architettura neoclassica

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ARCHITETTURA NEOCLASSICA
Germania
In Germania si forma la scuola più rigidamente classicista, la più sensibile all’influenza dello stile
greco, dorico in particolare. Karl Gotthard Langhans erige nel 1789 a Berlino la Porta di
Brandeburgo, inserendo nel contesto urbano un modello pensato come ingresso a uno spazio sacro.
Inghilterra
L’architettura inglese si muove, nel 700, fra il palladianesimo, la riscoperta del gusto greco, un
nascente stile neogotico e infine un “classicismo pittoresco”, caratterizzato nelle forme
architettoniche e nella decorazione di interni da libertà inventiva ed eleganza. Un'architettura
ispirata ai modelli greci è testimoniata in Inghilterra da molte costruzioni, soprattutto a Londra. Il
revival delle forme classiche fu modificato dallo stile Regency, un notevole esempio del quale sono
le facciate di Regent Street, a Londra, disegnate da John Nash: l’urbanizzazione delll’area di
Regent’s Park e di Regent’s Street fu realizzata a partire dal 1811 da quest’ultimo, con i crescents,
complessi semicircolari di abitazioni private costruite come grandiosi palazzi dalle facciate in
stucco, e con le terraces, appartamenti a schiera allineati in file ordinate. John Nash si ispirò
liberamente a veri stili storici: realizzò casa di campagna di forme gotiche, edifici classicheggianti
decorati a stucco, ville di impronta rinascimentale italiana e villini urbani.
Francia
Nella prima fase del’architettura neoclassica è evidente una matrice fortemente intellettualistica: in
nome dell’autonomia delle soluzioni architettoniche rispetto ala funzionalità, si cercò la
realizzazione della forma pura, attraverso l’impiego di semplici solidi geometrici.
Nella Francia rivoluzionaria, architetti come Boullée e Ledoux, elaborarono una concezione
architettonica visionaria ed astratta, dalle forme essenziali e insieme intrisa di slanci preromantici.
Opponendosi al rigido neoclassicismo accademico, si dedicarono alla progettazione di edifici
fantastici, irrealizzabili a causa delle dimensioni enormi. L'interesse per le forme geometriche
elementari e per i significati simbolici delle strutture e degli elementi architettonici improntarono
tutti i suoi progetti, che ebbero soprattutto un valore "teorico": il vero significato delle solenni
composizioni di Boullée, come dei disegni degli altri architetti rivoluzionari, era l'espressione di una
ricerca formale fine a se stessa. Boullée sottolineò il valore principalmente artistico dell'architettura,
che è "ispirazione creativa", distinguendo la disciplina dalla tecnica del costruire, che è invece un
"procedimento meccanico". Subì il fascino della severità e della razionalità dell'architettura classica,
ma denunciò al contempo il peso eccessivo che l'eredità del passato aveva sull'arte del suo tempo.
I suoi progetti si caratterizzano per l'articolazione delle masse, l'enfatizzazione delle forme e la
ricerca di effetti di chiaroscuro. Di Boullée è il progetto di un Cenotafio per Newton (1784). Di
Claude- Nicolas Ledoux è invece il progetto per le saline reali di Arc-en-Senans (1804); i suoi
ultimi lavori consistono nei progetti, mai attuati, per una sorta di città ideale in cui i disegni degli
edifici sono frequentemente ridotti a essenziali forme geometriche. Il classicismo più rigoroso
fiorisce a Parigi nella stagione napoleonica, quando gli ideali di Bonaparte trovano un corrispettivo
nella grandeur dell’architettura e nel costante riferimento all’età imperiale romana. Gli architetti
ufficiali di Napoleone lavorarono per trasformare Parigi nella principale capitale europea adottando
come modello la sobria monumentalità dell'architettura romana imperiale. Da quest’ultima è ripreso
il motivo dell’arco trionfale per celebrare il nuovo imperatore: si veda l’arco di trionfo (1806-36) di
Jean-Francois Chalgrin, collocato al centro della piazza da cui partono a raggiera le grandi arterie
parigine.
