Mobbing e violenze psicologiche sul luogo di lavoro Mobbing and psychological violences in workplace Roberta Mordanini1, Valeria Verrastro2 Abstract Abstract È indubbio che la parola “mobbing” ormai smuova l’opinione pubblica, i lavoratori dipendenti, i sindacati, i politici (dato il numero delle leggi presentate), gli avvocati e i giudici, aprendo un dibattito permanente sul mondo del lavoro riguardo il clima relazionale nelle aziende e nelle istituzioni pubbliche e private. D’altro canto la violenza sul lavoro c’è sempre stata, motivo per cui da sempre il lavoro, quello manuale e pesante, è stato sinonimo di travaglio, fatica, schiacciamento e oppressione. La società contemporanea è piena di atti violenti, che vanno dalla banale mancanza di rispetto di chi vuole scavalcare nella fila in ufficio pubblico a chi vuole farci pagare più del dovuto un oggetto, a chi ci deruba in casa. Molte sono le violenze anche nel luogo di lavoro, dove nessuno guarda in faccia a nessuno per accaparrarsi un posticino dirigenziale più alto e dove il singolo individuo, che troppo spesso viene squalificato, non viene tutelato. Queste dinamiche vanno a compromettere l’integrità dell’individuo come persona e successivamente andranno a ledere anche la sfera relazionale, familiare, professionale. L’integrità psicofisica dell’individuo è messa in crisi e se non si riuscirà a reagire a tale affronto vi saranno conseguenze patologiche da non sottovalutare. Doubtless the word bullying now moves public opinion, employees, trade unions, political (given the number of bills submitted), lawyers, judges, opening an ongoing discussion on the world of work, about the relational climate in companies, public and private institutions. On the other hand violence on work has always been, since that always work, the manual and heavy work has been the synonymous of words as difficulty, crush and oppression. Contemporary society is full of violence, ranging from the banal lack of respect for those who want to climb the ranks in public office, who wants us to overpay an object, who robs at home. Many are also violence on workplace, where nobody looks at anybody to grab a spot higher management and where the individual is disqualified and too often not protected. These dynamics compromise the integrity of the first as a person firstly then affect the relational, family and, of course, professional sphere. The physical or mental integrity of the subject is thrown into crisis, and if there will be no possibilities to cope with this affront to his person, there will be pathological consequences which should not be underestimated. Keywords Parole chiave Relational risk - Mobbing - Guidelines - Subject at risk - Identity and self respect - Adapting disorder and Post Traumatic Stress Disorder - Loss of social relation - Problem solving - Psychological assistance - Treatment. Rischio relazionale - Mobbing - Linee guida Soggetti a rischio - Identità ed autostima - Disturbo dell’adattamento e disturbo post traumatico da stress - Perdita delle relazioni sociali - Problem solving - Trattamento. QUALE psicologia, 2013, 1 16 Introduzione sono: l’ambiente lavorativo, la frequenza di almeno una volta alla settimana, la durata di almeno sei mesi, il tipo di azioni, il dislivello tra antagonisti, l’andamento per fasi fino a quella di rendere la vittima totalmente indifesa e l’intento persecutorio consapevole da parte dell’aggressore per raggiungere la finalità di eliminare la vittima dall’organizzazione. Generalmente si parla di mobbing quando la vittima ha subito oggettivamente o ha vissuto soggettivamente un evento stressante, che lo ha condotto a disturbi psicopatologici. Il mobbing è quindi una forma di molestia o violenza psicologica esercitata quasi sempre con intenzionalità lesiva, ripetuta in modo perpetuante, con modalità polimorfe; l’azione persecutoria è intrapresa per un periodo determinato, arbitrariamente stabilito in almeno sei mesi sulla base dei primi rilievi svedesi, ma con ampia variabilità dipendente dalle modalità di attuazione e dai tratti della personalità dei soggetti, con la finalità o la