OLTRE
LO
SPECCHIO
IL BAMBINO
CON STIPSI ED ENCOPRESI
Un approccio psicosomatico
T. FERRANDO, L. FERRARI, L. QUARENGHI, A. BARABINO
IRCCS “Giannina Gaslini”, Genova
a stipsi è un problema comune nei bambini e
nelle famiglie, l’encopresi (che però non può
accompagnare la stipsi) è un problema molto più
raro e disturbante. Sia nell’insudiciamento associato a ritenzione fecale che nell’insudiciamento
non ritentivo esiste un’incapacità>immaturità>inadeguatezza alla funzione defecatoria. Sebbene,
certamente, cause organiche (allergia al latte, ragade) o disturbi funzionali (incoordinazione della
muscolatura pelvica col torchio addominale, ipertonia sfinteriale) siano alla base della stipsi e dell’encopresi, sarebbe un errore non considerare la
componente psicologica, primaria e secondaria a
questo mancato apprendimento, l’equilibrio o il disequilibrio tra pulsioni di controllo e di distruzione
tra conflitti intra e inter-psichici.
D urante l’età evolutiva i disturbi della defecazione sono suddivisi in due categorie: la ritenzione
fecale con o senza insudiciamento e l’insudiciamento senza ritenzione fecale1.
L’insudiciamento (soiling degli Autori anglosassoni) ha una prevalenza che varia dal 2,8% in
bambini di 4 anni all’1,6% in bambini di 11 anni2. I
criteri diagnostici richiesti per l’encopresi che, secondo il DSM 4, consiste nella «emissione ripetuta
L
volontaria, o involontaria, di feci in luoghi non appropriati a questo scopo nell’ambito della situazione socioculturale dell’individuo», prevedono: l’età
(> 4 anni), la frequenza (1 volta al mese per almeno 3 mesi) e l’assenza di cause organiche3. Nell’anamnesi dei bambini encopretici si rintracciano
nella maggior parte dei casi episodi di stipsi4. La
stipsi, a sua volta, costituisce il 3% delle visite pediatriche e il 25% dei consulti gastroenterologici
pediatrici, con una prevalenza del sesso maschile
prima della pubertà e viceversa dopo5. La stipsi è
un sintomo, non una malattia e, benché molte
possano esserne le cause organiche, solo un ristretto numero di bambini con stipsi presenta
un’eziologia anatomo-funzionale certa: infatti, in
contrasto con l’alta incidenza di stipsi nella popolazione infantile, l’incidenza dellla malattia di Hirschsprung è di 1/ 6000 nati e detta malattia compare in meno dell’1% dei bambini con stipsi; l’incidenza di malformazioni anorettali si attesta in 1/
5000 nati e le altre cause organiche di stipsi sono
ancora meno comuni6,7.
Quadri clinici
Bisogna, come già detto, distinguere due condizioni sostanzialmente diverse di encopresi.
Quella, più comune, accompagnata a stipsi cronica, in cui l’encopresi esprime una perdita involontaria “paradossa”, da overflow, e l’altra, più rara,
in cui l’imbrattamento è volontario, non accompagnato a stipsi, ed esprime un atteggiamento conflittuale, o una situazione di sofferenza, oppure
una violenza, un dispetto.
A. Ritenzione fecale funzionale
È anche definita megacolon psicogeno o stipsi
idiopatica. È causata dalla volontaria ritenzione di
feci, conseguente alla paura dell’emissione delle
stesse. Vi sono tre picchi di incidenza nella
ritenzione fecale funzionale8.
1. Il meccanismo cui potrebbe essere attribuita la
comparsa della stipsi si instaurerebbe fin dalle prime settimane di vita allorché i genitori di neonati e
lattanti, preoccupati dagli sforzi defecatori di que-
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sti ultimi, chiedono un consulto pediatrico: nei minuti che precedono l’evacuazione, questi bambini
sono tesi, ed emettono grida acute; subito dopo
l’emissione delle feci, peraltro normali, ritrovano
l’abituale benessere e il buon umore. Non sono
segnalati perdita dell’appetito o altri disturbi gastroenterici.
