Brasile INTRODUZIONE Brasile (nome ufficiale República Federativa do Brasil, Repubblica Federale del Brasile), stato dell’America meridionale, confina a nord con il Venezuela, la Guyana, il Suriname e la Guayana Francese, a sud con l’Uruguay, a ovest con l’Argentina, il Paraguay, la Bolivia e il Perù, a nord-ovest con la Colombia; a est è bagnato dall’oceano Atlantico. Con un’estensione di circa 4.300 km, sia in lunghezza che in larghezza, e una superficie di 8.547.404 km², è lo stato più grande del continente. L’estensione costiera raggiunge 7.491 km. Appartengono al Brasile le isole Fernando de Noronha, l’atollo Das Rocas, gli scogli di São Pedro e São Paolo, l’isola di Trindade e gli isolotti Martin Vaz. La capitale è Brasilia. TERRITORIO Il territorio del Brasile può essere suddiviso in due vaste regioni naturali: il bacino del Rio delle Amazzoni, nella sezione settentrionale, e l’altopiano del Brasile, formato da una serie di altipiani che si estendono per 3.000.000 di km² nella sezione centrorientale. Il bassopiano amazzonico, interamente percorso dal Rio delle Amazzoni e dai suoi numerosissimi affluenti e subaffluenti, occupa circa i due terzi della superficie del paese. Si tratta di una regione prevalentemente pianeggiante, in molte zone paludosa e soggetta a periodiche inondazioni. Il bassopiano, che coincide in parte con la regione naturale dell’Amazzonia, comprende estese foreste pluviali (selvas), in molte aree inaccessibili a causa della fitta vegetazione; a nord, la regione è delimitata dai bassi rilievi del massiccio della Guayana. L’altopiano del Brasile è un grande basamento eroso di rocce archeozoiche la cui altitudine media varia dai 700 ai 1.200 metri. Comprende, soprattutto verso nord-est, catene montuose e valli fluviali e in numerosi punti si innalza ripido sulla costa oceanica. Le principali catene montuose dell’altopiano del Brasile comprendono la Serra di Mantiqueira, la Serra do Mar e la Serra do Espinhaço, che hanno un’altitudine media di circa 1.200 metri. La parte centro-occidentale del tavolato comprende il Mato Grosso. Gran parte del territorio dell’altopiano è costituito da vaste praterie (campos) e da grandi aree boschive. Nella regione del Nordeste, prevalgono gli aridi altipiani, che danno luogo alla regione denominata Sertão. Le vette più elevate del Brasile sono il Pico da Neblina (3.014 m), al confine con il Venezuela, e il Pico da Bandeira (2.890 m). La linea costiera, bordata da una stretta fascia pianeggiante presenta alcune profonde insenature che creano porti naturali, come quelli di Rio de Janeiro, di Salvador e di Recife. RISORSE NATURALI Benché le terre coltivabili rappresentino il 7,9% della superficie totale del paese, il Brasile ha nell’agricoltura una delle sue principali risorse naturali. Grazie alla foresta amazzonica, che copre circa 477.698.000 ettari, il paese dispone di immense risorse di legname. Altrettanto ricche sono le risorse minerarie, tra cui bauxite, diamanti, oro, nichel, cromo, ferro, uranio, manganese, stagno e petrolio. La vasta rete idrografica del paese ha permesso un ampio sfruttamento dell’energia idroelettrica. IDROGRAFIA Gran parte del territorio brasiliano è compreso nei sistemi fluviali del Rio delle Amazzoni e del Rio de la Plata-Paraná. Il Rio delle Amazzoni e i suoi maggiori tributari, il Negro, il Japurá, il Putumayo, il Purus, il Madeira, il Tapajós, lo Xingu e il Tocantins, formano un’estesa rete di navigazione interna paragonabile solo a quella del fiume Mississippi negli Stati Uniti. Il fiume, che dalle sorgenti andine fino alla foce, sulla costa nordorientale del Brasile, ha un corso di 6.400 km, è navigabile per circa 4.000 km anche da imbarcazioni di grandi dimensioni. I principali fiumi navigabili che scendono dagli altipiani sono il São Francisco e il Parnaíba. Il primo, navigabile nel suo corso superiore, è interrotto dalle cascate Paulo Afonso a circa 300 km dalla foce; rapide e cascate interrompono anche la navigabilità del Parnaíba, dell’Iguaçu e dell’Uruguay, uno dei fiumi principali del sistema del Rio de la Plata che percorre il territorio brasiliano per più di 965 km, segnando per un lungo tratto il confine con l’Argentina. CLIMA In considerazione della ragguardevole estensione latitudinale, il clima del Brasile presenta notevoli differenze da regione a regione, passando da quello tropicale a quello temperato. Lungo la fascia costiera settentrionale è di tipo tropicale, con temperature mitigate dai venti oceanici portatori di umidità e una media annua delle precipitazioni di circa 1.500 mm. Lungo le coste meridionali il clima è caratterizzato da marcate variazioni stagionali con inverni freddi e una media delle precipitazioni inferiore ai 1.000 mm. Negli altipiani centrorientali il clima è subtropicale: le temperature variano alle diverse altitudini, con marcate escursioni diurne, e si verificano spesso lunghi periodi di siccità. Negli altipiani meridionali e occidentali le precipitazioni possono essere abbondanti, mentre nell’altopiano sudorientale le temperature variano da subtropicali a temperate. La regione del Nordeste registra condizioni climatiche estreme, con elevatissime temperature estive (40 °C) e scarse precipitazioni (500 mm). Nella regione amazzonica il clima equatoriale umido è influenzato dagli alisei che portano abbondanti piogge. In questa zona, una delle più piovose della Terra (2.000 mm annui), si registra una temperatura costante di circa 26 °C. A Brasilia la media delle temperature è di circa 22 °C in gennaio e di 20 °C in luglio. A Rio de Janeiro si registrano temperature invernali più elevate (circa 29 °C) e una media delle precipitazioni di 1.760 mm rispetto ai 1.600 mm di Brasilia. FLORA E FAUNA La vegetazione brasiliana è estremamente ricca e diversificata, specie nel bacino amazzonico. Qui domina la foresta pluviale, in cui la vegetazione è particolarmente rigogliosa e composta da centinaia di specie di piante distribuite in base al grado di umidità dei suoli: tra queste, palme e piante della famiglia delle euforbiacee (dalle quali si ricava