«OCCHIO PER OCCHIO, D EN TE PER D E N T E !» : U N ORDINE DI REPRESSIONE TEDESCO N EL LITO RALE ADRIATICO i. Il documento del gen. Kübler sulla repressione antipartigiana che qui pubblichiamo è una testimonianza estremamente interessante non solo dell’asprezza che assunse la lotta armata nelle zone adiacenti al confine orientale d’Italia dopo l’armistizio del’1’8 settembre 1943 ma anche dell’importanza militaré che gli alti comandi tedeschi attribuivano alla posizione del Litorale Adriatico nel quadro più generale dello scacchiere politico-strategico dell’Europa sud-orientale ’ • Non per nulla il Reich aveva approfittato della secessione italiana per procedere all’annessione di fatto delle province alla periferia orientale dell’Italia e della stessa provincia di Lubiana che era già stata annessa all’Italia: non solo il Reich si attestava sull’Adriatico, ma soprattutto stabiliva una fascia territoriale senza soluzione di conti­ nuità tra le regioni meridionali della Germania e il mare. A parte gli obiettivi politici impliciti in questa realizzazione12, dal punto di vista militare il controllo diretto delle zone a cavallo del vecchio confine orien­ tale italiano serviva alle forze tedesche per cercare di arginare il movi­ mento partigiano slavo che dilagava nella Venezia Giulia già prima del<T8 settembre. Mentre quasi dappertutto nel resto d’Italia lo sfaldamento delle unità dell’esercito italiano lasciava ai tedeschi la possibilità di impa­ dronirsi rapidamente delle posizioni chiave, nella Venezia Giulia essi urta­ rono in concentramenti di partigiani, la cui consistenza era stata accre­ sciuta dall’afflusso di uomini ma soprattutto di armi e di materiali del disciolto esercito italiano. Occupate le località principali i tedeschi si trovarono sbarrata la via dei rifornimenti e soprattutto la possibilità di controllare l’entroterra. I dati resi noti dalla recente pubblicazione del Kriegstagebuch des Oberkommandos der Wehrmacht consentono di seguire con una certa precisione la progressione della -offensiva delle forze partigiane slave, che cercavano di approfittare del vuoto di potere creato dallo sfasciamento delle unità italiane, e le tappe delle contromisure tedesche. Già alla data • del 12 settembre 1943 era registrato l’impiego della 7 1 “ divisione di fan­ teria della Wehrmacht per il « rastrellamento (S'àuberung) in Istria » 3; 1 II documento proviene dal materiale accumulato per l’ istruttoria dei processi con­ tro i principali responsabili di crimini nazisti: ila copia da noi consultata si trova presso l’Archivio dell’ Institut fiir Zeitgeschichte di Monaco di Baviera. 2 Sulla creazione delle « zone d ’operazione » e sulle loro implicazioni anche politi­ che ci limitiamo a rinviare all’ illustrazione datane in E . COLLOTTI, L ’ Amminù strazione tedesca dell’ Italia occupata (1943-45), Milano, 1963, pp. 101-104. 3 v . Kriegstagebuch des Oberkommandos der Wehrmacht, Bd. Ili: 1.1.19 4 3 -1.12 .19 4 3 , a cura di W . Hubatsch, Zweiter Halbband, Frankfurt a. M. 1963, p. 1097. 28 Enzo Collotti il 15 settembre veniva registrata un’annotazione sintomatica dalla quale era dato intendere che la situazione richiedeva rinforzi : l’ordine del Führer « di porre rapidamente a disposizione del Gruppo d’eserciti B la 162“ divisione (turkmena) per la lotta contro le bande italiane nell’Italia settentrionale ». L ’equipaggiamento di questa divisione doveva essere com­ pletata con il materiale del bottino italiano4. Nei giorni successivi la situazione tendeva ad aggravarsi : 17- 9-43: « L a zona principale di pericolo è costituita attualmente dall’area istriana. La sorte delle forze italiane ivi acquartierate non è nota; viceversa risulta chiaro che Tito sta spostando verso1 que­ sta zona il suo centro di gravità. Al momento attuale mancano le forze per rastrellare quest’area... » 5. 18- 9-43: « Il Gruppo d’eserciti B ha sostanzialmente attuato il disarmo degli italiani. Nella zona di Gorizia si è avuta una disten­ sione ma Pola è minacciata dagli sloveni » 6. A questo punto, fatto evidentemente il primo bilancio della situa­ zione, il Comando tedesco decise di muovere alla controffensiva con mezzi radicali: il 19 settembre, assieme alla conferma che l’attività delle bande in Istria continuava, venivano impartiti i primi ordini per la repressione sistematica del movimento partigiano : « L ’ OKW impartisce al Gruppo d’eserciti B e al settore Sudest l’ordine di schiacciare il movimento insurrezionale in Istria e di occupare la costa croata ». Si trattava cioè di una operazione a largo raggio nella quale dove­ vano t convergere forze da ovest (Gruppo d’eserciti B) e da est (Sudest) per chiudere evidentemente in una morsa i reparti partigiani. I tedeschi contavano su queste forze: la 7 i a div. rafforzata, la 24* div. corazzata; era previsto successivamente l’eventuale impiego di forti reparti della 44a div. e di una brigata delle SS. Inoltre era confermato l’imminente arrivo della 162* div. già in precedenza disposto. Obiettivo dell’opera­ zione era di chiudere le comunicazioni tra l’Istria e la Croazia per impe­ dire le infiltrazioni verso occidente del movimento partigiano slavo; ma nello stesso tempo era perseguito anche l’intento di sbarrare la strada all’eventuale ritirata delle unità partigiane con una lotta senza quartiere: « Bisogna impedire il riflusso delle bande verso la Croazia nordoc­ cidentale mediante l’azione concentrica; nei confronti degli appar­ tenenti alle bande bisogna procedere senza pietà (schonungslos) » 7. Il 22 settembre incalzavano nuovi ordini: « Viene comunicato al Gruppo d’eserciti B l’ordine del Führer di 4 5 6 7 Kriegtagebuch, op. voi. cit., 15.9.43, p. 110 7. ivi, p. i i 16. ivi, p. i i 19. ivi, p. 112 1-2 2 . Occhio per occhio, dente per dente! » : Un ordine di repressione tedesco 29 schiacciare con spietata durezza il movimento insurrezionale slo­ veno-comunista in Istria. Coloro che opporranno resistenza do­ vranno essere fucilati immediatamente, indifferentemente dalla na­ zionalità. L ’impiego e l’entità delle forze dovranno essere tali da conseguire un grande successo e da rendere il grosso delle unità impiegate rapidamente disponibili per altri compiti. Dopo di che la popolazione slovena non potrà costituire più alcun pericolo » 8. L ’entità delle forze partigiane raccoltesi in Istria veniva valutata, certo con enorme esagerazione, a 50 mila uomini9. Era l’inizio di una guerra di sterminio. Il 