Università di Pisa “Trattamento chirurgico delle neoplasie

Università di Pisa
Dipartimento di Scienze Veterinarie
SCUOLA DI SPECIALIZZAZIONE IN PATOLOGIA E CLINICA
DEGLI ANIMALI D’AFFEZIONE
“Trattamento chirurgico delle
neoplasie vescico-uretrali nel cane”
Candidato
Dott.ssa Pena Natalia
Tutor
Prof. Vannozzi Iacopo
Sessione 2012-2013
1
2
INDICE
1)
NEOPLASIE VESCICALI E URETRALI NEL CANE ............................................ 6
a)
EPIDEMIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO ......................................................... 6

NEOPLASIE VESCICALI ..................................................................................... 6

NEOPLASIE URETRALI ...................................................................................... 9
b)
COMPORTAMENTO BIOLOGICO E CLASSIFICAZIONE ISTOPATOLOGICA
9

NEOPLASIE VESCICALI ................................................................................... 10

NEOPLASIE URETRALI .................................................................................... 12
c)
QUADRO CLINICO ................................................................................................ 13

NEOPLASIE VESCICALI ................................................................................... 13

NEOPLASIE URETRALI .................................................................................... 13
d)
DIAGNOSI DIFFERENZIALI, DIAGNOSI E STADIAZIONE CLINICA ........... 14

NEOPLASIE VESCICALI ................................................................................... 14

NEOPLASIE URETRALI .................................................................................... 20
e)
TERAPIA.................................................................................................................. 21

CHIRURGIA DELLE NEOPLASIE VESCICALI .............................................. 22

CHIRURGIA DELLE NEOPLASIE URETRALI ............................................... 26

CHEMIOTERAPIA DELLE NEOPLASIE VESCICALI .................................... 31

CHEMIOTERAPIA DELLE NEOPLASIE URETRALI ..................................... 35

RADIOTERAPIA DELLE NEOPLASIE VESCICALI ....................................... 35

RADIOTERAPIA DELLE NEOPLASIE URETRALI ........................................ 36

TERAPIA FOTODINAMICA .............................................................................. 36
f)
PROGNOSI .............................................................................................................. 37

