I comportamenti a rischio in adolescenza: l`alimentazione disturbata

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Anno accademico 2008/2009
Corso di Laurea Magistrale in Psicologia
(classe LM-51)
Curriculum in Psicologia dello Sviluppo e
dell'Educazione (LM-SV)
Insegnamento “Psicologia del rischio nello sviluppo
sociale”
Prof. ssa E. Menesini
- I comportamenti a rischio in adolescenza:
l’alimentazione disturbata Carolina Dal Maso matricola n°4818405
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Indice
1. Introduzione
2. Descrizione dello strumento
3. Presentazione della relazione
4. Conclusione
5. Bibliografia
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INTRODUZIONE
Il disturbo del comportamento alimentare (DCA)
Nei Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) si includono oggi quelle patologie caratterizzate da un'alterazione del comportamento
alimentare, e da un’alterata percezione della propria immagine corporea.
All'interno di questa definizione sono racchiusi tre tipi di patologie:
1. Anoressia nervosa (AN)
2. Bulimia nervosa (BN)
3. Disturbi del comportamento alimentare non altrimenti specificati (DCA nas)
Di seguito farò riferimento ai criteri diagnostici proposti dal Manuale Statistico e Diagnostico per le Malattie Mentali dell'American Psychiatric
Association (DSM-IV), attuale punto di riferimento per la diagnosi in Psichiatria.
Anoressia Nervosa (AN)
Il termine anoressia deriva dal greco e significa letteralmente mancanza di appetito. Questo termine è abbastanza improprio dato che le
persone affette da Anoressia Nervosa non smettono mai di avere fame, ma hanno così tanta paura del cibo che negano lo stimolo della fame
oppure tentano di ingannarlo (bevendo, ad esempio, notevoli quantità di acqua o mangiando grandi quantità di verdure o fibre). L'Anoressia
Nervosa è una patologia che ha come nucleo caratteristico un'estrema paura di aumentare di peso, una profonda sensazione di essere
sovrappeso o francamente grassi (pur essendo spesso già molto magri o normopeso) e il continuo timore di perdere il controllo sul proprio
peso, sul cibo e sul corpo. Per questi motivi, i soggetti affetti da anoressia cercano di ridurre il più possibile l'assunzione del cibo, eliminano
alcuni cibi che ritengono pericolosi per la linea e cercano in ogni modo di perdere peso o mantenere un sottopeso a volte anche estremo.
Criteri diagnostici :

rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra o al peso minimo normale per l'età e per la statura (peso che rimane al di sotto
dell'85% di quello previsto ), associato a

intensa paura di acquistare peso o diventare grassi, anche quando si è sottopeso,

alterazione del modo in cui il soggetto vive il peso o la forma del corpo, o eccessiva influenza del peso e della forma del corpo sui
livelli di autostima, o rifiuto di ammettere la gravità dell'attuale condizione di sottopeso e,

nelle femmine dopo il menarca, amenorrea, cioè assenza di almeno tre cicli mestruali consecutivi.
Nell'ambito dell'AN si riconoscono inoltre due sottotipi:


con restrizioni
con abbuffate e/o condotte di eliminazione
Bulimia Nervosa (BN)
Il DSM-IV definisce la Bulimia Nervosa sulla base della presenza di:
1. Abbuffate ricorrenti
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2. Ricorrenti e inappropriate condotte compensatorie per prevenire l'aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici,
enteroclismi o altri farmaci, digiuno o esercizio fisico eccessivo. Le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano entrambe in media
almeno due volte a settimana, per tre mesi i livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso corporei, l'alterazione
non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di anoressia nervosa
Anche nell'ambito della BN si riconoscono due sottotipi:
1. con condotte di eliminazione
2. senza condotte di eliminazione
I DCA non altrimenti specificati
Nella categoria il DSM-IV include quei disturbi dell'alimentazione che non soddisfano completamente i criteri di alcun disturbo
dell'alimentazione specifico, pur manifestandosi con quadri clinici significativi quanto a gravità e difficoltà di trattamento.
Come esempi clinici, vengono descritti:

Per il sesso femminile tutti i criteri dell'anoressia nervosa in presenza di un ciclo mestruale regolare.

Tutti i criteri dell'anoressia nervosa sono soddisfatti e, malgrado la significativa perdita di peso, il peso attuale risulta nei limiti
della norma.

Tutti i criteri della bulimia nervosa risultano soddisfatti tranne il fatto che le abbuffate e le condotte compensatorie hanno una
frequenza inferiore a due episodi a settimana per tre mesi.

Un soggetto di peso normale che si dedica regolarmente ad inappropriate condotte compensatorie dopo aver ingerito piccole
quantità di cibo.

Un soggetto che ripetutamente mastica e sputa, senza deglutirle, grandi quantità di cibo (spitting).

Un disturbo da alimentazione incontrollata (binge eating disorder, BED): ricorrenti episodi di abbuffate in assenza delle regolari
condotte compensatorie inappropriate tipiche della bulimia nervosa.
