capitolo metodologico

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ARTICOLAZIONE DELLA RICERCA:
OBIETTIVI ED IPOTESI
Obiettivo di questo lavoro è scoprire la relazione tra disagio e bisogni e quali bisogni sono
più urgenti per gli adolescenti e disattesi dalla società d’oggi.
Il rapporto tra bisogno è molto evidente. Come abbiamo già visto nel capitolo precedente, il
disagio, è componente intrinseca del bisogno. Infatti il bisogno comporta “uno stato di
insoddisfazione dovuto alla mancanza di ciò che è sentito come necessario alla vita fisica o morale”
(Cattonaro, 1957, 702). Pertanto il disagio, “sottende sempre una concezione di bisogno
insoddisfatto” (Guidicini – Pieretti, 1995, 14). Tale stato di disagio o insoddisfazione spinge a sua
volta il soggetto a cercare l’oggetto o la situazione-fine che ne rappresenta la soddisfazione e quindi
annulli la tensione. Come tale non costituisce niente di problematico: fa parte dei normali
meccanismi, attraverso cui l’organismo provvede alla sua sopravvivenza e affermazione nel mondo.
Il problema sorge quando il disagio diventa uno stato (relativamente) permanente e quindi
genera “frustrazione”. Ciò diventa particolarmente problematico in una società in cui vengono
soddisfatti bisogni sempre più ampi. Questa considerazione impone delle riflessioni più ampie.
Intanto possiamo considerare quali siano i bisogni più disattesi.
1. I bisogni
Determinare la natura dei bisogni è operazione non facile. Facciamo nostra la definizione di
bisogno data da Gasparini: “il bisogno risulta definito come tensione di un organismo o di un
individuo o di un gruppo, orientato a individuare una concreta soluzione (oggetto, modello
culturale, ecc.) che ricostituisca un equilibrio compromesso da una carenza” (Gasparini, 1987,
268).
1.1. La gerarchia dei bisogni umani di Maslow
Nell’impossibilità di rilevare tutti i bisogni, accogliamo la classificazione di Maslow, sia per
essere stato impiegato da varie ricerche sociologiche, sia per la sua impostazione “realista”, che
tiene in debito conto sia la componente naturale del bisogno che quella storico-culturale.
Classificazione che necessita però di essere integrata sia in base a ciò che è apparso di nuovo nella
scala dei bisogni in questi ultimi anni, sia per dare spiegazione del disagio e delle anomalie che si
manifestano a livello sociale.
Il bisogno, secondo la prospettiva di Maslow, ha le seguenti proprietà
a) La soggettività: cioè trova la sua sorgente nel soggetto.
b) La tensione: il bisogno tende verso l’oggetto che lo può soddisfare. Questa tensione può
essere di tipo omeostatico per i bisogni di base (motivo da deficit), di tipo valoriale o
teleologico per i bisogni secondari o postmaterialisti (motivo di crescita).
c) La proattività: la spinta alla realizzazione dell’uomo nella sua totalità (autorealizzazione).
d) La plasticità: ossia la capacità di adattamento a situazioni molto diverse, sia ambientali che
personali (= molteplicità di risposte e soluzioni ai bisogni umani).
e) La progressività: il bisogno è animato da un principio progressivo e gerarchico.
Maslow ha stillato una classificazione dei principali bisogni, suddividendoli in primari e
secondari, in questo modo:
a) bisogni primari, fisiologici (o materialisti):
1. bisogno di sostentamento,
2. bisogno di sicurezza;
b) bisogni secondari, sociali e di autorealizzazione (post-materialisti):
3. bisogno di appartenenza e amore,
4. bisogno di stima,
5. bisogni intellettuali ed estetici.
Una volta soddisfatto un bisogno, se ne fa avanti un altro, che richiede soddisfazione.
Questa classificazione è stata adottata da Inglehart e da altri sociologi per verificare il grado di
evoluzione delle società e per spiegare il mutamenti culturali. Infatti, con il cambio dei bisogni
cambiano anche i valori e le norme di riferimento e quindi i sistemi di significato e culturali di una
società.
1.2. Bisogni formativi o compiti evolutivi
Un altro tipo di classificazione che abbiamo adottato è costituito dai bisogni formativi o compiti
evolutivi. Questi nascono dalla constatazione che, nel ciclo della vita, si manifestano situazioni
critiche che richiedono la soddisfazione di particolari bisogni e l’acquisizione di competenze
specifiche per ogni età (compiti evolutivi) la cui soluzione non può essere disattesa o rimandata,
pena gravi ripercussioni nella formazione della personalità.
I compiti specifici dell’adolescenza sono legati alle caratteristiche dello sviluppo di quell’età: (a)
sviluppo somatico e sessuale (bisogni affettivi e relazionali); (b) sviluppo del pensiero ipotetico
deduttivo (bisogno di comprensione e di elaborazione di un pensiero personale); (c) allargamento
degli interessi personali e sociali (bisogno di autonomia, bisogno di affiliazione ed inserimento
sociale); (d) problematica dell’identità.
Sembra soprattutto quest’ultimo il compito specifico dell’età adolescenziale, almeno secondo
Erikson. Questo a motivo dei rapidi cambiamenti che caratterizzano l’età e per assumere un’identità
definitiva che contraddistingue l’età adulta.
Questi bisogni o compiti sono resi particolarmente difficili nella società odierna che, pur
offrendo molte soluzioni ai problemi e bisogni dell’uomo, non offre un quadro sociale e valoriale
sufficientemente coeso ed integrato da permettere all’adolescente di trovare il suo posto in essa e di
maturare la sua identità.
1.3. Il ruolo della società contemporanea nella soluzione di bisogni
La società contemporanea, definita a seconda dei punti di vista, come postindustriale,
postmoderna e complessa, è una società che è arrivata ad un altissimo livello di produzione
tecnologica e di organizzazione della vita. Una società che risponde a moltissimi bisogni umani, che
ha debellato la fame, molte malattie, che offre un elevato standard di vita ai suoi membri, almeno
nei paesi più evoluti.
Questa società è stata in grado di soddisfare praticamente tutti i bisogni primari, per cui
l’attenzione si è spostata su quelli secondari, come i bisogni affettivi, intellettuali ed estetici,
espressivi e di libertà. Ciò ha comportato un radicale cambio a livello culturale, in quanto i bisogni
si trasformano a livello sociale in valori: all’evoluzione dei bisogni ha corrisposto l’evoluzione
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culturale. Nuovi bisogni sono balzati alla ribalta e nuovi valori sono entrati nella vita della gente, a
cominciare dai più giovani. Ciò ha comportato anche atteggiamenti diversi verso la vita, nuovi
bisogni e nuove attese. Non sempre tutto questo ha comportato solo vantaggi. Ci sono stati anche
degli svantaggi dovuti all’incapacità del sistema sociale di risponder alle attese che aveva suscitato.
Infatti questa società, per raggiungere l’attuale grado di sviluppo, ha dovuto accentuare la
sua differenziazione interna e la velocità delle comunicazioni e scambi tra sistemi, per cui i sistemi
che la compongono procedono per logiche autoreferenziali, senza rispondere l’uno all’altro. Così i
sistemi più deboli hanno subito la logica e le scelte di quelli più forti. In particolare l’economia
sembra essere il sistema più forte, che impone le sue logiche, pragmatiche o razional-strumentali, a
tutti gli altri. Chi ne fa le spese sono i sistemi più deboli, come quello di personalità, basato su
logiche di tipo espressivo. All’interno dei sistemi di personalità, tra i più esposti sembra esserci la
categoria degli adolescenti, in quanto meno difesi dall’ambiente familiare o sociale, non ancora
attrezzati a resistere alle pressioni del sistema economico e sociale, e i più fragili dal punto di vista
della personalità, in quanto ancora in formazione e con un’identità in fieri.