NEOPLASIE VESCICALI ................................................................................... 37

NEOPLASIE URETRALI .................................................................................... 39
2)
SCOPO DELLA TESI .............................................................................................. 40
3)
MATERIALI E METODI ........................................................................................ 42
4)
RISULTATI .............................................................................................................. 44
g)
DESCRIZIONE DEL GRUPPO ............................................................................... 48
h)
ESAME CLINICO .................................................................................................... 49
i)
STADIAZIONE ........................................................................................................ 50
3
j)
THERAPIA CHIRURGICA ..................................................................................... 53
k)
TASSO DI SOPRAVVIVENZA .............................................................................. 54
5)
ANALISI DEI RISULTATI ..................................................................................... 55
6)
CONCLUSIONI ....................................................................................................... 76
7)
BIBLIOGRAFIA ...................................................................................................... 80
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RIASSUNTO
I tumori vescicali nella specie canina rappresentano meno del 2% se si fa riferimento a
tutte le neoplasie maligne in genere, ma tra i tumori dell’apparato urinario sono invece i
più frequenti. Negli ultimi anni è stato però segnalato un aumento della prevalenza del
carcinoma a cellule di transizione (TCC), il tumore maligno vescicale e uretrale più
frequentemente riscontrato. Esistono numerose analogie tra TCC canino e umano:
caratteristiche istopatologiche (più dell’80% è invasivo e di grado elevato o intermedio),
comportamento biologico (stadio clinico avanzato alla diagnosi e spiccata tendenza a
metastatizzare), aspetti molecolari, risposta alla terapia medica e prognosi. Per questo
motivo, il carcinoma a cellule di transizione canino rappresenta un ottimo modello di
studio per il tumore vescicale-uretrale invasivo dell’uomo e le ricerche in questo campo
potranno beneficiare entrambi.
ABSTRACT
Tumors of the bladder in dogs represent less than 2% of all malignancies in general, but
are the most common cancers of the urinary tract. In the last few years, however, it was
reported an increased prevalence of transitional cell carcinoma (TCC), the most common
malignant tumor of the bladder and urethra. There are many similarities between human
and canine TCC: histopathological features (more than 80% is invasive and high- or
intermediate- grade), biological behavior (advanced clinical stage at diagnosis and a strong
tendency to metastasize), molecular aspects, response to therapy and prognosis. For this
reason, the transitional cell carcinoma of the dog is a good model to study the human
invasive bladder and urethral cancer and research in this field will benefit both.
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1) NEOPLASIE VESCICALI E URETRALI NEL
CANE
a) EPIDEMIOLOGIA E FATTORI DI RISCHIO
I tumori vescicali nel cane rappresentano meno del 2% se si fa riferimento a tutte le
neoplasie maligne in genere (Valli et al., 1995; Knapp et al., 2000; Mutsaers et al, 2003;
Knapp, 2006; Knapp&McMillan, 2007; Marconato et al., 2012), ma tra i tumori
dell’apparato urinario sono invece i più frequenti (nel gatto sono secondi solo al linfoma
renale). Anche le neoplasie uretrali sono poco comuni sia nel cane che nel gatto
(Marconato et al., 2012). Negli ultimi anni è stato però segnalato un aumento della
prevalenza del carcinoma a cellule di transizione (TCC) (Knapp et al., 2000;
Knapp&McMillan, 2007; Marconato et al., 2012), la neoplasia vescicale ed uretrale
maligna più frequentemente riscontrata (Valli et al., 1995; Knapp et al., 2000; Mutsaers et
al, 2003; Knapp, 2006; Knapp&McMillan, 2007; Marconato et al., 2012).
 NEOPLASIE VESCICALI
L’eziologia del TCC vescicale canino è multifattoriale (Knapp&McMillan, 2007;
Marconato et al., 2012) e coinvolge fattori sia genetici che ambientali. Il sesso più
interessato è quello femminile, con rapporto 1,7-2:1 (Knapp et al., 2000; Mutsaers et al,
2003; Knapp, 2006; Knapp&McMillan, 2007; Marconato et al., 2012). Una possibile
spiegazione in merito a questa maggiore predisposizione nelle cagne potrebbe risiedere
nell’atteggiamento naturale alla minzione: i soggetti maschi, infatti, tendono ad urinare più
spesso per la marcatura del territorio e questo comporta un più breve contatto tra mucosa
vescicale e sostanze potenzialmente cancerogene presenti nelle urine (Marconato et al.,
2012). Anche la sterilizzazione sembra influenzare l’epidemiologia di questa neoplasia;
infatti i soggetti sia maschi che femmine sterilizzati hanno un maggiore rischio di
sviluppare tumori vescicali rispetto a quelli intatti (Knapp&McMillan, 2007; Marconato et
al., 2012), probabilmente a causa dell’alterazione del diametro uretrale associato alla
perdita dell’influenza ormonale. L’età media d’insorgenza è 11 anni. Razze canine
predisposte sono Beagle, Terrier scozzese, West Highland White Terrier, cani da pastore
(Pastore scozzese), Airedale terrier e il bassotto. Si pensa che per alcune di queste razze la
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causa di questa maggiore predisposizione sia da ricondurre a fattori genetici; per esempio il
Terrier scozzese presenta un rischio 18 volte maggiore rispetto alle altre razze (Marconato
et al., 2012). Nella seguente tabella vengono elencate le razze considerate a maggior
rischio (Glickman et al., 1989; Knapp et al., 2000; Mutsaers et al., 2003; Glickman et al.,
2004; Raghavan et al., 2004; Bryan et al., 2007; Knapp&Millan, 2007).
I.
Razze a maggior rischio di sviluppare un TCC vescicale (Glickman et al., 1989;
Knapp et al., 2000; Mutsaers et al., 2003; Glickman et al., 2004; Raghavan et al.,
2004; Bryan et al., 2007; Knapp&Millan, 2007)
RAZZA
ODDS RATIO
95% INTERVALLO
CONFIDENZA
Meticci
1.0
-
Cani di razza
0.74
0.62 – 0.88
Scottish terrier
18.09
7.3 – 44.86
Shetland sheepdog
4.46
2.48 – 8.03
Beagle
4.15
2.14 – 8.05
Wire-haired fox terrier
3.20
1.19 – 8.63
West Highland white terrier
3.02
1.43 – 6.40
Schnauzer nano
0.92
0.54 – 1.57
Barboncino nano
0.86
0.55 – 1.35
Doberman pinscher
0.51
0.30 – 0.87
Labrador retriever
0.46
0.30 – 0.69
Golden retriever
0.46
0.30 – 0.69
Pastore tedesco
0.40
0.26 – 0.63
DI
Anche alcune sostanze chimiche possono aumentare notevolmente il rischio di sviluppare
questa neoplasia, tra cui le nitrosamine, gli erbicidi e la ciclofosfamide (il suo metabolita,
l’acroleina, è stato occasionalmente associato a TCC; si pensa che l’iniziale quadro di
cistite emorragica possa degenerare in un secondo momento e andare incontro a
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trasformazione maligna dell’epitelio vescicale). Secondo alcune ricerche americane e
canadesi, esisterebbe una correlazione significativa tra morbilità legata ai tumori vescicali
canini e livello di attività industriale nell’ambiente questi soggetti. Per questo motivo il
cane potrebbe fungere da sentinella per l’identificazione precoce di sostanze
potenzialmente cancerogene presenti nell’ambiente (Marconato et al., 2012). Ma le
sostanze chimiche più note per il loro effetto cancerogeno sulla mucosa vescicale del cane
sono i prodotti antiparassitari, i quali contengono in percentuali elevatissime (ben circa il
95%) ingredienti inerti a base di petrolio, polieteri e xilene, noti per le loro caratteristiche
cancerogene. Una ricerca suggerisce che siano più pericolosi i “vecchi” antiparassitari”,
mentre i più attuali prodotti spot-on a base di fipronil o imidacloprid sembrerebbero più
sicuri (Glickman et al., 1989; Knapp&McMillan, 2007; Marconato et al, 2012). In uno
studio caso-controllo sui Terrier scozzesi, soluzioni spot-on contenenti fipronil non sono
stati associati ad un aumentato rischio di sviluppare TCC (Raghavan et al., 2004;
Knapp&McMillan, 2007). Si è rilevato anche un aumento dell’incidenza nei soggetti
obesi. Il grasso corporeo favorisce l’accumulo di sostanze chimiche lipofile (come per
esempio le sostanze inerti contenute nei prodotti antiparassitari per l’appunto) che vengono
quindi metabolizzate ed eliminate per via urinaria più lentamente, favorendo così una
prolungata esposizione uroteliale a queste sostanze cancerogene (la causa più consistente
di cancerogenesi è l’esposizione prolungata a basso dosaggio di una sostanza e non
un’unica esposizione a dosaggio maggiore della stessa sostanza) (Marconato et al., 2012).
In contrasto, sembra che il consumo regolare di verdure ricche di carotenoidi e retinolo
(gialle, arancioni o verdi frondose) e l’assunzione di farmaci antinfiammatori non steroidei
abbiano un effetto protettivo (Marconato et al., 2012). In uno studio, cani di razza Terrier
scozzese che assumevano più di tre volte alla settimana questo tipo di verdure, avevano un
rischio ridotto (del 70-90% circa) di sviluppare TCC vescicale (Raghavan et al., 2005;
Knapp&McMillan, 2007; Marconato et al., 2012). Il specifico tipo di vegetale con
maggiori benefici non è stato possibile determinarlo ma resta il fatto che le carote, date
come premio, erano i vegetali più frequentemente somministrati (Raghavan et al., 2005;
Knapp&McMillan, 2007).
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 NEOPLASIE URETRALI
Nei cani i tumori uretrali sono meno comuni rispetto a quelli vescicali, mentre nei gatti
vengono considerati estremamente rari (White&Brearley, 2010). Rispetto alla popolazione
maschile, le cagne anziane sono predisposte allo sviluppo di tumori uretrali (Marconato et
al., 2012; White&Brearley, 2010). L’età media di insorgenza viene riportata essere circa 10
anni (White&Brearley, 2010).
b) COMPORTAMENTO BIOLOGICO E CLASSIFICAZIONE
ISTOPATOLOGICA
La tabella seguente indica tutti i tumori vescicali ed uretrali riportati nel cane e nel gatto.
II.
Classificazione istopatologia dei tumori vescicali e uretrali nel cane e nel gatto
(Marconato et al., 2012; White&Brearley, 2010)
EPITELIALI BENIGNI
MESENCHIMALI BENIGNI
PAPILLOMA
EMANGIOMA
ADENOMA
FIBROMA
LEIOMIOMA
MYXOMA
EPITELIALI MALIGNI
MESENCHIMALI MALIGNI
ADENOCARCINOMA
EMANGIOSARCOMA
CARCINOMA A CELLULE DI
TRANSIZIONE (papillare non infiltrante, papillare
FIBROSARCOMA
infiltrante, non papillare non infiltrante, non papillare
infiltrante)
CARCINOMA INDIFFERENZIATO
LEIOMIOSARCOMA
CARCINOMA SQUAMOCELLULARE
MYXOSARCOMA
RABDOMIOSARCOMA
OSTEOSARCOMA
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METASTATICI
LESIONI PSEUDOTUMORALI
LINFOMA T EPITELIOTROPO
POLIPO
CARCINOMA OVARICO
CISTITE POLIPOIDE DIFFUSA o
piogranulomatosa
CARCINOMA INTESTINALE
CISTITE EOSINOFILICA
CARCINOMA PROSTATICO
METAPLASIA SQUAMOSA
CARCINOMA UTERINO
METAPLASIA GHIANDOLARE
CARCINOMA URETRALE o VESCICALE
 NEOPLASIE VESCICALI
I tumori vescicali sono generalmente maligni, originano nell’80% dei casi dall’epitelio di
transizione e spesso invadono tutto lo spessore della parete vescicale. Nel cane i tumori
vescicali si localizzano principalmente in corrispondenza del trigono (nel gatto, invece, è
spesso interessato l’apice vescicale). Sembra che il trigono sia spesso interessato per la sua
posizione anatomica e per l’effetto gravitazionale che favorisce il raccogliersi di urina in
questo punto, provocando esposizione cronica dell’urotelio alle tossine presenti nelle urine
(nel gatto le neoplasie vescicali si localizzano, infatti, più frequentemente a livello di apice
e parete dorsale e ventrolaterale; le caratteristiche anatomiche sono diverse rispetto al cane
e l’urina tende ad accumularsi in punti diversi dal trigono). La metastatizzazione dei tumori
vescicali avviene per continuità o per via linfoematogena (Marconato et al., 2012).
Nel cane, il carcinoma a cellule di transizione, è la forma più comune tra le neoplasie
vescicali ed è molto aggressivo (Valli et al., 1995; Knapp et al., 2000; Mutsaers et al, 2003;
Knapp, 2006; Knapp&McMillan, 2007; Marconato et al., 2012). Si localizza
frequentemente a livello del trigono vescicale (Knapp et al., 2000; Knapp&McMillan,
2007; Marconato et al., 2012), per cui lo rende spesso chirurgicamente poco accessibile
(Marconato et al, 2012). Lesioni papillari e una parete vescicale molto ispessita sono
comuni caratteristiche e possono portare a una parziale o completa ostruzione del tratto
urinario (Knapp&McMillan, 2007). Inoltre sono frequenti il coinvolgimento uretrale e
l’infiltrazione dello strato muscolare della parete vescicale (82-97% dei casi). Alla diagnosi
il 14-37% dei pazienti presenta già metastasi ai linfonodi regionali, polmoni, fegato, reni e
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vertebre lombari e sacrali. Siti metastatici meno frequenti ma riportati sono milza, occhio,
utero, cieco, colon, parete addominale, diaframma e mucosa orale (Marconato et al, 2012).
Un altro studio mostra che metastasi erano presenti nel 14% dei casi e che, ad un esame
post-mortem, furono identificato metastasi a distanza in ben 50% dei pazienti (Knapp et
al., 2000; Knapp&McMillan, 2007). Il 22% del TCC è multiplo al momento della diagnosi,
ciò potrebbe indicarne la natura multicentrica all’origine oppure la precoce
metastatizzazione intraepieliale o intraluminale (Marconato et al, 2012). Uno studio
effettuato su 102 cani con TCC vescicale presentavano, nel 56% dei casi, un concomitante
coinvolgimento uretrale e, nel 29% dei cani maschi, anche la prostata era interessata dal
processo neoplastico (Knapp et al., 2000; Knapp&McMillan, 2007; Marconato et al.,
2012). Macroscopicamente il TCC (come anche le altre neoplasie epiteliali maligne
riscontrate) può assumere aspetto papillare (o vegetante o peduncolato) ed essere
infiltrante (condizione più frequente) o non infiltrante a seconda se infiltri o meno la tonaca
muscolare, muscolo detrusore oppure gli organi adiacenti; oppure può presentare un
aspetto non papillare (ad ampia base di attacco) ed essere infiltrante o non infiltrante
(prendendo nome in questo caso di carcinoma in situ) (Marconato et al., 2012). La
maggior parte dei TCC sono di grado intermedio-alto e di tipo papillare infiltrativo (Valli
et al., 1995; Knapp et al., 2000;
Knapp, 2006; Knapp&McMillan, 2007). Il
comportamento biologico dipende in larga misura dall’aspetto macroscopico del tumore:
infatti, se infiltrante, sono possibili estensione transmurale e coinvolgimento dei tessuti
pelvici e aumenta, inoltre, notevolmente il potenziale metastatico. Pertanto, ai fini
prognostici e terapeutici, è di fondamentale importanza che il patologo segnali profondità
di invasione (per la possibilità, per esempio, d’intervenire con la terapia endovescicale) e
caratteristiche di invasione, tra cui modalità d’infiltrazione dei tessuti adiacenti e presenza
o assenza d’invasione vascolare e\o linfatico. L’infiltrazione linfocitica rivelerebbe
neoplasie dal tasso metastatico più elevato (Marconato et al., 2012).
Il rabdomiosarcoma è un raro tumore vescicale che origina dai mioblasti immaturi
embrionali e che interessa soprattutto cani giovani. Basset hound e cani di grossa taglia
sembrano essere predisposti (San Bernardo e Terranova). Solitamente è interessato il
trigono e solo occasionalmente l’uretra e viene spesso associato all’osteopatia ipertrofica.
Al contrario di altre neoplasie mesenchimali della vescica urinaria che si accrescono nello
spessore della parete, il rabdomiosarcoma si presenta con caratteristico aspetto polipoide
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con sollevamenti nodulari multipli che sporgono nel lume vescicale; per questa ragione
spesso viene ricordato con il termine di rabdomiosarcoma botrioide. Questa neoplasia
tende ad essere aggressiva localmente e raramente metastatizza ai polmoni, linfonodi
regionali, mesentere, reni, surreni, fegato e milza. Il fibroma rappresenta il 3-4% di tutti i
tumori vescicali, è generalmente solitario e a crescita lenta. Il fibrosarcoma (FSA) è stato
solo raramente descritto rappresentando solo meno del 2% dei tumori vescicali riportati nel
cane (nel gatto non esistono segnalazioni). Le neoplasie della muscolatura liscia sono rari a
livello vescicale, rappresentando nel cane meno dello 0.5% di tutte le neoplasie vescicali.
Tra questi, i leiomiomi, benigni, sono più frequenti di quelli maligni (leiomisarcomi). Nella
specie felina sono più frequenti i leiomiosarcomi rispetto ai leiomiomi e nell’uomo i
leiomiomi tendono a interessare più frequentemente le donne (76% dei casi), mentre i
leiomiosarcomi sono più comuni nei maschi (78%), presentando quindi una
ormodipendenza (Marconato et al., 2012).
Raramente la vescica è sede di metastasi da parte di neoplasie primarie in altra sede, non è
invece inconsueto il suo coinvolgimento in seguito ad estensione diretta (da intestino,
utero, ovaio, prostata e uretra). Il linfoma vescicale fa soprattutto parte del quadro
multicentrico, solo raramente è primitivo (Marconato et al., 2012).
Tra le lesioni pseudotumorali è da ricordare la cistite polipoide diffusa (o
piogranulomatosa), il cui riconoscimento risulta fondamentale per la diagnostica
differenziale con il TCC. Le lesioni da cistite polipoide sono spesso peduncolate e hanno la
caratteristica di restringersi dalla base verso l’apice, mentre il TCC ha per lo più una forma
sessile. Inoltre, la maggior parte dei polipi è localizzata nelle regioni vescicali cranioventrali, mentre il TCC ha predilezione per collo e trigono. I pazienti sono spesso di sesso
femminile e non esiste ancora conferma in merito alla possibilità che la cistite polipoide
possa evolvere in senso neoplastico (Marconato et al., 2012).
 NEOPLASIE URETRALI
Il comportamento biologico dei tumori uretrali è aggressivo: più frequentemente sono
riportate metastasi ai linfonodi regionali e ai polmoni. Sedi insolite, come per esempio
l’occhio, sono state raramente descritte. Al momento della diagnosi, circa un terzo dei cani
con tumore uretrale presenta neoplasia vescicale concomitante (Marconato et al., 2012).
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Le neoplasie uretrali più frequentemente riportate nel cane sono di origine epiteliale e
includono il carcinoma a cellule di transizione (TCC) e il carcinoma squamocellulare
(SCC) (Marconato et al., 2012; White&Brearley, 2010; Kanpp&McMillan, 2007).
Solitamente è stata riscontrata una maggiore incidenza del TCC a livello del primo terzo
uretrale e del SCC nei due terzi distali e a livello del tubercolo uretrale (Marconato et al.,
White&Brearley, 2010). Entrambi questi tipi istologici sono estremamente maligni,
mostrando frequentemente un’invasione locale attraverso la parete uretrale, ostruzione del
lume uretrale a metastasi precoce a livello dei linfonodi locali e degli organi pelvici
(White&Brearley,
2010).
Sono
inoltre
segnalati
il
linfoma,
l’adenocarcinoma,
l’emangiosarcoma, il rabdomiosarcoma embrionale e il leiomioma. E’ stata descritta la
presenza di due condrosarcomi uretrali in un pastore tedesco sottoposto ad amputazione
peniena ed a uretrostomia perineale (Marconato et al., 2012). E’ importante saper
distinguere le neoplasie uretrali dalle uretriti granulomatose dato che ovviamente prognosi
e trattamento differiscono notevolmente (Knapp&McMillan, 2007).
c) QUADRO CLINICO
 NEOPLASIE VESCICALI
I sintomi di una neoplasia vescicale sono soprattutto a carico dell’apparato urinario e
spesso sono aspecifici (possono mimare quelli che si osservano in corso di urolitiasi o
infezioni urinarie), pertanto saranno evidenti ematuria, inizialmente intermittente poi
continua, disuria, pollachiuria, anuria, incontinenza urinaria (Marconato et al., 2012) e
zoppia in caso di metastasi ossee (Mutsaers et al., 20003; Knapp&McMillan, 2007).
Spesso è concomitante l’infezione delle vie urinarie di durata variabile (da 4 settimane a 2
anni), con modesta e iniziale risposta agli antibiotici. E’ segnalata la comparsa di prolasso
rettale, secondario a tenesmo vescicale, e di uroperitoneo da rottura della vescica
neoplastica. Tra le sindromi paraneoplastiche si ricordano l’osteopatia ipertrofica in corso
di rabdomiosarcoma nel cane (Marconato et al., 2012).
 NEOPLASIE URETRALI
I sintomi di una neoplasia uretrale sono anch’essi aspecifici (stranguria, disuria, ematuria,
pollachiuria, scolo vaginale emorragico) (Marconato et al., 2012; White&Brearley, 2010)
ma è più frequente, rispetto alle neoplasie vescicali, l’ostruzione completa delle vie
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urinarie con anuria, addome acuto, vomito, depressione e gravi alterazioni metaboliche
secondarie (Marconato et al., 2012).
d) DIAGNOSI DIFFERENZIALI, DIAGNOSI E
STADIAZIONE CLINICA
La valutazione delle neoplasie vescicali ed uretrali è piuttosto complessa e si snoda in
molteplici indagini diagnostiche.
 NEOPLASIE VESCICALI
Molte condizioni possono mimare il TCC vescicale per quanto riguarda i segni clinici, la
presenza di cellule epiteliali anormali nel sedimento urinario e le lesioni a carico della
parete vescicale. Diagnosi differenziali includono: altre neoplasie, cistite cronica, cistite
polipoide, polipi fibroepiteliali, cistiti\uretriti granulomatose e calcoli (Valli et al., 1995;
Martinez et al., 2003; Liptak et al., 2004; Benigni et al., 2006; Heng et al., 2006; Patrick et
al., 2006; Bae et al., 2007; Knapp&McMillan, 2007; Kessler et al., 2008;
Deschamps&Roux, 2009; Böhme et al., 2010; Gelberg, 2010). Ovviamente è di assoluta
importanza distinguere una condizione non tumorale da una neoplasia poiché il trattamento
e la prognosi differiscono ovviamente in modo considerevole (Knapp&McMillan, 2007).
Per quanto riguarda la diagnosi, si inizia da un’approfondita visita medica in cui la
palpazione dell’addome potrebbe consentire di riscontrare una massa addominale caudale
oppure, più raramente, una vescica ispessita (Marconato et al., 2012). Importante risulta
essere l’esplorazione rettale che potrebbe rilevare un aumento dei linfonodi iliaci
(Knapp&McMillan, 2007). Tra gli esami di laboratorio si devono includere l’esame
emocromocitometrico, che rileva spesso anemia, e l’esame biochimico completo che, in
caso di ostruzione postrenale, mostrerà un aumento dell’azotemia e della creatinina, o