La causa di questi comportamenti, parafisiologici e involontari, consiste nell’incapacità del bambino a incrementare la pressione intraddominale e
a rilasciare i muscoli del pavimento pelvico in una
sequenza coordinata e finalizzata a consentire un
agevole transito del materiale fecale. L’apprendimento di questo processo avviene con tempi e
modi diversi per ciascun bambino: sempre, comunque, nei primi mesi di vita. Nell’animale questo apprendimento è in parte indotto, facilitato dal
leccamento dell’ano da parte della mamma. È una
fase della vita in cui l’equilibrio tra fattori cognitivi
ed emotivi è precario. In questa fase sono accettabili solo le ministimolazioni manuali, o con sonde morbide, o con un batuffolo inumidito o bagnato nell’olio (da utilizzare se il bambino è molto irrequieto al momento dell’evacuazione, frustrato),
mentre il clistere è controindicato9.
Va tenuto presente che:
❏ la manipolazione dell’ano può essere dolorosa e
spaventare il bambino provocando un rinvio alla
defecazione;
❏ l’apprendimento della defecazione richiede
esercizio e la manipolazione può ritardare questo
processo;
❏ le ripetute manovre perianali potrebbero “insegnare” al bambino che un intervento esterno è necessario al transito delle feci.
2. La sindrome ritenzionistica si instaura in corrispondenza del toilet-training, dal 18° mese circa
di vita, a causa di:
❏ tentativi troppo precoci, intempestivi, alternativamente coercitivi e permissivi;
❏ attitudini genitoriali rigide rispetto alla continenza rettale;
❏ superinvestimento con “premi” in concomitanza
all’assenza di “incidenti”;
❏ passaggio doloroso di feci compatte o ragadi o
infezioni perianali.
3. Il disturbo compare o si accentua in epoche
successive? Questo può verificarsi:
❏ all’inizio della frequenza scolastica per il passaggio dal bagno domestico a quello scolastico,
meno pulito e comodo, il bambino ritarda la defecazione fino al ritorno a casa;
❏ rifiuto del WC per fobie di animali, soprattutto
serpenti;
❏ problemi scolastici, competizioni sportive, programmi televisivi o videogiochi inibiscono il sintomo;
❏ violenze e abusi sessuali (vanno sospettati soprattutto se l’inizio della sintomatologia è repentino).
Quando il bambino decide di non assecondare
i movimenti peristaltici intestinali, la massa fecale
si accumula nel retto; invece di rilasciare i muscoli
del pavimento pelvico, il bambino li contrae così
come le natiche e le cosce. Il bambino mantiene
una posizione eretta in modo rigido, cammina ansiosamente in punta di piedi oppure si siede sui
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SPECCHIO
talloni comprimendo il perineo. Via via che le feci
si accumulano, l’umore e l’appetito diventano mediocri a causa della comparsa di dolori addominali
provocati dalla distensione della parete e dallo
sforzo ritentivo in parte inconsapevole: a questo
punto può verificarsi l’insudiciamento durante il
passaggio di aria per l’incapacità del bambino a
controllare il debordamento della massa fecale. La
perdita di controllo rispetto al trafilamento di materiale o liquido fecale confonde il bambino e innervosisce i genitori che ritengono volontario l’insudiciamento della biancheria (encopresi passiva)10.
B. Insudiciamento funzionale non ritentivo
Non tutti i bambini con encopresi trattengono
le feci. Non in tutti, dunque, l’insudiciamento è ritentivo. Se l’insudiciamento è sporadico, non vi è
il continuo tipico gocciolamento dell’insudiciamento ritentivo e nell’anamnesi non è riscontrabile
il passaggio di masse fecali voluminose. Si tratta,
appunto, dell’insudiciamento funzionale non ritentivo11.
