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Scienza delle finanze
MODULO I - Settore pubblico e organizzazione
Indice del modulo I
1. Il settore pubblico: introduzione
Il settore pubblico dell’economia
I fallimenti del mercato
Le funzioni del settore pubblico
Operatori e mercati: i settori istituzionali
Il circuito economico ed il settore pubblico
2. Il settore pubblico: la sua struttura economica e finanziaria
Le Amministrazioni Pubbliche
Il Conto Consolidato delle Amministrazioni Pubbliche
Il fabbisogno ed il debito Pubblico
3. Mercato, organizzazione, impresa
Mercato e costi di transazione
Mercato e impresa come meccanismi di coordinamento
Sommario: mercato, imperfezioni, organizzazioni private e pubbliche
Domande di esame
1. Amministrazioni Pubbliche e Settore Pubblico
3. Indebitamento, Fabbisogno e Debito Pubblico
4. Mercato, Impresa e ‘costi di transazione’
1. Il settore pubblico: introduzione
Il settore pubblico dell’economia
La definizione Scienza delle finanze deriva dal tedesco Finanzwissenschaft. Era intesa come Scienza delle
leggi della ricchezza pubblica e venne introdotta in Italia fin dal 1878 come materia d’insegnamento
universitario nella Facoltà di Giurisprudenza. E’ stata definita anche come finanza pubblica, economia
pubblica, economia del settore pubblico. Studia la struttura, gli operatori, i comportamenti, gli effetti
economici degli operatori, delle decisioni e delle attività del settore pubblico.
L’organizzazione economica delle attività del settore pubblico, sia questo un regno o un impero del passato,
un principato o una signoria, uno stato moderno centrale o federale, un’unione economica fra Stati diversi, è
sempre fondamentale per l’esistenza, il rafforzamento e la continuità della struttura politica. Perciò lo studio
1
dell’attività economica pubblica ha carattere fondamentale per comprendere lo sviluppo e la trasformazione
delle istituzioni pubbliche nonché per fornire strumenti pratici che possano orientare i governanti nelle
decisioni di rilevanza economica.
Le ragioni che hanno dato giustificazioni della presenza di un settore pubblico, definito anche bilancio
pubblico, nei sistemi capitalistici di economia mista sono divisibili in due gruppi.
-
Ragioni di carattere storico-politico collegate alla nascita ed all’evoluzione dello stato moderno a
partire dalla metà del sec. XVII e che privilegiano le spiegazioni che attribuiscono al settore
pubblico diversi ruoli e finalità.
1. Il settore pubblico è stato inteso come regolatore dei conflitti tra le classi sociali.
2. Con altra interpretazione è stato considerato il risultato di un contratto sociale che lega individui
e gruppi in attività di convenienza comune e che permette forme di democrazia partecipativa
nelle decisioni collettive;
3. In una prospettiva più pessimistica è stato interpretato come lo strumento di una classe
dominante (ruling class, un gruppo di élite) per affermare le proprie scelte utilizzando le regole
della democrazia politica. Così il settore pubblico impone scelte proprie, correggendo e
sostituendo scelte private. In questa chiave è stato considerato in modo diverso a seconda delle
situazioni storiche e delle interpretazioni politiche.
a) Come un attore di tipo paternalistico, un tutore che impone proprie scelte nell’interesse dei
cittadini.
b) Come semplice strumento delle classi dominanti e difensore degli interessi economici di
queste. Il rapporto conflittuale tra classi dirigenti e classi dominate viene composto nelle
strutture politiche. Questa impostazione ha avuto diverse varianti:
¾ da una parte il settore pubblico è considerato uno strumento di consenso politico. Le
istituzioni politiche sono utilizzate come strumento di scelte pubbliche nell’interesse
di politici e burocrati, ma che provvedono anche ad una legittimazione del potere
acquisendo il consenso degli elettori per poter conservare il potere medesimo.
¾ Talora si è interpretato il settore pubblico come strumento di sfruttamento di una
classe sulle altre nella lotta di classe.
-
Ragioni dell’esistenza di un settore pubblico sono state dedotte dalla teoria economica, fondata sulla
logica dell’efficienza e dell’equilibrio dei mercati e dei settori produttivi, soprattutto in base alla
teoria economica neoclassica. Le ragioni di carattere economico sono motivazioni astratte.
La teoria economica neoclassica afferma che i mercati funzionano in modo efficiente quando:
¾ i consumatori e le imprese hanno informazioni complete e la possibilità di prevedere
perfettamente il futuro;
¾ c’è concorrenza tra le imprese; i prezzi sono flessibili e c’è facilità di variazioni delle
quantità, dei prezzi e dei redditi di prodotti e mobilità dei fattori. Individui ed imprese
possono contrattare continuamente, a parità di condizioni, senza costi e su tutto;
¾ c’è la possibilità di effettuare decisioni razionali e coerenti, in assenza di rischi.
Se vengono a mancare queste condizioni (ad es. in presenza di monopoli, di informazioni imperfette, di
impossibilità di contrattazioni, di rischi privati e sociali, di effetti negativi di decisioni dei soggetti privati) si
possono giustificare interventi esterni di un soggetto pubblico che possa correggere le imperfezioni.
Un’impostazione teorica propone di esaminare la finanza pubblica dal punto di vista della c.d. economia
costituzionale. E’ importante, in questa prospettiva, l’adozione di regole di decisione di lungo periodo (la
costituzione economica) che stabiliscano le caratteristiche del bilancio pubblico, quindi le tipologie delle
imposte e delle spese, la possibilità dell’indebitamento pubblico, i limiti dell’intervento pubblico
nell’economia, la gestione della moneta. Questa prospettiva vuole tutelare essenzialmente le libertà delle
scelte individuali contro possibili abusi da parte dello stato, delle burocrazie, dei partiti politici ed è stata
sostenuta in particolare dalla scuola americana della public choice.
2
I fallimenti del mercato
Le ragioni di carattere teorico, costruite in riferimento alla teoria pura degli equilibri di mercato, giustificano
la presenza di un soggetto pubblico con la presenza di imperfezioni della teoria pura. Nei mercati esistono
incertezza, informazioni incomplete ed asimmetriche, elementi e situazioni che si sottraggono alle
contrattazioni, impossibilità di realizzare sempre scambi volontari, rigidità e vischiosità nei meccanismi di
aggiustamento, situazioni di monopolio ed oligopolio che contraddicono la concorrenza, orizzonti temporali
differenziati e limitati, irrazionalità nelle decisioni di individui ed imprese, presenza di rischi individuali e
sociali.
