SCIENZE UMANE E DELL’EDUCAZIONE Direttore Lanfranco R Università degli Studi e–Campus Comitato scientifico Giuseppe A Università degli Studi di Salerno Fernando L B Universidad de Burgos Artisti dell’educazione La professionalità educativa tra necessità e possibilità a cura di Alessia Bartolini Contributi di Fabrizia Angelini, Letizia Bargelli, Alessia Bartolini Federico Batini, Samantha Bonucci, Fabrizio Bosimini Silvia Crispoldi, Luca Deganutti, Silvia Fornari Maria Grazia Riccardini, Agnese Rosati, Achille Rossi Paolino Trani, Francesco Claudio Ugolini Copyright © MMXII ARACNE editrice S.r.l. www.aracneeditrice.it [email protected] via Raffaele Garofalo, /A–B Roma () ---- I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento anche parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Non sono assolutamente consentite le fotocopie senza il permesso scritto dell’Editore. I edizione: giugno Indice Presentazione Introduzione Parte I La professionalità dell’educatore Educare nella complessità sociale Alessia Bartolini . Un’educazione complessa, – . La relazione educativa: tra autorità e libertà, – . I luoghi dell’educazione, – . I contenuti e gli strumenti dell’educazione, – . L’educazione come fine, – .. Promuovere la libertà personale e sociale, – .. Educare il pensiero critico, – . Il sistema educativo, . Quale identità per l’educatore Alessia Bartolini . La professionalità dell’educatore, – . Le competenze professionali dell’educatore, – . Le competenze emotive, – . Una piattaforma comune per gli educatori, – . La deontologia professionale dell’educatore, . Costruire la professionalità dell’educatore Silvia Crispoldi . Il riconoscimento della figura professionale, – . La formazione dell’educatore, – . Gli strumenti per agire nella complessità, . Il valore dell’esperienza come pratica riflessiva nella formazione dell’educatore Maria Grazia Riccardini . Conoscenza, esperienza ed esperienza educativa, – . La “svolta riflessiva” per una epistemologia della pratica, – . Il tirocinio formativo: uno strumento per riconcettualizzare la pratica, – . Educare Indice alla pratica riflessiva, – . I livelli della riflessione, – . Riflessione e narrazione, . La società della conoscenza nell’epoca dell’alternanza scuola/lavoro Silvia Fornari . Note introduttive: la società frammentata e precaria, – . Il capitale umano e l’investimento sulle persone, – . La riforma del sistema scolastico: alternanza scuola/lavoro, – . Annotazioni conclusive, . Parte II Strumenti per educare Il Diario di bordo Federico Batini . Il diario, – . Il diario di bordo, – .. Apprendere dalla pratica: il diario di bordo come strumento di riflessività, – .. Documentare per comprendere e condividere: il diario di bordo come strumento di documentazione, – . Indicazioni per la costruzione del diario di bordo, – .. Indicazioni per la compilazione, – .. Il diario di bordo come strumento formativo, – .. Ripensare la propria carriera, – . Conclusioni, . Progettare l’educazione Alessia Bartolini . L’intenzionalità educativa, – . Progettare il cambiamento, – . Verso quale cambiamento, – . Gli elementi della progettazione, – .. Osservazione e ascolto multiplo, – .. Il lavoro di gruppo e il lavoro di rete, – .. Flessibilità operativa e di pensiero, . Le ragioni di una progettazione educativa Agnese Rosati . Perché progettare?, – . Come progettare, – .. La progettazione didattica, – .. La progettazione educativa, – . Linee di progettazione, – . Personalizzazione e bisogni, – . Per un insegnamento riflessivo, . Valutare e documentare l’educazione Silvia Crispoldi . Il processo di valutazione: cenni introduttivi, – . La valutazione in ambito sociocostruttivista: valutare il processo di acquisizione delle competenze, – . New assessment, – . Strumenti per valutare, Indice – .. Il metodo osservativo, – .. Raccontare se stessi: biografia e diario, – .. Il portfolio, – . La documentazione, . E–learning: una gamma flessibile di strumenti per l’educatore Francesco Claudio Ugolini . E–learning, – . Any time, any place, any pace, – . Online, – . Blended, . Parte III I luoghi dell’educazione I servizi per la prima infanzia Fabrizia Capitini . I bisogni socio–educativi dei bambini e delle loro famiglie nei servizi per la prima infanzia, – . Quali