Brasile
INTRODUZIONE
Brasile (nome ufficiale República Federativa do Brasil, Repubblica Federale del
Brasile), stato dell’America meridionale, confina a nord con il Venezuela, la Guyana,
il Suriname e la Guayana Francese, a sud con l’Uruguay, a ovest con l’Argentina, il
Paraguay, la Bolivia e il Perù, a nord-ovest con la Colombia; a est è bagnato
dall’oceano Atlantico. Con un’estensione di circa 4.300 km, sia in lunghezza che in
larghezza, e una superficie di 8.547.404 km², è lo stato più grande del continente.
L’estensione costiera raggiunge 7.491 km. Appartengono al Brasile le isole Fernando
de Noronha, l’atollo Das Rocas, gli scogli di São Pedro e São Paolo, l’isola di
Trindade e gli isolotti Martin Vaz. La capitale è Brasilia.
TERRITORIO
Il territorio del Brasile può essere suddiviso in due vaste regioni naturali: il bacino del
Rio delle Amazzoni, nella sezione settentrionale, e l’altopiano del Brasile, formato da
una serie di altipiani che si estendono per 3.000.000 di km² nella sezione
centrorientale.
Il bassopiano amazzonico, interamente percorso dal Rio delle Amazzoni e dai suoi
numerosissimi affluenti e subaffluenti, occupa circa i due terzi della superficie del
paese. Si tratta di una regione prevalentemente pianeggiante, in molte zone paludosa
e soggetta a periodiche inondazioni. Il bassopiano, che coincide in parte con la
regione naturale dell’Amazzonia, comprende estese foreste pluviali (selvas), in molte
aree inaccessibili a causa della fitta vegetazione; a nord, la regione è delimitata dai
bassi rilievi del massiccio della Guayana.
L’altopiano del Brasile è un grande basamento eroso di rocce archeozoiche la cui
altitudine media varia dai 700 ai 1.200 metri. Comprende, soprattutto verso nord-est,
catene montuose e valli fluviali e in numerosi punti si innalza ripido sulla costa
oceanica. Le principali catene montuose dell’altopiano del Brasile comprendono la
Serra di Mantiqueira, la Serra do Mar e la Serra do Espinhaço, che hanno
un’altitudine media di circa 1.200 metri. La parte centro-occidentale del tavolato
comprende il Mato Grosso. Gran parte del territorio dell’altopiano è costituito da
vaste praterie (campos) e da grandi aree boschive. Nella regione del Nordeste,
prevalgono gli aridi altipiani, che danno luogo alla regione denominata Sertão.
Le vette più elevate del Brasile sono il Pico da Neblina (3.014 m), al confine con il
Venezuela, e il Pico da Bandeira (2.890 m). La linea costiera, bordata da una stretta
fascia pianeggiante presenta alcune profonde insenature che creano porti naturali,
come quelli di Rio de Janeiro, di Salvador e di Recife.
RISORSE NATURALI
Benché le terre coltivabili rappresentino il 7,9% della superficie totale del paese, il
Brasile ha nell’agricoltura una delle sue principali risorse naturali. Grazie alla foresta
amazzonica, che copre circa 477.698.000 ettari, il paese dispone di immense risorse
di legname. Altrettanto ricche sono le risorse minerarie, tra cui bauxite, diamanti, oro,
nichel, cromo, ferro, uranio, manganese, stagno e petrolio. La vasta rete idrografica
del paese ha permesso un ampio sfruttamento dell’energia idroelettrica.
IDROGRAFIA
Gran parte del territorio brasiliano è compreso nei sistemi fluviali del Rio delle
Amazzoni e del Rio de la Plata-Paraná. Il Rio delle Amazzoni e i suoi maggiori
tributari, il Negro, il Japurá, il Putumayo, il Purus, il Madeira, il Tapajós, lo Xingu e
il Tocantins, formano un’estesa rete di navigazione interna paragonabile solo a quella
del fiume Mississippi negli Stati Uniti. Il fiume, che dalle sorgenti andine fino alla
foce, sulla costa nordorientale del Brasile, ha un corso di 6.400 km, è navigabile per
circa 4.000 km anche da imbarcazioni di grandi dimensioni.
I principali fiumi navigabili che scendono dagli altipiani sono il São Francisco e il
Parnaíba. Il primo, navigabile nel suo corso superiore, è interrotto dalle cascate Paulo
Afonso a circa 300 km dalla foce; rapide e cascate interrompono anche la navigabilità
del Parnaíba, dell’Iguaçu e dell’Uruguay, uno dei fiumi principali del sistema del Rio
de la Plata che percorre il territorio brasiliano per più di 965 km, segnando per un
lungo tratto il confine con l’Argentina.
CLIMA
In considerazione della ragguardevole estensione latitudinale, il clima del Brasile
presenta notevoli differenze da regione a regione, passando da quello tropicale a
quello temperato. Lungo la fascia costiera settentrionale è di tipo tropicale, con
temperature mitigate dai venti oceanici portatori di umidità e una media annua delle
precipitazioni di circa 1.500 mm. Lungo le coste meridionali il clima è caratterizzato
da marcate variazioni stagionali con inverni freddi e una media delle precipitazioni
inferiore ai 1.000 mm.
Negli altipiani centrorientali il clima è subtropicale: le temperature variano alle
diverse altitudini, con marcate escursioni diurne, e si verificano spesso lunghi periodi
di siccità. Negli altipiani meridionali e occidentali le precipitazioni possono essere
abbondanti, mentre nell’altopiano sudorientale le temperature variano da subtropicali
a temperate. La regione del Nordeste registra condizioni climatiche estreme, con
elevatissime temperature estive (40 °C) e scarse precipitazioni (500 mm). Nella
regione amazzonica il clima equatoriale umido è influenzato dagli alisei che portano
abbondanti piogge. In questa zona, una delle più piovose della Terra (2.000 mm
annui), si registra una temperatura costante di circa 26 °C. A Brasilia la media delle
temperature è di circa 22 °C in gennaio e di 20 °C in luglio. A Rio de Janeiro si
registrano temperature invernali più elevate (circa 29 °C) e una media delle
precipitazioni di 1.760 mm rispetto ai 1.600 mm di Brasilia.
