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di Alberto Rosso
Ombra e senso plastico in Boullée
Etienne-Louis Boullée (1728-1799) è una figura di grande importanza nel panorama architettonico
neoclassico. La sua attività nonostante conti pochissime opere realizzate è stata determinante,
influenzando in modo incisivo le successive generazioni (N. Pevsner, J. Fleming e H. Honour). I suoi
progetti ritenuti dalla critica più interessanti risalgono all’ultimo ventennio della sua vita e sono
considerati Architetture visionarie. Middleton e Watkin osservano che l’Architettura visionaria è
caratterizzata dalla grandiosità di scala e dalla passione per la geometria formale. I progetti visionari
sono spesso caratterizzati da «composizioni gigantesche, di impossibile realizzazione....Queste
immagini piuttosto che viste di opere che sarebbero state poi realizzate erano delle raffigurazioni dell’
esigenza dei cittadini che si risollevarono (dopo la rivoluzione francese),...mezzo per riaffermare i loro
diritti e la loro esistenza» (Middleton e Watkin). In questo periodo vennero prodotti numerosissimi
progetti per edifici giganteschi, che non vennero mai concretamente realizzati. Middleton e Watkin
fanno risalire l’inizio dell’attività di Boullée al 1752 quando, con Jean-Baptiste Pierre e Falconet
(scultore), si occupa della decorazione a trompe l’oeil della cappella del Calvario di Saint-Roch a
Parigi. In seguito Boullée progetta diversi Hotel a Parigi e alcuni edifici residenziali fuori dalla capitale.
Di questa attività oggi rimane solo l’Hotel Alexandre (1763-66). Attraverso l’analisi dei disegni
dell’autore, è possibile osservare che già in questa fase l’opera di Boullée è caratterizzata da una
progettazione lineare con composizioni massive assai compatte. Boullée nel 1782 rinuncia sia
all’incarico di Controleur des Batiments a l’Hotel Royal des Invalides sia a quello presso l’Ecole
Militaire, per dare sfogo alle sue fantasie. Dal 1780 progetta una serie di importanti edifici:
l’ampliamento di Versailles, il teatro per Place du Carrousel, la grande chiesa di Madeleine di Contant
d’Ivry e la biblioteca per l’area del Couvent des Capucins. Questi progetti, sebbene fossero finalizzati
a costruzioni concrete, non sono assolutamente realistici. In queste proposte è difficile individuare
delle specifiche soluzioni funzionali dettate dall’uso a cui erano destinate senza considerare i vincoli
imposti dal sito.
L’architetto parigino si è sempre interessato agli effetti che l’architettura era in grado di esercitare
sull’osservatore. Secondo Boullée uno degli strumenti capaci di esaltare tali effetti in un edificio è
l’ombra. Nel suo trattato, Architecture. Essai sur l’art rimasto inedito fino al 1953, Boullée riporta
interessanti indicazioni sull’importanza dell’ombra ed afferma di essere lui stesso l’inventore
dell’architettura d’ombra.
Boullée e la tradizione architettonica classica
Per approfondire la figura di Boullée, si possono fare alcune considerazioni sul rapporto che
l’architetto parigino aveva con la tradizione architettonica classica. I progetti di Boullée modificano le
proporzioni del linguaggio architettonico classico sia nella organizzazione generale sia a livello
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dell’apparato plastico. In genere queste modificazioni sono pensate per rendere più suggestivo
l’effetto generale del progetto.