iperglobulinemia in caso di infezione cronica secondaria. L’esame del sedimento urinario
spesso non è molto utile poiché, in condizioni patologiche flogistiche, le cellule
neoplastiche sono spesso indistinguibili dalle cellule epiteliali reattive e possono pertanto
dare problemi interpretativi (Knapp&McMillan, 2007; Marconato et al., 2012). Secondo
uno studio, le cellule neoplastiche sono identificate solo nel 30% dei soggetti con neoplasia
vescicale (Valli et al., 1995; Knapp&McMillan, 2007; Marconato et al., 2012) e nel 40%
14
dei cani con neoplasia uretrale. Tuttavia, l’esame citologico del sedimento urinario può, in
alcuni casi, mettere in evidenza l’eventuale carattere invasivo tumorale: tanto più il tumore
è ben differenziato, tanto più mantiene le caratteristiche del tessuto sano e tanto meno
esfolia. Nei tumori indifferenziati si perdono, invece, le connessioni tra le cellule e il
sedimento è tipicamente molto cellulare indicando, quindi, la presenza di un tumore
potenzialmente più aggressivo. Sui campioni urinari è inoltre possibile eseguire la
citometria a flusso, tecnica sofisticata che permette di valutare il cariotipo cellulare. La
presenza di aneuploidia assume significato prognostico nell’uomo, mentre in veterinaria il
suo ruolo non è stato ancora completamente chiarito. E’ di recente acquisizione la
possibilità di ottenere citoinclusioni da campioni urinari diluiti in alcool 70% con rapporto
10:1 che, previa disidratazione, vengono inclusi in paraffina e processati come pezzi
istologici.
Il
grande
vantaggio
consiste
nel
poter
applicare
colorazioni
immunoistochimiche. L’esame del sedimento urinario presenta tuttavia alcuni svantaggi:
alta possibilità di falsi positivi o negativi, è operatore-dipendente, è difficilmente
standardizzabile e fornisce poche informazioni in caso di neoplasia a basso grado che
esfoliano poco (Marconato et al., 2012). Infine, ma non meno importante, le urine devono
essere raccolte per minzione spontanea oppure per cateterismo, mentre la cistocentesi non
è consigliata per il rischio (in caso di TCC) d’impianto iatrogeno di cellule tumorali
metastatiche lungo il tragitto dell’ago e in corrispondenza della parete addominale
(Knapp&McMillan, 2007; Marconato et al., 2012). L’esame citologico e la biopsia
ecoguidata della massa vescicale sono associati a elevato rischio d’impianto iatrogeno
lungo il tragitto dell’ago in corso d TCC (Marconato et al., 2012) ed è quindi
assolutamente sconsigliata. La diagnosi di certezza si ottiene con l’esame istologico
(Knapp&McMillan, 2007). Esistono diversi metodi per ottenere un campione bioptico da
sottoporre ad esame istologico: cistotomia, cistoscopia e cateterismo cruento transuretrale
eco guidato (Knapp et al., 2000; Messer et al., 2005; Knapp&McMillan, 2007; Holak et al.,
2007; Chidress et al., 2011). Grazie alla cistoscopia abbiamo la possibilità di visualizzare
l’aspetto interno dell’uretra e della vescica e di ottenere biopsie con una metodica non
invasiva. L’importante è raccogliere non solo un campione ma più unità in modo da poter
aver maggior possibilità di ottenere una diagnosi certa (Knapp&McMillan, 2007). In uno
studio su 92 cani con TCC vescicale, grazie alla cistoscopia, nel 96% dei soggetti
femminili e nel 65% dei soggetti maschili è stato possibile fare diagnosi istologica di TCC
15
(Knapp&McMillan, 2007; Childress et al., 2011). Recentemente viene utilizzato un
particolare strumento a cestello, designato per la cattura di uroliti, che permette la raccolta
di campioni di maggiori dimensioni (Knapp&McMillan, 2007). Un ulteriore vantaggio
della cistoscopia è che la neoplasia può essere accuratamente studiata e fotografata,
permettendo un miglior planning chirurgico e di valutare eventuale progressione e risposta
al trattamento (Bacon&Farese, 2012). Anche la cateterizzazione traumatica è una metodica
che può essere utilizzata per fare diagnosi: un catetere urinario viene inserito nell’uretra e,
valutando la sua progressione mediante ecografia, viene posizionato a contatto con la
lesione e a questo punto viene effettuata energica suzione con una siringa da 20 ml che
consente di prelevare materiale cellulare direttamente dalla lesione. La citologia effettuata
dal campione raccolto in questo modo spesso è diagnostica (Bacon&Farese, 2012;
Marconato et al., 2012). Nei carcinomi scarsamente differenziati, l’immunoistochimica per
uroplakin III (UPIII) può essere utile per distinguere TCC da un altro carcinoma. UPIII è
una proteina di transmembrana espressa nelle cellule epiteliali superficiali di transizione
del tratto urinario e viene espressa in più del 90% dei TCC canini, per questo motivo è
stato considerato un marker specifico per TCC (Ramos-Vara et al., 2003;
Knapp&McMillan, 2007). Recentemente l’espressione di UPIII è stata riportata anche nel
cancro prostatico canino (Knapp&McMillan, 2007; Lai et al., 2008). In medicina umana,
all’iter diagnostico si aggiunge la ricerca di marker tumorali. Anche in veterinaria sono
stati definiti alcuni test dall’efficacia, tuttavia, ancora incerta. Dal momento che i tumori
vescicali sono avanzati al momento della diagnosi, identificazione e utilizzo routinario di
marker tumorali potrebbero facilitare la diagnosi precoce e migliorare la prognosi. Il
Bladder Tumor Antigen test (BTA) è un esame che rileva la presenza di antigeni prodotti
dal tumore stesso oppure dalla membrana basale infiltrata da cellule tumorali: il test si
basa, infatti, sulla capacità dei tumori vescicali invasivi di degradare la membrana basale
nei suoi componenti (collagene di tipo IV, fibronectina, laminina e proteoglicani) e di
formare, quindi, complessi proteici evidenziabili nelle urine. Questo test permette di
distinguere cani con alterazioni vescicali da cani sani, senza però differenziare da neoplasia
da flogosi (specificità del 40%), dando quindi frequentemente falsi positivi, in corso di
ematuria, proteinuria e glicosuria (reperti abbastanza comuni in corso di cistiti ed uretriti).
La centrifugazione delle urine potrebbe ottimizzare il test, come dimostrato da uno studio
più recente. Nonostante questi limiti, il test, se eseguito precocemente su cani a rischio,
16
aiuta nella diagnosi precoce di TCC e quindi nella terapia tempestiva: la risposta positiva
indica, infatti, la necessità di ulteriori indagini diagnostiche, mentre la risposta negativa
indica che non è necessario procedere con ulteriori indagini, dal momento che TCC è
escluso con sufficiente garanzia. La sensibilità di questo test è del 90%. Altro marker è il
fattore di crescita fibroblastico, preparato proangiogenetico riscontrato nelle urine
mediante tecnica ELISA, elevato in corso di TCC e basso in cani normali o con infezioni
delle vie urinarie. La valutazione del DNA mediante citometria a flusso, condotta sia su
urine che su campioni fissati in formalina e inclusi in paraffina, permette uno studio più
approfondito delle cellule rispetto alla semplice istologia, consentendo di inquadrare
meglio la prognosi del paziente. Si è visto infatti che il 79% di TCC presenza aneuploidia,
mentre i campioni che provengono da cani non malati o con vescica iperplastica o
infiammata presentano contenuto di DNA normale (diploidia). La presenza di aneuploidia
assume significato prognostico nell’uomo, mentre il suo significato non è ancora chiaro nel
cane. L’indice di proliferazione AgNOR non è risultato utile nel differenziare TCC da
cistite polipoide diffusa, mentre è significativamente più basso in leiomioma rispetto a
leiomiosarcoma. La valutazione dell’instabilità microsatellitare nelle urine di cani non
permette di diagnosticare TCC. Dopo aver raccolto tutti i dati, è possibile stadiare il
paziente secondo il metodo TNM (Marconato et al., 2012). Come per tutte le neoplasie,
prima di intraprendere qualsiasi trattamento, è fondamentale effettuare un’accurata
stadiazione del paziente dato che la presenza di metastasi a distanza o locali non sono così
rare e influenzano notevolmente il modus operandi. Infatti, qualsiasi trattamento molto
raramente potrà influenzare in maniera positiva la qualità di vita di un paziente che mostra
importanti sedi metastatiche al momento della diagnosi (White&Brearley, 2010).
Secondo il WHO (World Health Organization) la stadiazione delle neoplasie vescicali
avviene secondo il metodo TNM descritto nella seguente tabella (Owen, 1980;
Knapp&McMillan, 2007). In uno studio il 78% dei cani presentava TCC in stadio T2 e il
20% in stadio T3 (Knapp et al., 2000; Knapp&McMillan, 2007).
17
III.
Sistema di stadi azione clinica TNM per il tumore vescicale nel cane (Owen, 1980;
Knapp&McMillan, 2007)
T – Primary Tumor
Tis
Carcinoma in situ
T0
Nessuna evidenza di tumore primario
T1
Presenza di una neoplasia papillare superficiale
T2
Presenza di una neoplasia invadente la parete
vescicale
T3
Presenza di una neoplasia invadente gli organi
adiacenti (prostata, utero, vagina e canale pelvico)
N – linfonodi regionali (linfonodi iliaci interni ed
esterni)
N0
Nessun linfonodo coinvolto
N1
Linfonodi regionali coinvolti
N2
Linfonodi regionali e juxtaregionali coinvolti
M – metastasi a distanza
M0
Nessuna evidenza di metastasi
M1
Presenza di metastasi a distanza
L’approccio al paziente con sospetta neoplasia vescicale può avvenire mediante diverse
modalità d’imaging. La metodica più conveniente, in quanto rapida, poco invasiva,
economica ed estremamente informativa, è l’ecografia addominale: per questo motivo essa
di solito è la metodica di prima scelta (Marconato et al., 2012), utilizzata anche nel
monitorare l’eventuale risposta alla terapia medica (Knapp&McMillan, 2007). In caso di
TCC, l’ecografia della vescica mostra una lesione sessile parietale che aggetta nel lume,
tipicamente localizzata nella regione del trigono, che ispessisce e altera la normale
18
stratificazione della parete; ma va ricordato che si possono avere anche lesioni in sede
atipica o lesioni multiple. La lesione spesso si estende verso il tratto prossimale dell’uretra
e coinvolge lo sbocco degli ureteri; in questo caso si associano idrouretere e idronefrosi
mono- o bilaterale. L’ecogenicità della lesione è variabile. Masse di origine mesenchimale
hanno più frequentemente superficie mucosale liscia. Quadri di neoplasia possono essere
associati a infezioni delle vie urinarie e a presenza di calcoli e, per questo motivo, la
valutazione ecografica può essere difficile e deve essere sempre prudente. L’esame
ecografico deve essere completato per valutare i linfonodi sottolobari e tutti gli altri organi
addominali, nella ricerca di potenziali lesioni metastatiche. L’esame radiografico diretto
dell’addome mantiene la sua importanza in quanto consente una valutazione d’insieme di
addome, scheletro e porzione caudale del torace e può fornire importanti indicazioni per la
gestione del paziente oncologico: per esempio, può evidenziare una lesione scheletrica non
sospettata e potenzialmente metastatica. In caso di neoplasia che causa ostruzione delle vie
urinarie, le vescica si può presentare dilatata; anche i reni possono essere aumentati di
volume se è presente concomitante idronefrosi. Collo vescicale e tratto prossimale
dell’uretra possono essere ispessiti e meno visibili, presentare radiopacità eterogenea, con
eventuali aree di mineralizzazione. Può essere presente linfoadenomegalia (Marconato et
al., 2012). L’utilizzo della cistografia positiva (con mdc), negativa (pneumocistografia) o
con doppio contrasto (da quest’ultima si possono ottenere maggiori informazioni sullo
stato della parete vescicale e consiste nell’utilizzo di mdc ed aria) o, in alternativa, la fase
cistografica di urografia discendente, possono risultare molto utili nel caso in cui
l’ecografia non sia disponibile (White&Brearley, 2010; Marconato et al., 2012). In caso di
neoplasia, si visualizzano irregolarità e ispessimento focale della parete della vescica,
difetti di riempimento radiolucenti, sessili o peduncolati. In diagnosi differenziale vanno
considerate le lesioni infiammatorie (cistite polipoide) o altri difetti di riempimento, causati
per esempio da coaguli. La radiologia toracica è fondamentale per completare la
stadiazione del paziente. La cistoscopia è la tecnica diagnostica volta a determinare le
caratteristiche macroscopiche di una neoformazione, sue dimensioni, numero, sede ed
eventuale coinvolgimento uretrale; inoltre questa metodica consente di prelevare materiale
per l’esame istologico e di ricercare eventuale tumore occulto. Questa tecnica deve essere
eseguita con paziente in anestesia generale, in decubito dorsale e previo svuotamento della
vescica. In merito agli strumenti, esistono in commercio cistoscopi rigidi (per soggetti di
19
sesso femminile) e flessibili (per i soggetti di sesso maschile) di diametro e lunghezza vari.
La scintigrafia ossea può essere indagine diagnostica aggiuntiva in caso di zoppia o dolore
osseo, in modo da escludere possibili metastasi ossee in corso di neoplasie aggressive
(Bacon&Farese, 2012; Marconato et al, 2012). Anche TC e RM possono rendersi utili nella
valutazione prechirurgica di pazienti con neoplasia della vescica, soprattutto per stabilire
estensione della neoplasia verso l’uretra, grado di coinvolgimento del grasso perivescicale
e degli ureteri e per approfondire la stadiazione del paziente (Marconato et al., 2012).
 NEOPLASIE URETRALI
In diagnosi differenziale va considerata una grave lesione infiammatoria (uretrite ulcerativa
o granulomatosa) che tuttavia è molto più rara (Marconato et al., 2012).
Per quanto riguarda l’aspetto diagnostico, la maggior parte delle neoplasie uretrali,
specialmente quelle localizzate a livello dell’uretra distale, possono essere identificate
tramite la palpazione vaginale o rettale (White&Brearley, 2010): l’estensione del tumore
all’uretra è evidente circa nel 20% dei casi mediante esplorazione rettale (Marconato et al.,
2012). Nel maschio l’uretra prostatica può risultare allargata e di incrementata consistenza
all’esplorazione rettale; di solito sono interessati uretra prossimale e trigono. Nella
femmina, invece, grazie all’esplorazione vaginale, è possibile percepire l’eventuale
presenza di una massa sul pavimento vicino alla papilla uretrale (Marconato et al., 2012)
ed eventuali infiltrazioni locali a livello dell’adiacente parete ventrale vaginale
(White&Brearley, 2010). Il vestibolo, il tubercolo uretrale e la giunzione vestibolovaginale possono essere esaminati con l’aiuto di uno speculum, di un endoscopio oppure,
se non posseduti, un semplice otoscopio può dare una visuale più che soddisfacente.
Sebbene spesso l’esame urinario non permette di fare diagnosi, potrebbe risultare utile in
quanto può indicare la presenza di ematuria e proteinuria. Le urine dovrebbero essere
sempre sottoposte ad esame colturale e batteriologico. Anche in corso di neoplasie a carico
dell’uretra è sempre bene raccogliere le urine tramite minzione spontanea, in quanto
l’estensione di un TCC uretrale a livello vescicale non è un’evenienza così rara
(White&Brearley, 2010). La valutazione istopatologia del materiale bioptico prelevato
mediante uretroscopia, resezione transuretrale (TUR) o cateterismo cruento (tecnica che si
basa nell’applicare una pressione negativa con una siringa ad un catetere urinario
20
posizionato a contatto con la lesione da campionare) consente di ottenere diagnosi di
certezza (Marconato et al., 2012; White&Brearley, 2010).
Per quanto riguarda la stadiazione clinica, l’ecografia è spesso la prima metodica
d’imaging eseguita in cani che manifestano disuria: consente di valutare le vie urinarie
superiori, la vescica e di visualizzare parte dell’uretra, in particolare il tratto prossimale sia
nel maschio che nella femmina, e nel maschio anche la porzione distale della curvatura
ischiatica. In caso di neoplasia, la parete dell’uretra è ispessita irregolare e spesso sono
presenti piccole aree di mineralizzazione. E’ importante valutare i linfonodi regionali
(iliaci mediali, sacrali e gli ipogastrici) e tutti gli altri organi addominali, alla ricerca di
lesioni compatibili con metastasi o altre lesioni concomitanti. Limite dell’ecografia è la
difficile valutazione della reale estensione neoplastica all’interno della pelvi. Per avere
questa informazione si deve ricorrere ad altre metodiche d’imaging. Lo studio radiografico
diretto della pelvi, che deve comunque sempre precedere l’esame con mezzo di contrasto
(mdc), può mettere in evidenza aree di mineralizzazione lungo il decorso dell’uretra,
linfoadenomegalia sottolombare ed eventuali lesioni scheletriche. L’uretrografia o la
vaginouretrografia positiva retrograda, tecniche diagnostiche di prima scelta in caso di
sospetta ostruzione uretrale causata da neoplasia, possono mostrare difetti di riempimento
che restringono e rendono irregolare il lume e la superficie della mucosa uretrale
(White&Brearley, 2010; Marconato et al., 2012).
Lo studio radiografico del torace
completa la stadiazione e viene eseguito per la ricerca di eventuali metastasi polmonari
(White&Brearley, 2010; Marconato et al., 2012). TC e RM sono richieste per il planning
preoperatorio e completa la stadiazione del paziente (Marconato et al., 2012).
e) TERAPIA
In termini di sopravvivenza, diagnosi precoce e terapia multimodale rappresentano senza
dubbio l’approccio migliore per i tumori vescicali ed uretrali. Dal momento che queste
neoplasie spesso sono invasive e tendono a metastatizzare, la terapia a volte è soltanto
palliativa. Attualmente i risultati più promettenti si ottengono combinando chemioterapia e
terapia con farmaci antinfiammatori non steroidei, mentre la chirurgia associata a
radioterapia e radioterapia associata a chemioterapia possono essere efficaci solo in alcuni
casi selezionati. Indipendentemente dal trattamento, la sopravvivenza media non supera
l’anno (Marconato et al., 2012).
21
 CHIRURGIA DELLE NEOPLASIE VESCICALI
In soggetti affetti da TCC vescicale il trattamento chirurgico è raramente curativo ma può
essere indicato per una o più delle seguenti ragioni: per ottenere tessuto diagnostico, per
cercare di rimuovere la neoplasia e per mantenere o restituire il flusso urinario. La
completa escissione chirurgica di TCC solitamente non è possibile a causa della sua
localizzazione a livello del trigono, per il frequente aspetto multifocale di TCC (“field
effect”), per un concomitante coinvolgimento uretrale e per la presenza di metastasi a
distanza o locali (Knapp&McMillan, 2007). Per la loro frequente localizzazione in
corrispondenza del trigono, spesso si rende necessario effettuare una diversione urinaria
permanente attraverso diverse tecniche (Marconato et al., 2012). Soltanto il 15-20% dei
pazienti presenta tumore apicale su porzioni ventrali della vescica e quindi più facilmente
asportabili (Marconato et al., 2012). Per la natura multipla e diffusa di molte neoplasie
epiteliali vescicali, l’ottenimento di margini puliti è assai difficile e le recidive locali sono
molto comuni (White&Brearley, 2010). Secondo uno studio condotto su 67 cani sottoposti
a chirurgia, solo in due casi è stato possibile effettuare una completa escissione tumorale
con margini liberi. Nonostante ciò, uno dei due casi ebbe una recidiva locale in 8 mesi
mentre l’altro sviluppò metastasi nel giro di pochi mesi (Knapp et al., 2000;
Knapp&McMillan, 2007). Uno studio ha mostrato come, nonostante fossero stati rispettati
i margini durante alcune cistectomie parziali in corso di TCC vescicale canino,
istologicamente ciò non fu confermato nel 50% dei casi (Bacon&Farese, 2012).
Il debulking chirurgico (o resezione submucosale), ovvero la rimozione di una parte
soltanto del tumore mediante cistotomia, ha dimostrato avere nel cane effetto benefico per
quanto riguarda sia il miglioramento della sintomatologia sia la sopravvivenza, prolungata
rispetto ai pazienti non chirurgici (350 giorni contro 207 giorni) (Marconato et al., 2012).
E’ una tecnica che viene effettuata nel caso in cui la diffusione estensiva della neoplasia
non permetta l’esecuzione di una cistectomia parziale, oppure in quei casi in cui il TCC
comprende anche il trigono e\o le regioni peri-ureterali causando un’ostruzione urinaria.
Consiste in una chirurgia citoriduttiva. La mucosa viene approcciata mediante cistotomia e
la parte neoplastica viene asportata superficialmente fino alla sottomucosa. La restante
mucosa viene utilizzata per chiudere il difetto creato, oppure è possibile lasciare il difetto
guarire per seconda intenzione. Questa tecnica è solo palliativa e non priva di
22
complicazioni anche serie, ma in certi casi può ridurre i segni clinici e aumentare
l’efficacia di una chemioterapia adiuvante (White&Brearley, 2010).
La cistectomia parziale è riservata solo ad alcuni casi selezionati, quali tumori apicali di
piccole dimensioni non metastatici. Lo scopo è ottenere margini chirurgici puliti adeguati
senza compromettere la funzionalità della vescica residua. Tramite una laparotomia
caudale si esteriorizza la vescica e si isola dalla ferita addominale con garze laparotomiche.
La vescica può essere facilmente manipolata posizionando delle suture di sostegno. Una
volta che la neoformazione viene identificata, si incide la parete vescicale con una lama di
bisturi rispettando i margini se possibile, per poi allargare la breccia con una forbice di
Metzenbaum (Bacon&Farese, 2012). Per ridurre il rischio di recidiva, si consiglia di
asportare la neoformazione con almeno 2 cm di margini (idealmente 3 cm). E’ possibile
asportare fino all’80% della vescica, con ritorno alla capacità volumetrica normale nel giro
di 4-6 settimane, senza bisogno di effettuare una diversione urinaria se le papille ureterali
sono vengono compromesse. La cistectomia di tale portata può essere ripetuta
complessivamente due volte. Le ferite vescicali guariscono molto rapidamente e in 30
giorni sia ha la completa riepitelizzazione. Complicanze chirurgiche riportate sono
pollachiuria (50% dei casi), ematuria e incontinenza urinaria temporanea (Bacon&Farese,
2012; Marconato et al., 2012). Per quanto riguarda le neoplasie localizzate a livello del
trigono, è possibile effettuare una neoureterocistotomia: consistente in una cistectomia
parziale con la resezione di uno o di entrambi gli ureteri e loro reimpianto a livello
dell’apice vescicale; da tenere in mente che la resezione del trigono vescicale solitamente
porta ad un’incontinenza urinaria (White&Brearley, 2010). Per effettuare una resezione ed