L’analisi della finanza pubblica negli ultimi decenni è stata approfondita soprattutto nel contesto
dell’economia del benessere, un insieme di teorie sviluppate nel secolo XX, sulla base di studi iniziati
dall’economista inglese Pigou . L’economia del benessere ha carattere normativo ed applica definizioni e
principi di utilità individuale e di benessere sociale per valutare i guadagni e le perdite da interventi pubblici
(imposte, spese, vincoli, proibizioni ed obblighi) e stabilire quali situazioni siano socialmente più
desiderabili rispetto ad altre.
In quel contesto sono stati formulati due principi, noti come primo e secondo teorema fondamentale
dell’economia del benessere.
•
•
Il primo teorema: la massima efficienza negli scambi e nella produzione è raggiungibile solo in un
equilibrio di concorrenza perfetta.
Il secondo teorema: per ciascuna distribuzione iniziale delle risorse economiche (redditi, patrimoni e
fattori di produzione) si raggiungerà un diverso equilibrio concorrenziale. Quindi modificando la
situazione iniziale si può raggiungere un altro equilibrio efficiente, a condizione che gli agenti
(consumatori e imprese) siano liberi di contrattare. Si distingue tra una funzione allocativa (che porta
all’efficienza) successiva ad una funzione redistributiva di risorse.
In alcune situazioni i due teoremi fondamentali non trovano applicazione, in quanto i meccanismi di mercato
non funzionano e falliscono (si parla di fallimenti del mercato – market failures). Ciò avviene quando
esistono:
ƒ Situazioni non concorrenziali, come i monopoli.
ƒ Situazioni in cui esistano beni e servizi che tecnicamente non si possono vendere sul
mercato ed ai quali non si possono attribuire prezzi (è il caso dei c.d. beni e servizi pubblici).
ƒ Situazioni in cui la produzione di beni e servizi privati provoca danni a consumatori ed
imprese (è il caso delle c.d. esternalità negative, ad es. i danni ambientali).
ƒ Mancanza di profitto per alcuni beni e servizi (culturali, sanitari, prodotti di artigianato) che
il mercato non ha interesse a produrre e che scomparirebbero o si ridurrebbero a quantità
minime.
ƒ Mancanza di informazioni in alcuni mercati (ad es. nei mercati finanziari, nella sanità,
nell’istruzione).
ƒ Costi o rischi eccessivi di alcune produzioni, che i privati non possono o non si vogliono
assumere.
ƒ Lentezza eccessiva nei meccanismi di mercato negli aggiustamenti, come nel riassorbire
effetti negativi (ad es. la disoccupazione).
ƒ Sperequazioni ingiustificate nella distribuzione, tra le famiglie, di redditi e di patrimoni.
Al soggetto pubblico viene attribuito il ruolo di una struttura e di un insieme di meccanismi che eliminano o
minimizzano queste difficoltà.
3
Le funzioni del settore pubblico
Già Adam Smith, nella Ricchezza delle Nazioni (1779) attribuiva al settore pubblico funzioni passive
(protezione degli individui e della proprietà, mantenimento della sicurezza interna ed esterna) e funzioni
attive (istruzione, opere di utilità pubblica che i privati non costruirebbero per mancanza di convenienza
privata).
Nel tempo gli studiosi hanno individuato molteplicità di funzioni che giustificano la presenza di un settore
pubblico a fianco del settore privato.
In sintesi il settore pubblico, rispetto al settore privato, svolge funzioni:
-
-
sostitutive o sussidiarie, quando il mercato privato non funziona e non interviene;
complementari ed integrative: il settore pubblico di effettua scelte di lungo periodo, mentre
individui e mercati fanno scelte di breve periodo: l’orizzonte temporale è più ampio per il settore
pubblico, che guarda più lontano e considera anche le generazioni future;
assicurative: il settore pubblico rende possibili decisioni rischiose;
correttive di effetti negativi dei mercati;
accelerative di meccanismi propri dei mercati privati, quando gli aggiustamenti sono troppo lenti;
di diffusione di informazioni;
di controllo e garanzia del funzionamento corretto di meccanismi privati nei mercati interni (ad es.
la tutela civilistica e penalistica dei rapporti economici);
di protezione esterna dei mercati, ad es. con la difesa nazionale e nei rapporti internazionali;
di interventi di salvataggio nelle situazioni di grave crisi di grandi imprese private, in particolare nel
settore finanziario ed in altri settori (siderurgia, industria estrattiva, telecomunicazioni, trasporti).
Tali funzioni sono state raggruppate in tre gruppi:
ƒ
ƒ
ƒ
Allocazione delle risorse economiche: consiste nell’influire sull’efficienza della produzione e dei
consumi, sul miglior impiego dei fattori di produzione; nell’indirizzare la destinazione dei fattori e
nel produrre beni e servizi che il mercato privato non è in grado di produrre; nel massimizzare il
benessere sociale (funzione allocativa).
Distribuzione: correggere le distribuzioni dei redditi, dei patrimoni e dei consumi perché rispettino
criteri di equità (funzione distributiva).
Stabilizzazione: controllare gli aggregati dell’economia (redditi, consumi, investimenti, produzione,
prezzi) per favorire la crescita, l’occupazione, e per controllare i processi inflazionistici e di
stagnazione dell’economia (funzione di stabilizzazione).
Le modalità di intervento del settore pubblico sono di tipo:
•
diretto,
a) attraverso il bilancio pubblico, con le entrate pubbliche e le spese pubbliche;
b) attraverso le imprese pubbliche, le quali gestiscono direttamente la produzione e la
distribuzione di beni e di servizi; ………………………………………………………….
•
indiretto, attraverso l’imposizione di controlli, di vincoli e di comportamenti ad imprese
private ed a consumatori, ad es. con gli interventi di regulation (controllo di quantità, prezzi,
mercati).
4
Operatori e mercati: i settori istituzionali
Si riassumono alcuni concetti di contabilità nazionale.
Si distingue tra i seguenti operatori, soggetti che svolgono attività economiche, definiti settori
istituzionali: famiglie, imprese, amministrazioni pubbliche, resto del mondo. Seguendo la terminologia della
contabilità nazionale, i settori istituzionali sono raggruppamenti di unità istituzionali che hanno autonomia e
capacità di decisione in campo economico-finanziario e che, fatta eccezione per le famiglie, tengono
scritture contabili separate. Il Sistema Europeo dei Conti (SEC 95) classifica le unità istituzionali in base
alla funzione principale ed alla tipologia del produttore.
