Consorzio di tutela della razza piemontese

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Analisi e necessità del settore dell’allevamento di Razza
Piemontese.
Siamo stati più volte sollecitati dall’Assessorato Agricoltura della Regione Piemonte a fornire analisi e
indicare necessità eventualmente utili alla definizione di interventi nell’ambito del prossimo PSR.
Con la presente forniamo il nostro punto di vista sull’attuale situazione dell’allevamento della Razza
Piemontese, confidando che gli uffici regionali possano inquadrarli e contestualizzarli nel quadro di
riferimento delle norme che si intendono definire nell’ambito del prossimo PSR.
Premessa
Partiamo da 5 anni fa, cioè dal DRG di indirizzo sulla zootecnia dal titolo “Piano strategico regionale
di indirizzo per lo sviluppo e la valorizzazione della zootecnia bovina da carne piemontese” che
resta l’ultimo documento di riferimento per il mondo dell’allevamento del Piemonte e della Razza
Piemontese.
L’offerta.
La consistenza della Razza Piemontese ha subìto una evidente contrazione negli ultimi 5 anni, vuoi a
causa di moltissime aziende che hanno chiuso per cessata attività, vuoi per una riconversione di molti
ingrassatori che sono tornati sulle razze francesi a causa della stagnazione dei prezzi dei bovini di Razza
Piemontese. Tali tendenze sono state solo in parte compensate da una dimensione media aziendale – in
termini di bovini allevati - in aumento.
Tutto ciò si traduce in un’offerta complessivamente diminuita di circa 20.000 capi (considerando tutte
le categorie) su 342.227 del 31 dicembre 2008 (erano già solo 331.530 nel 2011). Oggi la consistenza
della Razza Piemontese si attesta a 323.147 capi, considerando sia gli animali iscritti al Libro
Genealogico, sia gli animali non iscritti e quindi etichettabili solo come “tipo genetico Piemontese”.
A questo proposito giova analizzare anche la consistenza della popolazione iscritta al Libro
Genealogico della Razza Piemontese. Si è passati dai circa 268.000 capi di 5 anni fa agli attuali 267.000
capi. Un gran bel risultato dell’Associazione Nazionale di Razza (Anaborapi), che aumenta sempre più
la percentuale di iscritti, a conferma della bontà delle attività poste in essere.
La domanda
La domanda del prodotto si è mantenuta sostanzialmente stabile in quanto, a fronte di una diminuzione
dei consumi generalizzata, ha fatto da contrappeso un aumento dei canali distributi. In altre parole si
acquista meno carne bovina di Razza Piemontese nelle macellerie e nei negozi della GDO, ma i
consumi reggono grazie all’ingresso sul mercato della ristorazione classica e soprattutto collettiva, alla
diversificazione delle produzioni a base di carne (pasta ripiena, hamburgher, salumi a base di carne
bovina di Razza Piemontese, pronti a cuocere), all’interesse crescente di alcuni (pochi, per il momento)
nuovi mercati esteri, all’aumento dei prezzi della carne europea e sudamericana.
I prezzi
Negli ultimi 5 anni l’andamento dei prezzi dei bovini di Razza Piemontese necessita di profonde
riflessioni e di interpretazioni. Nonostante l’offerta si sia ridotta del 7%, è stato un andamento da
encefalogramma piatto, ad eccezione degli ultimi 7 mesi. Sui mercuriali della Camera di Commercio di
Cuneo (http://www.cuneoprezzi.it/ingrosso/ZOOTECNIA), il primo dato ancora disponibile è quello
del 23.11.2010 che riporta 3,10 euro. Valore che resta immutato (salvo due piccoli movimenti di
qualche mese a 3,15, poi a 3,05 per infine riappianarsi a 3,10) fino al 20.12.2103. Oltre 160 settimane di
prezzi immutati. Poi, a dicembre il prezzo sale di 5 centesimi (3,15), a febbraio di altri 5 (3,20), a marzo
addirittura di 10 centesimi (3,30). Da due settimane è a 3,25.
La nostra interpretazione è la seguente: la GDO è in grado di “regolare” il mercato agendo sugli
acquisti in funzione del prezzo e dimensionando le superfici di vendita di conseguenza. I contratti di
CONSORZIO DI TUTELA DELLA RAZZA PIEMONTESE
Strada Trinità, 32/A – 12061 Carrù (Cn)
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fornitura (sia con gli Industriali, sia con le Organizzazioni degli allevatori), con prezzi ben definiti, sono
la gabbia dentro la quale agire: non appena gli stessi fornitori segnalano crescenti tensioni sui prezzi e
richiedono un adeguamento contrattuale, le quantità si riducono drasticamente ed immediatamente.
