Caratteristiche generali, configurazione invertente, non invertente

MODULO 1 – GLI AMPLIFICATORI OPERAZIONALI
1. PARAMETRI CARATTERISTICI DI UN AMPLIFICATORE OPERAZIONALE
Per la corretta utilizzazione di un A.O. reale bisogna interpretare i dati caratteristici forniti dal costruttore e
conoscere i termini più comunemente usati nella letteratura corrente. A tale scopo si riportano le seguenti
definizioni:
a) Differential Input voltage (tensione differenziale di ingresso VID)
Rappresenta la differenza aIgebrica di tensione esistente tra l’ingresso non invertente e quello invertente,
indicata con Vd. Ad esempio, ammesso che sull’ingresso non invertente sia applicata una tensione di 3 V
positivi rispetto alla massa e su quello invertente una tensione di 2 V negativi rispetto alla massa, la VID
risulterà pari a 3 - (-2) = 5 V.
b) Input voltage Range (intervallo di variabilità della tensione di ingresso: VI)
Tale parametro indica il campo entro cui può variare la tensione di ingresso per fai sì che l’amplificatore e possa
funzionare correttamente
c) Common-Mode lnput voltage (tensione di ingresso di modo comune: VCM)
Con questo termine si intende la media delle due tensioni di ingresso:
VCM =
V+ + V−
2
Ad esempio se sulI’ingresso non invertente è applicata una tensione di 2 mv e su quello invertente è applicata
una tensione di1 mV, si avrà una tensione di ingresso di modo comune pari a VCM = 1.5mV.
d) Common-Mode lnput voltage Range (intervallo di variabilità della tensione di modo comune: CCMR)
Sì tratta in pratica dell’intervallo compreso tra i limiti massimo e minimo entro cui deve essere mantenuta la
tensione di ingresso di modo comune affinché l’amplificatore possa funzionare correttamente.
e) Maximum Output Voltage swing (massima ampiezza del segnale di uscita: VOM)
Rappresenta, come dice il termine stesso, la massima ampiezza della semionda positiva o negativa di una
sinusoide di uscita oltre la quale l’amplificatore va in saturazione. Come già detto in precedenza, tale valore
dipende dalla tensione di alimentazione ed è sempre inferiore a tale tensione di un paio di volt.
f) Differential voItage Amplification (guadagno di tensione differenziale: AVD)
È il guadagno dell’amplificatore ad anello aperto, riferito alla tensione differenziale d’ingresso, in formule:
AVD =
Vo
Vd
g) Common-Mode Rejection Ratio (rapporto di reiezione di modo comune: CMRR)
Un AO. reale oltre ad amplificare la tensione differenziale Vd=V+ - V- amplifica anche in minima parte la tensione
di modo comune Vc .
Ciò significa che la tensione di uscita non è solamente pari alla tensione differenziale d’ingresso Vd moltiplicata
per il guadagno differenziale dell’amplificatore Ad, ma a tale termine si deve aggiungere un contributo dovuto
alla tensione di modo comune Vc .
in formule è:
Vo = Ad Vd + Ac Vc
dove Ac rappresenta il guadagno di modo comune.
Si può misurare direttamente Ac ponendo V+ = V- = 1 V in modo che risulti Vd = 0 e Vc = 1 V. Sotto queste
condizioni la tensione Vu misurata sull’uscita fornisce il valore del guadagno di modo comune.
Ovviamente in un buon amplificatore deve risultare Ad molto elevato, mentre Ac deve risultare piccolissimo,
idealmente uguale a zero, in modo che sul segnate di uscita Vu il contributo Ac Vc sia trascurabile rispetto al
termine Ad Vd.
