Media, sfera pubblica e memoria Spazi di formazione dei ricordi Oggetto del seminario: analisi del rapporto tra mezzi di comunicazione e soggetti nella costruzione della memoria. Domanda di fondo: i media annullano o costruiscono memoria? 1° approccio: i media danno luogo ad una generale dimenticanza. Di troppi fatti che si susseguono in un flusso, finiamo per non cogliere il senso e le differenze, e arriviamo a non ricordarne nessuno. Un eccesso di informazioni indistinte ostacola la selezione e l’attenzione, le due facoltà alla base della memoria. Contemporaneamente delegando ai supporti la conservazione dei dati e dei ricordi si indebolisce l’assimilazione 2° approccio: i media costruiscono memorie molteplici e differenziate. Su una gran parte dei nostri ricordi e delle nostre e esperienze influisce ciò che ci dicono i media • La memoria, oltre che un’attitudine individuale è una facoltà sociale. – nessun ricordo individuale è possibile se non in relazione ad un quadro di riferimento collettivo (come lo spazio, il tempo, il linguaggio) e di gruppo in cui tale ricordo venga convalidato e reso plausibile, quindi sorretto e organizzato. • I media costruiscono quadri di riferimento con cui convalidare i nostri ricordi. • La memoria individuale può strutturarsi solo attraverso la memoria collettiva (Halbwachs). • memoria collettiva: l’insieme di rappresentazioni del passato che vengono conservate e trasmesse in un gruppo attraverso l’interazione comunicativa. Insieme di eventi e di storie, essa è anche un modo condiviso di interpretarle, un insieme che sorge nell’interazione e si impone a ciascuno come un quadro entro cui i racconti e ricordi di ognuno assumono forma. • la memoria si forma e si conserva attraverso pratiche narrative e comunicative (Namer). – I ricordi per sopravvivere hanno bisogni di racconti e di storie: storie che facciamo agli altri e storie che ascoltiamo • ciascuno costruisce i suoi ricordi utilizzando e gestendo, per quanto a modo proprio, secondo i propri gusti e le proprie attitudini, le parole e i racconti che circolano negli scambi intersoggettivi del suo gruppo e nel sistema sociale • Per questo, in quanto narratori di storie, in quanto quadri di riferimento collettivi e condivisi che rendono reali e pluasibili i nostri ricordi, i media entrano nella formazione della memoria. • Come la comunication research ha evidenziato, i media ci permettono di interpretare ciò che ci circonda (quindi anche il passato) fornendoci quadri di riferimento condivisi. E così producono effetti – sul nostro modo di elaborare idee e opinioni – sul nostro modo di ricordare • Ma in che modo: – Attraverso l’agenda setting. Suggerendo “su cosa pensare”, attraverso un effetto cumulativo e continue rimediazioni delle questioni, i media stabiliscono ordini di rilevanza e priorità dei fatti da considerare (e quindi ricordare): è l’ordine del giorno dei fatti importanti cui prestare attenzione. Questa attenzione si basa su: – una salienza individuale (il fatto è importante per sé) – una salienza percepita (è importante perché si pensa lo sia per altri) – una salienza collettiva (è importante perché di fatto anche gli altri con cui parlo lo considerano tale, confermandomi nella percezione). – Attraverso la spirale del silenzio (Noelle-Neumann): i gruppi di potere conquistano i media e li usano per esprimere ripetutamente le loro idee, sia sull’attualità che sul passato. Questo lascia supporre che tali idee siano condivise da tutta la società e ciascuno, per non essere diverso, sposa le opinioni della maggioranza. I media influenzano l’opinione pubblica in direzione delle idee dominanti. – Nel rapporto tra uso e gratificazioni, ovvero tra motivazioni e modalità d’uso dei media. Per cui, ciascuno usa i media in relazione alle gratificazioni che cerca, e nel farlo esprime bisogni cognitivi, emotivi e di integrazione nei propri gruppi. • La selezione dei testi