E’ interessante notare che Middleton e Watkin parlano di Boullée nel capitolo terzo della loro storia
dell’architettura dell’ottocento: L’archeologia e l’influenza dell’architettura classica. In questo capitolo
gli autori sottolineano come Boullée sia universalmente riconosciuto come un autore che ha
profondamente innovato il linguaggio architettonico classico influenzando le successive generazioni
non tanto con le ridottissime opere realizzate quanto con i progetti da lui elaborati. Secondo Middleton
e Watkin per ogni edificio visionario disegnato da Boullée è possibile individuare precisi riferimenti a
edifici romani antichi (Colosseo, Pantheon, mausoleo di Adriano...). Come ha osservato Jean-Marie
Perouse de Montclos, le numerose modificazioni delle proporzioni dell’architettura classica operate da
Boullée non vanno ad intaccare l’ordine e la simmetria che rimangono delle regole inviolabili. Le
variazioni che si possono facilmente individuare sono ad esempio nel modulo delle colonne, nelle
dimensioni delle volte e dei pennacchi, nelle proporzioni degli aggetti e delle decorazioni. Il fine di tali
variazioni è quello di renderne più suggestivo l’effetto generale. Nel testo di Jean-Marie Perouse de
Montclos si osserva che Boullée lavora anche sulla ripetizione degli elementi che, posti su più file
parallele, si rinnovano completamente fino a perdersi in una moltitudine impossibile da verificare
numericamente. Un’altra innovazione del linguaggio classico proposto da Boullée, è relativa l’utilizzo
misterioso della luce. Boullée utilizza la luce per sottolineare il carattere sacro degli edifici. L’architetto
parigino riteneva che all’interno dell’edificio fosse necessario dissimulare la provenienza della luce.
Per Boullée era fondamentale che la luce entrasse direttamente nella navata e non attraverso le
bucature delle finestre poste sulla parete. Questo approccio superava il concetto classico di
articolazione della facciata. Tradizionalmente l’organizzazione delle aperture su di un prospetto era
inteso come posizionamento di cornici su una superficie. Boullée supera questa tradizione per
lavorare unicamente sulla composizione dei volumi puri. A conferma di come questo tema
appassionasse Boullée, si può notare che numerosi prospetti da lui pensati, come ad esempio quello
della chiesa metropolitana, siano totalmente privi di aperture.
Secondo Kaufmann le forme studiate da Boullée tentavano di liberarsi da alcuni retaggi
dell’architettura classica come la gerarchia, ma non sapevano resistere di fronte alla bellezza della
simmetria. Pertanto il rapporto di Boullée con la tradizione non era vissuto come un vincolo e
nemmeno come l’applicazione reverenziale degli ordini classici. Boullée utilizzava elementi che
appartengono alla tradizione dell’architettura classica per rielaborarli in modo originale e moderno
(Kaufmann).
Forme pure
Boullée lavora sull’articolazione di forme geometriche pure con un ridotto apparato decorativo.
Questo particolare approccio facilita l’osservazione degli effetti generati dalle ombre negli edifici da lui
progettati.
Dall’analisi di Middleton e Watkin risulta che i progetti di Boullée basati sull’utilizzo di forme pure
sono fortemente espressivi nonostante l’elementarità astratta e geometrica. L’architetto parigino
utilizzava in particolar modo forme geometriche pure e chiaramente leggibili come il cubo, il
parallelepipedo, la piramide e la sfera. La forza espressiva delle forme geometriche pure era secondo
Kaufmann determinata dalla loro semplicità, regolarità e reiterazione. La sfera era ritenuta da Boullée
la massima espressione delle forme regolari proprio grazie alla sua caratteristica interazione con la
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luce e alle sfumature delle sue ombre. Boullée in Architettura. Saggio sull’arte afferma: «il corpo
sferico sotto tutti gli aspetti, è l’immagine della perfezione. Riunisce in sé la geometria esatta, la
regolarità più perfetta, la più grande varietà; ed ha il massimo sviluppo possibile; la forma è la più
semplice, la sua figura è disegnata dal più piacevole dei contorni; e, sopratutto, è il corpo favorito agli
effetti della luce, che sono tali da rendere impossibile che la sua gradazione sia più dolce, più
piacevole e più varia. Tali sono i vantaggi singolari che gli derivano dalla natura e che hanno sui
nostri sensi un potere illimitato».