Per valutare quindi la qualità effettiva dell’amplificatore è necessario conoscere un fattore di merito che indichi
l’entità del termine spurio in modo comune presente in uscita. A tale scopo le case costruttrici forniscono il
rapporto di reiezione di modo comune definito come:
CMRR=
1
Ad
Ac
Più è alto tale parametro e più l’amplificatore risulta insensibile alla tensione di modo comune, avvicinandosi al
modello teorico ideale.
h) .Unity-Gain Bandwidth (larghezza di banda a guadagno unitario: B1)
Rappresenta l’intervallo di frequenze in cui può lavorare l’A.O., al di fuori di questo intervallo il guadagno non è
più garantito.
i) lnput Offset Voltage (tensione di offset di ingresso: VIO)
Un A.O. idealmente dovrebbe fornire una tensione nulla in uscita se gli ingressi sono entrambi collegati a
massa. In realtà applicando all’ingresso un segnale nullo è sempre presente una piccola tensione di uscita detta
tensione di offset (vedi fig. 1) a causa delle lievi ma sempre presenti asimmetrie interne all’amplificatore.
fig. 1
Il parametro VIO rappresenta quella tensione differenziale, di valore molto basso, che deve essere applicata
sull’ingresso invertente dell’amplificatore per eliminare l’offest in uscita, cioè per riportare la tensione in uscita a
zero. A questo proposito si vuole far notare che la transcaratteristica descritta nel paragrafo precedente è stata
diagrammata supponendo l’assenza di offset sull’uscita per tensione nulla di ingresso. Infatti si ha Vu = 0 se Vd =
0 in quanto il grafico passa per l’origine degli assi. Se invece si considera il caso reale in cui VlO è diversa da
zero, si deve traslare il grafico di un tratto orizzontale il cui valore è rappresentato da tale parametro (vedi figura
2)
fig. 2
Il problema dell’offset diventa di fondamentale importanza negli amplificatori costituiti da più operazionali
accoppiati fra loro; in tal caso se in assenza di tensione di ingresso è presente un piccolo offset sull’uscita del
primo operazionale, tale valore di tensione viene via via amplificato e può raggiungere, all’uscita di un
operazionale della catena, un livello tale da saturare l’operazionale successivo.
Generalmente comunque sono presenti sull’operazionale, oltre ai morsetti di ingresso, uscita e alimentazione,
due terminali, detti appunto di offset o bilanciamento, che permettono di azzerare la tensione di uscita quando la
tensione differenziale di ingresso è nulla.
A tale scopo è sufficiente inserire tra i suddetti due terminali un potenziometro, con il cursore collegato alla
tensione di alimentazione oppure a massa, e regolarlo fino a rilevare in uscita una tensione nulla.
A seconda del particolare AO utilizzato la tensione da applicare sul cursore del potenziometro potrebbe essere
positiva (fig. 3a), negativa (fig. 3b),
fig. 3a
fig. 3b
o addirittura nulla. Onde evitare errori è necessario consultare le caratteristiche del dispositivo fornite dal
costruttore.
2
Nei casi in cui non siano presenti i terminali di offset e si voglia utilizzare ugualmente tali integrati in applicazioni
in cui la tensione di offset può creare problemi si utilizzano artifici per correggere tale offset.
i) RIse Time (tempo di salita: tr)
È un parametro utilizzato per valutare le prestazioni dì un A.O quando funziona in commutazione, Infatti
rappresenta Il tempo richiesto dall’uscita nel passare, durante la commutazione tra due valori estremi, dal 10%
al 90% del valore finale; quanto più è piccolo tr tanto più L’A.O. commuta velocemente.
m) Slew Rate (velocità di commutazione: SR)
È praticamente il tempo di salita definito precedentemente, in quanto anch’ esso indica la velocità con cui può
variare la tensione in uscita in risposta a un gradino ideale del segnale di ingresso, ma in questo caso ci si
riferisce al caso di un A.O. reazionato,
2. IL MODELLO CIRCUITALE DELL’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE IDEALE
fig. 4
Sul diagramma transcaratteristico descritto in fig. 1 si sono individuate tre zone di funzionamento per
l’amplificatore operazionale: la zona lineare per valori di Vu compresi tra +ε e -ε, in cui si ha un tratto rettilineo di
equazione: Vd = Ad Vd, la zona dl saturazione positiva per Vd > +ε, in cui la tensione di uscita Vu è fissa al valore
+Esat e la zona di saturazione negativa per Vd< -ε, dove Vu vale –Esat .
