16 Venerdì 20 Giugno 2014 ESTERO - LE NOTIZIE MAI LETTE IN ITALIA In Germania l’accesso all’università dipende dal voto che è stato preso all’esame di stato Niente numero chiuso con il 10 Gli studenti sono migliori o i professori di manica larga? DI nerale, con in testa Berlino che passa dal 2,68 al 2,4. ROBERTO GIARDINA L’ Abitur è la maturità tedesca, e i ragazzi ottengono risultati sempre migliori. Più bravi dei genitori e dei fratelli maggiori? Sembra di no: sono i professori a diventare sempre più generosi, o superficiali. Difficile fare un paragone tra gli esami in Germania e l’Italia perché qui la scuola è regolata dai Länder, dalle regioni, ognuna con il suo sistema. Generosità e differenze locali non senza importanza, perché dal risultato dell’Abitur dipende la possibilità di entrare nella facoltà preferita, nonostante il numero chiuso. Per studiare medicina, ad esempio, in quasi tutte le università è necessario ottenere la maturità con la media dell’uno, che è il voto più alto (fino al cinque). In alcuni atenei si accontentano di «uno» e di qualche decimale. Con il due, che equivale al nostro otto, si è già fuori. Chi vuole diventare medico a Berlino tenta perfino di migliorare l’uno, grazie a qualche credito supplementare. I bravi ma non ottimi non sono eliminati per sempre, passano in una lista di attesa, spesso di qualche anno, ma possono migliorare la propria posizione dandosi da fare, ad esempio frequentando un corso per infermieri. Un’esperienza in corsia a tu per tu con i pazienti serve anche a un futuro chirurgo. Qualcuno si chiede perché un secchione che è bravo in latino o in matematica sia qualificato a studiare medicina, ma comunque il sistema è più logico del nostro che sottoponeva i candidati a test dalle domande senza senso, come spiegare cosa sia la grattachecca (modesta imitazione romanesca della granita). Sembra che i test saranno aboliti dall’anno prossimo. Vedremo. «I giovani diventano sempre più preparati e dotati», vanta l’ultimo rapporto del ministero della pubblica istruzione. Non solo al liceo, ma a partire dalla scuola elementare, i ragazzi ottengono risultati eccellenti. La ricerca dimostra che si riesce a integrare e a far studiare giovani con handicap, e studenti che provengono da famiglie di emigranti superando il primo grave ostacolo della lingua. Ma lo studio è promosso dai politici, osserva il Tagesspiegel, il primo quotiLe due pagine di «Estero - Le notizie mai lette in Italia» sono a cura di Sabina Rodi diano di Berlino, e le scuole e i docenti cercano soprattutto di promuovere se stessi. «I voti dell’Abitur diventano sempre migliori, perché lo vuole la politica. Ma gli studenti non sono per questo più istruiti», è il chiaro giudizio della «Fran- kfurter Allgemeine» nella sua ultima edizione domenicale. Entro giugno, 330 mila ragazzi supereranno la maturità, mai così tanti, pari al 40% degli studenti (gli altri vengono dirottati fin dalle medie nelle scuole professionali, la selezione in Germania avviene con mol- to anticipo). Vent’anni fa, osserva la giornalista Katrin Hummel, si era appena al 27%. E aumentano anche gli studenti eccellenti, quelli che conquistano l’«uno»: dal 2006 al 2012, in tutta la Germania, sono aumentati sempre del 40%, in totale 4.600. E migliora anche la media ge- Sono veramente meglio della generazione precedente? Niente affatto, giudica l’Institut des deutschen Wirtschaft di Colonia, l’Istituto economico tedesco: una volta giunti all’Università i ragazzi rivelano inattese lacune. La scuola tedesca era ed è rigidamente selezionatrice, quasi come quella giapponese. Un brutto voto alle elementari può pregiudicare il futuro. Ora, si è cercato di allargare le maglie, afferma Axel Plünnecke, esperto della formazione, facendo giungere all’Università ragazzi che fino ad ieri venivano dirottati su studi nelle scuole professionali: «Per favorirli, l’Abitur diventa sempre meno severa», conclude. Il contraccolpo