TOSSICITÀ FATALE DA DABIGATRAN SECONDARIA AD INSUFFICIENZA RENALE ACUTA Recentemente sull’American Journal of Emergency Medicine è stato pubblicato un case-report relativo ad un evento di tossicità fatale da dabigatran in un paziente che presentava concentrazioni sopraterapeutiche del farmaco conseguenti ad una condizione di insufficienza renale acuta(1). Dabigatran vs Warfarin Dabigatran è il primo inibitore orale diretto della trombina approvato dalla Food and Drug Administration (FDA) statunitense per la prevenzione dell’ictus ischemico e dell’embolismo sistemico in pazienti affetti da fibrillazione atriale non valvolare. In particolare, in alcune categorie di pazienti, questa nuova molecola ha iniziato a sostituire l’utilizzo di warfarin(2), che rappresenta attualmente l’anticoagulante standard nella profilassi dello stroke ischemico nei pazienti con fibrillazione atriale, trombosi venosa profonda, e trombosi polmonare(3). Dabigatran mostra effetti più prevedibili rispetto a warfarin, tuttavia il farmaco può dar luogo a pericolosi fenomeni di accumulo in pazienti con insufficienza renale(2). Il caso Un uomo di 74 anni, che stava assumendo dabigatran (150 mg due volte al giorno) per la terapia della fibrillazione atriale, si presentò in Pronto Soccorso a causa di un episodio di ematemesi (20 ml) dopo una settimana di anoressia e dolori addominali. La sua frequenza cardiaca era di 89 battiti/minuto e la sua pressione arteriosa aveva valori 100/53 mmHg. Gli esami di laboratorio evidenziarono la seguente situazione: emoglobina= 9.1 g/dL; ematocrito= 28.6%; piastrine= 321000/mm3; tempo di tromboplastina parziale attivata (aPTT)= 99 sec.; International Normalized Ratio (INR)= 11.7; azotemia= 60 mg/dL; creatininemia= 3.1 mg/dL (valore basale di riferimento= 0.9 mg/dL); esami di funzionalità epatica: nella norma. La gastroscopia rivelò gastrite diffusa ed emorragia, con conseguente inalazione di sangue nei polmoni, tanto da richiedere l’intubazione endotracheale del paziente. La presunta tossicità di dabigatran venne trattata somministrando al paziente emazie concentrate, plasma fresco congelato, concentrato di complesso protrombinico, fattore VIIa ricombinante (rfVIIa) e, infine, sottoponendolo a 4 ore di emodialisi. Nonostante un miglioramento dell’INR (valore= 2.0) e del tempo di tromboplastina parziale (46 secondi), il paziente sviluppò una polmonite ab ingestis che diede origine a sepsi, disfunzione multiorgano e coagulazione intravasale disseminata, determinando la morte del paziente al sesto giorno di ospedalizzazione. Un ulteriore esame di laboratorio rivelò come, dopo la seduta dialitica, i livelli plasmatici di dabigatran del paziente fossero diminuiti da 370 ng/ml (all’accesso in Pronto Soccorso) a 170 ng/ml; tuttavia, quest’ultimo valore post-dialisi era comunque elevato se rapportato alla concentrazione terapeutica media al picco di 130 ng/ml di un soggetto normale che assume giornalmente 300 mg del farmaco. Discussione In presenza di una normale funzionalità renale, l’emivita plasmatica di dabigatran è di 12-17 ore dopo somministrazioni multiple, aumentando fino a 18.7 e 27.5 ore rispettivamente nel contesto di una insufficienza renale moderata e severa(4). Il caso appena descritto dimostra come una condizione di insufficienza renale acuta possa determinare un accumulo del farmaco fino a concentrazioni tossiche, causando la morte del paziente nonostante una terapia aggressiva che includa la dialisi. In particolare, poiché dabigatran è un inibitore diretto della trombina, la terapia si è basata sull’utilizzo di