una anastomosi, gli ureteri devono essere liberati dal peritoneo avendo cura di preservare la
vascolarizzazione periureterale. Idealmente l’uretere deve essere sezionato almeno a 2 cm
di distanza dalla parete vescicale per cercare di ottenere margini liberi. La resezione deve
avere un angolo obliquo e il lato vascolarizzato deve essere quello di maggiore lunghezza.
Successivamente si deve effettuare un’anastomosi con la parete vescicale, la quale deve
essere perforata, l’uretere deve essere fatto passare attraverso e la sua mucosa suturata con
quella vescicale tramite una sutura semplice a punti staccati con un monofilamento
riassorbibile (da 6-0 ai 4-0) in modo da ricostruire un nuovo orifizio ureterale. Per limitare
la tensione sull’uretere e compromettere così la cicatrizzazione, possono essere effettuate
due tecniche: la “psoas cistopessi” e\o il “descensus renale”. La prima tecnica viene
23
eseguita posizionando due o tre suture con filo non assorbibile tra la parete cranio-laterale
della vescica e la fascia o il muscolo psoas, in modo che effettuino una lieve tensione
craniale della vescica. Per eseguire la tecnica “descensus renale”, il rene omolaterale
all’uretere interessato viene completamente mobilizzato dai suoi collegamenti peritoneali.
In questo modo il rene può essere delicatamente posizionato più caudalmente e
medialmente per diminuire la tensione a livello della sua vascolarizzazione. A questo
punto basta posizionare due o tre suture non assorbibili tra la capsula, coinvolgendo anche
una piccola parte del parenchima renale, a livello del polo caudale e la parete addominale
per mantenere il rene in questa posizione. In uno studio del 2008 eseguito su due cani, il
collo vescicale fu sezionato comprendendo il trigono e la parte prossimale dell’uretra in
corso di una neoplasia, preservando la neurovascolarizzazione sia vescicale che uretrale e
mantenendo così la continenza urinaria. L’uretra fu anastomizzata con il restante corpo
vescicale e gli ureteri anastomizzati a livello dell’apice vescicale. Uno dei due casi era
affetto da rabdomiosarcoma del trigono vescicale e fu soppresso a causa di una metastasi
polmonare dopo 280 giorni dalla chirurgia. L’altro caso era affetto da TCC del trigono,
sviluppò una lesione metastatica del corpo vescicale che invase tutta la vescica e gli ureteri
dopo 131 giorni dalla chirurgica; il soggetto decedette per insufficienza renale con
idronefrosi bilaterale dopo 580 giorni (Saulnier-Troff et al., 2008; Bacon&Farese, 2012).
Per quanto riguarda la cistectomia totale, esistono numerosi report che descrivono diverse
tecniche nel cane. Questa tecnica viene effettuata in caso in cui la neoplasia invada l’area
del trigono e in cui non sia possibile effettuare una neouterocistotomia a causa della
compromissione di gran parte della vescica (Bacon&Farese, 2012). Per effettuare questo
tipo di chirurgica, è previsto che gli ureteri siano impiantati in un sito diverso da quello
naturale che non impedisca il reflusso di urina. Sono stati descritti uno svariato numero di
siti di impianto: colon, uretra, prepuzio, vagina e parete addominale attraverso la
formazione di uno stoma cutaneo (Kadosawa et al., 2006; White&Brearley, 2010;
Bacon&Farese,
2012).
La
cistectomia
totale
con
anastomosi
ureterocolica
(neoureterocolonstomia), consistente nell’anastomosi degli ureteri al colon, è un intervento
problematico, caratterizzato da numerose complicazioni e che deve essere valutato e
discusso a fondo con il proprietario. Infatti l’asportazione della vescica, seguita da
creazione di una derivazione urinaria a livello intestinale, si associa a molteplici
inconvenienti funzionali e metabolici, quali pielonefrite, azotemia secondaria a riciclo
24
intestinale di urea, acidosi metabolica, iperammoniemia, ostruzione uretrale ed idronefrosi.
Inoltre, l’iperosmolarità dell’urina determina anche richiamo di acqua a livello intestinale,
con comparsa di diarrea secondaria (Marconato et al., 2012). Considerate le molteplici
complicanze e il comunque basso tasso di sopravvivenza, questo intervento non viene più
raccomandato (Stone et al., 1988; Knapp&McMillan, 2007; White&Brearley, 2010;
Marconato et al., 2012). Recentemente è stata descritta la cistectomia totale con
anastomosi ureterouretrale. In cani con coinvolgimento dell’uretra prostatica è
consigliabile eseguire prostatectomia. Effetti collaterali descritti sono uro peritoneo,
stenosi ureterale e incontinenza urinaria (Bacon&Farese, 2012; Marconato et al., 2012). In
caso di impianto uretrale o cutaneo, l’incontinenza urinaria è sempre presente mentre è
possibile anche lo sviluppo di una pielonefrite ascendente (White&Brearley, 2010). In un
report è stato effettuata una cistectomia totale combinata con una prostatectomia in un
soggetto affetto da TCC che coinvolgeva trigono e uretra prostatica. In questo caso gli
ureteri furono anastomizzati alla parte distale del pene creando un tunnel attraverso la
parete addominale (Bacon&Farese, 2012). La creazione di una cistotomia cutanea
permanente è stata descritta in cani affetti da stranguria e neoplasie vescicali non operabili.
Esistono in commercio anche delle valvole one-way fabbricate con materiali
biologicamente inerti che hanno permesso di creare siti permanenti da cistotomia evitando
così l’incontinenza urinaria. Una delle controindicazioni più frequenti sono state infezioni
vescicali ascendenti. (White&Brearley, 2010).
Se ureteri e trigono vescicale sono stati interessati dal processo neoplastico, la chirurgia
diventa molto difficoltosa, se non impossibile. In queste situazioni è possibile
eventualmente ricorrere a trattamenti palliativi atti a mantenere o restaurare il flusso
urinario (Knapp&McMillan, 2007).
E’ possibile posizionare un catetere permanente da cistotomia a livello prepubico x
bypassare
l’ostruzione
uretrale
(Smith et
al., 1995;
Salinardi
et
al., 2003;
Knapp&McMillan, 2007; Marconato et al., 2012). Tale procedura è soltanto palliativa. La
gestione del catetere non è complicata e la maggior parte dei proprietari è capace di
occuparsene a casa. Effetto collaterale più frequente è una maggiore incidenza di infezioni
urinarie (Knapp&McMillan, 2007).
Di recente viene preferito l’uso di stent al posto dei cateteri da cistotomia poiché in questo
modo vengono evitati l’utilizzo di tubi esterni e il proprietario non deve svuotare la vescica
25
(Weisse et al., 2006; Knapp&McMillan, 2007). Ovviamente la sopravvivenza con
l’utilizzo degli stent varia da caso a caso. In uno studio preliminare, la sopravvivenza
variava da qualche giorno fino ad un anno (Knapp&McMillan, 2007). Gli stent uretrali
possono essere posizionati in maniera anche non chirurgica per mezzo della fluoroscopia
(Knapp&McMillan, 2007).
Un’altra tecnica descritta è l’utilizzo del laser per effettuare un’ablazione del tessuto
tumorale in corso di neoplasie uretrali. Questa tecnica ha però non trovato alcun successo a
causa dell’alta incidenza di recidiva locale e complicazioni date dalla tecnica (Liptaket et
al., 2004; Knapp&McMillan, 2007).
L’asportazione di neoplasie mesenchimali localizzate in posizioni più favorevoli (apice e
corpo) e di neoplasie benigne può risultare essere più gratificante. Il corpo vescicale può
essere ridotto di due terzi senza importanti complicazioni nella sua funzione
(White&Brearley, 2010).
Spesso nel postoperatorio è bene posizionare un catetere per le prime 24 ore e mantenere il
soggetto in fluidoterapia in modo da mantenere la vescica vuota e allo stesso tempo di
lavarla in modo costante (Bacon&Farese, 2012).
 CHIRURGIA DELLE NEOPLASIE URETRALI
Nei soggetti con neoplasie uretrali e nessun segno di metastasi locali o a distanza, può
eventualmente essere possibile una resezione chirurgica della neoplasia; ciò dipende però
dalla
localizzazione
della
neoplasia
e
dalla
lunghezza
dell’uretra
coinvolta
(White&Brearley, 2010; Bacon&Farese, 2012). Per ovvi motivi anatomici, notevoli
differenze esistono anche tra pazienti maschi e femmine.
Nel soggetto maschio, neoplasie di piccole dimensioni della parte distale dell’uretra
possono essere rimosse tramite una semplice escissione locale; se, invece, di grandi
dimensioni, possono essere rimosse tramite asportazione del pene e concomitante
uretrotomia. In base alla lunghezza dell’uretra rimasta si può decidere il tipo di
uretrostomia da eseguire: prescrotale nel caso in cui la porzione di uretra rimasta sia
abbastanza lunga; se la porzione di uretra è troppo breve, può essere effettuata
un’uretrostomia scrotale o perineale. Infine, se la porzione dell’uretra rimasta è ancora più
26
breve, è possibile effettuare una uretrotomia transpelvica o prepubica (Bernarde&Viguier,
2004; White&Brearley, 2010; Bacon&Farese, 2012).
Nella cagna sono stati descritti casi in cui neoplasie benigne e maligne a livello della parte
distale dell’uretra e del tubercolo uretrale sono state rimosse con successo
(White&Brearley, 2010; White et al., 1996). Infatti più del 50% delle neoplasie dell’uretra
distale possono essere rimosse grazie ad una vaginouretroplastica mantenendo la
continenza, che consiste nel trapianto della rimanente porzione dell’uretra più cranialmente
a livello vaginale (Bacon&Farese, 2012; White&Brearley, 2010). Prima della chirurgia
viene posizionato un catetere di Foley per aiutare l’identificazione dell’uretra durante la
chirurgia. Viene effettuata una laparotomia caudale dalla cicatrice ombelicale fino
cranialmente alla vulva. Dopo esposizione della sinfisi pelvica si effettua una sinfisiotomia
grazie all’utilizzo di una sega oscillante. Successivamente si fa breccia nel canale pelvico
grazia ad un divaricatore Finocchietto o Gelpis così da visualizzare meglio l’uretra. In
alternativa, è possibile effettuare una finestra ventrale a livello del pube attraverso
un’osteotomia di entrambi i fori otturatori e connettendoli tra loro sulla linea mediana.
L’uretra viene così visualizzata e incisa a tutto spessore a livello della sua connessione con
la vagina. Per consentire una migliore manipolazione dell’uretra è possibile utilizzare dei
lacci ombelicali e fissarli dorsalmente. In seguito si effettua un’uretrotomia a tutto spessore
a livello prossimale, facendo attenzione a evitare di sezionare anche i nervi pudendi che
decorrono laterali all’uretra stessa. E’ bene cercare sempre di garantire dei margini di 2-3
cm. La porzione caudale dell’uretra rimasta viene posizionata caudalmente e, utilizzando il
catetere di Foley come guida, si effettua la vaginouretroplastica con punti semplici staccati
utilizzando un monofilamento riassorbibile. Dato che spesso il diametro della vagina è
spesso più largo di quello uretrale, il difetto vaginale viene parzialmente chiuso fino a che i
due diametri coincidano. La sinfisiotomia, se effettuata, viene riparata per mezzo di
cerchiaggi. Per quanto riguarda il post-operatorio, il catetere di Foley viene lasciato in situ
per 7-10 giorni e la vescica viene mantenuta vuota connessa ad un sistema di drenaggio
chiuso in modo da prevenire eventuali tensioni sulla sutura. Spesso viene utilizzato un alfaadrenergico (fenilpropanolamina) per aumentare il tono uretrale e assicurare una
continenza urinaria. Possibili complicanze post-operatorie sono: incontinenza urinaria
temporanea, che spesso si risolve quando si ha un miglioramento del processo
infiammatorio, e problemi correlati con la sinfisiotomia (Bacon&Farese, 2012).
27
Invece, per quanto riguarda le neoplasie più prossimali, sia nel soggetto maschile che in
quello femminile, la chirurgia risulta più complessa e spesso comporta incontinenza
urinaria. Per rimuovere neoformazioni a livello dell’uretra pelvica è necessario effettuare
una sinfisectomia pubica o una osteotomia pubica saggitale. Le neoformazioni vicine al
collo vescicale, sono quelle più difficili da rimuovere. Mentre i tumori dell’uretra
intraprostatica richiedono una prostatectomia concomitante, portando ad una incontinenza
postoperatoria (White&Brearley, 2010).
Trattamenti palliativi per diminuire l’ostruzione uretrale in corso di neoplasie non
operabili sono: posizionamento di un catetere cistostomico, lo stent uretrale e la resezione
transuretrale (Bacon&Farese, 2012). Come per alcuni tumori inoperabili vescicali, la
creazione di una cistotomia cutanea permamente grazie all’utilizzo di valvole specifiche
“one-way” biologicamente inerti, può essere presa in considerazione in quei soggetti che
mostrano importante disuria e stranguria (White&Brearley, 2010; Bacon&Farese, 2012). Il
posizionamento di questo catetere si effettua previa celiotomia mediana, isolamento della
vescica ed effettuazione di un foro a livello della sua parete ventrale mediana grazie
all’aiuto di suture di sostegno. Viene quindi effettuata un’incisione paramediana a livello
della parete addominale distante circa 2 cm dalla linea alba. A questo punto il catetere
viene fatto passare attraverso la parete addominale e quella vescicale e posizionato così
all’interno della vescica. Viene quindi effettuata una cistopessi alla parete addominale con
una sutura a punti staccati o continua con un filo assorbibile monofilamento. Il tubo può
essere ancorato alla pelle con una sutura a sandalo romano. Complicazioni sono presenti
nel 50% dei casi secondo uno studio e possono essere di minore o maggiore entità: il più
comune risulta essere la rimozione inavvertita del tubo, uroperitoneo, formazione di una
fistola attorno al tubo, processi infiammatori o infettivi attorno allo stoma, passaggio di
urina attorno al tubo, ematuria e infezioni croniche ascendenti vescicali; nonostante ciò
questo catetere può essere gestito agevolmente dai proprietari per periodi superiori anche
ad un anno (Bacon&Farese, 2012).
In alternativa è stato descritto l’utilizzo di stent metallici per uso palliativo in 12 cani
affetti da neoplasie uretrali ostruttive (Weisse et al., 2006; White&Brearley, 2010;
Bacon&Farese, 2012). Per effettuare questa tecnica, è stato utilizzato un fluoroscopio come
guida e sono stati posizionati all’interno dell’uretra a livello dell’ostruzione due tipologie
di stent: “baloon-expandable metallic stents” e i “self-expanding metallic stents”. Questi
28
stent hanno permesso di distendere l’ostruzione di circa 1 cm sia prossimalmente che
distalmente. I tempi si sopravvivenza sono risultati essere compresi tra 6 giorni e 105
giorni e, nell’83% dei casi, la morte non era associata con un’ostruzione delle vie urinarie
(Bacon&Farese, 2012). Il loro utilizzo comunque rimane controverso poiché possono
essere associati a importanti complicazioni come incontinenza urinaria, stranguria
persistente, migrazione degli stent e fastidio dovuto alla loro pressione esercitata sulla
mucosa vaginale (White&Brearley, 2010; Bacon&Farese, 2012). Prima di tutto bisogna
effettuare un’uretroscopia per valutare l’estensione della neoplasia uretrale e valutare se
essa non coinvolga anche la vescica e il trigono vescicale. La fluoroscopia, invece, risulta
essenziale per guidare il posizionamento dello stent. Successivamente bisogna calcolare il
diametro dello stent da applicare: si esegue posizionando per prima cosa un catetere di
Foley in sedazione a livello dell’uretra distale, successivamente si aumenta la pressione
intravescicale applicando una compressione addominale caudale in modo da estendere il
più possibile l’uretra; si esegue quindi un’uretrogramma fluoroscopio-retrograda. Questa
tecnica permette di identificare la lunghezza del restringimento e quindi la posizione esatta
dello stent all’interno del canale uretrale, aiuta inoltre a identificare la massima ampiezza
raggiungibile sotto pressione. Lo stent deve essere solitamente circa del 10% più largo
rispetto alla massima distensione uretrale, mentre la sua lunghezza non deve idealmente
superare 1 cm cranialmente e caudalmente la lesione per ottenere la migliore apposizione
mucosale e minimizzare le possibilità di migrazione, diminuendo così il rischio di traumi
della parete uretrale. Gli stent solitamente utilizzati sono auto-espandibili, fabbricati in
nitinol e vengono tagliati con il laser da un unico pezzo di materiale. Il posizionamento di
questo materiale richiede l’utilizzo del fluoroscopio perché una volta posizionato non può
più essere spostato. In commercio esistono numerosi stent a disposizione. I principi dello
stenting sono facili da imparare ma, come pure lo stent tracheale, le conseguenze in caso di
mal posizionamento possono essere disastrose. In caso di una neoplasia che coinvolge una
porzione più lunga di uretra, specialmente nei cani maschi a livello dell’uretra prostatica,
può essere richiesto di posizionare due stent. Dopo il posizionamento, è consigliabile
effettuare una cistouretrografia positiva in modo da verificare la pervietà uretrale.
Occasionalmente nel post operatorio è necessario somministrare fenozibenzamina per
ridurre lo spasmo uretrale o fenilpropanolamina nel caso in cui lo stent dilati
eccessivamente il collo vescicale causando incontinenza urinaria. Complicazioni post29
operatorie
comprendono:
dislocazione
dello
stent,
stranguria
e
incontinenza
(Bacon&Farese, 2012).
La resezione transuretrale (TUR) è una procedura chirurgica poco invasiva che però
necessita di una strumentazione specifica e prevede l’asportazione del tessuto obliterante
attraverso il lume uretrale. Viene eseguita per via endoscopica anterograda nel maschio
(previa celotomia e cistotomia ventrale usando un cistoscopio rigido, dilatando vescica e
uretra con soluzione fisiologica ed eseguendo la resezione transuretrale con uno specifico
strumento ad anello che permette di cauterizzare la neoformazione sotto controllo
endoscopico) e per via retrograda nella femmina. Le complicanze sono più comuni nella
femmina e comprendono perforazione iatrogena dell’uretra (nel maschio l’uretra è protetta
dalla prostata ed è quindi meno soggetta a perforazione), occasionalmente, patologia da
reflusso e disseminazione metastatica locale (sito di cistotomia nel maschio per esempio)
(Knapp&McMillan, 2007; Bacon&Farese, 2012; Marconato et al., 2012).
I linfonodi macroscopicamente alterati devono sempre essere asportati ai fini della
stadiazione (Marconato et al., 2012). Mentre le neoplasie a livello renale e della parte
prossimale degli ureteri tendono a metastatizzare a livello dei linfonodi peri- aortici e pericavali, quelle dell’ultimo tratto degli ureteri, vescicali e ureterali metastatizzano a livello
dei linfonodi pelvici (sacrali, ipogastrici, iliaci mediali). I linfonodi iliaci mediali sono i più
grandi e possono essere trovati cranialmente all’arteria iliaca esterna. Alcuni chirurghi
preferiscono asportare, in caso di neoplasia urogenitale aggressiva, sempre i linfonodi
indipendentemente dal fatto che alla diagnostica per immagini siano risultati normali. In
effetti, secondo uno studio, a volte linfonodi risultati normali all’ecografia, MRI o CT,
hanno presentato cluster di cellule neoplastiche all’esame istologico (Bacon&Farese,
2012). Inoltre è importante tenere in mente che i carcinomi della vescica tendono a
esfoliare e, se non si osservano alcune misure precauzionali, non è infrequente la
contaminazione iatrogena, con impianto di metastasi su peritoneo e parete addominale. Per
limitare questa evenienza, strumenti chirurgici e guanti venuti a contatto con il tumore
devono essere cambiati prima di chiudere la ferita operatoria, la neoplasia deve essere
sempre isolata con garze laparotomiche e la cavità addominale lavata abbondantemente
con soluzione fisiologica prima di chiudere (Marconato et al., 2012).
30
 CHEMIOTERAPIA DELLE NEOPLASIE VESCICALI
Sebbene la terapia medica per questo tipo di tumori spesso non risulta curativa, può
comunque portare a remissione o stabilizzazione della patologia, soprattutto in corso di
TCC; inoltre molti di questi protocolli sono in genere ben tollerati dal paziente. A volte i
migliori risultati sono stati visti in soggetti che hanno ricevuto multipli e differenti
protocolli durante il decorso della patologia. L’approccio adottato presso l’ospedale
didattico dell’Università di Medicina Veterinaria di Purdue (PUVTH) consiste
nell’ottenere come primo step, prima di iniziare qualsiasi tipo di trattamento, le
misurazioni delle masse di TCC; questi dati permettono quindi di monitorare la risposta ai
chemioterapici a 4 e 8 settimane di intervallo. La terapia viene continuata fino a che la
dimensione della massa tumorale è sotto controllo e gli effetti collaterali della
chemioterapia sono accettabili, in linea con una buona qualità di vita; in caso contrario
viene iniziato un differente approccio chemioterapico. Quindi il protocollo adottato cambia
in base alla risposta tumorale e alla sua tollerabilità. Seguendo questo schema è stato visto
che la crescita di un TCC può essere controllato nel 75% dei casi, la qualità di vita dei
pazienti solitamente è molto buona e il tempo medio di sopravvivenza può anche essere
superiore ad un anno. Ovviamente in caso di sviluppo di resistenze multiple, questo
approccio non può più essere seguito (Knapp&McMillan, 2007). E’ importante ricordare
che la chemioterapia può spesso portare a infezioni del tratto urinario, le quali tendono a
diventare rapidamente resistenti agli antibiotici. Per individuare l’antibiotico più efficace si
consiglia di eseguire sempre un’urinocoltura con antibiogramma. La chemioterapia in
corso di TCC può essere utilizzata sia per via locale che sistemica (Marconato et al., 2012).
La chemioterapia locale è indicata solo se il tumore è molto superficiale e non raggiunge
lo strato muscolare. Chemioterapici efficaci per istillazione intravescicale sono:
mitomicina C, BCG (costituito da coltura viva attenuata di Mycobacterium bovis), tiotepa,
paclitaxel, 5-fluorouridina e gemcitabina. In genere, prima di poter somministrare il
farmaco, devono passare 1-2 settimane dalla biopsia o da qualsiasi atra manovra cruenta
eventualmente effettuata. La procedura prevede svuotamento della vescica, instillazione
del farmaco e, al fine di garantire la massima esposizione della parete vescicale al
chemioterapico, durante le due ore successive il paziente non può urinare e deve cambiare
il decubito ogni 15 minuti. Il fallimento di questi protocolli è spesso legato all’incapacità
31
del farmaco di penetrare l’urotelio (Marconato et al., 2012). La terapia intravescicale con
mitomicina viene largamente utilizzata nell’uomo in corso di TCC superficiale ed è stata
studiata l’efficacia anche in corso di TCC invasivo canino. In uno studio, la risposta a tale