Pertanto, accanto ai notevoli progressi della società attuale, alla sua capacità di rispondere a
molti bisogni, si registra la permanenza di situazioni di disagio, per bisogni non soddisfatti. Tra
questi emergono i bisogni connessi con crescita e le pratiche di socializzazione (bisogni formativi).
A. La permanenza del disagio potrebbe essere sinteticamente ricondotta a queste cause sociali:
1. La società contemporanea ha saputo rispondere a molti bisogni della sua popolazione,
ma in maniera disuguale, per cui permangono situazioni di carenze di beni primari in
parte della popolazione. In maniera massiccia nei popoli in via di sviluppo, in maniera
minore, ma non trascurabile, nelle società evolute (disagio da bisogni primari).
2. La cultura che si genera dai nuovi bisogni ha effetti interattivi sul carattere dei suoi
membri, soprattutto più giovani. Cambiano i valori, gli atteggiamenti, gli standard di
vita. Tutto ciò genera nuove aspettative, elevando notevolmente la soglia minima dei
bisogni ed abbassando quella della tollerabilità alla frustrazione.
3. La non linearità e disomogeneità del progresso economico e sociale producono sensibili
variazioni nella soddisfazione dei bisogni, soprattutto rispetto alle aspettative: ciò genera
insoddisfazione ed insicurezza, con ritorno a bisogni e valori che sembravano ormai
superati.
4. Ad alterare la gerarchia dei bisogni contribuisce lo stesso sistema economico, che per
incrementare i consumi, fa presa attraverso la pubblicità sui bisogni più elementari,
contribuendo così ad una socializzazione ai valori consumistici. Il consumo assurge
inoltre ad indicatore di status, per cui il consumo di determinati beni diventa uno status
symbol e viene collegato alla sfera immateriale.
5. L’istinto naturale non appare più così in grado di assicurare la rotta giusta
nell’individuazione dei bisogni e la via migliore per soddisfarli. Esso appare disorientato
dalle manovre pubblicitarie e non più in grado di assicurare la soddisfazione corretta dei
bisogni. La cosa appare tragicamente evidente nelle situazioni di rischio in cui al
bisogno si risponde in maniera irrazionale (devianza, comportamenti antisociali, danni
alla salute, marginalità, ecc.).
B. Inoltre la società non sembra offrire un aiuto adeguato all’adolescente nella soluzione dei compiti
di sviluppo. In particolare essa non offre le seguenti condizioni indispensabili per la soluzione
del compito più importante: quello dell’identità.
1. L’inserimento nella società, che avveniva attraverso il lavoro ed il riconoscimento delle
qualità del giovane (bisogno di stima). Oggi l’unico ruolo riconosciuto al giovane è
quello di consumatore, per cui tenderà ad agganciare l’identità ad elementi di consumo
(status symbol) e al tempo libero più che alla professione e alla sua preparazione.
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2. Una struttura sociale coesa e integrata in grado di accoglierlo ed inserirlo, facendolo
sentire un membro attivo di tale società, dove le sue competenze e abilità possono
servire alla costruzione della società.
3. Un quadro valoriale omogeneo (ideologia), con cui strutturare la sua identità culturale
acquisendo una visione del mondo che gli fornisca la cornice entro cui collocare le sue
scoperte ed i valori che va elaborando personalmente, grazie anche allo sviluppo delle
nuove capacità cognitive (pensiero logico formale).
4. Una strutturazione del tempo sociale rispettosa dei tempi psichici, in maniera da
consentire ai suoi membri di organizzare i tempi interni in armonia con i tempi sociali.
Questa carenza rende difficile la strutturazione temporale dell’identità, con capacità di
raccordare il tempo biografico al tempo sociale, in particolare sia al passato che al
futuro. La conseguenza sarà una crescita ipertrofica del presente con assenza di memoria
storica e di capacità progettuale.
C. Genericamente si può affermare che la società attuale non offre una socializzazione congruente
con le aspettative che genera e con i bisogni degli adolescenti. In particolare i bisogni più
frequentemente frustrati, che possono generare disagio, sono:
1. materiali, per chi è emarginato ed escluso dai beni della società affluente;
2. affettivi e relazionali, per molti che pure sono soddisfatti sul piano dei bisogni
materiali;
3. sociali (inserimento e riconoscimento sociale), di solidarietà ed appartenenza;
4. formativi (educativi, culturali, di orientamento e di guida);
5. esistenziali (progetto, autorealizzazione, senso della vita, trascendenza).
1.4. Disagio e rischio come esito della crescita in una società “disintegrata”
I bisogni insoddisfatti generano alla lunga frustrazione e malessere. Questi fenomeni si
manifestano con maggiore evidenza negli adolescenti, nei quali si sommano i disagi comuni con
quelli specifici dell’età. Si ha così il cosiddetto “disagio adolescenziale”.
Pur aumentando le opportunità di crescita globale, ciò che manca è il senso, la direzione di
tutto ciò. Con la complessificazione della società, la forte differenziazione funzionale dei vari
sistemi tra di loro e dei singoli sottosistemi al loro interno e la moltiplicazione delle relazioni tra
loro, crescono le opportunità, anche di crescita, dell’individuo, ma ne consegue l’ingovernabilità dei
sistemi, la mancanza di un centro organizzatore, la crescita di entropia e la moltiplicazione di codici
incommensurabili. L’esito è una certa frammentazione della realtà sociale e pluralizzazione dei
centri di potere e dei sistemi di riferimento e di significato, con conseguenti effetti disgregatori sul
tessuto sociale. In questa situazione cade la tensione morale collettiva, perché ogni sistema procede
per logiche proprie, con propri criteri di valore, verificabili solo al suo interno (autoreferenzialità).
Aumentano le chances, le opportunità di azione e con ciò aumentano le possibilità di vita, ma al
tempo stesso tali chances non costituiscono più ambiti forti di identificazione e di appartenenza.
Ricade sul singolo il compito di riportare ad unità gli aspetti contrastanti della realtà e
scegliere, tra i diversi stimoli, quali utilizzare per i propri scopi. La struttura psichica di ogni
soggetto viene caricata di troppi compiti ed incombenze. L’adattamento diventa la via regia
attraverso cui i giovani si aprono alla realtà. L'adolescente si adatta all’ambiente e tende a
prolungare all'infinito il suo stato di precarietà, fino a farla diventare essa stessa identità della sua
condizione. Di questa condizione i giovani sanno cogliere tutti i vantaggi e minimizzare gli
svantaggi, vivendo tranquillamente il loro ruolo di consumatori e praticando la
deresponsabilizzazione. Ma, nonostante l’apparente normalità e tranquillità del ragazzo d’oggi,
grazie alle sue capacità d’adattamento, emergono gravi carenze nel processo evolutivo. Tra queste
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possiamo accennare alla dispersione della prospettiva temporale, perdita di senso e di progettualità,
anomia, caduta della speranza fino alla disperazione e depressione, superficialità e ripiegamenti
adattivi di breve respiro, spesso di tipo consumistico, privatistico, intimistico.
