilmente generare uno stiramento o strappamento del midollo spinale. Fig. 47. Comportamento delle vertebre cervicali nei movimenti di distrazione, estensione, compressione e flessione. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 44 Croce Rossa Italiana La flessione laterale improvvisa o eccessiva richiede un movimento molto minore rispetto alla flessione o all’estensione prima che si verifichi il trauma. Durante un impatto laterale, il tronco e la colonna toracica vengono spostati lateralmente. La testa tende a rimanere nella propria posizione finché viene spinta dalle articolazioni cervicali. Essendo spostato il centro di gravità, la testa tende a ruotare lateralmente dando luogo a lussazioni e fratture ossee. Fig. 48. Rotazione o flessione laterale della colonna vertebrale. Volontari del Soccorso Mirano-Spinea porta anestesia sottolesionale ad esempio una lesione midollare a livello dorsale determina paralisi e anestesia solo degli arti inferiori ma una lesione completa localizzata nel tratto cervicale porta rapidamente a morte a causa della paralisi dei muscoli respiratori. Nelle sezioni incomplete vengono preservate alcune fibre dei tratti motori o sensitivi causando una sintomatologia più lieve come la perdita della sensibilità termica, dolorifica o tattile o la perdita di alcune funzioni motorie. Sebbene una sezione incompleta determina danni minori, bisogna ricordarsi che un movimento incauto del soccorritore potrebbe far evolvere la lesione incompleta in una completa. Lo shock neurogeno secondario ad una lesione spinale rappresenta un sintomo aggiuntivo rilevante. Lo shock neurogeno, a differenza di quello di origine ipovolemica, conduce allo stato di ipoperfusione tessutale a causa di una brusca vasodilatazione provocata dalla perdita del tono simpatico. In questi casi non vi è la tachicardia caratteristica degli altri tipi di shock, al contrario nello shock neurogeno la pelle e calda e asciutta, la FC è bassa e anche la pressione è bassa. Fig. 49. Mell’immagine sono riportati alcuni esempi di lesioni (fratture, lussazioni, lesioni dei legamenti) a carico della colonna vertebrale. LESIONI MIDOLLARI Le lesioni primarie si verificano al momento dell’impatto o dell’applicazione delle forze e possono causare una compressione del midollo, una lesione diretta del midollo (generalmente a causa di un frammento osseo tagliente), o una interruzione della vascolarizzazione del midollo. Le lesioni secondarie si verificano dopo il trauma iniziale e possono includere la formazione di edema, ischemia o lo spostamento di un frammento osseo. I segni possono essere i più disparati in relazione al livello della lesione midollare; in generale più alta risulta essere una lesione midollare maggiore sarà la gravità. La contusione midollare comprende contusioni o sanguinamenti del tessuto midollare, che possono anche determinare una temporanea perdita delle funzioni motorie e sensitive distalmente alla lesione. Il tessuto contuso può indurre uno stato ischemico del tessuto e di conseguenza un edema che comprime ancora di più il midollo. Questa lesione può essere reversibile se il midollo ha subito solo un lieve danno. La sezione del midollo spinale può essere completa o incompleta. In una sezione completa sono interrotte tutte le fibre nervose del tratto spinale al di sotto della sede di lesione. Una sezione midollare completa com- Fig. 50. Immagine che illustra come le sezioni alte del midollo (cervicali) producano tetraplegia, mentre lesioni più basse possono generare uno stato di paraplegia. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 45 Croce Rossa Italiana SEGNI E SINTOMI La sintomatologia neurologica caratteristica di una lesione midollare è caratterizzata da tre ordini di disturbi, che riguardano la sensibilità, la mobilità e la funzione sfinterica. ¬ Dolore al collo o alla schiena ¬ Dolore al movimento del collo o della schiena ¬ Dolore alla palpazione della colonna vertebrale ¬ Qualsiasi deformità della colonna vertebrale ¬ Difesa o rigidità dei muscoli del collo o della schiena ¬ Paralisi, paresi, intorpidimento o formicolio nelle gambe e nelle braccia ¬ Segni e sintomi di shock neurogeno ¬ Perdita della funzione degli sfinteri ¬ Dinamica e cinematica indicatrice di sospetta lesione spinale. Di fronte ad un infortunato senza segni clinici riferibili a lesioni midollari non si può affatto escludere che abbia lesioni alle vertebre o ai legamenti della colonna vertebrale tali da renderla instabile e quindi estremamente vulnerabile ad ogni movimento. TRATTAMENTO Il trattamento nei casi di sospette lesioni vertebrali è l’immobilizzazione spinale. Ovviamente, il soccorritore prima di arrivare alla decisione di immobilizzare completamente il traumatizzato, dovrà aver almeno completato la valutazione primaria e trattato eventuali problemi riscontrati. Il meccanismo traumatico può essere utilizzato come aiuto nel determinare le indicazioni all’immobilizzazione spinale. Il soccorritore deve utilizzare un buon giudizio clinico