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Leaders’ Perspectives – Maggio 2016
Il giorno
dopo la
Brexit
Mark Burgess
CIO EMEA e Responsabile azionario globale
Immaginate la scena: lo spoglio dei voti ha dimostrato che i britannici
non hanno creduto alla storia di una “Gran Bretagna più forte in
Europa”, e il dibattito sull’effettiva permanenza del paese nell’Unione
europea è diventato irrilevante. Oggi è il primo giorno dei prossimi
due anni nei quali si scoprirà quanto è realmente “Grande” una Gran
Bretagna indipendente.
In questo articolo non discutiamo dell’opportunità o meno della Brexit, bensì
esaminiamo quali sarebbero le probabili ripercussioni a livello finanziario e di
mercati nei prossimi due anni e oltre qualora il Regno Unito dovesse abbandonare
davvero l’Unione europea.
Come sarà la relazione del Regno Unito con l’Europa?
È questa la domanda cruciale che creerà una grande incertezza e potrebbe
verosimilmente causare danni altrettanto seri. L’incertezza deriva dalle “richieste”
contrastanti del Regno Unito nell’ambito della sua relazione con l’Unione europea e
il prezzo che quest’ultima “farebbe pagare” in cambio.
9
Leaders’ Perspectives – Maggio 2016
Anwendung von EU-Verordnungen
FIGURA 1
TIPI DI ACCESSO ALL’UE
Assoggettamento Assoggettamento
ai
alla politica
regolamenti UE
tariffaria UE
Intra
UE
Extra
UE
Formulazione
Politica
delle regole UE monetaria unica
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
X
(Svizzera)
X
X
X
(Turchia, Andorra)
(Albania, Serbia)
Resto del mondo
X
X
X
Area euro
Membro dell'UE
(Regno Unito,
Svezia)
(Norvegia,
Islanda)
Associazione europea
di libero scambio
Unione doganale
Area di libero scambio
Nazione più favorita
Contributo
finanziario
X
Membro dell'area euro
Spazio economico
europeo
Accettazione
della libera
circolazione
X
Fonte: Columbia Threadneedle Investments, Credit Suisse/IPSOS Mori, gennaio 2016
Quali sono quindi le opzioni?
La Figura 1 illustra la situazione di altri
Stati membri dell’UE, inclusa quella del
Regno Unito quale Stato membro della
stessa. Si tratta di un buon punto di
partenza per parlare delle varie opzioni
a disposizione del Regno Unito. La
soluzione più probabile sarebbe un
modello simile allo schema adottato
con la Svizzera, la Turchia o l’Islanda.
Il problema tuttavia è che questi
schemi sono adeguati solo ai paesi
di minori dimensioni ed è improbabile
che un modello esistente sia adatto
a tutte le complessità dei mercati e
dell’economia del Regno Unito. Si è
discusso anche di un’opzione simile
a quella canadese, che tuttavia
richiederebbe plausibilmente tempi
di elaborazione e negoziazione più
lunghi rispetto ai due anni concessi
dall’Articolo 50.
Il Regno Unito preferirebbe un
accordo che:
nnconservi un facile accesso
ai mercati UE per le imprese
britanniche
nnassicuri un certo controllo sulla
circolazione delle persone (dati gli
attuali timori legati all’immigrazione)
nnconsenta la deregolamentazione e
nnpreveda la possibilità di votare sulle
decisioni dell’UE.
10
econdo le nostre
“ Sstime
la sterlina,
che aveva già
ceduto il 5-6%
prima del voto,
potrebbe ancora
perdere finanche
il 12%, il tutto
accompagnato da
un aumento della
volatilità. ”
Il modello che meglio rispecchierebbe
queste condizioni sarebbe una versione
dell’accordo con la Svizzera, con un
maggior potere decisionale sulle regole
e un migliore accesso al mercato
UE per i servizi finanziari. Tuttavia,
la summenzionata lista dei desideri,
alquanto pretenziosa, non ha mai trovato
spazio in alcuna relazione con l’Unione
ed è improbabile che ciò accada in
assenza di significative concessioni da
parte del Regno Unito. Indubbiamente
gli Stati ancora appartenenti all’UE non
saranno inclini ad assecondare tutte
le richieste provenienti d’oltremanica,
giacché una tale condotta creerebbe
un precedente spingendo altri paesi ad
agire nello stesso modo.
