Guya Bertelli DETERMINAZIONI TIPOLOGICHE 1: sul concetto di tipo, teorie/ riferimenti/ aperture - Gli effetti di destabilizzazione esercitati dai recenti fenomeni di dispersione insediativa hanno messo a dura prova non solo le categorie tradizionali di lettura/interpretazione dello spazio abitato, ma anche gli strumenti operativi e i modelli interpretativi che le avevano a lungo sorrette. L’entità di tale destabilizzazione è coglibile in primo luogo nella progressiva disarticolazione, frantumazione e destituzione degli assetti insediativi, in secondo luogo nella crisi sempre più evidente delle pratiche sociali ad essi connesse, incapaci di sostenere quella stretta coincidenza tra luoghi costruiti e modi d’uso dello spazio che è stata alla base dell’articolazione insediativa della città tradizionale. Alla dispersione indifferenziata degli abitati, corrisponde infatti un parallelo processo di disidentificazione delle culture sociali, dei valori simbolici e delle pratiche abitative, con conseguente crisi del ‘tipo’ edilizio in quanto concetto fortemente connesso ai modi d’uso dello spazio, alla distribuzione degli assetti, alla loro organizzazione strutturale. Coinvolto in un processo di omologazione e globalizzazione dilagante a tutte le scale, il tipo vive infatti uno stato di indifferenziazione culturale e localizzativa generalizzata, che lo vede oggi “proporsi come un’entità talmente estesa da configurarsi come sistema di nozioni difficilmente traducibili in opportunità operative” (F. Purini, 2001). - Ciò comporta una riflessione sempre più attenta intorno a questa categoria, allo scopo di ‘ricollocarne’ il senso e il significato in rapporto alle trasformazioni che ancora sta subendo. Di qui l’importanza di ripercorrere in modo critico le diverse accezioni che il tipo ha supportato non solo in rapporto al suo porsi come ‘categoria’ descrittiva degli elementi strutturali dello spazio abitato, ma anche e soprattutto strumento operativo necessario e indispensabile nella operazione progettuale. -Ascendenze Di origine molto antica, il termine tipo deriva dal greco tùpos (lat. Tipos, franc. Type, ted.Typus), la cui radice etimologica sorregge l’infinito tiptèin, che significa battere, imprimere, colpire. Di qui il significato di impronta, matrice, stampo di un determinato ‘oggetto’ che, ripetuto più volte, può dar vita ad una serie infinita di ‘esemplari’. La parola compare con questo significato già nella Grecia antica, da Platone ad Aristotele, nel quale assume il valore di ‘schema’, ovvero struttura profonda della forma, matrice caratteristica capace di definire la caratterizzazione specifica della forma stessa. Tuttavia il concetto di tipo assume oggi una complessità tale per cui la sua interpretazione rimanda ad un repertorio molto ampio di posizioni, significati, attributi. a- Il primo attributo attiene la generalità concettuale del termine; ovvero il tipo, nel suo significato più astratto, esprime una ‘categoria’ mentale del pensiero, una concettualizzazione teorica, una ‘idea’ astratta che rimanda ad uno o più significati concreti; in questo senso appare in un ampio ventaglio di discipline a caratterizzare non solo l’appartenenza degli elementi semplici a famiglie complesse di esemplari, ma anche le loro correlazioni interne (ad esempio in biologia, in chimica, in psicologia, dove il termine tipo concorre a determinare le connessioni specifiche tra differenti classi di elementi). b- Il secondo attributo si riferisce alla qualità descrittiva del tipo; ovvero alla sua capacità, in quanto strumento metodologico, di descrivere e interpretare la struttura dei fenomeni, in particolare le ‘leggi’ di aggregazione e connessione delle parti, i loro apparati distributivi, le destinazioni funzionali, i valori sociali, culturali e simbolici; in quanto tale il tipo diviene elemento fondamentale nella rappresentazione-comprensione degli insediamenti urbani, strumento di conoscenza imprescindibile attraverso il quale è possibile indagare la struttura profonda delle ‘parti’ abitate e le leggi della loro correlazione specifica. c- Il terzo attributo infine rimanda alla capacità trasformativa del tipo, ovvero al suo porsi come operatore progettuale necessario e imprescindibile nella modificazione dei fenomeni in atto. In quanto ‘struttura profonda’ infatti, il tipo coincide con l’essenza stessa della forma, ovvero con ciò che ‘permane’ nel tempo al di là delle variabili apparenze. Proprio l’invarianza formale concede al tipo quel carattere di ‘stabilità’ che permette nel tempo di riconoscerne la ‘lunga durata’, impressa negli strati profondi delle successive configurazioni provvisorie. In questo senso attraversa i territori della storia rivelandosi dapprima come ‘archetipo’, ovvero impronta originaria in base alla quale si definiscono le variazioni tipologiche successive, quindi come ‘prototipo’, ovvero come ‘modello’ provvisorio capace di divenire ‘exemplum’ indiscutibile dal quale trarre le conseguenti ‘copie’, infine come ‘tipo’, ovvero esemplare caratteristico in grado di riflettere la ‘struttura profonda’ delle forme abitate (Sergio Crotti, 1982). a- Tipo-archetipo Nonostante un grande apporto alla nozione di tipo venga offerto dalla trattatistica classica (Vitruvio, Alberti, Palladio), si potrebbe affermare che l’indagine tipologica si ponga in termini ‘moderni’ solo intorno alla metà del XVIII secolo, allorché la riflessione sulle origini diviene nucleo centrale della ricerca architettonica. 