Economia, appunti per una introduzione Sisto Bertolino Indice Capitolo 1. ECONOMIA E CAPITALISMO 4 Capitolo 2. L'impresa trasforma risorse in beni. 8 2.1. La tecnologia produttiva 8 2.2. Il dimenionamento dell'impresa 9 2.3. Le decisioni di produzione 12 2.4. La domanda di lavoro 14 2.5. la domanda di investimenti 14 2.6. la frontiera produttiva 15 2.7. Impresa e Imprese: esternalità e distretti 15 Capitolo 3. Le famiglie lavorano e consumano 18 3.1. Bisogni e preferenze 18 3.2. Individuo e tasse 20 3.3. lavoro e risparmio 21 3.4. l'individuo e gli altri: Ottimo Paretiano 23 Capitolo 4. Il Mercato 24 4.1. Concorrenza 26 4.2. Monopolio 26 4.3. Oligopolio 27 4.4. Concorrenza monopolistica 28 4.5. Il mercato del lavoro 29 4.6. Il mercato dei capitali 32 Capitolo 5. I beni pubblici 34 Capitolo 6. Lo Stato 37 6.1. Allocazione:Tassazione ottima. 37 6.2. Redistribuzione: economia del benessere. 41 6.3. Stabilizzazione: il ruolo macroeconomico. 46 3 CAPITOLO 1 ECONOMIA E CAPITALISMO l' economia studia il modo in cui una società soddisfa i bisogni materiali dei suoi membri. Bisogni materiali sono quelli che si soddisfano con prodotti e servizi: i beni. I beni, in economia, rappresentano tutto ciò che soddisfa un bisogno, quindi interessa a qualcuno che è disposto a dare qualcosa in cambio. Così come il cibo non arriva da solo alla bocca ma deve essere preparato, in generale i beni non sono immediatamente disponibili in natura, per essere usati devono essere prodotti. Produrre signica trasformare (dove trasformare signica anche solo trasportare) uno più materie prime in un prodotto nito con il lavoro e attrezzi più o meno complicati: impianti e macchinari che costituiscono il capitale. Le materie prime, che si indicano in generale con il termine terra, i macchinari, che costituiscono il capitale ed il lavoro sono le Risorse. La nozione di capitale è tra le più critiche ed ambigue e da esso deriva il termine che denota il nostro sistema economico: capitalismo. Si ha capitalismo quando la maggior parte dei bisogni umani è soddisfatto dalla produzione di imprese che eettuano il calcolo del capitale per mezzo della moderna contabilità (Max Weber). L'impresa è, quindi, l'unità fondamentale del nostro sistema economico ed una intera branca dell'economia, quella aziendale, la studia. L'impresa è presente nella storia da tempo immemore, spesso dedita a fabbisogni militari, ma l'intera società poteva vivere senza di essa. Oggi no, anche i prodotti più semplici, quale il pane, non sono più autoprodotti ma poche imprese lo producono per tutti. Non tutti i beni, però, possono essere forniti dalle imprese perché alcuni tipi di bene o sono disponibili per tutti o per nessuno: sono i beni pubblici, per esempio le strade, l'aria pulita, la difesa, l'ordine pubblico, la giustizia. Un bene pubblico è tale se il consumo da parte di uno non preclude il consumo ad altri (non rivalità), anzi se si vuole limitare il consumo bisogna sostenere dei costi aggiuntivi (non escludibilità). Ogni comunità deve arontare il problema dei beni pubblici oltre a quello dei beni privati e questo compito è demandato allo Stato che li nanzia con le Tasse (giusticazione economica dello Stato). smisurata ma, fondamentalmente si pagano 4 La fantasia dei governi sulle tasse è tasse sul reddito, tasse sul consumo 1. ECONOMIA E CAPITALISMO 5 (commercio ) e tasse sul patrimonio. La classicazione dei beni in pubblici e privati determina un conne chiaro tra stato e mercato, conne che è stato reso variabile con l'introduzione dei beni meritori: bene meritorio (o di merito) è un bene meritevole di tutela pubblica in- dipendentemente dalla richiesta che ne fanno i potenziali utenti (a dispetto delle preferenze dei consumatori,dice qualcuno). Il concetto è stato introdotto nella letteratura economica da R. Musgrave nel 1959, nell'ambito della classicazione dei compiti del bilancio pubblico. Il bene meritorio è un bene che soddisfa bisogni importanti per la collettività (per es. l'istruzione, il servizio sanitario, i consumi necessari al minimo vitale, la sicurezza per gli automobilisti fornita dalle apposite cinture ecc.) e nei riguardi del quale il bilancio pubblico ha il compito di garantire una produzione ottimale, rispetto a quella che si determinerebbe laddove il suo livello fosse rimesso alla sola dinamica del mercato (produzione subottimale) imponendoli. Possiamo, quindi denire il capitalismo come il sistema in cui c'è prevalenza del mercato sullo stato (il suo opposto è il socialismo). Il capitalismo ha potuto diondersi quando sono stati soddisfatti i presupposti per la nascita e la proliferazione delle imprese: - Libertà di acquisizione di merci e lavoro - Tecnica razionale - Diritto razionale - Finanziarizzazione dell'economia Libertà di acquisizione di merci e lavoro signica diritti di proprietà deniti e tutelati, libertà di contrattare e possibilità di far valere i contratti quando non sono rispettati (enforcement) ricorrendo ad una autorità costituita. Tecnica razionale signica poter calcolare con precisione i risultati di un processo produttivo. Cioè sapere, per esempio, quanto farina, acqua e lievito energia e lavoro servono per ogni chilo di pane. Diritto razionale signica leggi codicate con possibilità di prevedere l'esito di una controversia. Finanziarizzazione dell'economia signica che la ricchezza è rappresentata da titoli negoziabili. Il titolo più diuso è la moneta che si scambia al valore nominale ed è mezzo di scambio, altri titoli sono azioni, che rappresentano la proprietà delle imprese, ed obbligazioni che rappresentano impegno a versare la somma in futuro. I titoli possono diondersi solo se sono garantiti da apposite istituzioni; la Banca Centrale e la Borsa Valori sono presenti in tutti i Paesi sviluppati. La banca centrale ha anche il compito di controllare quelle particolari imprese che sono le banche: imprese che raccolgono risparmio e lo prestano contro il pagamento di interessi. Benchè questo tipo di impresa si sia evoluto col capitalismo maturo essa è preesistente all'impresa industriale. Le prime banche moderne risalgono infatti al medioevo, quando la moneta era costituita da oro. 1. ECONOMIA E CAPITALISMO 6 Gli oreci iniziarono a custodire oro per conto dei commercianti a cui rilasciavano certicati di deposito. Quando oreci in città diverse iniziarono a riconoscere i rispettivi titoli, fu possibile per i commercianti, non portare con sè l'oro ma solo il titolo che non attraeva le bande di briganti imperanti in tutta Europa. A destinazione cambiavano il titolo con oro e procedevano ai pagamenti. Ben presto cominciarono a pagare direttamente coi titoli attraverso la girata e successe che l'oro non lo ritiravano quasi mai così gli oreci avevano disponibilità enormi che cominciarono a prestare. A quei tempi solo i re chiedevano prestiti per fronteggiare le loro pazze spese e le loro guerre e gli oreci-banchieri divennero molto potenti potendo inuenzare i re. Banche e Borsa con quei particolari istituti che sono le Assicurazioni costituiscono il sistema nanziario. Il sistema nanziario consente di raccogliere i Capitali necessari alla costituzione di grandi imprese e chi impiega capitale per comprare titoli viene compensato con gli interessi ( Il tasso di interesse è il rapporto tra gli interessi percepiti e le somme impiegate, espresso in percentuale) . L'impresa, infatti, si costituisce conferendo un capitale iniziale, necessario per acquisire impianti, materiali e lavoro, con la speranza di vederlo aumentare nel tempo. Questo è possibile se l'impresa ha degli utili (dierenza tra ricavi e costi) necessari a ripagare i soci e farli guadagnare almeno da un un certo punto in poi. Il calcolo dell'utile è possibile grazie all'esistenza della moneta che permette di esprimere tutto in quantità monetarie e grazie alla moderna di raccolta dei documenti, classicazione in conti e contabilità: la tecnica riepilogo nel Bilancio. In pratica il bilancio si presenta sotto forma di due prospetti: Stato Patrimoniale e Conto Economico: STATO PATRIMONIALE 31/12/2013 31/12/2014 ATTIVITA' 100 60 50 10 0 40 10 20 10 Attività non correnti - immobili, impianti e macchinari - Attivita immateriali - Partecipazioni Attività Correnti - Rimanenze -Crediti Commerciali - Disponibilità Liquide PATRIMONIO NETTO e PASSIVITÀ 100 50 40 5 5 30 30 20 15 0 5 Patrimonio netto dell'impresa - Capitale sociale - Riserve - Utili non distribuiti Passività non correnti - Debiti a lungo Termine Passività Correnti - Debiti Commerciali - Finanziamenti a Breve - Imposte e Tasse CONTO ECONOMICO Ricavi Altri Proventi Costo Materiali e servizi Lavoro Altri Costi Ammortamenti Oneri nanziari Utile Prima delle imposte Utile netto - imposte 31/12/2013 31/12/2014 200 0 100 70 18 12 0 30 10 20 1. ECONOMIA E CAPITALISMO 7 Lo studio dell'economia richiede una certa familiarità coi bilanci che servono a capire lo stato di salute di aziende ed enti. Il Bilancio fotografa l'azienda e consente valutazioni sia interne che dall'esterno, per chi deve decidere di investire, e può essere espresso in due equazioni: Utile=Ricavi-Costi Attività = Capitale Iniziale+Utile + Passività Le attività sono tutto ciò che l'azienda possiede, il capitale è quello versato dai soci eventualmente aumentato con gli utili passati e le passività sono le fonti di nanziamento ( fondamentalmente debiti). L'equazione dice che tutto ciò che l'impresa possiede o lo ha pagato con i suoi soldi o lo deve ancora pagare (debiti). I debiti possono essere normali debiti commerciali (mi arriva prima la merce poi la pago) ma anche prestiti pluriennali, tasse da versare etc. Il calcolo del patrimonio avviene di norma una volta l'anno. Le voci evidenziate costituiscono i cinque blocchi usati nel calcolo degli indici di bilancio, uno dei più importanti è il ROI= Utile/Capitale. Dal Bilancio si ha ROI = U tileN etto Attività Il ROI è un indicatore della performance ma è anche il criterio guida degli investimenti se valutato a priori, cioè a livello di previsione. Ogni investimento, infatti ha senso se il sui ROI e maggiore del tasso di interesse del mercato, cioè gli utili sono necessari , ma sono sucienti solo se sono superiori a quelli che si avrebbero semplicemente prestando i capitali ad altri. Per stimare il ROI bisogna stimare gli utili futuri, quindi la dierenza tra ricavi e costi. I ricavi provengono dalle vendite e sono dati dalle quantità vendute per i rispettivi prezzi ( R=Q*P) i costi sono dati dai materiali (anche qui quantità per prezzo), il lavoro, che viene compensato col salario, ed il costo del capitale cioè ammortamento, che misura l'usura, e gli interessi per compensare chi ha prestato soldi per l'acquisto del capitale, esso si esprime come r, tasso di tto del capitale sicché il costo è k*r . Altri costi e altri ricavi riguardano la gestione non caratteristica, cioè non tipica dell'azienda. Per sapere quanto capitale, quanto lavoro e quanti materiali occorrono nella produzione è necessario conoscere la tecnologia. CAPITOLO 2 L'impresa trasforma risorse in beni. 2.1. La tecnologia produttiva All' economia non interessa come avviene la trasformazione di risorse in beni, quello è il dominio della tecnica, ma interessa il quanto, ovvero quanto si può produrre usando una data quantità di risorse, perché compito dell' economia e ottimizzare l' impiego delle risorse per soddisfare i molteplici bisogni umani. La tecnologia determina le combinazioni possili di risorse ed il prodotto ricavato, per esempio nella produzione del pane 100 kg di pane si fanno con un forno e due lavoratori, farina lievito, acqua e legna. Per non entrare troppo nella tec- nica l'economia generalizza le combinazioni possibili col concetto di produzione. funzione di La produzione dipende da quante risorse si usano, cioè la produzione è funzione delle risorse q = f (k, l, m) In generale possiamo dire che sia il lavoro sia il capi- tale sono necessari alla produzione e questi sono combinati in proporzioni dettate dal processo tecnico che determina la forma della funzione di produzione ovvero le quantità producibili, il meriale utilizzato sarà direttamente proporzionale alla quantità prodotta m = γq . Ogni impresa ha la sua funzione di produzione ma per tutte possiamo ipotizzare che aumentando un pò uno dei fattori, x, la produzione aumenterà ∂q ∂x > 0, l'aumento della produzione corrispondende ad un aumento uni- tario