La Filosofia nell`età del progresso tecnologico e scientifico

L’amore per principio, l’ordine per fondamento, il progresso per fine (A. Comte)
La Filosofia nell’età dell’industria e del progresso
tecnico-scientifico.
I.
Filosofia e Rivoluzione Industriale.
La rivoluzione industriale, iniziata in Inghilterra nell’ultimo periodo del XVIII secolo e promossa
da una serie di fattori demografici, tecnologici e culturali, portò ad un aumento esponenziale della
produttività ed al successo di un modello socio-culturale che influenzò l’Europa intera.1 La
rivoluzione industriale diede il via, con l’utilizzo massiccio del ferro e del carbone, alla più
radicale trasformazione delle forme produttive della storia umana ed i pensatori, i filosofi e gli
intellettuali in genere, cercarono di cogliere, analizzare e decodificare gli aspetti sociali e culturali
di un fenomeno di tale portata. Una nuova generazione di studiosi s’impegnò nella costruzione di
filosofie in grado spiegare ciò che stava accadendo. Ovviamente questo avvenne nelle tre nazioni
caratterizzate, se pur in tempi diversi, dai rapidi processi di trasformazione sociale che seguirono
all’industrializzazione.
Aree geografiche e indirizzi di pensiero.

Utilitarismo, Positivismo e Materialismo storico.

Inghilterra: la prima nazione ad elaborare un nuovo corso del pensiero fu l’Inghilterra, in quanto fu

la prima a produrre il fenomeno dell’industrializzazione. Qui, all’interno della prima rivoluzione
industriale, nacque il moderno pensiero economico. Se, nella loro ricerca sull’uomo, i filosofi del passato
si erano sempre occupati di produttività, questi nuovi pensatori concepivano la loro teoria economica in
modo unitario, organico e soprattutto autonomo. Dopo il decano degli economisti inglesi, Adam Smith
(1723-1790), i successivi analisti dei fenomeni produttivi, come David Ricardo (1772-1823), Thomas
Robert Malthus (1766-1833), Jeremy Bentham (1748-1832), John Stuart Mill (1773-1836) si
presentarono come specialisti e, sul solco della tradizione illuminista, s’impegnarono in quell’operazione
di “ingegneria sociale”, che mirava ad analizzare ed a costruire la società del futuro e che prese il nome di
Utilitarismo.

Francia: Quando anche la Francia cominciò il suo processo di industrializzazione massiccia, a

partire dai primi anni dell’Ottocento, molti filosofi percorsero la via che aveva tracciato il vecchio
illuminista, Claude de Saint-Simon (1760-1825), in particolare il di lui allievo Auguste Comte (17981857), il quale, negli anni trenta del secolo, diede il via alla grande stagione del Positivismo.

Germania: La Germania, ultima nazione ad industrializzarsi, dominata culturalmente dall’organica

teoria idealistica, sviluppò in breve tempo una modificazione strutturale delle relazioni sociali ed
economiche, delle quali due giovani hegeliani di sinistra, il tedesco Karl Marx (1818-1883) e l’inglese
Friedrich Engels (1820-1895), elaborarono uno studio teorico e critico che, nei decenni successivi,
sarebbe stato sviluppato anche sul piano politico e avrebbe dato vita ad un “sistema” tra i più fecondi della
storia del pensiero, il “Materialismo storico e dialettico marxista”.
Se la prima rivoluzione industriale, che aveva nelle fabbriche, nel settore tessile e nell’invenzione
della ferrovia i suoi cardini, fu l’età dei pensatori economisti, i teorici dell’Utilitarismo, la seconda
rivoluzione, periodo di straordinario progresso scientifico, esteso a tutti i campi del sapere (dalle
scienze della natura a quelle dell’uomo), segnò il definitivo divorzio tra la scienza e la filosofia vera
e propria con il trionfo del Positivismo, che denomina complessivamente la tendenza di un’epoca.
1
Con l’esclusione soltanto di aree refrattarie come la Russia.
1
I.
1. L’Utilitarismo inglese. La nascita della scienza economica.
L’Utilitarismo della prima parte dell’ottocento può esser considerato come la prima
manifestazione del positivismo in Inghilterra. Fu una filosofia sociale, corrispondente a quella
contemporanea francese, che ebbe i suoi massimi esponenti nei tre teorici Bentham, James Mill e
John Stuart Mill e nei grandi analisti dell’economia politica Thomas Robert Maltus e David
Ricardo. Di costoro ci siamo già occupati nel corso di Storia (cfr. Studiare Storia vol 2. pag.270271). Malthus, nel suo Saggio sulla popolazione, constatò che una popolazione tende a crescere
secondo una progressione geometrica, contro la progressione aritmetica di accrescimento dei
mezzi di sussistenza, determinando uno squilibrio che può essere eliminato solo eliminando la
miseria o controllando preventivamente le nascite, con l’astensione dal matrimonio. Ricardo
analizzò il rapporto tra il salario del lavoratore e il profitto del capitalista mettendone in luce
l’antagonismo. Bentham, sulla scia di Cesare Beccaria, riteneva che il fine di ogni organizzazione
sociale fosse “la maggior felicità possibile per il maggior numero di persone” e, in base a questa
massima, affermò che un’azione è buona solo in quanto è utile alla felicità comune. Da qui, oltre
che il termine utilitarismo, deriva un bilancio morale dei piaceri che, se soddisfano ai caratteri di
intensità, durata, certezza, prossimità, fecondità, purezza (incapacità di produrre dolore) ed
estensione (capacità di essere estesi al maggior numero di persone), si potranno considerare il
Bene. Il positivismo di Stuart Mill, è un positivismo sociale come quello di Comte, ma, mentre
quello di Comte è un razionalismo radicale, quello di Stuart Mill è un non meno radicale
empirismo, come nella più pura tradizione inglese. Condusse una critica alla logica proponendo
una radicale riformulazione dei suoi termini e delle sue metodologie d'indagine, affermando che
l’induzione è ciò a cui si riduce ogni conoscenza vera; ogni proposizione universale è una
generalizzazione dei fatti osservati, ma cosa giustifica tale generalizzazione dato che non è possibile
osservare tutti i fatti? Il principio dell’uniformità delle leggi di natura: “è una legge che in natura
esistano leggi”= La legge di causalità. Essa asserisce che “ogni fatto che ha un inizio ha anche una
causa”. Questa è la base di ogni induzione e permette di riconoscere nella natura un ordine costante
e necessario dei fenomeni. Ma, chi mi assicura che tale legge di causalità valga anche in tutti i
firmamenti dell’universo siderale? La legge stessa che regola l’induzione è un’induzione, un circolo
vizioso. In economia politica Mill afferma, sulla base dei precedenti di Smith, Malthus e Ricardo,
che le leggi della produzione sono leggi di natura, mentre quelle della distribuzione dipendono dalla
volontà umana, dal diritto e dal costume. Quel che trattiene Mill dall’aderire al socialismo, del quale
condivide il riconoscimento e la condanna delle ingiustizie sociali, è l’esigenza di salvaguardare le
libertà individuali.
I.
2. Il Positivismo. Mito del progresso e culto della scienza.
Movimento filosofico e culturale, caratterizzato dall’esaltazione della scienza e dei suoi metodi, il
Positivismo nasce in Francia nella prima metà dell’Ottocento e s’impone a livello europeo solo
nella seconda parte del secolo.
Il decollo del sistema industriale, della scienza e della tecnica, la possibilità di accelerare gli scambi
commerciali e culturali su larga scala determina un “clima” di fiducia entusiastica nelle potenzialità
del sapere scientifico e tecnologico e una generale fiducia nell’incontrastabile progresso umano. Il
continuo avanzamento della ricerca (nella chimica, nella fisica, nell’ingegneria, nella medicina)
offrì il miglior motivo di diffusione di questo sentore di ottimismo che si tradurrà in un vero e
proprio culto per il pensiero scientifico e tecnico. Per cui, se l’Illuminismo aveva celebrato come
tipo ideale il “filosofo” ed il Romanticismo “il poeta”, il Positivismo esalta soprattutto lo
“scienziato”, di cui è incarnazione massima quel Newton della biologia che è Darwin.
1. Complessivamente visto, il positivismo della seconda metà del secolo appare come la vera
filosofia della moderna società industriale, tecnico-scientifica, l’espressione culturale
delle speranze e delle infatuazioni ottimistiche che hanno caratterizzato un’epoca. Non per
nulla si sviluppa principalmente in quelle nazioni all’avanguardia nel progresso industriale e
scientifico.