1. F. Purini, Le case, 1976 Nell’ambito della trattatistica del periodo l’Essay sur l’Architecture dell’abate Laugier si può considerare un testo paradigmatico, in quanto pone la questione in termini di descrizione-rappresentazione dell’archetipo come tipo primigenio, artificio ‘originale’ in base al quale vengono plasmate le architetture successive. La ricerca condotta dall’Abate Lauger si sviluppa principalmente intorno al rapporto artificio-natura, laddove la ‘capanna primitiva’ è riconosciuta come atto originario della trasformazione, ad opera dell’uomo, della natura ‘naturale’ (la foresta), in natura ‘naturata’ (l’artificio). Nella ‘città come foresta’ il tipo diviene ‘genere’ (Francese ‘genre’), ovvero determinazione specifica della forma architettonica in quanto eidos, necessario strumento di riconoscimento dell’appartenenza di un determinato artificio ad una species, ovvero ad una famiglia derivante dall’unico archetipo originario. 2. Ledoux, casa della ballerina Guimard, sezione Associato alla destinazione funzionale, il ‘genere’ assume il significato di ‘carattere’ specifico di un elemento architettonico, in grado di definire gli attributi qualitativi della forma sul piano della sua rappresentatività. 3. Ledoux, il riparo del povero -“Quando la destinazione è conosciuta e il genere scelto, il carattere dell’edificio è fissato” secondo Lauger, “…Ciò che costituisce il carattere di un edificio è la destinazione che gli è propria” (A. Laugier, Essai sur l’architecture, 1753). Tuttavia il carattere di un edificio esiste ed è riconoscibile al di là della sua funzione specifica, della sua destinazione d’uso; la sua definizione infatti dipende in gran parte dalla possibilità da parte dell’architetto di descriverlo attraverso l’esatta proporzione tra gli elementi che lo compongono: “per quanto libera sia la composizione di una facciata, le proporzioni non sono mai libere” continua Lauger, “…tutti gli edifici che hanno uno stesso carattere devono avere la stessa altezza su una lunghezza data”. 4. Ledoux, Casa dei fabbricanti di cerchi Proprio la nozione di ‘carattere’ diverrà il nucleo centrale non solo della costruzione teorica di Laugier, ma di tutta la ricerca tipologica del periodo dei Lumi. Nel clima scientifico della prima rivoluzione industriale Ledoux, Boullée, Schinkel e in seguito Durand saranno i principali protagonisti di un nuovo modo di ‘guardare’ all’architettura, che fisserà le basi della ricerca teorica contemporanea. 5. Ledoux, Edificio per il magistrato delle acque Per loro la questione tipologica diviene ricerca dei principi formali in quanto principi capaci di fissare il carattere degli edifici in rapporto alla loro capacità rappresentativa, alla destinazione funzionale e alla logica strutturale che sostiene la organizzazione costruttiva delle parti. Tuttavia la loro ricerca si declinerà secondo diverse posizioni. 6. Boullée, Cenotafio, 7. Schinkels, vista di una cattedrale Per Ledoux la prevalenza del carattere simbolico sulle altre qualità dell’edificio diverrà la chiave di lettura principale dell’elemento architettonico . Ciò lo condurrà alla ricerca di una diretta “corrispondenza fra determinate forme e i connotati dei destinatari dell’edificio stesso” (A. Monestiroli, 1974), nella certezza che proprio la casa d’abitazione debba essere la rappresentazione più immediata del destino degli uomini. Al contrario Boullèe volgerà la massima attenzione all’edificio pubblico, in quanto espressione significativa del carattere sociale e civile della città in cui l’edificio stesso avrà sede. Nella costruzione pubblica il carattere è rappresentato soprattutto dalla corretta distribuzione delle parti costruttive in rapporto alla sua destinazione. I principi da cui trarre tale ‘correttezza distributiva’, non possono che provenire, secondo Boullée, dalla natura, dalle sue forme e dalle sue leggi. Non attraverso la semplice imitazione della natura tuttavia, bensì tramite la ‘conoscenza’ profonda dei suoi principi e delle sue regole ‘costruttive’, al fine di costruire una seconda natura che