risposte professionali degli educatori?, . Le comunità educative per minori Letizia Bargelli, Samantha Bonucci, Fabrizio Bosimini . Educatore professionale, capacità relazionali e life skills education, – .. Life skills education nella professione educativa, – .. Le emozioni interne alla relazione educativa in comunità per minori, – . Il significato e la gestione della quotidianità nelle comunità educative per minori, – . Descrizione di un caso, . Educare nell’extrascuola. Le ricadute educative del sistema dominante sui giovani Achille Rossi . L’influenza del sistema economico dominante sui giovani, – . Educare oggi, . Lavorare con i disabili Fabrizia Angelini . La persona adulta con disabilità cognitiva, – . Dalla normalizzazione al riconoscimento della diversità, – . La plasticità cerebrale e il ruolo dell’ambiente, – . La scelta educativa, – . Le competenze dell’educatore, – . Gli strumenti formativi, . Operatori, luoghi e modi rieducativi per i tossicodipendenti Luca Deganutti, Paolino Trani . Il modello Normativo–autoritario, – . Il modello Sanitario– terapeutico, – . Il modello Umanistico–relazionale, La professionalità educativa tra necessità e possibilità ISBN 978-88-548-4547-3 DOI 10.4399/97888548454731 pag. 9–?? (giugno 2012) Presentazione di Lino Prenna La riflessione pedagogica moderna, nella ricerca dei principi fondativi e orientativi dell’attività educativa, ha proposto una distinzione tra la pedagogia e l’educazione, suggerendo di considerare la pedagogia come scienza, sapere teorico (saper pensare) e l’educazione come arte (saper fare; sapere pratico). L’arte è un habitus operativo, un’abituale capacità di esercizio, è esercizio regolato e sistematico di una competenza. Se l’educazione è un’arte, l’educatore è un artista. A questa accezione si ispira il titolo di quest’ampia trattazione sviluppata nelle pagine che seguono e attentamente curata da Alessia Bartolini, mentre il sottotitolo riprende la denominazione da noi data al corso di laurea della Facoltà di Scienze della Formazione di Perugia, progettato, agli inizi del Duemila, secondo i criteri di riforma degli ordinamenti didattici delle Università italiane (+). In quella denominazione, Scienze della Professionalità educativa, che avremmo voluto mantenere anche nei successivi rifacimenti del regolamento didattico del Corso, ci sembrava enunciata, con immediata evidenza, l’intenzione di caratterizzare professionalmente l’intero percorso degli studi, nella convinzione che lo studio, mentre è una postazione privilegiata di descrizione e di interpretazione della realtà, si incarica anche di progettarne la trasformazione e di governarne il cambiamento. Anche per questo, avevamo pensato di orientare la professionalità stessa alla costruzione di una condivisa e responsabile cultura dell’educazione e dell’integrazione nell’universo plurale degli attuali sistemi di significato. Di questa decennale stagione, nella quale più volte siamo stati chiamati a riformulare l’offerta formativa dei nostri Corsi, gli interessanti contributi di questo volume sono, nello stesso tempo, produzione . Professore ordinario di pedagogia generale e sociale è presidente dei corsi di Laurea in Scienze dell’Educazione e in Consulenza educativa e Coordinamento di interventi formativi dell’Università degli Studi di Perugia. Presentazione e rappresentazione. Insieme, costituiscono un mappa di compiuta verifica ricognitiva dei momenti, degli strumenti, dei luoghi che contribuiscono a iscrivere le conoscenze accademiche nelle competenze professionali. Negli ultimi anni, l’identità dell’educatore è venuta dilatandosi e si è caricata di maggiore responsabilità pubblica, facendo della deontologia un tratto costitutivo del suo profilo. Sicché l’arte è divenuta misura della virtù e la virtù dell’educatore risulta intrinsecamente costitutiva della sua arte che, per l’implicito appello etico, può opportunamente definirsi habitus bene/bonum operandi. La destinazione pubblica che finalizza ogni professione sottrae anche alla professionalità educativa quel residuo di privatistico ed elitario che la concezione neoidealista attribuiva all’istruzione educativa, mentre la riconosciuta centralità dell’educazione nella vicenda individuale e sociale dovrebbe sollecitare