8 Augusto. La vita raccontata da lui stesso riandando con la mente al turbinoso 43 a.C., l’anno della sua nascita. Ma tale “uguale destino” suscita subito sospetti su Ottaviano quale occulto responsabile della loro morte, trovando ancora un secolo dopo eco negli Annales di Tacito (1, 10, 2) e nella Vita dei dodici Cesari di Svetonio (Aug. 11) che riferisce come, morti i due consoli, abbia acquistato credito “la voce che entrambi fossero stati uccisi” affinché, “messo in fuga Antonio e privata di consoli la Repubblica”, il vincitore da solo si ritrovasse “a capo di tre eserciti”. Preferiamo pensare che Ottaviano sia solo stato baciato dalla fortuna; comunque sia, rimasto senza rivali, richiede l’onore del trionfo che gli viene però negato dal senato sottovalutando l’ambizione personale e la forza reale dell’erede di Cesare, che non ha più interesse a proporsi come docile strumento nelle mani della nobilitas. Egli ora non è più il giovinetto, l’adulescens, pressoché sconosciuto di pochi mesi prima e, indossata la maschera rivoluzionaria dell’erede del dittatore, può contrapporsi frontalmente al consesso senatorio. Di fatto, forte dell’appoggio dei veterani, diviene per lui impossibile mantenere il compromesso con un organismo che rappresenta la roccaforte del potere oligarchico. Ragione per la quale, postosi nuovamente al di fuori della legalità costituita, marcia con le sue legioni su Roma imponendo con la forza delle armi la sua elezione a console. Era l’estate del 43 a.C., il mese di sestile; poi, in memoria dell’evento, ribattezzato in ‘agosto’ dal nome – Augustus – che assumerà Ottaviano una volta divenuto arbitro assoluto dello Stato romano. La rivoluzionaria marcia su Roma portava inevitabilmente a un riavvicinamento con Antonio: comune era il patrimonio di memorie, comuni gli avversari politici e comuni, soprattutto, le parole d’ordine della piattaforma propagandistica. Né era più tempo di indugi, perché Bruto e Cassio si erano attribuiti il governo, rispettivamente, delle province di Macedonia e di Siria controllando, di fatto, tutto l’Oriente. Antonio, da parte sua, non era più un perdente, non era più lo sconfitto di Modena, essendosi