Se si suppone che il guadagno Ad sia infinito, il tratto rettilineo corrispondente alla zona lineare diventa verticale
e il grafico transcaratteristico si modifica come mostrato nella figura 5
fig. 5
Dal punto di vista circuitale l’amplificatore operazionale nella zona lineare può essere rappresentato dal
seguente modello equivalente:
fig. 6
Se si suppone Ad = , poiché la tensione VU = Ad Vd fornita dal generatore presente sulla maglia di uscita, deve
assumere un valore finito, il prodotto Ad Vd dovrà essere espresso da una forma indeterminata del tipo
0, per
cui sarà: Vd = 0. Ma ciò implica che sIa anche nulla la corrente di ingresso Id = Vd/Ri, se è: Ri 0.
Riassumendo, il comportamento dell’amplificatore operazionale in zona lineare, supponendo infinito il guadagno
Ad, è descritto dalle seguenti equazioni:
Vd = 0 e Id = 0
In realtà un amplificatore oper azionale ideale, oltre ad avere un guadagno Ad infinito, presenta anche una
resistenza di ingresso Ri infinita e una resistenza di uscita Ru nulla. È importante però sottolineare che queste
3
ultime due condizioni non sono necessarie affinché valgano le equazioni Vd = 0 e Id = 0. In altre parole, per
supporre Vd = 0 e Id = 0 non è essenziale che sia: Ri = o Ru = 0; basta supporre: Ad =
e Ri 0.
Per quanto riguarda poi il comportamento dell’amplificatore operazionale ideale nelle due zone di saturazione, si
ha: Vu = +Esat o Vu = Esat , a seconda che si consideri la zona di saturazione positiva o negativa e Id = 0 in quanto
è Ri = .
Quindi, dal punto di vista analitico il funzionamento dì un amplificatore operazionale ideale è descritto dalle
seguenti equazioni:
Vd = 0
Vd < 0
Vd > 0
Id = 0
− E sat < Vo < + Esat
Vo = −E sat
Vo = E sat
in fig. 7 sono riportati i circuiti equivalenti dell’amplificatore operazionale ideale per ciascuna delle tre zone di
funzionamento.
fig. 7
3. APPLICAZIONILINEARI DELL’AMPLIFICATORE OPERAZIONALE
In questo paragrafo vengono studiate le applicazioni fondamentali dell’ A.O. funzionante in zona lineare.
Sappiamo che tale zona è notevolmente ristretta in quanto il guadagno Ad risulta estremamente elevato, per cui
anche valori molto piccoli della tensione differenziale di ingresso Vd possono portare l’amplificatore a lavorare
nella zona di saturazione. Si procede ora affrontando lo studio dei circuiti contenenti l’amplificatore operazionale
più comunemente utilizzati nelle applicazioni lineari e per ciascuno di essi vengono calcolate le corrispondenti
grandezze caratteristiche.
3.1. Amplificatori invertente e non invertente
A seconda che il segnale di ingresso Vi sia applicato al morsetto i collegando il piedino 2 a massa o viceversa si
parla di amplificatore invertente (8a) o non invertente (8b).
fig 8 a
fig 8 b
Per entrambi i circuiti ci proponiamo di determinare il grafico transcaratteristico, di equazione: Vu = Vu (V i), e il
grafico associato all’equazione: Ii= Ii (V i) che descrive l’andamento della corrente di ingresso Ii al variare della
tensione di ingresso V, detto “Diagramma di Driving Point” o semplicemente D.D.P.
A tale scopo per ciascuna zona di funzionamento dell’amplificatore operazionale ideale si sostituisce il
corrispondente circuito equivalente e si calcolano le espressioni delle grandezze Vu, e Ii in funzione di Vi
riportando poi graficamente i risultati ottenuti.
4
a) Amplificatore invertente.
fig. 9
Lo schema circuitale a cui fare riferimento è riportato in fig. 9
Dalla condizione: Vd= 0 si deduce che la tensione V- è nulla. Ciò significa che l’ingresso invertente (e quindi il
nodo (1)) si trova a un potenziale nullo rispetto a massa e per questo motivo si dice che è a massa virtuale. Il
termine “virtuale” vuole appunto sottolineare che il morsetto “— “, pur non rappresentando la massa del circuito,
può essere comunque considerato tale per quanto riguarda il calcolo circuitale. Pertanto ai capi delle resistenze
R1 e R2 sono presenti le tensioni Vi e Vu e si possono ricavare i valori delle correnti Ii e I2 applicando la legge di
Ohm. Risultano:
Ii =
Vi
V
,I2 = − u
R1
R2
dove il segno “ — “ presente nell’espressione di I2 è dovuto al fatto che la tensione Vu ai capi di R2 ha verso tale
da far scorrere corrente in verso opposto a quello indicato per I2.