della risorsa è detto produttività marginale ed è positiva, l'aumento però tende a decrescere (aumenta sempre di meno) cioè e ∂2q ∂x2 < 0 produttività marginale decrescente. Gli economisti, più che di rapporti tra grandezze, parlano di rapporti tra percentuali che chiamano elasticità η= dq dx q / x = dq x dx q 0 = q q x . La curva ad elesticità costante (un solo fattore) si ottiene integrando l'equazione c come ln(a) si ha dq q η = η dx x che dà lnq = c+lnx esprimendo la costante arbitraria q = axη . a variabili separabili Se tutti i fattori hanno elasticità costante la funzione di produzione diventa la più famosa funzione di produzione, la Cobb-Douglas q = Ak α lβ con α < 1e β < 1 ∂q analogamente ∂l ∂q α−1 β l ∂k = Aαk βq l e sono proporzionali alle produttività medie. per questa funzione le produttività sono: = = αq k Per caratterizzare l'industria è importante la sostituibilità tra i fattori che viene misurata dal Saggio Marginale di Sostituzione Tecnica (SMST) ovvero 8 − dk dl = ∂q/∂l ∂q/∂k 2.2. IL DIMENIONAMENTO DELL'IMPRESA 9 Tabella 1. alcune elasticità produttive settore a b ferrovie 0.12 0.89 alimentari 0.35 0.72 meccanica 0.26 0.71 elettricità 0.67 0.20 chimica 0.37 0.80 che misura l'aumento di k per una riduzione unitaria del lavoro. Per la Cobb-douglas è δl δk = αl βk che si ottiene dividendo membro a menbro le produttività. La Cobb-Douglas è molto utilizzata perchè soddisfa i requisiti generali di produttività marginale decrescente ed in più è omogenea di grado a+b cioè moltipli- cando i fattori per la stessa costante k la produzione viene moltiplicata perk per cui α+β (α+β) rappresenta i rendimenti di scala che possono essere costanti, crescenti o decrescenti. La Cobb-Douglas è stata generalizzata nella CES (constant elasticity of substitution): Y = b[αK −ρ + (1 − α)L−ρ ]−1/ρ Che non useremo molto. Queste considerazioni valgono per una singola impresa ma anche per interi settori economici (l'auto, le costruzioni, l'agricoltura etc) ed anche per una intera economia di un paese. E' proprio dallo studio dell'economia degli stati uniti che è stata elaborata la Cobb-Douglas che ha le proprità ipotizzate per la funzione tipica e può essere facilmente stimata dai bilanci infatti prendendo i logaritmi dei due membri si ha: ln q = α ln k + β ln l nei bilanci sono disponibili i dati sul lavoro e sugli impianti e materiali che consentono di stimare i coecienti produttivi. Il capitale, per denizione non varia con continuità e richiede tempo per essere prodotto, oltre ad essere usato per più cicli produttivi, questo consente di denire il breve periodo, con capitale sso ed il lungo periodo, con capitale variabile. Nel breve periodo la funzione di produzione diventa ad un solo fattore, il lavoro e, nel caso della Cobb Douglas q = alβ rappresentata nella gura seguente insieme alla produttività. Lontano dallla saturazione, questa può essere approssimata con una funzione lineare q = al. 2.2. Il dimenionamento dell'impresa Conoscendo la tecnologia produttiva l'imprenditore eettuerà una previsione delle vendite, ovvero le combinazioni possibili tra quantità e prezzo che rappresentiamo con la funzione delle vendite: q(p). Nota la funzione delle vendite l'impre- sa sceglierà il livello di produzione che ottimizzerà il protto: P (q) = R(q) − C(q) dove R(q) è il ricavo e C(q) è la funzione di costo dell'impresa in funzione delle 2.2. IL DIMENIONAMENTO DELL'IMPRESA 10 Figura 2.1.1. funzione di produzione e produttività quantità da produrre . La condizione necessaria per un massimo è l'annullamento delle derivate prime che comporta dR dq dC dq Ricavo marginale = costo marginale. = Questa non è una legge ma una banalità, serve solo ad introdurre il linguaggio. Dice che nchè un euro speso in risorse rende più di un euro conviene continuare a spendere. dopo l'uguaglianza un euro speso rende di meno e non conviene. Per dare senso a questa formula, condiderato che il ricavo è prezzo*quantità, occorre dare senso alla funzione di costo. I costi che l'impresa sostiene sono i materiali il lavoro, ammortamento e interessi passivi, che sono una percentuale del capitale impiegato, cioè C = kr + mv + lw Trascurando i costi dei materiali che si ricavano a posteriori, k ed l non sono liberi ma legati dalla funzione di produzione, il problema consiste quindi nel trovare il minimo costo sotto il vincolo della funzione di produzione ovvero: min C = kr+lw vincolata a q = q(k, l). Lagrange ha dimostrato che il problema si risolve trovando il minimo di una sola funzione, la Lagrangiana: L = kr + lw − λq(k, l) dove λ è una nuova variabile detta moltiplicatore di Lagrange. del primo ordine sono condizione di ottimo dk dl r = = ∂q ;w λ ∂k = le condizioni λ ∂q ∂l dividendo le ultime due troviamo la w r che va risolta insieme alla funzione del vincolo che è anche la derivata rispetto a λ. La condizione di ottimo ci dice che l'impresa varierà l'impiego di capitale e lavoro aumentando il fattore di cui il prezzo diminuisce. Per la CD abbiamo α α+β a( αw e, quindi: βr ) l βq r = λ αq k ;w = λ l λ = lw βq k = lwαq βqr , ovvero q = 2.2. IL DIMENIONAMENTO DELL'IMPRESA l=( che rappresenta la 11 α 1 βr α+β ) q α+β αw domanda di lavoro condizionata dal tasso di interesse. gamente k=( analo- β 1 αw α+β ) q α+β βr rappresenta la domanda di capitale. La funzione di costo, ovvero il costo in funzione della quantità si ottiene sostituendo queste formule nella denizione di costo, ponendo a=1: 1 C(q) = cq α+β Dove è un valore che dipende dai coecienti di produzione, dal salario e dal β α tasso di interesse c0 V β α β − α+β )w α+β r α+β che possiamo scrivere come α β α+β + c = (α c= con β α V = w α+β r α+β è un indice dei prezzi dei fattori per l'impresa. Il caso più semplice è α+β =1 in cui il costo viene ad essere una retta ed il costo marginale una costante uguale al costo medio o unitario. In questo caso partendo dalle previsioni di vendita p(q) avremo che il ricavo marginale sarà d dq (p(q)q) = 0 0 p q + p = p( pp q + 1) = p( −1 η + 1) dove ηè l'elasticità delle vendite al prezzo cioè la variazione di quantità corrispondente ad una variazione del prezzo in percentuale. Il segno meno è inserito perchè questa elasticità è , di norma, negativa perchè la quantità amumenta quando il prezzo scende e viceversa. La condizione di ottimo sarà p(1 − 1/η) = c p= η c η−1 Ovvero il prezzo è ssato come un mark-p del costo ed il fattore moltiplicativo dipende dall'elesticità delle vendite. col costo margimale. Per η molto alto il prezzo viene a coincidere Fissato il prezzo dalla funzione delle vendite si ricava la quantità ottimale che determina il capitale necessario (investimento) ed il numero di lavoratori impiegati. Risultati simili si hanno con l'approccio della massimizzazione del protto inteso come massimo di (k,l) p ∂f∂k = r ∂f (k,l) ep ∂l pf (k, l) − kr − lw le cui = w la derivate rispetto condizioni del primo ordine sono a k (l) rappresenta l'aumento di produzione con un aumento unitario di capitale (lavoro) ed è detta marginale del capitale (lavoro) produttività e le equazioni di cui sopra dicono che il salario è de- terminato dalla produttività del lavoro e l'interesse è determinato dalla produttività del capitale. Dividendo membro a membro le equazioni sopra ci dicono che Cioè il rapporto tra tasso di interesse e salario è determinato dal ∆l/4k = r/w saggio marginale 2.3. LE DECISIONI DI PRODUZIONE si sostituzione tecnica SMST tra lavoro e capitale che è un dato tecnico del settore. Per una impresa rappresentata da una Cobb-douglas Aαk e ∂q ∂l α−1 β l = = βq l = αq k = 12 r p quindi k= αqp r l= βpq w q = Ak α lβ avremo ∂q ∂k = w p cioè . In questo caso rk wl = α β le costanti tecniche determinano il rapporto in valore tra capitale e lavoro impiegato. La domanda di un fattore è inversamente proporzionale al suo prezzo e direttamente proporzionale al valore del bene venduto, cioè la domanda dei fattori aumenta col l'aumento del prezzo del prodotto. in generale ∂l ∂p > 0, ∂l ∂w < 0. Per quanto riguarda la relazione tra quantità prodotta e prezzo, ovvero l'oerta dell'impresa, sostituendo le espressioni di l e k nella funzione di produzione si ha la funzione di oerta : q(p) = q(k(p), l(p))quindi quantità prodotta cresce col crescere nel prezzo q(p) dq dp = ∂q dl ∂l dp + ∂q dk ∂k dp > 0 la rappresenta la curva di oerta dell'impresa. e, dato che la somma di funzioni crescenti è crescente abbiamo anche che la curva di oerta di settore è crescente, più aumenta il prezzo più è conveniente produrre. 2.3. Le decisioni di produzione Nel breve periodo k è costante, l può essere ricavato dalla funzione di produzione q 1 l = ( )β a che rappresenta la domanda di lavoro per per un dato livello produttivo, m è proporzionale a q per cui che è una forma generale una forma semplice q 1 C(q) = kr + γqv + ( ) β w a di breve periodo. β < 1, se lo C(q) = kr + γvq + supponiamo 1/2 abbiamo w( aq )2 che rappresenta una parabola in q. Il costo Marginale è, quindi dC 1 q 1−β = γv + w( ) β dq β a che nel caso di β = 2diventa una retta crescente dc dq = γv + Se ipotizziamo il prezzo dipendente dalla quantità d marginale sarà dq (p(q)q) 0 = p q +p = 0 p( pp q +1) = 2wq a . p(q) avremo che il ricavo p( −1 η +1) dove η è l'elasticità delle vendite al prezzo cioè la variazione di quantità corrispondente ad una variazione del prezzo in percentuale. Il segno meno è inserito perchè questa elasticità è , di norma, negativa perchè la quantità amumenta quando il prezzo scende e viceversa. La condizione di ottimo sarà 2.3. LE DECISIONI DI PRODUZIONE 13 Figura 2.3.1. funzione dei costi p(1 − 1/η) = γv + w q 1−β ( ) β β a che rappresenta la funzione di oerta inversa dell'impresa, cioè il prezzo in funzione della quantità. Questa, in verità è la forma più utilizzata per le funzioni di oerta β = e di domanda perchè si possono confrontare coi costi. Sempre per p(1 − 1/η) = γv + 1 2 si avrà 2w a q ovvero la quantità ottimale sarà q= (p(1 − 1/η) − γv)a 2w La quantità ottimale dipende quindi oltre che dalla tecnologia, rappresenta da γ, β, a dal prezzo del prodotto, e dai prezzi dei fattori, v e w, e dalla elasticità delle vendite. All'impresa, inne, interessa il costo per unità prodotta (costo medio o unitario) che è quello che confronta col prezzo. Il costo medio (o costo unitario) sarà kr w C(q) = + γv + q q q a che rappresenta la somma di una retta ed una iperbole equilatera ed assume la caratteristica forma ad u riportata in tutti i testi di microeconomia. Il minimo di questa curva, cioè il minimo costo unitario si ha quando la derivata prima è nulla: dCM (q) dq = − kr q2 + w a =0 ovvero q= pa w kr Il costo marginale è una retta crescente che incontra la curva del costo unitario o medio nel suo minimo, infatti il punto di incrocio è cui kr + w 2 aq = 2w 2 a q kr = w 2 aq q= =0 + γv + w aq = γv + 2wq a da w kr In generale il minimo del costo medio richiede C q) kr q pa (d(C/q))/dq = 0 ovvero 1 dC q ( dq − ovvero CMe=Cma. Una semplicazione utile per lo studio dei mercati è quando β = 1ovvero q = al funzione di produzione lineare. In questo caso costo medio tende al costo marginale al crescere della quantità 2.5. LA DOMANDA DI INVESTIMENTI C(q) = kr + γvq + CM A = (γv + w aq = kr + (γv + 14 w a )q w a ) costo dei materiali per la loro incidenza e costo del lavoro diviso la produttività. CM = (γv + w a) + kr q la quantità prodotta si ricava da q = (p(1 − 1 η) − γv + 2wq a = p(1 − 1/η) cioè a γv) 2w . Funzione di oerta dell'impresa, crescente al prezzo, 2.4. La domanda di lavoro Dall'oerta dell'impresa. q(p), sostituendo nella funzione di produzione otteniamo la domanda di lavoro: l = (q/a)2 = ( p(1−1/η)−γv )2 2w la domanda di lavoro è decrescente al suo prezzo, il salario. Una semplicazione utile per lo studio dei mercati è quando β = 1ovvero q = al funzione di produzione lineare. In questo caso costo medio tende al costo marginale al crescere della quantità e la domanda di lavoro diventa 1 l = a1 q = (p(1 − η1 ) − γv) 2w ancora decrescente al salario. 