L’insudiciamento (encopresi attiva) sembra rispondere più a criteri di impulsività che di premeditazione e costituisce uno dei più irritanti, difficili
comportamenti esibiti da bambini impegnati in un
estenuante braccio di ferro con i genitori, anche
riguardo ad altre modalità relazionali.
Se ne conosconono tre varietà eziologicamente
distinte12:
❏ insudiciamento durante le ore diurne: gli stress
ambientali costituiscono il trigger per un comportamento compulsivo che, benché volontario, è di
difficile controllo per il soggetto;
❏ insudiciamento come conseguenza di un inefficace training familiare educativo all’uso della toilette;
❏ insudiciamento come conseguenza, soprattutto
nelle prime classi delle elementari, del persistente
ricorso al pannolino, benché il bambino possegga
già un’efficiente funzione minzionale.
Profilo psicologico dei bambini
affetti da encopresi
L’encopresi è definita primaria quando il bambino non ha mai raggiunto il controllo della defecazione, secondaria quando il controllo è stato
raggiunto, ma il bambino ha poi interrotto questo
comportamento3. Il suo esordio sembra correlato
a eventi stressogeni: inizio della scuola, difficoltà
di adattamernto scolastico, separazione dei genitori, nascita di un fratello, transizione da una classe a un’altra13.
Le variabili che maggiormente determinano il
successo o il fallimento del controllo dello sfintere
anale sono:
❏ l’epoca in cui i genitori iniziano il toilet training
(mai prima del 18° mese!);
❏ la capacità, del tutto soggettiva, da parte del
bambino di intuire ciò che ci sia aspetta da lui;
❏ i rinforzi o stimoli utilizzati ai fini educativi.
L’incidenza dei sintomi associati (dolori addominali ricorrenti; enuresi; disturbi del sonno, del
linguaggio e del comportamento alimentare) varia
a seconda delle statistiche, così come le manifestazioni maladattative preesistenti, concomitanti o
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successive. L’incapacità a controllare l’emissione
delle feci è umiliante e i bambini affetti vivono nel
timore di essere scoperti e di essere esposti alle
altrui critiche. L’autostima si riduce e possono
manifestarsi tendenze all’isolamento in un quadro
di diffusa depressione oppure di eccessiva dipendenza da parte dei genitori (encopresi passiva) o
ancora di aperta aggressività (encopresi attiva).
Frequente è anche un controllo immaturo dell’aggressività, di una scarsa tolleranza all’ansia e alle
frustrazioni.
L’encopresi comporta numerosi conflitti, che
emergono con dovizia di particolari nei colloqui,
sotto forma di accuse incrociate tra i familiari, in
quanto i genitori, i nonni, il personale scolastico,
amici, conoscenti e medici stessi espongono teorie talora contraddittorie circa le ragioni per le
quali il bambino si sporca.
Non solo le attività sportive o ricreative del
bambino sono compromesse, ma anche quelle
dei familiari (il bambino rischia di sporcarsi in
macchina, al ristorante, in gita ecc.) e dei fratelli
restii a socializzare con comuni amici per l’imbarazzo causato dal cattivo odore.
Una peculiarità dell’affezione rispetto alle altre
disfunzioni pediatriche, persino rispetto all’enuresi, consiste nell’atteggiamento di “omertà”. Da
una parte i bambini che ne sono affetti non vengono informati che anche altri bambini possono avere lo stesso disturbo. Analogamente molti genitori
attribuiscono il disturbo a pigrizia, incuria, disordiFonte
Oggetto
Spinta
Meta
STADIO
ORALE
Zona
oro-labiale
Seno
Biberon
Fame
Fusione
con l’oggetto
STADIO
ANALE
Zona
ano-rettale
Feci
Evacuazione
Controllo
relazionale
(stipsi-encopresi)
STADIO
FALLICO
Zona
uretrale
Urina
Minzione
Strategia
aggressiva
attiva (urinare su)
passiva (enuresi)
Tabella I
LIBIDO
Ambivalenza
SADISMO
Ambivalenza
Possesso dell’oggetto
Rifiuto dell’oggetto
Dominio sull’oggetto
Annientamento dell’oggetto
Tabella II
Oggetto
Tipo di angoscia
Strategia difensiva
Buono
Depressiva: timore di
perdita dell’oggetto
Tendenza ritentiva
Cattivo
Paranoide: timore di
attacchi dall’oggetto
Tendenza espulsiva
FECI
Tabella III
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SPECCHIO
ni dietetici, scarsa igiene e, non conoscendone la
diffusione, evitano di parlarne per tabù o vergogna. Tendono anzi a colpevolizzare il bambino di
trascuratezza persino per il mancato cambio degli
indumenti sporchi senza immaginare che l’olfatto,
abituatosi all’odore sgradevole costantemente
presente, è diventato insensibile a ogni nuova
emissione di feci.