conseguenza dell’estromissione del soggetto da quel posto di lavoro. È opportuno parlare di “soglia individuale di resistenza alla violenza psicologica” capace di indurre una condizione di mobbing che è possibile esprimere come funzione di: intensità della violenza, tempo di esposizione, e tratti della personalità (Ege, 2001). La violenza morale viene esercitata mediante attacchi contro il lavoratore, il lavoro svolto, la funzione lavorativa ricoperta e, infine, lo status del lavoratore, da parte di un singolo soggetto protagonista (mobber), generalmente un superiore. In alcuni casi viene “investito” da dinamiche di gruppo complesse, intrecciate e gestite da un numero sostanzioso di colleghi che concorre, più o meno consapevolmente, alla violenza psicologica, partecipa con atteggiamento di attiva partecipazione, come testimone passivo, come incapace di contrastare tale attività per presunte convenienze secondarie. L’individualità del lavoratore viene ripetutamente umiliata, offesa, isolata e ridicolizzata anche nella sfera della propria vita privata (Leymann, 1996). Il suo lavoro viene deprezzato, continuamente criticato o addirittura sabotato, svuotato di contenuti; il soggetto viene privato degli strumenti necessari a svolgere l’attività (sindrome della scrivania vuota) o al contrario viene sovraccaricato di lavoro e di compiti impossibili da portare materialmente a termine o inutili, ma tali da provocare o acuire sentimenti di frustrazione e di impotenza (sindrome della scrivania piena). Il suo ruolo viene Accanto ai rischi tradizionali (chimici, fisici e biologici) per la salute del lavoratore i rischi psicosociali ed organizzativi stanno diventando una delle principali cause di alterazione della salute sul posto di lavoro. Fra questi va sicuramente segnalato il “rischio relazionale” o “interpersonale”. Negli ultimi anni il mobbing è in incremento per motivazioni di carattere macroeconomico (es. globalizzazione) e per il cambiamento delle tipologie di lavoro e dei correlati rischi lavorativi. Fra gli elevati costi individuali, aziendali e sociali, di particolare rilevanza sono le conseguenze sulla salute, riscontrate dopo un periodo variabile di esposizione alla condizione mobbizzante. Queste conseguenze possono manifestarsi inizialmente a carico della sfera neuropsichica e, successivamente, con importanti ricadute psicosomatiche e fisiche, che comportano non solo una riduzione della capacità lavorativa fino a stati invalidanti ma possono definire altresì un quadro di rilevante danno biologico, con risvolti di tipo esistenziale, sociale e relazionale. È pertanto opportuno un accordo tra gli organi competenti che, oltre al riconoscimento della rilevanza del fenomeno, sviluppino linee guida per la gestione complessiva del fenomeno mobbing, comprendente gli aspetti informativi, formativi, divulgativi, clinico-diagnostici, terapeutici, riabilitativi, medico-legali, legali e preventivi. Descrizione Per mobbing si intende l’aggressività espressa all’interno di una struttura lavorativa. Secondo una definizione accreditata si tratta di “attacchi che provengono da colleghi, superiori (a volte), sottoposti” (Ege, 2001). Il termine deriva dal verbo inglese to mob, che si riferisce all’attaccare, all’assalire da parte di una folla (Mottola, 2003). Già Lorenz nel 1966 utilizzò questo termine per descrivere gli attacchi di animali verso altri della stessa specie. Heinemann, nel 1972, utilizzò il termine per indicare comportamenti aggressivi tra i bambini a scuola in seguito a ciò fu definito il fenomeno del bullismo. Nel 1996 Leymann trasferì questo fenomeno nel mondo delle relazioni degli adulti in ambito lavorativo. Sempre Ege riconobbe sette criteri, la cui presenza contemporanea in una data situazione delimita il mobbing. Questi criteri QUALE psicologia, 2013, 1 17 - declassato, le sue capacità personali e professionali messe in discussione, o comunque fortemente in dubbio. Infine, vengono esercitate nei suoi confronti continue azioni sanzionatorie, spesso pretestuose, mediante un uso eccessivo di strumenti quali visite fiscali o di idoneità, contestazioni