Stenosi carotidee
• Le carotidi sono dei vasi arteriosi che originano
dal tratto toracico dell’aorta e, decorrendo
bilateralmente lungo il collo, portano il sangue al
volto e al cervello.
Lungo il loro decorso si dividono in:
• Carotide Interna (deputata alla
vascolarizzazione cerebrale), e
• Carotide Esterna (deputata alla
vascolarizzazione del volto)
Le stenosi carotidee sono dei restringimenti del
lume del vaso dovuti alla formazione di placche
aterosclerotiche.
Stenosi carotidee
• Le carotidi, l'aorta addominale e l’asse arterioso
iliaco-femoro-popliteo rappresentano i distretti di
più frequente localizzazione dell'arteriosclerosi.
La malattia carotidea si presenta con la
formazione e la progressione di una placca, che
si localizza prevalentemente a livello della
biforcazione e del bulbo della carotide interna.
• Ne consegue il restringimento del lume e
l’alterazione della dinamica del flusso ematico.
Stenosi carotidee
• In genere colpiscono pazienti anziani con
storia di ipertensione arteriosa e
ipercolesterolemia.
Le stenosi suscettibili di trattamento
chirurgico sono in genere quelle che
colpiscono le Carotidi Interne, in quanto
possono determinare gravi patologie
cerebrali, provocando in alcuni casi la
morte del paziente.
SINTOMATOLOGIA:
• La malattia può essere del tutto
asintomatica: un soffio a livello cervicale
può essere l’ unica manifestazione oppure
lesioni aterosclerotiche possono essere
rilevate in seguito a esami non invasivi,
come l’ecocolordoppler, eseguiti per
screening.
SINTOMATOLOGIA:
• In altri casi si possono avere dei deficit
cerebrali improvvisi causati dal distacco di
un frammento di placca aterosclerotica
(embolo), che determina l’occlusione di un
vaso cerebrale.
I deficit cerebrali possono essere di
diverso tipo:
SINTOMATOLOGIA:
• -Alterazioni neurologiche o visive
transitorie (TIA): il deficit è di durata
inferiore alle 24 ore e può essere
rappresentato da disturbi motori
(debolezza o pesantezza degli arti o
emiparesi), disturbi sensitivi (diminuzione
della sensibilità), perdita totale o parziale
della vista, vertigini, difficoltà nel
pronunciare le parole;
SINTOMATOLOGIA:
• Alterazioni neurologiche che
persistono per più di 24 ore e che non
regrediscono col tempo (ICTUS).
• In alcuni casi la lesione è talmente
vasta
da poter causare la morte del
paziente.
In un'alta percentuale di casi (60%-70%)
l'ictus cerebrale é causato da una lesione
arteriosclerotica embolizzante delle
arterie carotidi o, molto più raramente,
delle arterie vertebrali o degli altri rami
che nascono dall'arco dell'aorta.
Altre cause di alterazioni emodinamiche
del circolo carotideo
• Seguono con possibile analogo interessamento
emodinamico le lesioni secondarie a
dolicocarotide (kinking o tortuosità, coiling o
boucle, plicature) ed in cui l’alterazione
morfologica parietale è variabile, le lesioni
displasiche, le lesioni infiammatorie associate
sovente ad analoga compromissione dei vasi
epiaortici all’emergenza, le dissezioni spontanee
o post traumatiche, gli aneurismi.
SINTOMATOLOGIA:
• Tenere però presente che il TIA precede circa il
50% degli infarti tromboembolici e circa il 25%
degli infarti lacunari e quindi è molto importante
identificare le varie sindromi cliniche con cui può
manifestarsi. Tradizionalmente dal punto di vista
sindromico, a seconda del distretto vascolare
interessato, si distinguono TIA carotidei e TIA
vertebro-basilari.
•
• I TIA carotidei sono circa tre volte più frequenti e
si manifestano nella maggior parte dei casi con
mono/emiparesi, emisindrome sensitiva o
disfasia/disartria. Talora però anche un isolato
disturbo della sensibilità localizzato distalmente
all’arto superiore, può essere la manifestazione
di un TIA carotideo a causa dell’estesa
rappresentazione corticale di tale distretto
corporeo e tale sintomatologia può essere
confusa con una patologia periferica. Anche i
disturbi del visus sono di frequente pertinenza
carotidea di cui il più diffuso, oltre che
patognomonico, è l’amaurosi transitoria.
• Un deficit associato ad uno o più nervi
cranici con un disturbo motorio o sensitivo
all’emisoma controlaterale o parte di esso
anche bilateralmente, è indicativo di un
coinvolgimento del distretto vertebrobasilare.
• Una sindrome vertebro-basilare di
frequente riscontro è una emisindrome
sensitiva omolaterale isolata o in
associazione con atassia, disartria e
parestesie periorali.
