S.I.M.G Sezione NAPOLI
Dott. Guglielmo Balzano
IL COUNSELLING IN MEDICINA GENERALE:
IL MODELLO COGNITIVO-COMPORTAMENTALE
La differenza tra Medicina Generale e Medicina Ospedaliera o Specialistica, si è
sempre detto, consiste nella diversa visione del paziente e del problema che questi
porta nei rispettivi studi.
Mentre negli ospedali o dagli specialisti quello che subito balza all’osservazione del
medico è il sintomo come manifestazione di una patologia acuta o cronica, nello
studio di M.G. entra soprattutto la “persona” che, in un dato momento della sua vita e
della sua storia personale, presenta uno o più problemi che devono essere inquadrati
in un ambito più complesso che prevede il paziente nella sua interezza.
Spesso i pazienti, dopo essersi rivolti agli specialisti, ritornano nei nostri studi per
chiedere ulteriori spiegazioni o rassicurazioni sulla terapia consigliata; o anche per
verificare la nostra preparazione specifica sul problema; o ancora per poter esprimere
un disagio di cui il sintomo presentato non è altro che una somatizzazione del disagio
stesso; o più semplicemente solo per essere ascoltati.
Nell’immaginario collettivo, il M.G. è sempre stato vissuto come il riferimento al
quale far capo nei momenti in cui non si comprendono bene certe situazioni, sia
fisiche che mentali, che in qualche modo ci impediscono il normale svolgimento della
vita di relazione.
Questo è tantopiù vero quanto più vecchio e datato è il rapporto personale con il
medico, che non a caso è definito “di famiglia”, come se questa condizione lo
rendesse più capace di comprendere certe problematiche per il solo fatto di
condividerle conoscendo l’itera storia del paziente e della sua famiglia.
Questa consapevolezza di entrambi , medico e paziente , da un lato genera molte
aspettative (nel paziente), dall’altro una grande responsabilità (nel medico) in
funzione di un sintomo presentato che è la sola manifestazione di un disagio fisico o
mentale.
Dato quindi per scontato che nei nostri studi entrano “ persone che chiedono aiuto” ,
ognuno alla propria maniera e secondo le proprie capacità intellettive o culturali,
spetta al medico cercare di capire e leggere tra il “detto” e “non detto”, tra le righe di
una battuta di spirito o di un pianto di sfogo, il vero significato del problema
presentato.
Nella cultura Anglosassone, Nordeuropea ed Americana in particolare, molti M.G.
attuano quella pratica ambulatoriale, presa in prestito dalla psichiatria, che è il
Counselling.
In termini psichiatrici, il Counselling è una psicoterapia breve adatta a patologie lievi
tipo distimia ed ansia, stress e fobie, o a persone che non sopporterebbero terapie
strutturate a più lungo termine, nella quale il terapeuta lavora direttamente con il
paziente sui suoi problemi, propone eventuali terapie e consiglia strategie e
comportamenti alternativi.
In termini di Medicina Generale, il Counselling non è altro che una modalità per
migliorare la comunicazione tra paziente e medico, finalizzata al raggiungimento di
un obiettivo comune che è lo stato di benessere del paziente stesso.
Il modello di Counselling che qui è proposto, ferma restando la validità di tutti gli
altri modelli ed orientamenti, è quello cognitivo-comportamentale.
Cognitivo perché stimola la conoscenza dei meccanismi interni di consapevolezza di
sé, comportamentale perché una volta conosciute le meccaniche interne, la persona
può scegliere il comportamento più idoneo alla risoluzione del problema.
Il punto di partenza del modello cognitivo è la Teoria dell’Attaccamento. Questa
teoria fu elaborata e sviluppata da John Bowlby , psichiatra inglese, che condusse una
ricerca sulle condizioni di disagio psichico di bambini che vivono, per qualche
motivo, lontano dalla famiglia.
Il presupposto teorico della ricerca è che nell’attivazione del comportamento di
attaccamento con una figura ritenuta sicura ed affidabile , si verifichino degli scambi
di informazioni su entrambi i partecipanti alla relazione (madre-bambino) tali da
influenzare il riconoscimento di sé e l’attribuzione di significati positivi /negativi a sé
e all’altro.
I risvolti clinici di tale sistema si ritrovano in special modo nelle malattie
psicosomatiche ed in tutte le patologie maggiori o minori di tipo psichiatrico.