disciplinari, trasferimenti in sedi lontane (sotto forma di minaccia o anche materialmente effettuati), rifiuto di permessi, di ferie e/o di trasferimenti (Mottola, 2003). L’interrogativo che ci si pone in questo contributo è quello di riuscire a spiegare se nelle difficoltà e nei disadattamenti da lavoro risulta possibile che il mobbing sia un fenomeno nuovo e in crescita che richiede attenzione e riflessione specifiche e, ancora, se esiste davvero o è un’invenzione. Rappresenta un fenomeno unico o è scomponibile in situazioni diverse non unificabili ad una generalizzazione? Dal 1998 Buzzi lo ha inserito tra gli argomenti riguardanti la salute mentale sul lavoro. Per fronteggiarlo è stato sottolineato da un lato di ridurre gli eventuali effetti di stress presenti, dall’altro di potenziare le risorse di coping dei lavoratori. Lo stress lavorativo si integra in vari modi con le patologie psichiche, talvolta comportandosi come la “solita goccia con un vaso colmo”. Ciò porta ad applicare in parte una nozione di stress semplicistica, perché ne è valorizzata la personalità premorbosa con la sua abnorme fragilità e vulnerabilità. Dunque il mobbing non può essere preso come causa di disagio ma come possibile fattore di rischio, pari a numerose situazioni ambientali stressanti. È possibile distinguere differenti tipi di mobbing: - il mobbing strategico, che corrisponde ad un preciso disegno di esclusione di un lavoratore da parte della stessa azienda e/o del management aziendale che, con tale azione premeditata e programmata, intende realizzare un ridimensionamento delle attività di un determinato lavorato o il suo allontanamento dal lavoro (Petrella, 2000); - il mobbing emozionale o relazionale, che deriva da un’alterazione delle relazioni interpersonali (esaltazione ed esasperazione dei comuni sentimenti di ciascun individuo di rivalità, gelosia, antipatia, diffidenza, paura, ecc.) e può svilupparsi sia a livello gerarchico che tra colleghi; il mobbing senza intenzionalità dichiarata, che si verifica nel caso in cui non vi sia da parte del ma- QUALE psicologia, 2013, 1 nagement aziendale una precisa volontà strategica di eliminare o condizionare negativamente un determinato lavoratore con azioni di violenza psicologica. All’interno della complessa organizzazione del lavoro di un’azienda esiste piuttosto una nicchia di conflitto, che esorbita dalla dimensione normale del conflitto interpersonale sul luogo di lavoro. Questa azione di molestia morale viene esercitata da parte di un pari grado (per eliminare eventuali ostacoli alle proprie ambizioni carrieristiche), o da parte di un superiore, al fine di tutelare la propria posizione gerarchica, giudicata in pericolo (Mottola, 2003). Il soggetto-bersaglio Ogni lavoratore, indipendentemente dalle caratteristiche della propria personalità e del proprio carattere, può essere oggetto di molestie morali. Tuttavia, oltre alla soglia individuale di resistenza alla violenza psicologica, alcune caratteristiche personologiche o situazionali possono favorirne l’insorgenza o la diffusione. Ci sono potenziali soggetti bersaglio, rappresentati soprattutto da lavoratori con elevato coinvolgimento nell’attività svolta o con capacità innovative e creative; soggetti con ridotte capacità lavorative o portatori di handicap collocati obbligatoriamente nel posto di lavoro, ma osteggiati dal datore di lavoro, dal preposto, dai nuovi compagni di lavoro; soggetti “diversi” sotto vari punti di vista e tratti socio-culturali (provenienza geografica, religione, abitudini di vita, preferenze sessuali); lavoratori rimasti estranei a pratiche illecite di colleghi. Nelle situazioni di possono rilevare tre diverse condizioni: una in cui il soggetto bersaglio precedentemente era un individuo con un soddisfacente equilibrio psico-fisico, una in cui il soggetto bersaglio già in precedenza è possessore di una personalità con disturbi comportamentali, una in cui il soggetto bersaglio è già portatore di disturbi comportamentali conclamati (Fulcheri, 2005). Merita d’esser anche specificato che se il mobbing colpisce un uomo è facile che si tratti di una