2.5. la domanda di investimenti Il capitale non si adegua istantaneamente, anzi esso varia per eetto degli investimenti It e la teoria della produttività marginale non spiega l'investimento. quello iniziale. tranne Dato che la produzione e installazione di nuovo capitale richiede tempo ed altrettanto complicato è dismetterlo, la sua legge di variazione è Kt+1 = Kt (1 − δ) + It Una impresa investe sia per ammodernare il capitale, sia per adattare il rapporto capitale/lavoro al rapporto tra salario e lavoro, sia e principalmente, per aumentare le vendite, produrre nuove varietà ed entrare in nuovi mercati. L'innovazione di prodotto e di processo sono le basi dello sviluppo economico. L'nvestimento si fa se si ripaga in un tempo ragionevole ovvero se l'aumento di utile, scontato ad un tasso soggettivo uguaglia l'investimento It = Ut+1 −Ut da cui 1+ρ ρ= 4U −It detto ROI It (Return On Investments). Naturalmente l'nvestimento ha senso se ρ >= r tasso di interesse di mercato. Ogni direttore d'impresa sa che per eettuare un investimento deve riempire la scheda dell'nvestimento valutendo la riduzione di costo e, quindi, l'investimento. in sintesi l'investimento è funzione delle aspettative di vendita ed inversamente del tasso di interesse. Se esprimiamo l'utile come percentuale del fatturato abbiamo: It = Dove Y è il fatturato. ν (Yt+1 − Yt ) 1+r 2.7. IMPRESA E IMPRESE: ESTERNALITÀ E DISTRETTI 15 In un contesto dinamico le elasticità produttive dei fattori di settore tendono ad essere stabili mentre varia la produttività totale dei fattori, per cui sul lungo periodo l'impresa è rappresentata da due equazioni Kt+1 = Kt (1 − δ) + It Yt = At Ktα Lβt con queste equazioni è possibile, per esempio, studiare l'andamento del capitale e del fatturato per una impresa che investe una percentuale ssa del fatturato It = sYt lo ha fatto Solow nel suo celebre modello in un contesto continuo. 2.6. la frontiera produttiva Se l'impresa produce più beni invece della funzione di produzione si ricorre alla funzione di trasformazione che viene espressa in forma implicita f (q , k, l) = 0. Per un dato valore di k ed l questa funzione rappresenta la capacità produttiva dell'impresa y = y(q1 , qn ), o frontiera di produzione corrispondente a tutte i, le combinazioni ecienti tra i prodotti. Su questa funzione possiamo dire che per aumentare la produzione di un bene bisogna ridurre quella degli altri quindi 2 d qi questa diminuzione aumenta sempre di più, cioè dqj2 >0 dqi dqj < 0e otre un certo punto, per aumentare di poco la produzione di qi bisogna ridurre molto qj il rapporto tra le variazioni di quantità è detto saggio marginale di sostituzione dei prodotti SMP. Per scegliere la combinazione produttiva ottimale l'impresa deve passimizzare il protto, e se i fattori sono dati deve massimizzare i ricavi R= P qi pi nel caso di due prodotti, esplicitando la relazione tra q1 e q2 abbiamo che l'impresa deve massimizzare 0 da cui dq1 dq2 R = q1 (q2 )p1 +q2 p2 che è funzione solo di q2 quindi = − pp12 dR dq2 1 = p1 dq dq2 +p2 = cioè il SaggioMarginale di sostituzione deve essere uguale al rapporto inverso dei prezzi. 2.7. Impresa e Imprese: esternalità e distretti L'impresa teorica si riduce ad una funzione di produzione. Nella realtà le imprese esistono in luoghi sici ed interagiscono tra di loro sia attraverso il meccanismo del mercato sia anche attraverso conseguenze non volute della loro produzione: le esternalità, positive o negative. Le interazioni di mercato si realizzano sia nell'arena competitiva, sia nel mercato business to business ovvero il mercato dei semilavorati; i cicli produttivi sono ormai gestiti da più imprese che producono parti poi assemblate nel prodotto nale. Le interazioni di mercato dipendo dal contesto competitivo. Se l'impresa è la solo produttrice si dice che agisce in monopolio ed eettua le scelte da sola, se produce insieme ad altre deve tenere conto della loro esistenza che si manifesta nella funzione delle vendite. 2.7. IMPRESA E IMPRESE: ESTERNALITÀ E DISTRETTI 16 Le interazioni non di mercato sono dette esternalità. La più nota è sicuramente l'inquinamento che produce costi sociali ma può inuire direttamente su altre imprese, per esempio inquina un lago dove si allevano pesci e/o si esercitano attività turistiche. Naturalmente esistono anche esternalità positive, per esempio la conoscenza che si scambia tra i produttori riguardo alle tecniche, ai materiali etc. Le esternalità sono modellate come una inuenza sulla funzione dei costi, quindi date due imprese di cui la prima produce esternalità avremo: c1 = c1 (q1 ) c2 = c2 (q2, q1 ) La massimizzazione del protto totale comporterà la ricerca del massimo di p1 q1 + p2 q2 − c1 (q1 ) − c2 (q1 , q2 ) le condizioni del primo ordine sono: p1 = p2 = dc1 dq1 dc2 dq2 + dc2 dq1 la prima impresa (che produce esternalità) vede aumentare il suo costo marginale di un valore pare alla esternalità, se negativa o diminuire il costo se positiva. Questa impostazione consente anche una prima gestione delle esternalità negative: internalizzare il costo aggiuntivo all'impresa che le produce. Il caso più noto di economie esterne positive è quello dei distretti industriali. La tradizione distrettualista, sin dal contributo pionieristico di Alfred Marshall, ha identicato nell'esistenza delle economie esterne all'impresa ma interne al distretto le fondamenta della competitività di questi sistemi produttivi locali . Esse consistono essenzialmente nel fatto che la pluralità degli attori presenti nel distretto, operando in un contesto concorrenziale mitigato dalla presenza di una subcultura condivisa e radicata, conseguono a livello sistemico, peculiari vantaggi competitivi che, altrimenti, singolarmente, non sarebbero in grado di ottenere. In altri termini, l'aggregazione spaziale di numerose imprese - ciascuna di esse operante in condizioni di ecienza tecnica e organizzativa e compenetrate tra di loro sul piano dei processi manifatturieri e commerciali - determina una particolare condizione di ecienza a livello di sistema produttivo complessivo. La natura dei vantaggi economici, che discendono da queste economie esterne, possono rivelarsi sotto tre diversi proli: riduzione dei costi di produzione, dei costi di transazione e attivazione di dinamiche innovative di tipo incrementale. Infatti, la localizzazione comune di molteplici imprese compenetrate produttivamente tra di loro determina, per l'operare di diversi fattori, una riduzione dei costi di produzione (complessivamente e genericamente intesi) di ciascuna di esse. D'altro canto, i meccanismi di relazionamento delle imprese, unitamente alle caratteristiche di funzionamento 2.7. IMPRESA E IMPRESE: ESTERNALITÀ E DISTRETTI 17 del mercato comunitario - quali la trasparenza delle informazioni, la marginalizzazione e penalizzazione di comportamenti opportunistici, l'assenza di investimenti transaction-specic, la frequenza delle transazioni ecc. - può assecondare una riduzione dei costi transazionali . Resta, inoltre, da sottolineare che la circolazione rapida delle idee e delle informazioni a livello orizzontale e l'interazione attiva tra gli attori verticalmente o lateralmente compenetrati può condurre all'implementazione di soluzioni innovative incrementali di prodotto o di processo. Ma dove nascono le imprese/distretti? la geograa economica ha individuato una serie di criteri. Il primo è quello dei costi di trasporto: le imprese nascono in prossimità delle risorse se è più conveniente trasportare il prodotto nito, si localizzano in prossimità del mercato di sbocco se è più conveniente trasportare le materie prime. CAPITOLO 3 Le famiglie lavorano e consumano 3.1. Bisogni e preferenze Benché esistano consolidate teorie sui bisogni umani, quale quella di Maslow che, in Motivazione e personalità elenca cinque categorie: 1. Bisogni materiali di sussistenza 2. Sicurezza 3. Socialità 4. Stima 5. Autorealizzazione, l'economia non ha bisogno di una teoria dei bisogni, perché questi si manifestano attraverso le preferenze. Indipendentemente dalla livello occupato sulla scala di Maslow l'individuo sceglie liberamente tra le alternative, vincolato solo dal suo vincolo di bilancio: l'insieme dei beni scelti non può superare il reddito disponibile. Ogni individuo ha a disposizione delle risorse, almeno la capacità di lavorare , da cui ricava un reddito I = kr + lw dove k rappresenta i beni capitali in possesso del singolo, r il loro tasso di rendimento, l le ore(settimane, mesi) lavorate e w il salario relativo. Il reddito (o una parte di questo) viene impiegato nell'acquisto di un paniere di beni liberamente scelto. Il vincolo di bilancio si esprime con una equazione: P pi qi = I Dove qi sono le quantità di beni disponibili e pi relativi prezzi . Naturalmente esistono innite combinazioni di quantità, dati i prezzi, che l'individuo ordina in base alle sue preferenze. Ipotizziamo che ognuno associa un numero più alto ad una combinazione più gradita ottenendo così una funzione di preferenza (detta per tradizione funzione di utilità) u = f (q1 , q2 ..., qn ), che, essendo ordinale non cambia se si moltiplica per una costante, per cui il problema è trovare il massino dell'utilità vincolato dal bilancio. Lagrange ha dimostrato che il problema si risolve trovando il massimo di una sola funzione, la Lagrangiana: P f (q1 ..., qn ) − λ( pi qi − I) le condizioni del primo ordine consistono nel porre uguale a zero le derivare rispetto a tutti i ∂f ∂qi = ∂u λpi ∂λ qi = e rispetto a P λ pi qi − I = 0 la derivata dell'utilità rispetto ad una quantità si chiama utilità marginale e possiamo supporre che sia positiva, cioè, dato un paniere se aumento la quantità di un bene lasciando inalterati gli altri avrò un paniere preferito, ma più aumento meno desiderio ne avrò, cioè l'aumento tende ad essere sempre minore ∂2u ∂q 2 < 0 utilità marginale decrescente. Proprietà simili a quelle della funzione di produzione per cui una funzione cobb-douglas rappresenta bene anche le preferenze, ma, la cobb-douglas è nulla se uno dei fattori è nullo per cui avrei una utilità zero se solo togliessi un bene dal paniere e questo è vero solo per alcuni beni (es zucchero e caè) 18 3.1. BISOGNI E PREFERENZE 19 Figura 3.1.1. utilità e utilità marginale ma non in generale per cui si preferiscono altre forme per la funzione di utilità. Una molto diusa è la somma di CRRA elasticità costante per ogni bene e indipendenza dei beni. U(q1, qn ) = X q1−σi 1 − σi che , in presenza di un bene e di un male (quantità che preferisco diminuire, come il lavoro) diventa U(B, M) = M1+η B1−σ − 1−σ 1+η La condizione di ottimo mi dice che il prezzo giusto per una persona è proporzionale alla sua utilità marginale che, a sua volta dipende dalla quantità. Quando ho poco cibo la sua utilità marginale è alta, quando ne ho tanto aumentarlo un pò non mi serve tanto . Questa è stata una rivoluzione nella teoria del valore. e' l'ultimo pezzo che sono disposto a comprare a determinare il suo valore per me. Un esempio: se ho fame una pizza la pagherò al prezzo che trovo, ma appena calmata la fame un'altra la compro solo se ritengo giusto il prezzo se la compro signica che l'utilità che ne ricavo per me è superiore o uguale al prezzo. Se consideriamo due beni i,j abbiano 4qi 4qj = pj pi = SM S saggio marginale di sostituzione, per ogni individuo, date le sue preferenze le quantità di beni scelti 3.2. INDIVIDUO E TASSE 20 variano in modo inversamente proporzionale ai loro prezzi per la CRRA = qi−σ ∂U ∂qi che rappresenta una iperbole equilatera con assi coin- cidenti con gli assi cartesiani. −σ rappresenta l'elasticità dell'utilità al bene e la condizione di ottimo diventa pi = qi−σ che rappresenta una relazione tra prezzo e quantità detta duale. U = q1α1 q2α2 ∂U ∂qi 4qi domanda di un bene dipende anche da tutti gli altri beni. 4qj Per preferenze cobb douglas abbiamo domanda indivi- = αi qU1 = pi = pj pi cioè la = SM S = αj qj αi qi questa equazione, unita al vincolo di bilancio ci dà un sistema di due equazioni per trovare le quantità domandate; nel caso di due soli beni: p2 p1 α1 q1 = p q + p q 1 1 2 2 =I α2 q2 dove I è il totale destinato al consumo. la soluzione dà le quantità domandate qi = αi I α1 +α2 pi Le quantità domandate dipendono positivamente dal reddito e sono inversamente proporzionali al prezzo. le preferenze ( α) determinano l'inuenza di un prodotto sull'altro. Spesso si usa anche la domanda lineare qi = q0 −q1 p ;q0 massima richiesta dall'individuo al prezzo zero 0 alla elasticità e = − qqp = p1 rappresenta la quantità la pendenza della curva è legata p1 p q0 −q1 p E opportuno dire che le preferenze sono molto meno stimabili per un singolo individuo per mancanza di dati e per l'elevata variabilità, anche se con le carte di credito, gli acquisti in rete o le carte fedeltà, ogni impresa tenta di prolare i propri clienti, ma questa non è una dicoltà teorica perchè servono molto di più le stime di mercato che possono o no vericare le ipotesi. 