I due meccanismi fisiopatologici principali dell’ictus sono:
• ·l’ischemia (80% dei casi), intesa come la riduzione del flusso cerebrale
che provochi una riduzione critica dell’apporto di nutrienti fondamentali per
la sopravvivenza delle cellule cerebrali, il glucosio e l’ossigeno. Può essere
determinata da due meccanismi fondamentali:
– Embolia: gli emboli derivano di solito da ateromi situati nei grossi vasi
extracranici o nel cuore che ha subito dei danni. Una fonte di emboli può
essere anche l’atrio in corso di fibrillazione atriale per ristagno di sangue
con conseguente coagulazione. Gli emboli grassosi in seguito a fratture
imponenti sono poco frequenti. Non va dimenticato che tutte le patologie
che si accompagnano a stati di ipercoagulabilità possono associarsi ad
ischemia cerebrale (neoplasie, contraccettivi orali, poliglobulinemia,
ecc…).
– Trombosi: l’ateroma, che sta alla base della maggiorparte delle trombosi,
può localizzarsi in ognuna delle maggiori arterie cerebrali; i più grandi
ateromi sono solitamente extracranici, cioè localizzati nelle carotidi
comuni e nelle arterie vertebrali; anche la basilare può essere coinvolta.
L’occlusione dell’arteria si verifica in seguito a fissurazione della placca
che provoca un’aggregazione piastrinica per esposizione del collageno
altamente trombofilico. Può essere completa o incompleta. Le probabilità
che l’occlusione provochi un’ischemia cerebrali dipendono dal grado di
compenso dei circoli collaterali. In un pz con i circoli collaterali
abbastanza compromessi può essere sufficiente un’ipotensione
ortostatica per provocare un’infarto importante, anche in assenza di
un’occlusione completa. In una piccola percentuale dei casi la trombosi
può essere secondaria a vasculite (da sifilide, collagenosi, meningiti).
-
emorragia (20% dei casi), intesa come la fuoriuscita di
sangue nello spazio extravascolare intracranico
(intracerebrale e/o subaracnoidea). Deriva di solito dalla
rottura di un vaso aterosclerotico esposto per lungo tempo allo
stimolo dell’ipertensione arteriosa o reso ischemico dalla
formazione di un trombo locale. Meno frequentemente la
causa è dovuta alla rottura di un aneurisma congenito (in
questi casi spesso c’è anamnesi positiva per rene policistico)
o di altre malformazioni artero venose. Di solito si verifica a
livello delle arterie penetranti e l’inondazione (il termine è
corretto poiché il sangue è arterioso e fuoriesce sotto la spinta
di una PA elevata) si verifica a livello dei gangli della base, del
talamo, del tronco encefalico (dipende dalla sede di rottura).
Se vengono raggiunti i ventricoli il sangue può raggiungere le
spazio subaracnoideo con conseguente irritazione meningea.
L’ematoma dissecca gli spazi circostanti e può provocare
erniazioni catastrofiche. Si ha sempre ipertensione
endocranica a meno che l’emorragia non si arresti subito.
Diagnosi
• Ecocolor doppler
• Carotidografia (riservata a
pazienti di probabile interesse
chirurgico)
• Rm o TC multislice
• Misura delle stenosi carotidee secondo il
NASCET (A) e l'ECST (B). Il grado di
stenosi si calcola con la formula (1-s/n) x
100, ove s corrisponde al diametro del
vaso a livello della stenosi ed n il diametro
normale, misurato rispettivamente oltre il
bulbo (A) e a livello del bulbo (B).
TERAPIA
• L’obiettivo primario della terapia è quello di
prevenire TIA o ICTUS.
La terapia medica è rappresentata da
farmci ad azione anticoagulante o dagli
antiaggrganti piastrinici.Quelli più
comunemente usati sono proprio questi
ultimi.
TERAPIA
• Quando però la placca aterosclerotica determina
una riduzione (stenosi) del lume della carotide
interna uguale o superiore al 70% si deve
intervenire chirurgicamente.
• In presenza poi di placche ulcerate l’intervento è
indicato quando la stenosi è pari al 50% perché
in questi casi il rischio di emboli cerebrali a
partenza dalla placca carotidea è molto elevato.
Terapia Chirurgica delle stenosi
carotidee
• L’intervento chirurgico più frequentemente
utilizzato avviene in anestesia totale od a volte
locale e consiste nella rimozione della placca
aterosclerotica formatasi all’interno del lume del
vaso, ottenendo così il ripristino di una normale
circolazione sanguigna.
L’approcio avviene attraverso una piccola
incisione (5/6 cm di lunghezza) eseguita lungo il
collo sulla sua superficie laterale.
Questo tipo di intervento è chiamato:
Tromboendoarteriectomia o TEA .
Terapia Chirurgica delle stenosi
carotidee
• L'asportazione della placca avviene con
incisione longitudinale sulla parete
arteriosa e sutura longitudinale
dell'arteriotomia, i vantaggi sono nella
semplicità della tecnica (sutura semplice,
tempi di clampaggio veloci (15-20 minuti)),
gli svantaggi consistono invece nella
discreta frequenza di restenosi postoperatorie.