FLORA E FAUNA
La vegetazione brasiliana è estremamente ricca e diversificata, specie nel bacino
amazzonico. Qui domina la foresta pluviale, in cui la vegetazione è particolarmente
rigogliosa e composta da centinaia di specie di piante distribuite in base al grado di
umidità dei suoli: tra queste, palme e piante della famiglia delle euforbiacee (dalle
quali si ricava il caucciù). Lungo la costa crescono rigogliose foreste di mangrovie,
alberi del cacao, palme nane e numerose altre specie, tra cui la Caesalpinia echinata;
a questa pianta (chiamata dagli autoctoni pau-brasil) si deve il nome del paese. I frutti
maggiormente coltivati sono l’ananas, il mango, la banana, l’uva, l’arancia, il fico e
la goiava (guava). Negli altipiani, la lussureggiante vegetazione lungo le valli fluviali
si fa più rada nelle zone montuose, dove crescono soprattutto specie decidue. Nelle
zone temperate abbondano le conifere, mentre nelle sezioni aride dell’altopiano sono
comuni i cactus e una vegetazione di tipo arbustivo.
La fauna del Brasile è estremamente ricca e varia. Tra i mammiferi di grandi dimensioni sono
diffusi il capibara, il puma, il giaguaro e l’ocelot. Non mancano il pecari, il tapiro, il
formichiere, il bradipo, l’opossum e l’armadillo, oltre a vampiri e ad altri tipi di pipistrello.
Nelle regioni meridionali sono presenti numerosissimi cervi. Le foreste sono popolate da diverse
specie di scimmie e di uccelli tropicali, soprattutto pappagalli e tucani. Tra i rettili, numerose le
specie di alligatori e serpenti, tra cui il crotalo muto, il ferro di lancia e il boa. Nei fiumi e
lungo la costa atlantica ricchissima è la popolazione di tartarughe e pesci (tra cui piranha e
barracuda).
PROBLEMI E TUTELA DELL’AMBIENTE
L’immenso bacino idrografico del Rio delle Amazzoni è interamente coperto da
foreste tropicali e savane, che costituiscono il più grande polmone verde del pianeta,
in grado di influenzarne il clima e di ridurre l’anidride carbonica in eccesso
nell’atmosfera. Il bacino del Rio delle Amazzoni è anche un prodigioso serbatoio di
biodiversità per la quantità e la varietà delle specie vegetali e animali in esso presenti.
La foresta amazzonica copre il 56,5% del territorio del Brasile. Il ricchissimo
patrimonio amazzonico è però gravemente minacciato dal crescente sfruttamento
delle risorse determinato dal processo di industrializzazione. Il governo brasiliano ha
a lungo promosso e incoraggiato l’occupazione e lo sfruttamento della foresta,
avviando la realizzazione di infrastrutture viarie e idrauliche al fine di accelerare
l’insediamento di coloni e grandi aziende, l’apertura di miniere, lo sfruttamento del
legname e la costruzione di vaste fattorie per l’allevamento. A seguito di ciò, il 12%
circa delle foreste amazzoniche è andato perduto, soprattutto in Brasile, dove tra il
1979 e il 1990 il tasso annuo di deforestazione aveva raggiunto l’allarmante livello di
20.000 km² all’anno. Nelle zone interessate dal diboscamento si è assistito al rapido
degrado del suolo, all’inquinamento dei corsi d’acqua e alla cacciata di migliaia di
indios dalla propria terra.
Per limitare il disastro ambientale, in questi ultimi anni il governo brasiliano, anche
grazie alle pressione internazionale, ha in parte ridotto gli incentivi concessi per lo
sviluppo industriale del bacino del Rio delle Amazzoni; d’altro lato, gli aiuti
economici e politici accordati dalle organizzazioni internazionali al paese sono
sempre più improntati al rispetto e alla tutela dell’ambiente.
L’84,32% dell’elettricità prodotta nel paese proviene da centrali idroelettriche,
costruite attraverso la realizzazione di dighe e giganteschi bacini artificiali lungo i
corsi d’acqua amazzonici, che hanno però drammaticamente alterato l’equilibrio
ecologico. Per tale ragione la BIRS ha rifiutato una richiesta da parte delle autorità
brasiliane di fondi destinati alla realizzazione di una nuova diga per la produzione di
energia idroelettrica. Lungo la costa tra Rio de Janeiro e São Paulo si trova l’unica
centrale nucleare brasiliana, che produce il 3,73% dell'energia nazionale.
Nel 2004 il 3,9% del territorio del paese risultava soggetto a protezione ambientale.
Disseminati sul territorio brasiliano si trovano infatti numerosi parchi nazionali,
riserve biologiche e riserve antropologiche. Il Brasile possiede inoltre aree naturali
riconosciute come patrimonio dell’umanità e riserve della biosfera poste sotto la
tutela dell’UNESCO.
Nel 1992 il Brasile ha ospitato a Rio de Janeiro la Conferenza delle Nazioni Unite
sull’Ambiente e lo Sviluppo, anche nota come Earth Summit, durante la quale, oltre
alla promozione di iniziative ambientali, si è giunti alla definizione del concetto di
sviluppo sostenibile (vedi Conferenza di Rio). A livello internazionale, il Brasile ha
ratificato numerosi trattati, tra cui il Trattato Antartico, la Convenzione sul diritto del
mare e la Convenzione sull’Emisfero Settentrionale (1940). Sulla base del Trattato di
cooperazione amazzonico (1978), il paese coopera alla protezione del Bacino del Rio
delle Amazzoni.
POPOLAZIONE
La popolazione del Brasile, che registra un tasso di crescita demografica annua pari
all’1,04%, è di 188.078.230 abitanti (2006). La distribuzione territoriale è tuttavia
poco uniforme: la maggior parte della popolazione (83%) è concentrata nelle aree
urbane delle regioni costiere e, in particolare, nelle città di São Paulo e di Rio de
Janeiro. La densità media del paese è di 22 abitanti per km² (2006), tuttavia nella
regione dell’Amazzonia ammonta appena a 1 abitante per km².
Il maggior gruppo etnico del paese (55%) è costituito da bianchi di origine europea
(soprattutto portoghesi e spagnoli). I neri, gruppo composto da discendenti degli
schiavi africani giunti nel paese nel periodo della colonizzazione e da immigrati
provenienti dall’Angola e dal Congo, ammontano all’11%. Gli amerindi
rappresentano ormai un’esigua minoranza (2%). La forte commistione di etnie fa sì
che mulatti e meticci formino il 32% della popolazione complessiva. Nei primi
decenni del XX secolo un considerevole flusso migratorio dall’Europa ha portato in
Brasile numerosi italiani, spagnoli, tedeschi, scandinavi e slavi.