Italia
La Lombardia partecipò con intensità al rinnovamento civile e culturale della seconda metà del 700.
In campo architettonico, nell’ambiente milanese si registrò un rinnovamento, ormai al di fuori di
ogni suggestione barocca; una spinta decisiva in tale direzione venne da Giuseppe Piermarini. I suoi
interventi introdussero nel tessuto edilizio milanese, medievale e barocco, un classicismo sobrio e
razionale, improntato a una lineare chiarezza. Nel settore dell’edilizia pubblica spicca il Teatro alla
Scala (1776-78), un’opera che costituirà un importante modello per molti teorici neoclassici
successivi. Anche in questo caso Piermarini propone un’architettura impeccabile nella scansione
degli ordini, misurata nelle proporzioni e nella distribuzione dei pieni e dei vuoti. L’attività di
Piermarini a Milano fu assai vasta. In particolare furono numerosi gli edifici pubblici, da lui
costruiti ex novo o riplasmati per assolvere a nuove funzioni. Tali interventi intaccarono il vecchio
tessuto urbano, circostanziando luoghi di carattere simbolico o funzionale, in ossequio alla volontà
rappresentativa delle autorità di governo e della nobiltà cittadina, nonché alle esigenze della società
nel suo complesso. Gli anni 80 segnarono la piena affermazione, nelle arti, di quello che allora si
definiva il moderno buon gusto, cioè un classicismo razionalistico particolarmente attento alle
esigenze della funzionalità. Piermarini tende a salvaguardare la funzionalità delle costruzioni e uno
sviluppo ben concatenato delle fasi di progettazione e realizzazione. Ad esempio nella Villa Reale a
Monza egli realizza un edificio in cui la lucida razionalità neoclassica è adattata alle esigenze di una
villa suburbana. Gli architetti che subentrarono a Piermarini vennero prefiggendosi come obiettivo
principale una trasformazione organica del tessuto urbano; approdando all’elaborazione di grandi
progetti. Nella prima fase dell’architettura lombarda d’età napoleonica spicca la figura del
romagnolo Giovanni Antonio Antolini. Sua è una delle proposte più rilevanti nella Milano del
primissimo 800: egli presentò un elaborato progetto, che comprendeva la realizzazione di un grande
complesso circolare attorno all'antica residenza dei Visconti, chiamato Foro Bonaparte. L’area
venne trasformata da presidio militare a zona adibita a funzioni pubbliche e civili. Il linguaggio
architettonico di Antolini è caratterizzato da un gusto solenne e austero, che predilige le forme
geometriche essenziali, grandi e nitidi volumi, profili netti, sobrietà d’ornati. Il suo progetto non fu
però realizzato e il problema della ristrutturazione urbana di Milano venne affrontato da Luigi
Canonica. A Roma Giuseppe Valadier diresse i lavori di risanamento urbano promossi dal nuovo
governo. Essi prevedevano la creazione di pubbliche passeggiate, campi di marte, piazze strade
carrozzabili lungo le direttrici principali, in ordine a esigenze sia di pubblica utilità, sia celebrative e
simboliche. L’intervento urbanistico più importante di Valadier è la sistemazione della Piazza del
Popolo.
Giuseppe Piermarini
Uno dei più autorevoli rappresentanti del neoclassicismo in Italia. La sua ripresa delle forme
classicheggianti, comune a tutta la cultura europea tra Settecento e Ottocento, fu tuttavia
estremamente cauta e maggiormente legata al classicismo tardorinascimentale, piuttosto che a
modelli antichi. L'importanza di Piermarini è legata all'imponente quantità di edifici realizzati
nell'area lombarda e soprattutto a Milano, dove fu anche autore di interventi urbanistici e di
sistemazioni viarie. Realizzò una serie di edifici di grandissima importanza, tra cui il Teatro alla
Scala (1776-1778) a Milano e la Villa Reale di Monza (1780).
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