trattamento è stata valutata in 12 dei 13 cani trattati. Il trattamento fu ben tollerato nella
maggior parte dei casi e la dose massima locale tollerata è risultata essere 700 µg/mL. Due
soggetti
hanno manifestato gravi
effetti
collaterali
(mielopressione
e sintomi
gastrointestinali), a suggerire la capacità del farmaco di essere assorbito a livello sistemico.
Poiché la quantità di farmaco da instillare è elevata, la possibilità di morte per tossicità è da
prendere in considerazione. Per questo motivo la terapia locale vescicale non viene
raccomandata da utilizzare come primo approccio, bensì in caso in cui altri farmaci
abbiano fallito e non ci siano altre opzioni. In futuro emergeranno altre terapie
intravescicali. Sperimentalmente, le nanoparticelle di paclitaxel sono state utilizzate
localmente in corso di TCC canino, ma sono necessari ulteriori studi a riguardo.
(Knapp&McMillan, 2007; Abbo et al., 2010; Lu et al., 2011).
La chemioterapia sistemica si avvale dell’utilizzo di diversi farmaci, utilizzati in sia
monochemioterapia che in combinazione. Risultati favorevoli sono stati ottenuti
combinando doxorubicina con ciclofosfamide, con sopravvivenza mediana riportata di 259
giorni, oppure antraciclina (doxorubicina e mitoxantrone) con sale di platino (cisplatino o
carboplatino), con sopravvivenza mediana di 358 giorni. Il cisplatino (fatale nella specie
felina) è un agente efficace in corso di TCC nell’uomo e da risposte in monochemioterapia
nel 17-40% dei pazienti; se invece combinato con altri chemioterapici si ottengono
remissioni del 50-70% dei pazienti. In diversi studi condotti sul cane, il cisplatino
somministrato in monochemioterapia alla dose di 60 mg\m2 per via endovenosa ogni 21
giorni in protocollo di diuresi, determinava soltanto remissione parziale in alcuni casi (1525%), con sopravvivenza mediana di 132-309 giorni. Tuttavia questa molecola può
migliorare la sintomatologia, riportando i cani ad urinare normalmente in molti casi. Da
tenere in mente che, in presenza di una massa voluminosa e ostruente il flusso, soggetti
sottoposti a chemioterapia con cisplatino devono essere cateterizzati o portati a urinare
molto spesso per evitare rotture vescicali. Infatti cisplatino può indurre vomito e la
combinazione tra aumentata pressione intraddominale, ridotto efflusso urinario e
aumentato volume urinario, dovuto a diuresi, può portare a rottura vescicale. Il
carboplatino, somministrato per via endovenosa in monochemioterapia alla dose di 26032
300 mg\m2 ogni 21 giorni, ha mostrato risposta in termini di attività antitumorale inferiori
al 10%, con sopravvivenza mediana riportata di 132 giorni. La gemcitabina, utilizzata in
monochemioterapia o associata ad altri farmaci, è ormai diventata la molecola di prima
scelta nel trattamento dei tumori urogenitali dell’uomo (Marconato et al., 2012). In cani
con TCC, la gemcitabina (800 mg\m2), in associazione al piroxicam, determina un tasso di
risposta del 26%, con sopravvivenza mediana di 230 giorni (Knapp&McMillan, 2007;
Marconato et al., 2011; Marconato et al., 2012). Infine, molecole efficaci in corso di
rabdomiosarcoma sono la doxorubicina e la ciclofosfamide, D-actinomicina, vincristina e
dacarbazina (Marconato et al., 2012). Altre terapie emergenti, in corso di studio, sono la
vinblastina, utilizzata come singolo agente (in uno studio 36% di soggetti affetti da TCC
hanno mostrato una remissione parziale con questa molecola) (Knapp&McMillan, 2007;
Arnold et al., 2011) e la metronomica con chlorambucile (Knapp&McMillan, 2007)
L’interesse suscitato dagli inibitori di COX-2 nel trattamento del TCC, nasce
dall’osservazione di remissioni anche complete in alcuni casi sottoposti alla solo terapia
con piroxicam per il controllo del dolore. COX-2 non è espressa nell’epitelio vescicale
normale, mentre è stata riscontrata in cellule neoplastiche di TCC, a indicare un suo
possibile ruolo nella cancerogenesi. La Prostaglandina E2 (PGE2) è un metabolita
dell’acido arachidonico prodotto dall’attività enzimatica di COX e interviene nei fenomeni
neoplastici richiamando i fattori di crescita, esercitando effetti immunosoppressivi e
favorendo la neovascolarizzazione. In cani con TCC sono stati riscontrati alti livelli di
PGE2, sia a livello sierico che tissutale. L’inibizione di COX-2 rappresenta il meccanismo
con cui si esprime l’attività antitumorale dei farmaci antinfiammatori non steroidei
(Marconato et al., 2012). Gli inibitori COX sono farmaci promettenti che possono essere
utilizzati come singoli agenti, molto utili in caso di terapia palliativa in corso di TCC
(Knapp et al., 1994; Knapp et al., 2000; Mutsaers et al., 2003; Knapp, 2006;
Knapp&McMillan, 2007; Marconato et al., 2012) o in combinazione con farmaci
chemioterapici. Sarebbe utile poter predire quali pazienti, in base alla più o meno marcata
espressione di COX-2 in campioni istologici o citoinclusi, beneficiano di terapia con
piroxicam. In un lavoro scientifico, piroxicam (0.3 mg\kg\die po), inibitore non selettivo di
COX, somministrato in 34 cani con TCC, dava risposte incoraggianti (2 remissioni
complete, 4 remissioni parziali, 18 stabilizzazioni e 10 progressioni tumorali), con una
sopravvivenza mediana di 180 giorni (Marconato et al., 2012). In un altro studio su 62
33
soggetti affetti da TCC che hanno ricevuto piroxicam come unico agente al dosaggio di 0.3
mg\kg\die po, due hanno avuto una completa remissione della patologia (deceduti per altre
cause più di due anni dopo e alla necroscopia non presentavano alcuna alterazione
neoplastica), 9 una parziale remissione, 35 hanno presentato una stabilizzazione della
neoplasia e 16 casi hanno invece avuto una progressione della patologia. Il tempo di
sopravvivenza medio è stato di 195 giorni (Knapp et al., 2000; Knapp&McMillan, 2007).
Da ricordare che il piroxicam può essere somministrato solo a pazienti con buona
funzionalità renale e ben idratati. E’ inoltre consigliabile associare un gastroprotettore
(Marconato et al., 2012). Sebbene molti cani tollerano bene questo farmaco, somministrato
anche per lungo periodo, bisogna comunque non dimenticare la possibilità di tossicità
gastrointestinale e, in particolar modo, la possibilità di ulcerazioni. In caso si manifesti
qualche effetto collaterale, è comunque possibile passare dal piroxicam ad un inibitore
selettivo di COX-2 (Knapp&McMillan, 2007). Se somministrato insieme a piroxicam, in
uno studio, cisplatino dava risultati migliori in termini di percentuale di remissione (71%)
rispetto a cisplatino utilizzato in monochemioterapia (meno del 20%), anche se la
sopravvivenza mediana era paragonabile (rispettivamente di 246 e 309 giorni). Trattandosi
di due farmaci potenzialmente nefrotossici è importante monitorare costantemente la
funzionalità renale (Marconato et al, 2012). Sebbene sia stato notato un più alto grado di
remissione (dal 50 al 70%) in caso di pazienti trattati con cisplatino e piroxicam, questo
protocollo spesso non viene utilizzato a causa dell’alto rischio di danno renale (Knapp et
al., 2000b; Mohammed et al., 2003; Knapp&McMilan, 2007; Greene et al., 2007). Si è
anche notato che, riducendo il dosaggio di cisplatino, non si ottiene lo stesso una riduzione
della tossicità renale data a questa combinazione (Knapp&McMillan, 2007; Greene et al.,
2007). E’ stato utilizzato anche il carboplatino associato al piroxicam che si è rilevato
meno nefrotossico. In uno studio, condotto su 31 cani affetti da TCC, la percentuale di
remissione raggiungeva il 40%, anche se la sopravvivenza mediana non ne traeva
particolare beneficio (196 giorni dalla diagnosi, rispetto a 180 giorni con solo piroxicam e
132 giorni con solo carboplatino) (Boria et al, 2005; Knapp&McMillan, 2007; Marconato
et al., 2012). La combinazione piroxicam-mitoxantrone (quest’ultimo somministrato alla
dose di 5 mg\m2 per via endovenosa ogni 21 giorni per 4 trattamenti totali) è il protocollo
chemioterapico
più
frequentemente
utilizzato
nei
cani
(Henry et
al.,
2003;
Knapp&McMillan, 2007) e ha dato risultati migliori rispetto a terapia con solo piroxicam,
34
sia in termini di percentuale di risposta (36 contro 17%), sia di sopravvivenza mediana
(291 giorni contro 180 giorni, rispettivamente) (Henry et al., 2003; Knapp&McMillan,
2007; Marconato et al., 2012). Nella specie felina non esistono studi in merito all’utilizzo
di piroxicam. E’ in corso la sperimentazione di altre molecole appartenenti alla stessa
categoria farmacologia. Deracoxib, inibitore selettivo di COX-2, sembra essere
promettente in cani con TCC (Marconato et al., 2012). Il deracoxib è stato studiato come
singolo agente, al dosaggio di 3 mg\kg\die po, in 26 cani affetti da TCC. Il 17% dei casi
hanno mostrato una remissione parziale della patologia, nel 71% la patologia era stabile e
nel 12% la patologia invece è progredita. La sopravvivenza media è stata di 323 giorni.
Comunque l’occasionale remissione completa notata in alcuni, seppur rari, soggetti trattati
con piroxicam, non è stata mai notata in soggetti trattati con deracoxib (Knapp&McMillan,
2007; McMillan et al. 2011). In un lavoro non pubblicato, un altro inibitore selettivo COX2, il firocoxib, ha anch’esso dimostrato un’attività antitumorale nei confronti del TCC
canino (Knapp&McMillan, 2007). Per concludere, sono necessari ulteriori studi per
affermare che gli inibitori COX non selettivi e quelli COX-2 selettivi abbiano lo stesso
effetto nei confronti del TCC (Knapp&McMillan, 2007).
 CHEMIOTERAPIA DELLE NEOPLASIE URETRALI
Le neoplasie uretrali solitamente non sono responsive ai trattamenti chemioterapici. L’uso
di inibitori COX-2 in combinazione con chemioterapici potrebbero avere un ruolo nel
management a breve termine delle neoplasie uretrali ma l’effettiva efficacia deve essere
ancora dimostrata (White&Brearley, 2010). Secondo un altro autore, la risposta dei TCC
uretrali alla chemioterapia o al piroxicam risulta essere simile a quella riportata per il TCC
vescicale (Knapp et al., 1994; Knapp et al., 2000b; Knapp&McMillan, 2007).
 RADIOTERAPIA DELLE NEOPLASIE VESCICALI
Il ruolo della radioterapia incontra spesso pareri discordanti in letteratura (Marconato et al.,
2012), inoltre informazioni riguardanti il suo utilizzo in corso di TCC risulta essere
limitato (Walker&Breider, 1987; Withrow et al., 1989; Knapp&McMillan, 2007). In un
report, uno sui sette cani trattati con radioterapia intraoperativa, ha mostrato una
sopravvivenza di un anno (Withrow et al., 1989; Knapp&McMillan, 2007). In un altro
studio su 13 casi, sempre riguardante radioterapia intraoperatoria, il 69% ha avuto una
sopravvivenza di un anno mentre il 23% di due anni ma le complicazioni (per esempio
35
incontinenza urinaria a cistite) avevano influito molto sulla qualità di vita
(Walker&Breider, 1987; Knapp&McMillan, 2007). I migliori risultati si ottengono con una
terapia multimodale abbinando radioterapia a chirurgia o chemioterapia. L’irradiazione
intraoperatoria dopo cistotomia si associa a scarso controllo locale, grave fibrosi vescicale
e incontinenza urinaria. In letteratura, sono riportate due segnalazioni nella specie canina in
cui alla radioterapia esterna si associava una chemioterapia con cisplatino. La dose da
irradiare è stata suddivisa in 11 e 12 frazioni (4 Gy), per dose totale di 44 e 48 Gy,
rispettivamente. Gli autori rilevavano una riduzione volumetrica del tumore in entrambi i
casi e tempi mediani di sopravvivenza di 6 e 7 mesi (Marconato et al., 2012). In uno studio
pilota, l’utilizzo di radioterapia esterna (5,75 Gy per frazione, una volta a settimana, per 6
settimane) in combinazione con mitoxantrone e piroxicam dava un miglioramento clinico
nel 90% dei casi. Gli effetti collaterali riportati erano lievi e comprendevano dermatite,
iperpigmentazione e incontinenza urinaria. La sopravvivenza mediana di 326 giorni non
appare tuttavia superiore ai protocolli che utilizzano mitoxantrone e piroxicam senza
radioterapia (Poirier et al., 2004; Knapp&McMillan, 2007; Marconato et al., 2012). E’
stata infine proposta radioterapia esterna, frazionata in 2 sedute da 5 Gy e 5 sedute da 4
Gy, somministrate tre giorni a settimana, fino a ottenimento di una dose totale di 30 Gy.
Gli autori rilevavano miglioramento della sintomatologia e risoluzione parziale o completa
dell’ostruzione urinaria. La radioterapia combinata con diversi farmaci, inclusa la
chemioterapia, potrebbe fare la differenza nel trattamento dei tumori vescicali (Marconato
et al., 2012).
 RADIOTERAPIA DELLE NEOPLASIE URETRALI
In genere le neoplasie uretrali non rispondono alla radioterapia; inoltre, gli effetti
collaterali associati alla radiazione delle strutture intrapelviche sono solitamente
inaccettabili (White&Brearley, 2010).
 TERAPIA FOTODINAMICA
In oncologia umana, la terapia fotodinamica eseguita negli stadi iniziali dei tumori
vescicali, può essere curativa, mentre è solo palliativa in tumori avanzati non operabili. Da
alcuni studi preliminari si evince che, anche nei cani, la terapia fotodinamica sarebbe
efficace nel prolungare la sopravvivenza e migliorare i sintomi. Inoltre è un trattamento
meno invasivo della chirurgia e con meno effetti collaterali della chemioterapia. La
36
procedura prevede, prima di tutto, la somministrazione topica, per via orale o endovenosa,
di una sostanza fotosensibilizzante (porfirina o acido 5-aminolevulinico, più recente).
Successivamente il paziente viene anestetizzato, cateterizzato e la vescica viene
ripetutamente lavata con soluzione fisiologica in modo da eliminare eventuale sangue e
frustoli tissutali che potrebbero ostacolare il passaggio della luce del laser rendendo così la
terapia inefficace. Il laser viene così introdotto attraverso il catetere urinario e posizionato
in prossimità del tumore: la reazione fotochimica genera un danno ossidativo che provoca
collasso vascolare e morte ischemica delle cellule, inoltre determina una risposta
infiammatoria locale che partecipa alla morte aspecifica delle cellule tumorali. Il
trattamento dura in genere 3-20 minuti (dipende dalla sostanza fotosensibilizzante e dalla
sorgente di luce utilizzate) e può essere ripetuto a seconda dei riscontri clinici e alla
risposta alla terapia. Gli effetti collaterali includono edema locale, fibrosi vescicale, dolori
addominali, ematuria, stranguria, frequenti soprattutto nei giorni successivi alla fototerapia.
La complicanza più temuta è la necrosi a tutto spessore della parete vescicale; inoltre, in
cani con idronefrosi e\o idrouretere preesistente, l’edema imponente locale che fa seguito il
trattamento peggiora l’ostruzione urinaria (si raccomanda la somministrazione di
desametasone a scopo preventivo). Il problema maggiore in medicina veterinaria è il fatto
che, nella maggior parte dei casi, le neoplasie vescicali vengono diagnosticate in stadio già
avanzato, pertanto il tessuto coinvolto è distrutto ed esiste un elevato rischio di provocare
perforazione della regione colpita (Marconato et al., 2012). Secondo alcuni studi, in cinque
cani affetti da TCC vescicale e trattati con questa tecnica, l’intervallo libero da malattia
variava da 4 a 34 settimane (in media 6 settimane). Un soggetto maschile con TCC uretrale
è stato trattato con questa tecnica e a un anno dal trattamento non presentava alcuna
recidiva (Lucroy et al., 2003; Ridgway&Lucroy, 2003; Knapp&McMillan, 2007).
f) PROGNOSI
 NEOPLASIE VESCICALI
Nel cane solitamente il TCC vescicale interessa il trigono, non è quindi operabile e, spesso,
al momento della diagnosi è avanzato e già metastatico nel 14-37% dei pazienti. Se non
trattato il TCC presenta una sopravvivenza media dall’inizio dei sintomi di circa un mese:
la causa di morte più comune è da ricondursi a uremia da ostruzione del tratto urinario. Se,
37
invece, il tumore viene aggredito terapeuticamente, la morte è generalmente secondaria
allo sviluppo di metastasi. In linea generale, i tumori maligni della vescica tendono a
recidivare o metastatizzare entro 6 mesi. La prognosi è migliore per i tumori confinati
all’apice e non metastatici trattati con cistectomia parziale, poiché la sopravvivenza media
è di un anno. Secondo diversi studi, la sopravvivenza media riportata dopo debulking
chirurgico nel cane è di 86, 106 e 125 giorni. In un altro studio, che prendeva in esame 11
cani sottoposti a cistectomia parziale, la sopravvivenza per 6 di essi era di almeno un anno,
mentre 5 erano sottoposti a eutanasia 2-7 mesi dopo l’intervento (Marconato et al., 2012).
Fattori prognostici negativi sono risultati essere: sesso femminile, obesità, alcune razze
(terrier, cani da pastore, beagle), coinvolgimento uretrale, prostatico o del trigono
vescicale, stadio TNM avanzato al momento della diagnosi, sottoclassificazione
istopatologia ghiandolare e invasione vascolare (Marconato et al., 2012). In uno studio
condotto su 102 cani con TCC vescicale, lo stadio TNM alla diagnosi si correlava
fortemente alla sopravvivenza (Knapp&McMillan, 2007; Marconato et al, 2012). I risultati
sono riportati in tabella.
IV.
Sopravvivenza mediana di 102 cani con carcinoma a cellule di transizione in base
a TNM (Knapp&McMillan, 2007; Marconato et al., 2012)
Stadio TNM
Numero di cani
Sopravvivenza mediana (giorni)
T1/T2
82
218
T3
20
118
N0
86
243
N1
16
70
M0
88
203
M1
14
105
I fattori associati con un più avanzato stadio TNM al momento della diagnosi includeva:
giovane età, coinvolgimento prostatico ed elevato stadio T (Knapp et al., 2000;
Knapp&McMillan, 2007). Informazioni riguardanti la prognosi degli altri tipi tumorali
vescicali sono molto limitate. E’ stato riportato un caso di remissione in un cane affetto da
38
linfoma vescicale e trattato con chemioterapia e radioterapia (Knapp&McMillan, 2007;
Kessler et al., 2008). In linea generale, è possibile affermare che le neoplasie mesenchimali
maligne presentano una prognosi lievemente migliore rispetto a quelli epiteliali, se però
vengono diagnosticati precocemente e se possono essere aggrediti chirurgicamente. Infine,
per quanto riguarda le neoplasie benigne, la loro prognosi dipende molto dalle loro
dimensioni e dal sito di insorgenza: in molti casi l’asportazione chirurgica può risultare
curativa (White&Brearley, 2010).
 NEOPLASIE URETRALI
La prognosi per le neoplasie uretrali maligne è spesso infausta (White&Brearley, 2010;
Marconato e al., 2012) poiché spesso al momento della diagnosi non sono più aggredibili
chirurgicamente (White&Brearley, 2010): i soggetti non trattati sopravvivono 6 mesi dalla
diagnosi (Marconato et al., 2012). La prognosi, invece, per le neoplasie benigne che
possono essere rimosse chirurgicamente, è molto favorevole (White&Brearley, 2010).
Infatti è stato riportato una lunga sopravvivenza in un cane con multipli condrosarcomi a
livello uretrale in seguito a chirurgia (Davis&Holt, 2003; Knapp&McMillan, 2007).
39
2) SCOPO DELLA TESI
Ormai diversi studi hanno confermato il fatto che il cane può essere considerato un valido
modello per conoscere meglio le patologie che si osservano nell’uomo. I cani vivono nel
nostro stesso ambiente, mangiano cibo simile al nostro e sono così esposti ai nostri stessi
fattori di rischio; per questo motivo che, in linea di massima, l’eziologia e la patogenesi di
alcuni tumori canini sono molto simili a quelli umani. In uno studio recente inglese, è stato
dimostrato che il cancro rappresenta una delle più frequenti cause di decesso della
popolazione canina, circa ben il 27% (Jane, 2013). Esistono numerose analogie tra il
carcinoma a cellule di transizione canino e quello umano: caratteristiche istopatologiche,
comportamento biologico, aspetti molecolari, risposta alla terapia medica e prognosi
(Knapp et al., 2000; Mutsaers et al. 2003; Knapp, 2006; Patrick et al., 2006;
Knapp&McMillan, 2007; Lee et al., 2007; Rankin et al., 2008; Rankin et al., 2008b;
Wilson et al., 2008; Dill et al., 2009; McClearly-Wheeler et al., 2010; Lin et al., 2011;
Marconato et al., 2012). Per questo motivo, il TCC canino rappresenta un ottimo modello
di studio per quello dell’uomo (Knapp et al., 2000; Knapp, 2006; Marconato et al., 2012) e
le ricerche in questo campo possono beneficiare entrambi, cane e uomo (Marconato et al.,
2012). Terapie che hanno avuto buoni risultati nella popolazione canina sono state
sperimentate anche nell’uomo ed effetti simili sono stati osservati in entrambe le specie
(Knapp&McMillan, 2007; Dhawan et al., 2010). L’incidenza di TCC stimata nella
popolazione mondiale umana è di 336.000 nuovi casi l’anno con 132.000 decessi. Soltanto
negli Stati Uniti si hanno circa 54.000 nuovi casi l’anno con 12.000 decessi (Marconato et
al., 2012). Nell’uomo circa il 20% delle neoplasie vescicali sono TCC invasivi di alto
grado al momento della diagnosi, con metastasi nel 50% dei casi circa (Lerner et al., 2006;
Knapp&McMillan, 2007). In genere il decesso è dovuto a TCC invasivi che hanno
metastatizzato o che sono diventati chemioresistenti. Questi dati suggeriscono che, per
ridurre la mortalità, è necessario individuare nuove strategie terapeutiche. Migliorando la
prevenzione ma, soprattutto, anticipando la diagnosi o identificando marker tumorali
sensibili e specifici, anche le varie terapie potranno essere più efficaci. Si conosce
attualmente che alcune razze canine sono geneticamente predisposte a sviluppo di TCC: se
questi cani fossero monitorati più spesso, si potrebbe aggredire il tumore, qualora
comparisse, in stadio iniziale. Lo stesso si può dire per altre categorie a rischio, come cani
40
sottoposti a trattamenti antiparassitari regolari, femmine obese o soggetti residenti vicino a
industrie chimiche. I progressi ottenuti in medicina umana hanno consentito di
comprendere i meccanismi biomolecolari all’origine della cancerogenesi, come, per
esempio, la perdita o le mutazioni a carico di p53 (osservate nel 50% dei pazienti) oppure
difetti del gene retinoblastoma, responsabile di crescita e differenziazione cellulare. Le
terapie emergenti in chirurgia umana bersagliano alcuni passaggi essenziali della
cancerogenesi o specifiche molecole segnalate; al momento sono in corso numerosi trial
clinici che vogliono dimostrare l’efficacia di alcuni trattamenti, tra cui la terapia genica,
somministrazione di inibitori tirosinchinasici o anticorpi monoclonali. Recentemente è
stata determinata la disregolazione di p53 nel 55% circa di TCC nella specie canina, a
indicarne un possibile ruolo nella cancerogenesi (Marconato et al., 2012).
Alla luce di tutto ciò, le motivazioni principali di questo studio sono state quindi le seguenti:

descrivere l’incidenza delle neoplasie vescicali ed uretrali presso una struttura
ospedaliera

effettuare uno studio retrospettivo dei soggetti che hanno subito un trattamento
chirurgico

confermare i dati scientifici presenti in letteratura
41
3) MATERIALI E METODI
Nel periodo compreso tra il 2010 e il 2015, presso l’Ospedale Didattico Veterinario “Mario
Modenato” dell’Università di Pisa, sono stati visitati 31 cani con una sintomatologia
riconducibile al tratto distale urinario (disuria, ematuria, pollacchiuria). Tutti i soggetti
sono stati sottoposti a tecniche di imaging che hanno confermato una massa a livello
vescicale e\o uretrale.
Di questo gruppo, 7 soggetti con una diagnosi istologica di neoplasia, maligna o benigna, a
livello vescicale e\o uretrale e sottoposti ad un trattamento chirurgico sono stati inclusi
retrospettivamente in questo studio. I pazienti affetti da neoplasie a livello renale o degli
ureteri o da lesioni non neoplastiche o pseudotumorali, non sono stati presi in
considerazione. In questo studio la specie felina non è stata inclusa ma, data la scarsità di
studi a riguardo, potrebbe essere un buon oggetto di studio per ricerche future.
Ciascun soggetto è stato sottoposto, prima di tutto, ad un esame clinico ed anamnestico,
raccogliendo i seguenti dati:

razza

età

sesso

motivo della visita

segni clinici
Per quanto riguarda l’età del soggetto e i segni clinici, sono stati presi in considerazione
quelli registrati al momento della prima visita.
Tutti i soggetti sono stati quindi sottoposti ad una o più delle seguenti indagini
diagnostiche, fondamentali a fini della diagnosi e della stadiazione:

esame emocromocitometrico e\o biochimico

esame delle urine

esame ecografico dell’addome

esame radiografico del torace

esame endoscopico
42
La massa neoplastica di ciascun soggetto è stata quindi sottoposta ad un esame istologico
di conferma. Una volta ottenuta la diagnosi definitiva ed una stadiazione, tutti i pazienti
oggetto di studio sono stati sottoposti ad un procedimento chirurgico specifico.
Sfortunatamente solo due soggetti hanno subito un trattamento chemioterapico adiuvante
post-chirurgico.
I base alla localizzazione della neoplasia, i pazienti sono stati suddivisi in due gruppi:
- Gruppo uno: cani affetti da neoplasia localizzata a livello vescicale
- Gruppo due: cani affetti da neoplasia localizzata a livello uretrale
Nessun cane sottoposto a chirurgia era affetto, al momento della diagnosi, da una patologia
neoplastica diffusa sia a livello vescicale che uretrale.
43
4) RISULTATI
Analizzando i 31 soggetti che presentavano una sintomatologia delle basse vie urinarie, si
può riassumere quanto segue: 13 hanno avuto conferma istologica di neoplasia o di lesione
pseudotumorale (in 2 casi era localizzata a livello sia vescicale che uretrale, 8 a livello solo
vescicale e i restanti 3 a livello esclusivamente uretrale); 10 hanno avuto una conferma
solo citologica (di cui 3 erano localizzate a livello sia vescicale che uretrale, 5 a livello solo
vescicale e 2 a livello esclusivamente dell’uretra); infine 8 soggetti si sono fermati
all’ecografia addominale senza procedere con ulteriori indagini diagnostiche ma il sospetto
di neoplasia era comunque molto forte (3 presentavano alterazioni sia a livello vescicale
che uretrale, 1 solo a livello solo della vescica e 4 solo a livello uretrale). Questi tre gruppi
includono soggetti appartenenti a razze diverse, di età compresa tra i 3 anni e i 14 anni e di
entrambi i sessi. L’eventuale presenza di sedi metastatiche non sono state prese in
considerazione per analisi future in quanto non tutti i soggetti sono stati sottoposti ad una
stadiazione completa; nella maggior parte dei soggetti, infatti, non è stato eseguito uno
studio radiografico del torace. Da notare, però, come in un caso la vescica era sede di
metastasi secondaria di un primario a livello intestinale. Le sedi metastatiche non sono
state confermate istologicamente o citologicamente ma solo mediante esame ecografico.
Di seguito vengono riportate le tabelle che riassumono il tutto.
44
V.
Casi clinici con conferma istologica di neoplasia dell’ultimo tratto urinario
Razza
Età
Sesso
Labrador
Retriever
11 aa
FS
Meticcio
14 aa
MC
Bovaro
del
Bernese
11 aa
FS
Pincher
3 aa
MC
Meticcio
13 aa
F
Setter
Irlandese
5 aa
F
Meticcio
8 aa
FS
Cairn
Terrier
14 aa
FS
Cocker
Spaniel
4 aa
Epagneul
Breton
Neoplasia Neoplasia Neoplasia
a livello
solo
solo
sia
vescicale
uretrale
vescicale
che
uretrale
X
X
X
X
X
Tipo istologico
Metastasi
evidenti
al
momento
della
diagnosi
adenocarcinoma
carcinoma
squamocellulare
milza
carcinoma
anaplastico
linfonodi
iliaci
mediali e
ipogastrici
fibropapilloma
TCC
X
polipo
X
TCC
tibia
X
adenocarcinoma
intestinale con
localizzazione
metastatica a
livello vescicale
vescica,
peritoneo,
milza
M
X
polipi multipli
9 aa
M
X
leiomiosarcoma
Carlino
8 aa
F
X
polipo
Alaskan
Malamute
11 aa
M
X
TCC
Beagle
8 aa
M
X
TCC
Legenda: aa= anni, F= femmina intera, M= maschio intero, FS= femmina sterilizzata, MC= maschio
castrato, TCC: carcinoma a cellule di transizione
45
VI.
Casi clinici con conferma citologica di neoplasia dell’ultimo tratto urinario
Razza
Età
Sesso
Neoplasia Neoplasia Neoplasia
a livello
solo
solo
sia
vescicale
uretrale
vescicale
che
uretrale
Meticcio
13 aa
FS
Meticcio
11 aa
M
X
carcinoma
uroteliale
Bracco
14 aa
M
X
carcinoma
uroteliale
Meticcio
12 aa
FS
Yorkshire
11 aa
FS
X
carcinoma
uroteliale
Meticcio
10 aa
M
X
carcinoma
uroteliale
Barboncino
12 aa
F
X
carcinoma
uroteliale
Meticcio
12 aa
FS
Pincher
6 aa
FS
X
carcinoma
uroteliale
Meticcio
12 aa
FS
X
carcinoma
uroteliale
X
Tipo
citologico
Metastasi
evidenti
al
momento
della
diagnosi
carcinoma
uroteliale
X
TCC
X
carcinoma
uroteliale
Legenda: aa= anni, F= femmina intera, M= maschio intero, FS= femmina sterilizzata, MC= maschio
castrato
46
VII.
Casi clinici con diagnosi ecografica di sospetto di neoplasia dell’ultimo tratto
urinario
Razza
Età
Sesso
Neoplasia a
livello sia
vescicale
che uretrale
Neoplasia
solo
vescicale
Neoplasia
solo
uretrale
Meticcio
11 aa
FS
Meticcio
12 aa
FS
Meticcio
12 aa
M
Meticcio
12 aa
M
Meticcio
12 aa
FS
X
Labrador
Retriever
8 aa
M
X
Lagotto
11 aa
F
Maltese
11 aa
FS
Metastasi
al
momento
della
diagnosi
X
X
X
X
X
X
Legenda: aa= anni, F= femmina intera, M= maschio intero, FS= femmina sterilizzata, MC= maschio
castrato
Di questi soggetti, sono stati poi analizzati con maggiore attenzione solo quelli con una
diagnosi certa istologica di una massa neoplastica benigna o maligna a livello vescicale o
uretrale e che siano stati sottoposti ad un trattamento chirurgico. Le lesioni pseudotumorali
non sono state prese in considerazione in quanto non conforme allo scopo dello studio. Di
seguito la descrizione dettagliata dei dati raccolti.
47
g) DESCRIZIONE DEL GRUPPO
Questo gruppo comprende un totale di 7 pazienti, 5 dei quali presentavano una patologia
neoplastica a livello vescicale mentre i restanti 2 a livello esclusivamente uretrale. Nessun
soggetto presentava, al momento della diagnosi, un coinvolgimento di entrambe le
componenti. I cani oggetto di studio appartenevano a diverse razze, a entrambi i sessi e di
età compresa tra i 3 e i 14 anni.
Le razze appartenenti al gruppo dei soggetti affetti da una neoplasia a livello vescicale
sono risultate essere le seguenti:

Cairn Terrier

Meticcio

Epagneul Breton

Beagle

Alaskan Malamute
Invece, le razze dei soggetti affetti da un processo neoplastico a carico dell’uretra sono
risultate essere le seguenti:

Labrador Retriever

Pincher
L’intera popolazione è costituita da 2 femmine, entrambe sterilizzate, e 5 maschi, di cui 2
castrati e 3 interi.
La seguente tabella riassume i dati analizzati.
48
VIII.
Caratteri identificativi dei cani inclusi nello studio
Gruppo
Caso clinico
Razza
Età
Sesso
Neoplasia localizzata a livello vescicale
1
Cairn Terrier
14 aa
FS
2
Meticcio
14 aa
MC
3
Epagneul Breton
9 aa
M
4
Beagle
8 aa
M
5
Alaskan Malamute
11 aa
M
6
Labrador Retriever
11 aa
FS
7
Pincher
3 aa
MC
Neoplasia localizzata a livello uretrale
Legenda: aa= anni, F= femmina intera, M= maschio intero, FS= femmina sterilizzata, MC= maschio
castrato
h) ESAME CLINICO
I dati ottenuti dal motivo della visita e dai segni clinici sono risultati essere più meno
omogenei, come è possibile notare dalla seguente tabella.
IX.
Motivo della visita e segni clinici dei soggetti inclusi nello studio
Gruppo
Caso clinico
Motivo della visita
Segni clinici
Neoplasia localizzata
a livello vescicale
1
Pollacchiuria non migliorata
con terapia antibiotica ed
antinfiammatoria
(enrofloxacina, carprofen e
corticosteroidi)
Dolore alla palpazione
della vescica
2
Pollacchiuria ed ematuria non
risolta con terapia antibiotica
(enrofloxacina), incontinenza
urinaria, PU/PD e
dimagramento
EOG nella norma
3
Pollacchiuria, tenesmo,
ematuria solo temporaneamente
risolta con terapia antibiotica
(enrofloxacina)
Distensione vescicale
49
Neoplasia localizzata
a livello uretrale
4
Ematuria intermittente solo
temporaneamente risolta con
terapia antibiotica
(amoxicillina-acido
clavulanico) e Vit K
EOG nella norma
5
Ematuria solo
temporaneamente migliorata
con terapia antibiotica
(cefovecina)
EOG nella norma
6
Pollacchiuria non migliorata
con terapia antibiotica
(enrofloxacina e amoxicillinaacido clavulanico)
EOG nella norma
7
Stranguria, iniziale terapia con
firocoxib ma sospesa per
comparsa di vomito e melena
Neoformazione
esofitica a cavolfiore
ulcerata a livello dello
sbocco uretrale
Legenda: EOG: esame obiettivo generale
i) STADIAZIONE
Tutti i soggetti inclusi in questo studio hanno avuto una conferma istologica di neoplasia,
benigna o maligna. Inoltre, sono stati sottoposti ad esami del sangue (emocromo e profilo
biochimico) e\o a procedure di diagnostica per immagini. Gli esami del sangue sono stati
effettuati in tutti i soggetti, mentre solo un soggetto non è stato sottoposto ad ecografia
addominale e solo uno è stato sottoposto ad esame endoscopico. Un soggetto è stato
sottoposto anche ad una ecografia perianale al fine di individuare lo stato dell’uretra
caudale (soggetto femmina). Lo studio radiografico del torace, al fine di individuare
eventuali metastasi polmonari, è stato effettuato in soli tre soggetti.
I dati raccolti sono stati riassunti nella seguente tabella.
50
X.
Procedure diagnostiche effettuate nei soggetti inclusi nello studio
GRUPPO
Caso
Esame
Esami del
Ecografia
clinico
istologico
sangue\urine
addominale
1
Colon:
Emocromo e
Vescica: lesione
No
loc. a
adenocarcinoma
biochimico: nella
nodulare parietale a
metastasi
livello
Vescica e
norma.
livello del fondo a
evidenti
vescicale
peritoneo:
Urine: presenza di
sinistra originante
carcinoma,
cellule epiteliali
dalla tonaca
lesione
squamose di
muscolare.
metastatica del
transizione e
Colon: stratigrafia
carcinoma
processo
alterata con
intestinale
infiammatorio
presenza di una
Neoplasia
RX torace
Endos
copia
lesione parietale.
Reattività
peritoneale e
versamento
addominale.
Milza: ecostruttura
fortemente
disomogenea
2
CCS
Emocromo e
Vescica: lesione
biochimico: nella
parete della
norma.
porzione ventrale
Urine: quadro
destra del collo
citologico di
vescicale.
sospetto di
Milza: lesioni
neoplasia
multifocali
uroteliale
3
4
Leiomiosarcoma
TCC
Emocromo e
Vescica: lesione
biochimico: nella
occupante gran
norma
parte del lume
Emocromo e
Vescica:
biochimico: nella
neoformazione
norma
parete ventrale
51
5
TCC
Emocromo e
Vescica: grossa
No
biochimico: nella
massa a partenza
metastasi
norma.
dalla parete destra
evidenti
Urine: cellule
del corpo vescicale,
epiteliali
zona del trigono
non coinvolta
Emocromo e
Uretra: dilatazione
Assenza di
Cistosc
loc. a
biochimico: nella
craniale e caudale
lesioni
opia
livello
norma
(ecografia
riferibili a
con
perianale) con
metastasi
biopsia
Neoplasia
6
ADK
uretrale
presenza di una
probabile neoplasia
che ostruisce
parzialmente il
lume
7
Fibropapilloma
Emocromo e
biochimico: nella
norma
Legenda: TCC: carcinoma a cellule di transizione, CCS: carcinoma squamo cellulare, ADK:
adenocarcinoma
52
j) THERAPIA CHIRURGICA
Nella seguente tabella vengono riportate le procedure chirurgiche effettuate rapportate alla
localizzazione della neoformazione e le eventuali complicazioni.
XI.
Tabella riassuntiva delle procedure chirurgiche effettuate
Gruppo
Caso
clinico
Localizzazione della
lesione
Procedimento
chirurgico
effettuato
Eventuali
complicazioni
chirurgiche
Neoplasia
localizzata a
livello
vescicale
1
Fondo vescicale
Cistectomia parziale
ed enterectomia
Nessuna nota
2
Collo ventrale
Cistectomia parziale
Nessuna nota
3
Fondo vescicale
Cistectomia parziale
Nessuna nota
4
Fondo vescicale
Cistectomia parziale
Recidiva
5
Fondo vescicale
Cistectomia parziale
Recidiva
6
Porzione distale e
prossimale
Debulking chirurgico
tramite cistotomia ed
episiotomia dorsale
Nessuna nota
7
Porzione distale
Resezione glande
Nessuna nota
Neoplasia
localizzata a
livello
uretrale
53
k) TASSO DI SOPRAVVIVENZA
Purtroppo per nessun paziente siamo a conoscenza della data del decesso quindi, per
nessuno di essi, è stato possibile calcolare il “tasso di sopravvivenza”, termine usato per
definire il tempo trascorso tra la diagnosi e la morte del paziente.
XII.
Tabella riassuntiva rapportante il tipo istologico con eventuali metastasi presenti,
la terapia eseguita e l’ultimo controllo effettuato
Gruppo
Caso
clinico
Tipo istologico
Eventuali
metastasi
note
Neoplasia
localizzata
a livello
vescicale
1
ADK
SI
Ulteriore
terapia oltre
a quella
chirurgica
Data della
prima
visita e
dell’ultimo
follow-up
Tempo
trascorso
28/03/2013
9 giorni
06/04/2013
2
CCS
SI
25/11/2010
24 giorni
19/12/2010
3
Neoplasia
localizzata
a livello
uretrale
Laiomiosarcoma
NON
NOTE
3/11/2014
15 giorni
18/11/2014
4
TCC
NON
NOTE
Chemioterapia 04/09/2009
adiuvante
22/01/2014
(mitoxantrone
e piroxicam)
4 anni, 4
mesi e 18
giorni
5
TCC
NO
Chemioterapia 22/01/2013
adiuvante
24/06/2013
(vinblastina e
piroxicam)
5 mesi e 2
giorni
6
ADK
NO
28/09/2010
25 giorni
23/10/2010
7
Fibropapilloma
NO
03/08/2010
21/10/2010
2 mesi e
18 giorni
Legenda: TCC: carcinoma a cellule di transizione, CCS: carcinoma squamo cellulare, ADK:
adenocarcinoma
54
5) ANALISI DEI RISULTATI
Facendo riferimento ai soggetti visitati presso l’Ospedale Didattico Veterinario “Mario
Modenato” con una sintomatologia riferibile a una patologia delle basse vie urinarie e che
sono stati sottoposti ad un esame citologico o istologico di conferma o, più semplicemente,
si sono fermati all’ecografia addominale, è possibile affermare quanto segue:
- la maggior parte ha avuto una conferma istologica o citologica della lesione (74,2%),
mentre solo il 25,8% dei soggetti si è fermato all’esame ecografico;
- le razze maggiormente rappresentate sono stati i meticci, di età superiore ai 10 anni e per
lo più femmine sterilizzate;
- la maggior parte delle lesioni coinvolgevano esclusivamente la vescica.
Possiamo riassumere i dati raccolti con i seguenti grafici.
XIII.
Grafici riassuntivi dei soggetti visitati presso l’Ospedale Didattico Veterinario
“Mario Modenato” nel periodo compreso tra il 2010 e il 2015 con una patologia
nelle vie urinarie inferiori
Soggetti con patologia basse vie urinarie
25.8 %
41,9%
Con conferma istologica
Con conferma citologica
Con forte sospetto ecografico
32,3%
55
Razze maggiormente rappresentate
6,5%
Labrador Retriever
41,6 %
Meticcio
Pincher
45,2%
Altre razze
6,5%
ETA'
13%
> 10 anni
19,4%
tra i 7 e i 10 anni
< 7 anni
67,3%
56
SESSO
6,5%
16%
Femmine intere
Femmine sterilizzate
32,3%
Maschi interi
Maschi castrati
45,2%
Localizzazione della lesione
29%
25,8%
Vescica e uretra
Solo vescica
Solo uretra
45,2%
57
Per quanto riguarda i dati che seguono, i cani presi in considerazione sono risultati essere
23 e non 31, cioè solo quelli con una diagnosi citologica o istologica certa di neoplasia,
non essendo stati contati i soggetti con diagnosi di sospetto grazie all’ecografia e che non
hanno seguito poi l’iter diagnostico per svariati motivi. Si può quindi affermare quanto
segue:
- il tipo istologico più frequente è stato il TCC (30,8%) seguito dal polipo vescicale (23%);
- il tipo citologico più frequente è risultato essere il carcinoma uroteliare, e, solo in un
caso, c’è stata conferma che si trattasse specificatamente di TCC;
- di conseguenza ben l’82,6% delle neoplasie riscontrate è risultata essere maligna;
- i soggetti più giovani (< 7 anni) sono risultati essere solo 4 di cui 3 presentavano una
neoplasia benigna o una lesione peudotumorale (fibropapilloma, polipo singolo, polipi
multipli) mentre uno solo presentava un carcinoma epiteliale. Al contrario, invece,
analizzando i soggetti con età superiore ai 7 anni, tutti manifestavano una neoplasia
maligna ad eccezione di un soggetto di 8 anni con un polipo vescicale.
XIV.
Grafici riassuntivi dei soggetti visitati presso l’Ospedale Didattico Veterinario
“Mario Modenato” nel periodo compreso tra il 2010 e il 2015 con una neoplasia
nelle vie urinarie inferiori
Tipo istologico
7,7%
7,7%
7,7%
Adenocarcinoma
7,7%
Carcinoma squamocellulare
7,7%
Carcinoma anaplastico
Fibropapilloma
7,7%
23%
TCC
Polipo
Metastasi di altra neoplasia
30,8%
Leiomiosarcoma
58
Tipo citologico
10%
Carcinoma uroteliare
TCC
90%
Comportamento biologico neoplastico
17,4%
Neoplasia maligna
Neoplasia benigna o lesione
pseudotumorale (polipo)
82,6%
59
120%
COMPORTAMENTO
BIOLOGICO DELLA
NEOPLASIA IN BASE
ALL’ETA’ DEL PAZIENTE
100%
100%
75%
80%
80%
Neoplasia maligna
60%
Neoplasia benigna o lesione
pseudotumorale
40%
20%
25%
20%
0%
0%
Soggetti > 10 anni Soggetti 7-10 anni
Soggetti < 7 anni
Analizzando, invece, il gruppo dei soggetti sottoposti ad un trattamento chirurgico,
possiamo affermare che, per quanto riguarda il segnalamento, le 7 razze appartenenti sia al
gruppo dei pazienti affetti da una neoplasia a livello vescicale che a quelli affetti da un
processo neoplastico a livello uretrale, sono risultate essere tutte diverse senza una
predisposizione di razza.
L’età media di tutti i soggetti è risultata essere di 10 anni (Deviazione Standard: 4,16,
Mediana: 11) e, nello specifico: 11,2 anni per il gruppo delle neoplasie localizzate a livello
vescicale (Deviazione Standard: 2,77; Mediana: 11) e 7 anni per il secondo gruppo
(Deviazione Standard 5,65; Mediana: 7). In linea di massima, quindi, il campione risulta
essere costituito da soggetti anziani con età superiore ai 10 anni.
Per quanto riguarda il sesso, in generale si può affermare che la maggior parte dei soggetti
sono risultati essere maschi rappresentando ben il 71,4% (di cui 2 sterilizzati e 3 interi)
mentre le femmine sono state solo 2 ed entrambe sterilizzate.
I dati appena descritti sono stati schematicamente riassunti nella seguente tabella e nei
seguenti grafici.
60
XV.
Tabella riassuntiva delle percentuali ottenute dallo studio del segnalamento dei
cani oggetto di studio
Carattere
segnaletico
RAZZA
Gruppo
Neoplasia localizzata a livello
vescicale
Neoplasia localizzata a livello
uretrale
Neoplasia localizzata a livello sia
vescicale che uretrale
ETA’
Neoplasia localizzata a livello
vescicale
Neoplasia localizzata a livello
uretrale
Percentuale calcolata
Cairn Terrier
20%
Meticcio
20%
Epagneul Breton
20%
Beagle
20%
Alaskan Malamute
20%
Labrador Retriever
50%
Pincher
50%
Cairn Terrier
14,3%
Meticcio
14,3%
Epagneul Breton
14,3%
Beagle
14,3%
Alaskan Malamute
14,3%
Labrador Retriever
14,3%
Pincher
14,3%
Età media
11,2 anni
> 10 anni
60%
7-10 anni
40%
< 7 anni
0%
Età media
7 anni
> 10 anni
50%
61
Neoplasia localizzata sia a livello
vescicale che uretrale
SESSO
Neoplasia localizzata a livello
vescicale
Neoplasia localizzata a livello
uretrale
Neoplasia localizzata sia a livello
vescicale che uretrale
7-10anni
0%
< 7 anni
50%
Età media
10 anni
> 10 anni
57,2%
7-10anni
28,6%
< 7 anni
14,3%
Maschio
60%
Maschio castrato
20%
Femmina
0%
Femmina sterilizzata
20%
Maschio
0%
Maschio castrato
50%
Femmina
0%
Femmina sterilizzata
50%
Maschio
42,86%
Maschio castrato
28,6%
Femmina
Femmina sterilizzata
0%
28,6%
62
XVI.
Rappresentazione grafica delle percentuali delle razze oggetto di studio
60%
RAZZA
50%
50%
Labrador Retriever
40%
Cairn Terrier
Pincher
30%
Meticcio
20%
20%
Epagneul Breton
20%
14,3%
Beagle
Alaskan Malamute
10%
0%
0%
0%
Neoplasia vescicale
XVII.
Neoplasia uretrale
Entrambi i gruppi
Rappresentazione grafica delle percentuali delle età del gruppo oggetto di studio
70%
60%
ETA'
57,2%
60%
50%
50%
50%
40%
40%
> 10 anni
28,6%
30%
7-10 anni
< 7 anni
20%
14,3%
10%
0%
0%
0%
Neoplasia vescicale
Neoplasia uretrale
Entrambi i gruppi
63
XVIII.
Rappresentazione grafica delle percentuali del sesso del gruppo oggetto di studio
70%
SESSO
60%
60%
50%
50%
50%
42,86%
M
40%
28,6%
30%
28,6%
MC
F
20%
20%
FS
20%
10%
0%
0%
Neoplasia vescicale
0%
0%
Neoplasia uretrale
0%
Entrambi i gruppi
Legenda: F= femmina intera, M= maschio intero, FS= femmina sterilizzata, MC= maschio castrato
Analizzando le cartelle cliniche di tutti i cani oggetto di studio, si può affermare che le
motivazioni di visita più frequenti sono state pollacchiuria ed ematuria (entrambi presenti
in 4 soggetti, con una percentuale del 30,8%). Nello specifico, per quanto riguarda il
gruppo dei soggetti affetti da una neoformazione a livello vescicale, l’ematuria è risultata
essere il motivo di visita più frequente essendo presente in ben 4 soggetti su 5 e
rappresentando il 36,4% di tutte le motivazioni di visita. Al secondo posto vi abbiamo la
pollacchiuria, presente in 3 cani su 5 (27,3% rispetto a tutte le motivazioni di visita
riscontrate). Nel secondo gruppo, invece, la pollacchiuria e la stranguria sono risultati
essere le due uniche motivazioni di visita. La sintomatologia clinica che ha portato tutti i
cani oggetto di studio in visita (pollacchiuria, ematuria e stranguria) era recidivata o mai
risolta, con un’iniziare terapia antibiotica e\o antinfiammatoria prescritta da altro collega.
Per quanto riguarda i segni clinici osservati, la maggior parte dei soggetti di entrambi i
gruppi (4 cani su 7) presentavano un esame obiettivo generale nella norma con una
percentuale del 57,2% e, nello specifico, del 60% (3 cani su 5) nel primo gruppo, mentre
un solo soggetto appartenente al secondo gruppo (50%). Tra i segni clinici è importante
sottolineare che solo in un caso, appartenente al primo gruppo, era presente dolore alla
64
palpazione vescicale ma si trattava di un soggetto con una neoplasia diffusa anche a livello
del colon e con reattività peritoneale e peritonite concomitante.
I dati appena commentati vengono riassunti nella seguente tabella e nei successivi grafici.
XIX.
Tabella riassuntiva delle percentuali ottenute dall’esame anamnestico e clinico dei
cani oggetti di studio
GRUPPO
MOTIVO
DELLA VISITA
Neoplasia localizzata a
livello vescicale
Neoplasia localizzata a
livello uretrale
Neoplasia localizzata sia
a livello vescicale che
uretrale
n° soggetti
% calcolata
pollacchiuria
3
27,3%
ematuria
4
36,4%
incontinenza
urinaria
1
9,1%
PU\PD
1
9,1%
dimagramento
1
9,1%
tenesmo
1
9,1%
pollacchiuria
1
50%
stranguria
1
50%
pollacchiuria
4
30,8%
stranguria
1
7,7%
ematuria
4
30,8%
incontinenza
urinaria
1
7,7%
PU\PD
1
7,7%
dimagramento
1
7,7%
tenesmo
1
7,7%
65
SEGNI CLINICI
Neoplasia localizzata a
livello vescicale
Neoplasia localizzata a
livello uretrale
Neoplasia localizzata sia
a livello vescicale che
uretrale
EOG nella norma
3
60%
dolore alla
palpazione della
vescica
1
20%
distensione
vescicale
1
20%
EOG nella norma
1
50%
neoformazione a
livello dello
sbocco uretrale
1
50%
EOG nella norma
4
57,2%
dolore alla
palpazione della
vescica
1
14,3%
neoformazione a
livello dello
sbocco uretrale
1
14,3%
distensione
vescicale
1
14,3%
66
XX.
Rappresentazione grafica dei vari motivi di visita dei soggetti compresi nello studio
60,00%
MOTIVO DELLA VISITA
50%
50,00%
Pollacchiuria
40,00%
36,4%
Stranguria
30,8%
30,00% 27,3%
Ematuria
Incontinenza urinaria
PU\PD
20,00%
Dimagramento
9,1%
10,00%
7,7%
0%
7,7%
Tenesmo
0%
0,00%
Neoplasia vescicale
XXI.
Neoplasia uretrale
Entrambi i gruppi
Rappresentazione grafica dei segni clinici rilevati nei pazienti oggetto di studio
70%
60%
SEGNI CLINICI
57,2%
60%
50%
50%
40%
EOG nella norma
Dolore palpazione vescica
30%
Neoformazione sbocco uretrale
20%
20%
14,3%
Distensione vescicale
10%
0%
0%
Neoplasia
vescicale
Neoplasia uretrale Entrambi i gruppi
67
Analizzando i risultati ottenuti mediante gli esami diagnostici effettuati, è possibile
affermare quanto segue (tutti i dati si riferiscono al momento della prima visita):
- tutti i soggetti sono stati sottoposti ad esame istologico della massa visualizzata a livello
ecografico o con la visita clinica. Per quanto riguarda le neoplasie localizzate a livello
vescicale, tutte sono risultate essere maligne con una prevalenza per il TCC (2 soggetti su
5, 40%); nel secondo gruppo, invece, dei due soggetti presi in esame, uno era affetto da
una neoplasia benigna (fibropapilloma) mentre il secondo da una neoplasia maligna. In
generale, prendendo in considerazione entrambi i gruppi, si può affermare che le neoplasie
maligne sono risultate essere quelle più frequenti e che l’ADK e il TCC sono state le
neoplasie maggiormente rappresentate (entrambe presenti in 2 soggetti su 7, 28,6% del
totale campione esaminato);
- tutti i soggetti sono stati sottoposti ad esami del sangue completi (emocromo e profilo
biochimico) che non hanno evidenziato particolari alterazioni degni di nota;
- 3 soggetti, tutti appartenenti al primo gruppo, hanno effettuato un esame delle urine di cui
solo uno con forte sospetto di neoplasia uroteliale in corso di CCS vescicale;