si ha all’Università: alla facoltà di matematica di Colonia, due anni fa, solo 22 studenti su 305 hanno superato lo sbarramento al primo semestre. Liceali ottimi, universitari mediocri? © Riproduzione riservata Vogliono sfondare nel mercato dei giovani. Verso una dipendenza gentile? Le sigarette elettroniche fanno gola alle multinazionali Usa del tabacco DI LAURA CARBONETTI L e sigarette elettroniche sono diventate una vera e propria moda che sta conquistando giovani e meno giovani. In America sono addirittura le stesse Big Tobacco (le grandi compagnie del tabacco) a volersi impadronire di questo nuovo mercato, che fa muovere circa 2.5 milioni di dollari all’anno. Piccole cifre per aziende come Reynolds American o NuMark, produttrici rispettivamente delle sigarette Camel e Marlboro, ma pur sempre in grado di stimolare i giganti dell’industria delle «bionde» al punto di convincerli a investire in questo nuovo settore, proponendo accattivanti pubblicità che stanno scatenando non poche discussioni. Robert Bannon, manager della Lorillard, l’azienda che controlla il marchio Blu eCigs, spiega che «investire nelle e-cigarettes equivale a fare un buon investimento sia in previsione di una crescita del mercato, sia per investire in ricerca e tecnologia». SIGARETTE ELETTRONICHE E SALUTE. Come riporta un articolo del New York Times, «A bolder effort by big tobacco on e-cigarettes», l’opinione pubblica americana si divide tra chi crede che le sigarette elettroniche possano effettivamente aiutare le persone a smettere di fumare e chi, al contrario, vede in questi dispositivi un tentativo di dare glamour all’atto stesso di fumare. La discussione è arrivata fino al Senato, dove è prevista a breve un’audizione proprio su questo tema, e la stessa Food and Drug Administration ha proposto delle linee guida per regolarizzare il mercato delle sigarette elettroniche, pur non avendo definito regole specifiche in materia di marketing e pubblicità. LO SPETTRO DEL FUMO TRA I GIOVANISSIMI. La paura è che pubblicità troppo accattivanti possano attrarre i più giovani e indurli a fumare. Infatti, la mancanza di una regolamentazione pubblicitaria potrebbe portare alla nascita di spot in cui le sigarette elettroniche sono presentate come oggetti sexy, ribelli e alla moda, «esattamente come è successo anni fa con le normali sigarette», dichiara preoccupato M. L. Myers, presidente della Campaign for TobaccoFree Kids, organizzazione che si impegna contro il fumo tra i più giovani. Myers si riferisce, in par- ticolare, alla discussa pubblicità delle sigarette elettroniche MarkTen, marchio proprietà della Altria, gigante del tabacco statunitense. In questo spot i creativi pubblicitari hanno utilizzato uno slogan, «let it glow», che si ispira con molta probabilità alla canzone «Let it go» del musical della Dinsey Frozen. Logicamente, la scelta di una canzone presa da un cartone per bambini per pubblicizzare un prodotto per adulti ha scatenato non poche reazioni negative. LA POSIZIONE DELL’INDUSTRIA DEL TABACCO. Il portavoce di Altria ha prontamente risposto a queste critiche affermando che l’azienda ha semplicemente cercato di catturare il più vasto pubblico possibile, naturalmente un pubblico adulto. Di tutt’altro avviso le dichiarazioni di Stephanie Cordisco, presidente della Reynolds Vapor, che fa parte della potente Reynolds American, concorrente della Altria. La Cordisco afferma che «la pubblicità in questione era di cattivo gusto… noi della Reybolds non facciamo pubblicità rivolte ai bambini» e insiste sul fatto che non ci sia nulla di male nel tentativo delle big tobacco di investire nel mercato delle e-cigarettes: «se c’è qualcuno che può creare un prodotto che possa soddisfare i bisogni dei fumatori, questi siamo noi. Stiamo cercando di ridefinire il piacere di fumare e di dare un’alternativa ai consumatori, una alternativa che possa potenzialmente ridurre i rischi del fumo». www.formiche.net