LINGUA E RELIGIONE
La lingua ufficiale è il portoghese e la religione prevalente quella cattolica (90%). La
ricca composizione etnica ha avuto una forte incidenza nelle pratiche religiose diffuse
nel paese. Il 4% della popolazione pratica infatti culti afro-brasiliani, quali il
candomblé e la macumba, derivati dal sincretismo tra il cattolicesimo e diverse
religioni amerindie e africane.
ISTRUZIONE E CULTURA
L’istruzione primaria in Brasile è gratuita e obbligatoria dai 7 ai 14 anni di età; il
tasso di alfabetizzazione della popolazione adulta è dell’87,1% (2005). Le principali
università statali sono quelle di Brasilia (1961), São Paulo (1934) e Rio de Janeiro
(1920); vi sono poi le università cattoliche pontificie di Campinas (1941) e Rio
Grande do Sul (1948).
Per quanto riguarda centri di studio e biblioteche, a Rio de Janeiro si trovano
l’Archivio nazionale (1838), che contiene una raccolta di testi riguardanti soprattutto
la storia del Brasile, e la Biblioteca nazionale (1810), che conserva preziosi volumi e
manoscritti. Le principali istituzioni culturali comprendono il Museo d’arte moderna
(fondato nel 1948) e il Museo nazionale delle belle arti (1818), con interessanti
sezioni di geologia, botanica e antropologia, entrambi a Rio de Janeiro.
Per ulteriori informazioni sulla cultura brasiliana, vedi Letteratura brasiliana; Arte
latinoamericana; Teatro latinoamericano; Danza latinoamericana; Musica
latinoamericana e Cinema latinoamericano.
DIVISIONI AMMINISTRATIVE E CITTA’ PRINCIPALI
Il Brasile è amministrativamente suddiviso in 26 stati, oltre al Distretto federale della capitale,
Brasilia. Appartengono alla regione del Norte gli stati di Acre, Amapá, Amazonas, Pará,
Rondônia, Roraima e Tocantins; la regione del Nordeste comprende gli stati di Alagoas,
Bahia, Ceará, Maranhão, Paraíba, Pernambuco, Piauí, Rio Grande do Norte e Sergipe;
il Sudeste include gli stati di Espírito Santo, Minas Gerais, Rio de Janeiro e São Paulo; il
Sul quelli di Paraná, Rio Grande do Sul e Santa Catarina; il Centro-Oeste quelli di Goiás,
Mato Grosso, Mato Grosso do Sul.
Le principali città del Brasile sono São Paulo, la più popolosa città del paese e
dell’America meridionale; Rio de Janeiro, capitale del paese prima di Brasilia,
metropoli costiera e principale città portuale; Porto Alegre, Salvador, Belém, Recife,
Natal, Curitiba, Fortaleza, Belo Horizonte e Manaus, sul Rio delle Amazzoni.
Le città brasiliane si svilupparono con particolare rapidità negli anni Ottanta e
Novanta del XX secolo in conseguenza della massiccia affluenza della popolazione
rurale che raggiunse le aree urbane in cerca di lavoro. Questo fenomeno di massivo
inurbamento fu la causa dell’edificazione di quartieri poveri e degradati, costituiti da
bidonville costruite senza alcun criterio urbanistico, noti con il nome di favelas.
ECONOMIA
Il Brasile, stato tradizionalmente agricolo, ha assistito, negli anni Sessanta e Settanta,
a un rapido sviluppo industriale che ha portato a una considerevole diversificazione
del settore economico. Fiorente è l’industria estrattiva, che sfrutta i giacimenti di
ferro e di carbone, e la produzione siderurgica, chimica e di automobili. Lo stato deve
tuttavia risolvere gravi problemi di disoccupazione (9,7%, 2003), inflazione (10,6%,
in rapporto al PIL) e debito estero, una delle principali cause, quest’ultima, della
miseria del paese. Nel 2004 il prodotto interno lordo fu di 603.973 milioni di dollari
USA, corrispondente a un PIL pro capite di circa 3.280 dollari USA.
AGRICOLTURA E ALLEVAMENTO
Il settore agricolo del paese è basato sui prodotti di piantagione: circa un quarto della
produzione mondiale di caffè, destinata in gran parte alle esportazioni, proviene dai
distretti di São Paulo, Paraná, Espíritu Santo e Minas Gerais. Il Brasile è inoltre uno
dei primi produttori mondiali di canna da zucchero, da cui si ricavano zucchero
raffinato e alcol per combustibili, e di cacao. Altre colture di rilievo sono le
oleaginose, quali soia, semi di lino, ricino e palme da olio, e frutta, quali banane,
arance, ananas e noci di cocco. L’allevamento viene praticato in quasi tutte le regioni
del paese, soprattutto negli stati del Sud. Cospicuo è il patrimonio di bovini, più
modesto, ma ugualmente diffuso, quello di cavalli, suini e volatili da cortile. Il settore
primario fornisce il 10,4% (2004) del PIL, occupando il 20% della forza lavoro.
RISORSE FORESTALI E PESCA
Dalle fitte foreste del Brasile si ricavano caucciù, cera di carnauba, piante medicinali,
oli vegetali e resine, oltre a diversi tipi di legno da costruzione. Abbondanti anche i
legni pregiati quali il cedro, il palissandro e il pino del Paraná. L’industria della pesca
(gamberi, sardine e aragoste), nonostante le difficoltà dovute alla carenza di capitali e
di strutture per la conservazione, rappresenta un settore di considerevole importanza.
RISORSE ENERGETICHE E MINERARIE
Il Brasile è un paese ricco di risorse minerarie che alimentano un’importante industria
estrattiva, nonostante il loro sfruttamento sia stato ostacolato, fino agli anni Settanta,
dalla carenza di capitali e dall’inadeguatezza dei sistemi di trasporto. La risorsa
principale del settore è il ferro, del quale il paese è il primo produttore del mondo,
ricavato dai giacimenti di Serra dos Carajás e Minas Gerais. Il Brasile è inoltre uno
dei maggiori produttori di stagno, cristalli di quarzo e berillio. Lo sfruttamento delle
immense risorse minerarie del paese svolge un ruolo fondamentale nell’economia del
paese. Tra queste, manganese, gas naturale, bauxite e mica, zinco, magnesio, titanio,
grafite, rame, platino e mercurio. Più tradizionale è l’estrazione di minerali preziosi,
quali oro, argento e diamanti.