L’educazione di questi bambini si attua pertanto in un clima colpevolizzante e compulsivo, spesso altalenante fra il lassismo e la rigidità14,26.
Interpretazioni psicodinamiche
L’encopresi ritentiva, che è la più comune e
che va intesa come una non raggiunta o dimenticata coordinazione tra rilasciamento sfinteriale e
attivazione del torchio addominale, può rappresentare un semplice comportamento appreso, una
abitudine indotta da cause banali e comprensibili,
già elencate, intervenute in fase di “apprendimento”. Tuttavia, è impossibile non considerare che
dietro la “scelta” di trattenere le feci (e nel caso di
encopresi non ritentiva, di emetterle inappropriatamente) non giochino anche altri fattori, intrapsichici o relazionali. Riteniamo non improprio per il
pediatra conoscere anche queste motivazioni.
Nell’affrontare i disturbi della defecazione sembra corretto operare una distinzione che rispecchia le bipolarità stipsi (ritenzione)/encopresi (evacuazione), ovvero evidenziare se questi disturbi
sono il sintomo agito di una situazione conflittuale
intrapsichica individuale (autocentrata) o il sintomo agito di una tensione inter-psichica (eterocentrata), in cui il sintomo risulta reattivo rispetto a
specifiche dinamiche familiari.
La ritenzione o l’emissione volontaria delle feci,
sotto il profilo psicologico, costituisce una potente
arma di ricatto per il bambino nei confronti dei genitori: può instaurarsi un conflitto fra i propri desideri e le esigenze dei genitori15.
Fermo restando il mutuo intrecciarsi nella realtà
di variabili intra e inter, tale distinzione conduce
allo sviluppo di due prospettive diverse.
Il punto di vista intrapsichico
La connessione psiche-soma, anche per quel
che riguarda le disfunzioni, venne evidenziata già
da Freud quando annotò che i primi impulsi della
sessualità si manifestano nel lattante appoggiandosi ad altre funzioni vitali che forniscono loro una
fonte organica, una direzione e un oggetto16 (Tabella I).
Abraham sviluppò le intuizioni freudiane sull’analità, inserendole nel contesto degli scambi madre-bambino. In questo senso le feci rispecchiano
il rapporto oggettuale di incorporazione della madre come oggetto primario, cioè come la persona
che può soddisfare o frustrare i bisogni del bambino secondo un processo che oscilla tra il trattenere e l’espellere l’oggetto17.
La fase anale è considerata la fase di massima
ambivalenza: il medesimo oggetto può essere
espulso o conservato con due tendenze al piacere
tra loro opposte, rinvenibili sia nell’impulso libidico
sia in quello sadico (Tabella II).
Le tendenze ritentive (conservative) ed evacuative (distruttive) di origine libidica e sadica si com-
61
OLTRE
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binano tra di loro e si rafforzano reciprocamente.
Tale processo si articola in due momenti evolutivi:
❏ stadio espulsivo (più arcaico), in cui prevale la
tendenza libidica a rifiutare l’oggetto, combinata a
quella sadica rivolta all’annientamento dello stesso;
❏ stadio conservativo (più tardo), in cui prevale la
tendenza libidica a trattenere l’oggetto, combinata
con quella sadica del dominio sull’oggetto.