Inoltre, poiché è: Id = 0, si ha anche: Ii=I2, cioè:
Vi
V
=− u
R1
R2
Quindi nella zona lineare valgono le equazioni [*]:
R 
Vu = − 2 Vi
 R1 
 1 
I i =  Vi
 R1 
(1)
(2)
Si tratta ora di calcolare l’intervallo di valori di V. per cui l’amplificatore operazionale è in zona lineare.
Imponendo la condizione: — Esat < Vu < + Esat, con: Vu = (— R2/R1) Vi, si ha:
− Esat < −
R2
V < Esat
R1 i
quindi:
−
R1
R
E sat < Vi < 1 E sat
R2
R2
(3)
Quindi l’andamento di iI e Vu in funzione di V è descritto dalle equazioni (1) e (2) quando Vi assume valori
ricavati nella (3). Per valori di Vi esterni a tale intervallo le (1) e (2) non valgono più in quanto si è in zona di
saturazione e per determinare le nuove espressioni di Ii e Vu in funzione di Vi si devono rifare i calcoli
sostituendo all’amplificatore operazionale il circuito equivalente corrispondente alle zone di saturazione.
b)
Amplificatore non invertente.
Lo schema circuitale da esaminare è quello di fig. 10.
Fig.10
5
Essendo:
Vd =0, la tensione Vi risulta applicata direttamente alla resistenza R1, mentre la tensione ai capi
di R2 diventa pari a: Vu – Vi.
Per la legge di Ohm applicata alle resistenze R1 e R2, si ha:
I1 =
Vi
V − Vi
, I2 = u
R1
R2
ma dalla condizione: Id =0 deriva che è I1=I2 per cui, sostituendo in tale eguaglianza a I1 e I2 le espressioni
ricavate sopra si ottiene la relazione:
Vi Vu − Vi
=
R1
R2
che esplicitata rispetto a Vu diventa:
 R 
Vu = 1 + 2 Vi
R1 

Ii = I d = 0
(4)
(5)
Le equazioni sono valide in zona lineare e l’intervallo di valori di Vi per cui si è in linearità si ottiene dalla
relazione -Esat < Vu < + Esat, sostituendo a Vu la sua espressione in funzione di Vi risulta:
R2
) ⋅ Vi < Esat
R1
R1
< Vi <
E
R1 + R2 sat
− E sat < (1 +
−
R1
E
R1 + R2 sat
La (4) assicura che in linearità l’amplificatore non invertente presenta un guadagno sempre maggiore dell’unità
e che la tensione di uscita ha lo stesso segno di quella di ingresso. In regime sinusoidale si dice che l’uscita è in
fase con l’ingresso.
La resistenza di ingresso invece è infinita poiché coincide con quella dell’amplificatore operazionale non
retroazionato; ciò significa che il generatore di tensione di ingresso Vi non eroga corrente. Se al posto delle
resistenze R1 e R2 si inseriscono due impedenze Z1 e Z2 il guadagno diventa il rapporto tra i fasori (numeri
complessi) associati alle tensioni di uscita e ingresso.
c)
Amplificatore sommatore
fig. 11
In fig. 11 è riportato lo schema elettrico di un circuito costituito da un amplificatore operazionale retroazionato al
cui ingresso invertente si applicano n segnali V1, V2, ..., Vn tramite le resistenze R1, R2, ..., Rn.
Si vuole determinare l’espressione della tensione di uscita Vu, in funzione delle n tensioni di ingresso
supponendo che l’amplificatore operazionale operi in linearità.
Poiché in linearità è: Id = O, dall’equazione al nodo (1) risulta:
I = I 1 = I 2 = ... = I n
Ma essendo anche: Vd = 0, ai capi della generica resistenza Ri sarà presente la tensione V i. (con i = 1,2, ... n) e
ai capi di R la tensione Vu, per cui applicando la legge di Ohm si ha:
Ii =
Vi
V
,I = − u
Ri
R2
dove il segno “-“ nella seconda relazione è dovuto al fatto che la tensione V u, tende a far circolare nella
resistenza R una corrente di verso opposto a quello indicato per I.