Nei progetti di Boullée viene esaltata la grandiosità attraverso la particolare composizione delle
forme. L’effetto si amplifica attraverso il contrasto tra le imponenti masse e l’apparato plasticodecorativo ridotto. Infatti gli unici elementi decorativi ammessi erano scritte o rappresentazioni
simboliche. La funzione principale dei queste ultime era quella di rafforzare il carattere dell’edificio
trasformandolo in un’architettura parlante.
Come abbiamo già accennato questi progetti risultano spesso di difficile realizzazione a tal punto
di essere stati considerati progetti visionari. Ed il fatto di essere dei progetti liberati da costrizioni di
tipo funzionale e costruttivo permette all’autore di sviluppare dei progetti il cui vero significato è la
forma fine a se stessa. (Kaufmann) esprimendo pienamente l’interesse di Boullée per l’articolazione
formale pura sostanzialmente priva di apparato plastico-decoraivo. Secondo Jean-Marie Perouse de
Montclos nei progetti di Boullée sono evitati tutti i corpi aggettanti o rientranti che potrebbero
disturbare l’andamento perfettamente liscio delle superfici. Boullée proponeva un superamento dello
schema ormai obsoleto di articolazione dei corpi tipica dell’architettura barocca. L’articolazione
barocca era determinata dagli aggetti e dalle rientranze. La relazione tra questi elementi cosi diversi
tra di loro generava tensione. Mentre nelle opere di Boullée è il vuoto ad acquistare un ruolo
determinante. L’architetto parigino riteneva che il vuoto tra gli elementi poteva sostituire le tensioni
delle articolazione plastica (Kaufmann). Le tensioni pertanto non sono presenti tra le parti dell’edificio
ma tra le masse ed il vuoto. Boullée utilizza il contrasto tra piccolo e grande, tra finito ed infinito, tra
pieno e vuoto quale artificio compositivo estremamente efficace, capace di generare ed esprimere
tensione formale. Nonostante la presenza di tensione formale tra volumi e vuoto, i diversi corpi puri
utilizzati dall’autore sono integrati armoniosamente in un disegno unitario.
La luce come mezzo espressivo
Così come hanno osservato Middleton e Watkin la composizione dei corpi e delle figure secondo
Boullée è regolamentata dagli effetti emozionali che essi hanno: «le forme per lui servono a evocare
pensieri e idee». Secondo Kaufmann, la luce e dunque anche l’ombra, è uno dei mezzi espressivi che
Boullée utilizza per produrre emozioni sugli spettatori.
Secondo Kaufmann, Boullée utilizzava quattro mezzi per controllare gli effetti generati dalle sue
composizioni: «la distribuzione delle masse, la luce, le dimensioni monumentali e l’enfatizzazione del
carattere dell’edificio». Boullée riteneva che il più importante dei quattro fosse quello della
combinazione delle masse che, con la loro grandiosità e movimento, determinano il carattere
dell’edificio. Le dimensioni ovviamente grandiose, sono un altro mezzo capace di conferire solennità
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alle forme geometriche semplici . Il concetto di grandiosità permea tutte le opere di Boullée che si
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Emil Kaufmann, Tre architetti rivoluzionari, Boullée Ledoux Lequeu, Franco Angeli Editore Milano 1993 (settima edizione)
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presentano sempre a scala immensa ulteriormente sottolineata, come abbiamo detto, dall’estrema
parsimonia di decorazioni. Il carattere giocava un ruolo importante nella teoria architettonica di
Boullée. Gli edifici dovevano esprimere carattere non solo per impressionare gli osservatori ma anche
per sottolineare simbolicamente l’immaginario a cui la costruzione faceva riferimento. Gli edifici
dovevano in qualche modo suscitare le emozioni corrispondenti alla funzione da loro svolta; così la
porta di città doveva evocare l’immagine della forza ed il tribunale costruito su un buio carcere doveva
simboleggiare il trionfo della giustizia.