il caucciù). Lungo la costa crescono rigogliose foreste di mangrovie, alberi del cacao, palme nane e numerose altre specie, tra cui la Caesalpinia echinata; a questa pianta (chiamata dagli autoctoni pau-brasil) si deve il nome del paese. I frutti maggiormente coltivati sono l’ananas, il mango, la banana, l’uva, l’arancia, il fico e la goiava (guava). Negli altipiani, la lussureggiante vegetazione lungo le valli fluviali si fa più rada nelle zone montuose, dove crescono soprattutto specie decidue. Nelle zone temperate abbondano le conifere, mentre nelle sezioni aride dell’altopiano sono comuni i cactus e una vegetazione di tipo arbustivo. La fauna del Brasile è estremamente ricca e varia. Tra i mammiferi di grandi dimensioni sono diffusi il capibara, il puma, il giaguaro e l’ocelot. Non mancano il pecari, il tapiro, il formichiere, il bradipo, l’opossum e l’armadillo, oltre a vampiri e ad altri tipi di pipistrello. Nelle regioni meridionali sono presenti numerosissimi cervi. Le foreste sono popolate da diverse specie di scimmie e di uccelli tropicali, soprattutto pappagalli e tucani. Tra i rettili, numerose le specie di alligatori e serpenti, tra cui il crotalo muto, il ferro di lancia e il boa. Nei fiumi e lungo la costa atlantica ricchissima è la popolazione di tartarughe e pesci (tra cui piranha e barracuda). PROBLEMI E TUTELA DELL’AMBIENTE L’immenso bacino idrografico del Rio delle Amazzoni è interamente coperto da foreste tropicali e savane, che costituiscono il più grande polmone verde del pianeta, in grado di influenzarne il clima e di ridurre l’anidride carbonica in eccesso nell’atmosfera. Il bacino del Rio delle Amazzoni è anche un prodigioso serbatoio di biodiversità per la quantità e la varietà delle specie vegetali e animali in esso presenti. La foresta amazzonica copre il 56,5% del territorio del Brasile. Il ricchissimo patrimonio amazzonico è però gravemente minacciato dal crescente sfruttamento delle risorse determinato dal processo di industrializzazione. Il governo brasiliano ha a lungo promosso e incoraggiato l’occupazione e lo sfruttamento della foresta, avviando la realizzazione di infrastrutture viarie e idrauliche al fine di accelerare l’insediamento di coloni e grandi aziende, l’apertura di miniere, lo sfruttamento del legname e la costruzione di vaste fattorie per l’allevamento. A seguito di ciò, il 12% circa delle foreste amazzoniche è andato perduto, soprattutto in Brasile, dove tra il 1979 e il 1990 il tasso annuo di deforestazione aveva raggiunto l’allarmante livello di 20.000 km² all’anno. Nelle zone interessate dal diboscamento si è assistito al rapido degrado del suolo, all’inquinamento dei corsi d’acqua e alla cacciata di migliaia di indios dalla propria terra. Per limitare il disastro ambientale, in questi ultimi anni il governo brasiliano, anche grazie alle pressione internazionale, ha in parte ridotto gli incentivi concessi per lo sviluppo industriale del bacino del Rio delle Amazzoni; d’altro lato, gli aiuti economici e politici accordati dalle organizzazioni internazionali al paese sono sempre più improntati al rispetto e alla tutela dell’ambiente. L’84,32% dell’elettricità prodotta nel paese proviene da centrali idroelettriche, costruite attraverso la realizzazione di dighe e giganteschi bacini artificiali lungo i corsi d’acqua amazzonici, che hanno però drammaticamente alterato l’equilibrio ecologico. Per tale ragione la BIRS ha rifiutato una richiesta da parte delle autorità brasiliane di fondi destinati alla realizzazione di una nuova diga per la produzione di energia idroelettrica. Lungo la costa tra Rio de Janeiro e São Paulo si trova l’unica centrale nucleare brasiliana, che produce il 3,73% dell'energia nazionale. Nel 2004 il 3,9% del territorio del paese risultava soggetto a protezione ambientale. Disseminati sul territorio brasiliano si trovano infatti numerosi parchi nazionali, riserve biologiche e riserve antropologiche. Il Brasile possiede inoltre aree naturali riconosciute come patrimonio dell’umanità e riserve della biosfera poste sotto la tutela dell’UNESCO. Nel 1992 il Brasile ha ospitato a Rio de Janeiro la Conferenza delle Nazioni Unite sull’Ambiente e lo Sviluppo, anche nota come Earth Summit, durante la quale, oltre alla promozione di iniziative ambientali, si è giunti alla definizione del concetto di sviluppo sostenibile (vedi Conferenza di Rio). A livello internazionale, il Brasile ha ratificato numerosi trattati, tra cui il Trattato Antartico, la Convenzione sul diritto del mare e la Convenzione sull’Emisfero Settentrionale (1940). Sulla base del Trattato di cooperazione amazzonico (1978), il paese coopera alla protezione del Bacino del Rio delle Amazzoni. POPOLAZIONE La popolazione del Brasile, che registra un tasso di crescita demografica annua pari all’1,04%, è di 188.078.230 abitanti (2006). La distribuzione territoriale è tuttavia poco uniforme: la maggior parte della popolazione (83%) è concentrata nelle aree urbane delle regioni costiere e, in particolare, nelle città di São Paulo e di Rio de Janeiro. La densità media del paese è di 22 abitanti per km² (2006), tuttavia nella regione dell’Amazzonia ammonta appena a 1 abitante per km². Il maggior gruppo etnico del paese (55%) è costituito da bianchi di origine europea (soprattutto portoghesi e spagnoli). I neri, gruppo composto da discendenti degli schiavi africani giunti nel paese nel periodo della colonizzazione e da immigrati provenienti dall’Angola e dal Congo, ammontano all’11%. Gli amerindi rappresentano ormai un’esigua minoranza (2%). La forte commistione di etnie fa sì che mulatti e meticci formino il 32% della popolazione complessiva. Nei primi decenni del XX secolo un considerevole flusso migratorio dall’Europa ha portato in Brasile numerosi italiani, spagnoli, tedeschi, scandinavi e slavi. LINGUA E RELIGIONE La lingua ufficiale è il portoghese e la religione prevalente quella cattolica (90%). La ricca composizione etnica ha avuto una forte incidenza nelle pratiche religiose diffuse nel paese. Il 4% della popolazione pratica infatti culti