mediali e la formazione della memoria si esercita nell’interazione con l’ambiente circostante e nell’integrazione delle informazioni nei sistemi di conoscenza in cui si è inseriti. • Inoltre, ognuno negozia e codifica i contenuti mediali in relazione al proprio backgraund culturale, economico, ideologico. – abbiamo due tipi di decodifica (S. Hall): • aberrante, che si ha nel caso in cui il messaggio non è compreso • non aberrante, quando il messaggio è compreso ma reinterpretato in modo attivo dal fruitore. – La decodifica non aberrante può essere: » dominante o preferita (attuata da chi appartiene alla stessa classe di chi produce il messaggio e aderisce ai significati espressi) » negoziata (attuata da chi non appartiene alla stessa classe dell’emittente, non si identifica pienamente col messaggio e aderisce solo in parte al messaggio: qui e definizioni dominanti non vengono messe in discussione ma ciascuno le rielabora in relazione alla propria esperienza di vita) » oppositiva (di quanti non appartengono alla stessa classe dell’emittente ma non mediano e vi si oppongono, attivando una messa in discussione delle definizioni dominanti). • Dunque i media, come hanno effetti sulle nostre idee e opinioni, hanno effetti sulla nostra memoria, in quanto • contengono materiali che si offrono all’interpretazione e memorizzazione • suggeriscono categorie, interpretazioni e rappresentazioni del passato • invitano alla rielaborazione, individuale, collettiva e discorsiva di questi materiali e rappresentazioni, generando nuove memorie. – Come tutti gli effetti dei media anche quelli sulla memoria sono variabili, in quanto dipendono in larga misura dagli interessi e dalle risorse di cui ciascuno dispone per interpretare e filtrare ogni messaggio. – Capita così che non tutti ricordiamo con la stessa intensità gli stessi fatti e avvenimenti del nostro passato: ciascuno seleziona quelli più rilevanti per sé e per la propria comunità. • D’altra parte la selezione e ricostruzione del passato dipende, oltre che dalle risorse individuali e dagli interessi del gruppo, dalla struttura di potere che caratterizza la società. Ci sono infatti avvenimenti che occupano, anche in maniera ridondante, la scena mediatica, e avvenimenti che ne restano completamente fuori. – Per cui la definizione del passato che una società compie attraverso i media è sempre anche legata a strategie che tendono ad imporre una certa visione dei fatti, e non altre, in relazione agli interessi di alcuni gruppi e non altri. • Pure gli oggetti mediali che abbiamo in casa, non sono solo l’esito delle nostre selezioni, dei nostri gusti, ma anche il frutto di ciò che può circolare a livello della società nel suo insieme. – Si pensi ai libri vietati durante i regimi totalitari: certamente non potevano entrare nemmeno nelle biblioteche private. • Oltre che frutto di una selezione sociale – gli oggetti e gli avvenimenti mediali hanno uno stretto rapporto con la nostra biografia. – Non ricordiamo gli eventi solo in quanto momenti fondamentali della storia collettiva, o non ascoltiamo o conserviamo un disco solo perché ci piace quella musica, ma anche perché ci evocano un pezzo della nostra storia personale: • ogni ricordo personale contiene un tassello di storia collettiva e ad ogni fatto storico o oggetto mediale si lega un momento della propria vita. • Oggetti e avvenimenti mediali sono anche testi. E i testi sono racconti che ci sostengono nell’elaborazione e comprensione della nostra biografia – qualunque testo mediale, dal più sofisticato al più popolare, implica un coinvolgimento del destinatario, legandosi alla sua storia, guidandolo nella sua interpretazione del mondo. • I racconti sono palestre dell’ammaestramento alla vita (Jedlowski) -per i bambini le favole, per gli adolescenti la musica, per gli adulti i film o i documentari– Ciascuno, interpretando i testi, investe se stesso e le sue risorse conoscitive