Con buona pace dei produttori.
L’unico modo - forse - di rompere il meccanismo è introdurre in continuazione nuovi operatori, aprire
nuovi mercati, diversificare al massimo, cercare o creare nuovi sistemi distributivi. Il Coalvi, sollecitato
da una richiesta pressante dei propri soci, nel 2013 si è attivato per commercializzare i bovini dei propri
soci. A dicembre 2013 il Coalvi ha concretizzato un’iniziativa nuova, portando la carne Coalvi nei 495
McDonald d’Italia che mai avevano provato un simile prodotto, il tutto supportato da una campagna
pubblicitaria da oltre 3 milioni di euro, con spot – in dialetto piemontese e con marchio Coalvi – su
tutte le maggiori televisioni (Rai, Mediaset, La7, Sky). E’ solo un caso il tanto atteso aumento dei prezzi,
proprio a dicembre 2013 e nei mesi successivi, con la lunga onda emozionale di tre settimane di spot
televisivi?
I premi ex art. 68, oggi art 52.
Con l’ex art. 68 i bovini iscritti al Consorzio di Tutela della Razza Piemontese (e ad altri sistemi di
tracciabilità gestiti dai produttori) godevano di un premio alla mecellazione di circa 45 euro, poco
meno. I bovini IGP di oltre 70 euro.
Con la nuova PAC e l’art. 52 tali premi sono stati, di fatto, azzerati per i bovini etichettati e ridotti a
circa 9 euro per i bovini IGP (ci sembra inutile sottolineare che ciò che conta è il differenziale di
premio che si ottiene rispetto alle altre possibilità).
Ecco allora che i primi tre punti del DGR del 2010 “Piano strategico regionale di indirizzo per lo
sviluppo e la valorizzazione della zootecnia bovina da carne piemontese” faranno una brutta
fine: punto 1-Etichettatura, punto 2-Promozione, punto 3-Segmentazione e diversificazione.
Spiace che abbiamo fatto una bruttissima fine anche tutte quelle lotte sull’etichettura dei prodotti come
strumento di difesa delle produzioni nazionali di qualità.
Per contro ci rallegriamo che almeno le vacche nutrici delle razze iscritte al Libro Genealogico, tra cui la
Piemontese, possano continuare a beneficiare di contributi sempre più significativi ed importanti.
Altrimenti sarebbe stata ancora più dura per la nostra Razza Piemontese.
Criticità del settore dell’allevamento della Razza Piemontese
La premessa disegna un quadro generale ben diverso da quello di 5 anni or sono.
Adesso la maggiore criticità del settore non riguarda certo i costi di produzione sui quali, certo, non si
finisce mai di migliorare. Nè le attività a supporto del miglioramento della produzione che, grazie ai
premi dell’art. 52 ed ai contributi alle Associazioni Allevatori, dovrebbero essere esercitate con
rinnovato slancio, anche grazie ad una profonda ed opportuna ristrutturazione appena portata a
termine con lungimiranza.
Adesso la maggiore criticità del settore riguarda le problematiche connesse alla qualificazione del
prodotto, ad una quasi completa soppressione dell’etichettatura delle carni bovine a livello europeo
(Reg. 1760/2000) che lascia solo più qualche spiraglio, per supportare i prezzi maggiori che tenta di
spuntare sul mercato.
Una qualificazione del prodotto che non è supportata più dai premi PAC (art. 52), né tantomeno da
contributi diretti alle organizzazioni – come il Consorzio di Tutela della Razza Piemontese – che se ne
occupano da tanti anni.
Ci teniamo a sottolineare tale aspetto in modo inequivocabile, in quanto riteniamo che in un simile
quadro di riferimento l’Assessorato Agricoltura della Regione Piemonte, regione nella quale viene
allevato il 97% della Razza Piemontese, debba essere informato oltre ogni dubbio od equivoco sulla
gravità della situazione. E debba, di conseguenza, attivarsi affinchè gli strumenti normativi a
disposizione e le disponibilità finanziarie possano essere utilizzati per superare quella che risulta essere
la maggiore criticità del settore della Razza Piemontese nei prossimi 6 anni: la qualificazione del
prodotto.