plasma fresco congelato e di concentrato di complesso protrombinico allo scopo di attivare la trombina. Inoltre, è stato aggiunto rfVIIa per stimolare la sintesi della stessa trombina attraverso l’attivazione del fattore X della coagulazione. Sulla base dei dati attualmente disponibili(5,6,7), l’effettiva efficacia di questi trattamenti è controversa e, nel caso specifico, nonostante la cessazione dell’emorragia, il sopraggiunto decesso del paziente ha reso difficile trarre qualsiasi tipo di conclusione in merito. Peraltro, sebbene consenta di rimuovere fino al 62% di dabigatran in 2 ore, l’emodialisi non è in grado di rimuoverne quantità sufficienti in tempi brevi e, quindi, di offrire dei benefici con la rapidità necessaria nel paziente in emergenza emorragica(8). Infatti, nel presente caso, nonostante una seduta dialitica di 4 ore, i livelli plasmatici di dabigatran del paziente continuavano ad essere maggiori della concentrazione terapeutica media di picco. Questo caso clinico dimostra il potenziale di emorragia gastrointestinale ascrivibile all’accumulo di dabigatran, conseguente ad insufficienza renale, ed anche le limitate opzioni terapeutiche disponibili per i pazienti che vanno incontro ad una emorragia clinicamente significativa con livelli plasmatici terapeutici o sopraterapeutici di dabigatran. Conclusioni In letteratura sono presenti anche altri case-reports che documentano un simile decorso della tossicità di dabigatran, indotta da insufficienza renale, che causa sanguinamento gastrointestinale clinicamente significativo o fatale(3,9,10). Purtroppo, allo stato attuale non esiste una schema terapeutico chiaro di cui possano beneficiare i pazienti, in terapia con dabigatran, che vanno incontro a tali episodi emorragici, indotti da concentrazioni sopraterapeutiche del farmaco. Inoltre, considerati i tempi standard di una seduta dialitica efficace, probabilmente quella della dialisi prolungata non è un’opzione percorribile in pazienti con un’emorragia potenzialmente fatale. In conclusione, benché i pazienti in terapia con dabigatran non richiedano il frequente monitoraggio dei livelli plasmatici del farmaco, che invece è necessario con warfarin, l’alterazione o il deterioramento della loro funzionalità renale può tradursi in livelli sopraterapeutici del farmaco e, quindi, in una emorragia potenzialmente fatale. Pertanto, i medici dovrebbero valutare molto scrupolosamente la funzionalità renale di questi pazienti e, se necessario, “aggiustare” i loro dosaggi o interrompere il trattamento farmacologico. Per il futuro sono sicuramente auspicabili ulteriori studi finalizzati a determinare un protocollo di trattamento appropriato per quei pazienti che dovessero presentare un’emorragia associata a dabigatran. BIBLIOGRAFIA 1. Maddry, J.K.; Amir, M.K.; Sessions, D.; Heard, K. Fatal dabigatran toxicity secondary to acute renal failure. Am. J. Emerg. Med., 2012. [Epub ahead of print]; 2. Connolly, S.J.; Ezekowitz, M.D.; Yusuf, S.; et al. Dabigatran versus warfarin in patients with atrial fibrillation. N. Engl. J. Med., 2009, 361(12), 1139-1151; 3. Fellows, S.E.; Rosini, J.M.; Curtis J.A.; Volz, E.G. Hemorrhagic gastritis with dabigatran in a patient with renal insufficiency. J. Emerg. Med., 2012. [Epub ahead of print]; 4. Stangier, J.; Rathgen, K.; Stähle, H.; Gansser, D.; Roth, W. The pharmacokinetics, pharmacodynamics and tolerability of dabigatran etexilate, a new oral direct thrombin inhibitor, in healthy male subjects. Br. J. Clin. Pharmacol., 2007, 64(3), 292-303; 5. 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