persona con manifesta debolezza, soggettivamente vissuta come inferiorità e che coinvolge l’identità sociale ed è possibile che il vissuto di inferiorità, o meglio il complesso di inferiorità che sottende al vissuto, sia la concausa del mobbing. Molte donne, invece, non ancora affrancate dal sentirsi inferiori 18 rispetto a colleghi e superiori, possono addirittura illudersi di poter vivere la propria “debolezza femminile” come un vantaggio (Gilioni et al, 2000). Il mobbing colpisce in qualche misura l’identità della persona in genere, attraverso esperienze che possono incidere in modo negativo sull’autostima. Questo, però, avviene non solamente nel campo di competenze professionali ma soprattutto nella fiducia verso se stessi che, se colpita, può essere compromessa (Ansbacher & Ansbacher, 1956). Tuttavia è da sottolineare che la condizione di preesistenza di disturbi neuro-comportamentali non esclude l’esistenza di un nesso eziologico tra ambiente di lavoro e patologia psichiatrica derivata. È importante, invece, verificare da un punto di vista medico-legale che esista un nesso di causalità tra l’ambiente lavorativo, inteso nella sua accezione più complessa, anche come forma di organizzazione del lavoro e gestione delle risorse umane, e il peggioramento del quadro clinico del soggetto, evidenziando eventuali ulteriori concause significative o fattori eziopatogenici. Ad ogni modo il fenomeno si accompagna ad una grave condizione di inadeguatezza dell’organizzazione del lavoro nell’azienda, spesso incapace di costruire meccanismi di rilevamento e pronta alla correzione del fenomeno. conseguenze sulla salute che possono derivare da una condizione di mobbing dovrebbero essere comprese nell’insieme definito “Reazioni ad Eventi”. Tali reazioni includono: - il Disturbo dell’adattamento (DA), che indica la risposta psicologica ad uno o più fattori stressanti identificabili. che concludono allo sviluppo di sintomi emotivi e comportamentali clinicamente significati (questo può essere innescato da un fattore stressante di qualsiasi gravità); - il Disturbo acuto da stress (DAS) e il Disturbo post-traumatico da stress (DPTS), che sono caratterizzati dalla presenza di un fattore stressante estremo e da una specifica costellazione di sintomi. Occorre comunque tener presente che in ambito lavorativo esiste un vasto insieme di disturbi psichiatrici classificabili come “reazioni ad eventi” identificabili, per nesso eziologico, come malattie professionali o malattie correlate al lavoro (workrelated) che nulla hanno a che vedere con la condizione di mobbing (Cooper, 1998). Va difatti considerato, ad esempio, che la messa in cassa integrazione, il licenziamento dovuto a cause strutturali di crisi aziendale, una fase di forte conflitto aziendale e tutta una serie di eventi analoghi che si possono realizzare in ambito lavorativo, senza alcun elemento di intenzionale violenza psicologica, possono ugualmente determinare quadri di patologia anche molto gravi, senza per questo essere inquadrabili all’interno di una sindrome provocata da una condizione di mobbing. Nell’esperienza della Clinica del Lavoro di Milano il disturbo dell’adattamento è largamente prevalente (oltre i 2/3 dei casi con caratteristiche di attendibilità) mentre il disturbo post-traumatico da stress (stessi sintomi del disturbo dell’adattamento ma più gravi e con possibilità di sequele associato a intrusività del pensiero, comportamenti di evitamento in situazioni che possano anche indirettamente richiamare il problema lavorativo e blocco dell’io) rappresenta un evento meno frequente. Circa un terzo della casistica totale è, infine, costituito da casi di patologia psichiatrica comune o di patologia fittizia. Al contrario, la casistica osservata nel centro di Napoli, ancora in fase di sperimentazione, ha permesso di rilevare una notevole presenza dei casi più drammatici del fenomeno, che si è manifestato prevalentemente come Disturbo post-traumatico da stress, mentre il 20% dei casi è costituito da rea- Conseguenze sulla salute I primi effetti derivanti da situazioni mobbizzanti sono osservabili sulla salute