e, se in dubbio, immobilizzare. Nel caso di un trauma chiuso, esistono determinate condizioni che impongono l’immobilizzazione spinale: ¬ Livello alterato di coscienza. GCS< 15, stato mentale alterato, lesione cranica traumatica. ¬ Dolore o dolorabilità alla colonna. ¬ Deficit o disturbi neurologici. ¬ Deformità anatomiche della colonna. L’assenza di questi indicatori non esclude la presenza di una lesione alla colonna. Quando un paziente ha un meccanismo traumatico significativo, in assenza delle condizioni appena elencate, e valutata l’attendibilità del paziente, il soccorritore può decidere comunque per l’immobilizzazione spinale. Sospettare sempre la presenza di lesioni vertebrali in ogni paziente con un trauma; il solo esame neurologico non può escludere la presenza di lesioni che possono essere confermate solo dopo esame radiologico. Se il soccorritore valuta che il meccanismo del trauma non è indicativo di trauma spinale o altro tipo di trauma importante e la valutazione attenta e accurata del paziente non evidenzia niente di anormale può anche decidere di non procedere con l’immobilizzazione spinale. L’attendibilità di un paziente deve essere valutata prendendo in considerazione i seguenti punti: ¬ Intossicazione. Soggetti sotto l’influsso di droghe, alcool o farmaci. ¬ Lesioni distraenti. I traumi distraenti sono quelli con Volontari del Soccorso Mirano-Spinea lesioni molto dolore o particolarmente impressionanti che possono impedire al soggetto di dare risposte affidabili. ¬ Barriere di comunicazione. Barriere linguistiche, stati di demenza mentale o pazienti che per una qualsiasi ragione non possono comunicare. IMMOBILIZZAZIONE SPINALE L’immobilizzazione spinale prevede il posizionamento del soggetto in posizione supina su una tavola rigida mantenendo l’allineamento neutrale. La testa, il collo, il tronco e il bacino devono essere immobilizzati in una posizione di allineamento neutrale per prevenire qualsiasi ulteriore movimento che possa determinare un danno al midollo. L’immobilizzazione spinale segue i comuni principi di trattamento delle fratture: “l’articolazione sopra” della colonna indica che la testa deve essere immobilizzata e “l’articolazione sotto” indica il bacino. Una modesta flessione anteriore o estensione delle braccia non causa movimenti significativi dell’articolazione delle spalle. Qualunque movimento o angolazione del bacino determina un movimento del sacro e delle vertebre ad esso collegate. Ad esempio un movimento laterale di entrambi gli arti inferiori può determinare una angolazione del bacino ed una curvatura laterale della colonna. Spesso i soccorritori pongono troppa attenzione su particolari strumenti di immobilizzazione senza comprendere i principi dell’immobilizzazione. I seguenti criteri generali possono servire come valido strumento per misurare quanto efficacemente il soggetto sia stato immobilizzato: ¬ L’immobilizzazione manuale in asse è stata iniziata immediatamente e mantenuta fino alla sua sostituzione con un ausilio meccanico? ¬ È stato correttamente applicato un collare cervicale? ¬ Il tronco è stato assicurato sulla tavola prima della testa? ¬ Il presidio può muoversi in su e in giù rispetto al tronco? ¬ Può muoversi a destra e sinistra rispetto alla parte superiore del tronco? ¬ Può muoversi a destra e sinistra rispetto alla parte inferiore del tronco? ¬ Qualche parte del tronco può muoversi anteriormente rispetto al presidio? ¬ Le cinghie che attraversano il torace ne impediscono la normale escursione? ¬ La testa è efficacemente immobilizzata in modo da non potersi muovere in nessuna direzione? ¬ La testa si trova in una posizione neutrale in asse? ¬ C’è qualcosa che limita o impedisce i movimenti di apertura della bocca? ¬ Le gambe sono ben immobilizzate in modo da non poter compiere alcun movimento? ¬ Il bacino e le gambe sono in posizione neutrale? ¬ Le braccia sono adeguatamente immobilizzate alla tavola e al tronco? ¬ Ci sono cinghie che compromettono la circolazione periferica di un arto? ¬ Mentre veniva applicato il presidio, il paziente è stato urtato, scosso o ha compiuto un qualsiasi movimento in grado di compromettere una colonna instabile? ¬ L’intera procedura è stata completata in un tempo congruo? Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 46 Croce Rossa Italiana COLPO DI FRUSTA Il colpo di frusta è un evento traumatico relativamente frequente negli incidenti stradali ed in particolare dei tamponamenti automobilistici. Per inerzia la testa del passeggero o del guidatore viene proiettata repentinamente e violentemente all’indietro e subito dopo, per rimbalzo, ricade in avanti, producendo delle lesioni da stiramento prevalentemente a carico dei muscoli del collo. I danni sono considerevolmente più gravi in assenza di poggiatesta; in questi casi si possono riscontrare danni cerebrali legati allo scuotimento dell’encefalo nella scatola cranica. La sintomatologia è molto variabile potendo andare da dolore e rigidità in sede nucale, cefalea fino a perdita