Tali carenze provocano sofferenza profonda, perché creano situazioni difficili per una
crescita armonica ed equilibrata. Per qualcuno si tratta solo di un po’ di sofferenza in più,
facilmente sopportabile, per altri invece si tratta di un carico eccessivo, esorbitante le loro
possibilità, di fronte cui non hanno strumenti o risorse per difendersi. Ecco allora il “break-down”,
il crollo che si traduce nella cronicizzazione di una patologia adolescenziale.
Ecco allora aumentare le probabilità di rischio, che diventano più forti laddove si sommano
deprivazione materiale, culturale e sociale. In tali situazioni è molto più probabile che l’adolescente
non riesca a far fronte alle sfide che la società gli pone. Infatti, il confronto tra quello che gli viene
richiesto e le sue reali possibilità, già fortemente condizionate, genera spesso nel soggetto la
sensazione e la coscienza dell’impossibilità di attingere alle risorse. Non di rado a tale divario si
accompagna un sentimento di impotenza che provoca la propria e vera rinuncia a raggiungere la
propria maturità attraverso i mezzi normali e legali. È la condizione di sofferenza o lo stato d’animo
al quale viene ridotto il soggetto che caratterizza di più la condizione di disagio come impossibilità
reale (oggettiva e soggettiva) ad acquisire in modo ottimale i mezzi per fronteggiare le sfide.
Sovente, allora, il disagio evolve in situazioni di rischio, cioè in risposte “irrazionali” al
bisogno. Risposte che tendono a ridurre la tensione provocata dal bisogno, ma che, non essendo
adeguate, riducono la tensione solo momentaneamente, mentre il bisogno-stato rimane inalterato,
anzi aumenta con il passare del tempo. Così lo stato di disagio aumenta sempre di più e le risposte
diventano sempre più irrazionali, decretando una condizione di disagio permanente e di rischio di
devianza, di danno alla salute, o simili. Ovviamente si parla di rischio in quanto, non avendo
l’adolescente ancora un’identità precisa, il comportamento deviante non è strutturato, ha possibilità
di essere corretto e di trovare la giusta soluzione; se altrimenti si struttura in una identità deviante il
percorso deviante diventa praticamente inevitabile.
1.5. Bisogno di senso
Pertanto, di fronte alla frammentazione, pluralizzazione dei sistemi di riferimento e
simbolici, alla perdita di centro, emerge sempre di più il bisogno di senso.
1.5.1. Il sistema motivazionale di Frankl
L’autore che più ha sottolineato il bisogno di senso o significato nella nostra società è stato
Frankl. Egli ha proposto un “nuovo modello motivazionale” che pone la “volontà di significato” al
vertice dei bisogni umani. Tuttavia tale bisogno non si manifesta con una progressione evolutiva
come quelli della scala gerarchica di Maslow. Esso ha una natura completamente diversa da quelli
di Maslow: una natura “noetica”, in quanto trova la sua radice nella componente spirituale
dell’uomo, cioè in quella dimensione che gli è propria, che lo distingue da tutti gli altri esseri. Tale
componente gli permette di elevarsi al di sopra della necessità e degli obblighi derivanti dalla
componente biologica e psicologica. La “volontà di significato” si manifesta nella coscienza
dell’uomo, non è sottoposta al determinismo, non è manipolabile da pressioni esterne. Tale capacità
si rende particolarmente evidente nei momenti di crisi e di sofferenza. Permette di superare in senso
di fallimento e di frustrazione, connesso con il mancato soddisfacimento dei bisogni, soprattutto di
quello di autorealizzazione.
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Tale bisogno può fornire una spiegazione del perché nella nostra società, pur essendo
soddisfatti tutti gli altri bisogni, permanga un senso di disagio, che sovente si traduce in
comportamenti “irrazionali”, devianti o autolesivi, come la tossicodipendenza o il suicidio.
Tale bisogno fornisce anche ragioni per superare situazioni di disagio e rischio. Infatti, esso
permette di mantenere viva la tensione verso un obiettivo, il significato della vita, anche qualora
tutto il resto fallisse. La tensione verso un obiettivo, come già riconosceva Allport, diventa il centro
unificatore di tutte le esperienze, degli atteggiamenti e comportamenti di una persona1. Perciò la
“volontà di significato” diventa quell’elemento di unità ed integrazione della persona che la società,
nella sua frammentarietà, non fornisce più. Esso fornisce anche una gerarchia valoriale attorno al
bisogno di senso che, se è unico e personale, non è però soggettivo o manipolabile. È oggettivo e
trascendente: un appello ad uscire fuori di se stessi e ad andar oltre i limiti della propria condizione.
Inoltre, il fatto che questo bisogno non sia condizionato dalla soddisfazione dei bisogni
precedenti per emergere, fornisce energia motivazionale alle persone che vivono in situazioni di
disagio o hanno fatto esperienze drammatiche. Il bisogno di senso e la volontà di significato
emergono al di là e al di sopra di ogni esperienza umana: è la risorsa ultima dell’uomo, che si
manifesta particolarmente quando ogni altra risorsa o possibilità è tramontata.
1.5.2. L’applicazione del sistema motivazionale di Frankl al contesto educativo
La volontà di significato si impone al soggetto nella sua coscienza, diventa appello dentro di
lui, verso cui ha una responsabilità. Ogni uomo è chiamato a cercare il proprio significato nella vita,
che è unico e personalissimo, ma che non può inventarsi, ma solo scoprire nella sua datità e
oggettività. Il significato della vita va ricercato come una verità, che è al di fuori di noi e che ci
interpella. Per questo richiede un atteggiamento di apertura alla vita e alla verità, all’essere in
definitiva.
Inoltre i significati, in quanto dover-essere, sono valori. L’insieme dei significati che gli
uomini hanno scoperto nella loro esistenza costituisce un sistema di valori, con una propria
gerarchia.
Un adolescente può essere facilitato nella ricerca del significato della propria vita dal
contatto con la cultura, cioè dal sistema di valori codificato in una certa società. Soprattutto in un
rapporto con adulti significativi, egli può scoprire nel sistema di significati sociali una traccia per
rintracciare il proprio significato della vita e per farsi una propria gerarchia di valori.
Riteniamo perciò che gli adulti debbano recuperare la capacità di relazionarsi agli
adolescenti in maniera significativa, in un rapporto che sia intenzionalmente costruttore di
significati e di legami sociali (educazione), in maniera da risvegliare in lui la coscienza di sé e la
volontà di significato. E’ questa la risposta che inconsapevolmente attendono gli adolescenti della
nostra società per uscire dal loro stato di disagio “dorato”. Imparare di nuovo a cercare le risposte
dentro di sé, negli interrogativi profondi che da sempre hanno caratterizzato l’uomo, evitando di
lasciarsi ammaliare dalle risposte di comodo e consumistiche della società, o di lasciarsi
disorientare dal suo permissivismo irresponsabile.
Riteniamo perciò fondamentale ritornare alle fonti del sapere, inteso come domanda di
senso, interlocuzione con i grandi interrogativi della vita. Mettere a contatto i giovani con le grandi
correnti di pensiero mondiale, aiutarli ad essere protagonisti della loro crescita, del loro futuro, ad
essere critici verso le proposte del mercato o della pubblicità, a decidere con la loro testa. Per far
1 “Quello di ricondurre all’unità o di integrare vari aspetti è uno dei bisogni fondamentali della natura e dell’uomo e si
contrappone a quello altrettanto fondamentale dell’evoluzione che è la “differenziazione”. Differenziazione ed integrazione sono due
movimenti opposti ma complementari dell’evoluzione umana. Per attuare l’integrazione Allport suppone “una latente capacità di
organizzare le risposte specifiche e settoriali in unità più complesse, di far emergere disposizioni e tendenze meno rigide e più
generalizzate”. Arrivare ad una perfetta integrazione rappresenta “uno stadio finale ideale, mai realmente raggiunto” (Allport, 1963,
XVIII). Tuttavia è il tendere verso uno scopo ciò che conferisce l’unità personale, più che il raggiungerlo.
