RAPPORTO TRA CONTRATTO PRELIMINARE E ATTO DEFINITIVO Nella compravendita immobiliare è prassi assai frequente, per non dire quasi costante, far precedere la stipula del contratto definitivo (rogito) dalla conclusione di un contratto preliminare. Si può porre, in tale ipotesi, il problema di risolvere gli eventuali conflitti che possano sorgere in relazione alle diversità di previsioni espresse nei due atti, ovvero anche in relazione al mancato inserimento nel contratto definitivo di una clausola prevista nel contratto preliminare. Con la sentenza n. 20989 del 30 settembre 2009 la Corte di Cassazione è tornata ancora una volta a pronunciarsi su tale questione ed ha ribadito un principio oramai consolidato tendente ad affermare l’assoluta supremazia del contratto definitivo rispetto al contratto preliminare. I giudici hanno ripetuto che il contratto definitivo costituisce l’unica fonte dei diritti e delle obbligazioni tra le parti e che, nell’interpretazione del contratto, il ricorso a criteri interpretativi sussidiari può operarsi solo quando quelli principali, letterale e logico, siano inadeguati all’accertamento della comune volontà delle parti. In altre parole “il contratto preliminare ed il contratto definitivo sono sì negozi tra loro collegati, ma espressivi ciascuno di autonomia negoziale delle parti; l’uno il preliminare, avente ad oggetto soltanto l’obbligazione di stipulare un successivo contratto (definitivo), di cui si determina il contenuto negoziale; l’altro, il definitivo, avente ad oggetto la costituzione del rapporto negoziale, il cui contenuto essenziale è stato determinato nel contratto preliminare”. Quindi qualora le parti addivengano alla stipula di un contratto definitivo dopo aver stipulato un contratto preliminare, sarà solo il contratto definitivo quello che regolamenterà i rapporti tra le parti, avendo perso il contratto preliminare la sua funzione preparatoria, ovvero di promessa di conclusione di un successivo contratto, con la stipula del contratto definitivo stesso. Il predetto principio è ben saldo nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, anche se, come spesso succede, le eccezioni non mancano. Con la recente sentenza 13262 del 9.6.2009 la stessa Corte Suprema ha infatti stabilito che la clausola penale contenuta in un contratto preliminare, pur avendo carattere accessorio rispetto alle obbligazioni principali, mantiene una sua autonoma identità ed indipendenza quale obbligazione pecuniaria. La fattispecie riguardava una clausola penale inserita in un contratto preliminare di compravendita che disciplinava il risarcimento dovuto in ipotesi di ritardo nella consegna dell’immobile promesso in vendita. Avvenuto detto ritardo il promissario acquirente aveva rivendicato il pagamento di tale penale dopo però aver già stipulato il contratto definitivo. Il venditore eccepiva pertanto l’orientamento sopra citato, ovvero della prevalenza della regolamentazione negoziale contenuta nel contratto definitivo rispetto a quella contenuta nel contratto preliminare, e quindi, constatato che nel contratto definitivo nulla si diceva in ordine a detta penale, la previsione doveva ritenersi superata da tale ultima volontà delle parti. Ma in questa occasione i Giudici Supremi non l’hanno pensata così. Come sopra ricordato nella fattispecie in esame la Suprema Corte ha ritenuto che detta particolare clausola (penale) in quanto persegue il fine di determinare preventivamente la prestazione dovuta nel caso che una parte si rendesse inadempiente o ritardi l’adempimento della prestazione stessa, qualora la clausola stessa sia contenuta in un contratto preliminare non possa ritenersi tacitamente rinunciata se non viene riportata nel contratto definitivo, necessitando all’uopo un’espressa dichiarazione della parte che potrebbe avvalersene. In verità anche in altri precedenti (v. sent 8486/87) la Corte di Cassazione aveva sostenuto che il contratto preliminare costituiva l’unica vero regolamento del rapporto tra le parti costituendo il contratto definitivo nient’altro che “puro e semplice adempimento delle obbligazioni assunte con il contratto preliminare”. Ma tale precedente è rimasto francamente isolato ribadendo la Corte Suprema nelle successive numerose pronunce (Cass. 10/1/2007, n. 233; Cass. 25/2/2003, n. 2824) che in forza del principio dell’autonomia negoziale le parti sono libere di modificare in ogni momento la loro originaria volontà, e quindi quanto espresso nel contratto preliminare, rappresentando di conseguenza quanto convenuto nel contratto definitivo il risultato ultimo di detti successivi accordi e quindi l’effettivo e finale regolamento del loro rapporto contrattuale. Il contratto preliminare quindi se da una parte vincola le parti affinché concludano il relativo definitivo, d’altra parte non può che essere considerato come un atto preparatorio di un futuro contratto produttivo di effetti. Avv. Daniele Mammani avv. Paolo Pesando