2
2. Il Positivismo dunque appare come l’ideologia tipica della borghesia liberale
dell’occidente, che di questa rivoluzione è stata fautrice. Con questa borghesia emergente
il positivismo condivide ideali e punti di vista, come la fiducia nella moderna società
industriale e la tendenza politica riformista nemica tanto del conservatorismo quanto del
rivoluzionarismo socialista che, proprio in quegli anni, con Marx, andava elaborando una
critica dell’esistente, una fotografia in negativo dei “costi umani” collegati alle strutture
socio-economiche del capitalismo industriale.
Il termine Positivismo fu coniato da Auguste Comte (1798-1857), che, nella sua opera
fondamentale, Corso di filosofia Positiva (1830), fornì la base teorica di quella che diventerà in
seguito una vera e propria “scuola”. Dalla metà del secolo, infatti, il Positivismo di Comte si diffuse
in tutta Europa, assumendo progressivamente i tratti di una filosofia, di una visione del mondo e di
un’ideologia, per non dire una religione, al pari di quella romantica capace di esercitare una
vastissima influenza.
 Il sapere “positivo”, per Comte, è un sapere che fa ricorso esclusivamente a leggi e metodi
scientifici, rifiutando ogni spiegazione del mondo di carattere metafisico che si rifaccia ad
ipotesi non dimostrate o a principi religiosi. Positivo, utile, certo ≠ chimerico, vano, vago.
Su questa base, i caratteri fondamentali del positivismo sono:
a) Il ricorso al metodo della scienza (= osservazione dei fenomeni, formulazione di ipotesi e
loro verifica sperimentale)
b) La totale indipendenza della ricerca scientifica da legami con la religione.
c) L’estensione del metodo scientifico ad ogni manifestazione della vita dell’uomo, compresa
quella associata che può essere oggetto di studio come un organismo.
d) Nascita della sociologia come scienza atta a indagare l’organismo societario, a
individuarne malattie e soprattutto indicare possibili cure.
I.
3. Comte. Il positivismo sociale.
Il positivismo della prima metà del secolo prende le mosse dal pensiero sociale del conte Henri de
Saint-Simon, le cui idee sul potere della scienza influenzarono notevolmente i progressi materiali
dell’industria europea e le correnti socialiste successive, miranti ad una più armonica e giusta
organizzazione sociale. Fra queste le più notevoli e originali furono quelle di Charles Fourier (17721835) e di Pierre-Joseph Proudhon, il cui primo scritto Cos’è la proprietà? contiene la famosa
definizione “La proprietà è un furto”.
Dalla filosofia di Saint Simon prende le mosse il fondatore del positivismo Auguste Comte (17981857). Nato a Montpellier, Comte studiò al Politecnico di Parigi, fu amico e collaboratore di SaintSimon. Nel 1830 pubblicava il primo volume del Corso di filosofia positiva. La parte dell’opera di
Comte che ha avuto maggiore risonanza, diretta o in chiave polemica, è la sua dottrina della
scienza. Nella prima parte della sua carriera egli cercò di trasformare la scienza in filosofia (ovvero
di classificare e codificare le scienze in conformità a principi rigorosi), mentre nella seconda cerca
di trasformare la sua filosofia in una sorta di religione.
“Il bisogno di una rigenerazione universale”, politica e filosofica al contempo, fu la molla che
portò Comte a considerare la “scienza positiva” come la soluzione definitiva a tutti problemi del
genere umano. La “scoperta” fondamentale di Comte, punto di partenza della sua filosofia, è la
Legge dei tre stadi, ossia la legge che spiega, lo sviluppo del pensiero umano, dalle origini ai
nostri giorni. Ogni stadio descrive un modo complessivo di intendere il mondo ed i suoi fenomeni,
“tre modi insomma di fare filosofia”.
Questa legge, che è il cuore del positivismo, riconduce, in sintesi, la storia dell’umanità a tre stadi di
sviluppo: lo stadio teologico, che rappresenta l’infanzia dell’umanità; lo stadio metafisico, la
giovinezza; quello positivo, la maturità del genere umano. Alle origini, l’umanità viveva in una
condizione spirituale teologica, dove, in un mondo incomprensibile ogni evento naturale era
spiegato con l’intervento di cause o potenze sovrannaturali e divine. In seguito, in Grecia nacque la
metafisica. Mediante essa l’uomo vuole comprendere il mondo, le essenze elementari che lo
compongono e le leggi che lo regolano. Nonostante il balzo in avanti, Comte ritiene questo stadio
3
ancora imperfetto poiché, nonostante in esso l’uomo abbia raffinato la propria forza razionale, lo
stadio metafisico altro non è se non “una semplice modificazione del precedente stadio”, in quanto
sostituisce agli agenti soprannaturali principi astratti quali il “principio di causa”, il concetto di
“essenza”. In questo stadio l’uomo, piuttosto che concentrarsi sul mondo dell’esperienza, rivolge la
sua attenzione a ciò che immagina sia nascosto dietro. Nello stato positivo, lo spirito umano, da
Galileo in poi, riconoscendo l’impossibilità di pervenire a ragioni assolute, rinuncia a cercare
l’origine e il destino dell’universo, a conoscere le cause ultime dei fenomeni, per dedicarsi
esclusivamente a scoprire, con l’uso opportunamente combinato del ragionamento e
dell’osservazione, le loro leggi effettive, ossia le loro relazioni invariabili di successione e
somiglianza. In altre parole, il pensiero positivo rinunciando al chiedersi il “perché” delle cose si
concentra esclusivamente sul “come”.
Facendo un esempio pratico, la filosofia positiva accetta che i fenomeni generali dell’universo siano
spiegati dalla legge newtoniana della gravitazione (= la tendenza di tutte le molecole le une verso
le altre, in ragione diretta delle loro masse e in ragione inversa dei quadrati delle loro distanze),2 che
spiega una serie di fenomeni legati alla pesantezza dei corpi ed alla loro attrazione reciproca; ma
rinuncia a spiegare che cosa siano in se stesse l’attrazione e la pesantezza, perché questo lo lascia
“all’immaginazione dei teologi o alle sottigliezze dei metafisici”. A proposito dell’esempio riportato
riguardo alla pesantezza ed all’attrazione, tutte le volte che si è tentato di definire questi principi,
dice Comte, non si è riusciti a far altro che spiegare l’uno per mezzo dell’altro e viceversa,
“dicendo, per quanto riguarda l’attrazione, che essa è un peso universale e poi, per il peso, che
esso consiste semplicemente nell’attrazione terrestre”. Quindi la scienza evita di chiedersi quale
sia la natura intima degli oggetti che misura, dato che il tentativo di spiegare la natura in
termini metafisici porta a contraddizioni insolubili.3
La convinzione di Comte è che tutti i fenomeni, sia quelli naturali che quelli della vita dello spirito,
siano il prodotto di sistemi complessi ma scomponibili nelle loro parti semplici, meccaniche e
materiali. Questo prende il nome di riduzionismo.4 Poiché tale operazione di riduzione non si attua
con la stessa facilità in tutti gli ambiti del sapere, Comte propone l’organizzazione di una
enciclopedia delle scienze in senso gerarchico, che collochi le scienze secondo un ordine di
complessità crescente e comprenda infine quattro scienze fondamentali, da cui esclude le
conoscenze applicate, di cui deve fornire un prospetto fondamentale. L’astronomia, la fisica, la
chimica e la biologia sono tali scienze. Dal novero sono escluse: la matematica in quanto
presupposta come il fondamento di tutte; la logica, che in quanto studio dei metodi di ogni scienza è
interna a ciascuna; la psicologia che Comte non ritiene possa mai pervenire allo stadio di scienza,
poiché da essa non è possibile ricavare dati oggettivi e quantificabili. Inoltre c’è una scienza che
merita a pieno titolo il posto d’onore tra quelle positive ed è la sociologia. Ad essa tutte le altre
dovrebbero essere subordinate come mezzi ad un fine. La “fisica sociale”, come la chiama
Comte, ha il compito di condurre la società ad una nuova e più efficace organizzazione del
vivere comune ed a questo scopo deve costituirsi nella stessa forma delle altre discipline positive,
ossia concepire i fenomeni sociali come soggetti a leggi naturali che ne rendano possibile la
previsione, sia pure nei limiti della loro complessità superiore.