INDUSTRIA
Il settore industriale, che occupa il 22% (2002) della forza lavoro del paese, è in gran
parte concentrato nella regione del Sudeste, dove sono situate le industrie di punta del
paese. L’industria brasiliana poggia sul settore della lavorazione delle materie prime:
sono quindi presenti stabilimenti alimentari e della lavorazione del tabacco, della
gomma e della carta. São Paulo è lo stato più industrializzato, dopo Rio de Janeiro,
Belo Horizonte e Porto Alegre. Settori produttivi e di primaria importanza per
l’economia del paese sono inoltre l’industria automobilistica, tessile, chimica e
siderurgica. Il comparto industriale contribuisce per il 40% (2004) alla formazione
del PIL.
COMMERCIO E FINANZA
Nel 2004 il valore totale delle esportazioni fu di 95.002 milioni di $ USA, a fronte di
importazioni per 65.317 milioni di $ USA. Il prodotti maggiormente esportati sono
caffè, zucchero, cacao, tabacco, minerali di ferro, acciaio, componenti per l’industria
dei trasporti, macchinari, calzature e tessili. I principali paesi importatori di prodotti
brasiliani sono gli Stati Uniti (più di un quarto del valore totale delle esportazioni
negli anni Novanta), la Germania, il Giappone, l’Italia, l’Argentina, la Francia, i
Paesi Bassi e la Gran Bretagna. Con l’entrata in vigore del Mercosur, nel 1995, il
Brasile ha potuto potenziare gli scambi commerciali con gli altri paesi dell’America
meridionale.
L’unità monetaria del Brasile è il real, suddiviso in 100 centavos e introdotto nel
luglio del 1994 in sostituzione del cruzeiro. La banca di emissione è la Banca centrale
del Brasile (1965).
TRASPORTI E VIE DI COMUNICAZIONE
Le reti stradale (estesa per 1.724.929 km, di cui solo il 6% asfaltato) e ferroviaria
(30.403 km) sono sviluppate soprattutto nelle regioni costiere, scarsamente collegate
con le aree interne del paese. I progetti di sviluppo delle reti stradali comprendono il
completamento della Transamazzonica, un’arteria lunga più di 5.000 km che unirà la
regione del Nordeste al Perù. La rete fluviale rappresenta una basilare via di
comunicazione interna, mentre lungo la costa circa 40 porti costituiscono importanti
centri di commercio interno e internazionale. Tra questi i principali sono Santos, Rio
de Janeiro, Paranaguá, Recife e Vitoria. La compagnia aerea nazionale è la Varig;
sono presenti numerosi aeroporti necessari a garantire i collegamenti all’interno di un
paese così vasto.
ORDINAMENTO DELLO STATO
Indipendente dal 1822, il Brasile diventò una repubblica nel 1889 in seguito a una
rivolta militare. Con la Costituzione del 1891 il paese si diede una forma di governo
presidenziale e un assetto federale. Sottoposto a diverse dittature durante il XX
secolo, il Brasile ha riconquistato la democrazia nel 1985.
POTERE ESECUTIVO
Il presidente, eletto a suffragio universale con un mandato di quattro anni, è anche
capo del governo ed è coadiuvato da un gabinetto di ministri da lui nominati.
POTERE LEGISLATIVO
Il sistema legislativo è basato su un Parlamento, il Congresso nazionale (Congreso
Nacional), composto da due camere. Il Senato federale (Senado Federal) riunisce 81
membri eletti con sistema maggioritario per otto anni; la Camera dei deputati
(Câmara dos deputados) ha 513 membri eletti attraverso un sistema proporzionale per
un termine di quattro anni.
POTERE GIUDIZIARIO
Il sistema giudiziario prevede una Corte suprema federale composta da 11 giudici
nominati a vita dal presidente e confermati dal Senato. La pena di morte è stata
abolita nel 1979 per i crimini commessi in tempo di pace.
Il Brasile comprende 26 stati, ciascuno dotato di Costituzione propria, e un distretto federale
(Distrito Federal).
DIFESA
Il servizio militare è obbligatorio per tutti i cittadini maschi abili a partire dai 18 anni
di età. Nel 2004 il personale militare contava 302.909 addetti.
FORZE POLITICHE
I partiti politici sono tornati alla legalità nel 1985, dopo la fine dell’ultima dittatura
militare. Attualmente i principali schieramenti sono: il Partito del fronte liberale
(Partido da frente liberal, PFL; conservatori-liberali); il Partito socialdemocratico
(Partido da social democracia brasileiro, PSDB); il Partito del movimento
democratico (Partido do movimento democrático brasileiro, PMDB; centristi); il
Partito progressista (Partido progressista brasileiro, PPB; conservatori) e il Partito dei
lavoratori (Partido dos trabalhadores, PT; socialisti).
STORIA
Il territorio del Brasile era abitato in origine da popolazioni amerinde seminomadi,
appartenenti alle tribù degli arawak, tra le quali i caribi, stanziati nelle regioni
settentrionali, e i tupí-guaraní che vivevano lungo la costa orientale e nella valle del
Rio delle Amazzoni.
Nell’aprile del 1500 il navigatore portoghese Pedro Alvares Cabral raggiunse le coste
brasiliane, rivendicate formalmente alla Corona di Lisbona col nome di Terra da Vera
Cruz. L’anno seguente il governo portoghese finanziò una seconda spedizione,
guidata da Gaspar de Lemos e della quale faceva parte anche Amerigo Vespucci, per
proseguire l’esplorazione del nuovo territorio, che iniziò a chiamarsi “Brasile” dal
nome di un albero originario del luogo (Caesalpinia chinata, nota localmente come
pau-brasil) e sconosciuto in Portogallo.
Dopo il 1530 il re portoghese Giovanni III diede inizio alla colonizzazione del paese,
che fu diviso in distretti o capitanerie, inizialmente affidati a eminenti personaggi di
corte e, in seguito, all’autorità di un governatore generale. Il primo di questi, Tomé de
Sousa, giunto in Brasile nel 1549, organizzò un sistema di governo centralizzato con
capitale nella città di Salvador, o Bahia, e istituì una valida flotta per la difesa
costiera. Nel 1560 i portoghesi distrussero la colonia francese nella baia di Rio de
Janeiro e vi fondarono una nuova città che dal luogo prese il nome. Per ovviare alla
scarsità di manodopera, i nuovi colonizzatori ricorsero molto presto all’importazione
di schiavi dall’Africa.