Il sistema di contabilità nazionale (SEC 95 - ESA 95) può essere
consultato in
1) Famiglie e istituzioni senza scopo di lucro al servizio delle famiglie: sono le unità che offrono lavoro alle
imprese, ricevono redditi, effettuano decisioni di consumo e di risparmio. L’insieme delle famiglie è
l’Aggregato Famiglie. Consistono degli individui o dei gruppi di individui nella loro funzione di
consumatori o in quella di produttori di beni e servizi (imprese famigliari e individuali con meno di 5
addetti), purché il loro comportamento non configuri una quasi-società.
2) Imprese: sono le unità di produzione e di commercializzazione di beni e servizi, pagano redditi alle
famiglie, decidono su investimenti, produzione, vendite, occupazione. L’insieme delle imprese è l’Aggregato
Imprese. Si suddividono in società finanziarie e società non finanziarie:
2a) Società non finanziarie: sono le società e quasi-società private e pubbliche. Le società pubbliche
includono le aziende autonome, le Ferrovie dello Stato, le aziende municipalizzate e consortili, l’Enel, le
imprese a partecipazione statale, le altre imprese pubbliche. Per quasi-società si intendono quelle unità che
sono prive di personalità giuridica, ma tengono contabilità completa ed hanno un comportamento economico
separabile da quello dei proprietari: comprendono le società in nome collettivo e in accomandita semplice, le
società semplici e di fatto e le imprese individuali con più di 5 addetti.
2b) Società finanziarie: includono:
2b.1) Istituzioni finanziarie monetarie: la Banca d’Italia e le altre istituzioni bancarie;
2b.2) Altri intermediari finanziari: società di finanziamento e di intermediazione mobiliare, società
fiduciarie di gestione, fondi comuni;
2b.3) Ausiliari finanziari: le unità istituzionali la cui funzione principale consiste nell’esercitare attività
strettamente connesse all’intermediazione finanziaria. Comprende le autorità centrali di controllo dei mercati
finanziari, quali la Consob e l’Isvap, enti vari preposti al funzionamento dei mercati, associazioni tra banche
e tra imprese finanziarie e assicurative, società che gestiscono fondi comuni, mediatori e promotori
finanziari, agenti di cambio con più di un addetto.
2.b.4) Imprese di assicurazione e fondi pensione.
3) Amministrazioni Pubbliche:si suddividono in tre sottosettori:
3.1) Amministrazioni centrali;
3.2) Amministrazioni locali;
3.3) Enti di previdenza e assistenza sociale.
4) Resto del mondo: comprende famiglie, società, settori pubblici di altri paesi.
Il settore pubblico include le Amministrazioni pubbliche (3) e le imprese pubbliche (comprese in 2)
5
Il settore pubblico talvolta è identificato con termini generici, ad es. con erario e fisco.
Erario deriva da aerarium, che era il tesoro comune dello Stato presso l’antica Roma, distinto dal publicum, che era il
tesoro del popolo e dei patrizi. Conteneva, nel tempio di Saturno, il denaro pubblico ed i conti delle entrate, delle
spese, dei debiti. L’aerarium era diviso in tesoro comune, al quale affluivano le imposte regolari (tributa, vectigalia,
ecc.) e dal quale si traevano le risorse per le spese normali, e l’aerarium sanctum, destinato a spese eccezionali in caso
di pericolo per lo stato.
Con Augusto venne istituito un aerarium militare, una tesoreria destinata solo al finanziamento delle spese militari.
Inoltre Augusto suddivise le province in due gruppi, uno appartenente al Senato, un altro appartenente a Cesare.
L’aerarium riceveva le imposte dalle province appartenenti al Senato, mentre un nuovo soggetto, il fiscus riceveva le
entrate dalle proprietà dell’imperatore. Il termine fiscus indicava un cesto, un paniere nel quale i Romani portavano
grandi somme di denaro. Successivamente (con Adriano) aerarium e fiscus vennero a convergere in unica proprietà
statale, così che i due termini vennero utilizzati come sinonimi.
Il circuito economico ed il settore pubblico
Si considerano i seguenti mercati:
ƒ
ƒ
ƒ
ƒ
beni di consumo privato e servizi privati: sono prodotti da imprese private ed acquistati dalle
famiglie (mercato dei beni di consumo);
beni di investimento: beni strumentali prodotti dalle imprese, acquistati dalle imprese private e dal
settore pubblico (mercato dei beni di investimento);
beni pubblici e servizi pubblici: sono prodotti dal settore pubblico, direttamente o tramite imprese
private; sono beni di consumo, servizi e beni di investimento e sono utilizzati da famiglie, imprese e
settore pubblico; in gran parte sono beni e servizi non destinati alla vendita, ma offerti
gratuitamente;
risparmio: il risparmio affluisce da famiglie ed imprese (mercato del risparmio); ritorna a famiglie
ed imprese che si indebitano, con mutui e prestiti, per consumare e per produrre; il settore pubblico
contribuisce a formare risparmio e preleva risparmio col debito pubblico.
Le relazioni tra settori istituzionali (aggregati) e mercati sono illustrate dai flussi all’interno del circuito
economico. Possono essere rappresentate da frecce (movimenti di redditi e beni verso e da). Distinguiamo
due situazioni, a seconda dell’assenza o della presenza del settore pubblico.
senza settore pubblico
FAMIGLIE
IMPRESE
Beni di consumo
privato e servizi
privati
Mercato del
risparmio
RESTO DEL
MONDO
Beni privati di
investimento
6
con il settore pubblico
Il segno
indica i redditi, i beni, i servizi che al settore pubblico vanno dagli altri aggregati e dai
mercati (imposte, beni e servizi acquistati dal settore pubblico).
Il segno
indica i pagamenti effettuati con spese pubbliche (alle famiglie con stipendi e pensioni,
alle imprese con contributi, ecc.) dal settore pubblico.
Le famiglie consumano beni e servizi pubblici, oltre a quelli privati.
Le imprese producono ed utilizzano beni e servizi pubblici per svolgere attività industriale e
commerciale.