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questo è essenziale l’impegno educativo. Perciò riteniamo decisiva la rivalutazione delle istituzioni
sociali, come prodotto della cultura che tendono a conservare e perpetuare; tra queste, le agenzie
educative, che debbono riprendere la loro funzione, senza rinunciare a questo grande compito, pena
la perdita culturale, morale ed anche fisica, di intere generazioni.
L’educazione è ancora più importante e fondamentale proprio oggi, che essa sembra messa
profondamente in discussione, perché proprio la delicatezza dei meccanismi messi in atto
nell’attuale società e l’altezza della posta in palio ne esigono un’applicazione attenta e puntuale. Lo
chiedono i giovani stessi, anche se non lo manifestano e sembrano dimostrare più insofferenza che
gradimento di fronte all’intervento adulto.
Educazione, come: “e-ducere” = condurre fuori, come “maieutica”, come aiuto a tirar fuori,
a far nascere l’uomo che si cela dentro l’adolescente… Fargli prendere coscienza delle potenzialità
che si celano dentro di lui, insegnargli ad impiegarle.
Educazione come aiuto a riconoscere i veri bisogni e a trovarvi la risposta corretta, in grado
di soddisfarli veramente, evitando le risposte “irrazionali”. Insegnargli ad impiegare soprattutto le
sue potenzialità razionali (il pensiero ipotetico-deduttivo) per trovare la vera ragione delle cose.
Soprattutto per cercare il significato della vita e le condizioni perché questo si manifesti. Imparare,
in base a questo, a costruirsi un quadro di valori e ad orientare la propria vita di conseguenza.
Attraverso quest’atteggiamento fondamentale egli potrà superare le secche dello scetticismo
e del qualunquismo per approdare ad un’idea di uomo e della vita che gli faccia da guida nella
soluzione dei suoi compiti di sviluppo. Anche questi non derogabili ad altri, ma necessitano un
notevole impegno personale. Impegno che però dev’essere sostenuto ed accompagnato dalla società
che deve fornirei adeguati supporti. Non può essere la moratoria l’unico sostegno che la società
offre in tale periodo della vita.
1.5.3. Il bisogno di senso in chiave sociologica
Il senso fa parte, dal punto di vista sociologico, del sistema culturale. Esso è riconoscibile
dalla presenza di una rappresentazione della vita e del mondo, di un sistema organizzato di valori, di
un’immagine abbastanza definita di sé, dei propri obiettivi e ideali, fare delle scelte in ordine a
questi obiettivi o ideali e quindi assumere atteggiamenti e comportamenti congruenti con tali scelte.
Quindi il senso, pur impegnando innanzitutto la dimensione cognitiva, coinvolge anche quella
emotiva e operativa. E tutte queste dimensioni tendenti all’unità ed all’integrazione reciproca.
Infatti la ricerca mutua un concetto di persona unitario e globale. Attribuisce pertanto un valore
ampio e complesso al bisogno di senso. Esso viene inteso come “tensione verso l'integrazione
ottimale del sistema (di personalità o di cultura o di società)” (Milanesi, 1981, 22). O, più
precisamente, come “una percezione unitaria del reale capace di produrre un corrispondente
atteggiamento fondamentale verso di esso, che è condizione essenziale e fattore di progressiva
integrazione della personalità, cioè di una sua organizzazione, funzionale (relativamente) ottimale”
(Milanesi, 1981, 88).
Ovviamente non ci si aspetta da adolescenti che abbiano già una concezione compiuta del
mondo, una organizzazione dei valori e della vita perfettamente funzionale ed integrata. Tuttavia
sarà importante nella ricerca verificare la presenza di questa tensione, la differenza del grado di
integrazione tra categorie diverse. La maggior o minor presenza di tali elementi indicherà a quale
punto di saturazione è bisogno di senso.
“Senso significa ragioni per vivere e per sperare, insieme di ideali in cui riconoscersi e a cui
ispirarsi” (Pollo, 1992, 36). Senso vuol dire attribuire un significato alle cose che si fanno, alle
esperienze, alle conoscenze, agli incontri e alle persone, alle scelte, ai comportamenti ed
atteggiamenti.
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Senso vuol dire avere una “direzione di marcia”, un obiettivo nella vita, o, almeno, porsi il
problema di cercarlo. Senso vuol dire organizzare la propria vita in ordine all’obiettivo posto; fare
delle scelte congruenti con tale obiettivo, perseguire degli obiettivi con una certa determinazione e
“tensione verso”.
Senso vuol dire essere in dialogo con le persone, con il passato, con la società e le sue
istituzioni, con la cultura e con i valori. Non rifiutare nulla di ciò che esiste, ma nello stesso tempo
comprenderlo e ordinarlo secondo dei criteri e principi di riferimento.
Senso vuol dire essere capaci di leggere i propri bisogni e individuare la risposta più adatta.
Organizzare gli stimoli in modo funzionale e corretto.
Senso vuol dire avere un quadro integrato di valori di riferimento, una visione della vita
abbastanza coerente ed unitaria, avere dei principi cui essere fedeli. in cui le singole azioni di un
soggetto o la vita dell’individuo nel suo insieme vengono a collocarsi e trovare spazio.
Senso è capacità di far interagire le varie componenti di sé in un dialogo armonico ed
equilibrato, in modo che nessuna prevalga in maniera assoluta, ma tutte vengano rispettate nella
loro specificità.
Il senso così inteso può rispondere sia al bisogno di autorealizzazione che quello di identità.
In tale contesto è importante verificare la capacità progettuale dell’adolescente, la presenza di un
quadro valoriale integrato, la capacità di riconoscere e rispondere ai bisogni.
Non è solo il bisogno di istruzione o di formazione culturale e professionale in senso
stretto ma qualsiasi intervento, opportunità, opzione, relazione, che permette all'individuo di
arricchire il proprio bagaglio conoscitivo e strumentale per accedere ad uno status e ruolo più
evoluto o ad una più ampia partecipazione sociale. Nello specifico, e in particolare, concerne anche
comportamenti e atteggiamenti giovanili nella sfera del lavoro, delle pratiche e della fruizione di
opportunità culturali e di tempo libero, e degli orientamenti di valore che richiedono specifici
contenuti e risposte (l'area della partecipazione sociale, dell'opzione religiosa, ecc.).
L'ipotesi-guida è che ad una espansione e soprattutto a un livello elevato di qualità delle
esperienze formative fruite e fruibili corrisponda una superiore capacità di autoprogettazione
e orientamento verso il futuro e quindi una immagine di sé più definita. Al contrario, ad
una relativa ristrettezza dei confini del proprio agire - dato l'incongruo rapporto tra i bisogni
formativi e le opportunità disponibili o fruibili - corrisponde una incertezza ed una dilatazione dei
confini relativi all'identità e quindi una reale difficoltà ad autodeterminarsi. Nei casi più conclamati
questo può condurre i giovani ad una situazione di "vulnerabilità" rispetto all'assunzione di "stili
di vita" marginali o precari, suscettibili di sconfinare nel mondo della devianza-emarginazione.