Ma dei quattro mezzi espressivi individuati da Kaufmann quello che interessa particolarmente la
nostra ricerca è la luce. Secondo Ferlenga le costruzioni di Boullée esprimono le proprie funzioni ed il
loro ruolo simbolico attraverso la composizione delle parti e l’uso della luce. Dunque gli effetti luminosi
generati dalle caratteristiche dagli oggetti sono lo strumento per comprenderne l’organizzazione
funzionale ma anche per rilevarne il valore simbolico, il carattere.
Negli scritti di Boullée e nei suoi progetti emerge come i quattro mezzi espressivi individuati da
Kaufmann siano fortemente legati tra di loro attraverso una ricerca di semplicità che permetta una
diretta comprensione degli oggetti. La semplicità è determinata dalle proporzioni e dell’armonia delle
forme generati dalla regolarità e dalla simmetria.
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Oltre ai mezzi espressivi sopra accennati Aldo Rossi nell’Introduzione a Boullée individua alcune
fasi nel procedimento logico progettuale di Boullée. L’architetto milanese isola quattro fasi del
procedimento logico progettuale di Boullée che sembrano finalizzate alla corretta individuazione del
carattere dell’edifico. Le quattro fasi sono: «un nucleo emozionale di riferimento, la costruzione di
un’immagine complessiva, l’analisi tecnica, la ricostruzione dell’opera». Aldo Rossi applica le quattro
fasi sul caso del progetto per la Biblioteca Pubblica. Secondo l’autore, Boullée vede nella biblioteca il
luogo dove vengono raccolti i volumi, eredità di grandi uomini della cultura del passato. La soluzione
figurativa individuata secondo Aldo Rossi, eventualmente slegata dall’ambito architettonico, è la
Scuola di Atene di Raffaello. Seguono poi le questioni «tecniche; i caratteri dell’architettura, i caratteri
distributivi, costruttivi, stilistici che sono nell’architettura e che Boullée ama analizzare singolarmente
scomponendoli e ricomponendoli nello svolgere il suo sistema». Tutti gli elementi vengono poi
coerentemente ricomposti nell’immagine definitiva del progetto.
Ombra e carattere in Boullée
In Boullée l’ombra ha una importanza straordinaria, in quanto diretto antagonista del mezzo
espressivo della luce. Come abbiamo accennato, Boullée riteneva di essere l’inventore
dell’architettura delle ombre e delle tenebre. Infatti Boullée afferma: «(...) infine ciò che chiamo
l’architettura delle ombre è una scoperta artistica che mi appartiene e che lascio in dono a coloro che
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mi succederanno nella carriera artistica ». Questo tipo di architettura era considerato dall’autore come
una composizione di corpi le cui forme fossero capaci di generare particolari effetti di chiaro-scuro. Il
chiaro-scuro architettonico di Boullée è esaltato dall’uso di pochi elementi geometrici puri chiaramente
leggibili. Questi elementi, esposti alla luce, generano delle ombre stereometriche che vengono
proiettate su delle superfici tendenzialmente lisce, prive di apparati plastici. In questo modo, come lo
stesso Kaufmann ha osservato, le superfici non modificano la linearità delle ombre proiettate e, per
2 Aldo Rossi, Scritti scelti sull’architettura e la città. 1956-1972, 1° ed. Città Studi Edizioni, Torino 1975 (a cura di Rosaldo Banicalzi, Città Studi Edizioni,
Torino 2004)
3 Etienne-Louis Boullée Architettura. Saggio sull’arte, edizione a cura di Alberto Ferlenga, Giulio Einaudi Editore, Torino 2005.