ed esperenziali. Anche per questo ogni testo viene compreso e ricordato in modi diversi. • Due ricerche per indagare: 1) Effetti dei media nella formazione dei ricordi 2) Funzione mnestica degli oggetti mediali • 1) La prima ricerca si è occupata della memoria di eventi pubblici in relazione ai media. A partire dall’ipotesi che i media generano dimenticanza, chiedendo agli intervistati se ricordassero degli eventi pubblici appresi dai media, è emerso che: – I media raccontano eventi che possiamo ricordare • in parte come archivi, ovvero come memorie elettroniche che registrano e conservano i fatti per una memoria futura • in parte come narrazioni che rappresentano la realtà, la definiscono e la spiegano e la sottopongono alla nostra discussione. Costituendo in questo modo quadri di riferimento condivisi che convalidano e organizzano i nostri ricordi. • Che tipo di memoria costruiscono i media? – Memoria comune: consiste nel fatto di essere sottoposti agli stessi messaggi mediali e generi narrativi. – Memoria sociale: è costituita da “ricette pratiche” e categorizzazioni predefinite, che i media diffondono e che ci consentono di dare per scontati alcuni aspetti della realtà, perché tutti gli altri li condividono. – Memoria collettiva: è l’insieme di immagini e rappresentazioni del passato che i media trasmettono e ogni gruppo ricostruisce e rielabora in comune per poi conservarle e tramandarle come elementi significativi della propria storia e identità. La memoria collettiva è il luogo della sintesi tra materiali della memoria sociale e interessi, bisogni e affetti del gruppo. – Memoria pubblica: che viene elaborata nel confronto tra memorie collettive diverse. Un confronto che si sviluppa nella sfera pubblica, dove i media, che ne sono attori, selezionano e definiscono come rilevanti alcune rappresentazioni ed elaborazioni del passato per riconsegnarla alla discussione pubblica. • Sfera pubblica: ambito della vita democratica, accessibile a tutti, in cui attraverso il confronto e la discussione si stabilisce quali sono le questioni pubbliche rilevanti. – Il concetto di sfera pubblica è utilizzato principalmente da Habermas che la intende, appunto, come qualsiasi luogo in cui vengano rilevate e discusse questioni di importanza pubblica che, sulla base dell’argomentazione migliore, ottengono un risultato (ovvero abbiano effetto pubblico e portino ad azioni politiche o di altro genere consideriamo per esempio le marce per la pace e il loro impatto sull’opinione pubblica, la sospensione di test nucleari o della produzione di test Ogm, il ritiro di una riforma governativa, ma anche una riunione di genitori per il miglioramento di una struttura scolastica, una petizione di quartiere contro una discarica abusiva). • Poiché Habermas considera sfera pubblica qualunque luogo, un caffè, come una piazza, come pure un salotto, dobbiamo sottolineare che la ritroviamo in tutti i luoghi dove si discute insieme o ci si trova per riflettere su qualcosa. Il luogo fisico però ha un’importanza relativa. Un caffè con le saracinesche abbassate non è di per sé sfera pubblica. Né lo è un vagone di metropolitana, per affollato che sia e pur essendo un luogo pubblico, finché ogni passeggero bada ai fatti suoi. Lo diventa però quando si crea un certo rapporto, con certi effetti. • Questa sfera pubblica, che è precisamente uno spazio sorto grazie alla borghesia europea nei circoli e nei caffé del 600 e 700, ha modo di riprodursi tutt’ora, e Habermas ce ne fornisce la topografia, strutturata su tre livelli: – una sfera pubblica effimera, data dalle comunicazioni informali ed episodiche che hanno luogo nei caffè o per strada; – una sfera pubblica messa fisicamente in scena, che troviamo a teatro, nelle riunioni di partito, nei concerti, nelle manifestazioni religiose; – una sfera pubblica astratta, resa possibile dai mass media e composta da un pubblico delocalizzato. • In relazione