LUNEDÌ 31 DICEMBRE 2012 @ ADDIO MONTALCINI R2CRONACA ■ 30 PER SAPERNE DI PIÙ www.repubblica.it www.nytimes.com Io sono la mente Il coraggio di ribellarsi Il disinteresse per sè Non temete le difficoltà Ho perso un po’ la vista, molto l’udito. Ma penso più adesso di quando avevo vent’anni. Il corpo faccia quello che vuole. Io non sono il corpo: io sono la mente Nella vita non bisogna mai arrendersi alla mediocrità, bensì uscire da quella “zona grigia” in cui tutto è abitudine Bisogna coltivare il coraggio di ribellarsi Il messaggio che invio è di affrontare la vita con totale disinteresse alla propria persona, e con la massima attenzione verso il mondo che ci circonda Dico ai giovani: pensate al futuro che vi aspetta, pensate a quello che potete fare, e non temete le difficoltà: io ne ho passate molte, e le ho attraversate senza paura Le sue frasi Fu costretta a studiare gli embrioni di pollo nella sua stanza da letto. Poi l’offerta di lavorare negli Stati Uniti Nel ‘53 scoprì l’NGF, molecola che favorisce la crescita delle cellule del sistema nervoso, con cui vinse il Nobel nell’86 Dal laboratorio da camera al Nobel PIERGIORGIO ODIFREDDI OMAGGI D’AUTORE Figura luminosa orgoglio per l’Italia Si è spenta una luminosa figura della storia della scienza, orgoglio per l’Italia Giorgio Napolitano Donna capace e carismatica Donna capace e carismatica ha dato battaglia tutta la vita per difendere i valori in cui credeva Mario Monti Ha cambiato il mondo Donna coraggiosa, ha superato tanti ostacoli e ha saputo cambiare il mondo con la passione e la curiosità Fabio Fazio Ha sempre lottato per la giustizia Ha unito la ricerca per la verità scientifica alla ricerca di giustizia sociale. Questo il lascito più prezioso Roberto Saviano utti conoscevano il nome e la ieratica figura di Rita Levi Montalcini, premio Nobel 1986 per la medicina, per anni l’unica donna nel suo campo di ricerca. Tanto che, come lei stessa ricordava orgogliosamente, ai congressi ai quali partecipava le prolusioni si aprivano normalmente con un Lady and Gentlemen, “Signora e Signori”. Ma prima di arrivare ai congressi la signora della medicina aveva dovuto percorrere una lunga strada, che l’aveva portata da Torino all’America. Nella città piemontese era nata il 22 aprile 1909, e aveva studiato alla scuola del famoso istologo Giuseppe Levi: un’università di eccellenza, T a Saint Louis per ripetere i suoi esperimenti sugli embrioni di pollo. Partì per l’America sulla stessa nave su cui viaggiava anche Renato Dulbecco, di cui si diceva che era innamorato di lei: certamente i due erano grandi amici, e tali sono rimasti per tutta la vita. Arrivata in Missouri la Montalcini subì il fascino dell’ambiente universitario americano, che provocò in lei un cambiamento intellettuale testimoniato dal bestseller autobiografico Elogio dell’imperfezione (ora pubblica- to da Dalai). In particolare, decise di rimanere negli Stati Uniti e divenne professoressa a Saint Louis, fino al suo pensionamento nel 1977. Fu lì che nel fatidico anno 1953, lo stesso in cui fu scoperta la doppia elica del DNA, la Montalcini scoprì a sua volta l’NGF, o “Fattore di Crescita Nervosa”: una molecola che regola e favorisce la crescita delle cellule del sistema nervoso. In seguito si è compreso che l’NGF svolge un importante ruolo di coordinamento fra i tre grandi sistemi (nervoso, endocrino e immunitario) che mantengono lo stato di salute di un organismo. Ad esempio, gli animali privati dell’NGF si sviluppano male, capiscono meno, si ammalano di più e invecchiano prima del solito, mentre quelli curati con l’NGF recuperano parte della funzionalità persa a causa dell’età. Farmaci a base di NGF sono già oggi usati per curare distrofie della cornea, e domani potrebbero essere cruciali nel trattamento delle infiammazioni allergiche, della sclerosi, dell’artrite e dell’Alzheimer: si pote- I congressi a cui partecipava si aprivano, in suo onore, con “Lady and Gentlemen” Il suo lavoro è fondamentale per capire come affrontare molte malattie visto che tre dei suoi allievi (oltre alla Montalcini, anche Salvador Luria e Renato Dulbecco) arrivarono poi al premio Nobel per la medicina. Ma anche un’università alla quale aveva dovuto combattere per iscriversi, ribellandosi al