CONSORZIO DI TUTELA DELLA RAZZA PIEMONTESE
Le necessità del settore dell’allevamento di Razza Piemontese
L’etichettatura volontaria
Ha rappresentato negli anni dopo mucca pazza l’unico strumento per riavvicinare i consumatori alla
carne bovina. Oggi si assiste ad un svutomento di contenuti e ad un ritorno progressivo all’anonimato
del prodotto, guarda caso voluto dalle nazioni europee meno vocate alla qualità e quindi alla
qualificazione del prodotto. La Regione Piemonte ha creduto fortemente in questo tipo di attività, tanto
è vero che la Razza Piemontese è quella che ha in assoluto più bovini etichettati a livello nazionale.
In attesa che lo Stato Italiano recepisca le modifiche del Reg. 1760/2000 ed indichi i nuovi riferimenti
normativi per effettuare l’etichettatura volontaria delle carni bovine, è importante che questo aspetto
venga opportunamento considerato tra le priorità del prossimo PSR. L’etichettatura della carne di
Razza Piemontese è l’unico strumento che limita le frodi, le “furbizie” di una certa distribuzione,
consente la qualificazione di un prodotto di qualità superiore e perciò spesso contraffatto, sta alla base
di qualsiasi altra iniziativa di valorizzazione.
La valorizzazione del prodotto
La valorizzazione della carne dei bovini di Razza Piemontese è da sempre l’obiettivo statutario del
Consorzio di Tutela della Razza Piemontese. Perseguito attraverso l’uso del marchio Coalvi (già
riconosciuto marchio di qualità con D.M. del 1° marzo 1988), lo strumento dell’etichettatura elettronica
della carne e – speriamo dal prossimo agosto – dell’IGP “Vitelloni Piemontesi della coscia”.
Lo scenario che si va delineando lascia pochissimi spazi al proseguimento di tali attività. Occorrerebbe
invece incentivare in modo deciso le filiere che garantiscono rintracciabilità e qualità del prodotto
nazionale, provenienza dagli allevamenti specializzati da carne e non da incroci con razze da latte.
Prescindere da politiche che incentivino la qualità del prodotto e la trasparenza sui mercati, ce lo
insegna l’esperienza degli estrogeni degli anni ’80 e ‘90, significa porre le condizioni per il crollo
dell’allevamento delle razze specializzate da carne, Piemontese per prima.
Ed ecco allora la necessità di inserire nel prossimo PSR misure che orientino verso la direzione
descritta.
La promozione e la pubblicità
I contributi per la promozione e la pubblicità si sono completamente azzerati. Pare di cogliere dei
deboli riferimenti sul prossimo PSR. Ebbene qui si tratta, invece, di fare grandi investimenti sulla
comunicazione e sull’informazione delle caratteristiche qualitative del prodotto carne bovina di Razza
Piemontese.
Se sussistono difficoltà sulla possibilità di finanziare la pubblicità vera e propria, è almeno necessario
trovare dei meccanismi che consentano di fare informazione sulle caratteristiche del prodotto
(organolettiche, nutrizionali ed “emozionali”), sui metodi di produzione, sul territorio che ospita questa
produzione di qualità, sul tessuto sociale che si occupa dell’allevamento della Razza Piemontese.
In questo contesto si inquadra anche la gestione, che si intende fare in forma cooperativa tra Consorzio
di Tutela della Razza Piemontese e Anaborapi, del museo “La Casa della Piemontese” di Carrù (vedere
progetto a parte presentato da Anaborapi in collaborazione con Coalvi)
La commercializzazione diretta
Portare innovazione nel settore della commercializzazione dei bovini vivi deve essere una priorità degli
operatori del settore che fanno capo agli allevatori e alle loro organizzazioni, utilizzando metodi nuovi,
lontani il più possibile da quel “mercato delle vacche” che ancor oggi è il più diffuso.
Il Consorzio di Tutela della Razza Piemontese intende mettere a punto e testare su grande scala un
nuovo metodo, chiamato “Tabella carne qualità” proprio come la famosa Tabella latte qualità dell’Abit:
un metodo più oggettivo, trasparente, soprattutto uguale per tutti per dare un valore ed un prezzo ai
bovini di Razza Piemontese. Poter disporre di aiuti per programmi di filiera che abbiano alla base simili
metodi sarebbe molto importante per far evolvere il settore verso forme di commercializzazione che
prescindano dalla figura del “mediatore”, oggi ancora diffusissima ed utilizzata soprattutto dagli
industriali.