IL GOVERNO SPAGNOLO E LE INCURSIONI OLANDESI
Quando nel 1580 Filippo II, re di Spagna, acquisì anche la Corona portoghese, i
possedimenti brasiliani vennero coinvolti nelle azioni di guerra mossegli contro da
inglesi e olandesi. Nel 1624 questi ultimi si impadronirono della città di Bahia,
riconquistata un anno dopo da un esercito composto da spagnoli, portoghesi e
amerindi. Nel 1630 una nuova spedizione patrocinata dalla Compagnia olandese delle
Indie Occidentali attaccò Pernambuco (attuale Recife); fecero seguito altre azioni
militari che assicurarono agli olandesi il controllo della maggior parte del territorio
compreso tra l’isola di Maranhão e il basso corso del São Francisco. Sotto l’efficace
governo del conte Joan Mauritz van Nassau-Siegen, la zona occupata sviluppò presto
un’economia fiorente, ma, dopo le dimissioni del governatore, entrato in conflitto con
la dirigenza della Compagnia nel 1644, e un lungo braccio di ferro protrattosi sino al
1661, i coloni portoghesi si riappropriarono del territorio e gli olandesi rinunciarono
formalmente a qualsiasi ulteriore rivendicazione su territori brasiliani.
IL DOMINIO PORTOGHESE
Dopo il 1640, anno in cui le Corone di Spagna e Portogallo si divisero nuovamente
(vedi Guerra d’indipendenza portoghese), il Brasile tornò sotto il dominio portoghese
e divenne un vicereame.
L’espandersi della colonizzazione del paese verso sud fu preceduto dalla
penetrazione di vaste aree dell’interno a opera di missionari gesuiti operanti nella
valle dell’Amazzonia sin dagli inizi del XVI secolo. Nel frattempo gruppi di paulisti
(residenti di São Paulo) avevano raggiunto l’alto corso del Paraná durante spedizioni
finalizzate alla cattura di indigeni da utilizzare poi come schiavi; questa pratica
suscitò la ferma condanna dei missionari gesuiti che, inizialmente, ottennero
l’appoggio della Corona. Molti paulisti furono attratti dalla ricerca di oro e diamanti,
specialmente dopo la scoperta nel 1693 di vasti giacimenti nella regione del Minas
Gerais; altri si dedicarono alle colture di canna da zucchero e caffè.
Il primo ministro portoghese, il marchese di Pombal, promosse numerose riforme
nelle colonie brasiliane: liberò gli amerindi ridotti in schiavitù e incoraggiò
l’immigrazione, ridusse le tasse a carico dei coloni, abolì il monopolio regio del
commercio estero brasiliano e centralizzò la burocrazia amministrativa, trasferendo la
sede del governo da Bahía a Rio de Janeiro. Allontanò inoltre i gesuiti dal paese
(1760), cedendo alle richieste di molti proprietari terrieri irritati dall’azione dei
missionari in difesa degli
L’INDIPENDENZA
Le guerre napoleoniche alterarono profondamente il corso della storia brasiliana.
Quando nel novembre del 1807 Napoleone invase il Portogallo, il principe Giovanni
si rifugiò con la sua corte a Rio de Janeiro, dove pose la sua residenza e la sede del
governo locale.
Durante il suo soggiorno nella colonia, e prima di fare ritorno in patria col titolo
regale e il nome di Giovanni VI (1821), il sovrano in esilio perdette progressivamente
popolarità tra i suoi sudditi a causa della corruzione e dell’inefficienza che
caratterizzarono la sua opera. Egli favorì così il diffondersi delle idee repubblicane,
che già nelle vicine colonie spagnole originavano diffusi moti indipendentistici e che
nel 1816 portarono all’occupazione della Banda Oriental (l’attuale Uruguay), allora
sotto il controllo dei rivoluzionari ispano-americani e ufficialmente annessa al Brasile
cinque anni dopo. Poco prima della sua partenza per il Portogallo, Giovanni VI
nominò il figlio Don Pedro sovrano reggente del Brasile. Nel 1822 questi convocò
un’Assemblea costituente e proclamò l’indipendenza del paese, assumendo il titolo
imperiale e il nome di Pietro I. In breve tempo tutte le truppe portoghesi lealiste
furono costrette ad arrendersi all’autorità del nuovo regime.
Pietro I, sovrano autocrate, perse presto il credito di popolarità inizialmente goduto
presso i suoi sudditi. Nel 1823 sciolse l’Assemblea costituente da lui stesso voluta per
promulgare la Carta fondamentale della nuova nazione indipendente (marzo 1824).
L’anno successivo il sostegno argentino a una rivolta della Banda Orientale fu causa
di un conflitto al termine del quale il Brasile concesse l’indipendenza ai territori che
si costituirono nella repubblica dell’Uruguay (1830). Sempre più pressato dalle
critiche e dall’opposizione popolari, nell’aprile del 1831 l’imperatore abdicò in
favore del figlio di cinque anni Pietro II. Dopo una fase di interregno che durò fino al
1840, il giovanissimo re si rivelò un politico e uno statista abilissimo; promosse
nuove esplorazioni, inaugurò reti di trasporto ferroviario e marittimo e promulgò una
serie di riforme agrarie. Offrì inoltre sostegno ai rivoluzionari in guerra contro il
dittatore argentino Juan Manuel de Rosas e, alleatosi con l’Argentina e l’Uruguay,
vinse la cosiddetta Guerra della Triplice alleanza contro il Paraguay, durata dal 1865
al 1870.
Il principale problema che l’imperatore dovette affrontare fu tuttavia quello
dell’abolizione della schiavitù nel paese. L’importazione di nuovi schiavi dall’Africa
fu dichiarata illegale nel 1853 e negli anni successivi fu lanciata una campagna per
l’emancipazione dei due milioni e mezzo di schiavi che incontrò fortissime resistenze
da parte dei proprietari terrieri ed ebbe esito soltanto nel maggio del 1888. Nello
stesso anno un vasto ed eterogeneo movimento di opposizione al governo iniziò a
prendere consistenza nel paese; ne facevano parte i più differenti settori della società
brasiliana, tra essi: i latifondisti scontenti per la mancanza di un risarcimento per la
libertà concessa agli schiavi, ampi settori del clero cattolico e dell’esercito, nonché
gran parte del popolo, favorevole all’instaurazione di un regime repubblicano.
LA PRIMA REPUBBLICA
Nel novembre del 1889 una rivolta militare guidata dal generale Manuel Deodoro da
Fonseca obbligò Pietro II a rinunciare al trono. Proclamata la repubblica, con Fonseca
capo del governo provvisorio, furono promosse alcune riforme strutturali, come la
separazione tra Chiesa e Stato, e nel 1891 fu promulgata una nuova Costituzione
federalista sul modello di quella degli Stati Uniti d’America.