Sostituendo le espressioni si ottiene:
6
R

R
R
Vu = − V1 +
V2 + ..... +
Vn 
R2
Rn 
 R1
Questo circuito viene detto sommatore invertente, ma in realtà sarebbe più corretto usare il termine “circuito per
combinazioni lineari” in quanto la tensione Vu che fornisce risulta essere una combinazione lineare degli n
segnali V1, V2, ..., Vn, con coefficienti — R/R1, — R/R2, ..., — R/Rn.
Quando si vuole solamente la somma (cambiata di segno) delle n tensioni, si pone: R1 = R2 = ... = Rn = R,
ottenendo così:
Vu = −(V1 + V2 + ..... + Vn )
È anche possibile realizzare un circuito per combinazioni lineari positive utilizzando un amplificatore
operazionale nella configurazione non invertente, ma il progetto ditale circuito non è semplice e conveniente
come quello dello schema invertente. Infatti nel circuito invertente ogni ingresso è collegato direttamente alla
massa virtuale, per cui è indipendente da tutti gli altri e quindi se ne può aggiungere o togliere uno senza che gli
altri subiscano alterazioni. Invece nella configurazione non invertente ciascun ingresso interagisce nel
guadagno degli altri. Per questo motivo si preferisce realizzare combinazioni lineari di più segnali utilizzando
sempre dei sommatori invertenti, con l’accorgimento di introdurre un amplificatore invertente con guadagno –1
per i coefficienti delle combinazioni lineari di segno negativo.
d)
Amplificatore inseguitore
Un caso particolare dell’amplificatore non invertente è costituito dal cosidetto inseguitore di tensione, il cui
schema è riportato in fig. 12.
fig. 12
Nella zona di linearità il guadagno ad anello chiuso può essere ricavato dalla relazione:
A =1+
R2
R1
ponendo: R1 = e R2=0. Si ottiene così: A = 1, per cui Vu=Vi
Esso trova applicazione nei casi in cui è richiesto che vi sia separazione tra una sorgente e un carico, dovendo
però mantenere inalterato il livello di tensione tra ingresso e uscita.
e)
Amplificatore differenziale
Con tale termine si intende un dispositivo che amplifica la differenza tra due segnali eliminando un’eventuale
componente comune ad entrambi. Lo schema è riportato in fig. 13.
Fig. 13
I segnali V1 e V2 si suppongono sempre di ampiezza tale da mantenere l’amplificatore operazionale in linearità.
Per determinare la tensione di uscita Vu conviene applicare il principio di sovrapposizione degli effetti,
considerando i due segnali Vi e V2 separatamente, uno alla volta.
a) V1=0;V2 0;
Cortocircuitando a massa l’ingresso V1, si ottiene lo schema di un amplificatore invertente:
7
Fig. 14
per cui, supponendo di lavorare in linearità, vale la relazione:
R 
Vu' = − 2 V2
 R1 
noti che la resistenza R1//R2 non disturba il funzionamento della rete, in quanto, essendo:Id=0, si ha: V+=V-=0
cioè il nodo (1) è sempre a massa virtuale.
b)
V1 ;V2=0;
fig. 15a
fig. 15b
Lo schema diventa quello di fig. 15a e applicando il teorema di Thevenin si semplifica ulteriormente come
mostrato in fig. 15b, dove si è posto:
R1
Veq =
V1Req = R1 // R2
R1 + R2
Il circuito così ottenuto rappresenta un amplificatore operazionale in configurazione non invertente e vale quindi
la relazione:
 R 
R
Vu'' = 1 + 2 Veq = 2 V1
R1 
R1

Si noti che la presenza della resistenza Req non è rilevante ai fini del calcolo in quanto ai suoi capi non c’è
caduta di tensione essendo Id=0.
Se ora si sommano gli effetti dei due segnali di ingresso V1 e V2 risulta:
R
Vu = Vu' + Vu' ' = 2 (V1 − V2 )
R1 1
La relazione mostra come la differenza dei due segnali di ingresso V1 e V2 possa essere amplificata scegliendo
in modo opportuno i valori di R1 e R2.
8