DESCRIZIONE DELLO STRUMENTO
La ricerca di seguito presentata riporta i risultati di un’estesa indagine sui comportamenti a rischio in adolescenza, con particolare
riferimento, in questo caso, a quelli relativi a quelli di alimentazione disturbata. Questo progetto di ricerca si basa su un modello di tipo
interazionista e costruttivista, che vede l’individuo e il suo ambiente come un sistema in continua e reciproca interazione, ponendo al centro
dell’attenzione l’azione individuale.
Per la realizzazione stessa della ricerca si è fatto riferimento al modello interpretativo di Jessor, che costituisce la base dello strumento
metodologico, cioè del questionario utilizzato. Questo modello prende in considerazione 4 aree, che costituiscono i quattro sistemi principali
di variabili, tra loro in interazione: il sistema dei comportamenti, il sistema della persona, il sistema dell’ambiente percepito ed il sistema
dell’ambiente sociale.
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La ricerca si propone di studiare non solo quali sono i comportamenti a rischio messi in atto dagli adolescenti, ma soprattutto di cominciare a
fare luce sulle funzioni da essi svolti e sui fattori di protezione e di rischio che possono aumentare o attenuare il coinvolgimento.
Il campione di riferimento è di tipo normativo ed è composto da 2273 adolescenti di età compresa fra i 14 e i 19 anni che frequentano i
diversi tipi di scuola superiore in diversi luoghi del Piemonte e della Valle d’Aosta.
Il campione
è abbastanza bilanciato per anno di corso e le scuole frequentate sono: licei classici e scientifici, istituti professionali, licei psico-pedagogici.
Per quel che riguarda lo strumento utilizzato, si tratta di un questionario “Io e la mia salute” (Bonino,1995; 1996), adattato al diverso
contesto italiano tramite un lungo lavoro di revisione ed ampilamento a partire dall’analogo questionario elaborato presso l’Università del
Colorado da Jessor (“Health Behavior Questionnaire”, 1992). Esso è strutturato in modo tale da coinvolgere gradualmente l’adolescente e
prende in esame i 4 sistemi, prima citati: il sistema dell’ambiente sociale, il sistema della persona, il sistema dell’ambiente percepito e il
sistema dei comportamenti.
Le domande totali sono circa 600 e sono strutturate in modo da promuovere l’interesse nell’adolescente senza stancarlo, al fine di non
suscitare in lui risposte difensive e poco sincere. La somministrazione è avvenuta nel contesto scolastico da parte di ricercatori, in assenza
degli insegnanti,in forma anonima e subito restituito.
Per quel che riguarda più nello specifico la parte della ricerca dedicata ai comportamenti che denotano un’ alimentazione disturbata, si è
cercato di vedere se le misure corporee degli adolescenti del campione sono adeguate, usando l’indice di massa corporea, per poi considerare
l’immagine che gli adolescenti possiedono del proprio corpo. Il peso medio e la statura media dei ragazzi e delle ragazze del campione sono
stati confrontati con gli standard della popolazione adolescenziale italiana e sono risultati del tutto nella norma.
Attraverso il rapporto tra peso ed altezza è stato calcolato l’ indice di massa corporea, o BMI (Body Mass Index); questo indice, rapportato a
sua volta ad altri paramentri, ha permesso di suddividere gli individui in: grave sottopeso, sottopeso, normopeso, sovrappeso e grave
sovrappeso.
Al termine della ricerca sono stati restituti alcuni risultati generali.
PRESENTAZIONE DELLA RELAZIONE
La possibilità di osservare in ottica evolutiva questi disturbi, permette di evocare un filo rosso che congiunge le prime vicende relazionali e le
difficoltà che possono emergere nel loro dipanarsi, ai processi di interiorizzazione e di svincolo in età preadolescenziale-adolescenziale,
lasciando intravedere come l’alterato rapporto con il cibo nella prima fascia d’età, e con il proprio corpo e col cibo successivamente, rechino
tracce delle relazioni primarie che hanno permesso di affrontare i differenti compiti evolutivi, improntando i successivi movimenti di
individuazione.
Il comportamento alimentare, indispensabile alla sopravvivenza dell’individuo, può dunque diventare un fattore di rischio
nel periodo adolescenziale in riferimento a due dimensioni dello sviluppo: la percezione di sè e le relazioni sociali tra coetanei. Nel passaggio
dalla fase preadolescenziale a quella adolescenziale si assiste a grandi cambiamenti a livello fisico in entrambi i sessi, dovuti alla maturazione
biologica che possono dare l’input per un processo di transizione con conseguente discontinuità dell’immagine di sè e in particolar modo dell
immagine corporea. In questa fase di transizione si evidenziano movimenti potenzialmente destabilizzanti, inerenti i profondi cambiamenti in
atto che possono portare l’adolescente ad un conflitto interiore con conseguente caduta nella stima di sè.
In questo periodo così delicato della vita di un ragazzo il suo compito primario è quello di avviare il processo di ristrutturazione e autoorganizzazione, da prima individuale poi sociale, che implica la ridefinizione delle relazioni con gli adulti e con i coetanei, ridefinizione che
può e deve essere realizzata in modi e tempi diversi.Questo compito risente delle differenze intraindividuali e interindividuali e si basa sulle
risorse che il soggetto possiede e su cui può far riferimento all’interno del contesto in cui vive e può ricollegarsi ad una maggior o minore
soddisfazione per il proprio aspetto fisico; di qui il conseguente desiderio di adottare un determinato regime alimentare per modificare in
meglio il proprio aspetto fisico. I cambiamenti a livello fisico legati allo sviluppo puberale rappresentano una sfida importante e decisiva per
l’adolescente in quanto questa transizione si attua nel periodo in cui maggiormente il soggetto ha bisogno di sentirsi apprezzato dai coetanei
e percepirsi simile a loro; all’interno del confronto sociale coi pari il soggetto può usare come standard di riferimento i concetti di altezza e
peso come indicatori del proprio sviluppo e della propria adeguatezza.