3.2. Individuo e tasse La prima cosa che bisogna notare che non tutto il reddito dell'individuo è disponibile per il consumo, una parte se ne va per le tasse sul reddito. inoltre i prezzi dei beni del consumatore non sono gli stessi del produttore perchè lo stato impone tasse sul consumo, anzi le principali tasse che uno stato esige derivano da tasse sul consumo e tasse sul reddito. Una tassa sul reddito riduce il potere di acquisto e varia le quantità domandate infatti nel caso CD dqi = αi dI α1 +α2 pi quindi una variazione di reddito si riparte sulle quantità in proporzione delle rispettive elasticità. Notare che l'elasticità al reddito è 1. Se la tassa è in percentuale il nuovo reddito sarà I(1 − t)ovvero dI = tI che comporta un abbassamento di tutte le quantità domandate in proporzione delle loro elasticità soggettive. Le tasse sul consumo sono di due tipi, le accise che sono una somma ssa sulle quantità per cui il prezzo pagato in realtà è p+t ed esistono solo su alcuni tipi di prodotti (per es la benzina) mentre quella universale, l'IVA (VAT in inglese) è in 3.3. LAVORO E RISPARMIO p = p(1 + i). percentuale, cioè il prezzo pagato è 21 Se i è lo stesso per ogni bene, cosa non vera in Italia, dove i beni di base come pane e latte sono tassati meno degli altri, il vincolo di bilancio diventa X qi pi (1 + ν) = I(1 − ρ) ovvero X qi pi = I(1 − ρ) (1 + ν) ovvero le tasse sul consumo equivalgo a tasse sul reddito dato che per −1 (1 + ν) piccolo w1−ν Una curva di domanda lineare viene alterata nel primo caso ovvero ν q(1 − t) = q0 − q1 p diventando nel secondo q = q0 − q1 p(1 + t) q = q0 − q1 (p − tq) la pendenza aumenta q1 (1+i) il che varia la composizione del paniere facendo scattare l'eetto sostituzione a meno che la tassa non sia applicata in modo uguale a tutti i beni avendo l'eetto di una riduzione di reddito. I qi = αi p(1+i) è la stessa cosa che ridurre il reddito di −iI (perchè (1+i)−1 ' 1−i 3.3. lavoro e risparmio la teoria presentata è molto semplice e da per data la somma da destinare al consumo. In verità gli individui si preoccupano del futuro quindi tendono a risparmiare per future esigenze, anzi, il capitale a disposizione è il risultato di risparmi precedendi (o di eredità). La prima, ovvia scelta che deve eettuare è tra lavoro e consumo e questa scelta è condizionata dalla ricchezza posseduta che consideriamo rappresentata di titoli B (bond) che rendono un tasso i. inoltre l'individuo vive nel tempo e la sua ottimizzazione riguardera più periodi (anni) rappresentati da un pedice t. Ogni anno il vincolo di bilancio si può esprimere come: Ct + Mt − Mt−1 + Bt − Bt−1 = wt lt + it−1 Bt−1 Dove C è il consumo, B sono i titoli posseduti(bond), che rendono un interesse i, ed M è la moneta, titolo infruttifero che ha il pregio di servire per la transazioni e fa anche da riserva di valore. Questa equazione dice che il consumo più la variazione di patrimonio (posita o negativa) eguaglia il reddito da lavoro e gli interessi ricavati dal patrimonio precedentemente investito. L'individuo avrà risparmiato se la ricchezza aumenta. Considerando le preferenze espresse dalle relative elasticità il problema intertemporale si riduce a massimizzare Ut = C 1−σ 1−σ + M 1−b 1−b − l1+η 1+η sotto il vincolo di bilancio. Noi useremo la forma semplice con elasticità pari a uno e solo due periodi. 1+η Ut = lnC + lnM − l1+η Nel periodo futuro t+1 l'utilità sarà simile ma valutata ad oggi sarà scontata ad un saggio 1+η ρ soggettivo e posto 1+η Ut = lnC + lnM − l1+η + β(lnC1 + lnM1 − l1+η ) di bilancio dei due periodi La lagrangiana è β = 1 1+ρ l'utilità totale sarà che va ottimizzato sotto il vincolo 3.3. LAVORO E RISPARMIO 22 l1+η 1+η t+1 L = β t (lnCt + lnMt − l1+η ) + β t+1 (lnCt+1 + lnMt+1 − 1+η ) − λt (Ct + Mt + Bt − Wt Nt −Mt−1 −(1+it−1 )Bt−1 )−λt+1 (Ct+1 +Mt+1 +Bt+1 −Mt −Wt Nt −(1+it )Bt ) Condizioni del primo ordine sono βt Ct =λ ; = λt − λt+1 ; ltη = λw ;λ = (1 + it )λt+1 1 Mt ; ovvero Ct+1 = (1 + i)βCt ltη = w/Ct Mt = Ct+1 βi I passaggi per questa ultima relazione sono 1 i Ct 1+i = 1 M = 1 Ct − β Ct+1 = 1 Ct − 1 Ct (1+i) = βi Ct+1 . Il tasso di interesse, quindi la ricchezza consente di spalmare nel tempo il consumo. L'oerta di lavoro dipende positivamente dal salario. Il lavoro in ogni periodo serve a coprire il consumo del periodo ed il Consumo futuro dipende dal tasso personale di sconto sul futuro. Se β è piccolo il futuro è poco importante. La domanda di moneta o preferenza per la liquidità è inversamente proporzionale al tasso di interesse. Più è alto più si investe in titoli, quindi l'oera di fondi è direttamente proporzionale al tasso di interesse.Questo non è sicuramente suciente per uno studio del mercato dei capitali, che coinvolge le banche ed altri operatori nanziari, ma serve a mettere in luce che non tutto il reddito è speso ed il tasso di interesse, che esiste nchè c'è un prestito di capitale, fa da ponte tra i diversi periodi. La relazione della preferenza per la liquidità dice che a tasso zero la domanda di moneta è innita, ma dato che c'e un massimo, pari alla ricchezza posseduta, essa va anticipata di un valore C da cui βi W = i= i tale che M = C βW = 1/w C sia uguale alla ricchezza per i=0 ovvero β(i+i) l'inverso della ricchezza misurata in annualità di consumo, che è una diusa misura della ricchezza. La domanda di moneta diventa M = W se riteniamo 1+i/i w pari ad poche annualità, infatti la famiglia media oltre una certa soglia investe in immobili , possiamo ancora ritenere in serie al primo ordine ottenendo la diusa relazione quindi B = W wi wi << 1 e sviluppare M = W/(1+wi) ' W (1−wi) il tasso di interesse fa da spartiacque ta liquidità e titoli. Un esempio: Generazioni sovrapposte. Da giovani si lavora da vecchi si consuma solo. t e t+1 indicano gioventù e vecchiaia. In questo contesto non ha senso considerare la moneta la cui domanda è solo temporanea, Bt−1 è 0 e Bt = St è il ri- sparmio da giovane . I vincoli di bilancio, indicando con W=lw il totale guadagnato col lavoro diventano Ct + St = Wt ; Ct+1 = St (1 + r) sostituendo la prima nella seconda il vincolo diventa uno solo 3.4. L'INDIVIDUO E GLI ALTRI: OTTIMO PARETIANO 23 Ct+1 = (Ct − Wt )(1 + r) la Lagrangiana del consumatore è dunque: L = lnCt + βE(lnCt+1 ) − λ [Ct+1 − (1 + rt )Ct − (1 + rt )Wt ] e le condizioni del primo ordine sono: ∂L 1 = + λ(1 + rt ) = 0 ∂Ct Ct ∂L 1 =β +λ=0 ∂Ct+1 Ct+1 da cui otteniamo l'equazione di Eulero del consumo: 1 1 − β(1 + rt ) =0 Ct Ct+1 ovvero (Ct − Wt )(1 + r) = β(1 + r)Ct St = βCt da cui si ottiene un signicato pratico per betaβ = S/C rapporto tra risparmio e consumo e S= β 1+β W il risparmio è una quota costante del reddito. Il vincolo di bilancio può essere espresso nella semplice formula Bt = Bt−1 (1 + it ) + St dove St = Wt − Ct St = S se l'individuo risparmia una quota costante del reddito da lavoro questa formula ci da l'evoluzione della ricchezza nel tempo. 3.4. l'individuo e gli altri: Ottimo Paretiano Un ottimo paretiano si ha quando un consumatore massimizza la propria utilità senza diminuire l'utilità di altri qualsiasi sia il suo livello. così se un consumatore ha utilità f(x,y) e un secondo g(x,y) un ottimo paretiano consiste nel massimizzare f sotto il vincolo di g(x,y)-k per ogni k . Come ogni problema di massimo vincolato ricorriamo alla lagrangiana L = f (x, y) + λ(g(x, y) − k) e le condizione del primo ordine sono ∂f ∂x ∂g = −λ ∂x e ∂f ∂y ∂g = −λ ∂y ovvero, dividendo menbro a membro SM S1 = SM S2 CAPITOLO 4 Il Mercato Secondo gli economisti classici l'ottimizzazione è garantita da una istituzione: il libero scambio. Se gli uomini sono liberi di scambiare scambiano cose meno utili con cose più utili, aumentando la soddisfazione reciproca, inoltre, potendo scambiare ognuno può produrre quello che sa fare meglio e procurarsi il resto con lo scambio. Nessuno produrrà cose non utili perché non potrà scambiarle e quindi non ci sarà spreco di risorse in cose inutili. Questa magica formula ha preso il nome di Mano Invisibile: ognuno persegue il proprio interesse e, magicamente, il mercato crea l'ottimo. Il meccanismo che rende possibile ciò è la dinamica dei prezzi. Quando la produzione eccede la richiesta il prezzo diminuisce facendo scattare l'eetto sostituzione ed aumentando le vendite. Viceversa quando la richiesta eccede l'oerta, il prezzo aumenta e la domanda diminuisce. La domanda del mecato del bene è la somma delle domande dei singoli e, dato che la derivata di una somma è la somma delle derivate possiamo asserire che la domanda del mercato è decrescente al prezzo. Analogamente l'oerta è la somma delle oerte per cui è crescente al prezzo, il mercato adeguerà il prezzo nchè le quantità prodotte saranno uguali a quelle consumate, ovvero, considerato che il prezzo pagato dal consumatore è diverso dal prezzo incassato dal produttore qd (p(1 + ν)) = qs (p) Il prezzo è quindi la variabile indipendente del gioco del mercato, il suo valore farà in modo di sposare sempre le esigenze di produttori e consumatori. A cavallo tra l'800 ed il 900 una generazione di illustri economisti ha creato un modello matematico della mano invisibile ed ha dimostrato che con l'uso della matematica l'economia diventa più chiara e può ambire a creare leggi generali come quelle delle scienze siche. Il primo problema, pratico e teorico è la stima delle funzioni di domanda e di oerta. In generale la curva di domanda è dicilissima da conoscere tutta e data la variabilità nel tempo anche poco utilizzabile. Quello si stima più facilmente è l'elasticità in un punto di equilibrio, comprese le elasticità di sostituzione. Nel prosieguo useremo una curva di domanda lineare del tipo modo che p0 q = p0 − p in sia il prezzo massimo raggiunto il quale non si vende più niente ed, in questa formulazione è anche la quantità massima assorbita dal mercato. l'elasticità di questa curva non è costante ma varia da zero a innito, infatti 24 4. IL MERCATO 25 Tabella 1. Alcune elasticita mercato elasticità Carne 0.92 Abbigliamento 3,00 benzina 0,52 zucchero 0,31 Tabella 1. Qualche elasticità Figura 4.0.1. elasticità della domanda lineare 0 η=− qp p = p p0 − p l'elasticità è alta solo quando ci si avvicina al prezzo massimo altrimenti è bassa. Il meccanismo dei prezzi è il sistema che fa in modo che si equilibrano le esigenze dei consumatore e dei produttori evitando sprechi di risorse. e visto che il prezzo è diverso tra i due la prima domanda da porsi è: chi paga realmente le tasse, cioè su chi gravano. Una tassa sul consumo equivale ad un aumento del presso pari all'accisa o pari a νp . Per la denizione di elasticità una variazione di prezzo si riette sulle quantità posto dove pe erail ηs ηd dps dp = dps + dpd avremo prezzo di equilibrio. = dp − dps da cui dps = dqd qe d = −ηd dp pe analogamente dqs qe s = ηs dp pe Dovendosi compensare le quantità sarà ηd ηd +ηs dp e similmente dpd = dpd = ηs ηd +ηs dp Cioè il peso della tassa grava di più sulla parte con elasticità più bassa. In mercati molto elastici, quale l'abbigliamento il peso grava più sui produttori, in mercati rigidi, come la benzina, la tassa grava più sui consumatori. Lo studio del mercato ha portato a dividerlo in più tipi: concorrenza, oligopolio e monopolio e concorrenza monopolistica, che studieremo singolarmente. 