I primi anni della nuova repubblica furono caratterizzati da una grave e permanente
turbolenza politica interna, anche a seguito della mancanza di esperienza e di
tradizioni democratiche della nazione. Nel 1891 politiche e metodi arbitrari del
presidente Fonseca sollevarono una forte opposizione in seno al Congresso, da lui
sciolto agli inizi di novembre per stabilire un regime di tipo dittatoriale. Una rivolta
della Marina, nel medesimo mese di novembre, lo obbligò a dimettersi in favore del
suo vice, Floriano Peixoto. Anche Peixoto stabilì un regime dittatoriale che dovette
affrontare una serie di sollevazioni nel sud del paese.
IL GOVERNO CIVILE
L’ordine ritornò gradualmente nel paese a partire dall’amministrazione di Prudente
José de Morais Barros, che inaugurò la serie di esecutivi guidati da esponenti civili.
L’ex governatore di São Paulo, Manuel Ferraz de Campos Sales, divenuto presidente
della Repubblica nel 1898, adottò le energiche misure indispensabili a riattivare
un’economia nazionale ormai prossima al collasso, anche grazie a un consistente
prestito internazionale, che rafforzò le finanze brasiliane e dette respiro alla
produzione e agli scambi commerciali.
Le produzioni di caffè e caucciù presero a crescere stabilmente, ma tra il 1906 e il
1910 il loro prezzo sul mercato mondiale calò bruscamente, determinando l’aprirsi di
una nuova congiuntura economica sfavorevole, a sua volta generatrice di agitazioni
sociali e politiche. Lo scoppio della prima guerra mondiale provocò un forte aumento
della domanda estera cui anche il Brasile poté contribuire, alleviando in parte la sua
grave situazione economica.
Inizialmente neutrale, per gli attacchi subiti dalle sue navi da parte della flotta
tedesca, il Brasile sospese le relazioni diplomatiche con la Germania e nell’ottobre
del 1917 entrò in guerra a fianco degli Alleati.
Nell’immediato dopoguerra il processo di riconversione dell’economia a un regime di
pace rese necessari forti tagli nell’industria e un drastico ridimensionamento delle
commesse e della spesa pubblica. Nel luglio del 1924 una lunga e diffusa catena di
agitazioni sfociò in un’insurrezione antigovernativa che ebbe il suo epicentro a São
Paulo. Gran parte dell’esercito rimase a fianco del presidente Artur da Silva
Bernardes, e i ribelli furono sconfitti dopo più di sei mesi di guerra civile, durante la
quale fu introdotta (e poi non più sospesa sino alla fine del mandato) la legge
marziale. L’aggravarsi del quadro economico internazionale e interno causò anche in
seguito ondate di radicalismo e moltissimi scioperi, dichiarati infine illegali dal
governo nell’agosto del 1927, contestualmente al varo di altre severe misure
anticomuniste.
L’ETA’ DI VARGAS
Alle elezioni presidenziali del marzo 1930 il candidato governativo Julio Prestes si
impose su Getúlio Dornelles Vargas, esponente degli ambienti nazionalisti e degli
interessi del Rio Grande do Sul. Garantitosi il sostegno di numerosi militari e leader
politici, questi promosse una rivolta contro il governo e, dopo breve tempo, assunse
tutti i poteri in qualità di presidente provvisorio.
Nel tentativo di superare le difficoltà economiche del paese, Vargas intese ridurre la
disponibilità di caffè sul mercato internazionale (aumentandone così il prezzo),
acquistando e distruggendo, a spese dello Stato, il surplus di produzione; i costi
dell’operazione aggravarono tuttavia nell’immediato la situazione debitoria del paese
verso i suoi creditori esteri. Dopo aver represso nel sangue una nuova rivolta
scoppiata nel 1932 a São Paulo, per dare una risposta definitiva al problema
dell’ormai cronica instabilità del quadro politico interno, Vargas convocò
un’Assemblea costituente (1933) che mise a punto una nuova Costituzione; essa
prevedeva drastiche riduzioni dei poteri degli stati locali, il suffragio alle donne,
l’assistenza sociale per i lavoratori e l’elezione dei futuri presidenti della repubblica
da parte del Congresso.
Rieletto alla presidenza sulla base della nuova carta fondamentale, Vargas dovette
affrontare la forte opposizione dell’ala radicale del movimento laburista brasiliano, e
nel 1935 una serie di abortiti tentativi insurrezionali gli fornì l’occasione per
introdurre la legge marziale e governare per decreto. La radicalizzazione dello
scontro politico che seguì, in un contesto di peggioramento anche del quadro
economico, vide il governo oggetto della convergente azione di opposizione, spesso
violenta, di movimenti estremisti; tra questi ottenne crescenti consensi nella classe
media il partito filonazista detto “integralista”. Nel novembre del 1937, prima della
scadenza del suo mandato, Vargas sciolse il Congresso e proclamò una nuova
Costituzione che gli conferiva poteri dittatoriali, dando vita a un regime ispirato a
quelli nazifascisti al potere in Germania e in Italia.
L’ESTADO NOVO
Il nuovo regime fu ufficialmente denominato Estado Novo (“stato nuovo”). Una serie
di decreti estese e migliorò l’assistenza ai lavoratori delle piantagioni, garantendo a
Vargas il consenso di gran parte della popolazione. Il carattere totalitario del suo
regime non gli impedì peraltro di mantenere buone relazioni con gli Stati Uniti e le
altre democrazie occidentali. Intervenuto a fianco degli Alleati nella seconda guerra
mondiale e ottenuto in questo modo il rinnovato sostegno del potente vicino
statunitense, il regime di Vargas fu in grado di lanciare un vasto programma di
espansione industriale, basato sulla produzione della gomma e di altre materie prime
indispensabili alla produzione bellica. Sul piano interno, tutte le restrizioni alle
attività politiche furono gradualmente rimosse, e nell’immediato dopoguerra furono
annunciate libere elezioni in vista delle quali fu decretata un’amnistia per tutti i
prigionieri politici.
Durante la campagna elettorale alcune disposizioni di Vargas fecero temere l’aprirsi
di una nuova fase totalitaria del regime, così che nell’ottobre del 1945 un colpo di
stato militare lo obbligò alle dimissioni. Le elezioni presidenziali tenute in dicembre
furono vinte a grande maggioranza dall’ex ministro della Guerra, Eurico Gaspar
Dutra, mentre il Parlamento formulò una nuova Costituzione, entrata in vigore nel
settembre del 1946.
Nei mesi seguenti, sullo sfondo dell’accendersi della Guerra Fredda, apparve chiara
la scelta filoccidentale del Brasile, confermata dall’adesione al trattato di Rio e
dall’introduzione di misure restrittive limitanti l’attività di esponenti e movimenti
comunisti nel paese.