Come ben noto le differenze interindividuali fan sì che il processo di
sviluppo non sia uguale per tutti e, quando quest’ultimo è troppo precoce o tardivo, può portare a difficoltà nell’interazione coi coetanei o a
una destrutturazione nella percezione della propria immagine fisica con conseguente rifiuto del nuovo corpo.
Il lungo e faticoso processo
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di ristrutturazione dell’identità corporea è spesso più faticoso nelle femmine che nei maschi, in quanto esse possiedono un’immagine più
negativa del proprio corpo e una difficoltà di adattamento magggiore ai cambiamenti corporei propri dell’adolescenza che le spingono alla
continua ricerca della magrezza come valutazione positiva di sè. Anche i cambiamenti a livello sociale e culturale offrono a entrambi i sessi
modelli di riferimento sbagliati: essere magri, soprattutto per le donne, si collega ad una valutazione positiva del sè e ad una maggior
accettazione a livello sociale;ciò si traduce in una diffusa scontentezza delle regazze per il proprio corpo e in una fonte di ansia e di
preoccupazione nella quotidianeità della vita. Essere sempre alla ricerca del corpo perfetto da conformare ai canoni proposti dalla società è
un’esigenza molto forte che porta le femmine ad avere una maggiore difficoltà,rispetto ai maschi, nella definzione di sè, nell’individuare i
proprio obiettivi e nel considerarli realizzabili.
Nelle femmine inoltre si riscontrano maggiori difficoltà nella costruzione dell’identità che
appare in generale più frammentaria ed ambigua di quella maschile; tali difficoltà possono essere correlate ad un maggior ricorso a strategie
autolimitanti,ad attese di fallimento e a sentimenti di inadeguatezza, che possono portare le adolescenti, con minori possibiltà ambientali e
personali a distanziarsi con non poche difficoltà dall’influenza dei modelli culturali di bellezza e successo proposti dalla cultura di
appartenenza e a concentrare sul corpo insoddisfazioni e preoccupazioni di diversa origine. Per studiare con maggior chiarezza il tipo di
condotte alimentari adottate durante l adolescenza bisogna soffermarsi sulla dimensione delle relazioni sociali coi coetanei, sia in termini di
confronto sociale e di sviluppo dell’identità e sia in termini di condivisione di attività e di possibilità di sperimentare cibi e comportamenti
alimentari nuovi e diversi da quelli a cui si era abituati all’interno della famiglia. Il bisogno di acquisire maggiore autonomia dalla famiglia è
una dimensione imporrtante in adolescenza sia per i maschi che per le femmine; in entrambi i sessi è all’interno del gruppo dei pari che si
sperimentano nuovi ruoli e nuovi comportamenti, tra cui alcune condotte alimentari affatto salutari, come i cibi dei fast- food oppure la
consumazione smodata di snack ipercalorici e bevande, che è possibile acquistare ovunque e senza alcun tipo di problema.
Nelle società occidentali moderne i giovani (e non soltanto loro) fanno ricorso a cibi confezionati o precotti, dedicano poco tempo all’attività
fisica e non si curano della preparazione e della condivisione del cibo all’interno della famiglia; il tutto si traduce in una maggior incidenza di
obesità nella popolazione e ad un maggor rischio di sviluppare disturbi cardiovascolari connessi al sovrappeso e ad un’alimentazione ricca di
grassi e povera di vitamine e fibre.
E’ all’ interno di questi cambiamenti nelle abitudini alimentari che va collocato il ricorso, da parte di un cospicuo numero di adolescenti, a
comportamenti alimentari più o meno disturbati e molti diversi, sia per natura e sia per livello di gravità delle conseguenze a breve e lungo
termine.
In Italia si stima che meno dell’ 1% della popolazione femminile adolescente ed adulta, raggiunge comportamenti che arrivano a toccare il
livello di vere e proprie condotte anoressiche o bulimiche e tali comportamenti, non suscitando l’attenzione dell’opinione pubblica, vengono
classificati insieme all’ansia e ai sentimenti depressivi, come problematiche di tipo internalizzato.
Anche se si tratta di un disturbo interno ciò non vuol dire che il disagio sia minore rispetto a quello espresso tramite comportamenti più
visibili o esternalizzati: l’adozione di tali comportamenti indica una non capacità dell’adolescente di saper rispondere in maniera adeguata a
precisi compiti evolutivi.
La facilità di reperire il cibo può dunque far sì che l’alimentazione venga scelta dall’adolescente come banco di prova dei propri confini e
come ambito di realizzazione dei proprio bisogni di autonomia, senza rischiare troppo in termini di disapprovazione sociale.