24 settembre era annun­ ciata una colossale operazione di rastrellamento da realizzarsi in quattro tempi, entro lo spazio di 2 - 4 settimane, che doveva investire il territorio sino a LubianaI01; il 27 settembre era comunicato il congiungimento tra i reparti tedeschi attaccantiH, ma già il 29 settembre era chiaro che almeno uno degli obiettivi dell’operazione era fallito: « Ad eccezione di una parziale sacca, in Istria il grosso delle bande accerchiate è sfuggito in direzione nord e nordovest. Nostro pro­ posito: liberare con i combattimenti la linea ferroviaria LubianaTrieste » 12. L ’operazione fu assai aspra; la iÓ2a div. turkmena fu presto ritirata dalla prima linea del combattimento, inviata prima a Udine per riallestimento1314 , poi nella zona di Zagabriau. Il 5 ottobre il comando tedesco valutava le forze partigiane operanti sul confine italo-croato a circa 1 0 - 1 2 mila uomini, armati — veniva sottolineato — con il materiale di almeno 2 divisioni italiane15. Nella prima metà d’ottobre il grosso deU’operazione doveva considerarsi concluso: il 7 ottobre veniva regi­ strata la conclusione dell’azione in Istria, con la cattura di 4700 prigio­ nieri e di 26 cannoni16; il io ottobre risultava concluso anche il rastrel­ lamento della zona costiera a nordovest di Fiume, ossia nellTstria set­ tentrionale 17. 8 ivi, p. 1130 . 9 ivi, 23.9.43, p. 1132. L ’entità delle forze partigiane slave in Istria in quell’ epoca è di difficile accertamento: da parte tedesca le cifre furono largamente esagerate allo scopo di giustificare in qualche modo la ferocia della repressione e di sfrut­ tare propagandisticamente il peso della minaccia partigiama anche agli occhi della popolazione italiana della regione. Anche le più recenti pubblicazioni edite in Jugoslavia forniscono una ben diversa dimensione delle cifre; cosi ad esempio le forze partigiane in Istria al momento dell’ arrivo dei tedeschi e dell’ insurrezione partigiana sono valutate intorno ai 12 mila uomini nel libro di A ldo Bressan e L uciano G iuricin , Fratelli nel sangue, Rijeka, 1964, p. 113. 10 Kriegstagebuch, op. voi. cit., p. 113 7 . 11 ivi, p. 114 7. 12 ivi, p. 115 2 . 13 ivi, 25.9.43, P- I I 4314 ivi, 5.10.43, pp. 1174-75. 15 ivi, p. 117 5 . 16 ivi, p. 1180. 17 ivi, p. 1190. Enzo Collotti 30 1. La conclusione del primo grande ciclo di operazioni antipartigiane coincise anche con la stabilizzazione del comando militare nel Litorale Adriatico. Sappiamo che per le zone d’operazione create nell’Italia set­ tentrionale (Alpenvorland e Adnatisches Küstenland) l’ OKW aveva di­ sposto sin dal 24 settembre la costituzione di speciali « comandi dei terri­ tori di sicurezza » : quale comandante del territorio di sicurezza Litorale Adriatico era designato il generale delle truppe da montagna K üblerls. La nomina effettiva del gen. Ludwig Kübler aveva luogo il io otto­ bre 1943 con ordine di Hitler che confermava la creazione dei comandi anzidetti alle dipendenze del Comandante supremo del Gruppo d’eser­ citi B ls. Ossia in un primo tempo di Rommel e poi, dal 21 novem­ bre 1943, di Kesselring. Una successiva disposizione di Hitler specificava implicitamente i limiti della competenza territoriale del comando Kübler, confermando che la linea di separazione tra il Comando sud (dal quale dipendeva Kübler) e il Comando sudest rimaneva fissata dal confine italo-croato del 1941 : di conseguenza la provincia di Lubiana, così come faceva parte del Lito­ rale Adriatico, rimaneva soggetta dal punto di vista militare al gen. K ü­ bler 28 19021. Il 25 novembre era annunciato il trasferimento del comando di Kübler da Abbazia a Cormons nei pressi di Gorizia, sia che egli con­ siderasse conclusa la fase principale delle operazioni verso il confine croato sia che ritenesse più opportuno portarsi in zona più arretrata e presu­ mibilmente più sicura ” . Nel frattempo, il 12 novembre, era stata annunciata la conclusione del rastrellamento anche nella zona a sud di Lubiana, nella quale era stato impiegato il II0 Corpo corazzato delle SS; il comando tedesco van­ tava l’uccisione di 3603 partigiani e la cattura di altri 3201 Conti­ nuava intanto l’occupazione delle isole istriane2324 . Alla data del 26 dicembre 1943, ultimati gli spostamenti di forze effettuati al termine del grande ciclo operativo, il generale Kübler aveva alle sue dipendenze la 7 1 “ div. di fanteria e la 162® div. turkmena, ossia le due unità che avevano partecipato a tutte le operazioni di rastrella­ mento della regione u. 3. La conclusione della grande operazione concepita a metà settem­ bre per l’annientamento delle forze partigiane nel Litorale Adriatico, se aveva costretto il movimento partigiano a recedere dalla fase di espan­ sione immediatamente successiva all’8 settembre e dal tentativo di inse­ diarsi stabilmente in Istria e nel goriziano e di premere in forze lungo la costa, non aveva certo eliminato il pericolo partigiano. Lo stesso 18 ivi, 19 ivi, 20 ivi, 21 ivi, 22 ivi, 23 ivi, 24 ivi, p. 113 7 . p. 1190. 6 .11.4 3 , P- 1257. p. 1309. p. 1273. 17 .11.4 3 , p. 1287. pp. 1397-1402. Occhio per occhio, dente per dente!»: Un ordine di repressione tedesco 31 Kriegstagebuch dell’OKW continuava a registrare l'attività delle bande. Ma il decrescere della minaccia diretta partigiana richiamava l’attenzione su un altro obiettivo della difesa militare tedesca: la necessità di contro­ battere un eventuale sbarco nemico lungo la costa istriana. Era questo uno dei compiti specifici che Hitler aveva attribuito al Gruppo d’eser­ citi B dopo la stabilizzazione del frontè anglo-americano nella penisola italiana e in previsione dell’ulteriore avanzata alleata lungo la penisola 25. Sappiamo anzi che il Comando supremo sudovest aveva predisposto — da ultimo alla data del 12 gennaio 1944 — 5 operazioni per respingere eventuali sbarchi nelle seguenti zone: Roma, Livorno, Genova, Rimini, Istria (per quest’ultima era prevista l’operazione « Ida », della quale tut­ tavia non conosciamo i dettagli) 26. Le allusioni all’eventualità di uno sbarco in Istria, contenute nel do­ cumento del gen. Kübler, vanno riferite anche al particolare clima e al particolare nervosismo creatisi dopo lo sbarco alleato ad Anzio1 del 22 gen­ naio 1944. In seguito ad esso infatti Kübler perdeva una delle unità che avevano sostenuto il peso maggiore della lotta antipartigiana, la iÓ2a div. turkmena che veniva trasferita nell’Italia centrale, sul fronte della