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Venerdì 20 Giugno 2014
ESTERO - LE NOTIZIE MAI LETTE IN ITALIA
In Germania l’accesso all’università dipende dal voto che è stato preso all’esame di stato
Niente numero chiuso con il 10
Gli studenti sono migliori o i professori di manica larga?
DI
nerale, con in testa Berlino
che passa dal 2,68 al 2,4.
ROBERTO GIARDINA
L’
Abitur è la maturità
tedesca, e i ragazzi
ottengono risultati
sempre migliori. Più
bravi dei genitori e dei fratelli
maggiori? Sembra di no: sono
i professori a diventare sempre più generosi, o superficiali.
Difficile fare un paragone tra
gli esami in Germania e l’Italia perché qui la scuola è regolata dai Länder, dalle regioni,
ognuna con il suo sistema. Generosità e differenze locali non
senza importanza, perché dal
risultato dell’Abitur dipende
la possibilità di entrare nella
facoltà preferita, nonostante
il numero chiuso.
Per studiare medicina,
ad esempio, in quasi tutte le
università è necessario ottenere la maturità con la media
dell’uno, che è il voto più alto
(fino al cinque). In alcuni atenei si accontentano di «uno»
e di qualche decimale. Con
il due, che equivale al nostro
otto, si è già fuori. Chi vuole
diventare medico a Berlino
tenta perfino di migliorare
l’uno, grazie a qualche credito supplementare. I bravi ma
non ottimi non sono eliminati
per sempre, passano in una lista di attesa, spesso di qualche
anno, ma possono migliorare
la propria posizione dandosi
da fare, ad esempio frequentando un corso per infermieri.
Un’esperienza in corsia a tu
per tu con i pazienti serve anche a un futuro chirurgo.
Qualcuno si chiede perché un secchione che è
bravo in latino o in matematica sia qualificato a studiare
medicina, ma comunque il sistema è più logico del nostro
che sottoponeva i candidati
a test dalle domande senza
senso, come spiegare cosa sia
la grattachecca (modesta imitazione romanesca della granita). Sembra che i test saranno aboliti dall’anno prossimo.
Vedremo.
«I giovani diventano
sempre più preparati e dotati», vanta l’ultimo rapporto del
ministero della pubblica istruzione. Non solo al liceo, ma a
partire dalla scuola elementare, i ragazzi ottengono risultati
eccellenti. La ricerca dimostra
che si riesce a integrare e a far
studiare giovani con handicap,
e studenti che provengono da
famiglie di emigranti superando il primo grave ostacolo
della lingua. Ma lo studio è
promosso dai politici, osserva
il Tagesspiegel, il primo quotiLe due pagine di «Estero - Le notizie mai lette
in Italia» sono a cura
di Sabina Rodi
diano di Berlino, e le scuole e i
docenti cercano soprattutto di
promuovere se stessi.
«I voti dell’Abitur diventano sempre migliori,
perché lo vuole la politica.
Ma gli studenti non sono
per questo più istruiti», è il
chiaro giudizio della «Fran-
kfurter Allgemeine» nella
sua ultima edizione domenicale. Entro giugno, 330
mila ragazzi supereranno
la maturità, mai così tanti,
pari al 40% degli studenti
(gli altri vengono dirottati
fin dalle medie nelle scuole
professionali, la selezione in
Germania avviene con mol-
to anticipo). Vent’anni fa, osserva la giornalista Katrin
Hummel, si era appena al
27%. E aumentano anche gli
studenti eccellenti, quelli che
conquistano l’«uno»: dal 2006
al 2012, in tutta la Germania, sono aumentati sempre
del 40%, in totale 4.600. E
migliora anche la media ge-
Sono veramente meglio
della generazione precedente? Niente affatto, giudica l’Institut des deutschen Wirtschaft
di Colonia, l’Istituto economico tedesco: una volta giunti
all’Università i ragazzi rivelano inattese lacune. La scuola
tedesca era ed è rigidamente
selezionatrice, quasi come
quella giapponese. Un brutto
voto alle elementari può pregiudicare il futuro. Ora, si è
cercato di allargare le maglie,
afferma Axel Plünnecke,
esperto della formazione, facendo giungere all’Università
ragazzi che fino ad ieri venivano dirottati su studi nelle
scuole professionali: «Per favorirli, l’Abitur diventa sempre
meno severa», conclude. Il contraccolpo si ha all’Università:
alla facoltà di matematica di
Colonia, due anni fa, solo 22
studenti su 305 hanno superato lo sbarramento al primo
semestre. Liceali ottimi, universitari mediocri?
