I numeri complessi
Denotiamo con R l’insieme dei numeri reali. Si sa che ogni numero
reale positivo ammette due radici quadrate: ad esempio, 2 ha come
radici quadrate 2 e –2. Come è noto, in R non è invece possibile
estrarre la radice quadrata di un numero negativo. Quindi, ad
esempio, l’equazione di secondo grado
X2 = -1
(1)
non ammette radici reali.
Le cose cambiano completamente se si arricchisce il campo R,
aggiungendo nuovi numeri, che oggi vengono chiamati complessi: si
ottiene in questo modo un campo più grande, denotato con C, nel
quale da tutti i numeri, compresi quelli negativi, è possibile estrarre
la radice quadrata. In C troviamo ad esempio il numero i, detto unità
immaginaria, che è radice quadrata di –1. L’equazione di secondo
grado (1) ha allora in C due radici complesse: i e –i. Più in generale,
ogni equazione del tipo
X2 =  a,
dove a è un numero reale positivo, ha due radici complesse, ossia a i
e -a i, che sono poi le due radici quadrate (complesse) di – a. Infatti:
(a i)2 = (a i)2 = (a)2 i2 = a (1) =  a.
Ricordiamo che, data la generica equazione di secondo grado:
aX2 + bX + c = 0
(2)
con coefficienti a,b,c appartenenti a R, a  0, si definisce discriminante
il numero  = b2  4ac. Sappiamo che quando   0, le radici
dell’equazione (2) sono date dalle formule di Newton:
x1 = ( b +  )/2a
e
x2 = ( b   )/2a
(3)
coincidenti se  = 0. Ora, in C sappiamo estrarre le radici quadrate
anche dei numeri negativi. Quindi possiamo applicare le formule (3)
anche quando   0. In questo caso otterremo due radici complesse
distinte.
Esempio: l’equazione
X2 – 2X + 13 = 0
ha le radici complesse:
x1 = 1 + 23i
e
x2 = 1 – 23i.
Riassumendo: Un’equazione di secondo grado ha:
1. due radici reali distinte se   0,
2. una radice doppia se  = 0,
3. due radici complesse non reali distinte se   0.
In ogni caso le radici sono date dalle formule (3).
Osservazione Nel caso 3. le radici sono del tipo a + bi e a  bi, con a,b
numeri reali, b  0.
Il campo C è definito come l’insieme dei numeri del tipo z = a + bi,
con a,b numeri reali. Questo insieme comprende anche tutti i numeri
reali: infatti z è il numero reale a se si sceglie b = 0. In questo senso, i
numeri reali sono particolarissimi numeri complessi. Se invece a = 0,
allora z = bi e z si dice numero immaginario puro. In generale,
quali che siano i numeri a e b, a si dice la parte reale di z e b si dice
la parte immaginaria di z.
Si può dimostrare che, dato un numero a + bi, esiste sempre
un’equazione di secondo grado a coefficienti reali che lo ha come
radice. Quindi il campo C è l’insieme di tutti i numeri che sono
radici di qualche equazione di secondo grado a coefficienti reali.
In particolare:
 l’insieme dei numeri reali è il sottoinsieme di C formato dai numeri
che sono radici quadrate di numeri reali maggiori o uguali zero;
 l’insieme dei numeri immaginari puri è il sottoinsieme di C formato
dai numeri che sono radici quadrate di numeri reali minori di zero.
Osservazione conclusiva
Abbiamo osservato prima che ogni equazione di secondo grado a
coefficienti reali ammette in C due radici distinte oppure una radice
doppia. Questo fatto si estende alle equazioni di secondo grado a
coefficienti complessi.
Esempio: L’equazione
X2 = i
ha due radici complesse distinte:
x1 = 1/2 + 1/2 i
e
x2 =  1/2 – 1/2 i.
Quindi, a patto di contare ogni radice con la sua molteplicità,
un’equazione di secondo grado a coefficienti in C ha sempre due
radici in C.
Questo fatto si generalizza come segue: un’equazione di grado n a
coefficienti in C ha sempre n radici in C (contando ogni radice
secondo la sua molteplicità). Questo è l’enunciato del teorema
fondamentale dell’algebra, dimostrato per la prima volta da Gauss
nel 1799.
Esempio: l’equazione di grado 5
X5  3X4 + 4X3  4X2 + 3X –1 = 0,
che si può riscrivere come:
(X  1)3 (X + i) (X  i) = 0
ha x1 = 1 come radice tripla (molteplicità 3), x2 = i e x3 =  i come
radici semplici (molteplicità 1). Sommando le molteplicità:
3 + 1 + 1 = 5.
Nota L’unità immaginaria fu introdotta nel Cinquecento da Rafael
Bombelli, che se ne servì nella risoluzione di un’equazione di terzo
grado secondo le formule di Tartaglia.
Storia dei numeri complessi
Il piano di Gauss
Gli interi di Gauss