Xa ar­ mata, a difesa contro altri eventuali sbarchi in quelle regioni27. Kübler allude anche al trasferimento della 7 1“ divisione di fanteria, ma non siamo stati in grado di accertare di quale trasferimento si sia trattato; alla fine di febbraio le forze tedesche impiegate contro i partigiani subi­ rono una decurtazione in Croazia, poiché una parte di esse fu destinata all’occupazione dell’Ungheria, che la Wehrmacht effettuò nel marzo del 1944 per impedirne la secessione dal conflitto, sull’esempio deH’armistizio italiano2S. Non consta però che per questa operazione fossero distratte forze dalla zona sottoposta al comando del gen Kübler, che vide comun­ que un frequente avvicendarsi di unità diverse. Nel corso del processo celebrato contro di lui a Lubiana nel 1947, Kübler ammise la possibilità che le forze tedesche si fossero rese responsabili di atrocità contravve­ nendo ai suoi ordini; era difficile, egli sostenne, ottenere il rispetto della disciplina, date, fra l’altro, le continue sostituzioni dei reparti di stanza nell’Adriatisches Kiistenland: in un anno e mezzo vi si erano avvicen­ date non meno di 9 divisioni, con una sessantina di battaglioni e oltre n o mila uomini2829 . Si deve comunque supporre che all’epoca dell’ordine di repressione emanato dal gen. Kübler — che reca la data del 22 febbraio 1944 — 25 ivi, 4.10.43, p. 1 1 7 1 . 26 Kriegstagebuch cit., Bd. I V : 1.1.19 4 4 - 22.5.1945. A cura di P. E . Schramm. Erster Halbband, Frankfurt a. M. 19 6 1, p. 123. 27 ivi, p. 118 . 28 ivi, p. 105. 29 Citiamo dalle note manoscritte dell’ autodifesa di Kübler conservate nei fascicoli del processo contro Rainer e altri responsabili dell’amministrazione tedesca nel Litorale Adriatico presso l’Archivio tedesco dello Institut za zgodovino delavskega gibanja di Lubiana, fase. 924. A 'queste stesse note, redatte di pugno dal gen. Kübler sul .retro del fascicolo ciclostilato dell’atto d ’accusa, facciamo riferimento ripetu­ tamente nel corso del testo. 32 Enzo Collotti l’indebolimento del dispositivo tedesco avesse consentito una notevole ripresa dell’attività partigiana, tale da dar luogo alla drastica descrizione che ne fa appunto il comandante tedesco. Ma il documento va letto anche in relazione alla situazione generale del Litorale Adriatico, almeno come essa era giudicata dalle autorità politiche e militari tedesche. L ’ordine di Kübler si trova infatti in allegato a un interessante rapporto sulla situa­ zione nell’Adriatisches Kiistenland, in data 20 marzo 1944, che riassume i risultati e le impressioni di una visita nel Litorale effettuata da un fun­ zionario del Comando supremo dell’esercito, il cap. Cartellieri (un ufficiale tedesco a dispetto del nome), e gli appunti dei colloqui ivi avuti con l’Alto Commissario Gauleiter Rainer il giorno 16 marzo e con il gen. Kübler nei giorni 15 e 16 marzo. Questo rapporto contiene alcuni elementi già noti e scontati, utili da ricordare solo per rievocare lo sfondo generale dei rapporti tra italiani e tedeschi in relazione alla situazione della V e­ nezia Giulia, ed altri elementi di giudizio più particolarmente idonei all’in­ terpretazione del documento del gen. Kübler. Nulla comunque traspare dai colloqui Cartellieri-Kübler che possa indurre a dare dei propositi del gen. Kübler un’interpretazione diversa da quella che emerge dal suo ordine di battaglia. Scontata appare soprattutto la particolare ostilità antiitaliana del Gau­ leiter Rainer, uno degli alti funzionari provenienti dalle file del nazismo austriaco e come tale particolarmente avverso all’Italia e animato da sen­ timenti di rivincita e di vendetta per l’esito della prima guerra mondiale. Sullo sfondo di questi residui sentimentali e di questi risentimenti, si comprendono anche le implicazioni politiche che il Rainer ed altri inten­ devano affermare dalla creazione del Litorale Adriatico. Il suo sforzo di eliminare ogni influenza italiana nella regione è noto. Il Kriegstagebuch des OKW più volte citato fornisce al riguardo un’ulteriore testimonianza : « Il Gauleiter Rainer ha proposto di allontanare dal territorio d’o­ perazione nell’Italia settentrionale (nelle zone della minoranza te­ desca) gli uffici della difesa territoriale italiana, perchè lo spio­ naggio italiano non abbia a trovare sostegno in questa zona e non si metta a disposizione del governo fascista un trampolino per la ricostituzione dell'autorità italiana. Dal punto di vista etnico c’è lo svantaggio che il numero degli italiani di questa zona, che sarà possibilmente accresciuto dagli scansafatiche, crescerà ulte­ riormente. Dovrebbe essere anzi auspicabile richiamare alle armi proprio questi italiani o indurli a trasferirsi » 30. Il rapporto Cartellieri conferma che Rainer auspicava una forte dire­ 30 Kriegstagebuch, cit., Bd. Ili, 2. H bd., 2 2 .11.19 4 3 , p. 1299. L ’allusione alle «Zone della minoranza tedesca » è evidentemente strana -per quanto riguarda la V ene­ zia Giulia, a meno che il Kriegstagebuch non registri estensivamente considera­ zioni riferite all’A lto Adige. Il timore di Rainer che l ’allontanamento degli uffici italiani per la difesa territoriale potesse comportare un afflusso nelle zone di ope­ razione di elementi dal resto d’Italia si spiega con l’eventualità di una fuga di elementi desiderosi di sottrarsi agli obblighi militari imposti dalla Repubblica So­ ciale. Di qui l ’ idea di trovare il modo per scoraggiare questo eventuale afflusso sgradito se non altro per ragioni etniche. Occhio per occhio, dente per dente! » : Un ordine di repressione tedesco 33 zione unitaria tedesca in Italia proprio per eliminare la possibilità che gli italiani approfittassero della molteplicità e del caos regnante tra gli organi tedeschi per affermare una loro autorità: « Grazie alla molteplicità dei canali delle supreme autorità tede' sche in Italia il nuovo governo italiano si è potuto riprendere e sa bene, compreso in particolare il duce, giocare la carta di una propria politica italiana. Egli, il Gauleiter, spera che ora il segre­ tario di Stato Landfried, il quale purtroppo ’ si trova ad essere appeso da due parti ’, ossia non solo al plenipotenziario generale ma anche all’ambasciatore Rahn, possa mettere in ordine l’ammi­ nistrazione dell’Italia » 31. Riferendosi in particolare al neofascismo repubblicano Rainer espri­ meva un giudizio del tutto analogo a quello risultante da altre fonti te­ desche della stessa epoca : « Ha