Una risposta inadeguata a tali esigenze concorre a determinare la condizione
del giovane "a rischio", marginale, "frammentato" o isolato, incrinandone la sua progettualità.
Questa va intesa come disegno di proiezione di sé nel futuro e di autorealizzazione, come opzione
verso valori, come ricerca di un rapporto dialettico con le istituzioni e quindi come tensione per la
costruzione di un ruolo-status adulto, a partire dall'acquisizione di strumenti conoscitivi e di
competenze professionali spendibili nella transazione sociale. Tali apprendimenti non sono solo il
risultato specifico della frequenza delle scuole e dei CFP, ma anche della partecipazione ad altre
attività del sistema formativo allargato la cui offerta tende ad espandersi in relazione al
fenomeno della dilatazione, in termini quantitativi e qualitativi, del tempo libero che permette
l'accesso a diversificati percorsi in funzione della realizzazione di forme di autosocializzazione. In
definitiva, le opportunità di soddisfazione dei bisogni formativi costituiscono oggi il volano della
nuova progettualità dei giovani e facilitano la costruzione della loro identità.
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2. Le ipotesi
5.3.1. L'ipotesi generale
Assumiamo come riferimento il bisogno di significato, inteso come “tensione verso
l'integrazione ottimale del sistema (di personalità o di cultura o di società)” (Milanesi, 1981, 22).
Concetto ulteriormente precisato nei termini di “una percezione unitaria del reale capace di produrre
un corrispondente atteggiamento fondamentale verso di esso, che è condizione essenziale e fattore
di progressiva integrazione della personalità, cioè di una sua organizzazione, funzionale
(relativamente) ottimale” (Milanesi, 1981, 88). Questo è il bisogno principale di cui soffrono, a
nostro parere, i giovani oggi a causa di una società complessa, anomica, a-morale. Da questo ne
formuliamo le seguenti ipotesi.
1. L’ipotesi generale è che esista tra gli adolescenti dei municipi Roma 6-7 un diffuso, quanto
scarsamente avvertito, bisogni di significato o senso.
Questo bisogno emergerebbe dalla difficoltà di rispondere ai compiti evolutivi dell’età,
compendiabili nel bisogno di identità, nella difficoltà di autorealizzazione, nella ricerca di rapporti
affettivi e soprattutto nella difficoltà di integrazione dei motivi, dei valori e di coerenza nelle scelte.
Si configurerebbe pertanto un’identità instabile e una personalità frammentata, che
troverebbe le sue cause più probabili nella frammentazione sociale, nel pluralismo ideologico che
viene percepito come indifferenza valoriale, nell’interiorizzazione della complessità, che comporta
la mancanza di criteri gerarchici nelle scelte valoriali, nella mancanza di progettualità personale e di
capacità critica e di protagonismo sociale.
2. Il disagio si configurerebbe come frustrazione dei bisogni; in particolare, ove fossero
soddisfatti i bisogni primari, come frustrazione di bisogni secondari, postmaterialisti (affettivi,
sociali, comunicativi, formativi ed esistenziali); in modo speciale come frustrazione del
bisogno di significato, che può configurarsi anche come mancata percezione di tale bisogno, o
come mancata integrazione dei motivi e dei valori. Al disagio contribuiscono sia l’incapacità
di lettura dei bisogni da parte della società, sia la mancata risposta istituzionale del territorio.
3. Tanto maggiore è il disagio tanto più alta è la probabilità di rischio, cioè di risposte
“irrazionali” ai bisogni emersi dal disagio. Tali probabilità aumentano in situazioni più
deprivate socialmente o culturalmente.
4. Le agenzie educative svolgono un’importante opera di mediazione tra adolescenti e società,
tra cultura individuale e cultura sociale, tra attualità e tradizione, riducendo
significativamente, qualora riescano a stabilire dei buoni rapporti con gli adolescenti che le
accostano, il livello di disagio e di rischio. L’esito è tanto più positivo quanto più riescono a
cogliere e rispondere ai bisogni degli adolescenti, a fornire un quadro di valori coerente ed
omogeneo, di mettersi in una relazione educativa significativa con gli adolescenti.
5.3.2. Ipotesi particolare (ulteriore)
Come specifica e prosecuzione delle precedenti ipotesi faccio l’ipotesi che
Nel disagio giovanile entri come componente costante la frustrazione dei bisogni, alcune
volte per impossibilità di soddisfarli, molto più frequentemente per l’errata
9
interpretazione dei medesimi. Più è alta l’insoddisfazione dei bisogni più cresce il rischio
di devianza e/o emarginazione. Più si è soddisfatti in tutti i bisogni (compresi quelli postmaterialisti) meno comportamenti devianti si hanno.
In particolare faccio l’ipotesi che:
1. la mancanza “di una struttura psicologica unitaria o di un tratto globale che integri con
qualche coerenza i diversi atteggiamenti” (Grasso, 1974, 176). Cosicché, anche i valori
espressi e/o i diritti difesi, non emanaNO da una concezione unitaria della persona, bensì
dalla loro appetibilità e fruibilità privata o dalla desiderabilità sociale. Ne consegue la
coesistenza psicologica di due o più sistemi di valori sovrapposti senza integrazione.
2. Il giovani del campione a rischio evidenzino più che tutti gli altri situazioni di bisogno
insoddisfatto, sia sul piano dei bisogni primari che in quello dei bisogni secondari (postmaterialisti).
3. I giovani con un più alto indice di insoddisfazione della vita evidenzino carenze nei campo
bisogni secondari (post-materialisti) rispetto ai loro coetanei soddisfatti della vita, ma
inferiori al gruppo a rischio nei bisogni primari.
4. Che i soggetti insoddisfatti abbiano comportamenti più devianti rispetto ai soggetti
soddisfatti, ma meno rispetto ai soggetti “a rischio”.
5. Che ci sia una correlazione positiva tra livello delle attese e insoddisfazione.
6. Che coloro che fanno parte di gruppi associati con proposte educative e/o religiose (in
particolare quelli dell’Oratorio Borgo Ragazzi don Bosco) abbiano mediamente
comportamenti meno devianti degli altri e siano mediamente più soddisfatti dei non
associati.
7. Che coloro che hanno famiglie stabili, che seguono i figli, siano più soddisfatti nei loro
bisogni e abbiano condotte meno devianti.
8. Coloro che hanno percorsi scolastici più regolari, abbiano un’idea più chiara del proprio
futuro e si mostrino più soddisfatti della vita.
9. Che il campione di soggetti più a rischio viva una forte relazione con un sistema (quello dei
pari) e abbia poche relazioni con gli altri sistemi (familiare e adulti)
3.
Il piano di analisi: scopo e metodologia dell’indagine
Il lavoro si compone di 2 ricerche.
La prima, condotta insieme con l’Istituto di Sociologia dell’UPS, su tutto il territorio del VI
e VII Municipio di Roma, di cui ho accolto l’impostazione metodologica, il questionario, gli
obiettivi, le ipotesi, i risultati. Risultati che sono in via di pubblicazione. Su questa indagine farò
una rilettura e degli approfondimenti per rispondere agli obiettivi delle tesi che aggiungerò. La
chiamerò, in conformità al suo titolo “Il minore a-lato”.