afro-brasiliani, quali il candomblé e la macumba, derivati dal sincretismo tra il cattolicesimo e diverse religioni amerindie e africane. ISTRUZIONE E CULTURA L’istruzione primaria in Brasile è gratuita e obbligatoria dai 7 ai 14 anni di età; il tasso di alfabetizzazione della popolazione adulta è dell’87,1% (2005). Le principali università statali sono quelle di Brasilia (1961), São Paulo (1934) e Rio de Janeiro (1920); vi sono poi le università cattoliche pontificie di Campinas (1941) e Rio Grande do Sul (1948). Per quanto riguarda centri di studio e biblioteche, a Rio de Janeiro si trovano l’Archivio nazionale (1838), che contiene una raccolta di testi riguardanti soprattutto la storia del Brasile, e la Biblioteca nazionale (1810), che conserva preziosi volumi e manoscritti. Le principali istituzioni culturali comprendono il Museo d’arte moderna (fondato nel 1948) e il Museo nazionale delle belle arti (1818), con interessanti sezioni di geologia, botanica e antropologia, entrambi a Rio de Janeiro. Per ulteriori informazioni sulla cultura brasiliana, vedi Letteratura brasiliana; Arte latinoamericana; Teatro latinoamericano; Danza latinoamericana; Musica latinoamericana e Cinema latinoamericano. DIVISIONI AMMINISTRATIVE E CITTA’ PRINCIPALI Il Brasile è amministrativamente suddiviso in 26 stati, oltre al Distretto federale della capitale, Brasilia. Appartengono alla regione del Norte gli stati di Acre, Amapá, Amazonas, Pará, Rondônia, Roraima e Tocantins; la regione del Nordeste comprende gli stati di Alagoas, Bahia, Ceará, Maranhão, Paraíba, Pernambuco, Piauí, Rio Grande do Norte e Sergipe; il Sudeste include gli stati di Espírito Santo, Minas Gerais, Rio de Janeiro e São Paulo; il Sul quelli di Paraná, Rio Grande do Sul e Santa Catarina; il Centro-Oeste quelli di Goiás, Mato Grosso, Mato Grosso do Sul. Le principali città del Brasile sono São Paulo, la più popolosa città del paese e dell’America meridionale; Rio de Janeiro, capitale del paese prima di Brasilia, metropoli costiera e principale città portuale; Porto Alegre, Salvador, Belém, Recife, Natal, Curitiba, Fortaleza, Belo Horizonte e Manaus, sul Rio delle Amazzoni. Le città brasiliane si svilupparono con particolare rapidità negli anni Ottanta e Novanta del XX secolo in conseguenza della massiccia affluenza della popolazione rurale che raggiunse le aree urbane in cerca di lavoro. Questo fenomeno di massivo inurbamento fu la causa dell’edificazione di quartieri poveri e degradati, costituiti da bidonville costruite senza alcun criterio urbanistico, noti con il nome di favelas. ECONOMIA Il Brasile, stato tradizionalmente agricolo, ha assistito, negli anni Sessanta e Settanta, a un rapido sviluppo industriale che ha portato a una considerevole diversificazione del settore economico. Fiorente è l’industria estrattiva, che sfrutta i giacimenti di ferro e di carbone, e la produzione siderurgica, chimica e di automobili. Lo stato deve tuttavia risolvere gravi problemi di disoccupazione (9,7%, 2003), inflazione (10,6%, in rapporto al PIL) e debito estero, una delle principali cause, quest’ultima, della miseria del paese. Nel 2004 il prodotto interno lordo fu di 603.973 milioni di dollari USA, corrispondente a un PIL pro capite di circa 3.280 dollari USA. AGRICOLTURA E ALLEVAMENTO Il settore agricolo del paese è basato sui prodotti di piantagione: circa un quarto della produzione mondiale di caffè, destinata in gran parte alle esportazioni, proviene dai distretti di São Paulo, Paraná, Espíritu Santo e Minas Gerais. Il Brasile è inoltre uno dei primi produttori mondiali di canna da zucchero, da cui si ricavano zucchero raffinato e alcol per combustibili, e di cacao. Altre colture di rilievo sono le oleaginose, quali soia, semi di lino, ricino e palme da olio, e frutta, quali banane, arance, ananas e noci di cocco. L’allevamento viene praticato in quasi tutte le regioni del paese, soprattutto negli stati del Sud. Cospicuo è il patrimonio di bovini, più modesto, ma ugualmente diffuso, quello di cavalli, suini e volatili da cortile. Il settore primario fornisce il 10,4% (2004) del PIL, occupando il 20% della forza lavoro. RISORSE FORESTALI E PESCA Dalle fitte foreste del Brasile si ricavano caucciù, cera di carnauba, piante medicinali, oli vegetali e resine, oltre a diversi tipi di legno da costruzione. Abbondanti anche i legni pregiati quali il cedro, il palissandro e il pino del Paraná. L’industria della pesca (gamberi, sardine e aragoste), nonostante le difficoltà dovute alla carenza di capitali e di strutture per la conservazione, rappresenta un settore di considerevole importanza. RISORSE ENERGETICHE E MINERARIE Il Brasile è un paese ricco di risorse minerarie che alimentano un’importante industria estrattiva, nonostante il loro sfruttamento sia stato ostacolato, fino agli anni Settanta, dalla carenza di capitali e dall’inadeguatezza dei sistemi di trasporto. La risorsa principale del settore è il ferro, del quale il paese è il primo produttore del mondo, ricavato dai giacimenti di Serra dos Carajás e Minas Gerais. Il Brasile è inoltre uno dei maggiori produttori di stagno, cristalli di quarzo e berillio. Lo sfruttamento delle immense risorse minerarie del paese svolge un ruolo fondamentale nell’economia del paese. Tra queste, manganese, gas naturale, bauxite e mica, zinco, magnesio, titanio, grafite, rame, platino e mercurio. Più tradizionale è l’estrazione di minerali preziosi, quali oro, argento e diamanti. INDUSTRIA Il settore industriale, che occupa il 22% (2002) della forza lavoro del paese, è in gran parte concentrato nella regione del Sudeste, dove sono situate le industrie di punta del paese. L’industria brasiliana poggia sul settore della lavorazione delle materie prime: sono quindi presenti stabilimenti alimentari e della lavorazione del tabacco, della gomma e della carta. São Paulo è lo stato più industrializzato, dopo Rio de Janeiro, Belo Horizonte e Porto Alegre. Settori produttivi e di primaria importanza per l’economia del paese sono inoltre l’industria automobilistica, tessile, chimica e siderurgica. Il