al passato, la sfera pubblica è lo spazio in cui si ospitano e si convalidano, attraverso processi argomentativi intersoggettivi, i discorsi sul passato che i cittadini sono chiamati a valutare, a fare propri e rispetto a cui sono chiamati a prendere posizione. La memoria che da qui ha origine può definirsi memoria pubblica, che emerge dal confronto tra memorie collettive diverse e in cui si definiscono i criteri di rilevanza e plausibilità per il passato da ricordare. • La ricerca ha anche evidenziato che: – dei molti eventi proposti dai media ogni giorno, nel lungo periodo, le persone ne ricordano pochi • Che quelli ricordati sono 1) in relazione con i propri gusti e preferenze 2) in relazione con l’agenda mediale 3) in relazione con la possibilità di scambiare opinioni con gli altri nei propri gruppi di appartenenza (persone sole o con scarsi legami relazionali hanno espresso memorie deboli) • Che tutto ciò che i media non trattano rimane fuori dalla memoria collettiva. la persistenza di ricordi di eventi mediali è correlata alla frequenza con cui i media ne parlano, alla frequenza con cui ne parliamo con altri, alla rilevanza che quei fatti hanno nei nostri percorsi di vita e di esperienza. se da un lato i media non sono sufficienti alla formazione della memoria (perché questa è sempre in relazione anche con le esperienze, le conoscenze e le relazioni di ciascun fruitore) dall’altro sono però attori necessari e determinanti: quello che ricordiamo è sempre intriso di quel che i media ci dicono e delle nostre reazioni collettive. • Emerge infatti che la nostra memoria degli avvenimenti pubblici è una memoria di tipo giornalistico – Essa presenta l’ordine, la rilevanza, le immagini dei temi trattati secondo l’agenda mediale. I ricordi si ricompongono e si esprimono attraverso certi linguaggi e categorie, certe immagini, e a loro volta li ribadiscono. • Fondamentale è il gatekeeping, ovvero il processo di selezione di immagini e avvenimenti con cui si costruisce la notizia. – ciò che non ne fa parte non è stato dimenticato ma non è stato trattenuto, non è una generale dimenticanza, ma una mancata registrazione. – Questa memoria giornalistica: • confina all’oblio sociale ciò che essa stessa non registra • si autoalimenta, quindi si rafforza, usando il passato che ha già selezionato per spiegare il presente • Così risulta pericolosa perché difficilmente rinnovabile. 2) la seconda ricerca si è occupata di studiare le pratiche di archiviazione, scarto e conservazione di oggetti mediali, a partire dall’ipotesi che l’uso degli oggetti mediali non si esaurisca in atti consumistici. È’ emerso che: a) conserviamo oggetti mediali, come libri, dischi, film, perché in essi si esprime • una memoria d’uso • una memoria biografica. – Questi oggetti collegano il nostro passato al nostro presente e sostengono la nostra esperienza mentre tutto intorno a noi si trasforma. Per questo fatichiamo a separarcene (paradigmatico è il caso di libri trovati nei campi di concentramento: se pensiamo che ciascuno poteva portare con sé pochissime cose, e tra queste c’era spesso un libro, si capisce il valore di questi oggetti come fonti di elaborazione del proprio vissuto, come pezzi di memoria biografica, come ponti tra passato e presente). b) con l’intervento di nuovi supporti e tecnologie “portabili”, come cellulari, Mp3, e con la connessione alla rete • le memorie diventano leggere – si scarta più facilmente (un messaggio che un libro) – si archivia di meno (posso ritrovare informazioni e testi infinite volte) – si possono trasportare ingenti moli di testi (audio, video) • gli oggetti mediali • sono archivi: conservano memoria e conoscenza. • sono testi narrativi – che si inseriscono nel processo di costruzione dell’esperienza (fruendone esploriamo mondi che ci aiutano a interpretare la realtà ed a conoscere noi stessi) – che esprimono la nostra identità, attraverso di essi ci