4.2. MONOPOLIO 26 4.1. Concorrenza Si ha concorrenza perfetta quando un numero elevato di imprese concorre in quantità piccole rispetto al fabbisogno alla produzione ed i consumatori sono tanti. In questo caso l'impresa non può variare il suo prezzo perché i consumatori andrebbero altrove e neanche i consumatori possono inuire singolarmente Perche il singolo consumo è innitesimo. Questo modello ben si addice, per esempio, ai beni agricoli. La singola impresa quindi ad un presso sso produrrà nché il ricavo marginale (il prezzo) sarà uguale al costo marginale. Per eettuare un confronto tra i mercati supporremo che il costo marginale sia costante cioè funzione di produzione lineare q = al ovveroβ =1 in tal caso chi ha un costo superiore al prezzo esce dal mercato quindi tutte le imprese si adegueranno ed il prezzo di mercato e sarà p=c che è anche la domanda sulla singola impresa (η = ∞) elasticità innita, cioè variazioni nulle di prezzo consentono variazioni di quantità. La quantità prodotta sarà quella richiesta da tutti i consumatori che supporremo molto semplice p0 rappresenta q = po − p cioè lineare decrescente con pendenza unitaria. il prezzo limite, dal quale in poi non si vende più. vendere quando si scende da questo prezzo. si comincia a L'approssimazione lineare, come ha insegnato Taylor è applicabile a piccoli tratti di ogni curva regolare, d'altronde le curve di domanda sono quasi impossibili da stimare, quello che si stima è l'elasticità nel punto di equilibrio. Con queste ipotesi, dunque: p=c e qC = p0 − c 0 Per la domanda lineare l'elasticità della quantità al prezzo è e nel punto di equilibrio dell'elasticità p0 = c(1 + η= η = − qq p = c p0 −c che ci consente anche di esprimere p0 p p0 −p in funzione 1 η ) con tali simboli qc = c/η Considerando le tasse sul consumo, il prezzo dell'impresa è p = c(1 + v) e qc = c(1 + v)/η dove η p/(1 + v) quindi non dipende dalla tassa infatti è un rapporto tra prezzi e la tassa diventa un vero e proprio aumento del costo marginale, a testimonianza che in questo caso la tassa grava interamente sull'impresa che ha elesticità innita. Un modo alternativo di vedere la cosa è quello di applicare le considerazioni fatte per il consumatore al mercato nel suo complesso. In tal caso l'equilibrio signica Utilità marginale del mercato uguale al costo marginale dell'impresa infatti dU dq =p= dC dq la concorrenza farà si che solo le imprese con costi marginali uguali o inferiori all'utilità marginale dei consumatori possono stare sul mercato. 4.2. Monopolio Il Monopolio si ha quando c'è un solo produttore e tanti consumatori. Le cause fondamentali del monopolio sono le barriere all'entrata sul mercato di altre imprese riconducibili essenzialmente a tre fattori: 1) monopolio delle risorse cioè 4.3. OLIGOPOLIO 27 una risorsa chiave è detenuta da una unica impresa. Ovviamente il monopolista ha un potere di mercato più grande di quello di ogni singola azienda in un mercato concorrenziale e, in questo caso, potrà far pagare un prezzo abbastanza elevato anche a fronte di un costo marginale irrisorio. I casi di monopolio riconducibili a questa causa sono comunque pochi. 2) monopoli di Stato in questo caso, è lo Stato che ore a un solo operatore il diritto esclusivo di vendere un determinato bene o servizio al ne di garantire il pubblico interesse. Infatti, garantendo il monopolio (con prezzi e protti più elevati) a questi produttori, si vuole incoraggiare comportamenti virtuosi. Alle case farmaceutiche, ad esempio, viene garantito il monopolio sulle proprie scoperte in modo da incentivare la ricerca farmacologica. 3) Monopolio naturale si ha quando una singola impresa può fornire il bene o il servizio all'intero mercato a costi inferiori rispetto a quelli di una molteplicità di imprese. Il monopolio naturale generalmente si crea quando si registrano economie di scala rilevanti per uno spettro esteso di produzione. Infatti, la curva di costo medio totale di un'impresa con economie di scala, è decrescente in maniera continua: se la produzione venisse divisa tra più imprese, ognuna potrebbe produrre meno e dovrebbe arontare costi medi totali più elevati. nel monopolio l'elasticità delle vendite è uguale alla elasticità del mercato e la condizione di ottimo è p(1 − η1 ) = c mark-up µ= ; ovvero 1 (1− η1 ) = p= c il prezzo di mercato è costo moltiplicato un (1− η1 ) η η−1 . Se q = p0 − p η= p p0 − p µ = 1 − 1/η = p0 − 2p p quindi (p( p0 −2p p )=c da cui pM = p0 +c 2 concorrenza e la quantità prodotta = c(1 + q = p0 − 1 2η ) il prezzo è maggiore del prezzo in 1 1 1c 1 2 p0 − 2 c = 2 (p0 − c) = 2 η è la metà di quella in concorrenza. I monopoli, a dierenza dai mercati in concorrenza perfetta, quindi, non riescono ad allocare le risorse in maniera eciente: essi producono quantità di bene inferiori a quelle socialmente desiderabili e, in conseguenza, praticano prezzi superiori al costo marginale. Considerando le tasse sia l'èlasticità che il mark-up non dipendono dalla tassa sul consumo quindi p = µc(1+v)ovvero anche qui si comporta come un aumento del costo marginale e viene moltiplicato per il markup, quindi si riversa sui consumatori. 4.3. Oligopolio L'oligopolio è la condizione per cui pochi produttori dello stesso bene agiscono per soddisfare una molteplicità di consumatori, per esempio il mercato del petrolio. 4.4. CONCORRENZA MONOPOLISTICA 28 Il primo modello sviluppato è quello di cournot del duopolio in cui le due imprese non variano il prezzo per evitare la perdita di produzione e competono sulle quantità. q = q1 + q2 il ricavo dell'impresa 1 sarà R = q1 (p0 − 2 q1 − q2 ) = p0 q1 − q1 − q1 q2 il ricavo marginale quindi Rm = p0 − 2q1 − q2 = c quindi p0 −c−q1 p0 −c 2 q1 = p0 −c−q analogamente q2 = che risolte danno q1 = q2 = = 2 2 3 1c 3η 2 2c La quantità prodotta sarà quindi q = (p0 −c) = 3 3 η intermedia tra il monopolio 2c 1 2c e la concorrenza. Il prezzo di equilibrio sarà p = p0 − 3 η = c(1 + η ) − 3 η = 2 c(1 + 3η )>c La quantità totale sarà Modicando le regole del gioco di duopolio, emerge uno scenario completamente diverso. Verichiamo le proprietà di un gioco di determinazione del prezzo in base al quale ciascuna impresa decide la propria strategia di prezzo simultaneamente e indipendentemente dalla scelta dell'altra. Se assumiamo che le due imprese producono un bene omogeneo e che (questa è l'ipotesi chiave) ciascuna di esse può assorbire per intero la domanda potenziale di mercato, allora la produzione dell'industria si concentrerà nell'impresa capace di praticare il prezzo più basso. Ne consegue che le funzioni di reazione delle due imprese sono molto semplici da derivare. Il prezzo ottimo di un'impresa, infatti, deve essere leggermente inferiore a quello praticato dall'altra, sempre che tale prezzo non sia minore del costo marginale (medio). Entrambe le imprese, quindi, tendono ad abbassare progressivamente il prezzo no a raggiungere il punto di uguaglianza con il costo marginale, ovvero, no a raggiungere l'unico Equilibrio di Nash del gioco. L'interesse del modello di Bertrand è la sua capacità di produrre il risultato di concorrenza perfetta: il prezzo di equilibrio è uguale al costo marginale. Se tale risultato si avvera nella pratica, diventa superua ogni attività di regolamentazione del prezzo da parte di istituzioni terze rispetto alle imprese di oligopolio o duopolio. Nel modello Stackelberg si chiede di massimizzare i protti dell'impresa 1 (leader) tenendo conto della massimizzazione dell'impresa 2che come in Cournot ha q2 = p0 −q1 −c . Ciò si eettua inserendo la 2 di protto q2 sopracitato all'interno dell'equazione q1 : Π1 (q1 , p0 −q21 −c ) = q1 p0 − a−q1 −c 2 − q1 − c = p0 q1 −q1 p0 −q1 −c 2 −(q1 )2 − cq1 ∂Π1 ∂q1 q2 = = 0 ⇒ q1 = p0 −( p0 −c )−c 2 2 q = 34 (p0 − c) = p0 −c 2 = p0 −c 4 3c 4η sempre inferiore alla produzione di concorrenza. 4.4. Concorrenza monopolistica Il primo a ritenere insoddisfacenti i modelli classici è stato Piero Sraa che nel 1926 pose il problema della reale competizione nel mercato, aermando che il monopolio e la concorrenza sono casi limite in mezzo ai quali c'è la realtà. Ma il 4.5. IL MERCATO DEL LAVORO 29 primo a porre al centro la dierenziazione del prodotto è stato Chamberlain nel 1933. Il modello completo è stato sviluppato da Dixit e Stiglitz nel 1977 e questa è una versione ulta semplicata. Si parla di concorrenza monopolistica quando i prodotti sono dierenziati per esempio le auto ed i cellulari ma ormai anche la pasta ed il dentifricio etc. I consumatori sono sensibili alle varietà e l'utilità è separabile , rappresentata da U= P 1/2 2qi il 2 è solo per comodità in quanto moltiplicando per una costan- te non cambia le preferenze, in questo modo l'utilità marginale è condizione di ottimo è pi = − 21 ui = qi e la −1/2 qi che è una domanda ad elasticità costante pari a 1/2. dato che la varietà qi è prodotta solo da una impresa che si comporta da mo- nopolista, questa è anche la domanda dell'impresa che applica il markup sul prezzo p(1− η1 ) = c da cui pi = 2c e la quantità prodotta può essere ricavata dalla domanda − 12 = qi = pi 1 4c2i In queste condizione ogni impresa ha un protto pi qi − (ki r + ci qi ) = (pi − ci )qi − ki r = ci 4c2i − ki r = 1 4ci − ki r L'ingresso nel settore si ferma quando il protto è nullo quindi quando 1 2c = 2f che signica costi unitari molto bassi ovvero economia di scala. In questa situazione si può anche scrivere il protto nullo qi = ki r/c. che è lo stesso che ricavare la quantità imponendo pi qi − (ki r + cqi )da cui qi = ki r/c. L'aspetto interessante di questo mercato è che c'è un limite alle varietà esistenti. Detto V il valore del mercato pari alla somma dei ricavi essa sarà uguale alla somma dei costi totali. Infatti la somma dei protti è nulla quando V = P (fi + 1 4ci ) = N 2c = N 2f da cui N = V 2c = V /2f inversamente proporzionale ai costi ssi medi. Cioè alti costi ssi e bassi costi unitari poche varietà. E' questo il caso, per esempio, delle auto e dell'elettronica di consumo. 4.5. Il mercato del lavoro Le imprese domandano lavoro in ragione inversa del salario e diretta delle quantità prodotte, le persone orono lavoro in ragione diretta del salario, quindi sembrerebbe che si può trattare come un qualsiasi mercato. Ciò non è però possibile perchè il potere del lavoratore è scarso rispetto a quello dell'impresa ed in tutti i paesi esiste una regolamentazione del lavoro tanto più articolata quanto più sono forti i sindacati. Ai soli ni teorici, se il salario fosse libero di oscillare e tutta l'economia nel breve periodo fosse una funzione lineare, cioà tutta la produzione fosse rappresentata da Y=A^L^ la domanda di lavoro totale si otterrebbe uguagliando produttività marginale al salario ovvero w=A e la domanda di lavoro diventa perfattamente elastica. tutti quelli che vogliono lavorare a questo salario lavorano ed il loro reddito sarà Lw=LA=Y in grado di acquistare tutta la produzione per qualsiasi valore di L anche se L=N, numero di lavoratori disponibile, ovvero no 4.5. IL MERCATO DEL LAVORO 30 al pieno impiego. Se misuriamo L in percentuale di N allora A viene ad assumere il signicato di reddito si pieno impiego ed Y una sua percentuale. Grazie alla tecnologia A, la produttività, tende ad aumentare per cui anche i salari tenderanno ad aumentare con grande pace di tutti. In un contesto simile la disoccupazione esiste solo per colpa dei sindacati, se pretendono un salario più alto della produttività, o per scelta dei lavoratori che preferiscono non lavorare. l'oerta di lavoro, infatti è Lη = w/C L = (A/C)(1/η) ed al salario A, il numero di lavoratori (l'occupazione) sarà cioè l'occupazione reale sarà determinata dalle scelte di consumo, se C=A allora L=1 altrimenti ci sarà sempre disoccupazione volontaria. L'assunzione implicita in questo modello è che ogni impresa vende sempre la produzione no ad esaurire la sua capacità, aermazione detta Legge di Say. In verità le imprese prima stimano le vendite e poi producono perchè nel mondo reale il mercato predominante è quello della concorrenza monopolistica, con imprese che ssano il prezzo col criterio del markup e a quel prezzo stimano la domanda. purtroppo c'è spesso disaccoppiamento tra varietà di beni e bisogni, spesso un bene o una varietà non viene accettata dal mercato e le imprese falliscono, altri beni o varietà diventano obsoleti etc, quindi come ogni impresa prima stima la sua domanda e poi produce usando il prezzo per gli aggiustamenti così anche un settore o una economia nel suo complesso produce la propria domanda e poi impiega i lavoratori necessari, ovvero la funzione di produzione serve al contrario.l = (qd /a)(1/β) indipendentemente dal salario che è dato dalla contrattazione sindacale ed è sso e serve a determinare il costo unitario e, quindi le decisioni di produzione. Usare un modello con imprese che ssano il prezzo comporta una occupazione sempre inferiore infatti se tutto il mercato è interpretato come monopolista l'ottimo per le imprese nella loro globalità è dato da max Π = P (Y )Y − W L(Y ) dove P (Y ) è la domanda aggregata inversa quindi la condizione necessaria per l'ottimo è 0 0 dΠ = P Y + P − WL = 0 dY 0 WL = P( P 0Y 1 + 1) = P (1 − ) P η dL P 1 = (1 − ) dY W η dY 1 W = 1 dL (1 − η ) P questa relazione è rappresentata gracamente da una curva decrescente chiamata PRW (price determinated real wage) ovvero