comparto industriale contribuisce per il 40% (2004) alla formazione del PIL. COMMERCIO E FINANZA Nel 2004 il valore totale delle esportazioni fu di 95.002 milioni di $ USA, a fronte di importazioni per 65.317 milioni di $ USA. Il prodotti maggiormente esportati sono caffè, zucchero, cacao, tabacco, minerali di ferro, acciaio, componenti per l’industria dei trasporti, macchinari, calzature e tessili. I principali paesi importatori di prodotti brasiliani sono gli Stati Uniti (più di un quarto del valore totale delle esportazioni negli anni Novanta), la Germania, il Giappone, l’Italia, l’Argentina, la Francia, i Paesi Bassi e la Gran Bretagna. Con l’entrata in vigore del Mercosur, nel 1995, il Brasile ha potuto potenziare gli scambi commerciali con gli altri paesi dell’America meridionale. L’unità monetaria del Brasile è il real, suddiviso in 100 centavos e introdotto nel luglio del 1994 in sostituzione del cruzeiro. La banca di emissione è la Banca centrale del Brasile (1965). TRASPORTI E VIE DI COMUNICAZIONE Le reti stradale (estesa per 1.724.929 km, di cui solo il 6% asfaltato) e ferroviaria (30.403 km) sono sviluppate soprattutto nelle regioni costiere, scarsamente collegate con le aree interne del paese. I progetti di sviluppo delle reti stradali comprendono il completamento della Transamazzonica, un’arteria lunga più di 5.000 km che unirà la regione del Nordeste al Perù. La rete fluviale rappresenta una basilare via di comunicazione interna, mentre lungo la costa circa 40 porti costituiscono importanti centri di commercio interno e internazionale. Tra questi i principali sono Santos, Rio de Janeiro, Paranaguá, Recife e Vitoria. La compagnia aerea nazionale è la Varig; sono presenti numerosi aeroporti necessari a garantire i collegamenti all’interno di un paese così vasto. ORDINAMENTO DELLO STATO Indipendente dal 1822, il Brasile diventò una repubblica nel 1889 in seguito a una rivolta militare. Con la Costituzione del 1891 il paese si diede una forma di governo presidenziale e un assetto federale. Sottoposto a diverse dittature durante il XX secolo, il Brasile ha riconquistato la democrazia nel 1985. POTERE ESECUTIVO Il presidente, eletto a suffragio universale con un mandato di quattro anni, è anche capo del governo ed è coadiuvato da un gabinetto di ministri da lui nominati. POTERE LEGISLATIVO Il sistema legislativo è basato su un Parlamento, il Congresso nazionale (Congreso Nacional), composto da due camere. Il Senato federale (Senado Federal) riunisce 81 membri eletti con sistema maggioritario per otto anni; la Camera dei deputati (Câmara dos deputados) ha 513 membri eletti attraverso un sistema proporzionale per un termine di quattro anni. POTERE GIUDIZIARIO Il sistema giudiziario prevede una Corte suprema federale composta da 11 giudici nominati a vita dal presidente e confermati dal Senato. La pena di morte è stata abolita nel 1979 per i crimini commessi in tempo di pace. Il Brasile comprende 26 stati, ciascuno dotato di Costituzione propria, e un distretto federale (Distrito Federal). DIFESA Il servizio militare è obbligatorio per tutti i cittadini maschi abili a partire dai 18 anni di età. Nel 2004 il personale militare contava 302.909 addetti. FORZE POLITICHE I partiti politici sono tornati alla legalità nel 1985, dopo la fine dell’ultima dittatura militare. Attualmente i principali schieramenti sono: il Partito del fronte liberale (Partido da frente liberal, PFL; conservatori-liberali); il Partito socialdemocratico (Partido da social democracia brasileiro, PSDB); il Partito del movimento democratico (Partido do movimento democrático brasileiro, PMDB; centristi); il Partito progressista (Partido progressista brasileiro, PPB; conservatori) e il Partito dei lavoratori (Partido dos trabalhadores, PT; socialisti). STORIA Il territorio del Brasile era abitato in origine da popolazioni amerinde seminomadi, appartenenti alle tribù degli arawak, tra le quali i caribi, stanziati nelle regioni settentrionali, e i tupí-guaraní che vivevano lungo la costa orientale e nella valle del Rio delle Amazzoni. Nell’aprile del 1500 il navigatore portoghese Pedro Alvares Cabral raggiunse le coste brasiliane, rivendicate formalmente alla Corona di Lisbona col nome di Terra da Vera Cruz. L’anno seguente il governo portoghese finanziò una seconda spedizione, guidata da Gaspar de Lemos e della quale faceva parte anche Amerigo Vespucci, per proseguire l’esplorazione del nuovo territorio, che iniziò a chiamarsi “Brasile” dal nome di un albero originario del luogo (Caesalpinia chinata, nota localmente come pau-brasil) e sconosciuto in Portogallo. Dopo il 1530 il re portoghese Giovanni III diede inizio alla colonizzazione del paese, che fu diviso in distretti o capitanerie, inizialmente affidati a eminenti personaggi di corte e, in seguito, all’autorità di un governatore generale. Il primo di questi, Tomé de Sousa, giunto in Brasile nel 1549, organizzò un sistema di governo centralizzato con capitale nella città di Salvador, o Bahia, e istituì una valida flotta per la difesa costiera. Nel 1560 i portoghesi distrussero la colonia francese nella baia di Rio de Janeiro e vi fondarono una nuova città che dal luogo prese il nome. Per ovviare alla scarsità di manodopera, i nuovi colonizzatori ricorsero molto presto all’importazione di schiavi dall’Africa. IL GOVERNO SPAGNOLO E LE INCURSIONI OLANDESI Quando nel 1580 Filippo II, re di Spagna, acquisì anche la Corona portoghese, i possedimenti brasiliani vennero coinvolti nelle azioni di guerra mossegli contro da inglesi e olandesi. Nel 1624 questi ultimi si impadronirono della città di Bahia, riconquistata un anno dopo da un esercito composto da spagnoli, portoghesi e amerindi. Nel 1630 una nuova spedizione patrocinata dalla Compagnia olandese delle Indie Occidentali attaccò Pernambuco (attuale Recife); fecero seguito altre azioni militari che assicurarono agli olandesi il controllo della maggior parte del territorio compreso tra l’isola di Maranhão e il basso corso del São Francisco. Sotto l’efficace governo del conte Joan Mauritz