In funzione del tempo e del luogo dell’espulsione o della ritenzione, le feci possono assumere il
valore sia di oggetto buono sia di oggetto cattivo
a seconda che l’esperienza assuma le connotazioni soggettive di piacevolezza o spiacevolezza (Tabella III).
Questa opposta polarità venne indagata dalla
Klein soprattutto per i meccanismi relazionali, a
sfondo emotivo, che il bambino mette in atto nei
confronti dell’oggetto. L’evacuazione assume il significato sadico di distruzione dell’oggetto cattivo
mentre la ritenzione rimanda a valenza riparativa
intesa quale strategia finalizzata alla conservazione all’interno di sé dell’oggetto buono. Inoltre ritenzione ed evacuazione sono considerate dalla
Klein18 come delle strategie difensive.
Ai binomi citati (buono/cattivo, ritenzione
/espulsione, libidico/sadico) vi è infine da aggiungere l’opposizione fra le tendenze all’attività (impulso sadico contro l’oggetto) e alla passività (impulso masochistico contro il sé e il corpo) che rivestono un ruolo importante correlato all’aggressività.
Nel contesto dell’ambivalenza tipico della fase
anale, le tendenze all’attività e alla passività non si
identificano nell’encopresi (attività) e nella stipsi
(passività) ma si combinano fra loro. Nella stipsi il
soggetto è attivo nel controllare l’impulso evacuativo, esercitando un dominio sull’oggetto, mentre
l’aggressività è passiva, masochistica, in una situazione in cui non può essere agita all’esterno.
Nell’encopresi il soggetto è passivo in quanto
incapace di esercitare un controllo inibitorio dell’impulso evacuativo, mentre l’aggressività è attiva
perché viene agita verso l’esterno attraverso l’espulsione.
Il punto di vista interpsichico
Il rapporto tra madre e bambino è per sua natura ambivalente.
La madre oscilla tra la tendenza a intervenire
autoritariamente nella vita del bambino, e quella di
rifiutarlo perché non corrisponde alle sue aspettative. Il bambino oscilla tra il rifiuto della madre (ricerca di autonomia) e il mantenimento della dipendenza. Il disturbo defecatorio di tipo ritentivo
può essere interpretato come spinta all’autonomia, quello di tipo non ritentivo come mantenimento della dipendenza19 (Tabella IV).
SPECCHIO
Trattamento
Esistono molti segni differenziali importanti tra la
stipsi e la malattia di Hirschsprung6 (Tabella V).
In sostanza le due condizioni sono tra loro inconfondibili e basta la palpazione rettale col riscontro di un fecaloma nell’ampolla per porre la diagnosi di ritenzione funzionale.
Considerando la ritenzione fecale funzionale come un comportamento appreso, in cui il bambino
ha “dimenticato” i meccanismi della defecazione, è
opportuno che il medico fornisca gli strumenti farmacologici ed esplicativi per riattivarli.
In particolare occorre che il bambino comprenda
che rispondere allo stimolo defecatorio e non trattenere le feci costituiscono la chiave del successo
del trattamento20.
Le masse fecali dovrebbero essere ammorbidite
e rese semiliquide ricorrendo a lassativi, mentre i
clisteri dovrebbero essere evitati se non all’inizio
del trattamento per eliminare il fecaloma occludente (il “tappo”) che spesso ha bisogno di essere
frammentato per poter essere materialmente espulso. Inoltre al bambino dovrebbe avere garantito un
accesso il più tranquillo possibile al WC, almeno
due o tre volte al giorno, possibilmente dopo i pasti, per sfruttare il riflesso gastro-colico. Inoltre si
dovrebbe porre seduto il bambino in modo tale da
favorire la pressione dei piedi sul pavimento o su
una panchetta, per facilitare l’espulsione delle feci21.
Il ricorso al biofeedback per i bambini di età superiore a 6 anni è vantaggioso perché essi possono
collaborare imparando a rilasciare lo sfintere esterno per produrre l’evacuazione e a contrarlo per acquisire la continenza22. In realtà nelle forme ritentive, che sono la maggioranza, esiste un’ipertonia
sfinteriale cronica che il biofeedback aiuta a vincere.