salario reale determinato dal prezzo; essa ci dice che per ogni livello di occupazione, il salario reale risulta sempre inferiore alla produttività marginale del lavoro ovvero domanda di concorrenza perfetta LD CP . dY dN che rappresenta la I lavoratori, per ottenere più forza in sede di contrattazione per la ssazione dei salari monetari devono organizzarsi in sindacati, e grazie a questa organizzazione possono contrattare, date le aspettative sui 4.5. IL MERCATO DEL LAVORO 31 prezzi, un salario monetario superiore a quello che avrebbero ottenuto contrattando singolarmente; possono dunque ottenere un salario monetario maggiore di quello che otterrebbero in ipotesi di concorrenza perfetta. La curva BRW (bargained real wage) rappresenta il salario reale contrattato, ossia il salario reale contrattato ed ottenuto dai sindacati per ogni livello di occupazione; giace sempre sopra la curva LSCP di oerta di lavoro concorrenziale. Mettendo sullo stesso graco al contempo sia la curva PRW che la curva BRW otteniamo il punto CCE (competing claims equilibrium) denito equilibrio degli obiettivi contrapposti di imprese e sindacati circa la distribuzione del reddito . Nel punto CCE corrisponde l'occupazione L∗ ; al livello di occupazione L∗ il salario reale che i sindacati cercano di raggiungere tramite contrattazione coincide col salario reale che emerge dalla politica di prezzo che le imprese attuano sui mercati di vendita al ne di massimizzare il protto; il tasso di disoccupazione al livel- L∗ lo di occupazione d'equlibrio è il NAIRU (non accelariting ination rate of unemployment ) ossia tasso di disoccupazione di non accelerazione inazionistica. Per un livello di occupazione maggiore di L∗ , la BRW sta sopra la PRW e si alza inevitabilmente l'inazione perchè i sindacati chiederanno sempre maggiori salari e le imprese risponderanno adeguanto in aumento i prezzi. Di contro per un livello di occupazione inferiore a L∗ è la PRW a stare sopra la BRW cosicchè i sindacati tuteleranno l'occuazpione dei lavoratorti, accettando al momento di rinnovo dei contratti una riduzione di salario reale; per questo anche le imprese chiederanno un minor aumento dei prezzi a parità di riduzione salariale e ciò comporterà ad un fenomeno di disinazione. d'inazione resta costante. Solo ad un livello d'occupazione pari a L∗ il tasso In corrispondenza del NAIRU si ha disoccupazione involontaria perchè il punto CCE giace sopra la curva d'oerta di lavoro, ossia l'oerta di lavoro è maggiore dell'eettiva occupazione. Da notare che per eetto della variazione delle due curve il salario di equilibrio viene ad essere all'incirca uguale a quello della concorrenza perfetta. 4.6. IL MERCATO DEI CAPITALI 32 4.6. Il mercato dei capitali Il mercato dei capitali riguarda lo scambio di mezzi monetari = è il punto di incontro fra la domanda (soggetti in disavanzo) e l'oerta (soggetti in avanzo) di risorse nanziarie. Secondo i classici il tasso di interesse è determinato dall'equilibrio sul mercato dei fondi mutuabili , cioè dei fodi messi a disposizione delle famiglie per gli investimenti produttivi. B(r) = I(r) Se B(r) = W r e I(r) = I0 /(1 + r) ' Io (1 − r) r= I0 W + I0 Se famiglie e imprese agissero direttamente il tasso di interesse avrebbe un signicato molto concreto: rapporto tra l'investimento potenziale (massimo pianicato) dalle imprese e la ricchezza potenziale. Raramente,però, per evidenti dicoltà pratiche, il contatto fra i soggetti in avanzo e i soggetti in disavanzo avviene direttamente (circuito diretto), in genere questo contatto viene favorito dagli intermediari nanziari, soggetti che collegano le unità in avanzo con le unità in disavanzo senza che esse entrino in contatto fra di loro. I principale intermediari sono le BANCHE la cui funzione consiste proprio nel raccogliere presso il pubblico somme di denaro risparmiate e nel concedere credito (=nanziamenti) a chi necessita di fondi. Esse inoltre sono intermediari per la compravendita di titoli attraverso la BORSA VALORI. Gli altri intermediari non bancari sono le SIM (Società di Intermediazione Mobiliare) la cui funzione consiste nella negoziazione di valori mobiliari (= azioni, obbligazioni, titoli di Stato, . . . ) , Le compagnie di assicurazione che spesso investono in valori mobiliari parte dei premi e dei contribuiti riscossi dai loro clienti assicurati, Le Società di Gestione del Risparmio (SGR) che raccolgono capitali presso i risparmiatori e li investono in titoli di vario genere, Le Merchant Banks o Banche di Aari che si occupano in particolare di operazioni di nanziamento di importo molto rilevante destinati alle imprese, Le società di Leasing che forniscono particolari nanziamenti alle imprese o ai privati per l'ottenimento di beni strumentali, Le società di Factoring che concedono nanziamenti alle imprese scontando i loro crediti commerciali (=fatture), Le Poste Italiane SpA che operano anche nella raccolta del risparmio presso le famiglie distribuendo vari prodotti nanziari. La moneta delle famiglia, in pratica, viene detenuta in Banca che ne conservano sono una piccola parte (riserva) prestandone il resto che, in parte ritorna a deposito ripetendo il giro e dando origine al Moltiplicatore dei depositi. Se una banca raccoglie moneta per un valore D (depositi) li può prestare conservandone solo una percentuale d (depositi obbligatori) darà in prestito D(1-d), al secondo passaggio darà ancora in prestino (1-d)D(1-d) ed all'n.esimo valore dei depositi sarà P D (1 − d)i = D/d D(1 − d)n . Il 4.6. IL MERCATO DEI CAPITALI 33 Figura 4.6.1. Razionamento del credito . 1/d è detto moltiplicatore dei depositi. I depositi, moltiplicati, alimentano l'oerta di credito delle banche C=D/d. e l'oerta di fondi bancari diventa W (1 − r)r/d. Anche la moneta, dunque, incide sull' equilibrio del mercato e, quindi, sul tasso di interesse anzi, in una economia nanziarizzata, dove la misura dei valori è data dalla moneta la ricchezza ha un valore relativo, non assoluto perchè la moneta non è un bene concreto ma un bene virtuale gestito dalle banche centrali e come ogni bene ha una sua domada ed una sua oerta. La domanda di moneta è data dalla somma dei bisogni di transazione T=Y/V dove Y è il reddito prodotto e V la velocità di circolazione, e dai bisogni delle Md = T + Ms quindi famiglie, ovvero ssa e pari ad W 1+r , La sua oerta, determinata dalla Banca centrale è 1 + r = W/(Ms − T ) Viene a determinare il tasso di interesse che sembra determinabile in due mercati diversi. La contraddizione esiste solo se si considera un unico tasso, in verità bisogna parlare di struttura dei tassi, il tasso primario o tasso di sconto è formato sul mercato della moneta ed è il tasso sicuro, poi esistono tassi interbancari, tassi sui mutui e tassi alle imprese che si formano nei vari mercati. Il tasso base vie- ne ssato direttamente dalle Banche Centrali che a tale tasso forniscono tutta la moneta richiesta, ovvero è r che determina Ms e non viceversa. Esiste quindi una struttura di tassi di interesse che a partire dal tasso base determina il tasso nei vari settori, tasso che è sempre legato al rischio. Più l'investimento è rischioso più si deve pagare. La Banca d'Italia pubblica regolarmente l'andamento dei tassi. Il rischio e la sua valutazione sono i cardini del mercato del credito e possono dare luogo al fenomeno del razionamento del credito oltre un certo tasso solo le imprese più rischiose chiedono credito e le banche possono non fornire credito optando per imprese più sicure e tassi più bassi. CAPITOLO 5 I beni pubblici I beni pubblici sono dotati di caratteristiche di consumo tali da rendere disponibili a tutti la quantità presente (caratteristica della non rivalità nel consumo) senza possibilità di escludere qualcuno dal consumo (caratteristica della non escludibilità dal consumo). In queste condizioni non è possibile l'esistenza di un mercato per il bene pubblico in quanto chiunque lo fornisca non è in grado di escludere gli altri agenti economici dal godimento e quindi di farsi pagare un prezzo per il consumo. A tale scopo sono presentati alcuni modelli che descrivono come si modicano le scelte economiche individuali e sociali in presenza di beni pubblici. Il lo conduttore di questi modelli è l'accento posto sulla volontà degli individui a collaborare al ne di trovare comportamenti compatibili in presenza degli eetti esterni causati dai beni pubblici. I contesti istituzionali diversi in cui gli individui sono posti nei vari modelli determinano soluzioni diverse. Se immaginiamo che gli individui di una collettivit dichiarino volontariamente e onestamente le loro preferenze sia riguardo i beni privati che i beni pubblici, otteniamo una versione modicata di equilibrio economico generale in cui gli individui si tassano per acquistare congiuntamente la quantità ottimale di bene pubblico (modello di Lindhal). In questo modo ciascuno viene tassato proporzionalmente al benecio che dichiara di ricevere dal bene pubblico. La soluzione che si ottiene con questo modello è detta cooperativa e porta ad un ottimo paretiano. Tale contesto è stato ritenuto non aderente alla realtà proprio per la possibilità di sfruttare la quantità di bene pubblico acquistata dagli altri, che induce ciascun individuo a non dichiarare onestamente il benecio ricevuto dal bene pubblico (comportamento da free rider). Se ipotizziamo, allora, che ciascuno tenti di sfruttare al massimo la disponibilità a pagare degli altri e, corrispondentemente, voglia evitare di pagare da solo per tutti, ci troviamo nella situazione in cui il bene pubblico non sarà fornito in quanto nessuno dichiara di riceverne un benecio (dilemma del prigioniero). In realtà, però, i beni pubblici esistono, per cui il risultato del completo free riding appare troppo drastico. Il superamento di questo risultato teorico implica che, nonostante le caratteristiche dei beni pubblici, gli individui siano disposti a pagare qualcosa per la loro fornitura. Un modo per ottenere forniture non nulle di bene pubblico è ipotizzare che gli individui contribuiscano all'acquisto del bene pubblico pensando che gli altri non reagiscano alla loro azione. In altre parole ciascuno 34 5. I BENI PUBBLICI 35 prende per dato il comportamento degli altri e agisce di conseguenza (modello di Cournot- Nash). Tale comportamento non cooperativo degli agenti economici porta a soluzioni in cui la quantità di bene pubblico è non nulla, ma inferiore a quella ottenuta con la soluzione cooperativa. Tali soluzioni sono caratterizzate, quindi, da un certo grado di inecienza allocativa. La scelta sociale ottimale è descritta, invece, dal modello di Samuelson che ipotizza l'esistenza di uno stato pianicatore in grado di massimizzare il benessere sociale in presenza di beni pubblici. Come nel caso di scelte pubbliche ottime in una economia di scambio, è necessario che lo stato conosca perfettamente le preferenze dei cittadini. La soluzione che si ottiene è un ottimo paretiano che implica la determinazione simultanea delle quantità ottimali di beni privati e di beni pubblici e l'ottima redistribuzione delle dotazioni iniziali dei beni. Assumiamo che ogni individuo abbia una sua funzione di utilità in cui xh Uh (xh , G) , è la quantità di bene privato x consumata dall'individuo h, mentre G la quantità totale di bene pubblico esistente. G entra per intero nella funzione di utilità di ogni singolo individuo a causa delle caratteristiche di non rivalità e di non escludibilità del bene, per cui Gh = G. Il vincolo di bilancio dell'individuo h, posto 1 il prezzo del bene privato e p quello pubblico, ovvero la quota di G pagata dall'individuo h, cioè il prezzo relativo, è dato da: Mh = xh + ph G Il problema dell'individuo h si risolve nel massimizzare il livello di utilità dato il vincolo di bilancio: max L = Uh (xh , G) + λ(Mh − xh − ph G) Le condizioni di ottimo sono, come al solito: ∂Uh ∂xh h − λ = 0 ∂U ∂G = λph da cui si ottiene la condizione di ottimo: ∂Uh /∂G ∂Uh /∂xh = ph = −SM Sx,G La condizione di ottimo individuale è la stessa che interviene tra beni privati: uguaglianza del saggio marginale di sostituzione tra G e x e il prezzo relativo del bene pubblico rispetto al bene privato che viene a rappresentare la volontà marginale a pagare per ogni unità di bene. La dierenza c'è quando si considerano n individui che godono del bene, se ogni individuo fosse disposto a pagare in