Lo scopo di ogni indagine scientifica è la formulazione della legge  solo la legge permette la
previsione  e solo la previsione dirige e guida l’azione dell’uomo sulla natura. Scienza, donde
previsione; previsione, donde azione. La scienza è previsione, dunque azione.
Essendo l’analisi di Comte esplicitamente diretta a favorire l’avvento di una società nuova che
egli chiama sociocrazia (un regime fondato sulla sociologia, corrispondente a quello teocratico,
fondato sulla teologia), lo studio della società in termini scientifici diviene indispensabile.
“Due corpi, rispettivamente di massa m1 e m2, si attraggono con una forza di intensità direttamente proporzionale al prodotto delle
masse ed inversamente proporzionale al quadrato della loro distanza. Tale forza ha la direzione parallela alla retta congiungente i
baricentri dei corpi considerati”.
2
3
Caro Comte, per altri motivi e differenti scopi, questo è quello che diceva Kant.
È la tendenza a ricondurre la spiegazione di un dato fenomeno ad agenti quanto più elementari e meno numerosi possibile.
Questo è vero, ad esempio, nella fisica delle particelle, che si pone come obiettivo la spiegazione di fenomeni macroscopici
complessi sulla base di poche strutture, relazioni e reazioni microscopiche. Lo vedremo più avanti.
4
4
Statica e dinamica sono le due componenti della fisica sociale. La prima corrisponde al concetto di
ordine e mette in luce la relazione intercorrente tra le varie parti del sistema societario, l’altra studia
lo sviluppo continuo e graduale della società. Il progresso realizza un perfezionamento incessante,
per quanto non illimitato, del genere umano, ma esso non implica che una qualsiasi fase della storia
umana sia inferiore alle altre. La stessa nozione di progresso implica che ciascuno stadio
consecutivo sia il risultato “necessario” del precedente e motore indispensabile del seguente.5
Per Comte, come per Hegel, la Storia è sempre, in tutti i suoi momenti, tutto ciò che deve essere e
in ciò cita De Maistre: tutto ciò che è necessario esiste.6
Avverso alle moderne idee di libertà individuale e pluralismo, Comte concepisce il suo ordine
sociale come un regime assolutista altrettanto organico di quello teologico che dovrebbe
soppiantare. Espresso nel Sistema di politica positiva, questo nuovo ordine positivo interviene a
ripristinare l’unità, culturale e pratica, infranta dall’interregno anarchico della società moderna e
mira a trasformare la filosofia positiva in una religione. Il concetto fondamentale di questa nuova
società è quello di Umanità che deve prendere il posto di quello di Dio. L’umanità come tradizione
ininterrotta e continua del genere umano, che ha saputo gradualmente svilupparsi nelle sue età
primitive (quella teologica e quella metafisica) per giungere all’età positiva, che preannuncia la sua
piena maturità. L’umanità è tributaria di un culto dotato di un cerimoniale e di una morale. Tale
morale è l’altruismo. Vivere per gli altri è la massima fondamentale. Infatti, accanto agli istinti
egoistici l’uomo possiede naturalmente istinti simpatici, che l’educazione positivista può sviluppare
gradualmente sino a renderli predominanti sugli altri.
II. Scienza e filosofia nell’Ottocento.
II.
1. Il Trionfo del meccanicismo e i germi della sua crisi.
Gli orizzonti delle scienze della natura, che ancora per Kant non si spingevano oltre i confini della
meccanica, a partire dall’Ottocento si allargano a dismisura. Con la fondazione della termodinamica
(ad opera di Robert Boyle, Sadi Carnot, Lord Kelvin e Rudolf Clausius7),8 dell’elettromagnetismo
(che trova compiuto fondamento nell’opera di James Clerk Maxwell), col rapido sviluppo della
chimica e d’alcune branche della biologia, la scienza ottocentesca si frantuma in una molteplicità di
ricerche sperimentali, che rendono arduo quel tentativo di unificazione e di connessione organica tra
i diversi territori dell’indagine scientifica auspicato da Comte. La feconda collaborazione tra
scienza e filosofia, realizzata nell’età dell’Illuminismo, entra in crisi ma la pratica scientifica non
riesce, tuttavia, a rinunciare ad alcuni principi prettamente filosofici che fungono da guida
nell’indagine. In tal senso il quadro di riferimento, che fa da sfondo alla ricerca scientifica, è, e
continuerà ad essere fino alla fine del secolo, il meccanicismo di cui troviamo una lapidaria
formulazione nel famoso brano di Pierre Simon de Laplace (1749-1827): Noi dobbiamo
considerare lo stato presente dell’universo come l’effetto del suo stato anteriore e la causa di
quello che seguirà. Un’intelligenza che per un istante dato, conoscesse tutte le forze da cui la
natura è animata e la situazione rispettiva di tutti gli esseri che la compongono, se fosse
abbastanza vasta per sottomettere questi dati al calcolo, abbraccerebbe nella stessa formula i
5
Secondo l’aforisma di Leibniz: Il presente è gravido dell’avvenire.
6
Diplomatico, giurista e filosofo italiano, teorico del giustificazionismo, il conte Joseph de Maistre fu tra i portavoce
più importanti del movimento controrivoluzionario che fece seguito alla Rivoluzione francese. Nato in Savoia, fu
Ambasciatore del re Vittorio Emanuele I presso la corte dello zar Alessandro I.
7
Rudolf Clausius introdusse il concetto di “entropia”. Vedi a pag. 8.
8
La termodinamica o “dinamica del calore”. Argomento di studio principale di questa disciplina sono i gas e le loro
traformazioni, in quanto queste stanno alla base delle macchine termiche, apparati costruiti per convertire il calore in
movimento, l’energia in lavoro. L’elettromagnetismo è la branca della fisica che studia i fenomeni di natura elettrica e
magnetica e le loro correlazioni (come ad esempio i campi magnetici prodotti dalle correnti elettriche e le correnti
elettriche prodotte dai campi magnetici variabili).
5
movimenti dei più grandi corpi dell’universo e quelli del più leggero atomo: niente sarebbe
incerto per essa e l’avvenire, come il passato, sarebbe presente ai suoi occhi.9
Meccanicismo è un termine filosofico usato per indicare una concezione del mondo che evidenzia
la natura esclusivamente corporea, e quindi meccanica, di tutti gli enti che lo compongono, che
implica il rifiuto del finalismo e della metafisica. Vedi voce meccanicismo
La concezione meccanicista, nella sua versione ottocentesca, (perché si parla di meccanicismo
classico, cartesiano e ottocentesco) riconduce il mondo a quattro distinte entità, lo spazio, il tempo,
la materia e il movimento (o forza). Spazio e Tempo sono i contenitori formali entro cui hanno
luogo i fenomeni, spiegabili con le leggi matematiche della meccanica che governano il moto. I
principi che lo caratterizzano sono tre: il determinismo, il riduzionismo e la reversibilità.
►Il determinismo: è la dottrina filosofica secondo la quale tutto ciò che esiste o accade, comprese le
conoscenze e le azioni umane, è determinato da una catena ininterrotta di eventi causali avvenuti in
precedenza. La conseguenza più importante di questo principio è la convinzione che quel che accadrà in
futuro è predeterminato dalle condizioni iniziali. Il determinismo è associato alle teorie del meccanicismo e
della causalità, sulle quali si appoggia.
►Il riduzionismo: è posizione tipica del positivismo, per la quale gli enti, le metodologie o i concetti di una
scienza, devono essere ridotti al minimo sufficiente a spiegare i fatti. In questo senso il riduzionismo può
essere inteso come un’applicazione del cosiddetto rasoio di occam (o “principio di economia”) che
raccomanda di evitare ipotesi aggiuntive, quando quelle iniziali sono sufficienti (= Se una teoria funziona è
inutile aggiungere una nuova ipotesi). Il riduzionismo è scientificamente giustificato, nell’ottocento, dalla
convinzione che tutti i fenomeni di cui abbiamo esperienza siano il prodotto di sistemi complessi, ma pur
sempre scomponibili nelle loro parti più semplici. Un essere vivente con ciò finisce per risultare solo una
macchina complessa.