La seconda, condotta da me personalmente su preadolescenti e adolescenti che frequentano
l’Oratorio “Borgo Ragazzi Don Bosco”, con gli stessi criteri della precedente: stesso questionario,
stessa età del campione giovanile, stessi obiettivi, stesse ipotesi. I dati di questa ricerca, che
chiamerò “Ricerca Oratorio”, saranno confrontati con quelli della precedente per stabilire
similitudini e differenze tra i due tipi di popolazione. Questa seconda inchiesta ha come obiettivo
specifico quello di verificare se la popolazione di una istituzione educativa specifica del territorio
dei Municipi Roma 6 e 7 abbia caratteristiche diverse da quella della popolazione comune. Per
questo motivo c’è un’ipotesi che riguarda specificamente tale campione. Per il resto sarà sottoposto
agli stessi trattamenti statistici del primo.
10
3.1. Ricerca “il minore a-lato”
Il progetto di ricerca si collocava all'interno delle attività di studio/intervento promosse dal
Comune di Roma al fine di approfondire la conoscenza della condizione giovanile di un territorio
ad elevato tasso di disagio sociale e di affinare gli strumenti di intervento/azione. Più in particolare,
l'indagine aveva inteso perseguire i seguenti obiettivi generali:
a) analizzare in modo congiunto i bisogni formativi di preadolescenti e adolescenti, a rischio e non,
in relazione al territorio di riferimento;
b) delineare una mappa delle "vecchie e nuove povertà", con particolare riferimento ai processi
immigratori e, al loro interno, della condizione dei minori e dei loro bisogni formativi;
c) delineare una mappa delle risorse e degli ostacoli che l'area presa in considerazione offre ai fini
della costruzione di personalità mature;
d) identificare le risposte date dalle strutture pubbliche e dal terzo settore al fine di prospettare
specifici interventi di prevenzione;
e) utilizzare i risultati dell'inchiesta in vista di un ripensamento delle politiche giovanili degli Enti
Locali e del terzo settore in rapporto al territorio in osservazione;
f) trasferire tale modello d'intervento anche ad altri contesti.
L'area problematica che si è inteso esaminare con più attenzione era costituita dal mondo del
disagio giovanile. A tale scopo si è cercato di determinare la propensione alla trasgressione e la
consistenza della devianza nel contesto territoriale in considerazione. E, proprio perché il territorio
si caratterizza per la presenza accentuata di situazioni problematiche, sono stati presi in
considerazione tre ambiti di osservazione del rischio, che sono:
a) l’istituzione scolastica e formativa: si è inteso analizzare tale contesto al fine di evidenziare
fenomenologie di disaffezione-disadattamento fino all’insuccesso e abbandono dei giovani,
nonché di registrare altri fenomeni di disagio (i cosiddetti "figli della seconda generazione" che
appartengono alle famiglie di vecchia immigrazione, i minori di recente immigrazione, i
soggetti con disturbi sul piano del comportamento, i minori vittime di violenze e abusi,
consumo di droghe, , ecc..) nella scuola di base secondaria e nei Centri di Formazione
Professionale (=CFP), soprattutto laddove si determinano fenomeni di insuccesso scolastico
(istituti tecnici e professionali) o dove i ragazzi in difficoltà cercano l'ultima opportunità di
riscatto (i CFP);
b) i servizi pubblici deputati ad un compito di prevenzione, assistenza e riabilitazione di stati di
disagio o di devianza dei minori come, ad esempio, consultori per adolescenti, servizi sociali
distrettuali per minori/giovani devianti, previamente individuati nelle aree scelte a campione;
c) le organizzazioni di terzo settore, in particolare del volontariato, che si fanno carico di
interventi di vario tipo, educativo, assistenziale, riabilitativo nei confronti di minori con
problemi o in contesti a rischio.
Pertanto, l’inchiesta doveva consentire di individuare le strategie per il potenziamento della
formazione dei giovani del territorio. Il perseguimento di tale obiettivo a sua volta doveva portare a
tener conto delle esigenze:
a) della scuola e della Formazione Professionale (FP), che richiedono:
. che si proceda ad un’analisi critica dell’attuale offerta formativa;
. che si formulino nuove proposte, in grado di venire incontro alla domanda formativa e
occupazionale proveniente sia dai giovani che dal mondo produttivo;
. di qualificare/ri-qualificare soggetti inoccupati/disoccupati e/o a rischio di emarginazione;
b) dei giovani, delle famiglie e della comunità locale, che si attendevano:
. che vengano ottimizzate le offerte di istruzione e di formazione e avviate attività di
sostegno all’orientamento, così da combattere gli abbandoni e conseguire una preparazione che
tenga conto dei bisogni emergenti delle imprese del territorio;
11
. e che si perseguano finalità preventive e di recupero nei confronti di forme di devianza e di
emarginazione.
L'indagine ha cercato inoltre di approfondire contemporaneamente anche la conoscenza
delle modalità con cui i giovani dell'area sotto esame trascorrono il tempo libero, in particolare
verificando sul piano quantitativo e soprattutto qualitativo la frequenza di luoghi di incontro e la
partecipazione alle associazioni. Più in generale si è puntato a identificare gli stili di vita, i valori e i
sistemi di significato del mondo giovanile circoscritto all’area in osservazione.
3.1.1. Il piano di campionatura
Il progetto di analisi prevedeva di intervistare:
- 600 studenti delle Scuole Medie, delle Scuole Superiori e della Formazione Professionale
- 100 giovani da reperire nelle categorie del disagio
- 100 genitori
- 100 insegnanti/formatori
- 20 esperti, scelti in base alle peculiari competenze in materia.
3.1.2. Il campione degli studenti, dei docenti e dei genitori
Per gli studenti delle scuole si è deciso di somministrare il questionario a 30 classi scelte in
base ai seguenti criteri di rappresentatività:
- per Municipio (15 del VI e 15 del VII)
- per tipo di scuola (indirizzo scolastico).
In particolare sono stati scelti questi indirizzi scolastici: 20 Istituti dell’area scientifico-tecnicoprofessionale, 8 licei o scuole umanistiche, 4 scuole medie. Le classi a cui somministrare il
questionario erano le II e IV delle superiori e le III medie con più di 20 allievi per classe e con una
forte presenza di allievi provenienti dai due Municipi.
I genitori sono stati scelti estraendone a sorte 4 (più 2 di riserva), con metodo casuale, nelle
classi dove veniva applicato il questionario dei preadolescenti/adolescenti; ad essi è stato chiesto di
compilare il questionario a casa e di riportarlo a scuola; il medesimo questionario è stato sottoposto
anche a 10 genitori del campione a rischio e a 10 genitori extracomunitari.
Anche i docenti/formatori sono stati scelti sempre con metodo casuale, intervistandone 4 per
ciascuna delle classi a cui veniva applicato il questionario dei preadolescenti/adolescenti.
La rappresentatività di questi campioni è data, oltre che dalla metodologia utilizzata nella scelta,
anche dall’indice di non significatività del Chi2 nel confronto tra dati attesi ed osservati (cfr.
Tav.1):
Tav. 1 – Indice di non significatività del Chi2 su dati attesi e osservati
CAMPIONI
Studenti
Docenti
Genitori
ATTESI
600
100
100
OSSERVATI
598
97
120
CHI2
n.s.
n.s.
n.s.
I questionari sono stati somministrati nel periodo marzo-aprile 2001, con un intervistatore che si
recava, previo accordo con il preside e il personale scolastico preposto, in un istituto
determinato e sottoponeva il questionario a tutta una classe insieme (alcune volte anche a più
classi riunite in aula magna). Il tempo impiegato era in media di un’ora. Nel frattempo si
12
chiedeva agli insegnanti delle classi interessate di compilare il questionario per conto loro,
oppure si lasciavano copie del questionario al preside o al referente perché le facesse pervenire
agli interessati. Alla fine venivano sorteggiati dal registro di classe, secondo la tecnica della
scelta effettuata con metodo casuale, i 4+2 alunni cui chiedere di sottoporre il questionario ai
propri genitori.