Va inoltre sottolineato come gli effetti negativi, sia lievi che quelli che assumono la forma di patologia, dei comportamenti alimentari sulla
salute e sul benessere psicosociale dell’individuo, possono essere di gran lunga maggiori rispetto ad altri comportamenti più visibili, in quanto
più diffusi e persistenti: alimentazione disturbata e insoddisfazione per il proprio aspetto fisico possono perdurare anche nella vita adulta
mentre, nel passaggio adolescenza-età adulta, la probabilità che un soggetto possa assumere altre tipologie di comportamenti a rischio
diminuisce drasticamente.
Studi dimostrano come le problematiche di tipo internalizzato, se accompagnate ad altri comportamenti a rischio, portano ad un pessimo
funzionamento complessivo, ad una bassa stima di sè e ad uno scarso senso di competenza a livello sociale ed accademico.
Inoltre questa tipologia di comportamenti, detti appunto internalizzati perchè il soggetto li mette in atto per lo più in solitudine, tendono ad
aumentare il disagio personale e ad aumentare l’isolamento sociale, già presente a causa della non accettazione del proprio corpo e della
percezione negativa di sè.
Nel campione utilizzato nella ricerca presentata nel capitolo si può notare come la maggioranza di esso sia costituita da adolescenti di
entrambi i sessi normopeso mentre, quelli in sovrappeso, rappresentano una piccola percentuale; inoltre la percentuale complessiva di
adolescenti sottopeso è più alta tra i maschi ma le femmine sono più numerose nel gruppo in grave sottopeso.
Dal questionario emerge che la soddisfazione per il proprio corpo è scarsa tra gli adolescenti: le ragazze sono maggiormente insoddisfatte dei
maschi soprattutto per quel che riguarda il peso mentre, per quel che riguarda il desiderio di essere più alti diminuisce nei maschi al crescere
dell’ età.
Emerge inoltre che gli adolescenti possiedono un’immagine distorta del proprio corpo, soprattutto nel caso delle ragazze: una notevole
percentuale di quest’ultime, sia esse sottopeso che normopeso, desidererebbe pesare meno di quel che già pesa.
Da qui si nota come tra le ragazze è molto diffuso il desiderio di conformarsi a canoni di magrezza eccessiva, anche a rischio della propria
salute fisica.
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Per quel che riguarda i maschi si assiste alla tendenza opposta: una buna percentuale di quelli in sovrappeso e in grave sovrappeso non
desidera affatto diminuire il proprio peso, ma anzi lo considera giusto o addirittura vorrebbe aumentarlo ancora, con una conseguente
sottovalutazione dei possibili rischi fisici.
Agli adolescenti intervistati è stato inoltre chiesto se sono consapevoli delle conseguenze negative connesse al sovrappeso e ad uno stile di
vita non salutare, poco attivo e sedentario: la consapevolezza delle possibili conseguenze negative del sovrappeso è abbastanza diffusa nel
campione e, in particolar modo le ragazze, si dimostrano più attente alla possibile compresenza di conseguenze fisiche e psicologiche.
Circa la metà degli adolescenti ha dimostrato non solo di essere consapevole della presenza di possibili conseguenze negative del sovrappeso,
ma anche di aver delle conoscenze corrette e precise: la consapevolezza delle conseguenze negative della mancanza di esercizio fisico
regolare e dello stare seduti a lungo è più diffusa tra i maschi, i quali fanno più attenzione ai problemi di tipo fisico.
D’altro canto le ragazze prestano molta attenzione all’alimentazione: tra di essere maggiori sono sia la consapevolezza delle conseguenze
negative del saltare la prima colazione, che la consapevolezza delle conseguenze del mangiare cibi poco sani; queste due consapevolezze
aumentano ulteriormente al crescere dell’età.
Da ciò che emerge dal questionario, possiamo dunque affermare che, la consapevolezza dei possibili rischi connessi con l’adozione di uno stile
di vita sedentario e poco salutare, è molto diffusa tra gli adolescenti.
L’intero campione delle ragazze risulta profondamente insoddisfatto della propria immagine corporea e possiede una percezione molto
negativa delle possibili conseguenze del sovrappeso; esse sembrano in primis spinte dall’irrefrenabile desiderio di essere magre, rispettando
così i modelli di bellezza femminile che la nostra società consumistica impone.
Per quel che riguarda la salubrità dei cibi assunti quotidianamente e la conseguente scelta di essi, si può notare come i maschi adottino
maggiormente un comportamento alimentare poco salubre ma regolare, mentre le femmine un comportamente altamente salubre ma poco
regolare, che rappresenta uno dei principali antidoti all’aumento di peso.
Questo connubio nelle femmine tra elevata attenzione per la salubrità dei cibi e irregolarità dell’alimentazione è un fenomeno che aumenta
ancora tra le femmine al crescere dell’età; da qui si evince come tra le femmine ci sia una dissociazione tra conoscenza dei principi di una
buona alimentazione ed assunzione di un certo comportamento alimentare.
Al crescere dell’eta si può inoltre vedere come diminuisca la percentuale di adolescenti caratterizzati da alta salubrità e alta regolarità,
mentre tende ad aumentare la percentuale di coloro che adottano uno stile alimentare sia poco regolare che poco salutare: questo può essere
una coseguenza indiretta della maggior autonomia che viene conquistata dagli adolescenti e che si traduce in un maggior numero di pasti
fuori casa, consumati spesso nei fast-food o nei pub in compagnia degli amici.