►La reversibilità: è un principio che si deduce dalla natura dei fenomeni meccanici che risultano
simmetrici rispetto all’inversione del tempo (si pensi agli urti elastici) e implica che il tempo possa essere
percorso indifferentemente in un verso o nell’altro, ove si abbia a che fare con sistemi ordinati. Ad esempio, i
corpi che costituiscono il sistema solare potrebbero, senza alcun’alterazione della fisica, percorrere le loro
orbite in senso opposto dato che comunque dopo un certo lasso di tempo torneranno a presentarsi nella
medesima posizione. Secondo questa visione il tempo non lascia tracce permanenti e pertanto una
qualunque configurazione della materia, qualunque stato del sistema universo può, almeno in teoria tornare a
proporsi, dopo che si è manifestato una volta. In termodinamica una trasformazione reversibile di un
sistema è una trasformazione che, dopo aver avuto luogo, può essere invertita riportando il sistema nelle
condizioni iniziali senza che ciò comporti alcun cambiamento nel sistema stesso e nell’universo. Una
trasformazione per essere reversibile deve essere quasistatica, ossia deve essere effettuata con delle
variazioni infinitesime delle condizioni del sistema in modo che questo possa essere considerato in equilibrio
termodinamico in ogni istante. Il che se è irrealizzabile nella pratica, in quanto richiederebbe un tempo quasi
infinito per compiersi essa rappresentò uno dei principi della scienza positivistica.
Il meccanicismo riposa, in ultima analisi, sull’inconfessata convinzione che lo scienziato possa
osservare il mondo in una condizione assimilabile a quella della Intelligenza cui accenna Laplace,
una condizione di non interferenza assoluta sull’oggetto osservato, da super-osservatore che non
contamina il mondo né ne è contaminato (Nella prospettiva meccanicista manca ogni consapevole
riflessione sulla presenza empirica dello scienziato nel mondo che egli osserva. La
consapevolezza dell’interrelazione necessaria che si instaura tra l’osservatore e il mondo
osservato, sembra assente; per essa si dovrnno attendere i primi decenni del Novecento).
 Inoltre il meccanicismo si fonda sulla volontà di mantenere saldamente distinti e separati gli
ingredienti del mondo. Lo spazio, la materia e l’energia.
Tuttavia, già nell’800, proprio nel momento in cui il meccanicismo sembra celebrare il suo
massimo trionfo, emergono incrinature che iniziano ad eroderne le fondamenta. Non si tratta di
novità nei contenuti (magnetismo, chimica, elettricità) i quali, infatti, contribuiscono a fornire nuovi
argomenti alla tesi meccanicistica, ma di novità nei metodi di indagine e nei modelli interpretativi.

9
Laplace, Teoria analitica delle probabilità, 1812.
6
1. Nell’ambito della matematica, si crea la separazione tra applicazione e ricerca puramente
formale.
2. Nell’ambito dei fenomeni fisici, in particolare nello studio sulla propagazione della luce,
acquisisce rilievo l’ipotesi dell’indistinguibilità tra materia ed energia e si insinua il concetto
di probabilità, contrario a quello di necessità, che assumerà un ruolo fondamentale nella
meccanica statistica.
3. Nell’elettromagnetismo, emerge il modello di campo, che entrerà in concorrenza con quello
newtoniano dell’azione a distanza.
4. Nella termodinamica, emergono teorie che, se da un lato rafforzano la teoria corpuscolare
newtoniana, dall’altro incrinano il principio base del meccanicismo sulla neutralità e
ininfluenza del tempo (dunque il principio di reversibilità).
5. Nell’ambito della biologia, infine, si afferma una prospettiva storica, che, in linea di principio,
si oppone anch’essa al concetto di reversibilità.
Tutti temi, questi, che sono premonitori della seconda rivoluzione scientifica.
1. Intanto, a partire dai primi decenni dell’Ottocento, la matematica tende, progressivamente, ad
acquisire lo status di scienza puramente formale, che ricerca entro se stessa il proprio
fondamento. Svincolata da ogni riferimento sensibile (= utilizzare il numero per calcolare e la
geometria per descrivere lo spazio della nostra comune esperienza), la matematica perviene ad
una libertà assoluta e tende a divenire la scienza, per dirla alla maniera di Leibniz, di ciò che è
logicamente possibile. La ricerca di rigore concettuale favorisce altresì il conseguimento di un
più alto livello di astrazione, sia in aritmetica che in geometria. I numeri complessi acquistano,
ad esempio, pieno diritto di cittadinanza, anche se la fisica non ha ancora individuato una loro
precisa utilizzazione. La geometria può scandagliare le possibilità di spazi alternativi, non
euclidei. La geometria proiettiva, le funzioni complesse, la chiarificazione del concetto di limite,
la teoria dei gruppi, l’algebra astratta e l’algebra logica, sono alcuni dei frutti più significativi
del mutato atteggiamento (ne parleremo ancora più avanti nell’ambito della cosiddetta Crisi dei
fondamenti).
2. Nell’ambito della fisica, le ipotesi riguardo alla teoria ondulatoria della luce [proposta nel
1600 da Huygens e ripresa nell’800 da Augustin Fresnel (1788-1827) e da Michel Foucault
(1819-1868)], si fanno spazio a scapito del modello newtoniano dell’azione a distanza. La
teoria ondulatoria della luce si oppone a quella corpuscolare di Newton e implica l’introduzione
di un medium di propagazione, puramente ipotetico e imponderabile, l’Etere, pervasivo di tutto
lo spazio (compreso l’interno dei corpi) che possiede la capacità di interagire con la materia ma
è difficilmente esperibile.
Teoria ondulatoria e teoria corpuscolare. I due Modelli a confronto.
La teoria ondulatoria di Huygens, affermava che la luce si trasmette per onde, che si propagano in un
fluido, l’etere, allo stesso modo in cui il suono si propaga nell’aria. Il modello ondulatorio permetteva di
spiegare fenomeni quali la riflessione, la rifrazione e la dispersione della luce nei vari colori.
La teoria corpuscolare di Newton, sosteneva che la luce è composta da particelle dotate di energia e
impulso che si propagano in linea retta nello spazio vuoto, e quando incontrano un corpo, se questo è molto
compatto, ne vengono respinti, e rimbalzano elasticamente secondo le leggi dell'urto.
 Secondo Huygens, la luce è un’onda che si propaga in un mezzo che permea tutto l’universo.
 Secondo Newton, la luce è formata da corpuscoli di massa piccolissima, emessi ad elevata velocità dalle
sorgenti luminose.
Le due teorie proponevano due concezioni contrapposte.
Secondo il modello ondulatorio di Huygens, la luce è propagazione di energia e non di materia, ma richiede
un mezzo materiale elastico per propagarsi, l’etere, mentre secondo il modello corpuscolare di Newton
l’energia luminosa si accompagna al trasporto di materia, ma non richiede alcun mezzo per propagarsi.
Entrambi i modelli erano in grado di descrivere in modo coerente la maggior parte dei fenomeni luminosi
conosciuti, ma divergevano radicalmente nell’interpretazione di alcuni di essi, tra cui il fenomeno dei colori,
della rifrazione e la teoria delle ombre.
7
3. La teoria meccanicistica e newtoniana dello spazio risultava incrinata anche dagli studi del
danese Hans Cristhian Oersted (1777-1851) che ipotizzavano la stretta relazione tra
magnetismo ed elettricità (avanzata in precedenza dal filosofo italiano Gian Domenico
Romagnosi, da Benjamin Franklin da Schelling), rendendo problematica la distinzione
meccanicistica fondamentale tra spazio, materia ed energia.
Gli esperimenti del fisico francese André Marie Ampère (1775-1836) confermarono la stretta
connessione tra magnetismo ed elettricità di Oersted, ma il rimando all’ipotetico (e poco
dimostrabile) etere restava un elemento di forte imbarazzo. Sarà l’inglese Michael Faraday
che, respingendo l’interpretazione newtoniana dell’azione a distanza, con i suoi esperimenti
sulla limatura di ferro in prossimità del magnete, ipotizzerà uno spazio dinamico, percorso da
molteplici linee di forza. È una fisica del continuo,10 quella di Faraday, che pone le basi, non
solo per la fondazione rigorosa della teoria del campo (che sarà opera di Maxwell) ma anche
per il definitivo superamento del “dualismo materia-energia”, che troverà conferma nella
teoria della relatività ristretta.
Fu, però, lo scozzese James Clerk Maxwell (1831-1879), che, con le sue quattro equazioni,
elaborò la prima teoria moderna sull’elettromagnetismo. Le quattro equazioni di Maxwell
dimostrano che l’elettricità, il magnetismo e la luce sono tutte manifestazioni del medesimo
fenomeno: il campo elettromagnetico. Maxwell dimostrò che il campo elettrico e magnetico si
propagano attraverso lo spazio sotto forma di onde alla velocità costante della luce. Egli
ipotizzò per primo che la natura ondulatoria della luce fosse la causa dei fenomeni elettrici e
magnetici. Tuttavia, egli rimase ancora legato alla teoria classica – ora abbandonata – della
propagazione della luce attraverso l’etere luminifero, come abbiamo visto, un mezzo ineffabile e
sfuggente ad ogni misurazione sperimentale che avrebbe permeato lo spazio vuoto.