le politiche nazionali e mondiali a progettare la vita delle nostre città come sistema di relazioni educative. La professionalità educativa tra necessità e possibilità ISBN 978-88-548-4547-3 DOI 10.4399/97888548454732 pag. 11–?? (giugno 2012) Introduzione di Alessia Bartolini Da tanti ambiti della società si sente parlare oggi di educazione. Nell’epoca delle passioni tristi, infatti, il senso di incertezza che pervade la società da un lato è generatore di impotenza che paralizza e ci rende spettatori passivi della nostra stessa vita; dall’altro si fa portavoce di una fiducia quasi messianica nei confronti dell’educazione, generatrice di nuovi bisogni educativi. L’educazione, come osservano in molti, è divenuta un problema, anzi una vera e propria emergenza. Se, infatti, non mancano le voci che lamentano la complessità dell’educare; è altrettanto forte la posizione di chi evidenzia la necessità dell’educazione come chiave di svolta per il progressivo miglioramento della società. Ma che cosa significa educare? Chi è l’educatore? Quali sono gli strumenti che ha disposizione? In quali contesti si trova a lavorare? A queste domande cercheremo di rispondere in questo lavoro collettaneo suddiviso in tre sezioni, a partire dall’idea di educazione come arte, come scriveva Herbart, ossia come esercizio regolato e continuato di una pratica, e dell’educatore come artista, ossia come colui che, esercitando l’arte educativa con perizia, riesce a «guidare l’uomo nello sviluppo dinamico durante il quale egli si forma in quanto persona umana» . In questo senso l’educazione deve essere concepita come ars cooperativa naturae, come servizio ministeriale al servizio della natura dell’educando e l’educatore, nell’esercizio della sua arte «non può far altro che “imitare” le vie che la natura intellettuale segue nelle sue operazioni [. . . ]. Da tutto ciò consegue che [. . . ] l’agente principale, il fattore dinamico primordiale o la forza propulsiva prima, nell’educazione è il principio vitale immanente al soggetto stesso da educare; l’educatore . J. M, Per una filosofia dell’educazione, (G. G, a cura di), La scuola, Brescia , p. Introduzione o il maestro è soltanto un fattore dinamico secondario — sebbene autenticamente efficace — e un agente ministeriale» . Muovendo da questa prospettiva antropologica, nella prima parte del testo verrà proposto un profilo pedagogico e giuridico dell’educatore sufficientemente delineato. La dilatazione degli ambiti di intervento educativo rischia, infatti, di minare il profilo identitario dell’educatore. Le nuove problematiche sociali e familiari, la moltiplicazione delle agenzie educative, lo sviluppo delle nuove tecnologie, il mutamento dei ruoli educativi genitoriali stanno facendo emergere nuovi ambiti di competenza professionale ma, paradossalmente, quello dell’educatore sembra divenire un mestiere indefinibile proprio a causa dell’eccessiva estensione dei possibili impieghi lavorativi. La mancanza di un profilo giuridico definito dell’educatore, per di più, rischia di far sconfinare l’intervento educativo in ambiti non propriamente educativi a cavallo tra il sanitario e lo psichiatrico. Nel primo capitolo, a partire dalla natura perfettibile dell’uomo, ho cercato di analizzare la prassi educativa nella società complessa. Ognuno nasce imperfetto ma perfettibile, con un bagaglio di potenzialità da sviluppare e da mettere in gioco. Nessuno è determinato alla nascita da un codice genetico o da vincoli ambientali, ma tutti sono chiamati ad auto–costituirsi utilizzando tutti gli strumenti che la cultura a cui appartengono offre loro. La complessità dell’atto educativo chiama in causa una pluralità di attori, di luoghi, di contenuti e di strumenti che vanno a costituire quel Sistema Formativo Integrato che è plurale nella forma ma unitario nella sostanza poiché coerente nelle dimensioni costitutive dell’educazione: quella teleologica e quella axiologica. Nel secondo capitolo propongo una lettura pedagogica del profilo dell’educatore cercando di rifuggire dalle derive assistenzialistiche che fanno dell’educazione un servizio paternalistico e di tutela nei confronti di soggetti svantaggiati, ma prendendo le distanze anche da tutte quelle considerazioni che fanno dell’educatore