Beni di consumo
privato e servizi
privati
FAMIGLIE
Beni privati di
investimento
SETTORE
PUBBLICO
IMPRESE
RESTO DEL
MONDO
Beni pubblici e
servizi pubblici
Mercato del
risparmio
2. Il settore pubblico: la sua struttura economica e finanziaria
Le Amministrazioni Pubbliche
Per la terminologia si fa rinvio al
della Banca d’Italia, al
dell’OECD.
Per il settore pubblico in particolare si veda il
ed il
Ragioneria Generale dello Stato
dell’ISTAT ed al
dell’IMF
della
Le Amministrazioni pubbliche includono, secondo il criterio della contabilità nazionale, le unità
istituzionali le cui funzioni principali consistono nel:
a) produrre beni e servizi non destinabili alla vendita;
b) operare una redistribuzione del reddito e della ricchezza del Paese.
7
Il settore è suddiviso in tre sottosettori:
ƒ
ƒ
ƒ
Amministrazioni centrali, che in Italia comprendono le amministrazioni centrali dello Stato e gli
enti economici, di assistenza e di ricerca, che estendono la loro competenza su tutto il territorio del
Paese (Stato, organi costituzionali, Anas, gestione delle ex Foreste demaniali, Istat, altri);
Amministrazioni locali, che in Italia comprendono gli enti pubblici la cui competenza è limitata a
una sola parte del territorio. Il sottosettore è articolato in: a) enti territoriali (Regioni, Province,
Comuni), b) aziende sanitarie locali e ospedaliere, c) istituti di cura a carattere scientifico e cliniche
universitarie, d) enti assistenziali locali (università e istituti di istruzione universitaria, opere
universitarie, istituzioni di assistenza e beneficenza, altri), e) enti economici locali (camere di
commercio, industria, artigianato e agricoltura, enti provinciali per il turismo, istituti autonomi case
popolari, enti regionali di sviluppo, comunità montane, altri);
Enti di previdenza, che comprendono le unità istituzionali centrali e locali la cui attività principale
consiste nell’erogare prestazioni sociali finanziate attraverso contributi generalmente di carattere
obbligatorio (INPS, INAIL, INPDAP ed altri).
Nell’ambito del settore pubblico si distingue tra settore statale, settore pubblico e settore pubblico
allargato.
ƒ
Il Settore statale comprende lo Stato in senso stretto (le Amministrazioni Centrali o bilancio statale
+ tesoreria, in termini economico-finanziari), le ex Aziende Autonome dell’Amministrazione
centrale (Poste, Ferrovie, Anas), la Cassa Depositi e Prestiti, altri enti centrali (es. Istat).
ƒ
Il Settore Pubblico è composto dal settore statale + le altre Amministrazioni Pubbliche (locali, enti
di previdenza) + Imprese pubbliche locali (aziende pubbliche regionali, provinciali, comunali)
ƒ
Il Settore Pubblico Allargato: è composto dal settore pubblico + altre imprese pubbliche (la più
importante è l’ENEL).
Sulla contabilità del Settore Pubblico si veda il
dell’International Monetary Fund (IMF)
Le Amministrazioni Pubbliche hanno, ciascuna, un proprio Bilancio. Esiste quindi un bilancio dello Stato,
un bilancio per ogni altra amministrazione pubblica, un bilancio per ciascun ente pubblico. La contabilità di
entrate e spese è effettuata con due sistemi:
- di competenza: accertamenti di entrate (autorizzazioni a incassare) ed impegni di spese
(autorizzazioni a spendere);
- di cassa: riscossioni effettive di entrate e pagamenti effettivi (erogazioni) di spese.
L’
inserite nel
Conto Economico Consolidato è pubblicato dall’ISTAT.
Si vedano, sempre dell’ISTAT, i
ed in dettaglio le
tavole dell’
8
Il conto consolidato delle Amministrazioni Pubbliche
Non viene costruito un bilancio unico del settore pubblico. Invece, in base ai dati di cassa, è costruito (da
Istat-Banca d’Italia) un Conto Consolidato delle Amministrazioni Pubbliche all’interno del quale si elidono,
per non contarli più volte, i trasferimenti effettuati tra Amministrazioni Pubbliche. Ad es. se dal bilancio
dello Stato si trasferiscono 100 alle Regioni e questo importo di 100 è trasferito successivamente ai Comuni
si conta solo il trasferimento iniziale di 100.
Nel Conto Consolidato delle amministrazioni pubbliche si riportano
ENTRATE TOTALI (ET), suddivise in
- entrate correnti (EC)
- entrate in conto capitale (ECC)
ET = EC + ECC
SPESE TOTALI (ST), suddivise in
- spese correnti (SC)
- spese in conto capitale (SCC)
ST = SC + SCC
Dalle voci indicate si ricavano:
EC – SC = DC
ECC- SCC = DCC
DC + DCC =
(EC+ECC) – (SC+SCC) =
ET – ST = IN
Saldo corrente delle Amministrazioni
pubbliche, che può essere
- Disavanzo Corrente se EC < SC
- Avanzo corrente o Risparmio Pubblico se
EC > SC
Disavanzo primario
EC – (SC – Spese per interessi)
Disavanzo in conto capitale
Indebitamento Netto, se negativo, come
accade regolarmente, in quanto ST>ET
A proposito del saldo corrente e dell’indebitamento netto si utilizzano altri due concetti:
ƒ
ƒ
ƒ
Il saldo delle Amministrazioni Pubbliche corretto per il ciclo è il saldo delle Amministrazioni
pubbliche corretto per gli effetti del ciclo economico: fornisce una stima del saldo che si
registrerebbe qualora il sistema economico procedesse sul sentiero di crescita tendenziale, senza
fluttuazioni cicliche.
Il saldo tendenziale è il saldo dei conti pubblici valutato nell’ipotesi di assenza di interventi da parte
dell’autorità responsabile della politica di bilancio.