van Nassau-Siegen, la zona occupata sviluppò presto un’economia fiorente, ma, dopo le dimissioni del governatore, entrato in conflitto con la dirigenza della Compagnia nel 1644, e un lungo braccio di ferro protrattosi sino al 1661, i coloni portoghesi si riappropriarono del territorio e gli olandesi rinunciarono formalmente a qualsiasi ulteriore rivendicazione su territori brasiliani. IL DOMINIO PORTOGHESE Dopo il 1640, anno in cui le Corone di Spagna e Portogallo si divisero nuovamente (vedi Guerra d’indipendenza portoghese), il Brasile tornò sotto il dominio portoghese e divenne un vicereame. L’espandersi della colonizzazione del paese verso sud fu preceduto dalla penetrazione di vaste aree dell’interno a opera di missionari gesuiti operanti nella valle dell’Amazzonia sin dagli inizi del XVI secolo. Nel frattempo gruppi di paulisti (residenti di São Paulo) avevano raggiunto l’alto corso del Paraná durante spedizioni finalizzate alla cattura di indigeni da utilizzare poi come schiavi; questa pratica suscitò la ferma condanna dei missionari gesuiti che, inizialmente, ottennero l’appoggio della Corona. Molti paulisti furono attratti dalla ricerca di oro e diamanti, specialmente dopo la scoperta nel 1693 di vasti giacimenti nella regione del Minas Gerais; altri si dedicarono alle colture di canna da zucchero e caffè. Il primo ministro portoghese, il marchese di Pombal, promosse numerose riforme nelle colonie brasiliane: liberò gli amerindi ridotti in schiavitù e incoraggiò l’immigrazione, ridusse le tasse a carico dei coloni, abolì il monopolio regio del commercio estero brasiliano e centralizzò la burocrazia amministrativa, trasferendo la sede del governo da Bahía a Rio de Janeiro. Allontanò inoltre i gesuiti dal paese (1760), cedendo alle richieste di molti proprietari terrieri irritati dall’azione dei missionari in difesa degli L’INDIPENDENZA Le guerre napoleoniche alterarono profondamente il corso della storia brasiliana. Quando nel novembre del 1807 Napoleone invase il Portogallo, il principe Giovanni si rifugiò con la sua corte a Rio de Janeiro, dove pose la sua residenza e la sede del governo locale. Durante il suo soggiorno nella colonia, e prima di fare ritorno in patria col titolo regale e il nome di Giovanni VI (1821), il sovrano in esilio perdette progressivamente popolarità tra i suoi sudditi a causa della corruzione e dell’inefficienza che caratterizzarono la sua opera. Egli favorì così il diffondersi delle idee repubblicane, che già nelle vicine colonie spagnole originavano diffusi moti indipendentistici e che nel 1816 portarono all’occupazione della Banda Oriental (l’attuale Uruguay), allora sotto il controllo dei rivoluzionari ispano-americani e ufficialmente annessa al Brasile cinque anni dopo. Poco prima della sua partenza per il Portogallo, Giovanni VI nominò il figlio Don Pedro sovrano reggente del Brasile. Nel 1822 questi convocò un’Assemblea costituente e proclamò l’indipendenza del paese, assumendo il titolo imperiale e il nome di Pietro I. In breve tempo tutte le truppe portoghesi lealiste furono costrette ad arrendersi all’autorità del nuovo regime. Pietro I, sovrano autocrate, perse presto il credito di popolarità inizialmente goduto presso i suoi sudditi. Nel 1823 sciolse l’Assemblea costituente da lui stesso voluta per promulgare la Carta fondamentale della nuova nazione indipendente (marzo 1824). L’anno successivo il sostegno argentino a una rivolta della Banda Orientale fu causa di un conflitto al termine del quale il Brasile concesse l’indipendenza ai territori che si costituirono nella repubblica dell’Uruguay (1830). Sempre più pressato dalle critiche e dall’opposizione popolari, nell’aprile del 1831 l’imperatore abdicò in favore del figlio di cinque anni Pietro II. Dopo una fase di interregno che durò fino al 1840, il giovanissimo re si rivelò un politico e uno statista abilissimo; promosse nuove esplorazioni, inaugurò reti di trasporto ferroviario e marittimo e promulgò una serie di riforme agrarie. Offrì inoltre sostegno ai rivoluzionari in guerra contro il dittatore argentino Juan Manuel de Rosas e, alleatosi con l’Argentina e l’Uruguay, vinse la cosiddetta Guerra della Triplice alleanza contro il Paraguay, durata dal 1865 al 1870. Il principale problema che l’imperatore dovette affrontare fu tuttavia quello dell’abolizione della schiavitù nel paese. L’importazione di nuovi schiavi dall’Africa fu dichiarata illegale nel 1853 e negli anni successivi fu lanciata una campagna per l’emancipazione dei due milioni e mezzo di schiavi che incontrò fortissime resistenze da parte dei proprietari terrieri ed ebbe esito soltanto nel maggio del 1888. Nello stesso anno un vasto ed eterogeneo movimento di opposizione al governo iniziò a prendere consistenza nel paese; ne facevano parte i più differenti settori della società brasiliana, tra essi: i latifondisti scontenti per la mancanza di un risarcimento per la libertà concessa agli schiavi, ampi settori del clero cattolico e dell’esercito, nonché gran parte del popolo, favorevole all’instaurazione di un regime repubblicano. LA PRIMA REPUBBLICA Nel novembre del 1889 una rivolta militare guidata dal generale Manuel Deodoro da Fonseca obbligò Pietro II a rinunciare al trono. Proclamata la repubblica, con Fonseca capo del governo provvisorio, furono promosse alcune riforme strutturali, come la separazione tra Chiesa e Stato, e nel 1891 fu promulgata una nuova Costituzione federalista sul modello di quella degli Stati Uniti d’America. I primi anni della nuova repubblica furono caratterizzati da una grave e permanente turbolenza politica interna, anche a seguito della mancanza di esperienza e di tradizioni democratiche della nazione. Nel 1891 politiche e metodi arbitrari del presidente Fonseca sollevarono una forte opposizione in seno al Congresso, da lui sciolto agli inizi di novembre per stabilire un regime di tipo dittatoriale. Una rivolta della Marina, nel medesimo mese di novembre, lo obbligò a dimettersi in favore del suo vice, Floriano Peixoto. Anche Peixoto stabilì un regime dittatoriale che