4. Come anticipato, gli studi sulla termodinamica se, da un lato, rafforzavano la teoria
corpuscolare e quella della separazione tra spazio e materia, dall’altro incrinavano la tesi sulla
neutralità e ininfluenza del tempo di fronte agli eventi, mostrando come tali eventi si dipanino
in una storia irreversibile, le cui vicende possono essere in qualche modo anticipate, non sulla
base di previsioni deterministiche, ma in virtù di semplici considerazioni probabilistiche.
Lo studio sulla natura del calore non aveva fatto apprezzabili progressi dai tempi di Galileo,11
fino a quando, sulla base delle riflessioni intorno al movimento delle macchine progettate da
James Watt, l’ingegnere francese Sadi Carnot (1796-1832) diede una prima formulazione del
secondo principio della termodinamica in base al quale “è possibile estrarre lavoro dal calore
solo disponendo di due sorgenti a temperatura differente e il lavoro estratto è proporzionale al
dislivello termico tra le sorgenti stesse”. Il primo principio della termodinamica (o principio di
“conservazione dell’energia”), successivo di trenta anni, si ricollega direttamente al dinamismo
settecentesco di ascendenza leibniziana. Mentre per Cartesio, padre del meccanicismo moderno,
ciò che si conserva in-de-fi-ni-ta-men-te è la materia e, in subordine, quel particolare stato della
materia che è la quantità di moto, per Leibniz, invece, è l’energia cinetica, che lui chiama
forza viva, a costituire la sostanza del mondo.
Il principio leibniziano dell’indistruttibilità della forza viva, trovava conferma scientifica
nella teoria del tedesco Hermann Helmholtz, (1821-1894) che, nel 1847, riassumendo gli studi
del fisico inglese James Jules (1818-1889), pubblicava la legge sulla conservazione
dell’energia. Ricollegabile storicamente al dinamismo settecentesco, alla cui base sta
l’equivalenza tra calore e lavoro, la legge afferma che, sebbene possa essere trasformata e
convertita da una forma all’altra, la quantità totale di energia di un sistema isolato è una
costante, ovvero il suo valore si mantiene immutato
(ΔEG = 0) (ΔED = 0) (l’energia non si genera) (l’energia non si distrugge).
10
E chiamato continuo un insieme (o sistema) che contiene infiniti elementi tra i quali non vi sono spazi vuoti.
Per il quale il calore era interpretato come un movimento di particelle. A questa teoria si opponeva quella accolta da
Laplace per cui il calore originava da un fluido imponderabile, il Calorico.
11
8
Tale teoria (nota anche come “primo principio della termodinamica”) sembrava richiamare in
vita il vecchio miraggio del moto perpetuo.
Ma un’energia indistruttibile non significa un’energia perennemente disponibile e l’analisi
dei processi di trasformazione dell’energia meccanica in energia termica mostrava, con Lord
William Thomson Kelvin (1824-1907), la tendenza ineluttabile e universale della natura verso
la degradazione e la dissipazione dell’energia e Rudolf Clausius (1822-1888) individuava
nell’Entropia (una funzione di stato data dal rapporto tra quantità di calore e temperatura)12
una nuova grandezza capace di misurare il progressivo e inarrestabile incremento di disordine, di mescolanza, verso cui tende un sistema termodinamico.
Studi, ricerche, ma anche meditazioni, che inevitabilmente coinvolgevano la filosofia sui
problemi legati al tempo e all’universo.
Utilizzando i rapporti tra energia ed entropia, Clausius aprì la strada alla scoperta che l’entropia
del sistema universo tende ad aumentare sempre, fino ad un ad un massimo, raggiunto il quale
l’universo stesso si troverà in uno stato di morte immodificabile (grazie Clausius, ne avevo
bisogno!)
Inoltre, una nuova disciplina, la “meccanica statistica” elaborata da James Maxwell e dal fisico
teorico austriaco Ludwig Boltzmann (1844-1906), detto “il terrorista algebrico”, riuscì, in termini
probabilistici e sulla base di un modello puramente meccanico, a fornire piena spiegazione della
spontanea e misteriosa tendenza della natura a dissipare l’energia prodotta, tendenza già individuata
da Lord Kelvin. La nuova disciplina offriva gli strumenti per trattare statisticamente i moti
disordinati delle molecole, per i quali è impensabile un’analisi individuale (= come i controlli sulle
uova negli allevamenti) e conferiva rilievo alla probabilità nello studio dei fenomeni fisici (il
concetto di “probabilità” sino a quel momento era escluso dal campo della fisica).
In questa nuova disciplina, i moti molecolari sono meccanici, dunque pienamente reversibili; anzi
potremmo dire che essi rappresentano l’ambito in cui il modello meccanico funziona meglio. Ma…La
reversibilità a livello molecolare dei moti meccanici, si trasforma “de facto” in irreversibilità a
livello macroscopico (= il sistema universo), e questo per una legge probabilistica di natura
matematica, la stessa che ci dice quanto sia improbabile un terno secco.13
Ogni sistema fisico isolato tende spontaneamente ad evolvere (meglio dire “mutare) da una
condizione di ordine ad una di disordine,14 da una configurazione improbabile ad una più
probabile, e il grado di probabilità o di disordine di un sistema fisico, cioè la sua entropia,
costituisce in un certo senso la misura del tempo trascorso, la traccia lasciata dietro di sé dal tempo.
La termodinamica, a livello filosofico, evidenziava una conclusione sconcertante, l’universo, se
può essere considerato un sistema chiuso, è volto verso una progressiva morte termica, ossia,
secondo la visione prospettata da Clausius, da Kelvin e Helmholtz, è volto verso una
configurazione in cui non si può ipotizzare alcuna forma di organizzazione. La meccanica
statistica, così, se pure di controvoglia, era costretta a far posto all’asimmetria del tempo, alla sua
irreversibilità. L’universo ha una storia che si dipana tra un non ben definibile “principio” ed una
“fine”, caratterizzata da un totale livellamento termico. Questa teoria “del tempo asimmetrico” e
della morte dell’universo era un’ipotesi terrificante per un’epoca dominata dal mito e dall’ideologia
del progresso, infatti venne accettata solo all’inizio del secolo successivo, passato il tempo
dell’ottimismo positivistico, quando si venne a trovare in sintonia con talune visioni tragiche
dell’esistenza o con la riscoperta della trascendenza.15
12
In termodinamica, una funzione di stato è una funzione delle variabili di stato che descrivono gli stati di equilibrio di
un sistema termodinamico.
13
Se non ne siete convinti andatevi a studiare le equazioni di Boltzmann.
14
Questo potevano chiederlo a me, dopo che ho appena fatto le pulizie.
15
Un esperimento condotto al Cern di Ginevra NEL 1998 ha dimostrato, per la prima volta, che la materia distingue tra
passato e presente. Il risultato contrasta con la convinzione espressa da Einstein, prima di morire, che il tempo, a livello
subatomico, non esiste.
9
II.
2. Il Positivismo evoluzionistico.
Il concetto di Entropia, emerso dagli studi sulla termodinamica di Robert Clausius e allegri
compagni, reintroduceva in fisica la nozione di disordine già affermata da Empedocle e quella di
“asimmetria del tempo”, per la quale ogni sistema fisico isolato tende spontaneamente a un
progressivo passaggio da una condizione di ordine a una di disordine, passaggio del quale il tempo
lascia invariabilmente una traccia.
Le ricerche sulla biologia, allo stesso modo, sviluppano un tema già affrontato dall’Illuminismo,
vale a dire la convinzione che la vita sulla terra abbia una storia e segua una sua evoluzione, ma in
senso opposto a quello evidenziato dalla termodinamica, poiché la traccia lasciata dietro di sé dal
tempo evidenzia il lento affermarsi di una organizzazione.