base alla proria utilità marginale P ph G = G = − ovvero si avrebbe P ph sarebbe h SM S hx,G la percentuale di bene a carico del singolo e questo sarebbe un prezzo giusto per il bene pubblico. Sembra un risultato banale ma se consideriamo che entrambi i beni servono una funzione di utilità realistica è la Cobb-Douglas U = xα Gβ il saggio marginale di sostituzione è ph = −SM Sx,G = β x αG 5. I BENI PUBBLICI 36 Prezzo proporzionale al consumo privato rapportato al bene pubblico. Risultato simile per la funzione più utilizzata in caso si possa fare a meno di uno dei due beni, pubblico o privato: U= x1−α 1−α + G1−β 1−β −SM Sc, y = xα G−β = = ph . x−α Gβ Se tutti gli individui dichiarassero la propria utilità (perfetta cooperazione) ogni bene sarebbe fornito nella giusta quantità, ma, visto che c'è da pagare qualcuno non dichiarerà la propria utilità (free rider) ed anche il dubbio che altri possono non cooperare indebolisce la volontà per cui scatta la tesi di Hobbes: lo stato imporrà il prezzo del bene sotto forma di tasse. Lo stato incassa tasse, coattivamente e fornisce beni pubblici (e meritori) sotto forma di spesa pubblica. Se G è tutta la spesa pubblica e supponiamo che lo stato non si indebiti e non ci guadagni dalle tasse, allora l'equazione del bilancio in pareggio è G = T = tY e p diventa la quota di tasse a carico del singolo. Questo semplice modello ci da la formula ottima per la tassa: il rapporto tra consumo privato e spesa pubblica, cioè una tassa sui consumi privati è il modo giusto per nanziare i beni pubblici e, visto che una tassa uniforme sui consumi equivale ad una tassa sul reddito, anche la tassazione sul reddito è un modo che funziona, anzi si tassa pure ciò che non si spende ma si risparmia. In pratica in tutti gli stati si usano entrambe le tassazioni. CAPITOLO 6 Lo Stato Il ruolo dello stato in economia. Tassazione ottima, Dimensione ottima dello stato, Economia del Benessere. Macroeconomia. I beni pubblici costituiscono la giusticazione economica delle tasse e, quindi, dello stato. Ma quali sono i beni pubblici che lo stato deve fornire? esiste un ottimo per la tassazione e per la dimensione dello stato? Secondo i classici lo stato deve fornire la difesa, l'ordine pubblico, la giustizia e le infrastrutture. Stato minimo, quindi. Nella realtà odierna lo stato è diventato molto pervasivo e la contabilità pubblica altrettanto, tanto che per confrontare i vari stati in europa si è adottato la codica COFOG (common function of government) costituita da livelli e sottolivelli. Al primo livello ci sono le Missioni, al secondo i Programmi. Dal Bilancio in breve 2014 Italia una sintesi delle missioni: Musgrave (1959) a raggruppare Allocazione, Redistribuzione, Stabilizzazione. La complessità delle funzioni ha portato funzioni in tre gruppi: le Allocazione signica intervento sul mercato. lo stato interviene, necessariamente, per produrre beni pubblici e per questo tassa, inducendo distorsioni nel sistema dei prezzi, distorsioni che comportano dierenti allocazioni delle risorse che vanno, pertanto ottimizzate. Redistribuzione signica introdurre nell'organizzazione sociale l'equità. Il sistema dei prezzi distribuisce il reddito secondo la produttività, per cui un attore o un calciatore, che in poco tempo producono tantissimo, guadagnano cifre enormi rispetto ad altri lavoratori. Situazione aggravata dal fatto che il capitale accumulato continua a produrre reddito, secondo la produttività del capitale, aumentando ancora di più le disuguaglianza. La disuguaglianza può essere corretta con la tassazione ed i conseguenti trasferimenti che, nel complesso, costituiscono lo stato sociale. Stabilizzazione signica eettuare una serie di interventi per prevenire o curare crisi economiche, tenere cioè stabili produzione occupazione e prezzi. 6.1. Allocazione:Tassazione ottima. La tassazione sui consumi fa si che il prezzo pagato dal consumatore e quello incassato dal produttore dieriscono, col peso della tassa distribuito in base alle elasticità di domanda e oerta. La curva di domanda rappresenta la disponibilità a pagare degli individui, quindi alcuni pagano un preszzo inferiore a quello che per loro sarebbe giusto, avendo così un surplus, analogamente la curva di oerta rappresenta la disponibilità 37 6.1. ALLOCAZIONE:TASSAZIONE OTTIMA. 38 Figura 6.0.1. funzioni dello stato a produrre delle imprese, quindi quelle disposte a produrre ad un prezzo inferiore hanno un surplus del produttore. La somma dei surplus rappresenta una misura di ecienza del mercato. La tassa riduce il surplus del mercato che solo in parte va allo stato, una piccola parte si perde, riducendo l'ecienza. La perdita (Loss) si può quantizzare in nei triangoli B e D della gura, ovvero circa L= 1 2 ∆P 2 P L = − 21 ∆P ∆Q = − 12 ∆P ∆Q ∆P P2 PP Q ∆P Q P − ∆Q Q ∆P P Q ovvero L= 1 2 2 τ ηV dove V è il valore del mercato e, considerato che le entrare dello stato generate dalla tassa sono τV perdite sotto il vincolo di bilancio il problema dello stato e la minimizzazione delle G= P τi Vi ovvero minimizzare la lagrangiana 6.1. ALLOCAZIONE:TASSAZIONE OTTIMA. 39 Figura 6.1.1. perdita secca L= P1 2 2 τi ηi Vi − λ (G − P τi Vi ) quindi, al primo ordine τi ηi Vi = λVi τi = da cui λ = τi ηi = 2L/E ovvero λ ηi Regola di Ramsey. la tassa sul consumo deve essere inversamente proporzionale alla elasticità del mercato. Il problema pratico è che le elasticità più basse sono tipiche dei beni essenziali che rischiano di essere tassati più dei beni di lusso per cui la tassazione sui consumi non è eticamente accettabile e si deve integrare con la tassazione sul reddito. L'ottimo sulla tassazione sul reddito è un aspetto puramente teorico studiato per primo da Mirrlees (1971) il quale sostenne che le persone che guadagnano di più sono quelle con maggiori abilità e tassarle troppo signica demotivarle a danno di tutta la società, ma questo è solo un aspetto che non tiene conto dei redditi da capitale che hanno i veri ricchi, tema recentemente portato alla ribalta da Piketty che, con una analisi statistica ampia ha dimostrato le sue due leggi fondamentali del capitalismo: deniamo β = K/Y rapporto capitale-prodotto dove K è lo stock del capitale tutto compreso (a meno del solo capitale umano) ed Y il usso della produzione annua al netto degli ammortamenti per il capitale impiegato che non 6.1. ALLOCAZIONE:TASSAZIONE OTTIMA. 40 si possono distribuire alle parti sociali per non intaccare la riproducibilità del sistema, almeno nelle condizioni esistenti. Dopo di che, nel caso di una funzione lineare di produzione a capitale e lavoro, risulta Y = rK + W dove r è il tasso di rendimento capitalistico tutto compreso (rendite, dividendi, interessi, royalties, protti, capital gains, ecc.)e W è l'ammontare delle remunerazioni che spettano ai lavoratori. La quota percentuale di reddito che va al capitale è: α = rK/Y = rβ È questa la prima legge fondamentale del capitalismo che mostra come la percentuale di reddito percepita dal capitale sia in funzione diretta del rapporto capitale/reddito così che, se questo aumenta senza un'adeguata diminuzione di r, aumenterà la diseguaglianza di reddito tra le classi. E Piketty documenta come per il mondo nel suo complesso (l'esagerazione è tutta sua) il rapporto capitale/reddito, diminuito da un valore compreso tra 4 e 5 del periodo 1870-1910 ad un valore di 2,5/3,5 tra 1920 e 1980, sia poi risalito a 4,5 nel 2010 con la possibilità, secondo le sue proiezioni, di arrivare a 6,5 per la ne del XXI secolo. Ma perché tanto peggioramento del rapporto capitale/reddito? La ragione sta nella seconda legge fondamentale del capitalismo: β = s/g dove s = percentuale di reddito risparmiata (al netto dell'ammortamento del capitale impiegato) e g = ∆Y Y è saggio di crescita del reddito. ∆K = I = sY = β∆Y risparmio viene investito avremo ovvero Infatti se tutto il s = βg . Ora si raccolga il tutto nella formula sintetica: α = r.s/g dove ben si vede come la percentuale di reddito che va al capitale aumenta se cresce il tasso di rendimento e/o la propensione al risparmio, mentre diminuisce se aumenta il saggio di crescita del reddito. È questa la formula che giustica la conclusione teorica da cui si erano prese le mosse, essendo evidente che, a meno di una diminuzione di s, α cresce se r > g. La soluzione? Tasse sui capitali e sull'eredità. 6.1.1. Lo stato ottimale. A questo punto il problema diventa: esiste un ottimo per la dimensione totale delle tasse (e, quindi, della spesa pubblica)? Una risposta semplice l'ha data Laer nella sua famosa curva. Le entrate dello stato sono R(τ ) = τ Y (1 − τ ) cioè l'aliquota generale per il reddito che è funzione della disponibilità. Quindi R(0) = 0e R(1) = 0 aliquota conscatrice. Signica che ci deve essere un massimo (g3) che possiamo trovare eguagliando la derivata a zero 0 dY =Y R (τ ) = Y − t d(1−t) da cui t= 1 1+ε 1−t Y dY 1−t − t d(1−t) Y = 1 − t − tε = 0 6.2. REDISTRIBUZIONE: ECONOMIA DEL BENESSERE. 41 Figura 6.1.2. Curva di Laer dove è l'elasticità del reddito alle tasse. Un altro approccio lo ha adottato Scully il quale Considera la spesa pubblica come risorsa, quindi una funzione di produzione Y = aGb [(1 − t)Yt−1 ]c che va massimizzata sotto il vincolo di bilancio G = tY ovvero massimizzare Y = a(tY )b [(1 − t)Yt−1 ]c deivando rispetto a t ed ponendo uguale a zero si ottine t= b b+c Le analisi statistiche portano ad una stima di t tra il 17% ed il 40% Un ottimo politico si ottiene considerando le preferenze dei cittadini-contribuenti. Se questi hanno una utilità u(y, g) = (1 − t)y + tg dove t è la pressione scale, y il reggito e g la spesa procapite e lo stato è in pareggio avremo un massimo delle utilità in 0 u = y y + 2g y =0 tN y = G ovvero ovvero g = y/2 t = g/y se si scegli il reddito mediano si scontentano la metà degli elettori ed altrettanti si accontenano per cui c'è neutralità politica si avrà la spesa ottima G = ym N/2 . in Italia il red- dito mediano è circa 15000 EUR e la popolazione circa 60.000.000 quindi la spesa pubblica ottima sarebbe di circa 450 MLD che è circa la spesa pubblica dello stato centrale. l'Italia è dimensionata su un ottimo politico più che economico. 6.2. Redistribuzione: economia del benessere. Il mercato, ecace ed eciente nella produzione, crea molte disparità. necessità di redistribuire nasce da una esigenza sociale più che economica. La Ma 6.2. REDISTRIBUZIONE: ECONOMIA DEL BENESSERE. 42 l'esigenza sociale non può comprendere il togliere ad uno per dare ad altri perchè nascerebbero problemi altrettanto seri: chi decide quanto togliere ed a chi, per cui l'unico criterio è quello dell'ottimo paretiano ovvero delle uguaglianze degli SMS. Dati due individui a e b, con le rispettive preferenze x, y A , ed B l' uguaglianza degli SMS denisce una frontiera delle possibilità su due beni F (A, B) che è convessa, cioè l'utilità di uno può aumentare solo diminuendo quella dell'altro, la scelta redistributiva implica scegliere un punto su questa frontiera cosa fattibile solo adottando un criterio etico, criterio che denisce una funzione del benessere sociale da massimizzare. In pratica, l'uguaglianza degli SMS signica: ∂y ∂B ∂y − ∂A ∂x ∂A = − ∂x ∂B = k ∂A ∂y ∂B ∂y = ∂x ∂A ∂x ∂B = −k ovvero ∂A ∂B = −k da cui A = −kB + c Se si introducono le dotazioni iniziali la relazione tra A e B può essse più complessa, ma le sue proprietà generali rimangono invariate: Funzione decrescente e e derivata seconda maggiore di zero, cioè un graco del tipo: Figura 6.2.1. frontiera utilità Per scegliere il punto ottimale usiamo un criterio etico per W(A,B). L'etica utilitaristica ammette che solo la somma delle utilità può essere massimizzata, senza alcuna distorsione perchè non è confrontabile il danno che si reca ad uno col benecio all'altro. 6.2. REDISTRIBUZIONE: ECONOMIA DEL BENESSERE. 