un demiurgo in grado di risanare tutti i mali della società. Né crocerossina, né mago: l’educatore è colui che educa, colui che guida i processi di costruzione della personalità per condurre i giovani ad apprendere gradualmente il mestiere di uomo. Il tentativo di definire un agire educativo professionale, distinguendolo da coloro che sono chiamati . Ivi, p. . Introduzione ad educare per natura (i genitori), ha condotto la ricerca verso la definizione di quelle competenze che qualificano la professionalità dell’educatore che, considerata la complessità del campo in cui è chiamato ad operare si qualificherà, principalmente, per la capacità di rielaborare la propria attività e le esperienze vissute in termini di crescita umana e professionale. Nel terzo capitolo Silvia Crispoldi ripercorre il graduale percorso di riconoscimento giuridico della figura professionale dell’educatore, ancora in fieri, in una fase storica e sociale caratterizzata da continui cambiamenti nelle riforme dei curricula universitari di tipo umanistico (corsi di laurea in Scienze dell’Educazione) incaricati di formare la professionalità, ma anche dalla progressiva marginalizzazione della figura in questione, se confrontata con quella dell’educatore professionale, inserito tra le figure professionali del personale sanitario della riabilitazione e formato in ambito medico. Questi approfondimenti di natura giuridica favoriscono una riflessione sul cammino di formazione professionale avviato dall’educatore e sulla necessità di qualificare il suo operato anche attraverso la definizione degli strumenti del suo lavoro: strumenti per agire e strumenti per pensare — scrive la Crispoldi — strumenti necessari alla gestione della relazione educativa e strumenti quali osservazione, progettazione, valutazione, documentazione. Nel quarto capitolo Maria Grazia Riccardini approfondisce il legame che intercorre tra esperienza e formazione nella definizione della professionalità educativa. Nell’ottica di un rapporto circolare tra la teoria e la pratica mette in evidenza la necessità di «riconcettualizzare la pratica, riconoscendole tutto il suo valore epistemologico in quanto luogo di possibile elaborazione di un sapere con senso». Il richiamo al pensiero di Schön porta la riflessione ad una teorizzazione dell’agire formativo che, calato nel contesto di formazione dell’educatore, trova nel tirocinio universitario il suo momento di maggiore rappresentazione. Il tirocinio, infatti, «costituisce il terreno nel quale osservare, sperimentare, riflettere, per elaborare nuove conoscenze e nuovi saperi a partire dalla problematizzazione delle questioni e dagli interrogativi che di volta in volta emergono dal confronto con la complessità della realtà educativa. Sulla base delle conoscenze e delle competenze acquisite nei corsi teorici, si propone, quindi, non come attività pratica di traduzione di una teoria, ma come attività trasversale che deve essere considerata all’interno di un iter di maturazione personale Introduzione che mira ad un progressivo avvicinamento alla realtà professionale». L’introduzione nelle scuole, nei suoi diversi gradi, di nuove forme di apprendimento ed insegnamento, integrando le lezioni frontali con attività laboratoriali, seminariali e di tirocinio, rappresenta un passo importante verso l’inserimento nel mondo del lavoro. È questa la tesi sviluppata nel quinto capitolo da Silvia Fornari. Da una lettura attenta dell’attuale situazione sociale, caratterizzata da un alto livello di difficoltà economica che per molti giovani si traduce in disoccupazione e, pertanto, precarietà non solo lavorativa ma anche esistenziale, viene evidenziata la necessità che in quella che viene chiamata, tra le tante denominazioni, “società della conoscenza” si promuova lo sviluppo di un “capitale umano strategico”, altamente qualificato, in grado di svolgere le attività cruciali delle società moderne e della seconda modernità, per ripensare allo sviluppo delle capacità/possibilità che creano apprendimento. Il passaggio dalla “società dell’apprendimento diffuso” alla “società della conoscenza”, nella quale l’apprendimento può essere pensato come “cuore pulsante della società” richiama il diritto della persona alla formazione continua e fa