Specie protette dalla Direttiva Uccelli GABBIANO COMUNE Gabbiano comune, di A. Scuderi Specie particolarmente protette dalla Direttiva Uccelli NOME SCIENTIFICO: Chroicocephalus ridibundus Gabbiano comune, di A. Scuderi Gabbiano comune, di A. Scuderi Ordine: Charadriiformes Famiglia: Laridae Il Gabbiano comune presenta una lunghezza di 33-39 centimetri e un’apertura alare che può raggiungere anche 1 metro. Il maschio e la femmina mostrano una livrea pressoché identica, con colorazione prevalentemente bianca, grigia e nera. In abito nuziale la testa è coperta da un cappuccio marrone-scuro e, attorno all’occhio, si intravede un anello bianco. Al di fuori del periodo riproduttivo, il cappuccio marrone sparisce, fatta eccezione per una piccola macchia dietro l’occhio e una sfumatura sul capo, anch’essa poco visibile. Becco e zampe sono di color rosso scuro, le ali e il dorso grigi, bianche e nere – e con un tipico “disegno” – le estremità alari. Gli individui più giovani presentano una colorazione screziata di marrone e, gradatamente, assumono la livrea degli adulti verso i 2 anni di vita. Ampia e ben distribuita in tutta Europa, la specie è presente nel nostro Paese come nidificante con un contingente abbastanza modesto, mentre particolarmente abbondante risulta la popolazione svernante. I principali siti di svernamento vanno dal Biviere di Lentini ai Laghi di Mantova, dalle pialasse ravennati al Delta del Po, dalla Laguna di Venezia alla foce del Simeto. Completano il quadro le Lagune di Grado, Marano e Panzano, in Friuli-Venezia Giulia, il Lago di Garda, l’area di Manfredonia-Margherita di Savoia e i laghi di Como, Garlate, Olginate. Come tutte le specie di gabbiano, in inverno conduce una vita piuttosto “sociale”, sia quando si prende cura dei pulcini sia durante la stagione riproduttiva. Non è una specie pelagica e raramente viene avvistato al largo dalle coste. Il Gabbiano comune si riproduce di solito in colonie, dove nidifica due volte l’anno producendo dalle 2 alle 3 uova, che cova per una ventina di giorni. Una volta nati, i pulcini si presentano di colore grigio, puntinato di scuro. Finita la stagione riproduttiva, sia i giovani sia gli adulti si riuniscono in stormi. Prospettive La specie è relativamente ben monitorata in quanto a consistenza, distribuzione e trend demografico. Più modeste sono invece le conoscenze sulla biologia riproduttiva e praticamente sconosciuti i valori relativi ai principali parametri demografici. I dati a disposizione per questa specie coloniale non consentono di formulare un Valore di Riferimento Favorevole (FRV) basato su tecniche di PVA. Tuttavia, la popolazione attuale – pure in incremento negli ultimi decenni – risulta molto verosimilmente al di sotto di tale valore, come consistenza assoluta. Le fluttuazioni anche notevoli riscontrate e la relativa instabilità delle colonie suggeriscono inoltre estrema cautela nella valutazione dell’effettivo stato di conservazione della specie. Appare evidente, da questo punto di vista, la necessità di favorire il permanere di condizioni idonee alla riproduzione negli ambienti frequentati dalla specie e, in particolare, nei siti dell’Alto Adriatico ospitanti le colonie principali. Minacce 1/3 Come per altre specie legate ad ambienti umidi, il Gabbiano comune risente – specialmente in periodo riproduttivo – delle variazioni della quantità e del livello delle acque; fluttuazioni tali, a volte, da compromettere del tutto l’esito della nidificazione. Trattandosi di specie coloniale, è inoltre potenzialmente sensibile al disturbo arrecato ai siti riproduttivi. Al di fuori della stagione riproduttiva, il Gabbiano comune si sposta su zone umide maggiori, evitando coste rocciose, preferendo invece isolette o estuari con abbondanti spiagge sabbiose o fangose; frequenta anche siti pianeggianti interni, porti, discariche e corpi idrici di ogni genere. Spesso mostra movimenti pendolari giornalieri tra aree di alimentazione e zone di roost, più tranquille e riparate. Da questo punto di vista, la specie può soffrire, durante tutto l’anno, per gli effetti negativi della contaminazione delle acque – dovuti, ad esempio, a sversamenti di idrocarburi in mare e lungo le coste – nonché di epidemie di botulismo o influenza aviaria. Il successo riproduttivo risente negativamente delle piene fluviali e del disturbo antropico. In generale, si registra un maggior successo per i nidi localizzati al centro della colonia e per i nidi in colonie rispetto a quelli isolati. In provincia di Venezia, è stato riscontrato come il 60% delle covate sia andato perso a causa del