È dunque inevitabile che a un certo
punto i politici britannici dovranno
accettare un compromesso tra quanto
è nel miglior interesse dell’economia
e quanto il paese è disposto a cedere
in termini di potere politico. I negoziati
saranno probabilmente lunghi e difficili
e vi saranno numerosi aggiustamenti
prima che si raggiunga un accordo. Più
tempo trascorrerà e più l’incertezza
inizierà a ripercuotersi sull’economia;
il destino del Regno Unito è pertanto
nelle mani dei politici e nella loro
capacità di giungere in tempi rapidi a un
accordo che venga accettato da tutti:
un compito che pochi invidierebbero.
Leaders’ Perspectives – Maggio 2016
4.0
70
3.5
75
3.0
80
2.5
85
2.0
90
1.5
Indice
Percentuale
FIGURA 2
IPC E INDICE DEL TASSO DI CAMBIO EFFETTIVO, 1998-2016
95
1.0
0.5
100
0.0
105
-0.5
110
1998
2000
2002
2004
2006
2008
2010
2012
2014
2016
Indici valutari, Bank of England, Indice del tasso di cambio effettivo, asse dx
Indice dei prezzi al consumo, IPC core, totale, variazione a/a, asse sx
Fonte: Macrobond, aprile 2016
Al contempo è importante considerare
i vari effetti a livello finanziario e dei
mercati sia per il Regno Unito che per il
resto del mondo.
Sterlina
Nell’esaminare gli effetti della
Brexit, il primo e più ovvio aspetto
da prendere in esame è la sterlina.
I mercati valutari, diversamente a
quanto sembra da altri mercati, hanno
iniziato a scontare l’eventualità di una
Brexit prima delle elezioni. Secondo
le nostre stime la sterlina, che aveva
già ceduto il 5-6% prima del voto, può
ancora perdere finanche il 12%, il tutto
accompagnato da un aumento della
volatilità. Ovviamente la debolezza della
divisa non è una notizia totalmente
negativa per il Regno Unito; anzi, vi
sono numerosi risvolti positivi di cui
tener conto.
Il disavanzo delle partite correnti
britannico (come discusso più
avanti) potrebbe trarre beneficio
dal deprezzamento della valuta. Ciò
potrebbe in realtà risultare cruciale
se gli investimenti diretti esteri
(IDE) dovessero vacillare, rendendo
ingestibile l’attuale deficit. Tuttavia,
per coprire integralmente il disavanzo
sarebbe necessaria una flessione
molto marcata della valuta, e non
si prevede che la sterlina rimanga
così fiacca nel lungo termine. Si
tratterebbe pertanto di un sostegno
solo temporaneo piuttosto che di
una soluzione di lungo periodo, e
la questione degli IDE dovrà essere
affrontata separatamente.
Anche i mercati azionari potrebbero
beneficiare dell’indebolimento della
sterlina. Le società incluse nel FTSE
100 generano circa il 70% dei propri
utili all’estero e il deprezzamento
della valuta si tradurrebbe in un loro
aumento, con effetti positivi sulle
azioni. In seguito a pesanti correzioni
potrebbero presentarsi opportunità
nei titoli domestici britannici di cui
si potrebbe approfittare subito, in
particolare per quanto concerne le
azioni che facevano parte dei vari
“panieri Brexit”, creati dalle banche
d’investimento nel tentativo di
sfruttare i timori legati all’uscita del
paese dall’Unione europea. Inoltre
l’esposizione agli utili realizzati
all’estero è con ogni evidenza positiva
per gli investimenti, poiché questi ultimi
beneficiano della debolezza
della sterlina.
A seconda di quanto si indebolirà la
valuta, esistono una serie di decisioni
possibili per la Bank of England,
non ultima quella relativa ai tassi
d’interesse.
Tassi d’interesse
Senza alcun dubbio la BoE rinvierà la
prospettiva di un aumento dei tassi e
potrebbe persino decidere di ridurli,
fintanto che la sterlina non è in caduta
libera. Questo allentamento della
politica monetaria sarà probabilmente
imitato dall’UE, che si trova confrontata
a condizioni di mercato incerte e alla
perdita di uno dei maggiori centri
finanziari mondiali, la City di Londra.
Un’ulteriore espansione accentua
le divergenze di politica monetaria
costringendo la Fed a una pausa di
riflessione: ha senso proseguire sul
solitario percorso di rialzo dei tassi se
la crescita globale è inibita?