sottolineato con soddisfazione il fatto di essere riuscito gra­ zie al suo personale intervento, ad impedire lo sciopero generale nell’Italia settentrionale, che mediante volantini e simili era stato preparato anche nel suo territorio. Aveva conseguito questo risul­ tato escludendo il sindacato dei lavoratori fascista e trattando di­ rettamente egli stesso. Il fascismo era odiato in tutto il paese e aveva particolarmente oppresso la popolazione » 32. Lamentava inoltre i ripetuti tentativi degli italiani di interferire nella sua zona: tra l’altro deplorava che essi avessero incaricato un vescovo di occuparsi dell’assistenza ai danneggiati dai bombardamenti allo scopo « di dimostrare con ciò il loro legame con il territorio ». Nel colloquio con il Cartellieri, il Rainer era tornato anche sulla que­ 31 II Rainer alludeva alla cessazione dei contrasti per la nomina del capo dell’Am ­ ministrazione militare tedesca in Italia, carica nella quale fu insediato l’ n feb­ braio 1944 il dr. Landfried: cfr. E . COLLOTTI, op, cit., p. 115 . 32 Giudizi analoghi sul fascismo e sul neofascismo repubblicano si ritrovano nelle fonti coeve e nella memorialistica tedesca del dopoguerra; per restare nell'ambito dei funzionari tedeschi deWAdriatisches Kiistenland si v . in questo senso il do­ cumento del novembre del 1943 da noi pubblicato sotto il titolo L ’occupazione tedesca della Venezia Giulia in un rapporto della propaganda nazista, in « Studi Storici », luglio-settembre 1963, pp. 521-537. Quanto all’ atteggiamento specifico del Rainer e al suo intervento nella agita­ zione salariale per escludere le autorità fasciste si tratta di un comportamento comune alle autorità tedesche anche altrove: si v. per es. per Milano il giudizio del col. Seeberg riferito in E . COLLOTTI, L ’ Amministrazione cit., pp. 197-98 e più in generale, ivi, p. 202. E ’ da supporre che si trattasse quindi di un criterio di carattere generale adot­ tato dalle autorità tedesche, non solo allo scopo di mantenere il controllo diretto della situazione, ma anche per deprimere ulteriormente il prestigio della R .S .I. e impedirne una rivendicazione di autonomia. Risponde infine a verità l'affermazione del Rainer sulla mancata partecipazione di Trieste allo sciopero del marzo del 1943; l ’episodio, sul quale varrebbe la pena di far luce, va ricondotto comunque alla complessa situazione locale e ai contrasti nazionali, nei quali i tedeschi seppero inserire abilmente anche alcuni elementi di demagogia sociale. ■ 34 Enzo Collotti stione degli uffici della difesa territoriale italiana. Essendo stato proibito loro il reclutamento di soldati nella zona essi erano ridotti ad occuparsi di questioni assistenziali3334 . Ma c’era una ragione per la quale Rainer non poteva disinteressarsi di questi uffici : essi erano in possesso degli sche' dari della popolazione, dei quali egli — Rainer — aveva bisogno, avendo intenzione di procedere al richiamo di classi della popolazione : a questo scopo voleva assumere il controllo diretto di tali uffici. Finora tali uffici erano stati diretti dal generale italiano Esposito, « uno dei pochi gene­ rali italiani decenti e fidati » dei quali disponeva la Repubblica Sociale. « Egli (Rainer) perciò non voleva offenderlo destituendolo. Il Su­ premo Commissario prega perciò di aiutarlo nel senso di fare al­ lontanare dalla zona d’operazione questo generale italiano, facen­ dolo promuovere a un più alto incarico, di modo che il Supremo Commissario possa assumere poi gli uffici della difesa territoriale italiana » 3i. 4. Neppure il Gauleiter Rainer sottovalutava il pericolo delle « ban­ de ». La prossimità della Croazia si ripercuoteva in maniera particolar­ mente sfavorevole, in quanto era chiaramente il territorio di riserva dal quale affluivano alle bande nel Litorale forze sempre fresche. Che egli inoltre fosse d’accordo con la politica della mano dura sostenuta dal gen. Kübler non ci può essere dubbio, nonostante la riserva formulata a proposito delle rappresaglie collettive: « A proposito della lotta contro le bande, il Gauleiter ha detto di essere assolutamente favorevole al più aspro intervento contro le bande e i loro sostenitori. Non ritiene però giusto colpire con misure collettive, in particolare con l’incendio di località, la popo­ lazione che non abbia ... (parola illeggibile) partecipato. Tali mi­ sure mostrerebbero soltanto la nostra impotenza, inoltre in tal modo non si farebbe che allevare nuovi membri per le bande. Per il resto è anch’egli dell’opinione che le bande possono essere combattute soltanto con l’offensiva, non con la difensiva ». Il Gauleiter condivideva dunque l’impostazione inflessibile e offen­ siva della lotta antipartigiana caldeggiata dal gen. Kübler, un « soldato provato, energico e valoroso' » come egli lo descrisse al Cartellieri. Nella 33 In seguito alle disposizioni emanate dal gen. Esposito per il richiamo di ufficiali e sottufficiali nell’ esercito della R .S .I. l’Alto Commissario aveva fatto pubblicare un comunicato nel quale si precisava che nel Litorale Adriatico gli arruolamenti nelle forze armate italiane potevano aver luogo solo su base volontaria (v. « Il Pic­ colo » dell’ n novembre 1943); sull’episodio cfr. anche G. E s p o s i t o , Trieste e la sua odissea, Roma, 1953, pp. 93-94. 34 II Rainer non riuscì a realizzare il suo proposito, dato che il gen. Esposito rimase a Trieste, come capo del Comando militare per la Venezia Giulia della R .S .I., sia pure con funzioni essenzialmente formali, tanto per affermare la continuità della presenza italiana nell’Adriatisches Kiistenland. La presenza del generale italiano non impedì comunque che i tedeschi — come era nei voti di Rainer — effet­ tuassero la chiamata di alcune classi per il « servizio obbligatorio di guerra » e per il servizio del lavoro (cfr. E. COLLOTTI, L ’Amministrazione, cit., p. 187). « Occhio per occhio, dente per dente! » : Un ordine di repressione tedesco 35 già citata autodifesa del 1947 il Kübler confermò le riserve di Rainer sulle rappresaglie collettive. Ma agli occhi di Rainer il gen. Kübler aveva soprattutto il vizio di pretendere di «dirigere lui solo la guerra nella zona» e di qui sorgeva qualche difficoltà. Rainer criticava in particolare il capo dello S. M. di Kübler, il col. Benecke, un pignolo che « voleva che fosse messo tutto per iscritto », mentre egli riteneva che fosse necessaria am che una dose di improvvisazione e di