manifestiamo agli altri e diamo voce ai nostri gusti. Tutto quello che è esponiamo parla di noi, e l’esposizione degli oggetti è come un teatro della memoria (tra scena e retroscena) – creano legami e partecipazione, mettono in comunicazione • sono memorie d’uso che incorporano soluzioni pratiche per la nostra vita • sono pezzi dei nostri ambienti domestici, che a loro volta sono luoghi di memoria: – la casa è un luogo di memoria » è il luogo in cui costruiamo il nostro ambiente vitale, il centro stabile intorno a cui circolano interessi e relazioni e che ci consente di dare senso al nostro passaggio attraverso il tempo. » in essa la memoria vive in una dinamica di interiorizzazione-esteriorizzazione, e il ricordo si costruisce tramite l’appropriazione soggettiva e collettiva delle storie che vi si svolgono e la conservazione degli oggetti che vi entrano in relazione (la musica che ascoltavamo nella nostra stanza, la televisione che guardavamo insieme ai genitori, i fumetti in cui siamo sprofondati, i documenti che si accumulano nelle nostre giornate di lavoro) – sono significati iscritti in una forma e condivisi, che incontrano le vite soggettive e le intrecciano con la storia collettiva. – Conservandoli e organizzandoli esprimiamo parte di noi, vi incorporiamo ricordi. • Entrambe le ricerche hanno evidenziato che: 1) le memorie mediali sono sempre interrelate con la memoria biografica – Al ricordo di ogni evento pubblico come pure ad ogni oggetto mediale sono legati infiniti ricordi personali. • Il fatto stesso di ricordare certi avvenimenti dipende dal peso che quegli avvenimenti hanno avuto nell’elaborazione della nostra esperienza 2) sfera pubblica e sfera privata, memoria pubblica e memoria individuale risultano inscindibilmente legate. • anche in quanto oggetti domestici, i media sono in relazione con la sfera pubblica e con la sua memoria – ogni raccolta privata si configura infatti come espressione culturale e sociale di ciò che si può-deve raccogliere in quanto disponibile a livello pubblico. Ogni società, costruisce la sua collezione di film, dischi e libri, e così determina a cascata la cornice in cui prenderà forma ogni raccolta privata possibile. • la casa, luogo delle relazioni protette e affettive, non è affatto separata e isolata dall’esterno. Le tecnologie mediali la mettono in comunicazione col mondo sociale, costantemente e velocemente – i mezzi di comunicazione di massa portano in casa testi pubblici – le tecnologie mobili consentono di portare all’esterno quei testi nei nostri spostamenti (è la privatizzazione mobile (Williams) ovvero il processo in cui le tecnologie diventano funzionali ad uno stile di vita mobile ma incentrato sull’abitazione) • Mass media e tecnologie informatiche e comunicative, rendendo i confini della casa ampiamente permeabili agli eventi ed alle influenze affettive e cognitive del mondo esterno, hanno alterato i criteri classici lontano/vicino, dentro/fuori, familiare/estraneo. • Così, in relazione ai media, la classica distinzione tra spazio delle relazioni pubbliche e spazio dell’intimità privata non regge. • fatti e oggetti elaborati e diffusi in ambito pubblico (per mezzo di attori dello spazio pubblico come i media) penetrano nei nostri spazi intimi e domestici e li colonizzano. E da qui danno forma alle nostre percezioni ed emozioni, entrano nei nostri discorsi di ogni giorno e nelle nostre memorie. • le questioni pubbliche vengono sempre più valutate dall’angolatura del privato. Si registrano fenomeni come: – una privatizzazione del pubblico, per cui si ha una spettacolarizzazione della vita intima di persone di rilievo pubblico ma anche di persone comuni (temi politici vengono affrontati come questioni personali, tradimenti confessati in trasmissioni televisive, e quant’altro). – politicizzazione del privato, per cui i grandi temi pubblici sono sempre più vincolati all’interesse e alla vita privata.