dell’“apprendere ad apprendere” il traguardo finale dell’educazione. Ciò richiede però un importante investimento sulle persone e non sul lavoro che mal si concilia con quella logica del profitto delle imprese che vorrebbero generalizzare le competenze per il solo mantenimento dell’utile. L’educatore è un professionista e, come tutti i professionisti, non può prescindere dal possesso di una buona conoscenza e competenza circa gli arnesi del proprio mestiere. Dimenticare l’importanza di questi strumenti, condurre gli interventi in modo occasionale, progettare, valutare e documentare solamente per obblighi formali, burocratici, certificativi vuol dire snaturare la professione e ipotecare il risultato del proprio operato. Per questa ragione nella seconda parte del testo viene proposta una riflessione sugli strumenti dell’educatore. Il primo capitolo porta la firma di Federico Batini che parla del diario di bordo, come «strumento di tipo narrativo che trova applicazioni formative, di documentazione e riflessione»; che contribuisce a valorizzare la propria esperienza e a formalizzarla e risponde, dunque, per chi lo compila, a obiettivi in termini di documentazione e riflessività. Il diario di bordo può essere considerato un dispositivo plastico utilizzabile in modi e per finalità diverse. Per questa ragione, nella seconda parte del capitolo, sono forniti spunti pratici, puramente orientativi e non prescrittivi, su come costruire un diario di bordo Introduzione che dovrebbe essere pensato come un racconto che si preoccupa di riportare le osservazioni dei processi educativi messi in atto. Nel secondo capitolo ho introdotto il tema della progettazione educativa, intesa come azione intenzionale di cambiamento individuale e sociale. Il progetto rappresenta la guida ideale dell’intera azione educativa e viene attivato per promuovere un possibile cambiamento migliorativo del soggetto e della realtà sociale nel quale è immerso. Per questa ragione sono molteplici gli elementi che intervengono in una progettazione educativa e che vanno dall’osservazione, alla capacità di lavorare in gruppo e a confrontarsi con la rete dei servizi sul territorio. Sul ruolo della progettazione educativa si interroga anche Agnese Rosati che propone una disamina delle ragioni fondative della progettazione educativa nella società complessa ed esplicita le diverse forme della progettazione. Perché una progettazione educativa possa essere “di senso”, deve essere finalizzata a raggiungere quegli obiettivi ritagliati a misura dei soggetti. Coerente alla scelta progettuale, pertanto, dovrà essere la modalità nella quale la progettazione si articola, sulla base di motivazioni di natura educativa, didattica e socio–culturale. Il discorso sui metodi, infatti, non è secondario alla individuazione degli obiettivi, in quanto sono proprio i metodi a permettere di conseguire finalità prefissate, tali da soddisfare i bisogni e le motivazione dei soggetti coinvolti nei progetti. Quella della valutazione e della documentazione è uno dei temi chiave in educazione. Silvia Crispoldi, in collaborazione con Barbara Ravizzone, nel quarto capitolo pone in evidenza come non si possa parlare di progettazione senza introdurre il tema della valutazione che dovrebbe essere esercitata e pensata congiuntamente alla progettazione di qualsiasi intervento educativo, indipendentemente dal contesto in cui si applica. In particolare nel saggio viene introdotto il paradigma socio– costruttivista che, tra gli altri, si propone di promuovere l’autoconsapevolezza del processo di costruzione della conoscenza attraverso lo sviluppo della riflessività in quanto estensione dell’attività metacognitiva e riflessiva. Le pratiche valutative individuate, pertanto, sono finalizzate non solo al miglioramento dei processi cognitivi, ma anche di quelli metacognitivi, motivazionali, attribuzionali, affettivi e relazionali. Dopo una breve disamina degli strumenti utili per la Introduzione valutazione, il discorso delle autrici si sposta sul tema della documentazione, inteso come processo che «sostiene la ricostruzione di ciò che è stato fatto, indica, ricorsivamente, nuovi percorsi da seguire e costituisce, per i servizi educativi, uno strumento di produzione di memoria, identità, saperi