dovette affrontare una serie di sollevazioni nel sud del paese. IL GOVERNO CIVILE L’ordine ritornò gradualmente nel paese a partire dall’amministrazione di Prudente José de Morais Barros, che inaugurò la serie di esecutivi guidati da esponenti civili. L’ex governatore di São Paulo, Manuel Ferraz de Campos Sales, divenuto presidente della Repubblica nel 1898, adottò le energiche misure indispensabili a riattivare un’economia nazionale ormai prossima al collasso, anche grazie a un consistente prestito internazionale, che rafforzò le finanze brasiliane e dette respiro alla produzione e agli scambi commerciali. Le produzioni di caffè e caucciù presero a crescere stabilmente, ma tra il 1906 e il 1910 il loro prezzo sul mercato mondiale calò bruscamente, determinando l’aprirsi di una nuova congiuntura economica sfavorevole, a sua volta generatrice di agitazioni sociali e politiche. Lo scoppio della prima guerra mondiale provocò un forte aumento della domanda estera cui anche il Brasile poté contribuire, alleviando in parte la sua grave situazione economica. Inizialmente neutrale, per gli attacchi subiti dalle sue navi da parte della flotta tedesca, il Brasile sospese le relazioni diplomatiche con la Germania e nell’ottobre del 1917 entrò in guerra a fianco degli Alleati. Nell’immediato dopoguerra il processo di riconversione dell’economia a un regime di pace rese necessari forti tagli nell’industria e un drastico ridimensionamento delle commesse e della spesa pubblica. Nel luglio del 1924 una lunga e diffusa catena di agitazioni sfociò in un’insurrezione antigovernativa che ebbe il suo epicentro a São Paulo. Gran parte dell’esercito rimase a fianco del presidente Artur da Silva Bernardes, e i ribelli furono sconfitti dopo più di sei mesi di guerra civile, durante la quale fu introdotta (e poi non più sospesa sino alla fine del mandato) la legge marziale. L’aggravarsi del quadro economico internazionale e interno causò anche in seguito ondate di radicalismo e moltissimi scioperi, dichiarati infine illegali dal governo nell’agosto del 1927, contestualmente al varo di altre severe misure anticomuniste. L’ETA’ DI VARGAS Alle elezioni presidenziali del marzo 1930 il candidato governativo Julio Prestes si impose su Getúlio Dornelles Vargas, esponente degli ambienti nazionalisti e degli interessi del Rio Grande do Sul. Garantitosi il sostegno di numerosi militari e leader politici, questi promosse una rivolta contro il governo e, dopo breve tempo, assunse tutti i poteri in qualità di presidente provvisorio. Nel tentativo di superare le difficoltà economiche del paese, Vargas intese ridurre la disponibilità di caffè sul mercato internazionale (aumentandone così il prezzo), acquistando e distruggendo, a spese dello Stato, il surplus di produzione; i costi dell’operazione aggravarono tuttavia nell’immediato la situazione debitoria del paese verso i suoi creditori esteri. Dopo aver represso nel sangue una nuova rivolta scoppiata nel 1932 a São Paulo, per dare una risposta definitiva al problema dell’ormai cronica instabilità del quadro politico interno, Vargas convocò un’Assemblea costituente (1933) che mise a punto una nuova Costituzione; essa prevedeva drastiche riduzioni dei poteri degli stati locali, il suffragio alle donne, l’assistenza sociale per i lavoratori e l’elezione dei futuri presidenti della repubblica da parte del Congresso. Rieletto alla presidenza sulla base della nuova carta fondamentale, Vargas dovette affrontare la forte opposizione dell’ala radicale del movimento laburista brasiliano, e nel 1935 una serie di abortiti tentativi insurrezionali gli fornì l’occasione per introdurre la legge marziale e governare per decreto. La radicalizzazione dello scontro politico che seguì, in un contesto di peggioramento anche del quadro economico, vide il governo oggetto della convergente azione di opposizione, spesso violenta, di movimenti estremisti; tra questi ottenne crescenti consensi nella classe media il partito filonazista detto “integralista”. Nel novembre del 1937, prima della scadenza del suo mandato, Vargas sciolse il Congresso e proclamò una nuova Costituzione che gli conferiva poteri dittatoriali, dando vita a un regime ispirato a quelli nazifascisti al potere in Germania e in Italia. L’ESTADO NOVO Il nuovo regime fu ufficialmente denominato Estado Novo (“stato nuovo”). Una serie di decreti estese e migliorò l’assistenza ai lavoratori delle piantagioni, garantendo a Vargas il consenso di gran parte della popolazione. Il carattere totalitario del suo regime non gli impedì peraltro di mantenere buone relazioni con gli Stati Uniti e le altre democrazie occidentali. Intervenuto a fianco degli Alleati nella seconda guerra mondiale e ottenuto in questo modo il rinnovato sostegno del potente vicino statunitense, il regime di Vargas fu in grado di lanciare un vasto programma di espansione industriale, basato sulla produzione della gomma e di altre materie prime indispensabili alla produzione bellica. Sul piano interno, tutte le restrizioni alle attività politiche furono gradualmente rimosse, e nell’immediato dopoguerra furono annunciate libere elezioni in vista delle quali fu decretata un’amnistia per tutti i prigionieri politici. Durante la campagna elettorale alcune disposizioni di Vargas fecero temere l’aprirsi di una nuova fase totalitaria del regime, così che nell’ottobre del 1945 un colpo di stato militare lo obbligò alle dimissioni. Le elezioni presidenziali tenute in dicembre furono vinte a grande maggioranza dall’ex ministro della Guerra, Eurico Gaspar Dutra, mentre il Parlamento formulò una nuova Costituzione, entrata in vigore nel settembre del 1946. Nei mesi seguenti, sullo sfondo dell’accendersi della Guerra Fredda, apparve chiara la scelta filoccidentale del Brasile, confermata dall’adesione al trattato di Rio e dall’introduzione di misure restrittive limitanti l’attività di esponenti e movimenti comunisti nel paese. LA SECONDA PRESIDENZA DE VARGAS Nel gennaio del 1951 Getúlio Vargas tornò al potere, dopo aver sconfitto a larga maggioranza i candidati rivali