Dato l’indebolimento della sterlina
descritto nella Figura 2, sembra
finalmente che l’inflazione potrebbe
seguire la stessa rotta per via
dell’aumento dei prezzi del petrolio e
delle importazioni. Sebbene l’inflazione
sarebbe di norma accolta con
favore, data la lunga fase di ristagno
dell’economia, con un’incertezza così
elevata la BoE sarà ancora costretta a
mantenere i tassi bassi per sostenere
le imprese.
Prolungare il contesto di politica
monetaria accomodante contraddistinto
da tassi bassi per un periodo
prolungato ha implicazioni economiche
sia locali che globali. Tuttavia, questo
11
Leaders’ Perspectives – Maggio 2016
FIGURA 3
INVESTIMENTI DIRETTI NETTI NEL REGNO UNITO DA PARTE DI IMPRESE ESTERE
80
60
40
20
0
-20
1/
1/
19
98
1/
1/
19
99
1/
1/
20
00
1/
1/
20
01
1/
1/
20
02
1/
1/
20
03
1/
1/
20
04
1/
1/
20
05
1/
1/
20
06
1/
1/
20
07
1/
1/
20
08
1/
1/
20
09
1/
1/
20
10
1/
1/
20
11
1/
1/
20
12
1/
1/
20
13
Investimenti diretti netti, mld di GBP
100
Totale mondiale
EU27
Europa
USA
Fonte: Macrobond, aprile 2016
prevedibile che il
“ Èperiodo
prolungato
di incertezza
generato dal
protrarsi dei
negoziati freni
la crescita del
PIL in generale,
intaccando
la fiducia e
indebolendo
l’attività
economica nel
suo insieme. ”
non è l’unico fattore di influenza
sull’economia britannica che si
dovrebbe considerare nel contesto della
decisione di lasciare l’Unione europea.
Economia
I principali timori associati alla Brexit
riguardano gli IDE e il disavanzo delle
partite correnti del Regno Unito. Tale
deficit è infatti fra i più elevati nel mondo
sviluppato e gli IDE sono necessari per
continuare a finanziarlo. Attualmente
gli IDE provenienti dall’Europa
costituiscono una percentuale elevata
degli investimenti diretti esteri netti nel
Regno Unito, come mostra la Figura
3. Chiaramente tale situazione dovrà
essere gestita con cura durante i
negoziati sull’uscita dall’UE, per evitare
di perdere questi investimenti. Persino
una diminuzione del flusso di IDE
sarebbe problematica per il Regno Unito
e una brusca interruzione (per quanto
ovviamente molto improbabile) avrebbe
conseguenze deleterie. Nondimeno, una
quota significativa degli IDE effettuati
nel Regno Unito proviene da paesi
non appartenenti all’UE. Si può solo
sperare che questi investimenti non
siano motivati unicamente dal desiderio
di usare il Regno Unito come punto
d’ingresso nell’UE.
Rivolgendo l’attenzione al commercio,
alla fine del 2015 il Regno Unito
effettuava con l’UE solo poco più della
12
metà dei propri scambi commerciali.
Non è ancora chiaro cosa accadrà
in seguito alla Brexit, ma è probabile
che tali flussi commerciali si riducano
poiché per le imprese diverrà più
complesso effettuare transazioni
internazionali. Uno studio del Centre
for European Reform ha suggerito che
“gli scambi commerciali tra il Regno
Unito e gli altri Stati membri dell’UE
superano del 55% il livello che ci si
potrebbe aspettare viste le dimensioni
delle economie di questi paesi”.
Ciò potrebbe implicare che il Regno
Unito abbia maturato un’eccessiva
dipendenza dagli scambi con l’UE per
via della facilità degli stessi; in tal caso,
i flussi commerciali quasi certamente
si ridurranno in seguito all’uscita
dall’Europa.
L’occupazione è un altro ambito nel
quale l’UE dà un contributo rilevante.
Il Regno Unito ha registrato nel tempo
un aumento costante del numero
di occupati provenienti dall’Unione.
Al venir meno della libertà di
circolazione delle persone con l’UE,
la composizione delle forze di lavoro
britanniche subirebbe un cambiamento.