collettivi e partecipazione». Nel quinto capitolo Francesco Claudio Ugolini ci introduce nel mondo dell’e–learning in quanto gamma flessibile di strumenti educativi. «L’uso combinato e integrato di una vasta gamma di strumenti e situazioni che si avvalgono delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) e della rete Internet, a cominciare dalla possibilità di alternare momenti in presenza con altri a distanza nello stesso intervento», favorisce aspetti di flessibilità operativa e di organizzazione. Per fare questo l’autore presenta una sorta di vocabolario del lessico utilizzato nelle ICT, per evidenziarne gli elementi di maggiore pertinenza educativa. Le opportunità pedagogiche che si celano nell’utilizzo più o meno consapevole delle nuove tecnologie sono molteplici e con una progettazione educativa consapevole è possibile sfruttare la flessibilità degli strumenti tecnologici per costruire un intervento appropriato alle esigenze dei soggetti. Nell’ultima parte dell’opera abbiamo dato la parola agli “Artisti”, a coloro che quotidianamente si sporcano le mani e, con competenza e professionalità, guidano i processi di crescita delle persone. Abbiamo individuato cinque possibili ambiti di impiego per l’educatore e abbiamo cercato di leggere quelli che sono i nuovi bisogni educativi e le possibili risposte, in termini di competenza professionale, che l’educatore può ed è chiamato a dare. Il primo intervento è firmato da Fabrizia Capitini, da molti anni coordinatrice degli asili nido del Comune di Perugia, che ha evidenziato la sempre più attenta destinazione educativa dei servizi della prima infanzia. Il modello educativo assunto dal Comune di Perugia si basa, infatti, su «interventi finalizzati al benessere psicofisico, alla promozione dell’autonomia e della socialità» di ogni bambino, in stretta collaborazione con la famiglia e la rete dei servizi presenti sul territorio. Nel secondo capitolo abbiamo dato voce a tre professionisti che lavorano in comunità educative per minori: Letizia Bargelli, Samantha Bonucci e Fabrizio Bosimini che richiamano alla necessità di una preparazione teorico–pratica per l’educatore di comunità in grado di sviluppare la riflessività e la disponibilità al lavoro di gruppo e al lavoro di rete. Nel saggio vengono indicate le life skills education, Introduzione l’insieme di competenze personali e relazionali indispensabili per organizzare i rapporti con le altre e per affrontare positivamente la vita quotidiana. Tra queste la capacità di gestire le emozioni non solo dei ragazzi con cui si lavora ma anche le proprie è assolutamente determinante. Nel terzo capitolo don Achille Rossi, da quarant’anni responsabile del Doposcuola di Riosecco a Città di Castello, legge la difficile situazione degli adolescenti oggi, alla luce delle influenze che il sistema economico dominante ha sulla loro vita. «L’antropologia e la cultura prodotte e veicolate dal sistema economico hanno ricadute dirette sul piano educativo», scrive don Achille. Se è vero che i ragazzi vivono in un mondo individualista e competitivo che li spinge verso una voglia smodata di possesso, che sono più violenti perché con la forza e l’aggressività cercano di colmare il vuoto che li circonda, che sono segnati da una certa solitudine relazionale, nonostante le diverse occasioni di incontro di cui potrebbero usufruire, che vivono e consumano nell’immediato il loro potenziale emotivo, che vengono continuamente defraudati dei loro sogni da adulti incapaci di sostenerli nella loro scelte, allora oggi più che ieri è necessario chiedersi cosa voglia dire educare i giovani oggi, se la diagnosi proposta contiene qualche elemento di verità. Nel quarto capitolo Fabrizia Angelini sviluppa una riflessione sul ruolo dell’educatore nei centri per disabili, sulla base della sua pluriennale esperienza come psicologo–psicoterapeuta e consulente del Centro Socio–Riabilitativo “Sereni” Opera Don Guanella di Perugia. A partire da una concezione antropologica che recupera la disabilità cognitiva come condizione esistenziale dinamica e mutevole, la Angelini rivaluta il ruolo educativo dell’ambiente e delle relazioni, evidenziando come gli interventi progettati debbano avere come oggetto di attenzione la persona