Per quel che riguarda poi gli esempi di alimentazione a cui gli adolescenti si rifanno e si confrontano più frequentemente (amici, genitori)
notiamo come un’alimentazione più salutare viene attribuita in primis alla madre, poi al padre e in ultimo all’amico.
Al crescere dell’età gli adolescenti di entrambi i sessi diventano più critici nei confronti del comportamento alimentare adottato dai propri
genitori: la maggiore autonomia di cui godono gli permette di scoprire non solo i fast food ma anche cibi diversi rispetto a quelli adottati nella
normale routine quotidiana della famiglia di preparazione dei cibi.
A questo punto sorge spontanea la domanda: quali tra i seguenti fattori fin qui considerati (alimentazione, immagine del corpo, conoscenza
conseguenze, modelli) influiscono maggiormente nell’adozione di un comportamento alimentare più salutare o più regolare?
Innanzitutto si osserva come la salubrità dell’alimentazione sia connessa alla consapevolezza delle conseguenze di uno stile di vita non
salutare e alla possibilità di avere dei buoni modelli genitoriali, e non a caratteristiche dell’individuo, quali la condizione fisica o l’immagine
del proprio corpo.
Nei maschi e nelle femmine assistiamo a due percorsi differenti di coinvolgimento nell’alimentazione a rischio: il percorso maschile è
connesso ad un effettivo cambiamento recente di misure corporee che può portare ad una condizione fisica solo temporaneamente “fuori
norma”; il percorso femminile, invece, nasce essenzialmente da una profonda insoddisfazione del proprio corpo anche se questo è nella
norma.
La presenza di questi due percorsi differenti spiega dunque la maggior pervasività e persistenza nel tempo dell’assunzione di condotte
alimentari disturbate nelle donne: modificare la percezione distorta di sè è più difficile che non contrastare i cambiamenti fisiologici del
corpo.
La salubrità dell’alimentazione si ricollega maggiormente a conoscenze e modelli mentre la regolarità a caratteristiche individuali annche se
entrambe possiedono alcuni predittori comuni, come i modelli di alimentazione positivi della madre, per entrambi i generi, e quelli del padre,
in particolare per i maschi: per quanto riguarda la madre si tratta di un risultato prevedibile, tenendo conto del ruolo che esse svolgono
mentre, per quanto riguarda il delinearsi dell’importanza del ruolo del padre, questi rappresenta invece un elemento abbastanza inatteso.
Dal questionario emerge inoltre che il fenomeno delle diete è un elemento abbastanza diffuso tra gli adolescenti: negli ultimi 6 mesi circa il
30% di essi vi è stato coinvolto anche se, nella maggioranza dei casi, prevale nelle femmine.
Inoltre un nuova tipologia di alimentazione si sta diffondendo tra le giovani adolescenti: l’alimentazione consolatoria o emozionale. Essa
riguarda il ricorso al cibo, anche se si è sazi, per far fronte a stati emotivi di tipo negativo (mangiare perchè si è depressi, solo, stanchi o
annoiati); è una tendenza che aumenta al crescere dell’età nelle femmine, al contrario di quanto accade nei maschi tra i quali diminuisce a
18-19 anni.
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Inoltre, sempre nelle femmine, sono più frequenti ed aumentano al crescere dell’età, comportamenti di eliminazione, vale a dire quei
comportamenti che prevedono l’assunzione di pillole, lassativi o vomito per perdere peso o restare magri.
Questi fenomeni fin ora descritti (diete, alimentazione consolatoria, comportamenti di eliminazione) sono correlati tra loro sia con la
salubrità che con la regolarità dell’alimentazione e, tale relazione positiva, si riscontra maggiormente nel campione femminile: vi è appunto
una correlazione positiva tra diete e alimentazione consolatoria e tra quest’ultima e le condotte di eliminazione, anche se solo tra le ragazze.
Il legame invece tra diete e condotte di eliminazione è presente in entrambi i generi ma è più intenso per quanto riguarda le femmine, da cui
si denotano le varie tipologie di comportamenti connessi con l’alimentazione disturbata.
Il fenomeno della dieta, diffuso maggiormente tra le ragazze, è strettamente legato ad altri tipi di comportamento volti sia ad ottenere una
perdita di peso, sia all’eccesso di alimentazione per far fronte a stati emotivi di tipo negativo, sia ad una maggiore irregolarità
nell’assunzione dei pasti, i quali vengono sostituiti con piccoli spuntini che vanificano l’efficacia di qualunque tipo di dieta.
Il ricorso alla dieta inoltre non è collegato ad una reale necessità di perdere peso: negli ultimi 6 mesi, come si legge dalla risposte del
questionario, è stato a dieta il 50% delle ragazze normopeso e, il 40% degli adolescenti di entrambi i sessi, sostiene di essere attualmente a
dieta per motivi estetici e non di salute.
Tutto ciò si traduce in “diete fai da te” non prescritte da figure professionali le quali, per ragioni etiche e di salvaguardia della salute fisica
del paziente, non prescriverebbero mai una dieta a chi non ne ha un effettivo bisogno.