di sensibilità e forza agli arti superiori nei casi più gravi. Altri sintomi associati in modo variabile al colpo di frusta sono vertigini, disturbi visivi e auditivi, nausea, raucedine. Il dolore può comparire anche dopo ore o alcuni giorni dal trauma. In questi casi, se non ci sono indicazioni all’immobilizzazione spinale, è sempre consigliabile applicare un collare cervicale di tipo rigido o morbido. Volontari del Soccorso Mirano-Spinea del sangue) è solitamente secondaria al metabolismo anaerobio di cellule scarsamente ossigenate. Un insufficiente ventilazione polmonare può essere causata anche da una contusione del tessuto polmonare che determina alterazioni nel rapporto ventilazione-perfusione o da mutamenti pressori all'interno dello spazio pleurico che determinano uno spostamento delle strutture mediastiniche e un collasso del polmone. Le lesioni del torace che non vengono riconosciute a causa di una valutazione non completa o poco attente possono compromettere la ventilazione o gli scambi respiratori. L’obiettivo “terapeutico” del soccorritore è migliorare la respirazione prevenendo o trattando l’ipossia e l’ipoventilazione. Le lesioni toraciche possono essere penetranti o chiuse. Trauma chiuso Compressione. Se l’impatto di una collisione è incentrato sulla parte anteriore del torace, lo sterno assorbe il trasferimento iniziale di energia. Quando lo sterno si arresta bruscamente, la parte toracica posteriore (muscoli e colonna vertebrale) e tutti gli organi contenuti nella cavità toracica continuano a muoversi in avanti finché non urtano lo sterno. Il proseguimento del moto in avanti provoca un incurvamento delle coste fino a superare la loro elasticità. Il che può produrre fratture costali o un lembo costale mobile oltre a produrre danni agli organi interni. Lacerazione. Il cuore, e i grossi vasi sanguigni come l’aorta sono relativamente mobili nel torace. Quando in una collisione la struttura scheletrica si ferma bruscamente, il cuore ed il tratto iniziale dell’aorta continuano il loro moto in avanti. Le forze di trattamento prodotte possono lacerare l’aorta proprio in corrispondenza della giunzione tra la porzione libera e la porzione ancorata. Fig. 51. Il colpo di frusta è un danno legato a traumi che causano distorsione o stiramento delle strutture muscololegamentose del rachide cervicale a seguito di movimenti di iperflessione o iperestensione. TRAUMI TORACICI La gabbia toracica è una struttura importantissima perché ha la duplice funzione di proteggere gli organi vitali (cuore, polmoni, esofago, trachea, grossi vasi) e permettere la respirazione. I traumi toracici causati da fenomeni contusivi, compressivi o penetranti possono provocare danni agli organi vitali che si ripercuotono sulla funzione cardiocircolatoria e polmonare. Un trauma toracico spesso determina ipossia tissutale. L'ipossia ha origine da una inadeguata disponibilità di sangue ossigenato a livello dei tessuti sia per la diminuzione della perfusione sia per la diminuzione del trasporto di ossigeno da parte dei globuli rossi. L’ipercapnia (aumento della concentrazione di CO2 nel sangue) è legata alla diminuzione della ventilazione mentre l’acidosi (accumulo di acidi e diminuzione del pH Fig. 52. Nel trauma toracico chiuso sono coinvolte forze di compressione di strappamento. Trauma penetrante Nelle lesioni penetranti qualsiasi organo o struttura contenuta nella gabbia toracica può essere leso. Non bisogna mai sottovalutare la possibilità che un oggetto penetrante nella gabbia toracica possa interessare anche le strutture contenute nella cavità addominale. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 47 Croce Rossa Italiana In base alle strutture interessate dal trauma, i traumi toracici possono essere così suddivisi: Lesioni della gabbia toracica: ¬ Fratture costali ¬ Volet costale ¬ Fratture dello sterno Lesioni viscerali: ¬ Pneumotorace ¬ Emotorace ¬ Tamponamento cardiaco ¬ Contusioni polmonari ¬ Traumi esofagei ¬ Traumi tracheali ¬ Rottura traumatica dell’aorta ¬ Rottura del diaframma SEGNI E SINTOMI DI TRAUMA TORACICO I segni e sintomi di trauma toracico, sia che interessi le strutture ossee, i polmoni o gli altri organi contenuti nel torace, comprendono: dispnea, tachipnea, dolore che generalmente peggiora durante l’inspirazione e tutti i segni legati all’instaurarsi di uno stato di shock. Non bisogna dimenticare che spesso le lesioni toraciche sono inserite in un contesto di più traumi. L’assenza di sintomi, tuttavia, non sottintende l’assenza di lesioni. Poiché gli organi fondamentali per la respirazione e la circolazione cono contenuti nel torace, le lesioni maggiori del torace possono causare alterazioni fisiologiche pericolose per la vita del paziente. A seconda poi dei diversi tipi di lesione si potranno riscontrare segni e sintomi caratteristici. FRATTURE COSTALI Le fratture costali semplici sono raramente pericolose per la vita. I segni e sintomi includono dolore intenso che peggiora con il movimento, dolore locale alla palpazione