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Vogliono sfondare nel mercato dei giovani. Verso una dipendenza gentile?
Le sigarette elettroniche fanno gola
alle multinazionali Usa del tabacco
DI
LAURA CARBONETTI
L
e sigarette elettroniche sono diventate una vera e propria moda
che sta conquistando giovani e
meno giovani. In America sono
addirittura le stesse Big Tobacco (le
grandi compagnie del tabacco) a volersi
impadronire di questo nuovo mercato,
che fa muovere circa 2.5 milioni di dollari all’anno. Piccole cifre per aziende
come Reynolds American o NuMark,
produttrici rispettivamente delle sigarette Camel e Marlboro, ma pur sempre
in grado di stimolare i giganti dell’industria delle «bionde» al punto di convincerli a investire in questo nuovo settore,
proponendo accattivanti pubblicità che
stanno scatenando non poche discussioni. Robert Bannon, manager della
Lorillard, l’azienda che controlla il marchio Blu eCigs,
spiega che
«investire nelle e-cigarettes
equivale a fare
un buon investimento sia in previsione
di una crescita del mercato, sia per investire in
ricerca e tecnologia».
SIGARETTE ELETTRONICHE E SALUTE. Come riporta un
articolo del New York
Times, «A bolder effort by big tobacco
on e-cigarettes»,
l’opinione pubblica americana si divide
tra chi crede che le sigarette elettroniche possano effettivamente aiutare le
persone a smettere di fumare e chi, al
contrario, vede in questi dispositivi un
tentativo di dare glamour all’atto stesso di fumare. La discussione è arrivata
fino al Senato, dove è prevista a breve
un’audizione proprio su questo tema, e
la stessa Food and Drug Administration ha proposto delle linee guida per
regolarizzare il mercato delle sigarette
elettroniche, pur non avendo definito regole specifiche in materia di marketing
e pubblicità.
LO SPETTRO DEL FUMO TRA I
GIOVANISSIMI. La paura è che pubblicità troppo accattivanti possano attrarre i più giovani e indurli a fumare.
Infatti, la mancanza di una regolamentazione pubblicitaria potrebbe portare
alla nascita di spot in cui le sigarette elettroniche sono presentate come
oggetti sexy, ribelli e alla moda,
«esattamente come è successo
anni fa con le normali sigarette», dichiara preoccupato M. L. Myers,
presidente della
Campaign
for TobaccoFree Kids,
organizzazione che si
impegna contro
il fumo tra i più
giovani. Myers si
riferisce, in par-
ticolare, alla discussa pubblicità delle
sigarette elettroniche MarkTen, marchio proprietà della Altria, gigante del
tabacco statunitense. In questo spot i
creativi pubblicitari hanno utilizzato
uno slogan, «let it glow», che si ispira
con molta probabilità alla canzone «Let
it go» del musical della Dinsey Frozen.
Logicamente, la scelta di una canzone
presa da un cartone per bambini per
pubblicizzare un prodotto per adulti
ha scatenato non poche reazioni negative.
LA POSIZIONE DELL’INDUSTRIA
DEL TABACCO. Il portavoce di Altria
ha prontamente risposto a queste critiche affermando che l’azienda ha semplicemente cercato di catturare il più
vasto pubblico possibile, naturalmente
un pubblico adulto. Di tutt’altro avviso le
dichiarazioni di Stephanie Cordisco,
presidente della Reynolds Vapor, che fa
parte della potente Reynolds American,
concorrente della Altria. La Cordisco afferma che «la pubblicità in questione era
di cattivo gusto… noi della Reybolds non
facciamo pubblicità rivolte ai bambini»
e insiste sul fatto che non ci sia nulla di
male nel tentativo delle big tobacco di
investire nel mercato delle e-cigarettes:
«se c’è qualcuno che può creare un prodotto che possa soddisfare i bisogni dei
fumatori, questi siamo noi. Stiamo cercando di ridefinire il piacere di fumare
e di dare un’alternativa ai consumatori,
una alternativa che possa potenzialmente ridurre i rischi del fumo».
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