Infatti, nel rispondere al questionario, sola una piccola parte del campione (15%) si è rivolto a personale specializzato come referente per una
dieta, mentre la maggioranza (60%) non si è rivolto a nessuno; il ricorso a specialisti è maggiore solo nel caso del gruppo degli adolescenti
sovrappeso (25%).
L’alimentazione disturbata è un fenomeno molto diffuso, realizzato con modalità differenziate (alimentazione consolatoria, diete,
comportamenti di eliminazione) ma che riguarda per lo più le ragazze; quest’ultime ne sono maggiormente coinvolte rispetto ai maschi,
soprattutto per quel che riguarda i comportamenti di eliminazione, che tendono ad aumentare col crescere dell’età fino a riguardare a 18-19
anni circa ¼ del campione femminile.
Altro fattore strettamente connesso all’alimentazione disturbata, insieme al genere e all’età, è la tipologia di scuola frequentata dagli
adolescenti; il ricorso a questa tipologia di alimentazione è più frequente e più grave tra le studentesse degli istituti professionali e dei licei
psico-pedagogici.
Perchè gli adolescenti ricorrono ad un’ alimentazione disturbata? In primis vi è principalmente un’insoddisfazione per la propria immagine
corporea seguita da un recente cambiamento di peso, soprattutto per le ragazze, che le induce ad adotattare le diverse modalità sovra
esposte, che vanno dall’alimentazione consolatoria ai comportamenti di eliminazione.
Per quel che riguarda la consapevolezza degli effetti negativi di uno stile di vita sedentario, caratterizzato da una inattività fisica, dal
questionario emerge che, solo tra i maschi, essa può assumere un ruolo protettivo nei confronti del coinvolgimento in comportamenti di
eliminazione.
Per le ragazze invece, un’attenzione eccessiva per l’alimentazione e in generale per uno stile di vita più salutare, rischia di trasformarsi in
una vera e propria ossessione per il cibo, promuovendo così il ricorso a modelli disturbati di comportamento alimentare.
Questo problema è da non sottovalutare all’interno di programmi di prevenzione,per evitare di ottenere effetti controproducenti come quelli
provocati da molte riviste o trasmissioni in tv dedicati a questi temi.
Un fattore di protezione può essere rappresentato dalla presenza di modelli positivi di alimentazione all’interno delle relazioni familiari e
amicali dell’individuo; all’interno di queste relazioni il pasto rappresenta un importante momento di dialogo e comunicazione, in grado di
promuovere un’immagine di sè più positiva, grazie all’apprezzamento e all’interesse mostrato dagli altri.
A proposito dei modelli di comportamento all’interno della famiglia si conferma il ruolo di protezione del padre, in questo caso solo per le
ragazze; ciò deve spingere a considerare con maggiore attenzione il suo ruolo nello sviluppo dei figli adolescenti.
Il ricorso a diete invece, tende ad aumentare con l’età, ed espone così i ragazzi a diversi tipi di rischi, da quelli fisici a quelli psicologici con
conseguente perdita di fiducia nelle proprie capacità di autocontrollo, provocata dal circolo vizioso che si è creato tra alimentazione
irregolare e frequente e tentativi di ripristinare il peso precedente.
Perchè, viene spontaneo chiederci, è diffusa tra gli adolescenti l’adozione di un comportamento alimentare disturbato? In primis vi è una
percezione piuttosto negativa di sè, seguita da un desiderio di trasgressione, di sperimentazione di sè e, per finire, è legata alla percezione di
controllo, che coincide con un bisogno di comunicazione, emulazione e superamento soprattutto quando la qualità delle relazioni all’interno
del contesto familiare ed amicale è carente.
L’alimentazione disturbata può dunque rappresentare una strategia emotiva, usata dai giovani, di risoluzione dei problemi e una modalità di
affermare e competenza; questo è vero tanto più per le ragazze, le quali fanno ricorso ai comportamenti di eliminazione come strategia
emotiva di risoluzione dei problemi.
Queste ragazze, non solo possiedono un’immagine negativa e distorta del proprio corpo, ma sono anche molto insoddisfatte di sè e vivono
forti sentimenti depressivi; da qui la conferma della maggior rilevanza dell’immagine corporea nei processi di costruzione dell’identità
femminile.
D’altro canto i maschi sono insoddisfatti per lo più delle loro capacità di regolazione nei confronti dell’influenza da parte dei coetanei nel
gruppo.
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Il malessere e l’insoddisfazione che caratterizzano coloro che fanno ricorso ai comportamenti di eliminazione si accompagnano a sintomi
psicosomatici, come difficoltà a prendere sonno ed a dormire in modo regolare durante la notte.
Nei maschi il ricorso ad un’alimentazione molto disturbata rappresenta un tentativo di dimostrare agli altri competenza insieme a prestanza
fisica, come indicano l’elevata fiducia espressa nelle proprie capacità di affrontare le difficoltà quotidiane, il ritenersi molto interessanti per
il sesso opposto, le alte attese di successo per un futuro che essi tentano di anticipare nel presente, attraverso lo svolgimento di attività
lavorative.