ruolo che il padre sembrava averle destinato. Ancora una decina di anni fa, quando le chiesi di ricordare gli anni della sua infanzia, lei dichiarò di aver sofferto all’idea di dover vivere “in seconda” come la madre, e di aver odiato le scuole femminili che insegnavano a essere “mogli e madri”, mentre lei sentiva di non voler essere né l’una, né l’altra. Laureatasi con lode nel 1936, e subito ammessa alla specializzazione in neurologia e psichiatria, ne fu espulsa nel 1938 in seguito alle leggi razziali. Dopo un breve periodo passato in un istituto di ricerche neurologiche a Bruxelles, la Montalcini tornò in Italia: non potendo lavorare all’università, installò un laboratorio nella propria stanza da letto e incominciò a studiare gli embrioni di pollo insieme a Giuseppe Levi, anch’egli tornato a Torino dopo essere sfuggito all’invasione nazista del Belgio. Il laboratorio da camera condivise le peripezie belliche della ricercatrice, che dovette dapprima sfollare in campagna e poi finì a Firenze, dove dopo la liberazione della città nel 1944 lavorò come medico in un campo di rifugiati. Finita finalmente la guerra, la Montalcini rientrò in università a Torino, ma nel 1947 ricevette l’offerta di passare un anno va dunque non essere grati a chi aveva scoperto e studiato questa sostanza? La gratitudine della comunità scientifica fu espressa nel 1986, quando alla Montalcini fu assegnato il premio Nobel per la medicina per questa scoperta, insieme a Stanley Cohen. Ella raggiunse così nell’Olimpo di questa scienza i suoi compagni di scuola Salvador Luria e Renato Dulbecco, che avevano già vinto lo stesso premio nel 1969 e 1975, rispettivamente: tutti all’estero, fra l’altro, anche se la Montalcini non recise mai completamente i legami con l’Italia. Fin dal 1962 aveva infatti fondato un gruppo di ricerca a Roma, iniziando a pendolare con Saint Louis. E tra il 1969 e il 1978 aveva diretto l’Istituto di Biologia Cellulare del Consiglio Nazionale delle Ricerche, sempre a Roma. A coronamento di questi legami, arrivò nel 2001 la nomina a senatrice a vita da parte del presidente Ciampi. Una nomina che, nonostante l’età, la scienziata considerò non come una passiva onorificenza, ma come un attivo impegno sociale e civile a sostegno della ricerca, e contro coloro che avrebbero voluto reinstaurare in Italia il regime che nel ventennio aveva già procurato sufficienti danni al paese in generale, e a lei in particolare. L’intervista Luigi Aloe, tecnico sempre al suo fianco: “Provò su se stessa le cure” “Quarant’anni di esperimenti iniziati grazie agli scarafaggi” uigi Aloe era un semplice tecnico di laboratorio quando incontrò Rita Levi Montalcini nel 1966. «Mi chiese di seguirla per 6 mesi negli Usa. Diventarono 39 anni di lavoro gomito a gomito». Anni in cui Aloe ha ottenuto una laurea honoris causa in biologia ed è diventato dirigente di ricerca del Cnr. Cosa vi fece incontrare? «Lei in quel periodo si interessava al sistema nervoso degli insetti. Io come tecnico allevavo degli scarafaggi utili al suo lavoro. Penso che a colpirla fu il mio attaccamento senza limiti al lavoro, giorno e notte. Lei d’altronde non riusciva a dormire nell’attesa di vedere i risultati dei suoi esperimenti. Mi diceva: tu sei bravo, io sono brava. Insieme siamo bravissimi». La scoperta di Ngf, il fattore di crescita nervoso, venne criticata per essere priva di applicazioni cliniche. Come andò invece? «La professoressa testò la molecola su se stessa. Insieme preparammo un collirio a base di Ngf per trattare la maculopatia che le offuscava la vista. Lei ottenne un permesso speciale per “uso compassionevole”. Prese il farmaco per un paio di anni e la malattia cessò di progredire, senza effetti collaterali. D’altronde eravamo sicuri. Lo avevamo sperimentato tante volte sugli animali». Come porterete avanti le sue ricerche? «Il prossimo passo sarà dimostrare che Ngf riesce a proteggere i neuroni che invecchiando causano l’Alzheimer, e sperimentarlo anche come cura contro il glaucoma o alcune malattie della cornea». (e.d.) L © RIPRODUZIONE RISERVATA LE IMMAGINI Nella foto grande, con il Re Gustavo di Svezia durante la premiazione del Nobel. Sopra, con Renato Dulbecco e in laboratorio © RIPRODUZIONE RISERVATA Repubblica Nazionale