CONSORZIO DI TUTELA DELLA RAZZA PIEMONTESE
L’aggregazione dell’offerta
Strettamente collegato all’aspetto precedente, oggi è quanto mai necessario superare campanilismi ed
individualismi ed accorpare le diverse iniziative, quantomeno quelle dove la governance è in mano agli
allevatori. In un mondo economico dove fusioni ed acquisizioni sono all’ordine del giorno, il Consorzio
di Tutela della Razza Piemontese si è fatto parte attiva nell’intraprendere un percorso di collaborazione
e progressiva integrazione con la Cooperativa di commercializzazione del bestiame vivo San Francesco
di Torino. Un’operazione di questo genere, in fase di realizzazione, consentirebbe una grandissima
aggregazione dell’offerta ed una gestione centralizzata dei vari clienti, vecchi e soprattutto nuovi, fuori
regione ed esteri.
La costituzione di una OP
La diretta conseguenza di quanto appena esposto consiste nel fatto che il Consorzio di Tutela della
Razza Piemontese intende separare la propria attività istituzionale classica da quella più strettamente
commerciale e, nel prossimo autunno, darà seguito a questo progetto.
Nella nuova Cooperativa di commercializzazione che verrà costituita, ci saranno tutti gli elementi
statutari perché possa evolvere in OP (Organizzazione Produttori) per tutta una serie di motivi, molti
dei quali qui descritti (aggregazione dell’offerta, organizzazione del prodotto nel contesto di specifiche
filiere, ecc.).
Fortunatamente nel prossimo PSR sembrano previsti contributi per la cooperatizione tra diversi enti ed
anche per la costituzione di OP. Ci auguriamo che le disponibilità messe su questi capitoli possano
supportare parte delle necessità del settore della carne di Razza Piemontese, almeno quella che, attorno
al Consorzio di Tutela sta cercando di modernizzarsi e di fare sinergie.
La segmentazione del mercato
A questo proposito non si inventa nulla, si copia. Bisogna cercare di copiare bene. E’ ormai evidente
che la segmentazione del mercato è una necessità commerciale anche per i prodotti alimentari.
Per questo motivo servono diverse iniziative, diverse filiere, diversi marchi: dal marchio Coalvi (il più
noto ed affermato), al marchio “Razza Piemonte by Consorzio di Tutela della Razza Piemontese”, dal
marchio “Origine Italia del Consorzio di Tutela della Razza Piemontese” al prossimo (speriamo) “IGP
Vitelloni Piemontesi della coscia”, dal marchio “La Granda” di Slow Food alla strategia “No logo” per
tutti quei clienti che vogliono lavorare con il loro logo (Coop, Esselunga, Gigante).
Tutto ciò avrebbe bisogno di un forte coordinamento che, ad oggi, il Consorzio riesce a fare solo su
una parte, significativa ma pur sempre solo una parte. La necessità sarebbe quindi quella di dare
maggior forza al Consorzio di Tutela della Razza Piemontese, affinchè – insieme all’Anaborapi – possa
non solo ospitare e gestire il museo “La casa della Piemontese”, ma essere per davvero la Casa della
Piemontese per tutti.
La ricerca di nuovi mercati
Proprio la ricerca di nuovi mercati e di nuovi clienti è tra le necessità più pressanti del settore. E’
indispensabile trovare risorse per lo sviluppo del mercato, la ricerca di nuovi clienti, soprattutto al di
fuori dell’areale classico. Il settore della carne bovina, compreso quello che fa riferimento alla Razza
Piemontese, è ormai fin troppo maturo, non esistono grandi spazi di manovra, né grandi margini
operativi. Anzi, il proliferare di operatori, molti dei quali disposti a lavorare a fronte di margini
bassissimi (l’altra faccia della medaglia delle filiere corte), la staticità dei prezzi ed il generale aumento
dei costi a tutti i livelli ha reso indispensabile lavorare sulla quantità, sui grandi numeri, gli unici in grado
di garantire redditi adeguati a fronte di margini bassissimi per unità di prodotto.
L’unica possibilità - forse - per un prodotto di alta qualità come la carne bovina di Razza Piemontese è
quella di inseguire i ricchi, ovunque si trovino, fuori dal Piemonte, ma anche fuori dall’Italia. Nella sola
città di Torino, da sempre il grande mercato della Razza Piemontese, non c’è più spazio perché non ci
sono più così tanti clienti interessati al prodotto come un tempo. Per avvicinarli si sono accorciate le
filiere, fatto risparmi da tutte le parti, contenuto i prezzi: adesso tutto ciò non solo non basta più, ma ha
maledettamente complicato il lavoro di valorizzazione del prodotto, perché con gli attuali margini
operativi lordi non c’è più spazio per gli investimenti ed i primi ad essere tagliati (erroneamente) sono
proprio quelli pubblicitari).
Sarebbe quindi importantissimo poter disporre di risorse destinate allo sviluppo del mercato, alla ricerca
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di nuovi clienti, alla divulgazione delle caratteristiche del prodotto (promozione e pubblicità).