Nelle ragazze invece, il ricorso a comportamenti di eliminazione rappresenta una modalità di affermare un’autonomia a cui aspirano
fortemente e che ritengono di non poter raggiungere diversamente; esse nutrono scarsa fiducia nelle proprie capacità di far fronte alle
difficoltà che si presentano nella vita quotidiana e possiedono, a differenza dei maschi, delle attese di successo per il proprio futuro basse.
Il ricorso dunque alle diverse forme di alimentazione disturbata si traduce, nelle ragazze, nel tentativo di far fronte ad un disagio che non
riescono ad affrontare utilizzando altre risorse; la strategia emotiva di risoluzione e fuga dai problemi attraverso l’alimentazione disturbata è
fortemente disadattiva, poichè allontana gli adolescenti dal raggiungimento degli obiettivi di realizzazione dell’autonomia e di dimostrazione
delle competenze: gli adolescenti che fanno ricorso a questi comportamtenti cadono in una difficile e pericolosa “trappola”, difficile da
interrompere, tra insoddisfazione di sè, ricorso al cibo, rituale ossessivo per eliminare quest’ultimo, isolamento sociale ed ulteriore
incremento dell’insoddisfazione personale.
Attraverso la messa in atto di comportamenti che denotano i sintomi di un’alimentazione disturbata, vi è negli adolescenti la voglia di
trasgredire le norme adulte, che prescrivono abitudini alimentari consolidate e per lo più regolari; questo è vero soprattutto nel caso dei
maschi, i quali ricorrono al comportamento alimentare disturbato per affermare se stessi attraverso l’opposizione alle regole adulte
evidenziato soprattutto dalle forti relazioni con una scarsa disapprovazione dei comportamenti devianti e a rischio, uno scarso valore
attribuito alla religione ed al successo scolastico, accompagnato a sua volta ad un’elevata insoddisfazione per l’esperienza scolastica attuale.
Gli adolescenti che trasgrediscono, attraverso l’alimentazione disturbata, le norme adulte vivono con un senso di profondo disagio ed inutilità
la loro esperienza scolatica quotidiana e la loro condizione attuale di studenti; la loro insoddisfazione riguarda per lo più la qualità delle
relazioni sociali vissute all’interno del contesto scolatico, soprattutto quelle con gli insegnanti.
E’ all’interno di questo grave stato di disagio e malessere rispetto ad un’esperienza scolastica vissuta come insoddisfacente, inutile e
fallimentare che, alcuni adolescenti, ricorrono sia a comportamenti di alimentazione disturbata, sia ad altri comportamenti a rischio quali l’
uso di sostanze, la guida pericolosa o l’abuso di alcool.
Mangiare a dismisura, senza controllo, solo perchè si è stanchi, depressi o soli, per poi ricorrere a manovre di eliminazione del cibo
ingurgitato, può rappresentare un modo per dimostrare, in primo luogo a sè stessi, di essere in grado di controllare gli eventi della vita.
Ragazzi e ragazze ricorrono a modi diversi di sperimentarsi e mettersi alla prova: i primi mediante modalità più eclatanti e vistose, come le
abbuffate di cibo, l’elevato consumo di alcool e di altre sostanze in compagnia di amici o attraverso il ricorso ad un comportamento sessuale
promiscuo; le seconde, invece, privilegiano l’adozione di rituali laboriosi, come le diete, e autopunitivi, come l’eliminazione del cibo, nel
vano tentativo di rendersi e sentirsi più simili ai modelli proposti dalla cultura di riferimento.
I maschi tendono a sperimentarsi e mettersi alla prova soprattutto in contesti pubblici, ottendendo così il riconoscimento da parte del gruppo
dei pari mentre le femmine, necessitano maggiormente del bisogno di sperimentarsi attraverso il controllo del proprio corpo e delle sue
reazioni fisiologiche al cibo o ad altre sostanze nocive alla salute.
Ad una alimentazione disturbata gli adolescenti, sia maschi sia femmine, fanno ricorso soprattutto nel caso in cui la loro rete sociale,
familiare o amicale, sia carente per qualità e quantità, vale a dire nei casi dove si realizza una particolare condizione di solitudine, connessa
a stati affettivi negativi.
Quesi adolescenti sono caratterizzati da una minore possibilità di dialogo coi genitori, i quali risultano poco disponibili a controllare i
comportamenti adottati dai figli fuori casa e a promuovere la condivisione di attività all’interno del contesto familiare; questa condizione è
giudicata stressante da entrambi i sessi, poichè il bisogno di essere ascoltati, insieme a quello di condividere routine familiari come i pasti, è
ancora piuttosto forte a quest’età.
Quando all’ interno del contesto familiare mancano questi aspetti, il bisogno di condivisione e comunicazione viene realizzato mediante altre
relazioni, sia con adulti che con coetanei, come evidenzia soprattutto per le ragazze il maggior impegno speso nel costruire e mantenere
relazioni sociali.
Il forte bisogno di comunicare e confrontarsi con gli altri, che caratterizza gli adolescenti coinvolti nell’alimentazione disturbata, non viene
soddisfatto, in particolare nei maschi, nemmeno dalla partecipazione ad un’attività sociale a volte frenetica, ma in sostanza povera perchè
priva di quella progettualità che contribuirebbe ad attribuirle senso e valore.