Nonostante la “creazione” di un
maggior numero di posti di lavoro
per i cittadini britannici, il tempo
inevitabilmente necessario per ricoprire
tali ruoli inciderà sulle imprese se i
dipendenti dell’UE non potranno restare
Leaders’ Perspectives – Maggio 2016
FIGURA 4
SCAMBI COMMERCIALI TRA GLI STATI MEMBRI DELL’UE E TRA L’UE E IL RESTO DEL MONDO
Esportazioni più importazioni, mld di EUR
6000
5000
4000
3000
2000
1000
1999
2000
2001
2002
2003
2004
2005
2006
Scambi intra-UE
2007
2008
2009
2010
2011
2012
Scambi extra-UE
Quota degli scambi commerciali con l'UE, %
FIGURA 5
QUOTA DEGLI SCAMBI COMMERCIALI TOTALI DEL REGNO UNITO CON L’UE, SETTEMBRE 2015
60%
55%
50%
45%
40%
Apr
Mag
Giu
Lug
Ago
2014
Set
Ott
Nov
Dic
Gen
Periodo
Importazioni UE
Feb
Mar
Apr
Mag
2015
Giu
Lug
Ago
Set
Esportazioni UE
Figure 4 e 5
Fonte: Eurostat. “The Great British Trade Off: The impact of leaving the EU on the UK’s trade and investment”,
Centre for European Reform, 2015; HM Revenue & Customs: UK Overseas Trade Statistics, sett. 2015.
a lavorare nel Regno Unito. In definitiva,
tutto ciò metterebbe pressione sui
salari e dunque sulla salute economica
del Regno Unito nel breve periodo.
Un aumento della volatilità e, più
in generale, una perdita di fiducia
nei mercati creerebbero non poche
difficoltà agli investitori.
Infine, è prevedibile che il periodo
prolungato di incertezza generato
dal protrarsi dei negoziati freni la
crescita del PIL in generale, intaccando
la fiducia e indebolendo l’attività
economica nel suo insieme.
In primo luogo, i Gilt potrebbero
perdere il loro status di bene rifugio,
per via della possibilità che le imprese
trasferiscano le proprie sedi centrali
altrove o del timore che la BoE fatichi
a mantenere il controllo della politica
monetaria. Tuttavia, i detentori di Gilt
sono in maggioranza fondi pensione
nazionali e banche centrali, ed è
improbabile che questi soggetti si
dimostrino investitori volubili, pronti a
lasciare i mercati britannici a causa
della decisione sulla Brexit. È plausibile
quindi che l’uscita dall’UE si ripercuota
Mercati
Soffermandoci più specificamente sui
mercati, il timore principale concerne
ancora una volta l’incertezza. Mentre
i politici perdono tempo a discutere i
dettagli del divorzio, i mercati potrebbero
lasciarsi prendere dalla frenesia.
più sulla valuta e su specifici titoli
anziché sui Gilt, con un impatto
potenzialmente limitato.
In secondo luogo, nell’ambito dei
mercati azionari diversi settori saranno
interessati in misura differente. Com’è
prevedibile, l’impatto maggiore sarà
percepito dalle banche, mentre la
grande distribuzione, gli altri servizi
finanziari, gli assicuratori e gli operatori
immobiliari saranno meno influenzati
dall’evento. Per contro, le utility e
le grandi società internazionali non
dovrebbero subire conseguenze di
rilievo, ipotizzando naturalmente che la
Brexit non sia immediatamente seguita
dalla Scoxit.
13
Leaders’ Perspectives – Maggio 2016
FIGURA 6
LIVELLI DI OCCUPAZIONE PER NAZIONALITÀ, UE E NON UE
2250
2000
N. di persone
1750
1500
1250
1000
750
500
2002
2004
2006
2008
2010
2012
2014
Livelli di occupazione per nazionalità (16+) – Totale UE (UE26)
Livelli di occupazione per nazionalità (16+) – Totale non UE
Fonte: Macrobond, aprile 2016
I servizi finanziari forniscono al Regno
Unito un vantaggio competitivo cruciale
e se le banche internazionali non si
precipitano ad attraversare il canale
l’economia britannica ne trarrà uno
straordinario beneficio nel lungo
termine. Alcune società finanziarie
hanno già iniziato a trasferirsi a
Francoforte e a Dublino per evitare un
sovraccarico burocratico, in quanto
la presenza a Londra era vista in
ogni caso come un varco d’accesso
all’Europa. Le “banche d’investimento
facoltose” non sono le uniche a rischio
di fuga. Si comincia a vociferare infatti
che alcuni wealth/asset manager
e assicuratori stiano valutando le
trafile giuridiche e regolamentari a cui
dovrebbero sottoporsi per continuare
a operare in Europa se non restassero
nella City.