e, talvolta, crepitio osseo. Molto spesso le fratture sono a carico delle coste dalla 3° all’8° e si verificano nella porzione laterale. Di maggiore importanza sono la valutazione e il riconoscimento delle lesioni associate alle strutture sottostanti, spesso pericolose per la vita come perforazione di un polmone da parte del margine aguzzo di una costa fratturata o lesione di altri visceri (cuore, diaframma, fegato, milza e reni). Fig. 53. Meccanismo di lesione che provoca fratture costali per l’applicazione di una forza in direzione anteroposteriore (a sinistra) o in senso trasversale rispetto al torace (a destra). Volontari del Soccorso Mirano-Spinea TRATTAMENTO Il trattamento dei soggetti con fratture costali non complicate e in assenza di indicatori per l’immobilizzazione spinale, consiste essenzialmente nel trattamento del dolore. Il soccorritore può alleviare il dolore provocato dalle coste fratturate con l’immobilizzazione e la limitazione dei movimenti del torace dal lato leso. Questo obiettivo può essere ottenuto utilizzando il braccio del paziente e un bendaggio a fascia che non comprima troppo e non ostacoli però la respirazione. Se non sussistono controindicazioni, il soggetto può essere trasportato in decubito laterale dal lato leso per limitare i movimenti del torace dalla parte fratturata e consentire la normale espansione del emitorace sano. LEMBO COSTALE O VOLET COSTALE Il lembo costale è generalmente causato da un impatto sullo sterno o sulla parete laterale del torace. In una collisione frontale lo sterno impatta contro la colonna dello sterzo. La continuazione, per inerzia, del movimento in avanti della parete posteriore del torace flette le coste fino alla loro frattura. Il lembo toracico si verifica quando due o più coste adiacenti si fratturano in due o più punti. Il segmento di torace che si trova fra le due fratture perde la sua stabilità meccanica con il resto della gabbia toracica. Il segmento libero si muove in direzione opposta alla gabbia toracica sia durante l’inspirazione che durante l’espirazione creando un respiro paradosso. Il risultato del movimento paradosso della gabbia toracica è una diminuzione della ventilazione che determina ipossia e ipercapnia. Il movimento paradosso spesso può essere estremamente difficile da individuare. Inizialmente, lo spasmo dei muscoli intercostali può limitare il moto paradosso, ma quando questi muscoli si rilassano il lembo costale diventa più evidente. Fig. 54. Volet costale a sinistra. A destra respiro paradosso. Se la stabilità della parete toracica viene persa per la presenza di coste fratturate in due o più punti, quando la pressione intratoracica diminuisce durante l’inspirazione, la pressione atmosferica esterna forza all’interno il lembo costale. Quando la pressione endotoracica aumenta nell’espirazione, il lembo costale è spinto all’esterno. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 48 Croce Rossa Italiana TRATTAMENTO Tutti i pazienti con lembo costale evidente devono ricevere ossigeno supplementare. Se la ventilazione e la saturazione di ossigeno non migliorano nonostante l’ossigeno è bene prendere in considerazionel’ipotesi si assistere la ventilazione con il pallone ambu. Volontari del Soccorso Mirano-Spinea trarsi contro un’altra auto: istintivamente prende un respiro profondo e lo trattiene isolando così i polmoni. Se l’urto è abbastanza violento, i polmoni possono esplodere come un sacchetto di carta pieno di aria che viene schiacciato tra le mani. CONTUSIONE POLMONARE Una contusione polmonare è una porzione di polmone lesionata a tal punto da causare un sanguinamento a livello del tessuto polmonare. L’aumento della quantità di liquido nello spazio tra la membrana degli alveoli e la parete dei capillari rende più difficoltoso il passaggio di ossigeno impedendo l’ossigenazione del segmento affetto. Quando l’area contusa è di dimensioni rilevanti si avranno ripercussioni importanti sulla ventilazione. PNEUMOTORACE Per pneumotorace (o PNX) s’intende la penetrazione di aria nello spazio pleurico. L’aria che penetra determina la separazione dei foglietti parietale e viscerale delle pleure, al progressivo aumento dell’aria in questo spazio segue il collasso del polmone. In condizioni fisiologiche, l’accoppiamento che permette di trasmettere al polmone i movimenti della gabbia toracica, è realizzato costringendo la pleura polmonare, che riveste la superficie esterna del polmone, a aderire intimamente alla pleura parietale che rivesta internamente la gabbia toracica. Con questo sistema il movimento di espansione della gabbia toracica ”tira” i polmoni creando così una pressione negativa che costringe l’aria ad entrare attraverso i sistemi di conduzione. Nella fase espiratoria la distensione della gabbia toracica fa ritornare i polmoni nella conformazione iniziale e quindi l’aria viene spinta fuori. Se entra dell’aria nello spazio pleurico i due foglietti si separano intaccando il meccanismo che consente di ventilare i polmoni. La pressione