maltempo, con punte di fallimenti superiori all’80%. In Inghilterra meridionale, rispetto alle uova deposte, il tasso d’involo è stato pari al 15,2%, 5,8% e 11%, in tre annate consecutive con popolazione in calo. Anche in Italia, pur in un quadro nel complesso favorevole alla specie, si registrano fluttuazioni anche evidenti tra un anno e l’altro, a conferma dell’instabilità e della relativa vulnerabilità delle colonie. Evidenze in questo senso sono state raccolte in Veneto, pur con un trend stabile nel medio-lungo periodo. Anche le Valli di Comacchio, che ospitano di gran lunga la popolazione più importante, dopo il massimo registrato alla fine degli anni ’80 si è andati incontro a un periodo di fluttuazioni notevoli, anche se il calo riscontrato nell’ultimo decennio – riguardo al contingente nidificante – potrebbe dipendere in parte dalla formazione di nuove colonie in aree vicine (Saline di Cervia ed altre aree umide della Pianura Padana). Stato di salute Classificata come sicura in tutta l’Unione Europea, la specie presenta uno stato di conservazione favorevole anche a livello continentale. Nel complesso, si è registrato un largo incremento della popolazione nidificante nei territori dell’Europa “comunitaria” nel periodo 1970-1990, seguito da moderato declino nel periodo 1990-2000. Attualmente, la popolazione dell’Ue è stimata in 71.000-200.000 coppie, pari al 59-66% della popolazione continentale e a una frazione compresa tra il 25% e il 49% della popolazione globale. Quella italiana, raggiunge le 500-1.000 coppie, e non è dunque particolarmente significativa a livello continentale e comunitario. La popolazione nidificante in Italia ha conosciuto un notevole incremento ed espansione territoriale in anni passati, in linea con il trend europeo: dalle 441 coppie rilevate nel 1982 in 17 colonie si è passati alle circa 780 censite, appena due anni dopo, in 33 diverse colonie, di cui il 71% nelle sole Valli di Comacchio e Bertuzzi. Specie, dunque, estremamente localizzata come nidificante – alle espansioni degli anni ’80 sono seguiti anni di fluttuazioni e locali colonizzazioni – è presente in modo abbondante e diffuso come svernante, risultando la seconda specie più diffusa e il più diffuso in assoluto tra i gabbiani. Da questo punto di vista, le popolazioni hanno mostrato un incremento vicino ai 60 punti percentuali, tra il 1996 e il 2000, rispetto ai valori riscontrati nel precedente quinquennio (quasi raddoppiati i massimi annuali, dai 119.436 del 1995 ai 201.069 del 2000). Rispetto al Gabbiano reale, tende ad essere maggiormente rappresentato nell’entroterra, e dunque a sfuggire alle rilevazioni frequentando spesso discariche e coltivi anche a grande distanza dalle zone umide; le paludi costiere emiliano-romagnole e venete che ospitano le colonie più importanti. Il nostro Paese riveste un ruolo fondamentale nella migrazione delle popolazioni europee della specie. Il Paese che origina il massimo numero di segnalazioni è la Repubblica Ceca, seguito dalla Polonia. Le ricatture si distribuiscono su un areale molto esteso, da qualche centinaio e fino ad oltre 2.500-3.000 km. Due le principali aree d’origine: l’Europa centro-orientale e balcanica, seguita dalle coste meridionali del Baltico e del Golfo di Finlandia, con rotte migratorie che mostrano una componente primaria da nord-est verso sud-ovest. Non è stato redatto, ad oggi, un Piano d’Azione Internazionale o Nazionale sulla specie. Il Gabbiano comune è inserito 2/3 nell’Allegato II/2 della Direttiva Uccelli ed è considerata specie vulnerabile nella Lista Rossa Nazionale. Risulta, inoltre, specie non cacciabile in Italia ai sensi della legislazione venatoria (157/92). Semaforo I trend di popolazione noti evidenziano un quadro apparentemente favorevole per la specie. Tuttavia, il contingente nidificante molto modesto – e con tutta probabilità inferiore all’FRV – e le fluttuazioni riscontrate in alcune aree strategiche sono sintomi evidenti di uno stato di salute della specie, allo stato attuale, del tutto insoddisfacente. Fattore Stato di salute Stato di conservazione Range* Stabile/in espansione Favorevole Popolazione Inferiore a verosimile FRV, fluttuante Cattivo Habitat della specie Verosimilmente stabile Favorevole Complessivo Cattivo *Variazione della popolazione negli anni Canto È una specie particolarmente rumorosa, specialmente nelle colonie, dove ogni singolo individuo contribuisce all’“orchestra” con il tipico richiamo “kree-ar”. Forte e rauco, simile a una fragorosa risata, si deve proprio al suo canto inconfondibile il nome latino della specie, “ridibundus”… 3/3