I maschi coinvolti in problemi di alimentazione tendono per lo più a dedicare meno tempo in attività riflessive, come lo studio e la lettura, al
contrario delle ragazze, le quali trascorrono una parte consistente del loro tempo senza fare niente: ciò costituisce un’ulteriore conferma
delle profonde differenze di genere nel modo di esprimere il disagio.
Altro elemento da prendere in considerazione è che, l’ossesione per il corpo e per la forma fisica, che accompagna i disturbi alimentari, non
si collega ad un maggior ricorso all’attività sportiva: solo i ragazzi si dedicano di più ad esercizi fisici individuali, probabilmente per migliorare
la prestanza fisica.
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Anche nel loro caso, dunque, l’attenzione per la cura del corpo risponde in primis al bisogno di apparire, piuttosto che a quello di essere in
salute.
I risultati fin qui esposti dimostrano come i comportamenti di eliminazione costituiscano la modalità più pericolosa di alimentazione
disturbata.
Poichè alcuni adolescenti vi fanno ricorso solo in modo sporadico, mentre altri vi ricorrono spesso, sorge spontaneo chiedersi quali differenze
vi siano tra i due gruppi: i risultati delle analisi dimostrano come, negli adolescenti che frequentemente usano vomito o lassativi per
eliminare il cibo introdotto, mostrano un peggiore funzionamento e adattamento psicologico.
Essi percepiscono un elevato malessere, espresso da un alto senso di alienazione e da scarse aspettative verso la scuola e verso il futuro; sono
meno tolleranti verso comportamenti devianti in cui sono effettivamente più coinvolti, così come sono più implicati nelle condotte rischiose
connesse all’uso di sostanze, presentando allo stesso tempo sia modalità internalizzate che esternalizzate di comportamento.
In questi adolescenti il comportamento alimentare disturbato è usato sia come strategia emotiva di evitamento dei problemi, sia come
trasgressione di norme socialmente approvate e sia come modalità per comunicare un forte disagio.
I risultati della ricerca presentata confermano quanto riscontrato in altri contesti circa la stabilità nel tempo, l’elevato malessere e lo scarso
adattamento che caratterizza gli adolescenti coinvolti in questo tipo di comportamento disadattivo.
Fattori di rischio nei maschi possono essere rappresentati dallo stress per la vita sociale e dai modelli di alimentazione non salutare degli
amici; fattori di protezione, invece, dalla possibilità di poter far affidamento su un’elevata efficacia regolatoria per contrastare le pressioni
del gruppo, insieme al ricevere dai genitori un elevato sostegno e all’intraprendere attività impegnative ed in grado di promuovere capacità
riflessive e progettuali.
Nel caso delle ragazze, cruciali si dimostrano essere tutti quei processi connessi alla costruzione dell’identità e alla valutazione positiva di sè;
i fattori di rischio possono essere rappresentati dallo stress per la vita sociale e familiare, dal desiderio di abbandonare la scuola e dal
trascorrere il tempo senza essere impegnate in nessuna attività.
L’unico fattore di protezione per le ragazze è rappresentato dalla soddisfazione complessiva di sè.
Per quel che riguarda l’analisi degli stili educativi genitoriali emerge come, gli stili educativi autorevole e supportivo si rivelano più efficaci,
rispetto a quelli autoritario e permissivo-inesistente, nel contrastare il ricorso ai comportamenti di eliminazione.
Da sottolineare come però, anche gli stili autorevole e supportivo, non sono del tutto in grado di evitare il ricorso ad altre manifestazioni del
comportamento alimentare disturbato, come le diete e l’alimentazione consolatoria.
In entrambi i sessi lo sviluppo dell’immagine del corpo risente pesantemente in quest’età dei modelli sociali, che nella nostra cultura esaltano
in modo quasi maniacale la magrezza, assunta a virtù etica e non solo estetica.
CONCLUSIONI
E’ possibile sostenere che riuscire a promuovere i fattori di protezione e contrastare quelli di rischio è una sfida che non riguarda solo
l’adolescenza dal momento che i modelli e i valori legati alla cultura di riferimento non sono adeguati a promuovere uno sviluppo ottimale, nè
durante l’adolescenza nè in seguito, in particolar modo quando gli individui non possiedono sufficienti risorse, in termini di capacità riflessive
e critiche.
In mancanza di tali risorse il comportamento alimentare disturbato rischia di avere il sopravvento su tali individui.
L’anoressia, la bulimia, e altri comportamenti che indicano un’alimentazione disturbata, possono divenire delle vere e proprie malattie
psichiatriche.
La presa in carico delle pazienti anoressiche è molto complessa perché queste pazienti difficilmente riconoscono i propri bisogni e accettano
di “farsi aiutare”.
Il trattamento, che deve prolungarsi a lungo per ottenere risultati significativi, deve avvalersi di un approccio multidisciplinare che preveda la
presenza di diverse figure professionali (psichiatra, psicoterapeuta, internista, nutrizionista ecc.) e in casi gravi il ricovero ospedaliero, per un
trattamento integrato che assicuri la cura della componente somatica,psichiatrica e psicologica.
Da non dimenticare che è indispensabile attuare, in concomitanza, una terapia a livello familiare con l’intento di comprendere e modificare,
per quanto possibile, le interazioni familiari.
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