In terzo luogo, il mercato immobiliare
sarebbe ovviamente minacciato
dalla perdita di acquirenti esteri e
dall’impatto proveniente dai rendimenti
obbligazionari; tuttavia, l’indebolimento
della sterlina potrebbe compensare
questi effetti negativi e attrarre
maggiore interesse. Se il governo
britannico decidesse di modificare le
norme relative agli acquisti di immobili
da parte di residenti esteri potremmo
assistere a una diminuzione degli
investimenti, anche se la natura
14
a realtà è che
“ Ldifficilmente
si registrerà
una riduzione
significativa della
regolamentazione,
in quanto il Regno
Unito è già meno
regolamentato
rispetto all’UE
e, laddove la
regolamentazione
è presente, il
primo spesso
svolge un ruolo
guida con norme
più rigorose. ”
vischiosa del mercato immobiliare
impedirebbe una rapida fuga da parte
di coloro che hanno già investito.
“La peste alle vostre famiglie?”
La questione potenzialmente più
pertinente è il rischio reale che altri
seguano l’esempio del Regno Unito
nella decisione di abbandonare l’UE.
Nicola Sturgeon chiamerà a raccolta i
propri seguaci e organizzerà un nuovo
referendum per staccare la Scozia
dal Regno Unito e rientrare nell’UE;
ma gli europei vorranno accogliere
un’economia tanto dipendente dal
petrolio, considerando le incertezze
sui giacimenti ancora disponibili? È
possibile, se adotteranno un’ottica
d’investimento a lungo termine.
Allontanandoci dalle isole britanniche,
assisteremo forse a una Frexit e
all’avvento al potere di altri partiti
populisti? Qualcuno sostiene che
la Gran Bretagna potrebbe essere
considerata “un paese rifugio a fronte
della disintegrazione dell’Europa”. Ciò
incoraggerebbe molte imprese a restare
nel Regno Unito o addirittura a trasferirsi
oltremanica; la dipartita britannica
assesterebbe così un durissimo colpo
all’Europa. Di certo in tal caso la mossa
più saggia per l’UE sarebbe complicare
il più possibile il processo della Brexit,
in modo da scoraggiare altri dal seguire
le orme del Regno Unito?
Leaders’ Perspectives – Maggio 2016
FIGURA 7
LIVELLI DI REGOMENTAZIONE DEI MERCATI DEI PRODOTTI
Minore
regolamentazione
3.0
2.5
2.0
Maggiore
regolamentazione
1.5
1.0
0.5
0
1998
Regno Unito
2003
2008
Membri dell'UE dopo il 2004
2013
UE-15
Resto dell'OCSE
Fonte: http://www.cer.org.uk/sites/default/files/pb_js_regulation_3feb16.pdf
Dati OCSE, citati da “Brexit and EU Regulation: A Bonfire of the Vanities?”, febbraio 2016
“Le parlerò di ‘regolamentazione’,
ma non ne farò uso”
La regolamentazione era a detta
di alcuni una ragione chiave per
abbandonare l’UE ed è l’ultimo
punto trattato in questo articolo.
Successivamente alla crisi finanziaria
del 2007-08 le autorità europee
hanno adottato diverse norme con
l’obiettivo di regolamentare il settore
dei servizi finanziari e assicurare
un equo trattamento del pubblico.
Con la decisione di abbandonare
l’UE tali norme perderanno ogni
validità finché il governo del Regno
Unito non recepirà i contenuti delle
direttive nell’ordinamento giuridico?
In tal caso, il vuoto normativo renderà
il settore dei servizi finanziari più
vulnerabile, oppure ne accrescerà
semplicemente l’attrattiva in virtù dei
minori impedimenti burocratici alla
conduzione degli affari? La realtà è che
difficilmente si registrerà una riduzione
significativa della regolamentazione,
in quanto il Regno Unito è già meno
regolamentato rispetto all’UE e, laddove
la regolamentazione è presente, il
primo spesso svolge un ruolo guida con
norme più rigorose.
Nel complesso, è evidente che un
mondo post-Brexit avrebbe le proprie
criticità, per via delle incertezze che
da ciò deriverebbero. In mancanza
di eventi analoghi con cui fare un
paragone storico, non si può affermare
di sapere realmente che cosa accrebbe
all’indomani del voto. Una cosa è certa:
“Tutto il mondo è un teatro e ognuno,
uomo o donna, un semplice attore.
Ognuno ha le sue uscite e le sue
entrate in scena; e ogni uomo nella sua
vita interpreta molti ruoli”, ma solo il
tempo potrà dire quale sarà la reazione
del mondo alla Brexit.
15
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COLUMBIATHREADNEEDLE.IT
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Pubblicato a maggio 2016 | Valido fino al 09.2016 | J24873
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