Il primo tentativo di sistematizzare l’idea di un processo evolutivo della vita lo dobbiamo a Jean
Baptiste Lamark (1744-1822). Nella sua Filosofia Zoologica (1809) e nella Storia Naturale degli
invertebrati (1815-1822) egli enunciava la sua “teoria di trasformismo biologico”, fondata sulla
non provata ipotesi di un’originaria tendenza della vita ad organizzarsi in forme sempre più
complesse e ramificate. Tale intuizione, osteggiata dai sostenitori del fissismo come Georges
Cuvier (1769-1832), rimase inascoltata. Ad essa, Georges Cuvier (1769-1832) oppose “la teoria
della catastrofi”, che postulava la sparizione delle specie fossili ad opera di cataclismi che
periodicamente hanno distrutto sulla terra le specie viventi. Dobbiamo attendere fino alla seconda
metà del secolo perché l’evoluzionismo riprenda vigore su solide basi scientifiche, con l’intervento
di Charles Darwin.
In termini filosofici l’“evoluzionismo positivistico” è l’indirizzo di pensiero che consiste
nell’assumere il concetto biologico di evoluzione, desunto dalle dottrine di Lamark e Darwin, quale
fondamento di una teoria generale della natura e nell’identificare nella stessa evoluzione la
manifestazione di una realtà ignota e infinita. Condizionata dal presupposto romantico, che il finito
sia manifestazione dell’infinito, tale teoria evoluzionistica generale presuppone che i singoli
processi evolutivi, accertabili frammentariamente dalla scienza in alcuni aspetti della natura, siano
saldati, gli uni agli altri in un processo unico, universale, continuo e necessariamente progressivo.
Visto sotto questo aspetto l’evoluzionismo positivistico è l’estensione al mondo naturale del
concetto di Storia elaborato dall’idealismo romantico.
Se il presupposto filosofico dell’evoluzionismo è il principio idealistico dell’infinito che si realizza
nel finito, il punto di partenza di fatto è la teoria biologica, avanzata da numerosi studiosi (Buffon,
Lamarck, Lyell) della “trasformazione della specie”, che ebbe la definitiva dimostrazione soltanto
con le osservazioni e gli esperimenti di Charles Darwin (1809-1882), il quale, nel 1859, diede alle
stampe L’origine della specie.
Il nucleo della teoria di Darwin si fonda sulla legge della “selezione naturale”, la quale viene
desunta dall’osservazione di due ordini di fatti.
1) L’esistenza di piccole variazioni organiche che si verificano negli organismi viventi nel
corso del tempo sotto l’influenza delle condizioni ambientali.
2) La lotta per la vita osservabile negli individui delle varie specie che tendono a moltiplicarsi
in progressione geometrica (tale legge è desunta dalla dottrina di Malthus).
Da ciò consegue che gli individui che presentano mutamenti organici più vantaggiosi hanno
maggior probabilità di sopravvivere nella lotta per la vita, e in virtù del principio di
ereditarietà vi sarà maggior tendenza a conservare, nelle generazioni future, i caratteri
accidentali acquisiti.
La teoria ci dice che la natura ha selezionato gli individui più resistenti e scartato quelli “inadatti”, e
questo vale anche per le specie, alcune delle quali sono sopravvissute ed altre no, e di queste ultime
rimangono tracce nei residui fossili. Per Darwin “la selezione naturale agisce solamente per il bene
di ciascun individuo […] e tenderà a progredire verso la perfezione”. Attraverso l’opera di Darwin
la scienza ha inserito l’intero mondo degli organismi viventi nella storia progressiva dell’universo, e
10
per quanto Darwin si fosse definito “agnostico” riguardo alla credenza in una “finalità” superiore
della natura l’intera struttura della sua teoria si fonda sul presupposto dell’idea di progresso che
dominava il clima romantico dell’epoca.16
II. 3. Lamarck e Darwin più da vicino
Verso la fine del XVIII, lo zoologo e naturalista francese Jean-Baptiste Lamarck coniò il termine biologia
ed elaborò la teoria sull’ereditarietà dei caratteri acquisiti. Con la pubblicazione, nel 1809, dell’opera
Philosophie zoologique giunse alla conclusione che gli organismi, così come si presentavano, fossero il
risultato di un processo graduale di modificazione che avveniva sotto la pressione delle condizioni
ambientali.
La sua è considerata la prima teoria evoluzionista e si basa su tre principi:
1) Il principio di mutazione in grado di render conto della varietà di specie esistenti: Lamarck
riteneva che poche specie fossero riuscite a mutare nel corso degli anni.
2) L’uso e il non uso degli arti: le specie avevano, con il tempo, sviluppato gli organi del loro corpo che
permettevano di sopravvivere e di adattarsi all’mbiente. Per spiegare questa idea ricorse all’sempio
delle giraffe: in un primo momento, secondo Lamarck, sarebbero esistite solo giraffe con il collo corto;
queste ultime, per lo sforzo fatto per arrivare ai rami più alti, sarebbero poi riuscite a sviluppare collo
e zampe anteriori e quindi ad avere quindi organi adatti alle circostanze.
3) L’ereditarietà dei caratteri acquisiti: le specie erano in grado di tramandare i caratteri acquisiti (il
collo e le zampe più lunghi nel caso delle giraffe) ai discendenti.
La teoria di Lamarck consiste nell’affermazione “l’uso crea l’organo” e questo è tramandato alla
discendenza.
La teoria evoluzionista successiva ha abbandonato la teoria lamarckiana, soprattutto per quanto riguarda
l’reditarietà dei caratteri acquisiti. È ormai appurato che le mutazioni somatiche non si possono trasmettere
ereditariamente, perché esse non intervengono sul patrimonio genetico dell’individuo che sarà poi trasmesso
alla progenie. Tuttavia, gli ultimi studi sul citoplasma, sulla clonazione somatica riproduttiva nei mammiferi
e sui citoplasti universali stanno dimostrando che tale teoria, contrariamente a quanto era stato ritenuto in
precedenza, è integrabile, in alcune sue parti, con quella della selezione naturale del biologo inglese
Charles Darwin (che era tra l’ltro un estimatore di Lamarck).
Nonostante ciò, Lamarck rimane il primo scienziato a propugnare una teoria evoluzionista che affermasse la
mutazione delle specie nel corso del tempo (idea che sarà poi condivisa da Darwin). In questo modo egli
portava la biologia fuori dal campo della filosofia e dal creazionismo e fondava una prospettiva dinamica
della storia naturale.
Charles Robert Darwin (1809-1882)
Il suo nome è legato alla teoria dell’evoluzione delle specie (animali e vegetali) per selezione naturale e per
aver teorizzato la discendenza di tutti i primati (uomo compreso) da un antenato comune. Pubblicò la sua
teoria sull'evoluzione delle specie nel libro L’origine delle specie (1859), che è rimasto il suo lavoro più
noto. Raccolse molti dei dati su cui basò la sua teoria durante un viaggio intorno al mondo in cui visitò le
isole di Capo Verde, le Isole Falkland, la costa del Sud America, l’Australia e in particolare durante la sua
sosta alle Isole Galápagos. Al suo ritorno nel 1836, Darwin analizzò campioni di specie animali e vegetali
raccolti e notò somiglianze tra fossili e specie viventi della stessa area geografica. In particolare, notò che
ogni isola dell’arcipelago delle Galápagos aveva proprie forme di tartarughe e specie di uccelli differenti per
aspetto, dieta, eccetera, ma per altri versi simili.
Nella primavera del 1837 gli ornitologi del British Museum, a cui si era rivolto, lo informarono che le
numerose e piuttosto differenti specie che egli aveva raccolto appartenevano tutte ad uno stesso gruppo (cui
appartengono anche i comuni fringuelli). La lettura del saggio sui principi della popolazione di Thomas
Malthus (1798) (in cui si teorizzava il concetto di disponibilità di risorse alimentari intesa come limite alla
numerosità delle popolazioni animali) gli forniva l’idea per la teoria dell’evoluzione per selezione naturale
e sessuale. Darwin ipotizzò che, ad esempio, le differenti tartarughe avessero avuto origine da un'unica
specie e si fossero diversamente adattate nelle diverse isole.
Il termine “Agnostico” è stato creato dal naturalista Thomas Huxley che, nel 1869, giunse a considerazioni evoluzionistiche
analoghe a quelle di Darwin e che di lui divenne fervido seguac. Il termine implica un riferimento all’impossibilità di trovare, nel
dominio della scienza conferme o disconferme decisive delle credenze religiose tradizionali.