alle presidenziali dell’ottobre precedente. Formato un gabinetto di coalizione con tutti i partiti maggiori, egli adottò misure di emergenza per riassestare il bilancio nazionale, ridurre il costo della vita, aumentare i salari ed estendere l’assistenza sociale; in un secondo momento giunse anche alla decisione di nazionalizzare le risorse petrolifere. La contraddittorietà del programma finì col renderlo oggetto di una dura opposizione sia da parte delle forze moderate sia di quelle radicali, frange delle quali avevano già iniziato a mettere a segno azioni terroristiche. L’assassinio nell’agosto del 1954 di un ufficiale dell’aviazione in un attentato portò alla richiesta di dimissioni di Vargas da parte dei militari; certo dell’imminenza di un pronunciamento ai suoi danni, il presidente annunciò il passaggio di consegne al suo vice, João Café Filho, e alcune ore dopo si suicidò. LE AMMINISTRAZIONI KUBITSCHEK, QUADROS E GOULART L’ex governatore del Minas Gerais, Juscelino Kubitschek, vinse le elezioni presidenziali dell’ottobre 1955 con l’appoggio dei sostenitori di Vargas e dei comunisti. Egli annunciò un ambizioso programma quinquennale di sviluppo economico, sostenuto da un consistente prestito della Banca americana di importexport, e avviò la costruzione della nuova capitale federale, Brasilia. La rapida crescita industriale di quegli anni si sovrappose alla contemporanea caduta dei prezzi internazionali del caffè e l’inflazione provocò numerose rivolte e scioperi di lavoratori e studenti. Nel gennaio del 1961 il neopresidente Junio da Silva Quadros promosse un rigoroso programma di tagli alle spese statali, avviando inoltre una decisa azione tesa a stroncare la piaga della corruzione, ampiamente diffusasi nel corso della precedente amministrazione. Dopo le inaspettate dimissioni di Quadros, i militari si opposero all’assunzione dei poteri da parte del vicepresidente João Belchoir Marques Goulart, ritenuto simpatizzante del regime castrista a Cuba. Solo una riforma costituzionale che toglieva gran parte dei poteri al presidente rese possibile il passaggio di consegne, ma un anno dopo essere entrato in carica (settembre 1961) Goulart indisse e vinse un referendum per verificare il sostegno popolare a un ritorno al regime presidenziale (gennaio 1963). Forte della ritrovata autorità, il presidente si apprestò a realizzare un vasto piano di riforme, decretando agli inizi del 1964 l’entrata in vigore di controlli sui livelli degli affitti, la nazionalizzazione delle raffinerie petrolifere, l’espropriazione delle terre non coltivate e limitazioni all’esportazione dei capitali. Due mesi dopo l’annuncio di queste misure, il governo fu rovesciato dai militari; Goulart riparò in Uruguay e il generale Humberto Castelo Branco, capo di stato maggiore dell’esercito, prese il suo posto alla guida del paese. IL GOVERNO MILITARE Il nuovo regime, con i poteri straordinari conferitigli dall’Atto istituzionale firmato in aprile, eliminò ogni opposizione politica e restrinse i diritti politici, adottando inoltre versioni addolcite di molte riforme prefigurate da Goulart, specialmente in materia di controlli statali sui livelli dei prezzi e dei salari. Una legge del 1965 restrinse le libertà civili, accrebbe le funzioni del governo e reintrodusse l’elezione del presidente e del suo vice da parte del Congresso. Il resto del decennio trascorse sotto il regime del maresciallo Artur da Costa e Silva, durante il quale il miglioramento della situazione economica nazionale si unì a una caratterizzazione sempre più autoritaria delle istituzioni e a un intensificarsi della repressione di ogni forma di opposizione politica. Quest’ultima tendenza fu accentuata dal successore di Costa, il generale Emílio Garrastazú Médici, che intensificando le misure repressive provocò un incremento dell’attivismo dei gruppi rivoluzionari. Nel contempo la crescita economica generale e lo sviluppo delle vaste regioni dell’interno del paese promosse dal governo risultarono soffocate dagli alti costi dell’energia, dall’inflazione incontrollata e da una bilancia commerciale in forte deficit. Il quadro rimase immutato durante i due successivi mandati dei generali Ernest Geisel e João Baptista de Oliveira Figueiredo. LA RESTAURAZIONE DEL GOVERNO CIVILE Nel 1985 Tancredo Neves fu il primo presidente civile eletto in poco più di un ventennio; morì prima di assumere l’incarico e fu sostituito da José Sarney. Questi prefigurò la necessità di drastiche misure di austerità per sradicare l’inflazione e far fronte allo schiacciante debito estero; coscienti infine che l’uscita dalla crisi economica non poteva avvenire che contestualmente al mutare anche del quadro politico nazionale, i militari acconsentirono nell’ottobre del 1988 alla reintroduzione dell’elezione diretta del presidente. Un anno dopo, il rappresentante del Partito conservatore di ricostruzione nazionale, Fernando Collor de Mello, ebbe così accesso alla presidenza della repubblica. Il suo programma per combattere l’inflazione ebbe come conseguenza la più grave recessione del decennio, mentre la sua popolarità crollò a seguito della messa in stato d’accusa per corruzione, che lo spinse alle dimissioni. Gli subentrò Itamar Franco, che riuscì a frenare l’inflazione e a rilanciare l’economia (svolta simboleggiata dall’introduzione della nuova valuta nazionale, il real) e che contribuì a consolidare le ancora giovani istituzioni democratiche brasiliane. Alla fine del 1994 alla presidenza del Brasile fu eletto Fernando Henrique Cardoso, già ministro delle Finanze del governo di Itamar Franco, che si impose sul candidato delle sinistre Luis Inázio da Silva (detto “Lula”). Di idee socialdemocratiche e riformiste, Cardoso si adeguò alle tesi neoliberiste sostenute dai suoi alleati di governo; la messa in opera di un ampio programma di privatizzazioni e di abbattimento della spesa sociale gli consentì di ridurre l’inflazione, ma provocò un netto peggioramento delle condizioni di vita delle classi più povere e un aumento della disoccupazione (tra il 1997 e il 1998, la