dell’aria presente nello spazio pleurico comprime il polmone impedendo l’ingresso dell’aria che arriva dai bronchi durante l’inspirazione. Ne consegue un’alterazione della meccanica respiratoria con conseguente ipoventilazione. Fig. 55. La compressione del polmone contro la glottide chiusa, conseguente a un impatto sulla parete anteriore o laterale del torace, può determinare un pneumotorace chiuso. PNEUMOTORACE APERTO Si verifica quando l’aria penetra nella gabbia toracica dall’esterno, attraverso una ferita (ferita penetrante da corpo estraneo o lacerazione causata dal margine aguzzo di una o più coste fratturate). Le ferite più grandi rimangono completamente aperte, permettendo all’aria di entrare ed uscire dallo spazio pleurico. Altre ferite, dette ferite soffianti, creano un meccanismo a valvola, l’aria entra nello spazio pleurico ma non è in grado di uscire. Questo meccanismo è molto pericoloso perché può portare rapidamente allo stabilirsi di un pneumotorace iperteso. PNEUMOTORACE SPONTANEO Questo tipo di pneumotorace non è di origine traumatica ed è dovuto, solitamente, alla rottura di piccole bolle che ritrovano sulla parte apicale dei polmoni al di sotto della pleura viscerale. Questa patologia si osserva generalmente in individui giovani, alti e magri, quasi sempre fumatori. Il pnx spontaneo può determinare un collasso minimo o completo del polmone. PNEUMOTORACE CHIUSO Fig. 56. Una ferita produce una breccia nella parete toracica attraverso cui l’aria può entrare e uscire dalla cavità pleurica. L’aria può entrare nello spazio pleurico da due parti: un’apertura nella parete toracica o un’apertura nei bronchi o nei polmoni. Si verifica quando l’aria penetra nella gabbia toracica attraverso una lesione del polmone, dei bronchi o della trachea senza che vi sia una discontinuità dei tessuti che lo rivestono, fenomeno detto del “sacchetto di carta”. Per fare un esempio, pensate a cosa succede ad una persona quando si accorge che sta per scon- Qualsiasi apertura nella parete toracica crea una via attraverso cui l’aria può penetrare dall’esterno nel torace. La pressione negativa che si crea all’interno del torace durante l’inspirazione risucchia l’aria esterna nel torace. Quest’aria rimane all’esterno del polmone Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 49 Croce Rossa Italiana su quel lato del torace nello spazio tra i due foglietti pleurici e pertanto non partecipa agli scambi gassosi. Il polmone viene compresso e non si può espandere per la presenza di aria nello spazio pleurico e perché dai bronchi non arriva aria a causa dell’alterazione della meccanica respiratoria. Il trattamento specifico in caso di pneumotorace aperto deve essere rivolto all’immediata chiusura della breccia toracica per evitare l’evoluzione in PNX iperteso. La ferita deve essere coperta con una medicazione chiusa solo su tre lati in maniera da creare una valvola che consente all’aria di uscire ma non di entrare. Se si osserva un peggioramento progressivo della respirazione o la comparsa di segni tipici di PNX iperteso, la medicazione deve essere rimossa subito. Fig. 57. Una medicazione semiocclusiva chiusa su tre lati crea una valvola a lembo che consente all’aria di uscire dallo spazio pleurico ma non di entrarci. PNEUMOTORACE IPERTESO Il PNX iperteso è una situazione estremamente pericolosa per la vita del paziente causata dalla formazione di una valvola unidirezionale che consente all’aria di entrare nello spazio pleurico ma non di uscirne. Può essere conseguenza di un pneumotorace aperto ma anche chiuso. L’aumento della pressione intrapleurica, fino a superare la pressione atmosferica, fa collassare completamente il polmone del lato affetto. Il polmone “sgonfio”, con il suo peso, comprime e sposta dal lato opposto le strutture che stanno al centro del torace (mediastino). La ventilazione è ancora più compromessa perché anche il polmone sano viene compresso dalle strutture del mediastino. La compressione del cuore e delle vene cave determinano una riduzione del ritorno venoso al cuore e di conseguenza una diminuzione della gittata cardiaca. Volontari del Soccorso Mirano-Spinea SEGNI E SINTOMI La presentazione del paziente con pneumotorace, indipendentemente dal fatto che sia aperto, chiuso o iperteso, varia a seconda della pressione intratoracica che si è sviluppata. In alcuni casi, i segni e sintomi possono essere lievi o irrivelabili, mentre in altri casi possono essere molto severi e in grado di pregiudicare le funzioni vitali. In linea generale, i segni e sintomi possono essere: ¬ difficoltà respiratorie (dispnea, tachipnea, fino a gasping e arresto respiratorio). ¬ Cianosi ¬ Dolore toracico di tipo pleurico ¬ Presenza di ferite o corpi estranei penetrati nel torace ¬ Deformità della gabbia toracica e asincronia nei movimenti respiratori ¬ Rumori e crepitii sottocutanei percepiti toccando il torace (enfisema sottocutaneo) ¬ Ipossia severa ¬ Frattura di 4 o più coste o volet costale ¬ Segni di traumi o contusioni in sede toracica ¬ Inoltre, in caso di PNX iperteso: Enfisema sottocutaneo: anomala raccolta di aria nello strato sottocutaneo. L’enfisema sottocutaneo è particolarmente evidente nella regione laterale del collo in corrispondenza del passaggio della giugulare sottoforma di gonfiore che al tatto emette dei caratteristici crepitii o nella regione superiore del torace. Turgore giugulare: la distensione delle vene del collo è causata dalla compressione delle vene cave (il sangue non riesce a tornare al cuore). Il turgore delle giugulari è un segno tradivo, tuttavia, se il paziente ha anche una cospicua emorragia, questo segno non sempre è rilevabile. Deviazione laterale della trachea. La deviazione della trachea dalla linea mediana visibile nel collo è un segno tardivo molto grave ed è causato dallo spostamento del mediastino. TRATTAMENTO A tutti i soggetti con pneumotorace deve essere somministrato ossigeno ad alti flussi e deve essere garantita un’adeguata ventilazione. Nel caso specifico di pneumotorace aperto, la ferita deve essere chiusa con una medicazione a tre lati. Il riscontro di segni e sintomi suggestivi di pnx aperto o iperteso, deve far allertare il soccorritore. In questi casi l’ospedalizzazione deve essere il più rapido possibile. Il trattamento salvavita, in caso di pnx iperteso, è la decompressione con ago. Questa manovra, che prevede l’inserimento di un ago nello spazio pleurico del lato affetto, può essere eseguita solo da personale sanitario anche nella fase extraspedaliera. Rottura tracheo-bronchiale Fig. 58. PNX iperteso. Se la quantità di aria intrappolata nello spazio pleurico continua ad aumentare, non solo collassa il polmone dal lato colpito, ma anche il mediastino viene compresso e la pressione intratoracica aumenta, con diminuzione del flusso ematico capillare e compressione della vena cava. Qualsiasi porzione dell’albero tracheo-bronchiale può essere lesionata da ferite penetranti o da traumi chiusi. Queste lesioni permettono un rapido e massiccio spostamento dell’aria nell’spazio pleurico e producono un PNX iperteso. La ventilazione assistita in questi Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 50 Croce Rossa Italiana casi può non essere utile perchè forza l’aria attraverso la breccia della trachea o dei bronchi aumentando ancora di più la pressione intrapleurica. Fig. 59. Rottura tracheobronchiale. La ventilazione assistita a pressione positiva può forzare direttamente l’aria attraverso la breccia determinando un PNX iperteso. EMOTORACE L’emotorace consiste nella presenza di sangue nello spazio pleurico, prevalentemente, a seguito di un evento traumatico (traumi contusivi o penetranti) o per la rottura traumatica dei vasi sanguigni intercostali. L’emotorace è un’urgenza grave perché può portare rapidamente a shock ipovolemico (lo spazio pleurico può contenere fino a 3 litri di sangue per ciascun lato). Benché sia un’evenienza molto rara, l’emotorace può verificarsi in associazione con un pneumotorace. Volontari del Soccorso Mirano-Spinea TAMPONAMENTO CARDIACO Raccolta di liquido o sangue nello spazio pericardico in seguito ad un evento traumatico o non della parete toracica, rottura della parete ventricolare in corso di IMA, dissecazione aortica, pericarditi... Il tamponamento cardiaco è un evento relativamente frequente negli incidenti automobilistici in cui il torace urta violentemente contro il volante (trauma evitabile con l’uso della cintura di sicurezza e dell’air bag) o come conseguenza di una ferita da arma bianca. La fuoriuscita di sangue dallo spazio pericardico non è possibile quindi ad ogni sistole (contrazione del cuore) la quantità di sangue si accumula sempre di più comprimendo il cuore e impedendo l’espansione diastolica. Questo meccanismo riduce la gittata cardiaca e diminuisce la perfusione miocardica. Un paziente con tamponamento cardiaco può non presentare altri sintomi che quelli correlati alle lesioni toraciche e allo shock. Il sacco pericardico può accogliere 200-300 ml di sangue prima che si verifichi il tamponamento, tuttavia, quantità minori possono ridurre significativamente la gittata cardiaca. Il sangue che si accumula tra i foglietti pericardici ostacola il riempimento cardiaco determinando una diminuzione della gittata cardiaca con conseguente aumento della frequenza cardiaca come meccanismo compensatorio. Altri segni sono ipotensione, turgore delle giugulari (dato dalla congestione venosa), polso piccolo e dispnea. TRATTAMENTO Trasporto rapido e somministrazione di ossigeno supplementare. Fig. 60. Emotorace. La quantità di sangue che può accumularsi nello spazio pleurico può arrivare a 3 litri (emotorace massivo). SEGNI E SINTOMI I segni e sintomi sono direttamente legati allo shock ipovolemico e, in minor misura, alla compressione dei polmoni da parte della massa di sangue. TRATTAMENTO Il soccorritore in questi casi può solo cercare di trattare i sintomi in attesa di un veloce intervento sanitario o ricovero in PS. Fig. 61. Tamponamento cardiaco. L’accumulo di sangue nello spazio pericardico limita l’espansione del ventricolo. Rottura traumatica dell’aorta La rottura traumatica dell’aorta è solitamente dovuta a una lesione da strappamento data da una brusca variazione di velocità. Se la resistenza alla tensione dell’aorta viene superata questa si può lacerare o sezionare completamente nel punto di maggiore instabilità. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 51 Croce Rossa Italiana Nella maggioranza dei pazienti questa lesione provoca una rottura completa del vaso e morte entro la prima ora per dissanguamento. Volontari del Soccorso Mirano-Spinea Trauma penetrante Un trauma penetrante è sicuramente più evidente e la traiettoria dell’agente lesivo (oggetto appuntito o arma da fuoco) può essere visualizzata mentalmente per identificare le possibili lesioni interne. La valutazione della dinamica, la presenza di segni come abrasioni, contusioni od ecchimosi in zona addominale, pelvica o lombare o la rigidità addominale , difesa o distensione devono indurre il soccorritore a sospettare la presenza di un trauma addominale. Il trattamento, in questi casi, rispetta il protocollo traumi. Eventuali oggetti conficcati non devono mai essere rimossi. Fig. 60. L’aorta discendente è strettamente fissata alla colonna vertebrale, a contrario dell’arco aortico e del cuore. La rottura a causa di forze di strappamento avviene generalmente a livello della giunzione tra aorta discendente e arco aortico. TRAUMI ADDOMINALI Trauma chiuso Compressione. Durante una collisione con impatto frontale, gli organi interni, compressi dalla colonna vertebrale contro il volante o il cruscotto, possono rompersi. Gli organi solidi che più frequentemente vanno incontro a lesioni con questo meccanismo sono il pancreas, la milza, il fegato e i reni. Le lesioni possono risultare da un aumento della pressione nell’addome. Il diaframma è la più debole di tutte le pareti che circondano la cavità addominale. Può essere strappato o lacerato a seguito di un aumento della pressione intraddominale. La lacerazione dl diaframma porta delle conseguenze importanti nella meccanica respiratoria (il diaframma è coinvolto attivamente nella respirazione). Inoltre, attraverso la lacerazione, organi addominali possono entrare nella cavità toracica con inevitabili conseguenze per la normale espansione toracica. Lacerazione. Le lesioni agli organi addominali si verificano prevalentemente nei punti più deboli come l’inserzione sui foglietti del peritoneo. La lesione degli organi intra-addominali produce una cospicua perdita di sangue. Per questo motivo riconoscere precocemente i segni e sintomi di uno shock ipovolemico è di fondamentale importanza. Eviscerazione In caso di ferite aperte, gli organi addominali possono fuoriuscire (più frequentemente si tratta di grasso omentale o di anse intestinali). In questi casi non bisogna mai tentare di riposizionare gli organi eviscerati nella cavità addominale. La porzione fuoriuscita deve essere medicata e coperta con garze sterili inumidite con soluzione salina sterile. Questa medicazione non si deve mai asciugare e deve essere coperta con una medicazione asciutta allo scopo di conservare il calore del paziente. Fig. 61. Trauma addominale chiuso. Forze di compressione e strappamento. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 52 Croce Rossa Italiana IL TRAUMA PEDIATRICO Il trauma è la prima causa di morte nel bambino, con un'eziologia variabile in relazione all'età: ¬ Dalla nascita a un anno - Soffocamento, ustioni, annegamento, cadute. ¬ Da 1 a 4 anni - Incidenti del traffico (come occupante del veicolo), ustioni, annegamento, cadute. ¬ Da 5 a 14 anni - Incidenti del traffico stradale (come occupante del veicolo o pedone), lesioni da bicicletta, ustioni, annegamento. Nei bambini sono più frequenti le lesioni multisistemiche; lesioni toraciche e addominali sono generalmente dovute a traumi chiusi di notevole entità, mentre, contrariamente all'adulto, sono meno frequenti le lesioni da corpi penetranti. Inoltre possono verificarsi lesioni anche severe ad organi interni in assenza di fratture come conseguenza della maggiore elasticità del tessuto osseo. Le priorità di trattamento sono le stesse che negli adulti, ma occorre avere a disposizione materiali idonei, unitamente ad una buona conoscenza delle diversità anatomo-fisiologiche che devono essere tenute ben presenti nella valutazione dei parametri vitali. A - Airways e B - Breathing Considerazioni generali sulla gestione delle vie aeree Il bambino è particolarmente esposto ad ostruzione delle vie aeree: 1. le dimensioni del capo del bambino, relativamente più grande di quello di un adulto, consentono una scarsa flessione del collo quando il bambino è posto in posizione supina su una superficie piana. Per il mantenimento della posizione neutra del capo può essere necessario posizionare un telino sotto le spalle. 2. Il bambino soporoso o incosciente perde il tono faringeo e diviene rapidamente incapace di deglutire e proteggere le vie aeree. La lingua molto grande tende ad occludere rapidamente le vie aeree nel bambino incosciente. 