soluzioni di ripiego; ossia, come pare di capire, Rainer invocava meno programmazione e meno schema­ tismi e maggiore elasticità. Un ultimo particolare che risulta dalle note del Cartellieri è la richiesta di Rainer che la direzione della lotta anti­ partigiana fosse unificata nelle mani del Capo supremo delle SS e della polizia a Trieste (il gen. Globocnik), lasciando invece al comandante militare la difesa costiera per una profondità di 20 chilometri, come pre­ visto dalle relative istruzioni. Si rifletteva quindi anche nel Litorale Adriatico quel conflitto tra le autorità militari e le autorità delle SS, le quali rivendicavano entrambe la direzione della lotta antipartigiana, che si era verificato pressocchè dappertutto nei territori occupati35. Rainer non negava però le difficoltà di realizzare la soluzione da lui suggerita, perchè Kübler non intendeva cedere i suoi poteri entro la fascia costiera dei 20 chilometri, nella quale si trovavano le principali città ma sulla quale proprio per questo anche le SS rivendicavano i loro poteri di po­ lizia contro le bande, che non operavano solo nell’entroterra ma anche nelle città. Nell’autodifesa più volte citata, Kübler contestò che la com­ petenza per la lotta antipartigiana fosse stata attribuita a lui; secondo la sua ricostruzione, essa spettò sin dalla fine del 1943 alle forze delle SS e della polizia (e pertanto al Gruppenführer Roesener per la provincia di Lubiana e all’Obergruppenführer Globonick per quella di Trieste); a Kübler oltre la difesa costiera e contro eventuali sbarchi aerei sarebbe spettata solo la protezione delle vie di comunicazione. Ma è facile argomentare che essendo le vie di comunicazione uno degli obiettivi più esposti all’aizione par.tigiana, la loro difesa rientrava automaticamente nel quadro della lotta antipartigiana; anche Kübler si occupava quindi della repressione antipartigiana, seppure in un settore limitato. Del resto, la riprova di questo fatto è fornita proprio dall’ordine emanato dal Kübler nel feb­ braio del 1944. Al processo, Kübler precisò ancora di avere assunto re­ sponsabilità nella lotta antipartigiana soltanto a partire dal settembre del 1944 e limitatamente al settore istriano'. I diversi elementi non si con­ traddicono: quella che fino al settembre del 1944 fu una responsabilità parziale che Kübler condivise con altri comandanti, dopo tale data divenne una responsabilità esclusiva di Kübler nell’area più circoscritta dell’Istria. Il gen. Kübler per parte sua non era certo un burocrate, un passivo esecutore di ordini. Il documento che pubblichiamo dimostra — soprat­ tutto nell’originale tedesco — un fanatismo e una forza di persuasione 35 II conflitto, come è noto, era stato risolto nel maggio del 1944 nel senso di attri­ buire all’autorità militare la direzione della lotta antipartigiana, come era stato richiesto ripetutamente dallo stesso Kesselring; cfr. da ultimo in proposito E . COLLOTTI, Documenti sull’attività del Sicherheitsdienst nell’ Italia occupata, ne « Il Movimento di liberazione in Italia », aprile-giugno 1966, pp. 41-42. 36 Enzo Collotti non privi, si direbbe, di reminiscenze letterarie da romanzi d’avventura (« dobbiamo trasformarci anche noi in animali notturni... »). D ’altronde la sua insistenza che bisognasse « cercare il nemico dove ne sia accertata la presenza, fosse sulla vetta del Monte Nevoso o del Tricorno » provava che egli era ben consapevole dell’insidia del movimento partigiano e della capillarità e profondità della sua penetrazione. Dappertutto il terreno scot­ tava per le forze tedesche, per cui Kübler soltanto portando la guerra al limite estremo dell’annientamento fisico dell’avversario poteva pensare se non di distruggere quanto meno di controllare il fenomeno partigiano. L ’unico fattore che evidentemente non tornava nel conto del gen. Kübler, ma non era un errore di calcolo imputabile a lui personalmente, era il misconoscimento del fatto che il terrorismo puro e semplice lungi dal distruggere il nemico avrebbe accentuato la combattività del movimento partigiano, la solidarietà delle popolazioni sconvolte dalla repressione e l’isolamento dei tedeschi stessi, circondati da una popolazione che, come scriveva efficacemente il generale tedesco, attendeva « il giorno’ », il giorno dello sbarco alleato, al quale Kübler faceva riferimento sotto la sugge­ stione dello sbarco di Anzio, e viveva nell’attesa del « secondo fronte » o più semplicemente della liberazione. La guerra senza quartiere proclamata alle bande da Kübler nel Li­ torale Adriatico era un prolungamento forse delle esperienze che egli aveva già compiuto sul fronte orientale. Fatto si è che ad accentuare la ferocia e la spietatezza della lotta, nella quale il Kübler metteva singo­ lari accenti personali — un volontarismo nell’appello alla funzione esem­ plare dei comandanti, nella concezione di attacco contro le bande, nella azione senza tregua per stanare il nemico, che si distacca dal freddo bu­ rocratismo di tanti altri analoghi testi — , veniva richiamata l’applica­ zione anche nel Litorale Adriatico della « Istruzione per la lotta contro le bande in oriente ». Il testo richiamato dal Kübler è con tutta certezza l'istruzione emanata da Hitler il 18 agosto 1942 (Weisung Nr. 46) con il titolo Richtlinien fiir die verstarkte Bekampfung des Bandenumvesens im Osten, « direttive per intensificare la lotta contro1 il terrore delle bande in oriente36. Tale direttiva — emanata in origine per i territori invasi dell’Europa orientale — conteneva i principii per la distruzione delle ban­ de « mediante la lotta attiva e le più dure misure contro quanti parte­ cipino alla formazione delle bande o si rendano colpevoli di appoggiare le bande ». Tra le disposizioni suppletive che accompagnarono1 questa istruzione, si distinse per il suo estremismo1 nella formulazione degli obiet­ tivi della lotta antipartigiana come guerra di annientamento totale la nuova istruzione esecutiva di Hitler del 18 dicembre 1942, nella quale il principio che le forze tedesche non dovessero fare, nè soprattutto man­ tenere, prigionieri era espresso testualmente in questi termini : « In tutto il territorio orientale la guerra contro i partigiani è pertanto una lotta di estirpazione totale dell’una o dell’altra parte ». 