In genere si è trovata buona accoglienza ed interesse verso l’iniziativa, con collaborazione da parte
dei docenti e della presidenza; tuttavia alcune scuole hanno rifiutato la somministrazione dei
questionari per l’opposizione degli insegnanti. Tali rifiuti andavano dall’indisponibilità dei
docenti ad affrontare difficoltà di carattere burocratico, a difficoltà dovute al calendario
scolastico (parecchie scuole avevano la gita scolastica nello stesso periodo e non potevano
mettere a disposizione altri giorni in tempi ravvicinati). Le difficoltà maggiori incontrate con gli
studenti sono state di concentrazione e serietà; per i genitori invece i problemi hanno riguardato
la restituzione dei questionari.
3.1.3. Il campione dei giovani a rischio
Il progetto di analisi prevedeva inoltre di intervistare 100 soggetti, scelti in base alle seguenti
caratteristiche:
- ragazzi sottoposti a provvedimenti penali
- ragazzi extracomunitari (persone di colore)
- ragazzi che si incontravano in luoghi dove era evidente l’emarginazione sociale e la
propensione alla devianza o alla tossicodipendenza; tali luoghi sono stati ripartiti in maniera
uniforme tra il VI e VII Municipio.
Anche queste interviste sono state effettuate nel periodo marzo-aprile 2001, mediante
somministrazione individualizzata dello stesso questionario predisposto per il campione degli
studenti. In particolare l’intervistatore si è recato in tempo notturno nelle seguenti località: Piazza
Teofrasto, Piazza dei Gerani, Piazza dei Mirti, Piazza di San Felice da Cantalice, Piazza delle
Camelie (VII), via della Marranella, Piazza Roberto Malatesta, giardini di via Valente, Villa
Gordiani e Largo San Luca (VI).
3.1.4. I Testimoni privilegiati
Nel piano di analisi è stato introdotto anche un gruppo di 20 Testimoni privilegiati, selezionati
sulla base di peculiari competenze in merito ai principali bisogni emergenti nel territorio in
analisi per quanto riguarda i giovani e le famiglie e al tipo di offerta formativa e occupazionale
esistente.
Per ogni Municipio dovevano essere intervistati i rappresentanti delle seguenti categorie:
1. pubblica amministrazione
2. scuola e formazione
3. mondo del lavoro
4. servizi sanitari e socio-assistenziali
5. associazionismo e volontariato
Nel maggio 2001 hanno risposto all’intervista semi-strutturata i rappresentanti delle seguenti
organizzazioni del territorio:
Tav. 2 – Prospetto dei testimoni privilegiati
13
Rappresentante
Organizzazione
Funzione
Municipio
Associazionismo e Volontariato
A.G.E.S.C.I. (Roma)
Capo scout
VII
Associazionismo e Volontariato
Coop. Nuove Risposte
Dirigente
VII
Associazionismo e Volontariato
Nessun luogo è lontano + Centro
Diurno Semina
Dirigente
VI
Associazionismo e Volontariato
Coop. Antropos
Operatore sociale
VI-VII
Esercizi Commerciali
Pasticceria
Gestore
VI-VII
Esercizi Commerciali
Negozio Motorini
Meccanico
VI
Gestori di discoteche
Pub Millennium
Gestore
VII
Gestori di centri sociali
Centro Sociale Forte Prenestino
Membro
VII
Commercialista
VII
Mondo del lavoro
Pastorale Giovanile
S. Ireneo
Parroco
VI
Pastorale Giovanile
S. Giustino
Viceparroco
VII
Pubblica Amministrazione
VII Muncipio
Coordinatrice
Assistenti Sociali
VII
Pubblica Amministrazione
VII Municipio
Presidente
VII
Scuola e F. P.
Liceo Kant
Preside
VI
Scuola e FP
Scuola Giorgi
Preside
VII
Servizi sanitari e socio-assistenziali
VII Muncipio
Assistente sociale
VII
Servizi sanitari e socio-assistenziali
Coop. S. Felice
Medico
VII
Servizi sanitari e socio-assistenziali
Consultorio
Psicologa
VI
Società/centri sportivi, sociali, culturali
DLF Circolo Casilino 23
Allenatore
VI-VII
Società/centri sportivi, sociali, culturali
PGS BDB
Dirigente
VII
A seguito delle interviste si è proceduto alla sbobinatura e all’analisi dei contenuti emersi,
attraverso il metodo della “Content Analysis”.
3.2. Ricerca Oratorio “Borgo don Bosco”
Dopo aver concluso la ricerca, ho personalmente condotto un’ulteriore ricerca con lo stesso
questionario presso la struttura educativa “Oratorio Borgo Ragazzi don Bosco”, con lo scopo di
verificare eventuali differenze tra il campione “generico” e quello “oratoriano”. Questo per
controllare l’eventuale incidenza di una socializzazione specifica sugli orientamenti valoriali e sui
comportamenti degli adolescenti. Per questo motivo è stato somministrato il questionario ai
membri di 3 grandi proposte associativo-educative: quella sportiva (PGS Borgo Don Bosco), quella
catechistico-formativa (gruppi di catechismo e post-cresima, fino al gruppo animatori), quella
educativa-scoutistica (Gruppo AGESCI Roma 90). Tale inchiesta, oltre che allo scopo della
presente, rispondeva anche allo scopo di elaborare un progetto educativo attento alle domande dei
giovani che frequentano le singole associazioni.
3.2.1. Il piano di campionatura
Il piano di camponatura prevedeva di sottoporre il questionario allo stesso tipo di popolazione
giovanile, oggetto della precedente indagine, per età, tipo di scuola e provenienza sociale. Inoltre
14
questo tipo di popolazione doveva essere aggregata in gruppi organizzati. Pertanto sono stati
individuati i seguenti gruppi dell’Oratorio che corrispondono ai requisiti richiesti:
a) Gruppo sportivo “PGS Borgo don Bosco”, che, nell’età di nostra competenza dichiara di avere
circa atleti 200 iscritti nelle varie discipline sportive. Gli atleti sono suddivisi in squadre secondo
l’età, il sesso e la disciplina sportiva. Da un veloce controllo delle squadre risulta che i maschi sono
in netta maggioranza.
b) Gruppo catechistico-formativo “Borgo don Bosco”: composto al suo interno di vari gruppi
suddivisi in base all’età. Così abbiamo 2 classi di catechismo che si preparano alla cresima,
denominati “Arcobaleno”, poi abbiamo un gruppo di ragazzi che hanno fatto la cresima nell’anno
catechistico in corso (Post-cresima), un gruppo che raccoglie i ragazzi che sono rimasti con un
impegno formativo all’oratorio (…); un gruppo di Giovani animatori (18-20 anni), un gruppetto che
all’inizio dell’anno stazionava sul muretto e che poi è stato coinvolto in attività espressive,
soprattutto teatrali (Gruppo teatro).
c) Gruppo-scout AGESCI Roma 90. Tale gruppo risulta diviso in tre gruppi, per l’età di nostra
pertinenza: Reparto (dagli 11 ai 16 anni), Noviziato (16-17 anni), Clan (17-21 anni). Tutti i gruppi
dal punto di vista del sesso sono misti. Il gruppo più consistente è rappresentato dal “reparto”,
composto da 35 tra scout e guide, ripartiti in 5 squadriglie. Il “noviziato” è composto da 7 membri
(4 m., 3 f.), il “clan” è ancora in formazione e quindi poco numeroso (5: 2 rover, 3 scolte).
