lezione 6

annuncio pubblicitario
Corso di laurea magistrale in Consulenza professionale per le aziende Corso di laurea magistrale in Economia e management Economia dei tributi Modulo “La politica di bilancio nel quadro dei vincoli e delle regole dell’Unione Europea” Prof. Ernesto Longobardi 1
Lezione n. 6 28 aprile 2015 L’austerità espansiva e il dibattito sui moltiplicatori fiscali 2
L’austerità espansiva I presupposti teorici: l’equivalenza ricardiana Nel 1974, Robert Barro pubblicò un articolo che avrebbe esercitato una forte influenza sugli sviluppi successivi (a livello teorico e delle politiche economiche):  sosteneva che una diminuzione delle imposte, finanziata con il debito pubblico, non avrebbe prodotto alcun effetto sui consumi delle famiglie («proposizione di Barro-­‐Ricardo» o «teorema di equivalenza ricardiana») 3
Un risultato opposto rispetto a quello dei modelli di derivazione keynesiana, nei quali:  in un situazione di disoccupazione, la politica fiscale espansiva (aumenti della spesa o riduzioni delle imposte), determina un aumento del reddito e dell’occupazione;  in misura ancora più marcata la spesa finanziata in deficit (creazione di debito pubblico) 4
L’assunto di partenza del risultato di Barro è che il governo rispetti il proprio vincolo intertemporale di bilancio: valore attuale delle spese future = valore attuale delle entrate future considerando un arco temporale molto lungo Significa che il governo non si finanzia all’infinito con nuovo debito:  un aumento del debito pubblico oggi deve corrispondere a maggiori imposte domani (vale a dire in qualche momento del futuro) 5
Anche i consumatori formulano il proprio piano di consumo lungo un orizzonte molto lungo (funzione di utilità intertemporale), che tiene conto anche delle generazioni future, nel rispetto del proprio vincolo intertemporale di bilancio. Hanno aspettative razionali (possiedono tutte le informazioni che consentono loro una previsione corretta). 6
Il meccanismo funziona allora così: il governo decide di diminuire le imposte, senza ridurre la spesa pubblica  finanziamento in disavanzo (= nuovo debito)  i consumatori scontano che, per rimborsare il debito, lo Stato dovrà, prima o poi, aumentare le imposte per un importo equivalente  non si considerano più ricchi e non aumentano i consumi  l’aumento del debito pubblico viene percepito semplicemente come tassazione differita che, lasciando invariato il reddito permanente, non induce modificazioni nei piani di consumo degli individui. 7
La tesi dell’austerità espansiva si afferma nel corso degli anni ’90: numerosi economisti dell’orientamento neoclassico prevalente affermano che programmi di austerità (tagli di spesa, rigore di bilancio) avrebbero avuto effetti di stimolo all’economia (Giavazzi e Pagano, 1990, 1996; Alesina e Perotti, 1995, 1997; Alesina e Ardagna, 1998) I soggetti economici, dotati di aspettative razionali, sono lungimiranti e prevedono che una restrizione fiscale decisa oggi abbia l’effetto di eliminare più ampi e dolorosi aggiustamenti fiscali futuri. Aumenta il reddito permanente:  i consumatori aumentano il consumo;  le imprese investono. 8
Si ritiene inoltre che il consolidamento fiscale riduca il tasso di interesse (minor rischio-­‐paese), con i seguenti effetti:  riduzioni del costo del credito per le imprese  aumento degli investimenti;  aumento della ricchezza finanziaria di famiglie  aumento dei consumi. Si suppone non esistano vincoli di liquidità: mercato del credito perfetto. 9
La tesi secondo la quale politiche fiscali restrittive, in particolare se basate su tagli di spesa, producano effetti espansivi fu presto largamente accettata dagli studiosi e i consulenti dei politici. Incorporata nell’approccio dominante, sostenuta in decine di studi, molti dei quali pubblicati dal Fondo monetario internazionale (Fmi), divenne uno dei criteri guida delle politiche economiche e costituì uno dei presupposti teorici su cui si disegnò l’architettura del Patto di stabilità e crescita e l’insieme delle regole fiscali dell’Unione Europea. Non mancarono le voci di dissenso, in particolare da parte degli economisti di impostazione keynesiana, come Krugman, i quali affermarono che l’austerità era un colossale errore (Krugman, 2010). 10