delle vittime che, quasi inevitabilmente, dopo un intervallo di tempo variabile, si altera con manifestazioni nella sfera neuropsichica. Precoci sono i segnali di allarme psicosomatico: cefalea, tachicardia, gastroenteralgie, dolori osteoarticolari, mialgie, disturbi dell’equilibrio. Altri possono essere di tipo emozionale: ansia, tensione, disturbi del sonno, dell’umore (D’Antonio, 2005), o comportamentale, come anoressia, bulimia, farmacodipendenza. Se lo stimolo avverso è duraturo oltre al possibile concorso nello sviluppo di patologia d’organo i sintomi descritti possono organizzarsi nei due quadri sindromici principali che rappresentano le risposte psichiatriche a condizionamenti o situazioni esogene: il disturbo dell’adattamento e il disturbo post-traumatico da stress. Tenendo conto della sistematizzazione nosografica del DSM-IV-TR le QUALE psicologia, 2013, 1 19 zioni ad eventi in ambito lavorativo, nei quali l’evento-causa della reazione non è individuabile in una condizione di mobbing, quanto piuttosto in una condizione di conflitto aziendale, senza valenze intenzionali di tipo persecutorio. compenso temporaneo e variabile ed è oltre certi limiti incapace di assorbire e metabolizzare le tensioni che le si ripercuotono pericolosamente contro, implicandola in comportamenti reattivi di natura “patologica” (Sprini, 2007); - il coinvolgimento del tessuto della vita di relazione, quando gli effetti del mobbing ledono significativamente la vita relazionale dell’individuo mobbizzato, che subisce una progressiva contrazione, motivata in genere da una caduta del ruolo lavorativo vissuta anche come caduta dello stato sociale, che poi si traduce in una fuga dai contatti sociali tradizionali. Conseguentemente la problematica del mobbing diventa pervasiva e totalizzante, determinando una progressiva caduta d’interesse per la vita di relazione. A ciò si aggiunge anche che i costi delle conseguenze del mobbing non riguardano solo gli aspetti individuali ma si riflettono più generalmente a livello aziendale, in termini di ore lavorative perse e scadimento della qualità del lavoro, della produttività e, a livello della collettività, con un aumento dei pre-pensionamenti, delle invalidità civili e della spesa sanitaria (Hart, 1990). Il soggetto mobbizzato è diventato improduttivo e di peso per la società, per la famiglia, per se stesso: di ciò egli è consapevole, ma non ha più energie da spendere, né entusiasmo da investire (Dominici, 2006). Conseguenze sociali Le conseguenze sociali possono essere devastanti, in quanto la persistenza dei disturbi psicofisici porta ad assenze dal luogo di lavoro sempre più prolungate, con “sindrome da rientro al lavoro” sempre più accentuata, fino alle dimissioni o al licenziamento (Cordaro, 2006). La perdita dell’autostima e del ruolo sociale comporta insicurezza e difficoltà relazionali; per le fasce d’età più avanzate l’impossibilità di nuovi inserimenti lavorativi. Il soggetto porta all’interno dell’ambito familiare il proprio stato di grave disagio e non sono rari i casi di separazioni e divorzi, disturbi nello sviluppo psicofisico dei figli e disturbi nelle relazioni sociali. Più nello specifico le conseguenze devastanti della situazione di mobbing in ambito sociale interessano tre aree ben distinte: - il difficile recupero dell’inserimento occupazionale, che riguarda le condizioni del mercato del lavoro fortemente selettivo e si caratterizza in alcuni elementi come la collocazione di un quadro dirigenziale ad alto livello che presenta difficoltà maggiori di un lavoratore di tipologia media, dal momento che le nicchie di mercato per ruoli dirigenziali sono molto ristrette e “protette” in termini di scalata gerarchica interna alle aziende (Dominici, 2006). In Italia un contenzioso legale per veder riconosciuti i diritti al recupero della posizione lavorativa precedentemente ricoperta prevede tempi talmente lunghi che la stessa attesa diventa elemento di sofferenza concomitante alla sindrome da mobbing. Inoltre, un lungo periodo di attesa (che può ricoprire anche diversi anni) determina una perdita di professionalità ad alti