Visto il numero ridotto della popolazione si è deciso di applicare il questionario a tutti i membri dei
gruppi interessati, almeno a quelli che nel momento dell’applicazione del questionario fossero
presenti. Solo per il gruppo più numeroso (PGS Borgo don Bosco) si è deciso di ridurre le squadre
da intervistare per non sbilanciare troppo il campione. Pertanto si è deciso di applicare il
questionario solo a metà della popolazione sportiva interessata, anche perché parte degli atleti
partecipano alle altre attività dell’Oratorio, soprattutto a quelle di catechismo in preparazione alla
cresima. In ogni caso si è cercato di evitare doppioni, che uno rispondesse al medesimo questionario
in una sede e poi in un’altra.
3.2.2. Discesa sul campo
I questionari sono stati sottoposti in giorni diversi a seconda dei gruppi, nei primi mesi del 2002 .
Al gruppo-scout Roma 90 sono stati sottoposti nel giorno 20/1/2002.
Tot. Popolazione n. 47. Tot. Rispondenti n. 35.
Al gruppo sportivo PGS Borgo don Bosco è stata sottoposta nei giorni
Tot. Pop. n. 200
Tot. Rispondenti: n. 102
Al gruppo catechistico-formativo è stato sottoposto nei giorni
Tot. Pop.
Tot. Rispondenti
Tutti i requisiti richiesti sono stati rispettati, solo si è registrata una maggior presenza dei
preadolescenti sugli adolescenti, corrispondente all’effettiva maggior presenza di tale popolazione
all’interno della struttura educativa.
15
3.3. Strumenti d’indagine
Gli strumenti d’indagine utilizzati sono stati:
1. Questionario per i giovani
2. Questionario per il campione dei genitori
3. Questionario per il campione dei docenti
4. Griglia di domande per i testimoni privilegiati
Tutti i questionari sono stati elaborati dall’equipe di ricerca, dopo averli sottoposti alle osservazioni
della committenza (sia educatori del Borgo Ragazzi don Bosco che personale dei due Municipi
interessati).
Le risposte dei testimoni privilegiati sono state analizzate con il metodo della “content analysis”.
Le risposte dei questionari sono state sottoposte ad analisi statistica. Dopo un primo spoglio
dei dati, sono stati fatti degli incroci tra le variabili più significative per le ipotesi fatte. In
particolare per il campione giovanile, sono stati tenuti distinti i 2 campioni originari: dei soggetti a
rischio da quello degli studenti. Inoltre è stato fatto un indice, nel campione degli studenti, tra
coloro che si percepiscono più realizzati nella vita e quelli che si sentono meno realizzati.
Inoltre è stato condotto un confronto tra i 3 campioni (giovani, docenti, genitori) rispetto alle
domande comuni.
Anche le risposte date dai soggetti che frequentano l’Oratorio Don Bosco subiranno lo
stesso trattamento, con considerazione distinta degli esiti di ciascuno gruppo intervistato.
In seguito si pensa di sottoporre tutti i risultati ad analisi fattoriale, analisi della varianza, e,
se si riterrà opportuno, anche alla “cluster analysis” e “path analysis”.
3.4. Indicatori
3.4.1. Autorealizzazione
1.
2.
3.
4.
l’autoespressione, l’autorealizzazione, maggior libertà ed autonomia personale
riduzione del controllo sociale, all’obbligo di rispettare norme imposte, di abbandonare gli
aspetti formali o i doveri istituzionali
l’autodeterminazione personale, l’autoespressione, l’autodirezione, la ricerca di una vita più
bella, gratificante e significativa appartenenza, stima, autorealizzazione e autoespressione, che
coinvolgono soprattutto gli aspetti intellettuali ed estetici della vita
A livello politico ciò comporta perdita di importanza dei partiti tradizionali, delle
organizzazioni sindacali, dei grandi apparati burocratici o aziendali, delle istituzioni, del
Welfare e dell’intervento statale in economia e nella società, perdita di fiducia nella scienza e
nella tecnologia. Preferenze per la pace e l’ecologia, per la libertà e l’uguaglianza, per uno
16
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
sviluppo sostenibile, per i diritti umani, per i “movimenti delle donne”, per le minoranze
oppresse, come i “gay”, o penalizzate, come gli “handicappati”, ecc.
Nel lavoro la propria realizzazione, intesa come autoespressione, consiste nel “fare ciò che
piace”, sviluppare le proprie doti e potenzialità, essere creativi, fantasiosi e vari, avere buone
relazioni con gli altri, magari rinunciando anche ad uno stipendio più alto o ad una carriera
migliore. C’è meno attaccamento al lavoro e al successo, vengono meno i caratteri del selfmade man, la determinazione, la disciplina, il sacrificio, il ruolo del lavoro
nell’autorealizzazione, ecc. Così pure cala l’importanza di rispettare l’orario, di risparmiare, di
accumulare, ecc.
Riguardo alla famiglia: più libertà sessuale, minori vincoli, minor rigidità di ruoli, non
determinati da appartenenze di genere o da posizione generazionale; stabilità e benessere della
famiglia dipendenti soprattutto dalla capacità comunicativa e dalle esigenze affettive, più che
dal rispetto di norme o vincoli sociali.
A livello religioso, prosegue il processo di secolarizzazione, che porta ad interpretare il mondo
con categorie scientifiche e ad abbandonare la visione di un “cosmo sacro”: ciò comporta la
diminuzione della fede organizzata in sistemi coerenti e totalizzanti, la perdita di fiducia nelle
chiese, la scomparsa della pratica religiosa.
il bisogno di una nuova socialità, più autentica e personalizzata, che si esprime attraverso il
superamento della concezione strumentale dell’altro e nell’accoglienza dell’ “alterità”.
il sacrificio di se stessi, in termini di libertà e di possibilità di autorealizzazione, comincia a
perdere di significato.
il bisogno di integrazione culturale, sia sociale che personale. Il conflitto è presente nel sistema
culturale, sia esterno (istituzioni), sia interno (sistema intrapsichico) con effetti di ansia e
instabilità.
Un uomo che, probabilmente, è alla ricerca di un senso a tutto quello che fa. Senso che sovente
gli viene garantito dal “fare”, da una giustificazione ex-post, da un senso comune che è quello
dell’ambiente in cui vive.
uomo postmoderno, caratterizzato dalla ricerca di condizioni di vita qualitativamente più
significative, di soddisfazione immediata dei propri bisogni, alla ricerca i rapporti
interpersonali e sociali soddisfacenti. Da uno stile di vita più gioioso, immediato, spontaneo.
Un uomo che non cerca nella politica, nelle mete ideali, nei grandi progetti storico-collettivi la
sua realizzazione, ma nel quotidiano, nelle relazioni faccia a faccia, nella costruzione di un
mondo vitale carico di senso. Un uomo teso alla difesa dell’ambiente, della natura, della
convivenza pacifica tra tutte le genti. Un uomo contrassegnato dalla tolleranza, più che dalla
affermazione intransigente di principi assoluti (Buzzi, 1985).
i valori espressi e/o i diritti difesi, non sembravano emanare da una concezione unitaria della
persona, bensì dalla loro appetibilità e fruibilità privata o dalla desiderabilità sociale (Grasso,
1974).
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