LA
SECONDA
PRESIDENZA
DE
VARGAS
Nel gennaio del 1951 Getúlio Vargas tornò al potere, dopo aver sconfitto a larga
maggioranza i candidati rivali alle presidenziali dell’ottobre precedente. Formato un
gabinetto di coalizione con tutti i partiti maggiori, egli adottò misure di emergenza
per riassestare il bilancio nazionale, ridurre il costo della vita, aumentare i salari ed
estendere l’assistenza sociale; in un secondo momento giunse anche alla decisione di
nazionalizzare le risorse petrolifere. La contraddittorietà del programma finì col
renderlo oggetto di una dura opposizione sia da parte delle forze moderate sia di
quelle radicali, frange delle quali avevano già iniziato a mettere a segno azioni
terroristiche.
L’assassinio nell’agosto del 1954 di un ufficiale dell’aviazione in un attentato portò
alla richiesta di dimissioni di Vargas da parte dei militari; certo dell’imminenza di un
pronunciamento ai suoi danni, il presidente annunciò il passaggio di consegne al suo
vice, João Café Filho, e alcune ore dopo si suicidò.
LE AMMINISTRAZIONI KUBITSCHEK, QUADROS E GOULART
L’ex governatore del Minas Gerais, Juscelino Kubitschek, vinse le elezioni
presidenziali dell’ottobre 1955 con l’appoggio dei sostenitori di Vargas e dei
comunisti. Egli annunciò un ambizioso programma quinquennale di sviluppo
economico, sostenuto da un consistente prestito della Banca americana di importexport, e avviò la costruzione della nuova capitale federale, Brasilia. La rapida
crescita industriale di quegli anni si sovrappose alla contemporanea caduta dei prezzi
internazionali del caffè e l’inflazione provocò numerose rivolte e scioperi di
lavoratori e studenti.
Nel gennaio del 1961 il neopresidente Junio da Silva Quadros promosse un rigoroso
programma di tagli alle spese statali, avviando inoltre una decisa azione tesa a
stroncare la piaga della corruzione, ampiamente diffusasi nel corso della precedente
amministrazione. Dopo le inaspettate dimissioni di Quadros, i militari si opposero
all’assunzione dei poteri da parte del vicepresidente João Belchoir Marques Goulart,
ritenuto simpatizzante del regime castrista a Cuba. Solo una riforma costituzionale
che toglieva gran parte dei poteri al presidente rese possibile il passaggio di
consegne, ma un anno dopo essere entrato in carica (settembre 1961) Goulart indisse
e vinse un referendum per verificare il sostegno popolare a un ritorno al regime
presidenziale (gennaio 1963). Forte della ritrovata autorità, il presidente si apprestò a
realizzare un vasto piano di riforme, decretando agli inizi del 1964 l’entrata in vigore
di controlli sui livelli degli affitti, la nazionalizzazione delle raffinerie petrolifere,
l’espropriazione delle terre non coltivate e limitazioni all’esportazione dei capitali.
Due mesi dopo l’annuncio di queste misure, il governo fu rovesciato dai militari;
Goulart riparò in Uruguay e il generale Humberto Castelo Branco, capo di stato
maggiore dell’esercito, prese il suo posto alla guida del paese.
IL GOVERNO MILITARE
Il nuovo regime, con i poteri straordinari conferitigli dall’Atto istituzionale firmato in
aprile, eliminò ogni opposizione politica e restrinse i diritti politici, adottando inoltre
versioni addolcite di molte riforme prefigurate da Goulart, specialmente in materia di
controlli statali sui livelli dei prezzi e dei salari. Una legge del 1965 restrinse le
libertà civili, accrebbe le funzioni del governo e reintrodusse l’elezione del presidente
e del suo vice da parte del Congresso. Il resto del decennio trascorse sotto il regime
del maresciallo Artur da Costa e Silva, durante il quale il miglioramento della
situazione economica nazionale si unì a una caratterizzazione sempre più autoritaria
delle istituzioni e a un intensificarsi della repressione di ogni forma di opposizione
politica. Quest’ultima tendenza fu accentuata dal successore di Costa, il generale
Emílio Garrastazú Médici, che intensificando le misure repressive provocò un
incremento dell’attivismo dei gruppi rivoluzionari. Nel contempo la crescita
economica generale e lo sviluppo delle vaste regioni dell’interno del paese promosse
dal governo risultarono soffocate dagli alti costi dell’energia, dall’inflazione
incontrollata e da una bilancia commerciale in forte deficit.
Il quadro rimase immutato durante i due successivi mandati dei generali Ernest
Geisel e João Baptista de Oliveira Figueiredo.
LA RESTAURAZIONE DEL GOVERNO CIVILE
Nel 1985 Tancredo Neves fu il primo presidente civile eletto in poco più di un
ventennio; morì prima di assumere l’incarico e fu sostituito da José Sarney. Questi
prefigurò la necessità di drastiche misure di austerità per sradicare l’inflazione e far
fronte allo schiacciante debito estero; coscienti infine che l’uscita dalla crisi
economica non poteva avvenire che contestualmente al mutare anche del quadro
politico nazionale, i militari acconsentirono nell’ottobre del 1988 alla reintroduzione
dell’elezione diretta del presidente. Un anno dopo, il rappresentante del Partito
conservatore di ricostruzione nazionale, Fernando Collor de Mello, ebbe così accesso
alla presidenza della repubblica. Il suo programma per combattere l’inflazione ebbe
come conseguenza la più grave recessione del decennio, mentre la sua popolarità
crollò a seguito della messa in stato d’accusa per corruzione, che lo spinse alle
dimissioni. Gli subentrò Itamar Franco, che riuscì a frenare l’inflazione e a rilanciare
l’economia (svolta simboleggiata dall’introduzione della nuova valuta nazionale, il
real) e che contribuì a consolidare le ancora giovani istituzioni democratiche
brasiliane.
Alla fine del 1994 alla presidenza del Brasile fu eletto Fernando Henrique Cardoso,
già ministro delle Finanze del governo di Itamar Franco, che si impose sul candidato
delle sinistre Luis Inázio da Silva (detto “Lula”). Di idee socialdemocratiche e
riformiste, Cardoso si adeguò alle tesi neoliberiste sostenute dai suoi alleati di
governo; la messa in opera di un ampio programma di privatizzazioni e di
abbattimento della spesa sociale gli consentì di ridurre l’inflazione, ma provocò un
netto peggioramento delle condizioni di vita delle classi più povere e un aumento
della disoccupazione (tra il 1997 e il 1998, la disoccupazione nel paese crebbe di
quasi l’1% al mese; nell’industrializzato stato di São Paulo, nel 1998 raggiunse il
16,5%).