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contrasto, esaltano la forza delle murature. L’architettura delle ombre, cosi come descritta da Boullée,
viene rappresentata nei suoi disegni attraverso delle ombre particolarmente marcate che quasi si
sostituiscono agli elementi fisici della costruzione. Le ombre si sostituiscono alla muratura rendendo
difficile una corretta distinzione tra ombre e costruzione sottolineando il legame indissolubile tra luce e
massa. Questo tipo di architettura deve però essere distinto dalle capacità pittoriche di Boullée. Infatti
secondo Jean-Marie Perouse de Montclos, l’architettura delle ombre,è sicuramente più una tecnica
pittorica che non una vero e proprio genere architettonico. Jean-Marie Perouse de Montclos osserva
che, «é un’architettura illusoria, che raddoppia i volumi attraverso un’ombra spirituale...l’invenzione di
Boullée è soltanto un miraggio, che non resiste ad un esame accurato...come dimostrazione, Boullée
disegna “un corpo messo in opposizione alla luce”, ossia ne più e ne meno di un effetto di controluce,
effetto che non spetta all’architetto produrre ma che un pittore può carpire al volo e perpetuare
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attraverso la sua opera ».
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L’ombra in Boullée è, secondo Ferlenga , un dispositivo capace di svolgere due diverse funzioni:
ampliare il significato dello spazio attribuendo molteplici accezioni temporali, esprimere il carattere
delle costruzioni. L’ombra viene utilizzata in maniera strumentale da Boullée affinché le sue opere
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vengano liberate da un’eccessiva dipendenza dalle tecniche costruttive e dalle forme architettoniche .
Infatti se l’ombra è uno strumento di espressione delle caratteristiche tridimensionali degli oggetti
essa è anche un elemento evocativo estremamente carico di significati. Ferlenga ritiene che Boullée
non è solo interessato all’ombra quale mezzo di rappresentazione ma sopratutto come strumento da
utilizzare per esprimere la sostanza, l’essenza degli edifici, intesa come il carattere dell’edifico Infatti
Ferlenga afferma che le ombre nella produzione di Boullée «non riguardano, ovviamente, il modo in
cui l’architettura viene rappresentata ma la sua sostanza; esse sono uno dei materiali più effimeri
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attraverso cui attribuire all’opera un carattere(...) ». Si rende necessario specificare cosa si intenda in
questo ambito con carattere dell’edificio. Ferlenga, utilizzando le parole di Boullée, specifica che il
carattere dell’edificio è la sensazione dominante espressa dal soggetto della costruzione. Anche Aldo
Rossi nel saggio Introduzione a Boullée afferma che «per Boullée mettere del carattere in un’opera
significa usare tutti i mezzi propri per non farci provare altre sensazioni oltre quelle intrinseche del
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soggetto(...)il carattere è quindi la parte evocativa...,emozionale ». E’ lo stesso Boullée a indicare
alcuni di questi “caratteri”, ad esempio per il tempio è il culto del supremo mentre per i monumenti
funerari è l’orrore della morte.
Ragionando sulle ombre in Boullée, Ferlenga introduce il concetto di essenze variabili del
progetto. Secondo Ferlenga l’ombra è un mezzo espressivo particolare perchè varia le proprie
caratteristiche nel tempo. Tale modificazione la rende una “essenza variabili del progetto”, come lo
sono i libri per la biblioteca ed i fedeli per il tempio.
E’ noto l’interesse di Boullée per quegli aspetti mutevoli della percezione dell’architettura, infatti
egli non ricerca solo la bellezza delle forme compiute ma «egli nota come il loro effetto possa mutare
in condizioni diverse, nelle differenti stagioni dell’anno, nelle differenti ore del giorno, sotto il sole o la
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Jean-Marie Perouse de Montclos, Etienne-Louis Boullée 1728-1799, Electa Editore, Milano 1997.
Alberto Ferlenga a cura di, Ėtienne-Loius Boullée, Architettura. Saggio sull’arte, , Giulio Einaudi Editore,Torino 2005.
6 Alberto Ferlenga Op. Cit.
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Alberto Ferlenga Op. Cit.