Si utilizza l’analisi di stock-flow-adjustment (SFA) per valutare l’andamento congiunto
dell’indebitamento netto (flow) e del debito pubblico (stock). Lo SFA indica la differenza, misurata
in valore assoluto o in rapporto al PIL, tra la variazione annuale del debito pubblico e l’ammontare di
indebitamento nello stesso anno. Lo SFA è positivo se la variazione annuale del debito è superiore
all’indebitamento, negativo nel caso opposto. …………………………………………………………
9
CONTO CONSOLIDATO DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE
(in miliardi di euro - anno 2007)
ENTRATE
Entrate correnti
Imposte dirette
Imposte indirette
Contributi sociali
Redditi di capitale
Altre entrate correnti
SPESE
Spese correnti
237
Redditi di lavoro dipendente
226
Consumi intermedi
204
Prestazioni sociali
9
Contributi alla produzione
46
Interessi
Altre spese correnti
Totale Entrate Correnti 722
Totale Spese Correnti
Entrate in conto capitale
Spese in conto capitale
Imposte in conto capitale
0,3
Investimenti
Altre
4
Altre
4
Totale
Totale
TOTALE ENTRATE
726
TOTALE SPESE
47,2% In percentuale del PIL
In percentuale del PIL
165
80
307
14
77
43
686
61
8
69
755
49,1%
Prodotto Interno Lordo (PIL) del 2007 1.536 (mld di euro)
A Disavanzo di parte corrente (686-722)
B Disavanzo del conto capitale (69-4)
C = A+B Indebitamento netto (65-36)
in % del PIL
-36
(risparmio
pubblico)
65
29
1,9 %
I dati sono tratti da:
Relazione Annuale della Banca d’Italia per l’anno 2007- Appendice
in
13. La finanza pubblica
Dati più estesi in
Relazione Generale sulla situazione economica del paese (2007)
e
Il fabbisogno ed il debito pubblico
Il fabbisogno è dato da indebitamento netto + saldo delle operazioni di Tesoreria.
Le operazioni di Tesoreria sono:
a) gli incassi ed i pagamenti di bilancio (il saldo è l’indebitamento netto);
b) gli introiti e le erogazioni della gestione di Tesoreria, riguardanti cioè i debiti ed i crediti di Tesoreria (le
operazioni, su conti correnti, svolte dalla Tesoreria con altri soggetti, Regioni, ex aziende autonome, ecc.).
E' un risultato differenziale dei conti consolidati di cassa dei settori statale e pubblico allargato e misura
l'eccedenza delle erogazioni sugli incassi con riferimento al complesso delle operazioni correnti, in conto
capitale e finanziarie.
10
Il fabbisogno tendenziale è quello che risulterebbe, in assenza di interventi correttivi di politica fiscale, dai
conti consolidati di cassa dei settori statale e pubblico allargato, costruiti sulla base di ipotesi e previsioni di
evoluzione tendenziale delle variabili macroeconomiche rilevanti (reddito nazionale, prezzi, produzione,
ecc.)
Il fabbisogno complessivo risulta dalla somma
fabbisogno del settore statale (o del Tesoro) + fabbisogno delle Amministrazioni Locali.
Il fabbisogno è un concetto di flusso: si forma nel corso di un anno, comprende l’emissione di nuovi
strumenti finanziari destinati a coprire la differenza tra spese ed entrate complessive e rappresenta i nuovi
debiti annuali.
Questi strumenti sono:
-
titoli del debito pubblico, con scadenza a breve termine (entro un anno: i bot) ed a medio-lungo
termine (più di un anno; rappresentano la componente più rilevante: cct, bpt,ecc.)
raccolta postale
indebitamento con la Banca d’Italia
indebitamento con istituzioni bancarie
indebitamento con l’estero.
Con l’adesione all’UE ed all’euro è venuto meno il finanziamento con l’emissione di nuova moneta da parte
della Banca Centrale per finanziare il fabbisogno.
FORMAZIONE DEL FABBISOGNO DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE
(miliardi di euro - anno 2007)
A Incassi del bilancio statale
B Pagamenti del bilancio statale
C = B-A Saldo del bilancio statale
D altre operazioni delle Amministrazioni centrali
E=C+D Fabbisogno delle amministrazioni centrali
F
Fabbisogno delle amministrazioni locali
G=E+F Fabbisogno totale delle amministrazioni pubbliche
H Fabbisogno in percentuale del PIL
438
463
-25
-1
-26
-4
-30
2,0%
Il debito pubblico
Con il termine debito pubblico si intende la consistenza (o stock) dei debiti del settore pubblico, incluso il
debito fluttuante (e gli altri debiti a breve) e l'indebitamento verso la Banca d'Italia. Secondo il Trattato di
Maastricht per debito pubblico si intende il debito lordo consolidato della P.A. (lordo significa al lordo delle
attività del settore; consolidato significa che sono state annullate le poste di debito e credito reciproche tra gli
enti all'interno della P.A.).
Le componenti finanziarie del debito pubblico sono le stesse che concorrono a formare il fabbisogno. Si
distinguono:
-
il c.d. debito fluttuante: è il complesso delle operazioni destinate al finanziamento a breve del
fabbisogno del settore statale. A formare il debito fluttuante concorrono le operazioni relative:
a) ai buoni ordinari del Tesoro (BOT);
b) ai conti correnti con la Cassa Depositi e Prestiti, l'INPDAP ed altri Istituti finanziari.
11
-
Il c. d. debito patrimoniale: è l’ indebitamento con il quale si effettua il finanziamento a mediolungo termine del fabbisogno del Tesoro. Esso comprende i debiti pubblici (consolidati, redimibili,
buoni del Tesoro poliennali, certificati di credito del Tesoro, debiti esteri) e gli altri debiti (mutui
obbligazionari con istituti di credito).
I titoli del debito pubblico, oltre che per scadenza, si distinguono per:
- modalità di emissione (diretta: vendita diretta al pubblico; indiretta: vendita ad un consorzio di banche,
assicurazioni, istituti previdenziali che assicurano la sottoscrizione di tutti i titoli emessi; mista: una parte è
sottoscritta dal pubblico, un parte eventualmente residua è sottoscritta da un consorzio);
> emissione alla pari: un titolo con valore nominale di 100 è sottoscritto e rimborsato, alla scadenza, a 100;
> emissione sotto la pari: un titolo di valore nominale 100 è sottoscritto, ad es. a 95 e, alla scadenza, è
rimborsato a 100: la differenza, 100 - 95 = 5, è lo scarto di emissione. …………………………………..
- con asta periodica di aggiudicazione dei titoli ed offerte di acquisto. Esistono diverse procedure d’asta
utilizzate per il collocamento dei titoli di Stato italiani e nelle operazioni di mercato aperto dell’Eurosistema:
si distingue tra:……………………………………………………………………………..................................
asta marginale: i titoli vengono aggiudicati con un prezzo unico minimo, pari all’offerta minima accolto;
asta competitiva: l’aggiudicazione è effettuata ad un prezzo pari a quello al quale vengono presentate le
richieste, quindi a prezzi differenziati pari alle offerte successive, iniziando da quelle più elevate e poi
passando via via a quelle meno elevate.