proprio dalla prima sappia trarre la propria essenza ordinatrice. In questo modo anche la luce e l’ombra divengono elementi fondamentali della forma architettonica, il cui ‘ordine “ deve essere combinato in modo tale da potere, con un solo colpo d’occhio, abbracciare la molteplicità degli oggetti che lo compongono” (L. Boullée, Architecture essai sur l’art, 1775-90). La luce diviene elemento fondamentale anche nelle architetture religiose di Schinkel, espressioni simboliche di un ideale architettonico perfetto, “tramite attraverso il quale è possibile entrare nell’unitario ordine dell’universo” (G. Poundt, Schinkel’s Berlin, Cambridge, 1972). Il confronto architettura-natura avviene attraverso la decontestualizzazione preliminare dell’opera in quanto 'arte’ e la sua susseguente ricomposizione all’interno di una natura altra che fa da sfondo. Nelle famose architetture delle cattedrali, periodo classico e gotico inoltrato divengono i riferimenti principali per l’autore, che non si avvicina ad essi con sguardo mimetico, bensì con l’atteggiamento di chi vuole rintracciare nel passato i principi salienti da cui trarre la conoscenza architettonica del presente. b- Tipo-modello La definizione più appropriata del concetto di ‘tipo’ alla fine del XVIII secolo è attribuibile ancora oggi a Quatremère de Quincy, che nel suo ‘Dizionario storico di architettura’ (’Dictionaire historique de l’architecture’), ne traccia un quadro di riferimento in rapporto al termine ‘modello’. Debitore di Lauger per quanto concerne la definizione dei ‘principia contra exempla’, Quatremère dichiara tuttavia una autonoma interpretazione del tipo che servirà da traccia a numerose interpretazioni future. “La parola tipo” afferma Quatremère, “ non rappresenta tanto l’immagine di una cosa da copiarsi o da imitarsi perfettamente quanto l’idea di un elemento che deve esso stesso servire di regola al modello. (…) Il modello inteso secondo la esecuzione pratica dell’arte è un oggetto che si deve ripetere tale quale è; il tipo è per contrario un oggetto secondo il quale ognuno può concepire delle opere che non si assomiglieranno punto tra loro. Tutto è preciso e dato nel modello, tutto è più o meno vago nel tipo”. In questo senso oggi si può parlare di “casa a schiera come tipo e dell’unità di abitazione di Le Corbusier come modello” (F. Cellini, A. Terranova, 1978). La definizione di Quatremère sarà ripresa da Giulio Carlo Argan in rapporto alla dialettica tra produzione artistica e produzione tecnica, laddove per la prima si intenda la messa in opera di opere d’arte uniche e irriproducibili, mentre per la seconda la possibilità di eseguire, a partire da un unico e originale modello, una serie infinita di copie. Tale considerazione troverà la massima espressione negli scritti di Walter Benjamin intorno all’“Opera d’arte nell’epoca della riproducibilità tecnica”, che non solo testimoniano di un periodo storico significativo rispetto alla rivoluzione aperta dall’industrialesimo, ma apriranno al dibattito mai risolto intorno ai temi della modernità. Tuttavia l’apporto più significativo alla composizione architettonica in termini di ‘classificazione’ tipologica degli elementi costruttivi, viene restituita sempre nel corso del XIX secolo da Durand, allievo di Boullée e autore del famoso trattato Précis de Leçons d’Architecture données à l’Ecole Polytechnique. Vero e proprio ‘inventario’ tipologico, il testo di Durand associa per la prima volta la questione tipologica ai temi della composizione architettonica, proponendo un vasto repertorio di elementi costruttivi come altrettanti strumenti progettuali. 8. J.N.L.Durand, Combinaisons horisontales e Escaliers, da: Précis de Leçons… Combinati tra loro attraverso regole dispositive e geometriche (reticoli, assi, griglie etc…), essi superano la semplice classificazione per tipi consolidati, per riproporsi come ‘elementi’ semplici da combinare e correlare tra loro attraverso sempre diverse logiche costruttive; in questo modo aprendo ad un repertorio sempre più ampio di ‘exempla’ significativi da cui poter trarre le regole-basi della progettazione architettonica. La proposta di Durand si pone come vera e propria descrizione di un ‘metodo’ compositivo che, partendo da un numero definito di ‘variabili’ architettoniche, apre ad un ventaglio infinito di variazioni sul ‘tipo’. Tali variazioni divengono il materiale fondamentale di cui l’architetto deve disporre per costruire ‘a priori’ le regole della propria composizione architettonica. Non è un caso che la pubblicazione del testo di Durand avvenga parallelamente a quella dell’Encyclopédie di Diderot e D’Alembert, testi paradigmatici di un periodo storico che aveva messo in discussione i modelli del passato apprestandosi ad aprire le porte alla modernità.