16
11
Consapevole dell’impatto che la sua ipotesi avrebbe avuto sul mondo scientifico, Darwin si mise ad indagare
attivamente alla ricerca di eventuali errori, facendo esperimenti con piante e piccioni e consultando esperti
selezionatori di diverse specie animali. Nel 1842 stese un primo abbozzo della sua teoria, e nel 1844 iniziò a
redigere un saggio di in cui esponeva una versione più articolata della sua idea originale sulla selezione
naturale. Fino al 1858 (anno in cui Darwin si sarebbe presentato alla Linnean Society di Londra)17 non smise
mai di limare e perfezionare la sua teoria.
Con la teoria evoluzionistica Darwin dimostrò che l’evoluzione è l’elemento comune, il filo conduttore
della diversità della vita. Secondo una visione evolutiva della vita, i membri dello stesso gruppo si
assomigliano perché si sono evoluti da un antenato comune. La teoria evoluzionistica di Darwin si basa
su tre presupposti fondamentali:
1. Riproduzione: tutti gli organismi viventi si riproducono con un ritmo tale che, in breve tempo, il
numero di individui di ogni specie potrebbe non essere più in equilibrio con le risorse alimentari e
l’ambiente messo loro a disposizione (teoria di Malthus).
2. Variazioni: tra gli individui della stessa specie esiste un'ampia variabilità dei caratteri; ve ne sono di
più lenti e di più veloci, di più chiari e di più scuri, e così via.
3. Selezione: esiste una lotta continua per la sopravvivenza all’interno della stessa specie e anche
all’esterno. Nella lotta sopravvivono gli individui più favoriti, quelli meglio strutturati per sfruttare le
risorse naturali messe loro a disposizione, ottenendo un vantaggio riproduttivo sugli individui
meno adatti.
La selezione naturale avviene quando variazioni ereditabili vengono esposte a fattori ambientali che
favoriscono il processo riproduttivo di alcuni individui rispetto ad altri. Egli affermò che l’evoluzione di
nuove specie deriva da un accumulo graduale di piccoli cambiamenti. Ciascuna specie presenta una
propria serie di adattamenti, ossia di caratteristiche che si sono evolute mediante la selezione naturale;
comprendere in che modo gli adattamenti si sono evoluti per selezione naturale è di estrema importanza nello
studio della vita quindi nella biologia.
II.
4. Spencer (da non fare).
L’idea di progresso, esteso alla totalità del mondo, ed il suo valore quasi divino sono alla base del
Sistema di filosofia sintetica, diffuso nell’1860 da Herbert Spencer (1820-1903). Ingegnere delle
ferrovie inglesi, abbandonata la carriera si dedicò alla sua attività di scrittore e filosofo. Nel saggio
Il progresso, sua legge e causa, del 1857, l’evoluzionismo è interpretato come evidente
affermazione del progresso, inteso come fatto universale e cosmico.
L’evoluzione, per Spencer, è un processo durante il quale elementi disomogenei e separati entrano
in reciproca dipendenza. Coerentemente con il positivismo, Spencer riscontra analogie tra
l’organismo individuale e l’organismo sociale. Entrambi vedono l’aumentare della loro massa con il
passare del tempo, mutare la loro struttura, che diviene più complessa, aumentare l’interdipendenza
delle loro parti e sopravvivere alla morte delle loro singole componenti. Il suo pensiero è quindi
basato sul connubio tra l’evoluzionismo darwiniano ed una visione sociologica organicista che
prende le mosse da Comte.
Il carattere divino della realtà, disvelata dal progresso cosmico, è il punto di partenza dei Principi
primi, il suo scritto filosofico fondamentale. Nella prima parte dello scritto “L’inconocibile”, viene
prospettata la possibilità di una conciliazione tra religione e scienza, dato che entrambe hanno come
oggetto un mistero, che da sempre esige di essere interpretato. La natura ultima della realtà, di cui
la scienza studia le manifestazioni è un enigma impenetrabile e tale è destinato a rimanere. E questo
perché la nostra conoscenza è chiusa entro i limiti del relativo e ad essa è precluso l’accesso alla
realtà suprema, sia che la chiamiamo Assoluto o Infinito. Se la scienza è limitata al fenomeno,
questo non significa che esso sia pura apparenza. I fenomeni sono per Spencer una meravigliosa
manifestazione dell’Inconoscibile, “gli effetti condizionati di una causa incondizionata”, ma non per
questo sono meno reali di essa. Il rapporto di reciproco rispetto tra la religione e la scienza si fonda
17
La Linnean Society of London è la maggiore associazione del mondo per lo studio e la diffusione della tassonomia
e della storia naturale, fondata nel 1788, deve il nome al celebre naturalista svedese Carl von Linné.
12
sul fatto che la prima deve riconoscere l’Inconoscibile e la seconda agire all’interno del conoscibile.
E la filosofia? Ad essa spetta la conoscenza al suo più alto grado di generalità. La filosofia è la
rappresentante stessa della teoria evolutiva, poiché è il prodotto finale di quel processo che
comincia con la raccolta di osservazioni isolate e termina con le proposizioni universali. Essa deve
assumere come suo proprio materiale e punto di partenza i principi più vasti e generali ai quali la
scienza è giunta. “Unificare i risultati delle varie scienze in una generalizzazione superiore”,
per questo Spencer definisce il suo pensiero come sistema di filosofia sintetica. I risultati
generali raggiunti dalle varie discipline scientifiche sono riassumibili in tre principi:
 L’indistruttibilità della materia,
 La continuità del movimento,
 La persistenza della forza.
Tali principi generali richiedono una formula sintetica che implichi una redistribuzione della
materia e della forza e Spencer la identifica con legge dell’evoluzione per la quale la materia passa
da uno stato di dispersione a uno di concentrazione, mentre la forza che ha operato tale
concentrazione si dissipa.
I Primi Principi definiscono la natura e i caratteri generali dell’evoluzione che è un processo che si
attua attraverso tre passaggi:
1) Passaggio dall’incoerente al coerente,
2) Passaggio dall’omogeneo all’eterogeneo,
3) Passaggio dall’indefinito al definito.
1) Possiamo ritrovare questa tendenza a passare da uno stato di disgregazione ad uno di coerenza e
di armonia nello sviluppo del sistema solare, in un organismo animale, in una nazione.
2) Ogni organismo, animale o vegetale, si sviluppa attraverso la differenziazione delle sue parti,
che da principio sono chimicamente o biologicamente indistinte poi si differenziano fino a
formare organi diversi. questo processo è proprio di ogni sviluppo in qualsiasi campo della
realtà.
3) Indefinita è per esempio la condizione di una tribù selvaggia, in cui non c’è specificazione dei
compiti e delle funzioni come in una società civile.
L’evoluzione è dunque per Spencer un’integrazione di materia e una concomitante dissipazione di
movimento, durante la quale la materia passa da un’omogeneità indefinita e incoerente ad una
eterogeneità definita e coerente; durante la quale il movimento conservato soggiace ad una
trasformazione parallela. Un processo necessario, il cui punto di partenza, l’omogeneità è uno
stato instabile che deve trapassare nell’eterogeneità per raggiungere l’equilibrio. Essa deve
cominciare, e una volta cominciata deve continuare, il senso di questo processo è ottimistico.
Spencer applica il principio evolutivo al campo di varie scienze, dalla biologia, alla psicologia alla
sociologia e all’etica. In contrasto con la sociologia di Comte, e con l’indirizzo generale del
positivismo, quella di Spencer è orientata verso la difesa di tutte le libertà individuali, in quanto il
tema che la guida è il principio che lo sviluppo sociale deve essere lasciato in mano alla forza
spontanea che lo presiede e che dunque l’intervento dello stato nei fatti sociali non è che un
elemento di disturbo. Inoltre tale sviluppo sociale è lento, graduale e inevitabile tanto da render
inutili quelle idee di riforma proclamate dal positivismo sociale. Ogni tentativo di bruciare le tappe
dell’evoluzione storica, ogni sogno di visionari e utopisti, non fa che ritardare o sconvolgere il
naturale processo dell’evoluzione. Questo non significa però che l’individuo debba passivamente
subire il corso degli eventi, l’attuale regime industriale, come lo chiama, fondato sull’attività
indipendente degli individui, libero dal regime statale, lo determina a rafforzare le sue esigenze e a
rispettare quelle degli altri, rinvigorendo la coscienza dei diritti personali e motivandolo a resistere
agli eccessi del controllo statale. E questo in vista di un terzo regime sociale che concili insieme
egoismo e altruismo. Possibilità questa che può essere prospettata soltanto dall’etica. La tensione
verso una vita più lunga ed intensa è ciò che si deve intendere per felicità e la morale di Spencer è
13
una morale edonistica, ma non utilitaristica nel senso prospettato da Bentham o dai Mill, perché
sebbene il fine ultimo e indiretto della moralità sia l’utile collettivo, il movente diretto di essa è il
dovere.