livelli, che si fonda sul costante esercizio pratico dell’attività manageriale. - il coinvolgimento del nucleo familiare, perché agli occhi del soggetto mobbizzato la famiglia appare come la struttura sociale immediatamente più disponibile per temporanee forme di compenso. Essa costituisce comunque un QUALE psicologia, 2013, 1 Diagnosi L’analisi delle situazioni lavorative di mobbing e delle malattie mobbing-correlate è particolarmente critica per diversi motivi. La fonte d’informazione è rappresentata, nella situazione attuale, quasi esclusivamente dalla raccolta anamnestica diretta. Quindi la possibilità di verifica di dati è scarsa, in quanto solitamente la collaborazione dell’ambiente di lavoro è carente. Queste difficoltà devono essere affrontate con una strategia ad ampio raggio che non esclude la possibilità di falsi positivi, ma ne può ridurre la frequenza, mediante una rigorosa osservazione rispetto una dichiarazione autocertificata della situazione lavorativa da parte del soggetto, tramite un’identificazione del livello di attendibilità del paziente con l’esclusione di un possibile disturbo fittizio. Ancora, l’identificazione di un disturbo psichiatrico non legato al lavoro e il riconoscimento di caratteristiche comportamentali che 20 definiscono la situazione di mobbing (Fulcheri et al, 1995). Inoltre vi è la necessità di un contatto formale con il medico competente, al fine di aggiungere elementi in grado di validare l’anamnesi fornita e sottoscritta dal lavoratore vittima del mobbing. C’è bisogno di una definizione del quadro clinico e della sua compatibilità con le sindromi mobbing-correlate. Per soddisfare questi criteri c’è bisogno di strumenti mirati, come la specifica preparazione alla conduzione di colloqui psicologico-psichiatrici mirati (Quadrio, 1997). L’utilizzo di metodi psicodiagnostici validi e sensibili per poter in ultimo effettuare una diagnosi sindromica è altrettanto necessario. In ogni caso la diagnosi verrà effettuata nei luoghi di lavoro da una équipe multidisciplinare di specialisti che operano in parallelo e coordinati tra loro. Le figure lavorative che si ritrovano sono il medico del lavoro, (con riferimento all’anamnesi lavorativa e all’anamnesi dell’organizzazione del lavoro), lo psicologo del lavoro (per l’analisi e la valutazione dei fattori di rischio trasversali, in particolare sociali e psicologici), il medico psichiatra (per determinare la tipologia di reazione ad un evento determinatosi e quindi la diagnosi psichiatrica), lo psicologo clinico (per l’analisi e la valutazione delle manifestazioni psicopatologiche attuali e/o pregresse con l’ausilio di somministrazione di batterie di test mirati), il medico legale (per la valutazione analitica della sussistenza di un nesso di casualità e per l’individuazione di un eventuale danno biologico) (Trombini, 1994). In base a questa serie di strumenti, che sono indispensabili per arrivare ad una diagnosi affidabile, vanno ulteriormente distinti i due inquadramenti diagnostici di disturbo dell’adattamento e disturbo post traumatico da stress, in base al ruolo che svolgono i fattori occupazionali sui disturbi stessi. Il disturbo dell’adattamento andrà differenziato in disturbo dell’adattamento in situazione occupazionale vissuta come avversativa e disturbo dell’adattamento in situazione occupazione stressogena. Queste due diagnosi fanno riferimento a componenti soggettive di valutazione da parte del paziente e a situazioni di stress generico. Stessa cosa per quanto riguarda il disturbo post traumatico da stress, che si suddivide in disturbo post traumatico da stress con prevalente componente occupazione e in disturbo post traumatico da stress occupazionale (D’Antonio, 2001). QUALE psicologia, 2013, 1 Competenze e gestione Le statistiche evidenziano che le problematiche afferenti alla psicopatologia organizzativa sono in continua crescita. Ciò porta alla necessità evidente di individuazione delle proprie competenze psicologiche per accrescere la conoscenza e la capacità di riconoscere e gestire le stesse. Il fenomeno del mobbing si configura nell’attuale contesto del mondo