Il Trattato di Maastricht (1992) ha fissato alcuni criteri per adesione all’Unione Monetaria Europea. Il
rapporto tra l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche ed il prodotto interno lordo deve avere un
limite massimo del 3%; il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo non deve superare il 60%). Il
Patto di stabilità del 1997 (Amsterdam) ha previsto che i paesi aderenti abbiano come obiettivo il bilancio
pubblico in pareggio.
Nell’ESA 95 c’è un
per la definizione dell’indebitamento netto
rilevante per attivare la procedura di ‘disavanzo eccessivo’ nei confronti di un paese.
COMPONENTI DEL FABBISOGNO DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE
E DEL DEBITO PUBBLICO
(miliardi di euro - anno 2007)
COMPONENTI
1
MONETA E DEPOSITI
di cui: Raccolta postale
2
3
4
5
TOTALE
In % del PIL
Titoli a breve termine
Titoli a medio e a lungo termine
Altre passività
Attività verso BI
(1+2+3+4+5)
FABBISOGNO
DEBITO PUBBLICO
- 14
-28
6
22
3
13
30
143
37
128
1.190
136
1.597
2,0%
104,0%
12
Riparto del fabbisogno e del debito pubblico tra amministrazioni centrali e locali
(miliardi di euro - anno 2007)
FABBISOGNO E DEBITO PUBLICO
Fabbisogno delle Amministrazioni centrali
Fabbisogno delle Amministrazioni locali
Totale
Debito delle Amministrazioni centrali
Debito delle Amministrazioni locali
Totale
26
4
30
1.488
109
1.597
3. Mercato, organizzazione, impresa
Mercato e costi di transazione
La distinzione tra settore pubblico e settore privato, da un punto di vista di teoria economica, è stata basata
sulla distinzione tra mercato ed organizzazione. In particolare l’organizzazione è stata definita come:
- privata: l’azienda-impresa;
- pubblica: amministrazioni pubbliche ed imprese pubbliche (il settore pubblico).
L’organizzazione, a sua volta, è intesa come istituzione (pubblica o privata). L’istituzione, che include
imprese ed amministrazioni, è una struttura ed un meccanismo sociale che governa i comportamenti
individuali, assicurando processi di cooperazione ordinata. L’analisi teorica dell’azienda-impresa è stata
adattata e sviluppata anche per interpretare l’organizzazione ed il funzionamento di istituzioni pubbliche e di
soggetti che operano in esse (le burocrazie, gli addetti al monitoraggio ed ai controlli).
La transazione è una relazione di connessione tra soggetti ed è stata definita come l’unità elementare
attraverso la quale gli individui effettuano l’attività economica (l’economia è stata definita anche come
scienza dei contratti) e come il trasferimento di un bene o un servizio attraverso una tecnica di scambio,
implicante cessioni ed acquisti di valori tra le parti.
Le imprese nascono perché grazie alla loro struttura ed organizzazione interna sono in grado di coordinare
meglio un certo numero di transazioni che, se fossero coordinate dal mercato, comporterebbero il
sostenimento di un costo più elevato dovuto a numerosi fattori, principalmente a carenza di informazioni.
Si distinguono così due modalità alternative di governo delle transazioni: il mercato e l’organizzazione
interna o gerarchia.
ƒ
ƒ
Mercato: con il ricorso ai prezzi e alle quantità si hanno tutte le informazioni affinché le parti
possano scambiare beni e servizi.
Organizzazione gerarchica (privata e pubblica): le transazioni sono gestite dalle norme e dalle
regole di funzionamento del sistema di organizzazione, nonché dalla linea di comando
dell’organizzazione (gerarchia), per gli aspetti di controllo e coordinamento.
L’impresa è una struttura gerarchica, il mercato una struttura informativa. La scelta tra mercato ed
organizzazione (privata o pubblica) deve, teoricamente, trovare la modalità di governo migliore che permetta
la minimizzazione dei costi di transazione, così da massimizzare l’efficienza. La differenza nei costi di
transazione è all’origine dell’impresa. Le ragioni che portano le imprese verso una progressiva crescita di
dimensioni si spiegano con la convenienza della scelta gerarchica come soluzione migliore per la
minimizzazione dei costi di transazione.Le strutture che permettono di ridurre i costi di transazione sono le
13
istituzioni. Le regole istituzionali hanno la funzione principale di ridurre il grado di incertezza intrinseco
nelle interazioni umane, diminuendo quindi proprio quelle imperfezioni che sono alla base dei costi di
transazione. Le istituzioni limitano i costi di transazione in quanto comportano una certa cooperazione ed
accordi sociali verso il riconoscimento comune di regole, senza le quali molte transazioni sarebbero troppo
costose. L’esempio tipico di istituzione è la moneta, che permette di ridurre i costi delle transazioni come
mezzo di scambio.
Nelle transazioni, che si formalizzano in un contratto, gli individui coordinano le proprie azioni, realizzando
interessi comuni ed instaurando relazioni ordinate.
Ogni transazione ha diverse fasi (ricerca, negoziazione, controllo), a ciascuna delle quali corrispondono
attività lo svolgimento delle quali implica dei costi, espressi in termini di consumi di risorse monetarie e di
tempo.
I costi delle transazioni si individuano nelle seguenti categorie generali:
-
ricerca (costi per cercare e contattare altre parti nei mercati),
negoziazione (costi per contrattare, concludere un accordo e stipulare un contratto: sono i costi di
contratto),
controllo ed esecuzione (costi di controllo, di coordinamento e di esecuzione)
gestione della struttura gerarchica (impresa o amministrazione pubblica).
Le transazioni possono svolgersi all’interno dell’impresa o all’esterno (nel mercato):
-
i costi di ricerca e negoziazione sono più bassi nel mercato e più alti all’interno dell’impresa;
i costi di negoziazione e di controllo/esecuzione sono più alti nel mercato e più bassi all’interno
dell’impresa.
I costi di transazione dipendono da mancanza di informazioni, in quanto i soggetti non hanno
un’informazione perfetta e una conoscenza totale di tutte le circostanze rilevanti per realizzare una
transazione. In particolare non esistono, nei mercati,
1. identità nelle condizioni di contrattazione e nei poteri negoziali delle parti;
2. completa trasparenza del mercato, con informazioni disponibili per tutti gli operatori nella stessa
misura;
3. omogeneità dei prodotti e perfetta sostituibilità dei prodotti offerti sul mercato da diverse imprese.