CRISI ECONOMICA E SOCIALE
Nell’ottobre 1998, sostenuto da tutte le forze moderate, Cardoso fu rieletto alla
presidenza del Brasile con il 53% dei voti; lo sfidante di Cardoso fu ancora “Lula”,
che ottenne il 32% dei voti. La crisi finanziaria, di cui si erano percepiti i segnali
durante tutto il 1998, si abbatté sul Brasile all’indomani delle elezioni presidenziali
per trasformarsi in vera tempesta agli inizi del 1999, quando il real perse il 40% del
suo valore.
Per protestare contro la politica economica di Cardoso, il Movimento dos sem terra
(“Movimento dei senza terra”, un’associazione contadina nata negli anni Ottanta che
rivendica una più equa distribuzione delle terre statali) organizzò una singolare
“Marcia popolare per il Brasile”; un migliaio di membri dell’associazione, partiti a
luglio 1999 da Rio de Janeiro, raggiunsero a ottobre Brasilia dopo aver percorso più
di 1500 chilometri. Agli inizi del 2000 il Brasile festeggiò il 500° anniversario della
sua “scoperta”; l’evento fu commemorato dagli indios – che lo considerano l’inizio
del loro sterminio – con una serie di manifestazioni di protesta.
Grazie al buon andamento delle esportazioni (favorito dalla “svalutazione
competitiva” del real), a una seppur tenue ripresa della produzione industriale e ai
drastici tagli apportati alla spesa sociale, tra il 2000 e il 2001 l’economia brasiliana
diede qualche segno di miglioramento. Le misure di austerità aggravarono però
ulteriormente la situazione delle classi più povere e causarono un diffuso malcontento
(il Brasile è il paese che presenta la distribuzione del reddito più ineguale al mondo,
con una ristretta classe agiata che detiene la gran parte della ricchezza del paese e una
grossa quota di popolazione che vive al di sotto della soglia di povertà).
Nell’importante test elettorale delle municipali, che si svolse tra ottobre e novembre
2000, i partiti di governo furono sonoramente battuti dai partiti della sinistra, che
conquistarono molti importanti centri, tra cui São Paulo, Recife, Belém, Porto Alegre.
Proprio in quest’ultima città, nel febbraio 2001 si svolse il primo Forum sociale
mondiale, in contrapposizione con il Forum economico mondiale di Davos (dove
ogni anno si riuniscono i maggiori leader politici ed economici del mondo). Il Forum,
fortemente critico nei confronti delle politiche neoliberiste sostenute dalle maggiori
istituzioni economiche internazionali (Fondo monetario internazionale, Banca
Mondiale, Organizzazione mondiale per il commercio), chiese l’avvio di una nuova
strategia politica ed economica internazionale atta a contrastare la povertà. Con lo
slogan “un altro mondo è possibile”, il Forum si ripeté con successo nel febbraio
2002, conquistandosi l’attenzione della stampa internazionale.
Nel 2002 gli effetti della gravissima crisi dell’Argentina investirono in pieno anche il
Brasile. In agosto il paese ottenne dal Fondo monetario internazionale un prestito di
30 miliardi di dollari (il più consistente mai concesso dal FMI) e il permesso di
prelevarne altri dieci dalle proprie riserve.
LA SINISTRA AL GOVERNO
Le elezioni presidenziali dell’ottobre 2002 impressero una radicale svolta alla vita
politica brasiliana. Luis Inácio da Silva detto “Lula”, il leader del Partito dei
lavoratori, conquistò, dopo tre tentativi falliti nel 1989, 1993 e 1998, la presidenza del
Brasile, portando le sinistre per la prima volta al governo. La vittoria delle sinistre
suscitò grandi speranze di cambiamento nella popolazione brasiliana, destinate in
parte a essere deluse a causa della critica situazione economica in cui versava il
paese. Costretto a ricorrere al sostegno di altri partiti per raggiungere la maggioranza
nel Parlamento brasiliano, e condizionato dal forte debito pubblico, Lula perseguì a
sua volta una politica di rigore, comprimendo la spesa sociale. Nel suo primo anno di
mandato lanciò tuttavia un programma denominato “fame zero”, rivolto ad alleviare
le condizioni delle fasce sociali più disagiate. Adottò poi misure, anche se di portata
limitata, per affrontare gli enormi problemi legati alla crisi degli alloggi, alla sanità,
all’educazione, ottenendo importanti risultati nella lotta contro l’AIDS e la mortalità
infantile.
Il Brasile di Lula fu attivissimo sulla scena internazionale, ponendosi alla testa dei
paesi in via di sviluppo nella critica all’egemonia dei paesi più industrializzati. Il
Brasile si oppose infatti, rafforzando l’intesa del Mercosur, alle strategie economiche
messe in atto dagli Stati Uniti sul continente, rivendicando regole più favorevoli ai
paesi più poveri nell’ambito dell’Organizzazione mondiale per il commercio.
Il governo non avviò invece la riforma agraria attesa dai contadini e dal movimento
dei “sem terra”, la cui protesta riesplose nel 2004 con una massiccia ondata di
occupazioni di terre. Nelle elezioni amministrative dell’ottobre dello stesso anno il
partito di Lula accrebbe il suo radicamento nel paese, perdendo però clamorosamente
due centri quali São Paulo e Porto Alegre, la città diventata famosa nel mondo per il
suo esperimento di “bilancio partecipato”.
Nel giugno del 2005 lo scoppio dello scandalo detto del mensalão (cioè il “mensile”,
con riferimento alla tangente versata ai deputati dell’opposizione per ottenerne i voti),
provocò una grave crisi politica e le dimissioni di diversi esponenti di primo piano
del governo e del partito di Lula. Critiche giunsero al presidente anche per l’assenza
di misure adeguate contro la criminalità e il problema della sicurezza ebbe un gran
peso nella sconfitta del referendum dell’ottobre 2005 per la limitazione della vendita
delle armi da fuoco.
SVILUPPI RECENTI
Le elezioni presidenziali dell’ottobre 2006 vedono la conferma di Lula (Luis Inácio
da Silva) alla presidenza del Brasile. Sfiorata la vittoria già al primo turno, Lula si
impone sull’avversario Geraldo Alckmin del Partito socialdemocratico al secondo
turno, ottenendo il 61% dei voti.