del lavoro come uno dei più importanti temi oggetto di interesse, oltre che della medicina del lavoro, della psichiatria, della sociologia e della psicologia, anche nel mondo giuridico del management delle imprese e delle istituzioni politiche. Quasi sempre il mobbing è caratterizzato da gravi perdite economiche e umane che si riscontrano in aspetti come il distacco, la demotivazione, l’aggressività, le umiliazioni, la dequalificazione professionale, la sofferenza psichica, l’estromissione dal mondo del lavoro a danno di soggetti vittime. Il fenomeno è connesso anche a problematiche quali il bossing e problematiche afferenti, quali lo stress e il burnout, che costituiscono un’effettiva emergenza sociale (Fulcheri, 2008). Nell’osservazione globale del fenomeno va messo l’accento sulle competenze psicologiche in ambito manageriale afferenti all’organizzazione, che vanno a prendere in considerazione la centralità della gestione delle risorse umane, l’instabilità lavorativa, la formazione continua, i fattori di sviluppo e la psicologia dei consumi e sulle competenze psicologiche afferenti l’individualità che, invece, approfondiscono l’autostima, l’intelligenza e l’adattamento emotivo, le abilità cognitive, i processi decisionali e la capacità mnemonica. Ma ci sono anche competenze psicologiche afferenti i ruoli, relative alla considerazione del comportamento organizzativo, la dinamica del potere, la capacità di delega e l’analisi delle mansioni. Trattamento Quando un’azione risolutiva non è possibile bisogna riflettere e “distanziare emotivamente” la propria condizione, ridefinendola, valutando l’eventuale complicità nel causarla e misurandone la propria esposizione. Spesso risulta impossibile e dannoso ricorrere a soluzioni già sperimentate. In questo senso è necessario fornire una guida all’individuo per essere accompagnato, che gli 21 consenta di ampliare le diverse possibilità di profetti positivi sull’equilibrio emotivo e fisiologico. blem-solving. La creatività, difatti, non è un dono Efficace è risultato anche il training autogeno – innato che pochi possiedono bensì una capacità richiamato autogeno per essere differenziato dalle solutiva che tutti hanno ma che pochi applicano. tecniche ipnotiche – che è uno strumento che porta La principale limitazione della creatività è proprio a modificazioni psicofisiologiche e dello stato di l’errata convinzione di non essere creativi. La coscienza mediante esercizi graduati di concentracompetenza psicologica, in questo caso, è invece zione psichica passiva. molto utile nel rimuovere blocchi e barriere d’azione se individuata e sostenuta, liberando tutte quelle energie che concernono la capacità di affrontare e risolvere i problemi complessi che si presentano in situazioni come queste (Legrenzi, De Bono, Cocco, 2001). Per raggiungere questi obiettivi vi sono diversi supporti. Si pensi, ad esempio, al counseling, che agisce sull’elaborazione iniziale della situazione stressante; alla figura del counselor, infatti, è chie sto supporto affettivo, disponibilità all’ascolto e alla comprensione, collaborazione non direttiva all’analisi e al chiarimento. Ancora le tecniche di rilassamento, adatte ad alleviare reazioni emozio nali di ansia e le risposte psicofisiologiche che le accompagnano; esse agiscono sull’equilibrio neu rovegetativo ottenendo una diminuzione della fre quenza cardiaca e della pressione sistolica, della conduttività elettrica cutanea, della tensione muscolare e del consumo di ossigeno, registrando ef Bibliografia Dominici, R., 2006. Il danno psichico esistenziale. Milano, Giuffrè Editore; Ege, H., 1998. I numeri del Mobbing, la prima ricerca italiana, Bologna, Pitagora; Ege, H., 2002. La valutazione peritale del danno da Mobbing, Milano, Giuffrè Editore; Ege, H., 2005. Oltre il Mobbing, Straining, Stalking e altre forme di conflittualità sul posto di lavoro, Milano, Franco Angeli; Fulcheri, M., 2006. Le attuali frontiere della psicologia clinica, Torino, Centro Scientifico Editore; Heinmann, P., 1972. Mobbing-group violence by children and adult’s. 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