I progetti di filiera: dalla ristorazione all’industria della carne.
Tutte le indagini di mercato confermano l’inesorabile tendenza al consumo fuori casa, nonostante la
crisi abbia un po’ rallentato tale andamento, che comunque sembra destinato a continuare.
La ricerca di nuovi clienti, quindi, deve coinvolgere non più solo le macellerie, ma anche la ristorazione
ed i distributori specializzati nella ristorazione sia collettiva sia classica (canale Horeca).
Il Coalvi è attivissimo in tale direzione, basti pensare ai casi di McDonald-Coalvi, MilanoRistorazioneCoalvi e Montana-Coalvi.
Tutte situazioni che potrebbero evolvere in specifici progetti di filiera, dall’allevamento al consumatore.
L’esportazione
L’augurio è che il prossimo PSR possa prevedere un minimo di progetti per dotare le organizzazioni
degli allevatori (Consorzi, Cooperative, Associazioni) di indispensabili supporti tecnici per
l’esportazione ed economici per partecipare non più alle Fiere di Cuneo o del Piemonte, ma al Sial di
Parigi, o all’Anuga di Colonia, o all’Expo 2015 di Milano.
Il Coalvi sta tentando una importante esportazione in Russia e, dopo aver vagato da un ufficio ad un
altro tra Camere di Commercio ed altri Enti (spesso con indicazioni completamente all’opposto), siamo
finalmente riusciti almeno a formulare un’offerta solo con l’aiuto di un macellatore privato.
L’innovazione sui prodotti trasformati
Se il mercato della carne bovina è sovrasaturo, esiste ancora un po’ di spazio per l’innovazione sui
prodotti trasformati: bresaola, carpaccio di bresaola, girello cotto, solo per citare quelli già affermati.
Ma c’è anche spazio per studi di nuovi prodotti, come il prosciutto cotto di bovino (che quindi non si
potrà chiamare prosciutto, perché questo termine è riservato al maiale) Grand cotto di Razza
Piemontese, oppure il salame cotto di Razza Piemontese o ancora lo stinco cotto.
Studi, prove, sperimentazioni sui nuovi prodotti che utilizzino i tagli del bovino che oggi sono
deprezzati. Infatti, nell’evoluzione del mercato, la compensazione tra i diversi tagli di una mezzena è la
nuova sfida alla quale sono chiamati molti operatori: sembra facile servire la ristorazione collettiva con
hamburgher che si ottengono dall’anteriore della mezzena, ma se i numeri crescono troppo ci si ritrova
– come ormai succede da anni – ad avere grandi giacenze di posteriore ed anche, addirittura, di carrè,
soprattutto in inverno. Ecco che si scopre che la noce o primo taglio “pregiatissimo” taglio di coscia
per far fettine è il problema numero 1 per chi seziona le mezzene, in quanto non può avere, per sua
natura, alcuna altra destinazione industriale (non va bene per bresaole o vitello tonnato o roast-beef).
Di qui la necessità di studiare e sperimentare forme nuove di trasformazione per alcuni tagli della
mezzena bovina.
In conclusione
Indubbiamente i premi della nuova PAC (art. 52) hanno portato considerevoli risorse in Piemonte, in
particolare per il settore vacche nutrici di Razza Piemontese. E ciò è bene. Ma i premi alla macellazione
sono completamente penalizzanti per le produzioni di qualità, come la Razza Piemontese.
Per questo motivo, l’analisi sulle criticità del settore che esponiamo sono riferite alla qualificazione del
prodotto, ai problemi dell’etichettatura delle carni bovine, alla valorizzazione della carne di Razza
Piemontese, non certo ad aspetti tecnici riferibili alla produzione.
Di conseguenza, le necessità più urgenti del settore, che ci auguriamo possano trovare spazio nelle
norme in stesura del prossimo PRS, riguardano appunto:
L’etichettatura volontaria
La valorizzazione del prodotto
La promozione e la pubblicità
La commercializzazione diretta
L’aggregazione dell’offerta
La costituzione di una OP
La segmentazione del mercato
La ricerca di nuovi mercati
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I progetti di filiera: dalla ristorazione all’industria della carne.
L’esportazione
L’innovazione sui prodotti trasformati.
Ci auguriamo di aver fornito una descrizione del settore dell’allevamento della Razza Piemontese utile a
definire i contenuti del prossimo PSR.
Il Direttore
Giorgio Marega
Il Presidente
Carlo Gabetti
CONSORZIO DI TUTELA DELLA RAZZA PIEMONTESE
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