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Aldo Rossi, Scritti scelti sull’architettura e la città. 1956-1972, 1° ed. Città Studi Edizioni, Torino 1975 (a cura di Rosaldo Banicalzi, Città Studi Edizioni,
Torino 2004)
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luna, e infine a seconda delle condizioni di spirito dello spettatore ». Ma le grandi architetture di
Boullée, hanno anche un’ aspetto temporale legato all’ombra che esula dalle contingenze
cronologiche e atmosferiche e che deve esprimere un carattere universale, superiore al passare del
tempo. Ferlenga osserva che l’ombra delle architetture di Boullée ha una valenza temporale
dicotomica. Il primo aspetto temporale è quello legato al continuo cambiamento delle ombre
determinato del passare delle ore che produce una diversa percezione delle forme architettoniche e
ne permette a di cogliere le differenti sfumature di carattere. Il secondo aspetto è che, affinché la
costruzione sia una grande architettura, questa mutazione deve essere contemporaneamente avulsa
alle situazioni determinate dallo scorrere del tempo e dal mutare delle condizioni atmosferiche per
divenire a-temporale e dunque “eterna”.
Percezione ed esposizione
E’ interessante notare come l’attenzione degli effetti che un’architettura può sortire sull’uomo si
sposti dalle caratteristiche specifiche del manufatto a delle condizioni esogene, assolutamente non
trascurabili, come quelle ambientali e stagionali. Sarebbe sicuramente utile verificare come si
modifica la percezione di un manufatto ad esempio nel periodo invernale non solo per questioni
puramente energetiche legate all’illuminamento della facciata ma anche per questioni compositiveprogettuali. Ovviamente non è possibile verificare tutte le possibili condizioni di illuminazione nelle
diverse ore del giorno, di stagione e climatiche, poiché si introdurrebbero una quantità di variabili
eccessive. Cosi come nell’osservazione dei fenomeni luminosi è necessario procedere per modelli
che rappresentino la realtà attraverso delle semplificazioni (Baxandall) è indispensabile pensare una
costruzione tenendo conto ad esempio di alcune condizioni di illuminamento diurno note. E’ riduttivo,
ma sicuramente utile, analizzare le condizioni di illuminazione alla latitudine dove si colloca il progetto
nel solstizio d’estate e nel solstizio d’inverno come condizioni rappresentative di una gamma di
possibili situazioni intermedie.
Middleton e Watkin introducendo il percorso artistico di Boullée descrivono le vicende relative
l’Hotel des Monnaies a Parigi, il cui progetto era stato inizialmente sviluppato da Boullée ma poi
modificato e realizzato da Jacques-Denis Antonie. Secondo gli autori, l’edificio lungo più di trecento
metri, ha un disegno regolare delle aperture che viene interrotto solo da un corpo sporgente
determinando un effetto complessivo più monotono che non monumentale. Middleton e Watkin fanno
una interessante considerazione relativa le caratteristiche del prospetto in funzione dell’esposizione:
«come osservò Lecamus de Mezieres), era un’architettura troppo ordinaria e priva di movimento per
essere esposta al buio nord». Come dire che le caratteristiche di articolazione della facciata devono
essere adattate al tipo di esposizione. Gli autori ritengono che la facciata sia buia nel senso che,
essendo esposta a nord, non riceve illuminazione diretta. Tale esposizione determina
necessariamente una condizione di illuminazione ed ombreggiamento diverse dalle altre. Infatti una
facciata a nord è completamente priva di ombre portate o proprie generate da luce diretta, ma solo di
ombre e luci determinate dall’illuminazione globale dell’ambiente. L‘illuminazione globale, generata
dai fenomeni di rifrazione e riflessione dell’atmosfera e degli oggetti limitrofi determina ombre molto
leggere i cui contorni sfumano rapidamente. La presenza delle sole ombre sfumate provoca una
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Robin Middleton/David Watkin, Architettura dell’ottocento, Electa Editrice, Milano 1980.
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percezione dell’articolazione tridimensionale della scena meno incisiva. Pertanto gli autori ritengono
che l’articolazione di una facciata a nord debba necessariamente essere adattata al tipo di percezione
che ne deriva eventualmente accentuandone o riducendone il movimento.
