Marc Wittman e la questione del tempo

Marc Wittman e la questione del tempo
- Alberto Giovanni Biuso, 15.07.2015
Saggi.
La percezione del tempo e la sua durata costituiscono questioni centrali per ogni analisi psicologica.
Breve o lungo che sia, l’istante possiede una durata poiché la percezione che noi abbiamo del mondo
che ci circonda non è frammentaria e disordinata ma risulta coerente e continua.
La percezione temporale dipende dal numero di eventi che la riempiono, nel senso che più numerosi
sono i mutamenti che accadono in un intervallo di tempo più questo intervallo sembra allungarsi,
meno numerosi sono gli eventi e più l’intervallo si restringe. Mano a mano che si invecchia
l’accadere sembra fluire più velocemente, proprio perché è meno riempito di fatti e di ricordi nuovi.
Nella Montagna incantata Thomas Mann scrive che «anni densi di avvenimenti trascorrono molto più
lentamente di altri poveri, vuoti, leggeri, che il vento soffia via».
Secondo molti neurologi l’unità minima del tempo dura 30ms, questo sarebbe il ritmo fondamentale
del cervello umano. Tutto ciò che accade all’interno di questa durata è percepito dal corpo-mente
come simultaneo. Al di là di questo tempo neurologico c’è il tempo psicologico, il quale invece è
valutato intorno ai 3 secondi, un intervallo che delinea un mondo assai più ricco, il quale va dalla
durata di un respiro profondo agli accordi musicali o alla lunghezza dell’endecasillabo. Tutto ciò che
dura tre secondi è dal punto di vista psichico contemporaneo.
Non bisogna comunque cadere nell’errore di frammentare il tempo in unità separate. Questo tipo di
divisione si può infatti attribuire allo spazio ma non al tempo, che si differenzia dal primo anche per
la sua struttura unitaria e continua. Il tempo, in altri termini, non è una somma ma costituisce un
flusso nel quale la materia diventa consapevole di se stessa. L’autocoscienza umana è la natura che
diventa cosciente.
La salute psichica consiste anche in un rapporto equilibrato con il tempo. Gli studi di Marc Wittman
e di altri psicologi (riassunti in Il tempo siamo noi, Carocci, pp. 141, euro 15) confermano che i
disturbi emozionali sono associati a varie forme di alterazione dell’orientamento temporale e della
valutazione della durata degli eventi. Diversamente però da quanto Wittman sembra suggerire, non
è tanto la malattia a produrre una temporalità distorta ma è la distorsione della temporalità a
produrre la malattia. Una distorsione che è sempre psicosomatica indissolubilmente organica e
psichica e che produce molti dei disturbi che tolgono equilibrio al corpo-mente e lo separano dalle
relazioni con gli altri. Le aree della corteccia cerebrale coinvolte nella percezione del tempo sono
infatti strettamente connesse a quelle che regolano lo strumento principe dei rapporti umani, il
linguaggio.
È questa una delle strade più importanti per tentare di comprendere come da eventi di natura
neurofisiologica possano generarsi le sensazioni e la coscienza del mondo. Il ritmo fondamentale
della vita è dettato infatti dai battiti del cuore, dal fluire dei liquidi, dallo spegnersi e accendersi
delle cellule neuronali e gliali. Molti esperimenti hanno mostrato che anche quando gli stimoli dei
cinque sensi vengono attutiti o spenti, continua a persistere il senso della corporeità, che è il senso
stesso del tempo: «La coscienza è legata alla corporeità e alla temporalità: io ho esperienza di me
stesso come esistente con un corpo e nel tempo. () Autocoscienza significa riconoscere sé stessi
come esseri che perdurano nel tempo ed esistono fisicamente». Anche questo vuol dire che «il tempo
siamo noi».
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