Nelle situazioni reali è possibile che una sola delle parti coinvolte nelle transazioni conosca circostanze
importanti per il buon esito della transazione mentre l’altra deve sostenere un costo per conoscerle. Si tratta
di asimmetria informativa che determina un potere negoziale differenziato.
Inoltre si possono distinguere (v. infra, MODULO VI)
-
investimenti non-specifici (ad es. l’acquisto di attrezzature e materiali standardizzati);
investimenti misti (l’acquisto di macchinari adattati alle esigenze dell’impresa);
investimenti specifici (o esclusivi, come la costruzione di un impianto specifico per l’impresa, la
necessità di attrezzature speciali o di capacità professionali particolari), non trasformabili per altre
finalità o trasformabili con costi elevati.
All’aumentare della specificità delle risorse materiali ed umane richieste da un investimento aumentano i
costi di transazione, mentre tendono a diminuire con l’aumentare della frequenza delle transazioni, perché
aumentano i rapporti di fiducia e diminuiscono i comportamenti opportunistici. L’esistenza dell’impresa è
stata fatta dipendere dalla specificità degli investimenti nella produzione, dove sono reciprocamente
connessi, così che il loro uso separato è meno produttivo ed efficiente.
14
Mercato ed impresa come meccanismi di coordinamento
Tra i due meccanismi di coordinamento, mercato ed impresa:
-
-
il mercato è la forma più efficiente di governo delle transazioni solo quando è possibile realizzare
contratti istantanei, in condizioni di incertezza non elevata, di elevata misurabilità dell’oggetto
scambiato, di investimenti specifici assenti, di elevata sostituibilità tra le parti, di relazioni
impersonali.
L’impresa o altra organizzazione gerarchica emerge quando sono insufficienti i contratti a breve
termine, quando c’è incertezza, se ci sono investimenti specifici e se nelle relazioni di lungo periodo
sono necessari elementi diversi dall’impersonalità, quali ad es. la fiducia nei rapporti.
L’impresa, come struttura gerarchica è superiore rispetto al mercato quando:
•
•
•
•
•
Riduce i costi di transazione con la sostituzione di una serie di contratti di mercato con un unico
contratto ( ad es. di lavoro dipendente) e con la proprietà comune delle risorse.
Limita i rischi derivanti da comportamenti negativi ed opportunistici dei partecipanti, con le regole
stabilite dall’autorità gerarchica.
Permette modalità di comunicazione più efficiente, aumentando la fiducia e diminuendo i costi per la
razionalità limitata.
Risolve i conflitti con maggiore facilità in quanto non sarà necessario ricorrere a un arbitro esterno,
ma basterà rivolgersi all’autorità gerarchica.
Fa risparmiare sui costi di controllo, con sistemi incentivanti che collegano la remunerazione dei
singoli ai comportamenti effettivamente verificati.
L’organizzazione interna ha dei costi, in quanto oltre un dato limite, la gerarchia può essere aggravata da un
sovraccarico informativo tale da produrre un effetto negativo contrario a quello voluto. Si ha la perdita di
controllo e la conseguente crisi della gerarchia. Mettendo a confronto questi costi, detti costi di
organizzazione (governance costs), con i costi di transazione si può spiegare la scelta dell’una o dell’altra
forma di coordinamento dell’attività economica.
Gli interventi pubblici sulle imprese (imposte, controlli di prezzi e quantità) tendono a far crescere la
dimensione delle imprese, perché aumentano i loro costi di transazione e quindi la necessità di
organizzazione aggiuntiva per ridurre tali costi.
15
Sommario: mercato perfetto ed imperfezioni nelle organizzazioni private e pubbliche
Mercato perfetto
(impostazione neoclassica)
Imperfezioni del mercato
Gli individui e le imprese hanno informazioni complete
ed uguali, hanno capacità di far previsioni in modo
corretto e di formulare aspettative fondate. E’ il mercato a
diffondere le informazioni.
Le informazioni sono incomplete, la raccolta di
informazioni è costosa, le informazioni sono distribuite in
modo
disuguale
(asimmetria
informativa),
si
commettono errori di previsione e si formulano
aspettative non corrette.
La razionalità è vincolata dalla scarsità di informazioni e
dalle limitate capacità di elaborazione di individui ed
imprese. Gli orizzonti temporali sono limitati.
La massimizzazione non è possibile a causa
dell’incompletezza di informazioni e della razionalità
vincolata. Le imprese massimizzano altri obiettivi (la
sicurezza e la stabilità, le vendite, la quota di mercato) e
puntano ad un profitto soddisfacente.
I mercati sono per lo più strutture a concorrenza
imperfetta con monopoli ed oligopoli.
I mercati sono caratterizzati da processi continuamente
mutevoli, non ci sono equilibri stabili, il tempo è
importante ed i processi di aggiustamento degli squilibri
sono lenti e costosi.
La grande impresa è gestita dai manager e da una
struttura complessa, nella quale la proprietà è separata
dal controllo. I manager hanno obiettivi propri, distinti e
conflittuali con quelli dei proprietari.
I prezzi sono caratterizzati da rigidità e da vischiosità
nelle variazioni. Gli accessi ai mercati sono difficoltosi e
costosi (barriere all’entrata). L’uscita dai mercati può
essere costosa (costi non recuperabili all’uscita).
Gli individui e le imprese si comportano in modo
perfettamente razionale e sono in grado di decidere
correttamente anche per il futuro.
Gli individui massimizzano (l’utilità) e le imprese
massimizzano (i profitti).
I mercati funzionano con imprese in concorrenza
perfetta.
Nei mercati si raggiungono rapidamente posizioni di
equilibrio stabile attraverso la concorrenza, il tempo non è
considerato perché i processi di aggiustamento degli
squilibri sono immediati.
L’impresa è gestita dal proprietario ed i manager
coincidono, per interessi e comportamenti, con i
proprietari.
I prezzi dei prodotti e dei fattori di produzione sono
perfettamente flessibili, c’è perfetta mobilità dei fattori e
l’accesso e l’uscita dai mercati (dei prodotti e dei fattori)
sono facili e non comportano costi.
I prezzi si adeguano immediatamente quando variano le
quantità.
Esiste forte sostituibilità tra i prodotti e tra i fattori di
produzione. Beni, servizi e fattori sono omogenei.