Il dibattito sui «moltiplicatori fiscali» Nel più semplice modello keynesiano, il moltiplicatore della spesa pubblica è normalmente di valore sensibilmente superiore a 1.  una riduzione della spesa riduce il PIL di un ammontare superiore alla variazione della spesa Si ha un moltiplicatore uguale a 1 nel caso di una riduzione della spesa e delle imposte di pari ammontare, così da lasciare inalterato il saldo del bilancio pubblico (teorema di Haavelmo o del bilancio in pareggio). 11
Invece, i modelli a prezzi e salari perfettamente flessibili, che rappresentano la versione più moderna dell’impostazione neoclassica, noti come modelli DSGE (Dynamic Stochastic General Equilibrium), portano alla conclusione che il moltiplicatore abbia normalmente valori inferiori a 1 perché ipotizzano: • che un aumento della spesa pubblica vada a scapito della spesa privata (effetto di spiazzamento); • che si abbia un’ulteriore caduta della domanda privata a causa dell’aumento del tasso di interesse che le autorità monetarie deciderebbero al fine di frenare la crescita dei prezzi. 12
In quest’approccio, un’influenza notevole sul valore del moltiplicatore viene esercitata dal tasso di interesse. Riduzione della spesa pubblica  diminuzione del tasso di interesse  aumento della spesa privata per consumi e investimenti  riduzione del valore del moltiplicatore  si attenua (elimina) la caduta della produzione L’entità della riduzione del moltiplicatore dipende dalla elasticità della spesa privata rispetto al tasso di interesse  nelle situazioni in cui il tasso di interesse nominale ha raggiunto valori prossimi allo zero per cui, non potendo essere ridotto, non può provocare aumenti degli investimenti, il moltiplicatore è più elevato. 13
Per la tradizione keynesiana, l’elasticità degli investimenti al tasso di interesse è bassa nei periodi di depressione, quando le aspettative imprenditoriali sono negative. Di conseguenza i valori del moltiplicatore sono più alti (anche perché nei periodi di depressione operano quasi esclusivamente in termini reali). Anche nei modelli neoclassici il moltiplicatore risulta alto in periodi di depressione, specialmente durante o dopo una crisi finanziaria (Corsetti et al., 2009). Le aspettative negative hanno infatti l’effetto di ridurre i livelli di spesa delle famiglie e delle imprese, facendo così crescere il valore del moltiplicatore. 14
La maggior parte delle indagini empiriche fino allo scoppio della crisi trovavano valori dei moltiplicatori bassi, attorno allo 0,5. Le stime riguardavano però periodi non di crisi, ma di crescita abbastanza stabile. L’attenzione era quindi concentrata sugli effetti delle politiche espansive e la conclusione era che l’aumento della spesa pubblica avrebbe comportato limitati effetti benefici sull’attività produttiva e avrebbe invece accresciuto in misura rilevante il disavanzo e il debito pubblico. 15
Quando è scoppiata la crisi, nell’ambito dell’FMI si è continuato per qualche tempo a ritenere che le politiche espansive potessero dare una spinta debole alla ripresa. Non si è prestata attenzione ai risultati di ricerche empiriche che indicavano come i moltiplicatori fossero particolarmente alti in presenza di crisi finanziarie. Sono incominciati a sorgere dubbi solo quando sono arrivate le crisi dei debiti sovrani di diversi paesi europei ai quali sono state imposte severe politiche di austerità che hanno contribuito ad aggravare le condizioni di depressione. 16
Il FMI solleva i primi dubbi sulla tesi dell’austerità espansiva nel 2010 (IMF, 2010):  non corretta individuazione dei periodi di consolidamento fiscale  sottovalutazione degli effetti depressivi e sopravalutazione degli espansivi  con una corretta identificazione dei periodi e con riferimento alle politiche di risanamento intraprese da 15 economie avanzate nel corso degli anni 1980-­‐2009, le analisi del FNI arrivavano alla conclusione che “il risanamento fiscale ha tipicamente un effetto depressivo” sulla produzione e sull’occupazione. 17
Batini et al., 2012 mostrano come i moltiplicatori risultano molto più alti nei periodi di depressione che in quelli di espansione sia pur moderata (altri lavori, in ambito accademico: Ramey, 2011; Parker, 2011). Auerbach e Gorodnichenko (2012) stimano per la spesa pubblica aggregata un moltiplicatore tra 0 e 0,5 nelle espansioni e tra 1 e 1,5 nelle depressioni  per alcune componenti della spesa il divario risulta molto maggiore: ad esempio, il valore stimato per il moltiplicatore delle spese per consumi pubblici va da 0,17 per le fasi di espansione a 2,11 per quelle di recessione. Nel 2013 si è arrivati all’ammissione da parte del FMI di avere notevolmente sottostimato i moltiplicatori (Blanchard e Leigh, 2013) 18