- l’esame ecografico dell’addome è stato eseguito in 6 soggetti su 7 (85,7% dell’intero
campione esaminato) ed è risultato molto utile al fine di individuare neoplasie a livello
vescicale o uretrale. L’unico soggetto che non è stato sottoposto ad un’ecografia
addominale risulta essere lo stesso che all’istologia presentava un fibropapilloma a livello
dello sbocco uretrale, vale a dire l’unica neoplasia benigna riscontrata. Inoltre, l’ecografia
ha anche permesso di escludere l’eventuale coinvolgimento del trigono in corso di TCC
vescicale;
- l’esame radiografico del torace è stato eseguito in soli 3 pazienti su 7 (42,8% dell’intero
campione esaminato): un soggetto presentava un carcinoma intestinale con sede
metastatica secondaria a livello vescicale, uno era affetto da un TCC vescicale e, infine,
l’ultimo, da un ADK uretrale. Nessuno dei tre soggetti presentava metastasi visibili
all’esame radiografico a momento della prima visita;
- solo un soggetto, affetto da ADK uretrale, è stato sottoposto a cistoscopia con biopsia.
Le seguenti tabelle forniscono un riassunto di ciò che è stato appena affermato.
68
XXII.
Tabella riassuntiva della stadiazione effettuata nei cani oggetto di studio
Gruppo
Tipo
istologico
Neoplasia localizzata a livello
vescicale
Neoplasia localizzata a livello
uretrale
Neoplasia localizzata a livello sia
vescicale che uretrale
Ulteriori
esami
diagnostici
Neoplasia localizzata a livello
vescicale
Percentuale calcolata
Adenocarcinoma
20%
Carcinoma
squamocellulare
20%
Leiomiosarcoma
20%
TCC
40%
Neoplasia maligna
100%
Neoplasia benigna
0%
Adenocarcinoma
50%
Fibropapilloma
50%
Neoplasia maligna
50%
Neoplasia benigna
50%
Adenocarcinoma
28,6%
Carcinoma
squamocellulare
14,3%
Leiomiosarcoma
14,3%
TCC
28,6%
Fibropapilloma
14,3%
Neoplasia maligna
85,7%
Neoplasia benigna
14,3%
Esami del sangue
(emocromo e profilo
biochimico)
33,3%
Esame delle urine
20%
69
Neoplasia localizzata a livello
uretrale
Neoplasia localizzata sia a livello
vescicale che uretrale
Eco addome
33,3%
Rx torace
13,3%
Endoscopia
0%
Esami del sangue
(emocromo e profilo
biochimico)
40%
Esame delle urine
0%
Eco addome
20%
Rx torace
20%
Endoscopia
20%
Esami del sangue
(emocromo e profilo
biochimico)
35%
Esame delle urine
15%
Eco addome
30%
Rx torace
15%
Endoscopia
5%
70
XXIII.
Rappresentazione grafica dei tipi istologici riscontrati
60%
50%
50%
50%
40%
40%
Adenocarcinoma
28,6%
30%
28,6%
Carcinoma squamocellulare
Leiomiosarcoma
20%
TCC
20%
14,3%
Fibropapilloma
10%
0%
0%
0%
Neoplasie vescicali Neoplasie uretrali
XXIV.
Entrambi i gruppi
Rappresentazione grafica delle percentuali di neoplasie maligne o benigne
Tipo istologico
14,3%
Neoplasia maligna
Neoplasia benigna
85,7%
71
XXV.
Rappresentazione grafica degli esami diagnostici effettuati
45,00%
40%
40,00%
35,00%
35%
33,3% 33,3%
30%
30,00%
Emocromo e profilo biochimico
25,00%
20%
Esame delle urine
20%
20,00%
15,00%
Ecoaddome
15% 15%
13,3%
Rx torace
Endoscopia
10,00%
5%
5,00%
0%
0%
0,00%
Neoplasie
vescicali
Neoplasie uretrali Entrambi i gruppi
Analizzando le cartelle chirurgiche, è possibile affermare quanto segue:
- nessuna neoplasia, vescicale o uretrale, coinvolgeva il trigono;
- nessuna neoplasia coinvolgeva sia il compartimento vescicale che quello uretrale;
- per quanto riguarda il primo gruppo, l’80% (4 casi su 5) delle neoplasie coinvolgeva il
fondo vescicale, mentre solo un caso (20%) aveva invaso il collo ventralmente. In tutti i
casi è stato possibile effettuare una cistectomia parziale per rimuovere la neoformazione e,
in un solo caso, è stato eseguito una concomitante enterectomia per la presenza di
neoformazione anche a livello dell’apparato gastroenterico;
- nel secondo gruppo, invece, in un caso (50%) la neoplasia era maligna e aveva coinvolto
pressocchè l’intera lunghezza dell’uretra, rendendo così necessario un trattamento di
debulking chirurgico palliativo al fine di ristabilire il flusso urinario. Nel secondo caso,
invece, si trattava di una neoplasia benigna e localizzata solo a livello dello sbocco
uretrale, l’asportazione del glande è risultata quindi essere la chirurgia definitiva;
72
- nessuna complicazione post-chirurgica è stata descritta, tranne per due soggetti che hanno
manifestato recidiva locale, ma è anche vero che questi due soggetti sono stati quelli con
un follow-up più lungo e che hanno intrapreso una terapia chemioterapica aggiuntiva.
Tenendo in considerazione, invece, gli eventuali trattamenti post-chirurgici e l’ultimo
follow-up eseguito, è possibile affermare quanto segue:
- il tasso metastatico in questo studio non può essere considerato valido perché non tutti i
soggetti sono stati sottoposti ad uno stadiazione completa, infatti solo 3 soggetti sono stati
sottoposti ad uno studio radiografico del torace. Comunque è possibile affermare che: dei
tre soggetti che hanno eseguito una radiografia del torace (ADK intestinale, TCC vescicale
e ADK uretrale) nessuno presentava metastasi a livello polmonare; infine, in due soggetti
sono state individuate metastasi all’ecografia addominale: uno era affetto da un ADK
intestinale che aveva metastatizzato a livello vescicale e peritoneale, il secondo presentava
un CCS vescicale e metastasi a livello splenico. E’ anche bene sottolineare che queste sedi
metastatiche non sono state confermate con la citologia, ma solo per mezzo dell’esame
ecografico;
- sfortunatamente solo due soggetti (28,6% dell’intero campione esaminato), entrambi
affetti da TCC vescicale, hanno proseguito la terapia con un protocollo chemioterapico
adiuvante post-chirurgico. Uno dei due soggetti è stato visitato fino a 4 anni e 4 mesi dalla
diagnosi di neoplasia, mentre, per quanto riguarda il secondo soggetto, l’ultimo follow-up
risale a 5 mesi dalla prima visita. In tutti gli altri casi il follow-up più lungo per le
neoplasie maligne è stato di soli 25 giorni, mentre di circa 2 mesi per l’unica neoplasia
benigna escissa in modo completo. Comunque il follow-up, ovviamente, non coincide con
la morte del paziente;
Analizzando nello specifico i due casi che hanno seguito un protocollo chemioterapico
post-chirurgico, quindi con follow-up più precisi e il cui tasso di sopravvivenza può essere
considerato in maniera più precisa, è possibile affermare quanto segue:
CASO CINICO NUMERO UNO  Beagle, maschio di 8 anni, affetto da TCC del fondo
vescicale. Al momento della prima visita non presentava coinvolgimento uretrale, né del
trigono, né dei linfonodi. Non sono stati effettuati radiogrammi del torace quindi non è
possibile stabilire se al momento della diagnosi presentava o meno metastasi a livello
polmonare. Effettuata cistectomia parziale e iniziata terapia chemioterapica a base di
73
mitoxantrone (5 mg\m2 iv ogni 3 settimane) e piroxicam (0,4 mg\kg\die po). Monitorato
con emocromo e indicatori della funzionalità epatica, non ha mostrato effetti collaterali al
trattamento chemioterapico. Ecografia di controllo dopo circa 4 mesi dalla chirurgia e 3
mesi e mezzo dall’inizio della terapia chemioterapica: recidiva locale, vescica si presenta
con parete ispessita e irregolare per la presenza di neoformazioni rotondeggianti aggettanti
nel lume diffuse alla parete dorsale e al collo vescicale. Non si rilevano ulteriori alterazioni
degli organi addominali. Stesso giorno sospesa terapia con mitoxantrone per comparsa di
PU\PD. Ecografia di controllo dopo 5 mesi dalla chirurgia: neoformazioni parietali diffuse
a tutta la parete vescicale con conseguente riduzione del lume vescicale. Ulteriore
ecografia di controllo ad un anno e 2 mesi dalla chirurgia: quadro ecografico
sovrapponibile al controllo precedente tranne per coinvolgimento uretrale. Ultimo
controllo ecografico dopo 4 anni dalla terapia chirurgica: neoplasie vescicale estesa a
uretra ed ureteri, metastasi linfonodali e, all’esame radiografico del torace, presenza di
metastasi polmonari. Idronefrosi ed idrouretere secondario ostruttivo. Il soggetto
presentava ematuria, incontinenza urinaria, tenesmo, anoressia, mucose pallide, epistassi e
zoppia arto posteriore destro. Conclusioni: TCC in progressione con metastasi polmonari,
insufficienza renale e probabile metastasi ossee.
CASO CLINICO NUMERO DUE  Alaskan Malamute, maschio di 11 anni, affetto da
TCC del fondo vescicale. Al momento della presentazione non presentava coinvolgimento
uretrale, né del trigono né dei linfonodi, radiografie del torace negative per metastasi.
Effettuata cistectomia parziale e iniziata terapia chemioterapica con vinblastina (3 mg\m2
ogni 2 settimane) e piroxicam (0,3 mg\kg\die po) la quale sarà protratta fino ad un mese
prima dell’ultimo follow-up. Nessun effetto collaterale segnalato. Controllo ecografico
effettuato circa 7 settimane dalla chirurgia e 5 settimane dall’inizio della terapia
chemioterapica è risultata essere negativa per metastasi e per eventuali recidive locali.
Ecografia di controllo dopo 4 mesi dalla chirurgia e 3 mesi e mezzo dall’inizio della
chemioterapia: presenza di recidiva locale, assenza di lesioni riferibili a metastasi a livello
addominale. Nessuna radiografia toracica effettuata.
La seguente tabella riassume i dati più importanti.
74
XXVI.
Tabella riassuntiva dei due casi clinici più completi
Beagle, maschio, 8 anni
Alaskan Malamute, maschio, 11 anni
04-09-2009
22-01-2013
Negativa per metastasi addominali,
non note eventuali metastasi
polmonari
Negativa per metastasi addominali e
polmonari
Tipo istologico e
loalizzazione
TCC fondo vescicale
TCC fondo vescicale
Data e tipo di
chirurgia
30-09-2009
Cistectomia parziale
25-02-2013
Cistectomia parziale
Data inizio e tipo
di chemioterapia
16-11-2009
Mitoxantrone (5mg\m2 ogni 3
settimane)
+
piroxicam
(0,4
mg\kg\die)
12-03-2013
Vinblastina
settimane)
mg\kg\die)
Data ultima
somministrazione
chemioterapica
04-02-2010
20-05-2013
Data recidiva e\o
comparsa
metastasi a
distanza
04-02-2010
Data ultimo
controllo
22-01-2014
Caso clinico
Data
presentazione
Stadiazione
“Tempo di
sopravvivenza”
(3mg\m2
ogni
2
+
piroxicam
(0,3
24-06-2013
Effettuato
ecoaddome:
quadro
Effettuato
ecoaddome:
quadro
vescicale riferibile a processo
vescicale riferibile a processo
neoplastico recidivante. No metastasi
neoplastico
recidivante.
No
addominali evidenti.
metastasi addominali evidenti.
24-06-2013
4 anni, 4 mesi e 18 giorni dalla 5 mesi e 2 giorni dalla presentazione
presentazione clinica, 4 anni, 3 mesi clinica, 4 mesi dall’inizio della terapia
e 23 giorni dall’inizio della terapia combinata
combinata
75
6) CONCLUSIONI
Dopo un’analisi complessiva dei dati ottenuti dallo studio della popolazione presa in
esame, è possibile giungere alle seguenti conclusioni:
 dei 31 soggetti presentatisi all’Ospedale Didattico Veterinario “Mario Modenato” con
una sintomatologia riconducibile ad una patologia dell’ultimo tratto urinario, la maggior
parte presentavano una lesione, confermata o meno da esame citologico\istologico, a
livello vescicale. Considerando solo i soggetti con una diagnosi certa citologica o
istologica di neoplasia, risultano comunque sempre più frequenti quelli che mostravano
un’alterazione vescicale rispetto a quelli che presentavano una lesione che coinvolgeva
solo l’uretra o entrambi le componenti;
- le razze maggiormente rappresentate sono stati i meticci, di età superiore ai 10 anni e per
lo più femmine sterilizzate. Questi dati, anche se estrapolati da un piccolo campione,
coincidono con quelli presenti in letteratura che vedono i meticci tra i più esposti
(Glickman et al., 1989; Knapp et al., 2000; Mutsaers et al., 2003; Glickman et al., 2004;
Raghavan et al., 2004; Bryan et al., 2007; Knapp&Millan, 2007). Inoltre, su 31 soggetti,
sono presenti due tra le razze considerate, secondo la letteratura, predisposte a sviluppare il
TCC vescicale: 1 Beagle (affetto da TCC vescicale) e 2 Labrador Retriever, che però
presentavano entrambi una lesione a livello uretrale (uno era un adenocarcinoma mentre
per l’altro non è stato effettuato alcun esame di conferma ma il sospetto ecografico di
neoplasia era molto forte). In letteratura, inoltre, l’età media di insorgenza per le neoplasie
maligne vescicali ed uretrali, risulta essere 11 anni (Marconato et al., 2012) e viene inoltre
riportata anche una prevalenza per le femmine sterilizzate (Knapp et al., 2000; Mutsaers et
al, 2003; Knapp, 2006; Knapp&McMillan, 2007; Marconato et al., 2012) in accordo,
quindi, con i dati ottenuti;
- il tipo istologico più frequente è stato riscontrato essere il TCC (nello specifico, 2 casi di
TCC confermato a livello vescicale, un solo caso a livello uretrale e due casi confermati di
TCC che aveva coinvolto sia vescica che uretra), in accordo con i dati presenti in
letteratura (Valli et al., 1995; Knapp et al., 2000; Mutsaers et al, 2003; Knapp, 2006;
Knapp&McMillan, 2007; Marconato et al., 2012), seguito dal polipo vescicale, il quale,
invece, in letteratura non viene considerato molto frequente;
76
- il tipo citologico più frequente è stato il carcinoma uroteliare, e solo in un caso c’è stata
conferma che si trattasse specificatamente di TCC;
- la maggior parte delle neoplasie riscontrate è risultata essere maligna;
- le neoplasie benigne o le lesioni pseudotumorali sono risultate essere più frequenti nei
soggetti giovani (di età inferiore ai 7 anni), mentre le neoplasia maligne sono risultate
essere molto più frequenti nella popolazione di soggetti più anziani, con età superiore ai 7
anni.
 Analizzando, invece, i 7 soggetti affetti da una neoplasia benigna o maligna a livello
vescicale o uretrale e che siano stati sottoposti ad un trattamento chirurgico, è possibile
affermare quanto segue:
- non è stata riscontrata alcuna predisposizione di razza;
- il campione risulta essere costituito da soggetti anziani con età superiore ai 10 anni;
- la maggior parte dei soggetti sono risultati essere maschi (le femmine sono state solo 2 ed
entrambe sterilizzate);
- i soggetti con neoplasia a livello vescicale hanno mostrato, come sintomo principale,
ematuria, seguita da pollacchiuria. Nel secondo gruppo, invece, la pollacchiuria e la
stranguria sono risultati essere le due uniche motivazioni di visita. La sintomatologia
clinica che ha portato tutti i cani oggetto di studio in visita (pollacchiuria, ematuria e
stranguria) era recidivata o mai risolta, neppure temporaneamente, con un’iniziare terapia
antibiotica e\o antinfiammatoria. Questi dati risultano in accordo con quelli presenti in
letteratura (Marconato et al., 2012). Un caso, appartenente al primo gruppo, presentava
dolore alla palpazione dell’addome ma era affetto da carcinoma intestinale con metastasi a
livello vescicale e peritoneale con peritonite concomitante;
- per quanto riguarda i segni clinici osservati, la maggior parte dei soggetti di entrambi i
gruppi presentavano un esame obiettivo generale nella norma;
- le neoplasie maligne sono risultate essere quelle più frequenti, con una prevalenza del
TCC se si considerano solo i tipi istologici vescicali, e di TCC e ADK, se si tiene conto
anche delle neoplasie a livello uretrale;
- tutti i pazienti presentavano esami del sangue (emocromo e biochimico) nella norma;
77
- solo in un caso, affetto da neoplasia vescicale, l’esame del sedimento urinario è risultato
diagnostico di neoplasia uroteliale in corso di CCS vescicale;
- l’esame ecografico dell’addome è risultato molto utile al fine di individuare neoplasie a
livello vescicale o uretrale. L’unico soggetto che non è stato sottoposto ad un’ecografia
addominale risulta essere lo stesso che all’istologia presentava un fibropapilloma a livello
dello sbocco uretrale, vale a dire l’unica neoplasia benigna riscontrata. Inoltre, l’esame
ecografico ha anche permesso di escludere l’eventuale coinvolgimento del trigono in corso
di TCC vescicale;
- l’esame radiografico del torace è stato eseguito in soli 3 pazienti su 7: un soggetto
presentava un carcinoma intestinale con sede metastatica secondaria a livello vescicale,
uno era affetto da un TCC vescicale e, infine, l’ultimo, da un ADK uretrale. Nessuno dei
tre soggetti presentava metastasi visibili all’esame radiografico a momento della prima
visita;
- solo un soggetto, affetto da ADK uretrale, è stato sottoposto a cistoscopia con biopsia;
- nessuna neoplasia coinvolgeva il trigono ed era presente sia a livello vescicale che
uretrale al momento della diagnosi;
- tutti i casi appartenenti al primo gruppo sono stati sottoposti ad una cistectomia parziale,
solo in un caso, è stato eseguito una concomitante enterectomia per la presenza di
neoformazione anche a livello dell’apparato gastroenterico. Nel secondo gruppo, invece, si
sono riscontrate due situazioni completamente opposte: un soggetto, femmina sterilizzata,
era affetto da una neoplasia maligna che aveva coinvolto gran parte dell’uretra rendendo
possibile sono una chirurgia palliativa; mentre il secondo caso, maschio, era affetto da una
neoformazione benigna a livello dello sbocco uretrale, la cui asportazione ad ampi margini
è stata possibile senza complicazioni;
- non è stata registrata alcuna complicazione chirurgica a breve termine, solo due recidive
nei due casi che sono stati seguiti più a lungo per un trattamento chemioterapico adiuvante;
- dei due soggetti, affetti da TCC vescicale, che hanno avuto un trattamento combinato da
chirurgia e chemioterapia e follow-up più lunghi, uno è sopravvissuto circa 4 anni, mentre
l’altro circa 5 mesi.
78
Per concludere, purtroppo non è stato possibile ottenere una casistica più svariata di
tecniche chirurgiche diverse. In letteratura ne sono descritte diverse che però,
sfortunatamente, data l’aggressività di queste neoplasie, difficilmente è possibile
selezionare i giusti pazienti da sottoporre a tecniche chirurgiche più avanzate.
Data la scarsità dei dati presenti in letteratura, ulteriori ricerche sarebbero auspicabili.
Per questo tipo di neoplasie, inoltre, la sola tecnica chirurgica spesso non è risolutiva
rendendo necessario, quindi, ulteriori sviluppi anche nella terapia medica post-chirurgica.
79
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