36 S i v. il testo della W eisung N r. 46 e delle successive disposizioni integrative nella raccolta a cura di W . H U B A T S C H , ‘Hitlers W eisungen fììr die Kriegfiihrung 19391945, Frankfurt a. M. 1962, pp. 201-209. « Occhio per occhio, dente per dente! » : Un ordine di repressione tedesco 37 I principii enunciati dal gen. Kübler e più ancora il modo stesso della loro enunciazione ci dicono che egli era quello che si può definire un esperto della lotta antipartigiana, un uomo che si assunse consapevolmente le fremente responsabilità che il suo comportamento1 e la sua fedeità al regime nazista implicavano: «Nella lotta è giusto e necessario tutto ciò che conduce al successo. Coprirò personalmente ogni misura che sia conforme a questo principio ». Una affermazione singolarmente anaIoga a quella che si ritroverà pochi mesi dopo nell’ordine di repressione antipartigiana del maresciallo Kesselring del 17 giugno 1944: «Coprirò ogni comandante che nella scelta e nella asprezza del mezzo nella lotta contro le bande oltrepasserà la misura moderata che ci è consueta ». Di fronte al tribunale di Lubiana, che pose bordine del 22 feb­ braio 1944 tra i capi d’accusa a suo carico, il gen Kübler negò di avere eseguito rastrellamenti, si protestò benemerito della popolazione del Litorale Adriatico e cercò di dimostrare che il documento in base al quale era mossa l’accusa non mirava alla distruzione dei partigiani nè a colpire la popolazione. Contro la precisa formulazione contenuta nell’ordine riguardo alla liquidazione fisica delle persone che avessero offerto assistenza ai par­ tigiani (« Chi appoggia volontariamente le bande accordando ricetto o so­ stentamento, nascondendo la loro presenza o con altri mezzi, è degno di morire e di soccombere ») affermò che si trattava di una prescrizione che non era rivolta alla popolazione, ma solo a coloro che avessero parteci­ pato alla lotta pur senza essere partigiani. A suo avviso infatti questi ulti­ mi erano coperti dalla tutela del diritto internazionale; ora, se si considera il trattamento che nello stesso documento il Kü'bler ordinava di riservare ai partigiani, che egli chiamava semplicemente « banditi », risultano evi­ denti le contraddizioni nelle quali si poneva il generale tedesco. La prima e ovvia obiezione che si poteva opporre al Kübler era che se veramente egli avesse considerato i partigiani alla stregua di combattenti tutelati dalle norme di guerra non avrebbe dovuto emanare l’ordine incriminato. Ancora meno plausibile — se non nei limiti in cui serviva per la sua difesa — appare l’interpretazione che il Kübler diede al tribunale jugoslavo circa la parte dell’ordine relativa alle rappresaglie collettive, laddove si diceva che le « misure collettive » non potevano essere com­ minate senza la sua autorizzazione. Ciò — avrebbe spiegato il Kübler — precludeva la possibilità delle rappresaglie collettive, in quanto egli non avrebbe mai consentito a tali misure; tale formulazione sarebbe stata in­ trodotta nell’ordine di sua iniziativa e a modifica delle istruzioni rice­ vute, un mutamento a suo avviso di notevole incidenza, « poiché il mio ordine equivalse nella pratica al divieto delle misure collettive ». Una affermazione alla quale si può prestare fede solo nella misura nella quale si può fare credito alla parola del gen. Kübler, un misura che dopo quanto si è detto non può non essere molto limitata. Un’ultima osservazione a proposito delle proposte tattiche del Kübler. Non c’è dubbio che il principio offensivo dell’attacco per porsi in condi­ zioni di partenza favorevoli contro il movimento partigiano rispondesse a una prassi abbastanza diffusa, almeno a livello dei settori nei quali il 3« Enzo Collotti movimento partigiano andava al di là delle semplici azioni di disturbo. Era un principio che del resto rappresentava il corollario estremo ma lo­ gico della concezione della guerra come lotta d’annientamento razziale. Sotto questo profilo l’intransigenza e il fanatismo di questo generale della Wehrmacht non aveva certo nulla da invidiare nei confronti dei più famigerati comandanti delle SS. Non sappiamo se e in quale misura il contrasto tra le SS e il comandante militare del Litorale sulle compe­ tenze per la direzione della lotta antipartigiana, del quale faceva cenno il Rainer nelle note che abbiamo citato in precedenza, abbia avuto un seguito. Dal punto di vista sostanziale non risulta che vi fossero diver­ genze di concezione nella condotta della lotta antipartigiana e ci si po­ trebbe porre anzi il problema se e quale parte possa avere avuto l’opera del Kübler nell’elaborazione delle norme tattico-strategiche contenute in quel manuale della lotta antipartigiana che le SS pubblicarono ad uso interno nell’Adriatisches Kiistenland 37. E basti, a convalidare questa unità di propositi, citare dal Bandenkampf un paio di affermazioni fondamen­ tali : « L ’evoluzione storica della guerra per bande trova nella nostra zona una convalida deH’opinione che questa guerriglia è una guerra totale, che viene condotta dalla controparte con tutti i mezzi. Le nostre controini' ziative devono perciò andare ancora oltre la misura della totalità » 3S; oppure: «Nella guerra per bande risulta sempre inferiore dal punto di vista tattico chi non risponde fulmineamente ad un’azione, fosse atto di sabotaggio, aggressione o rapina di rifornimenti, con un doppio numero di azioni » 37894 . Tradotto nei termini del generale Kübler : « Terrore contro 0 terrore, occhio per occhio, dente per dente! ». Una tattica che non solo non valse a distruggere il movimento par­ tigiano, ma che anzi finì per travolgere gli stessi responsabili dello sca­ tenamento della guerra totale. Catturato dall’esercito popolare jugoslavo, come abbiamo già detto, il gen. Kübler fu processato insieme al Rainer e ad altri esponenti dell’amministrazione del Litorale Adriatico dal Tri­ bunale militare della IV a armata con sede a Lubiana: imputato di cri­ mini commessi nei rastrellamenti e nella repressione antipartigiana fu condannato a morte il 19 luglio 1947 e di lì a poco impiccato *°. E nzo C ollotti. 37 Alludiamo al testo steso dal giornalista corrispondente di guerra delle SS H a n n s S c h n e i d e r -B o s g a r d , Bandenkampf in der OperationsZone Adriatisches Kiistenland, Triest. s. d. ma 1945, che reca una prefazione del capo delle SS e della polizia nel Litorale Globocnik. Questo testo fu messo in circolazione nei primi mesi del 1945, ma anticipazioni del suo contenuto si trovavano già in precedenza in altre fonti della propaganda nazista: così ad esempio nel periodico Adria, «Mitteilungsblatt fiir die deutscben Einsatzkràfte in der Operationszone ’ Adriatisches Kiistenland ’ », Heft 3, settembre 1944, pp. 4-5, art. Bandenkampf und Terrorismus. Redattore di questo periodico era del resto lo stesso Schneider-Bosgard che figura come autore del Bandenkampf. 