4. I bambini in età prescolare e scolare possono avere denti mobili, che possono facilmente staccarsi ed ostruire le vie aeree. Statisticamente, l’incidenza maggiore di ostruzione delle vie aeree da inalazione di corpo estraneo è a carico dei bambini in età prescolare. 6. Nei bambini traumatizzati la dilatazione gastrica è di comune riscontro per la grande quantità d’aria deglutita sotto stress, ciò favorisce il vomito con rischio aumentato di inalazione, disloca il diaframma e comprime la vena cava inferiore, diminuendo il ritorno venoso e quindi provocando ipotensione. 7. Protezione rachide cervicale. Non sempre si ha a disposizione un collare cervicale di misura idonea. Nei bambini più piccoli si può ovviare a questo pro- Volontari del Soccorso Mirano-Spinea blema utilizzando un telino ripiegato fissato con del cerotto in nastro. Fig. 62. Nei bambini può essere necessario posizionare uno spessore sotto le scapole per trovare la posizione neutra del capo. C – Circolazione ed emorragie Il polso carotideo è di difficile reperimento nel bambino di età inferiore ad un anno: il polso brachiale è quello più facilmente apprezzabile; il polso femorale rappresenta una valida alternativa. Ricordare che la tachicardia compensatoria di una ipovolemia nel bambino non si accompagna ad un'ipotensione proporzionale, come nell'adulto, per la sua maggior capacità di vasocostrizione: un bambino può essere spiccatamente ipovolemico e mantenere una pressione relativamente normale! È errato quindi pensare che un bambino sia in equilibrio solo perché mantiene una buona pressione. SEGNI DI SHOCK I parametri vitali del bambino differiscono sensibilmente da quelli dell’adulto: ad esempio, la pressione arteriosa sistolica (massima, PAS) normale è uguale a 80 mmHg più 2 volte l'età, la volemia è pari a 80 ml per Kg di peso, i segni di shock compaiono dopo una perdita volemica del 25%. la tachicardia rappresenta il più importante segno di ipovolemia e shock in un bambino; ogni tachicardia in un bambino traumatizzato va considerata, a priori, come indice di ipovolemica. D – Valutazione neurologica I bambini più difficilmente comunicano spontaneamente con le persone non familiari. Se a questo fattore, si sommano lo stress, il dolore e la presenza di numerose persone sconosciute, la cooperazione diretta del bambino traumatizzato potrà essere estremamente difficoltosa. Potrebbe quindi risultare alquanto difficile valutare lo stato di coscienza di un bambino, non potendo comunicare con lui “liberamente”. I parenti,i genitori o eventuali astanti possano fornire delle informazioni importanti sul livello di coscienza prima dell’evento, ma sarà il paziente a fornirci gli elementi chiave per determinare lo stato attuale. Il miglior indicatore dello stato di coscienza del bambino può essere il livello di attività e la risposta agli stimoli ambientali. Osservandolo, in pratica, le sue reazioni nell’ambiente circostante e la comunicabilità con i genitori è la possibile valutazione il livello di coscienza. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 53 Croce Rossa Italiana Volontari del Soccorso Mirano-Spinea Tab. 7. GCS pediatrica. E- esposizione e protezione termica Fig. 64. Immobilizzazione del bambino direttamente su seggiolino (a sinistra) e immobilizzazione spinale utilizzando il corsetto estricatore (a destra). I bambini devono essere esaminati alla ricerca di altre lesioni potenzialmente pericolose per la vita. Nel bambino la superficie corporea è maggiore rispetto al volume quindi il calore può essere disperso più rapidamente. Immobilizzazione spinale L’indicazione all’immobilizzazione spinale nel paziente pediatrico è basata sul meccanismo della lesione e sui segni clinici. La soglia decisionale per l’immobilizzazione è spesso più bassa dell’adulto, data la sua impossibilità di comunicare adeguatamente. In relazione all’età del bambino, può essere necessario posizionare uno spessore sotto il tronco in modo da riportare la testa in posizione neutra. Lo spessore deve essere piano ed essere abbastanza grande da assicurare che tutta la colonna poggi su un piano rigido. Per l’immobilizzazione totale si possono utilizzare diversi presidi: una steccobenda a depressione per i neonati, la tavola spinale o il ked per i bambini un po’ più grandi o,ancora meglio, una tavola spinale pediatrica. In tutti i casi sarà necessario imbottire gli spazi vuoti con dei telini. Se il bambino si trova ancora dentro il seggiolino, questo andrà immobilizzato direttamente nel seggiolino utilizzando dei telini. Fig. 63. In assenza di appostiti presidi. L’immobilizzazione spinale di lattanti e bambini può essere ottenuta utilizzando dei telini ripiegati e cerotto in nastro per fissare il tutto. Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com 54 Croce Rossa Italiana Modulo avanzato O.S.E.S. PDF created with pdfFactory trial version www.pdffactory.com Volontari del Soccorso Mirano-Spinea 55