Il trattamento farmacologico è controindicato
nella patologia non ritentiva; in quel caso è invece
essenziale un’appropriata guida al training della toilette e un eventuale supporto psicoterapeutico per
le forme elettivamente psicogeniche23.
La valutazione psicodiagnostica è premessa essenziale per valutare clinicamente i seguenti
aspetti24:
❏ in quale stadio evolutivo ha avuto inizio il disturbo;
❏ l’entità del disturbo, se continuativo o sporadico;
❏ trattamenti medici o chirurgici o psicologici già
intrapresi;
❏ condizioni psicosociali concomitanti;
❏ eventuali vantaggi secondari derivanti dal disturbo;
❏ atteggiamento genitoriale nei confronti del disturbo;
❏ percezione che il bambino e i genitori hanno rispettivamente del disturbo.
Disturbo defecatorio
Meccanismo fisiopatologico
Significato intrapsichico
Significato interpsichico
Stipsi con/senza encopresi
(passiva)
Ritenzione
Difesa da angoscia
depressiva
Spinta all’autonomia
e repressione dell’aggressività
Encopresi
(attiva)
Espulsione
Difesa da angoscia
paranoide
Mantenimento della dipendenza
e aggressività agita
Tabella IV
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OLTRE
Segni e sintomi
1. Ritardato transito di meconio
2. Insudiciamento
3. Sintomi ostruttivi
4. Masse fecali voluminose
5. Tendenza a trattenere le feci
6. Enterocolite
7. Sintomi dalla nascita
8. Sede di accumulo fecale
9. Sintomi gastrointestinali associati
LO
SPECCHIO
Ritenzione fecale funzionale
mai
frequente
rari
frequenti
frequente
mai
rari
retto
mai
m. di Hirschsprung
frequente
raro
frequenti
rare
rara
possibile
frequenti
extraretto
possibili
Tabella V
Conclusioni
La fase anale (2° anno di vita: la fonte principale di piacere deriva dalla stimolazione della regione anale, attraverso l’alternanza della ritenzione e
dell’espulsione del materiale fecale) costituisce
una tappa fondamentale per lo sviluppo psico-fisiologico del bambino, in quanto segna l’avvio del
processo per l’orientamento relazionale, auto ed
eterocentrato:
1. l’apprendimento del potere relazionale, per
mezzo della distinzione fra il possesso e la cessione: le feci assumono il valore simbolico di qualcosa che finisce di essere parte di sé e diventa qualcosa di esterno. Si comincia a stabilire il confine
tra mondo esterno e mondo interno, tra sé e non
sé;
2. la sperimentazione del piacere relazionale, in
quanto sulla sensazione del piacere autoerotico
provocato dall’eccitamento della mucosa ano-rettale, grava l’ambiente esterno con richieste e proibizioni. Nell’imparare, ad esempio, a procrastinare
il piacere evacuativo per esaudire le richieste genitoriali, le feci assumono il significato di moneta
di scambio con l’ambiente;
3. la ricerca del controllo relazionale, poiché la
scelta dei luoghi e dei tempi evacuativi consente
al bambino di controllare e manipolare gli oggetti.
La scoperta dell’oggetto e del potere su di esso
consente la differenziazione dagli altri e l’inizio
della autonomizzazione rispetto alle figure genitoriali25.
Se a livello neurofisiologico è necessaria una
adeguata maturazione, così a livello educativo e
pedagogico occorre un adeguato contributo genitoriale per assicurare un appropriato controllo
sfinterico da parte del bambino.
In particolare lo sviluppo cognitivo-motivazionale deve essere valorizzato affinché il bambino ricordi le istruzioni impartite per un comportamento
sfinterico autonomo e le applichi soprattutto nel
trattenere e dilazionare l’impulso oppure nel non
trattenere rispondendo nella sede corretta all’impulso defecatorio26.
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