nella sua interezza ed unicità, non il deficit. Solo in questa ottica potrà essere promosso lo sviluppo integrale della persona disabile. «Lavorare con i disabili cognitivi richiede un particolare mix di qualità umane, motivazione, abilità pratiche, conoscenze e competenze da acquisire all’inizio della carriera lavorativa e da mantenere e migliorare nel tempo» che, come si legge nel profilo dell’operatore guanelliano devono contemplare la Fede nella dignità della persona e nella sua possibilità di cambiamento, l’Ottimismo realista, la Semplicità e la sensibilità, la Creatività, l’Empatia e la condivisione, la Pazienza, l’Equilibrio e l’autocontrollo, la Dedizione, l’Umiltà e l’ascolto, il Senso di (cor)responsabilità. Introduzione Nell’ultimo capitolo don Paolino Trani, presidente del CEIS di Città di Castello e Luca Deganatti, coordinatore terapeutico, ci introducono nella complessa realtà educativa delle comunità per tossicodipendenti. L’approccio utilizzato per presentare i tre modelli storicamente determinati di approccio alla tossicodipendenza è di tipo descrittivo. Sono stati analizzati il modello Normativo–autoritario, quello Sanitario–terapeutico e quello Umanistico–relazionale e per ciascuno gli autori hanno cercato di mettere in evidenza la specifica relazione educativa e le competenze che l’educatore è chiamato a maturare per predisporre quelle «condizioni che concorrano al mantenimento ed allo sviluppo del sistema terapeutico con la collaborazione dell’interessato». In fase conclusiva, tra le tante suggestioni che è possibile far derivare dalla complessità educativa a cui più volte ci siamo appellati nel testo, mi sembra opportuno richiamare la necessità che la professionalità educativa, intesa come «habitus, virtù mentale e operativa, abituale capacità di esercitare secondo regole condivise e socialmente controllabili, i compiti assunti e le competenze acquisite» non possa derivare solamente dalle conoscenze apprese in un certo corso di studi. Ciò che distingue l’azione educativa di un professionista, da chi non lo è, è legato alla capacità di utilizzare i diversi saperi maturati, calandoli in situazione, di rielaborare le esperienze vissute in termini di crescita umana e formazione professionale, assumendo un atteggiamento pensosamente presente rispetto alla relazione educativa che si sviluppa. La professionalità dell’educatore non è data una volta per sempre ma si costruisce quotidianamente nella rielaborazione della propria attività, accettando anche, se necessario, di ri–mettere in discussione la propria identità professionale. Desidero ringraziare oltre ai colleghi dell’Università per lo spessore scientifico dei contributi presentati, tutti gli “artisti” che nei loro scritti hanno dato voce alle tante esperienze educative di cui il territorio umbro può vantarsi, anche per la pluriennale collaborazione alle attività di tirocinio dei Corsi di Laurea in Scienze dell’Educazione e in Consulenza Pedagogica e Coordinamento di Interventi Formativi, di cui mi è stata affidata la responsabilità e il coordinamento. Alle esperienze di tirocinio maturate in questi anni è legata la genesi di . L. P, Presentazione al testo di A. Bartolini, in A. Bartolini, M.G. Riccardini, Il tirocinio nella professionalità educativa, Gabrielli, Verona , p. . Introduzione questo testo che nasce proprio per raccogliere e sistematizzare i materiali di approfondimento e di riflessione che nel corso del tempo abbiamo offerto ai nostri studenti che, con il tirocinio, hanno per la prima volta la possibilità di «uscire sul campo e, in situazione protetta di entrare in presa diretta con la realtà», di “provare lo spessore dei problemi” che si vivono nelle diverse realtà educative e di cercare di individuare ipotesi risolutive; «di cimentarsi, in relazione con una guida esperta, con i casi reali e particolari» a cui l’educatore deve dare quotidianamente risposte adeguate. L’auspicio è che i contenuti di riflessione presentati possano essere utilizzati anche dagli “artisti”, come strumenti di auto–formazione e di aggiornamento continuo delle proprie competenze professionali. Alessia Bartolini . G. D F (a cura di), La Scuola e l’Università nella formazione primaria degli insegnanti, Franco Angeli, Milano , p.