38 Bandenkampf, cit., p . 12. 39 Bandenkampf, cit., p. 87. 40 Cfr. la traduzione italiana della sentenza del T rib . militare di Lubiana del 19.7.1947 presso la Deputazione di Trieste per la storia del movimento di liberazione. Occhio per occhio, dente per dente! » : Un ordine di repressione tedesco 39 Copia Il Comandante nella Zona d’operazione Litorale Adriatico la Nr. 1762/44 segr. K. H. Qu., 24.2.1944 Timbro: segreto Oggetto : Condotta della lotta da parte delle bande. Ordine n. 9 I. In seguito al trasferimento della 7 i a divisione di fanteria e all’impiego della 162® divisione di fanteria (Turkmeni) lungo il litorale, le bande hanno preso respiro. Esse terrorizzano la popolazione, depredano bestiame e generi alimentari e reclutano su vasta scala con leva coatta. Uccidono dietro le spalle soldati tedeschi, assalgono automezzi e colonne, fanno saltare strade e ponti, saccheggiano trasporti di derrate alimentari, distruggono comunicazioni telefoniche e telegrafiche, massacrano prigionieri e oltraggiano i cadaveri di soldati tedeschi. Il mese e mezzo che corre dal i° gennaio al 15 febbraio 1944 ci è costato 503 vittime tra morti e feriti, tra i quali 3 comandanti. Sono stati registrati : 18 1 aggressioni alla Wehrmacht, 125 attentati contro le ferrovie, 22 attentati con esplosivi contro ponti stradali e ferroviari, 25 sabotaggi di maggiore rilievo a linee telefoniche e telegrafiche, 68 automezzi distrutti o seriamente danneggiati. II. Questa è battaglia grossa per ordine delle potenze nemiche. Risulta inoltre da documenti catturati, che la condotta delle bande pre­ para sistematicamente l’insurrezione popolare generale per « il gior­ no », ossia il giorno in cui gli anglo-americani sbarcheranno sulle no­ stre coste.I. III. Incombono quindi gravi pericoli; poiché la difesa delle coste è minacciata alle spalle se l’entroterra è in preda alla furia delle bande, la direzione della lotta è paralizzata se le comunicazioni sono inter­ rotte. L ’insicurezza delle vie di comunicazione impedisce l’afflusso di rinforzi, arresta i rincalzi di armi, munizioni e vettovagliamento. 40 Enzo Collotti IV. In questa situazione non c’è che un imperativo : Terrore contro terrore, occhio per occhio dente per dente! V . Gli imperativi più importanti nella lotta che conduciamo contro le bande sono: 1. Dobbiamo sostituire la forza numerica che ci manca con la durezza nella condotta della guerra, energia nell’azione e abnegazione di ogni singolo. 2. Nessun riguardo per le proprie comodità. Nessuno può pretendere un « quartiere invernale ». Cercare il nemico dove ne sia accertata la presenza, fosse sulla vetta del Monte Nevoso o del Tricorno. Bisogna perseguitarlo a morte. 3. Il nemico realizza i suoi misfatti principalmente di notte. Di conseguenza dobbiamo trasformarci anche noi in animali notturni e imparare a bloccare di notte le trame notturne del nemico. Sono necessari rapidi spostamenti. 4. Solo l ’attacco conduce alla meta. Chi in caso di attacco nemico si rintana, è perduto in partenza. In ogni caso crea difficoltà ai comandi, che deve impiegare forze per stanarlo. Non conosco casi di bande che abbiano resistito sino all’ultimo di fronte a un serio attacco, foss’anche di piccolissime unità. Conosco invece molti casi in cui sono stati sopraffatti caposaldi e distrutti reparti perchè si limitavano alla difensiva. 5. Tutto dipende dall’energia e dall’abnegazione dei comandanti. In caso di impiego di una forza superiore a un plotone, il comando spetta personalmente al comandante di compagnia. In caso di impiego di una forza superiore a una compagnia, il comando spetta personalmente al comandante di battaglione. In caso di impiego' di una forza superiore ad un battaglione, il comando spetta personalmente al comandante di reggimento. 6. Nella lotta è giusto e necessario tutto ciò che conduce al successo. Coprirò personalmente ogni misura che sia conforme a questo principio. 7. Nel trattamento dei banditi e dei loro volontari collaboratori si impone estrema durezza. I banditi catturati devono essere impiccati o fucilati. Chi appoggia volontariamente le bande accordando ricetto o sostentamento, nascondendo la loro presenza o con altri mezzi, è degno di morire e di soccombere. Occhio per occhio, dente per dente!»: Un ordine di repressione tedesco 41 8. Chi sia stato comprovatamente costretto con il terrore a prestare passivamente aiuto alle bande deve essere trattato con maggiore mitezza (per esempio deportato al lavoro coatto). 9. Bisogna risparmiare chi sia innocente. E* importante conquistare e conservare la fiducia e la collaborazione delle parti della popo­ lazione ben disposte nei nostri confronti con un trattamento equo e corretto. E ’ triste, ma d’altronde inevitabile, che nella lotta rimangano talvolta stritolati nei beni e nella vita anche innocenti. Essi ne rendano grazie alle bande. Non siamo stati noi ad inaugurare la guerra per bande. io. Misure collettive contro villaggi ecc. possono essere comminate sol­ tanto in rapporto diretto di luogo e di tempo con azioni di com­ battimento e soltanto da ufficiali di grado da capitano in su. Esse avranno luogo quando la popolazione nel suo complesso abbia vo­ lontariamente appoggiato le bande. Per il resto, le misure collettive abbisognano della mia autorizzazione. VI. Non è il caso di approfondire ulteriormente in questa sede che cosa è prescritto, che cosa consentito o proibito. Dopo tre anni di guerra per bande ogni comandante sa senz’altro che cosa si conviene. V al­ gono anche nella Zona d’operazione L. A. i principii di cui all’ « Istruzione per la lotta contro le bande in oriente ». VII. In conclusione: Le bande dal punto di vista numerico sono di molte volte a noi supe­ riori. Esse mirano ad ucciderci con la segreta insidia. In tal modo, e per mezzo del sabotaggio di ogni tipo, esse vogliono recare aiuto ai Sovietici, agli Inglesi e agli Americani nella lotta di annientamento che essi conducono contro il popolo tedesco che lotta duramente per la sua esistenza e contro la nostra patria. Il nostro compito è quello di annientare le bande. Si impone l’estrema durezza contro le bande e