Le ombre nel Cenotafio Piramidale: un esempio di macro, micro e nano ombre
Nell’opera Cenotafio Piramidale è possibile individuare alcuni strumenti d’ombra caratteristici della
produzione di Boullée. Se nel disegno proviamo ad osservare unicamente le ombre appare evidente
la presenza di due sole tipologie differenti. Infatti sono presenti delle Macro-ombre (relativa la
composizione spaziale generale della scena) delle Micro-ombra (relative l’apparato plasticodecorativoe e dunque riferite ad elementi più minuti dell’edificio), mentre sono praticamente assenti le
Nano-ombre, (quelle relative la texiture dei materiali costruttivi). Per quanto riguarda le Macro-ombre
possiamo osservare la presenza di una grande ombra sulla facciata inclinata del Cenotafio. In questo
caso l’ombra non è utilizzata solo per svelare le particolari geometrie del progetto ma sopratutto per
determinare i rapporti e la scala metrica rispetto ad un possibile contesto. Possiamo ricostruire
geometricamente l’ombra sulla facciata individuando la posizione e le dimensioni dell’oggetto che l’ha
generata. Evocando la presenza di un grande edificio fuori dal campo, l’autore suggerisce ulteriori
informazioni riguardo al rapporto tra l’edificio ed il paesaggio. Le caratteristiche dell’ombra in oggetto
rimandano ad un edificio di dimensioni assai imponenti. La posizione ed il numero dei cenotafi
rappresentati e le loro relative ombre presuppongono la presenza di una sequenza di cenotafi che
attraverso la loro ripetizione rende ancora più impressionante il rapporto con il paesaggio circostante.
Secondo Emil Kaufmann è caratteristico in questo, come negli altri progetti visionari di Boullée, l’uso
di pochi elementi geometrici puri chiaramente leggibili. Secondo l’autore le dimensioni, ovviamente
grandiose di questi elementi sono un altro mezzo capace di conferire solennità alle forme
geometriche semplici. Provando a ragionare sulle Micro-ombre possiamo osservare che sono
presenti pochissime ombre di questo tipo. Kaufmann osserva che all’impressione di grandezza si
aggiunge l’estrema parsimonia nella decorazione. Il rapporto tra le Macro ombre e le Micro ombre
contribuisce ad esaltare la grandiosità delle raffigurazioni di Boullée.
Nonostante le dimensioni, le costruzioni rappresentate da Boullée sono pensate per degli usi reali
come il cenotafio, la biblioteca o gli edifici di culto. Per questo motivo nelle opere di Boullée è spesso
riscontrabile la presenza della figura umana, che per contrasto esalta la scala della costruzione
elemento capace di sottolineare il contrasto “inconciliabile” tra piccolo e grande. Lo stesso accade
quando sull’edifico si proietta la grande ombra di una grande nuvola. La dimensione dell’edifico di per
sé grandiosa si confronta allora con una scala ancora maggiore che è quella del cielo, della terra,
della natura. Si determina un forte contrasto, quasi un cortocircuito sensoriale dato dal continuo
muoversi dalla scala dell’uomo alla scala dell’edificio, alla scala del territorio.
Bibliografia
N. Pevsner, JFleming e H. Honour, Dizionario di architettura, Giulio Einaudi Editore, Torino 1992
Robin Middleton/David Watkin, Architettura dell’ottocento, Electa Editrice, Milano 1980
Ėtienne-Loius Boullée, Architettura. Saggio sull’arte, a cura di Alberto Ferlenga, Giulio Einaudi
Editore,Torino 2005
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Jean-Marie Perouse de Montclos, Etienne-Louis Boullée 1728-1799, Electa Editore, Milano 1997
Emil Kaufmann, Tre architetti rivoluzionari, Boullée Ledoux Lequeu, Franco Angeli Editore Milano
1993 (7° ed.)
Aldo Rossi, Scritti scelti sull’architettura e la città. 1956-1972, 1° ed. Città Studi Edizioni, Torino 1975
(a cura di Rosaldo Banicalzi, Città Studi Edizioni, Torino 2004
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