TEA CAROTIDEA PER
EVERSIONE
• La tecnica di eversione della carotide
avviene per asportazione della placca
con taglio trasversale sull'arteria
carotide interna, rimboccamento di
tutta la parete arteriosa e sutura
trasversale della carotide interna sulla
comune.
TEA CAROTIDEA PER
EVERSIONE
• I vantaggi consistono
nell'asportazione completa della
placca, sutura dell'arteria non
stenosante perché circolare, poche le
ristenosi. La tecnica è più complessa
rispetto alla precedente ed i tempi di
clampaggio sono discreti.
Terapia Chirurgica delle stenosi
carotidee
• L'endoarterectomia chirurgica
(TEA) è stata effettuata con ottimi
risultati per molti anni e deve
essere considerata il "gold
standard" per il trattamento
chirurgico delle stenosi carotidee
by-pass carotido-succlavio.
• Il by pass della vena safena invertita permette
l'asportazione di tutta la zona colpita
dall'arteriosclerosi; si ricostruisce la continuità
del vaso anastomizzando la vena safena su
territorio sano a monte e a valle. Le restenosi
sono molto rare, si elimina definitivamente la
zona malata. Gli svantaggi sono i tempi di
clampaggio più lunghi. I rischi di tali operazioni
sono legati prevalentemente alla durata del calo
di flusso ematico cerebrale durante l'intervento
chirurgico.Statisticamente lesioni cerebrali
compaiono con una frequenza variabile del
1,5% fino al 3% circa (nelle più importanti
casistiche mondiali).
Decorso post-operatorio
• Il decorso post-operatorio comporta
osservazione in rianimazione per 12-24 ore
dopo l'intervento. Il paziente quindi si alza in
seconda giornata e viene monitorata la
pressione arteriosa. Effettua fleboclisi per 2
giorni. Si alimenta in seconda giornata. In
quarta-quinta giornata viene dimesso. Viene
rivisto in settima-ottava giornata con
asportazione dei punti di sutura. Dovrà poi
essere monitorato ogni 3 mesi per il primo anno
e successivamente ogni 6 mesi. Il paziente
effettuerà una terapia antiaggregante.
Trattamento endovascolare delle
stenosi carotidee
• A differenza dei distretti arteriosi periferici, nei
quali l’angioplastica ed il posizionamento di stent
endovascolari ha da diversi anni un ruolo ben
definito, il trattamento endovascolare delle
arterie carotidi ha avuto un impiego limitato.
Infatti, benchè la prima angioplastica carotidea
fosse stata eseguita nel 1980, solo negli ultimi
anni si possono trovare nella letteratura
mondiale casistiche che si spingano oltre
sporadici case reports o trattamenti di restenosi
post-chirurgiche.
Trattamento endovascolare delle
stenosi carotidee
• I due principali fattori che hanno
determinato, in un primo momento, questa
situazione sono i buoni risultati
dell’endoaterectomia carotidea (TEA) nel
trattamento delle stenosi sintomatiche
superiori al 70% e un’elevata incidenza di
complicanze, dovuta a micro-embolie
distali, durante le dilatazioni con cateteri a
palloncino delle stenosi carotidee.
• Negli ultimi anni, tuttavia, l’utilizzo di nuovi
materiali, come palloncini di protezione
distale, e soprattutto l’impiego degli stent a
livello carotideo hanno permesso di ridurre
sensibilmente il rischio di micro-embolie
nel distretto intracranico e di trattare
eventuali dissezioni dell’arteria con il
posizionamento delle endoprotesi.
• Di conseguenza si è verificata la
tendenza ad un uso sempre più frequente
degli stent, anche come primo passo nel
trattamento della lesione stenosante.
• Inoltre la via endovascolare appare più
sicura e meno traumatica della chirurgia
nelle lesioni della carotide extracranica
distale (stenosanti o pseudoaneurismatiche) e nei pazienti ad alto
rischio chirurgico o con grave
compromissione degli altri vasi epiaortici.
• Attualmente quindi, oltre al trattamento
delle restenosi post-TEA, per la terapia
endovascolare delle stenosi carotidee
sembrano aprirsi più vasti campi
d’impiego.
• Lo stenting carotideo sta emergendo come
alternativa terapeutica poco invasiva per il
trattamento delle stenosi carotidee. I
risultati dei primi studi randomizzati e dei
registri di CAS con protezione cerebrale
indicano risultati simili a quelli ottenuti
nelle migliori casistiche di
endoarterectomia chirurgica. Nei pazienti
ad elevato rischio operatorio, soprattutto
quelli con stenosi carotidea sintomatica,
nei pazienti con associata malattia
coronarica ed in quelli di età superiore a
80 anni, la procedura di stenting carotideo
appare preferibile.