estratto alle ore 11:06
Ascolto, dunque sono
di Giuseppe Pietroniro
Una play list adrenalinica per caricare bene la giornata. Ma anche una cura, quasi un angelo
custode. Questo è la musica per l’artista romano
Viaggio, lavoro o semplicemente ozio, cerco
sempre di organizzare una colonna sonora. La
musica mi tiene compagnia, accompagna i miei
pensieri, modifica, amplifica e gestisce il mio
stato d’animo. È come un angelo custode,
presente in ogni istante della vita, qualunque sia
il mio umore. La musica ha sempre bisogno di
qualcosa di nuovo, qualcosa da dare, ma anche
di qualcosa da ricevere, perché anche i brani
musicali, perfetti o imperfetti che siano, hanno
bisogno di ricevere delle "sensazioni". La
musica ci insegna, ci cura e ci accudisce. È tutto
e il contrario di tutto.
Generalmente la prima cosa che faccio la
mattina in studio è ascoltare per poco tempo
Radio Lifegate in streaming, per distendere i
muscoli sonori, rilassare la mente e organizzare
la selezione di una breve playlist che mi farà
compagnia. Ouverture con Sunday Morning,
brano di apertura del primo album dei grandiosi
The Velvet Underground. Con la sua sonorità
acida, fantastica e cristallina mi carica e mi
proietta nella New York underground degli anni
Sessanta e in particolare all’esperienza della
Factory. Pubblicato nel 1967, il brano è
interpretato dalla straordinaria voce soave e
graffiante di Lou Reed, anima oscura e
sotterranea della cultura "alternativa" americana,
ma anche precursore, con il suo genio, del
fenomeno punk, new wave e noise. L’album
nasce dalla collaborazione di Nico, personaggio
carismatico e di spicco della New York
dell’epoca e dal genio della Pop Art Andy
Warhol, il quale, oltre a realizzare la copertine
dell’album, finanziò parte della produzione. Per
mantenere il livello di carica emotiva e sogno
americano, ecco Blister in the Sun dei Violent
Femmes, dall’album di debutto del 1982,
Violent Femmes. Uno dei miei gruppi preferiti
di sempre, mi accompagna dal periodo del liceo.
Il brano, bellissimo e intenso, mi carica di
energia estiva, potrei ascoltarlo in loop senza
annoiarmi. Contaminato da invenzioni punk
rock/country alternative, e da un violino
indisciplinato, è accompagnato dalla voce acida
e dalla chitarra tagliente del loro frontman,
Gordon Gano.
Per continuare in crescendo adrenalinico, un
bel coast to coast. Mi ritrovo esattamente a Los
Angeles con Stop dei Jane's Addiction, band
formatasi al crepuscolo degli anni Ottanta. Il
brano è estratto dal terzo album Ritual De Lo
Habitual ed è una miscela esplosiva di energia,
recitato dalla voce quasi femminile, perforante
e tagliente, del loro cantante, leader, inventore
e poeta, Perry Farrell. «Ci vuole una visione
periferica. Solo così puoi vedere il centro»,
diceva agli esordi con la band in una delle sue
formidabili performance. Saluto la mattinata
con un crescendo musicale di energia pura e
ritmo asfissiante. Killing in the Name, è il primo
singolo dei Rage Against the Machine, estratto
dal loro omonimo album di debutto, del 1999.
Frutto della Los Angeles inquieta degli anni
Novanta. Killing in the Name è un brano potente
e nero. Con una decisa presa di posizione
politica, rappresenta una delle canzoni più
famose di questa band. Nel testo viene
affermato che alcuni membri delle forze
dell'ordine degli Stati Uniti farebbero parte del
Ku Klux Klan, ma tutto l’album è una dichiarata
denuncia politica. Il pomeriggio cerco di
moderare le energie, la carica e il mio stato
d’animo. Inizio con Tango Till They’re Sore di
Tom Waits dall’album Rain Dogs, progetto
discografico del 1985, con ballate fantastiche,
ricchissimo d’invenzioni musicali e cantato con
la sua inconfondibile voce ruggine e miele,
ormai devastata dall'alcol. Poeta dannato,
cantore per eccellenza dell'America underground,
Tom Waits con il suo stile inconfondibile è uno
dei cantautori più importanti dell'intera storia
del rock.
di copie vendute e per aver portato il jazz ad un
vasto pubblico. Pomeriggio inoltrato, sono
pronto per un aperitivo prima di cena, il sole è
calato e tutto è più morbido, mi accompagno
con un buon vino e con Time after Time
dall’omonimo album di Chet Baker, uno dei più
sensibili e delicati jazzisti mai esistiti. Il brano
mi riporta indietro nel tempo, regalandomi
momenti intensi e atmosfere intime. Quasi
soffiata e accompagnata da un delicatissimo
piano che culla, dolcemente, la voce di Chet
Baker.
Per mantenere positivo il mood pomeridiano,
continuo con Just a Gigolo di Louis Prima,
singolo straordinario, musicato con sonorità
jazz e swing anni Trenta, e interpretato con la
sua voce rauca, decisamente non bella, ma
affascinante e avvolgente, accompagnata
dall’immancabile tromba. Nato è cresciuto
nella New Orleans degli anni Trenta, ma di
origine italiana, con le sue sonorità swing mi
porta in un’America che non ho vissuto, ma che
conosco dal cinema, quella del proibizionismo
e del gangster gentiluomo. Sempre in tema jazz
continuerei con uno dei classici del genere:
Take Five dall’album Time Out del 1959 di The
Dave Brubeck Quartet. È uno di quei brani in
cui freschezza e leggerezza del sax, del
contrabbasso, del pianoforte e il ritmo della
batteria si fondono sapientemente, potrei
ascoltarlo per ore. Il disco è famoso per essere
stato il primo album jazz a superare il milione
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