Tutti i beni ed i servizi possono essere sempre scambiati
con un prezzo.
Il mercato è l’organizzazione più efficiente perché
realizza contratti ad informazione completa.
I comportamenti di individui ed imprese nel mercato sono
separati e concorrenziali.
Manager pubblici, burocrati e politici decidono
nell’interesse degli elettori ed agiscono come
rappresentanti.
I prezzi sono rigidi o variano lentamente e sono le
quantità ad adattarsi ai prezzi.
La sostituibilità è piuttosto limitata e talvolta costosa o
impossibile (ad es. quando si tratta di beni, servizi o
fattori specifici per un’impresa). Beni, servizi e fattori
sono differenziati e non omogenei.
Esistono casi in cui i meccanismi di prezzo tecnicamente
non si possono applicare (i c.d. fallimenti del mercato)
Talora una struttura con organizzazione gerarchica
(impresa, amministrazione pubblica) può essere più
efficiente del mercato, se permette di risparmiare sui
costi di transazione dei contratti evitando molteplici
contratti con una struttura organizzativa diversa dal
mercato.
Le strategie di mercato sono di tipo cooperativo, collusivo
e corporativo.
Manager pubblici, burocrati e politici perseguono
interessi propri esercitando poteri discrezionali, mirando
alla crescita della spesa e ad ampliare la dimensione del
bilancio sotto il loro controllo.
16
A partire dalla seconda metà del sec. XVIII sono state elaborate diverse teorie sulla natura
economica dell’attività del settore pubblico.
Teorie dello scambio: secondo studiosi inglesi dei sec. XVIII-XVIII nel settore pubblico si
svolgono processi di scambi contrattuali tra individui e soggetti pubblici. Le imposte e le
tariffe pubbliche sono i prezzi di beni e servizi pubblici (imposta-controprestazione) e, per
mantenere queste caratteristiche ‘contrattualiste’ il settore pubblico deve avere dimensioni
limitate, in modo che vi sia consapevolezza di questa natura di scambio. Secondo Adam
Smith le spese pubbliche rappresentano un consumo improduttivo di ricchezza, se non
assistono la produzione privata e non avvantaggiano l’industria (ad es. con infrastrutture
come strade, porti, canali). I servizi pubblici sono considerati lavori improduttivi, nel senso
che scompaiono nel momento stesso in cui sono prodotti e le imposte mantengono lavoratori
improduttivi, che sono rappresentati dal sovrano, dai funzionari pubblici, da magistrati e
militari. Il consumo comune di servizi pubblici è improduttivo. Smith ammette pure che, di
seguito al consumo improduttivo pubblico, possa seguire un aumento della produzione
privata. Secondo studiosi francesi del sec. XIX il contratto assume la forma di un contratto di
assicurazione: le imposte non sarebbero altro che un premio di assicurazione pagato per
avere beni e servizi pubblici che proteggano contro l’insicurezza ed i rischi della vita
associata. Le teorie dello scambio derivano dal contratto sociale, la controprestazione
corrisponde allo stato di diritto ed il settore pubblico è generato dallo scambio.
Teorie del consumo: sono formulate da studiosi inglesi e francesi del sec. XIX. Le attività
economiche del settore pubblico sono attività di consumo, nel senso che i redditi ed i
patrimoni acquisiti con le imposte sono destinati a fornire ‘servizi immateriali’ (i.e. servizi
pubblici) e non a produrre beni materiali. Il consumo di servizi pubblici è considerato
improduttivo perché avviene contemporaneamente alla produzione. L’attività economica del
settore pubblico equivale ad un consumo di ricchezza privata: i beni materiali privati sono
trasformati, con imposte-spese, in beni a consumo immediato. Una teoria distingue tra beni
pubblici di godimento, che implicano consumo congiunto dei cittadini (le infrastrutture, i
parchi pubblici, le strutture sportive, musei e teatri) ed i beni pubblici di sfruttamento
(stipendi e consumi dei dipendenti pubblici).
Teorie della produzione: si tratta soprattutto di alcune teorie di studiosi tedeschi (Wagner,
List, Dietzel, Wagner, Stein,) della seconda metà del sec. XIX. Si tratta di teorie che
evidenziano un ruolo dello Stato come produttore autonomo. Una teoria più antica sosteneva
che lo Stato agisce come un’azienda privata, che c’è equiparazione tra privato e pubblico e
che il sovrano agisce nell’interesse del popolo (Stato poliziesco-eudemonistico). La teoria
della produttività di List sostiene che la nazione sacrifica beni per acquisire ‘forze spirituali e
sociali’ (giustizia, difesa, istruzione): lo Stato, quando non produce direttamente valori genera
forze produttive, nuove energie morali e fisiche per la produzione di valori. Secondo Dietzel
lo Stato con i beni capitali produce direttamente beni immateriali ed è esso stesso un grande
capitale immateriale e produttivo. I beni destinate a soddisfare i bisogni comuni sono prodotti
in gran parte immateriali di un processo comune di produzione: difesa, giustizia, istruzione
sono considerati beni immateriali dello Stato. Per Wagner lo Stato trasforma beni naturali in
beni immateriali ed è produttore di beni immateriali (servizi pubblici): sicurezza, giustizia,
benessere ed in forze produttive (energie morali e fisiche): esiste una generale commutatività
di beni e servizi pubblici ed il consumo pubblico è produttivo.
Teoria della riproduttività. La teoria della riproduttività (Stein) ha carattere normativo, più
che interpretativo. Afferma che lo Stato-organismo, che amministra le entrate sostituendosi
agli individui per i bisogni della collettività, nell’economia ha il fine di mantenere l’ordine e
reintegrare le forze economiche. Pertanto deve seguire il criterio della riproduttività. Ogni
organismo per essere vitale deve poter riprodurre le condizioni per la sua esistenza. Le spese
pubbliche sono il costo di produzione dello Stato. Le prestazioni che il cittadino fa allo Stato
(imposte) sono parte del costo di produzione privato. L’uso di beni privati (entrate) deve
essere riproduttivo, l’amministrazione deve costare meno di quello che acquisisce. L’uso di
beni e redditi privati da parte dello Stato è giustificato solo se è riproduttivo. D’altra parte i
beni privati non si possono godere senza un contestuale godimento dei beni pubblici. Le
spese statali sono produttive se permettono la riproduttività del consumo individuale.
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