La conclusione, che ha trovato conferme empiriche sempre più numerose, è in linea con la tradizione keynesiana, ma ha avuto recentemente riscontro anche in alcune versioni non lineari dei modelli DSGE che, a differenza di quelle lineari precedenti, riescono a distinguere le situazioni di boom da quelle di depressione. Un’importante indagine che utilizza 7 modelli strutturali DSGE (Coenen et al., 2012), stima valori dei moltiplicatori piuttosto elevati specialmente quando la politica monetaria si muove in senso espansivo. Anche nel modello di Christiano et al. (2011) si stimano valori del moltiplicatore superiori a 3. 19
Nonostante la mole delle ricerche che stimano valori alti del moltiplicatore, la CE e la BCE continuano a sostenere la tesi dell’austerità espansiva. Riconoscono che in periodi di crisi il moltiplicatore assume valori più alti di quelli dei “tempi normali”, ma non di molto e comunque tali da restare sempre a livelli ben inferiori a 1. In tempi normali il moltiplicatore “per l’intero aggregato della UE è di circa 0,4. Esso può aumentare a 0,5-­‐0,7 in periodo di crisi, ad esempio in un periodo di austerità fiscale a livello globale e con tassi di interesse nominali vincolati dalla vicinanza alla soglia zero” (BCE, 2012). 20
La conclusione contrasta nettamente con i valori molto più elevati ottenuti da Coenen et al. utilizzando proprio lo stesso modello della CE. La BCE sottolinea come ad abbassare i valori del moltiplicatore contribuisca la riduzione del premio per il rischio sovrano che si verifica per i paesi credibilmente impegnati nel processo di risanamento fiscale. L’argomentazione riguarda il lungo periodo:  riduzione del premio per il rischio sovrano  benefici per il bilancio pubblico  riduzione delle imposte sui redditi da lavoro  con il passare del tempo, le aspettative tendano a migliorare facendo emergere i benefici del risanamento. 21
Fino ad ora non si sono avute prove robuste, se si escludono i casi dei paesi che hanno accompagnato il rigore fiscale con la svalutazione della propria moneta. In ogni caso, i tempi di attesa dei benefici sono molto lunghi: nelle simulazioni della BCE i processi di aggiustamento durano più di dieci anni. 22
Asimmetrie tra spesa e imposte  differenza tra effetti di riduzione di spesa e aumenti di entrate;  il risanamento attuato tagliando la spesa pubblica provoca minori riduzioni di PIL di quello attuato aumentando le imposte:  il moltiplicatore delle imposte superava ampiamente quello della spesa (in netto contrasto con il teorema del bilancio in pareggio) Il FMI stimava per le imposte un valore di 1,3 e per la spesa di 0,3 (IMF, 2010)  opportunità di procedere al risanamento tramite la riduzione della spesa pubblica, senza aumentare, ma se mai diminuendo le entrate. Romer e Romer (2010) stimano moltiplicatori per le imposte, valori ancora più elevati (attorno a 3). 23
Anche la tesi (IMF, 2010) sull’opportunità di procedere al risanamento tramite riduzioni della spesa pubblica (e non aumento delle entrate) è stata messa in discussione da ricerche che giungono alla conclusione che i moltiplicatori della spesa sono più elevati di quelli delle entrate, specialmente nelle fasi di recessione. Sono risultati che si accordano con la tradizionale teoria keynesiana che prevede un moltiplicatore delle tasse inferiore a quello della spesa. 24
Cambiamento anche in ambito del FMI, Batini et al. (2012): “i moltiplicatori per i consolidamenti iniziati durante le recessioni variano tra 1,6 e 2,6 per shock sulla spesa e tra 0,16 e 0,35 per shock sulla tassazione” e “in recessione i moltiplicatori della spesa sono significativamente più alti di quelli delle tasse (fino a 10 volte più alti) ma lo sono un po’ meno durante le espansioni (fino a 6 volte più alti)”. Valori confermati da altre ricerche (Coenen et al., 2012; e Auerbach e Gorodnichenko, 2012). 25
In generale, le stime dei valori elevati dei moltiplicatori aggregati portano alla conclusione che i processi di risanamento provocano recessione. Una conseguenza della recessione è di aumentare il rapporto debito/Pil, e con esso il rischio di peggioramenti delle aspettative dei mercati relativamente alla sostenibilità dei debiti sovrani. 26
Scarica