43 L'etica egualitaria ritiene che dovrebbe essere uguale il livello di soddisfazione per essere veramente equa la distribuzione di beni, nonostante le dicoltà di misura. L'utilità oggi è concepita come preferenza ed è solo ordinale, quindi queste sembrano poco fondate anche se hanno risvolti pratici. l'etica di Rawls, giustizia come equità, è un potente tentativo di contrapporre una nuova teoria della giustizia all'utilitarismo, incentrando tutto sul principio di dierenza: le dierenze sono ammesse se avvantaggiono i più svantaggiati della società, dove il vantaggio è misurato in termini di beni primari. Le funzioni derivanti da questi approcci sono: Utilitaristico: W=A+B Egualitario : W=A=B Rawlsiano : W=min[A,B] Intermedio : qualsiasi funzione con le proprietà della funzione di utilità per es W = Aa B b a,b<1 il problema della scelta consisterà nel massimizzare la funzione del welfare sotto il vincolo della frontiera delle utilità e, se si considera la produzione, sotto il vincolo della frontiera produttiva. Un esempio concreto con beni privati e pubblici è costituito dal modello di Samuelson. Il modello di Samuelson: economia di scambio Ipotizziamo una collettività composta dai due individui A e B dotati di funzioni di utilità U h(xh, G) e di redditi Mh . Ipotizziamo, inoltre, la possibilità di redistribuire senza costi le risorse iniziali mediante tasse e sussidi. Il bene pubblico viene nanziato mediante imposte personali Th , per cui il vincolo di bilancio dell'individuo h prende la forma: Mh = xh + Th in cui il prezzo del bene privato è pari all'unità. Lo stato si incarica di massimizzare il benessere sociale rappresentato dalla funzione del benessere sociale: W (UA , UB ) sotto il vincolo delle risorse disponibili: MA + MB = xA + xB + TA + TB e del bilancio pubblico in pareggio: G = TA + TB Riassumendo, il compito dello stato si riassume nella massimizzazione della lagrangiana: L = W (UA , UB ) + λ(MA + MB − xA − xB − G) Le condizioni del primo ordine per un massimo sono: WA UAx − λ = 0 WB UBx − λ = 0 WA UAG + WB UBG − λ = 0 in cui Wh = ∂W/∂Uh , Uhx = ∂Uh /∂xh e UhG = ∂Uh /∂G . 6.2. REDISTRIBUZIONE: ECONOMIA DEL BENESSERE. 44 Dal rapporto tra la prima e la seconda condizione otteniamo la condizione di equità interpersonale: WA UAx = WB UBx Dividendo, poi, la terza condizione di ottimo per la prima e tenendo presente la condizione di equità interpersonale si ottiene: WA UAG WA UAx + WB UBG WB UBx = λ λ da cui, semplicando e, ricordando che dx = −UhG /Uhx SM Sx,G = − dG : SM SxA ,G + SM SxB ,G = −1 La condizione ottenuta viene detta condizione di Samuelson per l'ottima fornitura di beni pubblici e indica che la somma dei saggi marginali di sostituzione tra bene pubblico e privato deve essere pari ad uno, cioè al prezzo relativo dei due beni che per ipotesi abbiamo posto pari all'unità. Alternativamente, la condizione signica che ogni euro di costo di bene pubblico deve essere ripartito tra gli individui a seconda della loro volontà marginale a pagare. La soluzione del modello di Samuelson è un punto ottimo secondo Pareto, perchè massimizza le utilità di entrambi gli individui. La presenza, inoltre, della condizione di equità interpersonale indica che una parte delle imposte viene utilizzata per redistribuire le risorse iniziali, come avviene nel modello di sola redistribuzione dei redditi. Es Uh = xαh Gβh SM Sxh ,G = − αβhh xGh Condizione di samuelson il rapporto βh /αh P βh αh xh =G rappresenta la percentuale di tassa sui consumi di ogni singo- lo. In pratica si applica una percentuale unica e la dierenza nei consumi determina la dierenza nella contribuzione. Il modello di Samuelson: economia di produzione e scambio Il modello di Samuelson può essere esteso ad una economia con produzione e scambio. Consideriamo ancora una collettività composta dai due individui A e B dotati di funzioni di utilità Uh (xh1 , xh2 , Y ) denita sulle quantità di due beni privati, x1h e x2h , e di un bene pubblico Y. I beni privati e il bene pubblico possono essere prodotti secondo una tecnologia rappresentata dalla frontiera di trasformazione: T (x1 , x2 , Y ) = 0 in cui sono date le dotazioni iniziali di lavoro, e: B x1 = xA 1 + x1 B x2 = xA 2 + x2 Lo stato si trova quindi a massimizzare la funzione del benessere sociale sotto il vincolo della producibilità dei beni: max L = W (UA , UB ) + λT (x1 , x2 , Y ) Le condizioni del primo ordine per un massimo sono: WA UA1 − λT1 = 0 W (U A , U B ) 6.2. REDISTRIBUZIONE: ECONOMIA DEL BENESSERE. 45 WA UA2 − λT2 = 0 WB UB1 − λT1 = 0 WB UB2 − λT2 = 0 WA UAY + WB UBY − λTY = 0 in cui Ti = ∂T /∂xi e TY = ∂T /∂Y . Come nel caso di scelte sociali ottime in una economia con produzione e scambio in assenza di beni pubblici, dalle prime quattro condizioni otteniamo l'eguaglianza tra i saggi marginali di sostituzione e di trasformazione: A B SM S1,2 = SM S1,2 = SM T1,2 e la condizione di equità interpersonale espressa in termini dei due beni privati: WA UA1 = WB UB1 WA UA2 = WB UB2 Dividendo, poi, la quinta condizione di ottimo per la prima e tenendo presente lacondizione di equità interpersonale otteniamo: WA UAY WA UA1 + WB UBY WB UB1 = λ TTY1 da cui, semplicando e ricordando che SM T1,Y = TY /T1 : A B SM S1,Y + SM S1,Y = SM T1,Y Dividendo, invece, la quinta condizione per la seconda si ottiene la stessa condizione espressa in termini del secondo bene privato: A B SM S2,Y + SM S2,Y = SM T2,Y Ciascuna di queste ultime due espressioni rappresenta la condizione di Samuelson in presenza di produzione e scambio. Dall'analisi precedente sappiamo che l'eguaglianza dei saggi marginali di sostituzione ai saggi marginali di trasformazione è la condizione che rende ottima secondo Pareto la soluzione trovata. La condizione di equità interpersonale ci informa che è in atto una redistribuzione delle risorse iniziali tra gli individui. L'ultima condizione di ottimalità di Samuelson indica che la somma dei saggi marginali di sostituzione tra un bene privato e il bene pubblico deve essere pari al saggio marginale di trasformazione ed in presenza di produzione dei beni. Tutte queste indicazioni in pratica sono di dicile uso perchè non si conoscono le utilità dei singoli e anche se si conoscessero non sarebbero confrontabili perciò la teoria del welfare è stata spostata sui redditi ad opera del prof Pigou, famoso per la sua teoria del welfare e per essere stato esplicitamente attaccato da Keynes. Le condizione di equità interpersonale signicano redistribuire reddito ed è questa la vera giusticazione delle tasse sul reddito. 6.3. STABILIZZAZIONE: IL RUOLO MACROECONOMICO. 46 6.3. Stabilizzazione: il ruolo macroeconomico. Stabilizzare l'economia è stato in voga negli anni in cui Musgrave scriveva, cioè in piena teoria keynesiana. Partendo dal fatto che si produce solo quello che è richiesto e che spesso le imprese non saturano la loro capacità produttiva, specialmente in un mondo di prodotti dierenziati, Keynes introdusse il principio della domanda eettiva: il reddito prodotto eguaglia la domanda di consumi ed investimenti e, dato che gli investimenti dipendono dalle aspettative future, sono soggetti a variazioni anche ampie, causando periodi di crisi e di boom. lo stato può stabilizzare l'economia sia aumentando la spesa pubblica nei periodi di crisi e riducendola nei periodi di boom, sia aumentando l'oerta di moneta (ovvero riducendo il tasso di interesse) nei periodi di crisi e viceversa. Questa visione è stata però criticata e quasi annientata teoricamente da due considerazioni profonde: le aspettative razionali e l'incoerenza temporale. Le aspettative razionali degli operatori li fanno adeguare ad ogni mossa dello stato prevista, riducendone o annullandone l'eetto. l'incoerenza temporale consiste nel fatto che le misure previste in un periodo hanno eetto solo in periodi successivi quando le condizioni sono cambiate e gli eetti possono essere del tutto diversi dal previsto. La base di questi ragionamenti è la descrizione dell'economia con la metafora dell'unica azienda, secondo la quale il prodotto è la somma dei prodotti di tutte le imprese e dei servizi, compresi quelli della pubblica amministarzione. Per poterli sommare, in pratica si sommano i valori monetari, escludendo i beni intermedi (cioè il pane ma non la farina ed il lievito) quindi Yt = X pi qi Questa quantità risente dei prezzi ed è detto reddito monetario. Per separate l'aumento dei prezzi da quello delle quantità si ricorre all'indice dei prezzi. I primi due indici complessi individuati si dierenziano per il sistema di pesi utilizzato: il primo (Laspeyres), utilizza come sistema di pesi le quantità dei beni (e/o dei servizi) scambiati all'anno base; il secondo (Paasche), propone, invece, di utilizzare come sistema di pesi le quantità scambiate all'anno più recente. Se consideriamo la variazione di un gruppo di beni e/o servizi tra l'anno 0 e l'anno 1, le due formule considerate saranno, pertanto: Numero indice dei prezzi di Laspeyres: Lq = P p q P i i0 it i pi0 qi0 × 100 Numero indice dei prezzi di Paasche: Pq = P p q P i it it i pit qi0 × 100 Come è possibile notare, in entrambi i casi le quantità scambiate sono le stesse sia a numeratore che a denominatore (sono entrambe al tempo zero, per quanto riguarda il numero indice di Laspeyres, ed entrambe al tempo uno per quanto riguarda il numero indice di Paasche); questo signica che ogni variazione riscontrata 6.3. STABILIZZAZIONE: IL RUOLO MACROECONOMICO. 47 sarà dovuta esclusivamente a variazioni nei prezzi dei beni e/o dei servizi considerati, e non delle quantità. La formula proposta da Fisher, invece (detta anche formula ideale, dal momento che gode di alcune particolari proprietà, sulle quali, tuttavia, non ci soermiamo) è data dalla media geometrica dei due valori precedenti: Fq = p L q × Pq I numeri indici calcolati con il criterio di Laspeyres, quando i prezzi aumentano (come nel nostro caso) tendono a fornire un risultato leggermente superiore a quelli calcolati con il metodo di Paasche. Per tale motivo si dice che i numeri indici di Laspeyres hanno una tendenziosità positiva. Denito l'indice dei prezzi il reddito reale sarà Y = YM /P L'indice dei prezzi viene ad essere il prezzo dell'unica merce aggregata. Il reddito reale ha un limite nella capacità massima di tutte le imprese, detta reddito potenziale che dipende dal totale delle risorse disponibili ovvero, come una singola impresa, un intero paese può essere rappresentato da una funzione di produzione Y = f (K, L) Dove K è il capitale totale di un paese ed L il numero dei lavoratori occupati. La disoccupazione è la forza lavoro restante (in Percentuale) ed è denita come u = (F L − L)/F L dove FL è la forza lavoro ed L il numero di occupati. In modo analogo si può parlare di domanda aggregata, come la somma di tutte le domande di tutti i beni valutati a prezzi correnti o a prezzi dell'anno base. La domanda aggregata è fatta da tre grandi aggregati: Il Consumo, gli investimenti e la spesa pubblica: D =C +I +G l'equlibrio si vericherà nel punto i incontro: PY = PC + PI + PG Formula che denisce il principio della domanda eettiva. Questa formula denisce un equilibrio tra quantità in quanto i prezzi sono sia al primo che al secondo membro, ma evidenzia come una domanda che si avvicini o ecceda il reddito potenziale si riette sui prezzi la cui variazione è detta inazione, denita come π= Pt −Pt−1 Pt−1 = Ṗ P = d dt lnP L'infazione ha importanti eetti redistributivi perchè riduce il potere di acquisto dei redditi ssi ed ha eetti importanti sul credito, infatti riduce il valore della moneta e dei debiti, quindi dei tassi di interesse. Infatti si parla di interesse reale r =i−π 6.3. STABILIZZAZIONE: IL RUOLO MACROECONOMICO. Oltre al reddito, è importante la sua variazione: la crescita g= 48 Yt −Yt−1 che è Yt−1 sempre riferita al reddito reale. Il reddito prodotto viene distribuito interamente ai fattori della produzione, quindi, ex-post, Y = Kr + Lw + T ovvero l'equilibrio è dato da, Kr + Lw + T = C + I + G Se ricordiamo che gli investimenti dipendono dal tasso di interesse che dipende, a sua volta, dalla base monetaria, abbiamo individuato le armi dell'intervento pubblico in economia: Spesa Pubblica, Tasse, Oerta di moneta. La possibilità concreta di controllare reddito (crescita) inazione e disoccupazione con queste armi dipende, innanzitutto dall'esistenza di una relazione tra esse e tra le variabili di controllo. Queste relazione e le relative variabili costituiscono il tema della macroeconomia, che è passata da una visione di completo controllo ad una di impossibilità di controllo per ritornare ad una moderata possibilità legata alle politiche monetarie. Il dibattito sul ruolo dello stato in economia è aperto e molto caldo, specie in periodo di crisi, ed è oggetto di una disciplina molto seguita in Italia: la politica economica. Nel resto del mondo essa è incorporata nella macroeconomia di cui una sintesi è disponibile nei nostri appunti di macroeconomia analitica.