Un dovere che è un a-priori per il singolo, ma non lo è per la specie. quella di Spencer è un etica
evolutiva, che da conto del sorgere del sentimento morale quale frutto di esperienze ripetute e
accumulate attraverso il succedersi di innumerevoli generazioni. Queste esperienze hanno prodotto
la coscienza morale. Secoli di Coazioni esterne, politiche, religiose e sociali hanno prodotto un
sentimento di coazione puramente interiore e autonomo.18
Col procedere del completo adattamento dell’uomo allo stato sociale, le azioni più elevate, richieste
per lo svolgimento armonico della vita sociale, l’altruismo, il sacrificio, diverranno con
l’evoluzione così comuni come ora lo sono quelle azioni inferiori cui ci spinge il semplice
desiderio.. l’evoluzine morale, facendo coincidere la soddisfazione del singolo col benessere e la
felicità altrui (concetto di simpatia) provocherà l’accordo finale dell’altruismo e dell’egoismo.
(E vissero 100 anni felici e contenti!).
III. Positivismo e Illuminismo a confronto.
Come abbiamo detto, caratteristica comune dei pensatori positivisti è la celebrazione della scienza
e per questo il positivismo è stato spesso interpretato come una ripresa dell’Illuminismo: la
metafisica, infatti, viene emarginata e la fiducia nelle possibilità della ragione viene limitata al solo
ambito scientifico. E soprattutto il tema comune alle due correnti di pensiero è la finalità sociale del
sapere: la scienza ha un senso soltanto quando serve a produrre strumenti di trasformazione della
natura volti al benessere sociale. Ma le differenze tra i due movimenti sono sostanziali.
 Il Positivismo si discosta notevolmente dalla corrente illuministica, fautrice degli ideali tradotti in
atto nella Rivoluzione Francese, per una minor carica polemica, che porta i positivisti a
teorizzare o appoggiare un riformismo anti-rivoluzionario; una divergenza, questa, dovuta al
differente momento storico in cui si sviluppano le due correnti filosofiche. Infatti, mentre gli
illuministi si fanno promotori dell’ascesa economica e politica della borghesia e si fanno
sostenitori di un progresso ancora da costruire, i positivisti agiscono in una situazione
intellettuale e sociale in cui dominano già una visione laica e borghese della vita.
 Diverso è l’approccio nei confronti della scienza. Mentre gli illuministi sono spinti ad una
fondazione critica della scienza in grado didissolvere le credenze a-critiche, metafisiche e
religiose, i positivisti, che ripongono nel sapere scientifico e nelle sue applicazioni pratiche una
fiducia spesso a-critica, tendono ad assolutizzare tale sapere, quasi con fede religiosa, così come
i romantici erano ricorsi all’assolutizzazione dell’arte e del sentimento.
IV. Positivismo e Idealismo romantico a confronto.
Il dissimile retroterra culturale, il differente contesto linguistico, economico e sociale tra il
l’idealismo e il positivismo, sono innegabili ed evidenti. L’uno nasce in Germania come reazione al
criticismo kantiano, l’altro in Francia connesso all’eredità illuministica. L’uno parla in termini di
filosofia speculativa, di Spirito e Dialettica, l’altro in termini di scienza, di umanità e di progresso.
L’uno si afferma in una società, come quella tedesca, dove non vi è stata rivoluzione borghese,
l’altro in una società che ha conosciuto il più grande rivolgimento politico dell’età moderna, la
rivoluzione francese. L’uno è collegato al ceto medio di una società pre-industriale, l’altro esprime
interessi e ideologie della borghesia capitalistica. Tutte queste differenze, però, non escludono
l’esistenza di analogie tra il romanticismo e il positivismo o l’esistenza di sotterranei influssi del
primo sul secondo. Colto nel suo aspetto filosofico, il positivismo potrebbe essere il
romanticismo della scienza. E questo per l’enfatizzazione ed esaltazione del sapere positivo
assunto come unica verità e guida della vita umana. Come i romantici e gli idealisti, presi dalla
18
Oggi potremmo dire che la morale è cultura interiorizzata.
14
brama di infinito, tendevano a caricare la poesia o la filosofia di un valore assoluto, così i
positivisti, partecipi di un’analoga “mentalità assoluta”, tendono ad attribuire alla scienza, un
significato quasi religioso. Il tratto formale che accomuna i due movimenti è il riferimento ad una
medesima categoria di base che è quella della totalità processuale necessaria, ossia positivisti ed
idealisti romantici fanno entrambi ricorso alle nozioni di “sviluppo ineluttabile” e “divenire
ascendente”, interpretando il loro oggetto di studio, sia esso la natura, oppure l’uomo o la storia,
come un processo verso l’alto, nel quale ogni evento è il risultato di un progresso rispetto al
passato e condizione di un miglioramento futuro. Questo schema è stato elaborato dall’Idealismo,
soprattutto da Hegel (come svolgimento necessario dello Spirito), e, contemporaneamente, da
Comte, come chiave di lettura della storia e dei suoi stadi in cui passa necessariamente l’Umanità
nel suo sviluppo progressivo; in seguito il concetto è stato esteso alla intera realtà
dall’evoluzionismo, che ne ha fatto una piattaforma valida per la formazione dei cieli come per la
dinamica delle civiltà. Di là dallo specifico linguaggio tecnico, idealisti e positivisti tendono a
considerare il finito, come manifestazione di una realtà infinita: l’Io di Fichte, l’Assoluto di
Schelling, lo Spirito di Hegel, l’Umanità di Comte, l’Inconoscibile di Spencer, l’Indistinto di
Ardigò, la Materia di Ernst Haeckel.19 Tant’è vero che anziché presentarsi come “teorico” di una
proposta etico-politica, come il filosofo illuminista, il filosofo, sia idealista che positivista, si
presenta quale “profeta” di una situazione futura, inscritta nelle cose stesse e garantita dal corso del
mondo. Da ciò la celebrazione idealistica dell’esistente “il reale è razionale” o il culto positivista del
dato “il fatto è divino”, che porta questi filosofi ad assumere un atteggiamento essenzialmente
giustificazionista del reale, in campo politico e culturale; da ciò la comune polemica contro
l’individualismo illuminista e la tendenza a risolvere e a integrare l’individuo in totalità statali,
sociali, storiche, biologiche o cosmiche, in relazioni di fronte alle quali perdono di significato quelle
situazioni esistenziali che per Kierkegaard e l’esistenzialismo novecentesco costituiscono la trama
irriducibile dell’esistenza singola. Questo modo di rapportarsi alla realtà e alla storia si riassume in
una mentalità ottimistica, che è l’orizzonte categoriale dell’intera cultura dell’ottocento. Pur
rappresentando un momento peculiare della cultura ottocentesca, il positivismo, se da un lato
risulta geneticamente connesso all’illuminismo dall’altro appare concettualmente impregnato di
romanticismo.20
Definizione sintetica
Il positivismo è un movimento filosofico e culturale che nasce in Francia nella prima metà dell’800
e si diffonde nella seconda metà del secolo a livello europeo e mondiale. Ispirato ad alcune idee
guida fondamentali riferite all’esaltazione del progresso e del metodo scientifico, il positivismo non
si configura come un pensiero filosofico organizzato in un definito sistema, come quello che aveva
caratterizzato la filosofia idealistica, ma piuttosto come un movimento per certi aspetti simile
all’Illuminismo, di cui condivide la fiducia nella scienza e nel progresso, e, per altri aspetti, affine
alla concezione romantica della storia.
Le teorie di Haekel sono frutto della fusione della “teoria delle metamorfosi” di Goethe, del trasformismo di JeanBaptiste Lamarck e della “discendenza con modificazioni” di Charles Darwin. La sua teoria della ricapitolazione è
riassunta nella frase “l’ontogenesi (= dell’individuo, l’insieme dei processi mediante i quali si compie lo sviluppo
biologico del singolo essere vivente, dall’embrione allo stadio adulto) riassume la filogenesi (= della specie, il processo
evolutivo degli organismi, vegetali e animali, dalla loro comparsa sulla Terra a oggi)”.
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Nicola Abbagnano-Giovanni Fornero Filosofi e Filosofie nella Storia vol. 3. Paravia. Pag. 287.
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