nei confronti di noi stessi. Solo l’attacco conduce alla meta. Ma decisivo è sempre il comandante. Tutto dipende dalla sua ener­ gia, dalla sua abnegazione, dal suo slancio e dalla sua aggressività. Questo vale per tutti, dal caporale al generale. Agite di conseguenza! (a mano: bene!) f.to Kuebler Generale delle truppe da montagna Ordine da trasmettere sino alle compagnie. I suoi principi devono essere inculcati continuamente nella testa di tutti gli ufficiali, sottufficiali e gregari. Enzo Collotti 42 Abschrift Der Befehlshaber in der Operationszone Adriatisches Kuestenland Ia Nr. 1762/44 geh. K. H. Qu., den 24.2.1944 Stempel: Geheim Betr. : Fuehrung des Bandenkampfes. Korpsbefehl Nr. 9 I. Mit dem Abtransport der 71.I.D . und dem Einsatz der 162. (Turk) I.D. an der Kueste haben die Banden Luft bekommen. Sie terrorisieren die Bevoelkerung, rauben Vieh und Lebensmittel und rekrutieren in grossem Umfang durch Zwangsaushebung. Sie morden deutsche Soldaten aus dem Hinterhalt, ueberfallen Kraftfahrzeuge und Kolonnen, sprengen Bahnen und Bruecken, pluendern Lebensmitteltransporte, zerstoeren Ka'bel- und Drahtverbindungen, massakrieren Gefangene und sbcaenden die Leichen deutscher Soldaten. Die anderthalb Monate vom 1. Januar bis 15. Februar 1944 haben uns 503 Opfer an Toten und Verwundeten, darunter 3 Kommandeure, gekostet. Gezaehlt wurden : 18 1 Ueberfaelle auf die Wehrmacht, 125 Attentate gegen die Eisenbahn, 22 Brueckensprengungen an Bahnen und Strassen, 25 Gross^Sabotagen an Kabeln u. Fernsprechleitungen, 68 zerstoerte oder stark beschaedigte Kraftfahrzeuge. II. Das ist Grosskampf auf Befehl der Feindmaechte. Es steht ferner aus erbeuteten Papieren fest, dass die Bandenfuehrung den allgemeinen Volksaufstand planmaessig vorbereitet fuer «den Tag», d. i. del Tag, an dem die Anglo-Amerikaner an unserer Kueste landen wollen. III. So droht schwere Gefahr; denn Die Verteidigung der Kueste ist im Ruecken gefaehrdet, wenn im Lande die Banden wueten, die Fuehrung ist gelaehmt, wenn die Verbindungen unterbrochen sind. Verstaerkungen koennen nicht herangefuehrt werden, der Nachschub Occhio per occhio, dente per dente! » : Un ordine di repressione tedesco 43 an Waffen, Munition u. Verpflegung stockt, wenn die Bahnen gestoert sind. IV. Da gibt es nur Eines : Terror gegen Terror, Auge um Auge Zahn um Zahn! V . Die wichtigsten Gebote in unserem Kampf gegen die Banden sind : 1. Was uns an zahlmaessiger Staerke fehlt, muessen wir ersetzen durch Haerte der Kriegfuehrung, Tatkraft im Handeln und Einzatzbereitschaft jedes Einzelnen. 2. Es gibt keine Ruecksicht auf eigene Bequemlichkeit. Niemand hat Anspruch auf ein « Winterquartier ». Der Feind wird aufgesucht, wo er festgestellt ist und sei es auf dem Gipfel des Monte Nevoso oder des Triglov. Man muss ihn zu Tode hetzen. 3. Der Also sein Hier Feind treibt sein Unwesen hauptsaechiich bei Nacht. muessen auch wir werden wie Nachttiere und dem Feind naechtliches Handwerk naechtlicherweise legen lernen. fehlt es bei uns noch weit. Rasche Umstellung ist noetig. 4. Nur der Angriff fuehrt zum Ziel. Wer sich bei Feindangriff einigelt, ist von vornherein verloren. Jedenfalls belastet er die Fuehrung, die Kraefte aufwenden muss, um ihn herauszuhauen. Ich weiss keinen Fall, wo Banden bis zuletzt ausgehalten haben. wenn sie ernstlich angegriffen wurden, und sei es von kleinsten Abteilungen. Ich kenne aber viele Faelle, in denen Stuetzpunkte uéberwaeltigt und Abteilungen aufgerieben wurden, weil sie sich auf Verteidigung beschraenkten. 5. Ailes haengt von der Tatkraft und der Einsatzbereitschaft der Fuehrer ab. Wird mehr als ein Zug aufgeboten, so fuehrt derKp. Chef persoenl. Wird mehr als eine Kp. aufgeboten, so fuehrt derBtl. Kdr. persoenl. Wird mehr als ein Btl. aufgeboten, so fuehrt derRgt. Kdr. persoenl. 6. Im Kampf ist ailes richtig und notwendig, waszum Erfolg fuehrt, Ich werde jede Massnahme persoenlich decken, die diesem Grundsatz entspricht. 7. Bei der Behandlung der Banditen und ihrer freiwilligen Heifer ist aeusserste Haerte geboten. Gefengene Banditen sind zu erhaengen oder zu erschiessen. 44 Enzo Collotti Wer die Banden durch Gewaehrung von Unterschlupf oder Verpflegung, durch Vorheimlichung ihres Aufenthaltes oder sonst durch irgendwelche Massnahmen freiwillig unterstuetzt, ist Todeswuerdig und zu erledigen. 8. Wer nachweislich durch Terror zu passi ver Bandenhilfe gezwungen war, ist milder zu benhandeln (z. B. Abtransport zu Zwangsarbeit). 9. Wer unschuldig ist, ist zu schonen. Es ist wichtig, das Vertrauen und die Mitarbeit der uns woblgesinnten Bevoelkerungsteile durch gerechte und korrekte Behandlung zu gewinnen und zu erhalten. Dass im Kampf bisweilen auch Unschuldige mit Gut und Blut unter die Raeder kommen, ist bedauerlich, aber nicht zu aendern. Sie moegen sich bei den Banden bedanken. Nicht wir haben den Bandenkrieg eroeffnet. io. Kollektivmassnahmen gegen Doerfer usw. duerfen nur im unmittelbaren oertlichen und zeitlichen Zusammenhang mit Kampf' handlungen und nur von Offizieren vom Hauptmann an aufwaerts verhaengt werden. Sie sind am Platze, wenn die Einwohnerschaft in ihrer Masse die Banden freiwillig unterstuetzt hat. Im uebrigen beduerfen Kollektivmassnahmen meiner Genehmigung. VI. Mehr hier aufzufuehren, was vorgeschrieben, erlaubt oder verboten ist, eruebrigt sich. Im dritten Jahr des Bandenkrieges weiss ohnehin jeder Fuehrer, was sich gebuehrt. Die « Kampfanweisung fuer die Bandenbekaempfung im Osten » gilt in ihren Grandsaetzen auch fuer die Operationszone A. K.V I. VII. Ailes in Allem: Die Banden sind uns zahlenmaessig um ein Vielfaches ueberlegen. Sie gehen darauf ans, uns heimstueckisch zu morden. Dadurch und durch Sabotage jeder Art wollen sie den Sowjets, den Englaendern und den Amerikanern in ihrem Vernichtungskampf gegen das schwer um sein Dasein ringende deutsche Volk und unsere Heimat Hilfe leisten. Unsere Aufgabe ist es, die Banden zu vernichten. Aeusserste Haerte gegen die Banden und uns selbst ist geboten. Nur der A ngnff fuehrt zum Ziel. Entscheidend aber ist immer der Fuehrer. Von seiner Tatkraft, seiner Einsatzbereitschaft, seinem Schwung und seinem Angriffsgeist haengt ailes ab. Dies gilt fuer jedermann, vom Gefreiten, bis zum General. Handelt danachl (handschr. : Gut!) gez. Kuebler General der Gebirgstruppen. Dieser Befhl ist bis zu den Kompanien zu verteilen. Seine Grundsaetze sind alien Offizieren, UfEz. u. Mannschaften immer wieder einzuhaemmern.