disoccupazione nel paese crebbe di quasi l’1% al mese; nell’industrializzato stato di São Paulo, nel 1998 raggiunse il 16,5%). CRISI ECONOMICA E SOCIALE Nell’ottobre 1998, sostenuto da tutte le forze moderate, Cardoso fu rieletto alla presidenza del Brasile con il 53% dei voti; lo sfidante di Cardoso fu ancora “Lula”, che ottenne il 32% dei voti. La crisi finanziaria, di cui si erano percepiti i segnali durante tutto il 1998, si abbatté sul Brasile all’indomani delle elezioni presidenziali per trasformarsi in vera tempesta agli inizi del 1999, quando il real perse il 40% del suo valore. Per protestare contro la politica economica di Cardoso, il Movimento dos sem terra (“Movimento dei senza terra”, un’associazione contadina nata negli anni Ottanta che rivendica una più equa distribuzione delle terre statali) organizzò una singolare “Marcia popolare per il Brasile”; un migliaio di membri dell’associazione, partiti a luglio 1999 da Rio de Janeiro, raggiunsero a ottobre Brasilia dopo aver percorso più di 1500 chilometri. Agli inizi del 2000 il Brasile festeggiò il 500° anniversario della sua “scoperta”; l’evento fu commemorato dagli indios – che lo considerano l’inizio del loro sterminio – con una serie di manifestazioni di protesta. Grazie al buon andamento delle esportazioni (favorito dalla “svalutazione competitiva” del real), a una seppur tenue ripresa della produzione industriale e ai drastici tagli apportati alla spesa sociale, tra il 2000 e il 2001 l’economia brasiliana diede qualche segno di miglioramento. Le misure di austerità aggravarono però ulteriormente la situazione delle classi più povere e causarono un diffuso malcontento (il Brasile è il paese che presenta la distribuzione del reddito più ineguale al mondo, con una ristretta classe agiata che detiene la gran parte della ricchezza del paese e una grossa quota di popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà). Nell’importante test elettorale delle municipali, che si svolse tra ottobre e novembre 2000, i partiti di governo furono sonoramente battuti dai partiti della sinistra, che conquistarono molti importanti centri, tra cui São Paulo, Recife, Belém, Porto Alegre. Proprio in quest’ultima città, nel febbraio 2001 si svolse il primo Forum sociale mondiale, in contrapposizione con il Forum economico mondiale di Davos (dove ogni anno si riuniscono i maggiori leader politici ed economici del mondo). Il Forum, fortemente critico nei confronti delle politiche neoliberiste sostenute dalle maggiori istituzioni economiche internazionali (Fondo monetario internazionale, Banca Mondiale, Organizzazione mondiale per il commercio), chiese l’avvio di una nuova strategia politica ed economica internazionale atta a contrastare la povertà. Con lo slogan “un altro mondo è possibile”, il Forum si ripeté con successo nel febbraio 2002, conquistandosi l’attenzione della stampa internazionale. Nel 2002 gli effetti della gravissima crisi dell’Argentina investirono in pieno anche il Brasile. In agosto il paese ottenne dal Fondo monetario internazionale un prestito di 30 miliardi di dollari (il più consistente mai concesso dal FMI) e il permesso di prelevarne altri dieci dalle proprie riserve. LA SINISTRA AL GOVERNO Le elezioni presidenziali dell’ottobre 2002 impressero una radicale svolta alla vita politica brasiliana. Luis Inácio da Silva detto “Lula”, il leader del Partito dei lavoratori, conquistò, dopo tre tentativi falliti nel 1989, 1993 e 1998, la presidenza del Brasile, portando le sinistre per la prima volta al governo. La vittoria delle sinistre suscitò grandi speranze di cambiamento nella popolazione brasiliana, destinate in parte a essere deluse a causa della critica situazione economica in cui versava il paese. Costretto a ricorrere al sostegno di altri partiti per raggiungere la maggioranza nel Parlamento brasiliano, e condizionato dal forte debito pubblico, Lula perseguì a sua volta una politica di rigore, comprimendo la spesa sociale. Nel suo primo anno di mandato lanciò tuttavia un programma denominato “fame zero”, rivolto ad alleviare le condizioni delle fasce sociali più disagiate. Adottò poi misure, anche se di portata limitata, per affrontare gli enormi problemi legati alla crisi degli alloggi, alla sanità, all’educazione, ottenendo importanti risultati nella lotta contro l’AIDS e la mortalità infantile. Il Brasile di Lula fu attivissimo sulla scena internazionale, ponendosi alla testa dei paesi in via di sviluppo nella critica all’egemonia dei paesi più industrializzati. Il Brasile si oppose infatti, rafforzando l’intesa del Mercosur, alle strategie economiche messe in atto dagli Stati Uniti sul continente, rivendicando regole più favorevoli ai paesi più poveri nell’ambito dell’Organizzazione mondiale per il commercio. Il governo non avviò invece la riforma agraria attesa dai contadini e dal movimento dei “sem terra”, la cui protesta riesplose nel 2004 con una massiccia ondata di occupazioni di terre. Nelle elezioni amministrative dell’ottobre dello stesso anno il partito di Lula accrebbe il suo radicamento nel paese, perdendo però clamorosamente due centri quali São Paulo e Porto Alegre, la città diventata famosa nel mondo per il suo esperimento di “bilancio partecipato”. Nel giugno del 2005 lo scoppio dello scandalo detto del mensalão (cioè il “mensile”, con riferimento alla tangente versata ai deputati dell’opposizione per ottenerne i voti), provocò una grave crisi politica e le dimissioni di diversi esponenti di primo piano del governo e del partito di Lula. Critiche giunsero al presidente anche per l’assenza di misure adeguate contro la criminalità e il problema della sicurezza ebbe un gran peso nella sconfitta del referendum dell’ottobre 2005 per la limitazione della vendita delle armi da fuoco. SVILUPPI RECENTI Le elezioni presidenziali dell’ottobre 2006 vedono la conferma di Lula (Luis Inácio da Silva) alla presidenza del Brasile. Sfiorata la vittoria già al primo turno, Lula si impone sull’avversario Geraldo Alckmin del Partito socialdemocratico al secondo turno, ottenendo il 61% dei voti.